Bartoli ci presenta Zambanini: «Una sorpresa costante»

15.07.2024
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Uno dei particolari interessanti emersi dalla recente intervista fatta con Edoardo Zambanini è il cambio di preparatore: dal 2024 infatti lavora con Michele Bartoli. La crescita e i risultati ottenuti dal giovane trentino ci hanno spinto, incuriositi, a chiedere allo stesso preparatore toscano quali siano stati i passi fatti. E, ancora prima, che corridore abbiaa trovato. Un viaggio nel motore di Zambanini che silenziosamente si è guadagnato la stima e la considerazione della Bahrain Victorious (in apertura foto Charly Lopez). 

«Ho trovato un corridore – racconta Bartoli – di grande qualità con prestazioni in costante crescita. Ha un’ottima capacità di assorbimento dei lavori grazie al suo motore sensibile. Questa qualità però richiede attenzione nei carichi di lavoro: Zambanini risponde bene, ma un errore può pesare tanto. Con lui ho sì un programma settimanale, ma nulla vieta di cambiarlo e di valutare modifiche a seconda dei valori mostrati. Questo approccio ce l’ho anche con tutti gli altri ragazzi che seguo».

La migliore qualità di Zambanini è il recupero, il che permette di fare lavoro più incisivi (foto Charly Lopez)
Edoardo Zambanini, Bahrain Victorious (foto Charly Lopez)

Subito recettivo

Zambanini è partito forte nel 2024, con un terzo posto in classifica generale al Tour of Antalya. Non una gara di primo livello, ma in questa stagione la corsa turca ha mostrato il potenziale dei giovani italiani, tra i quali c’è anche Edoardo.

«La sua sensibilità alle modifiche e agli allenamenti – spiega – è un vantaggio perché si può lavorare a pieno regime fin da subito. Altri corridori hanno bisogno di tre o quattro settimane, Zambanini no. La freschezza è un grande vantaggio, sicuramente, ma lo è anche la giovane età. Lui ogni anno cresce e ha una base sempre più solida sulla quale costruire la stagione».

Il Tour of Antalya ci ha mostrato il potenziale dei giovani italiani: da sinistra Pinarello, Piganzoli e Zambanini
Il Tour of Antalya ci ha mostrato il potenziale dei giovani italiani: da sinistra Pinarello, Piganzoli e Zambanini
Qual è la qualità migliore che possiede?

Il recupero, senza dubbio. “Zamba” reagisce bene ai carichi di lavoro e li assorbe in maniera ottima, ciò gli permette di allenarsi con maggiore insistenza e avere quindi un miglioramento maggiore. Ha iniziato la stagione il 31 gennaio ed è andato forte fino al campionato italiano, il 23 giugno. Il tutto senza un periodo importante di recupero, gli bastano pochi giorni. 

Atleticamente che ragazzo hai trovato?

Sinceramente penso sia giovane e su ragazzi di questa età se le qualità ci sono arrivano da sole, serve lavorare bene ma arrivano. Penso sia completo può far bene nelle Classiche e nei grandi Giri. Con il passare dei giorni, grazie al grande recupero che ha, diventa sempre più forte. Infatti al Giro è stata una pedina importante per Tiberi in montagna. 

Il corridore trentino è stato un valido aiutante per Tiberi al Giro d’Italia
Il corridore trentino è stato un valido aiutante per Tiberi al Giro d’Italia
Quindi non avere lavorato su determinate caratteristiche.

Con corridori così giovani non capisci mai definitivamente quale possa essere il punto di arrivo. Si devono curare tutte le qualità, poi è il primo anno che lavoriamo insieme e ho spinto su tutti gli aspetti: salita, cronometro e volate. 

Però un minimo di idea te la sarai fatta…

Non è un velocista e questo è indubbio. Ma ha uno spunto veloce notevole, ai Paesi Baschi è arrivato secondo dietro Hermans. Sono convinto che avrebbe potuto vincere se si fosse piazzato meglio nel lanciare la volata, era partito troppo dietro. 

Quest’anno ha fatto un calendario impegnativo, cosa che può averlo aiutato a crescere, tu con la squadra ne avevi parlato?

Un pochino si concordano le gare, ma sono i team manager a fare i calendari. Poi Zambanini è emerso e ha fatto vedere cose buone. Da lì la squadra lo ha richiesto maggiormente, è un fatto di dinamiche interne. E’ ovvio che quando hai un giovane che cresce tanto e migliora lo porti alle gare. 

Ha iniziato a correre presto e le sue prestazioni sono rimaste ottime fino al campionato italiano
Ha iniziato a correre presto e le sue prestazioni sono rimaste ottime fino al campionato italiano
Dinamiche che arrivano anche correndo da protagonista, cosa che ha chiesto alla squadra. 

La Bahrain ha capito che Zambanini è un ragazzo di qualità, lo tengono in considerazione. Non dubito che in questa seconda parte di stagione potrà ritagliarsi più spazio. Tanto dipenderà dal suo rendimento una volta tornato alle corse, ma sta lavorando bene. Da sabato è in ritiro al Pordoi con il team.

Come avete impostato il lavoro per questa seconda parte di stagione?

Partiremo ancora dal basso, un po’ per ricostruire la condizione. Poi vedremo come andare avanti in base alle risposte che arriveranno.

Zambanini continua a crescere, così come le sue ambizioni

05.07.2024
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La voce di Edoardo Zambanini oltrepassa il microfono del telefono con un tono raggiante e simpatico. Il classe 2001 della Bahrain Victorious sta andando a Livigno per trascorrere tre giorni un po’ diversi, ma sempre con la bici al suo fianco. La prima parte di stagione è alle spalle, terminata con il Giro di Slovenia e poi con il terzo posto al campionato italiano. Ora Zambanini prepara le fatiche della seconda metà dell’anno.

«Sto andando a Livigno – racconta – perché ci sono su la mia ragazza e alcuni compagni di squadra. Niente altura, quella arriverà settimana prossima quando con il team andremo in ritiro. Avevo voglia di cambiare zone di allenamento. Ho ripreso lunedì dopo una breve pausa arrivata al termine del campionato italiano. Ho staccato per una settimana e sono andato al mare, vicino a San Marino. Ho sfruttato la vicinanza per andare a godermi il Tour in Italia, ho visto l’arrivo di Rimini e la partenza da Cesenatico».

La stagione di Zambanini è iniziata a gennaio, con l’AlUla Tour
La stagione di Zambanini è iniziata a gennaio, con l’AlUla Tour

Lenta ripresa

Le vacanze per Zambanini sono finite: brevi ma comunque rigeneranti. Una settimana al caldo con l’unico pensiero di rilassarsi e godersi il meritato riposo dopo una prima parte di stagione intensa. 

«Lunedì ho ripreso gli allenamenti – continua – con calma. Ho fatto un’uscita leggera, di un paio d’ore, con il passare dei giorni ho aumentato l’impegno in sella, ma senza esagerare. Domani (oggi per chi legge, ndr) ho in programma una mezza distanza, ma nulla di troppo intenso. 

«Il 2024 – riprende – è stato un anno più fortunato rispetto a quello passato, almeno dal punto di vista della salute. Non ho avuto intoppi e mi sono allenato parecchio bene, con grande continuità. Nei primi mesi non avevo in programma nessuna altura, anche perché non ero nella selezione per il Giro d’Italia. La squadra voleva farmi fare altre corse, l’idea era quella di andare alle Vuelta».

Al Tour of Antalya ha corso con libertà concludendo terzo nella generale
Al Tour of Antalya ha corso con libertà concludendo terzo nella generale
Cos’è cambiato?

Che sono andato forte fin dalla prima parte di stagione, al Saudi Tour ho dato una mano ai velocisti. Da lì sono andato all’Antalya dove ho avuto spazio per me e ho raccolto un buon terzo posto nella generale. Poi ho messo insieme tante esperienze importanti, con un calendario interamente WorldTour: Strade Bianche, Catalunya, Baschi, Freccia Vallone e Romandia. 

Avevi già 36 giorni di corsa nelle gambe e ancora il Giro d’Italia da affrontare.

Ho corso parecchio, ma mi ha fatto bene, praticamente mi alternavo tra corse e casa. Una settimana da una parte e una dall’altra. Poi rispetto al 2023 ho avuto un grande cambiamento: il preparatore. Da Fusaz sono passato a lavorare con Michele Bartoli

Come mai?

La squadra ha deciso così. Da subito abbiamo avuto un bel feeling, ha un metodo di allenamento che mi piace. Gran parte del merito per questa prima parte di stagione corsa a buoni livelli va a lui.

Il risultato di maggior prestigio è stato il secondo posto di tappa dietro Hermans al Giro dei Paesi Baschi
Il risultato di maggior prestigio è stato il secondo posto di tappa dietro Hermans al Giro dei Paesi Baschi
Tanto che arrivata la convocazione per il Giro, accanto a Tiberi, che esperienza è stata?

Al Giro mi sono divertito tutti i giorni. Ho fatto la fatica giusta ma il tempo è volato, sono 21 tappe che porto tutte nel cuore. Mi sono messo a disposizione di Tiberi, vero, ma anche di Bauhaus finché c’è stato. Ogni giorno avevo qualcosa da fare e sono felice di com’è andato. Il mio compito era di rimanere accanto a Tiberi fino all’ultima salita, da lì andavo su con il mio passo.

Cosa hai imparato in quelle tre settimane?

Che lo spirito di squadra fa tanto. Noi avevamo un team davvero unito, sia tra noi corridori che con lo staff. Eravamo tanti italiani e questo ha contribuito al divertimento. Al Giro del 2023 non mi ero divertito così tanto, forse perché arrivavo con un’altra condizione. 

Zambanini ha corso il Giro accanto a Tiberi, con il quale dal 2024 condivide il preparatore: Bartoli
Zambanini ha corso il Giro accanto a Tiberi, con il quale dal 2024 condivide il preparatore: Bartoli
Fatiche concluse con un bel terzo posto al campionato italiano.

Prima sono andato al Giro di Slovenia, dove stavo molto bene e ho lavorato per Pello Bilbao che stava preparando il Tour de France. In classifica mi sono piazzato dodicesimo, ma la gamba era buona. Infatti al campionato italiano ho avuto più spazio e ho raggiunto il terzo posto finale, mi sono giocato le mie carte.

Dimostrando che quando hai spazio sai cosa fare. 

Sì, devo dire che quando mi è stata data libertà d’azione ho sempre fatto bene, in generale. Ricordo al primo anno, nel 2022 al Giro di Ungheria ero arrivato quarto nella generale, così come al Gran Piemonte. 

La prima parte di stagione si è conclusa con un ottimo terzo posto al campionato italiano, segno che la gamba c’è
La prima parte di stagione si è conclusa con un ottimo terzo posto al campionato italiano, segno che la gamba c’è
E’ ora di prendersi ancora più libertà?

Ne ho parlato con la squadra e ho chiesto proprio questa cosa. Nella seconda metà di stagione mi piacerebbe avere più chance. La Bahrain mi ha fatto crescere bene, se avrò questa condizione da qui a fine anno potrò giocarmi le mie carte. 

Anche perché sei in scadenza…

Questa cosa non mi preoccupa, con la squadra parlo costantemente e lo faremo ancora da qui a fine anno. Non resta che rimboccarsi le maniche, fare questi 20 giorni d’altura e fiondarmi nel finale di stagione. Ripartirò dal Giro di Polonia, poi Gran Bretagna, Plouay, Canada, Tre Valli Varesine, Gran Piemonte e Lombardia. 

In bocca al lupo.

Crepi! A presto!

Insieme a Pellizotti nel (fantastico) Giro d’Italia di Tiberi

05.06.2024
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Franco Pellizotti ha smaltito le fatiche del Giro. Anche lui, che lo ha vissuto in ammiraglia, ha avuto la necessità di fermarsi un attimo prima di ripartire. Che poi a casa non è che si riposi, scherzando, prima di iniziare l’intervista ci ha detto che il “lavoro” accumulato tra le mura di casa nelle tre settimane di Giro è tanto. 

«Il Giro d’Italia – dice Pellizotti – è andato come ci eravamo prospettati a inizio maggio, quindi eravamo tutti sereni nel tornare a casa. L’obiettivo era stato raggiunto, e questo aiuta a non trascinarsi dietro il lavoro e qualche domanda. Stamattina (martedì, ndr) siamo usciti dal performance meeting settimanale, nel quale facciamo il punto delle gare e non solo. Ne avevamo fatto già uno il martedì dopo la fine del Giro per parlare della corsa rosa».

Il giorno di Oropa, Tiberi ha dimostrato di avere una grande solidità mentale
Il giorno di Oropa, Tiberi ha dimostrato di avere una grande solidità mentale
Cosa era emerso, rispetto alle prestazioni di Tiberi?

E’ stato un Giro molto positivo, in tutti i sensi. Dal punto di vista fisico Antonio ha avuto un’ottima crescita, a partire dalla Tirreno-Adriatico. Al Catalunya già pedalava bene, poi nel ritiro in altura ha lavorato e al Tour of the Alps era in ottima condizione. Il Giro è stato il coronamento di un lavoro positivo e che ha dato tanti frutti. 

Tre settimane in cui ha retto anche mentalmente…

Quello è stato il punto per cui ci ha sorpresi maggiormente. Era il suo primo Grande Giro da leader, non era facile stare concentrato e attento per tre settimane. Ha sopportato il peso della gara molto bene. 

Ve lo aspettavate?

Sì e no. Eravamo consapevoli delle sue qualità atletiche, per questo era il leader della squadra insieme a Caruso. Dal punto di vista mentale non dico che ci ha sorpresi, ma quasi. Ci ha colpiti per come è andato e come ha gestito la corsa. Soprattutto per come ha gestito la giornata di Oropa.

Un’altra risposta positiva è arrivata dalle cronometro, dove Tiberi ha tenuto dietro tanti uomini di classifica
Un’altra risposta positiva è arrivata dalle cronometro, dove Tiberi ha tenuto dietro tanti uomini di classifica
Perdere due minuti per una doppia foratura a inizio Giro può abbattere chiunque..

Lui invece non si è mai demoralizzato. Quello è stato il primo segnale positivo che ci è arrivato da Tiberi. E’ facile dire che con quei due minuti in più avrebbe potuto lottare per il podio, ma il ciclismo non è matematica. Sicuramente quella giornata negativa gli ha tirato fuori ancora più grinta. 

Aveva già fatto una Vuelta con voi, l’anno scorso.

Sì, ma non era partito con il ruolo di leader. Volevamo vedere come avrebbe gestito le tre settimane di gara, era più un test. Dal quale, devo essere sincero, siamo usciti con ottime risposte. Un ragazzo così giovane che nella terza settimana va più forte che nella prima ci ha rassicurati, tanto da puntare su di lui per il Giro di quest’anno. 

Tu ci credevi, nell’intervista prima del Giro avevi detto che avrebbe potuto curare la classifica, credevi potesse fare così bene?

Prima del Giro dire che Tiberi sarebbe potuto entrare nella top 5 sembrava una blasfemia. Invece noi ci credevamo, come eravamo sicuri che avrebbe potuto lottare per la maglia bianca

Il giovane della Bahrain Victorious è stato l’unico ad aver il coraggio di attaccare Pogacar
Il giovane della Bahrain Victorious è stato l’unico ad aver il coraggio di attaccare Pogacar
Ha reagito bene alle responsabilità.

A lui non pesa avere le incombenze da capitano, anzi ne trae maggior grinta. E’ un ragazzo giovane che sa cosa vuole. 

Cosa deve migliorare ancora?

Nella comunicazione in corsa, ma ci sta. Tiberi in gara parlava, diceva quello che avrebbe voluto fare, ma il road captain era Caruso. Damiano teneva in mano la squadra, così che Antonio si sarebbe potuto concentrare solo sulla prestazione. E’ un po’ il metodo che usavo quando correvo insieme a Nibali. Io gestivo la squadra, i dialoghi con l’ammiraglia, e Vincenzo restava concentrato solo sulla prestazione.

Un modo per alleggerire la tensione.

Esatto. Caruso era il portavoce, parlava con noi in ammiraglia e con Antonio, gestendo i compagni. 

Tiberi deve migliorare nelle giornate difficili, come a Livigno: avrebbe dovuto appoggiarsi ai compagni
Tiberi deve migliorare nelle giornate difficili, come a Livigno: avrebbe dovuto appoggiarsi ai compagni
Ci sono state situazioni che avreste potuto gestire diversamente?

Sinceramente l’unico “errore” lo ha commesso nella tappa di Livigno. Era una giornata no e lo si sapeva fin dai primi chilometri, lo sentiva. Nel finale, quando Arensman ha attaccato Tiberi ha fatto l’errore di seguirlo. In quel momento aveva ancora al suo fianco Caruso. Avrebbe dovuto mettere davanti lui e fargli fare un ritmo giusto, ma è una cosa che viene con l’esperienza. 

Il podio lo conquisti anche superando al meglio le giornate no.

Vero. Quando stai bene è tutto facile. Invece, quando sei in difficoltà devi limitare i danni. Anche perché in altri casi molti leader, nei momenti di difficoltà, mettono davanti i compagni per fare un ritmo comodo. 

Tiberi era anche al via del Delfinato, ma alla seconda tappa si è ritirato, troppe le fatiche mentali accumulate al Giro
Tiberi era anche al via del Delfinato, ma alla seconda tappa si è ritirato, troppe le fatiche mentali accumulate al Giro
In questo modo disincentivano gli attacchi.

E’ una tattica che Thomas ha usato un paio di volte. E’ una cosa che acquisisci con l’esperienza. Antonio deve imparare a guardare gli avversari e capire la loro condizione dalla pedalata o da come stanno in bici. Se impara a fare questo può capire eventuali crisi e attaccare, sfruttando il momento. 

Finito il Giro è ripartito subito per il Delfinato, come mai?

Perché a giugno ci sono diverse corse in programma e non è facile fare le squadre. Antonio fisicamente stava bene, ma mentalmente era finito. Abbiamo comunque provato a vedere come avrebbe reagito al Delfinato, ma alla seconda tappa ha terminato con il gruppetto. Così ieri (martedì, ndr) è stato richiamato a casa. Ci sta che mentalmente fosse stanco, vuoto, era comunque il suo primo Giro da leader.

Van Der Meulen: sembrava sparito, ma in Italia è risorto

15.05.2024
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Alla corte di Renzo Boscolo, al CTF Victorious, è arrivato all’inizio di questa stagione un ragazzo olandese: Max Van Der Meulen (in apertura foto DirectVelo/Florian Frison). La continental friulana è solamente un punto di appoggio tra il passato nel devo team della DSM e il futuro in Bahrain Victorious, nel WorldTour. Com’è già capitato con Bruttomesso, un corridore promesso sposo al team del Bahrein finisce la sua maturazione tra le file del CTF. 

Max Van Der Meulen, CTF Victorious, vince la seconda tappa alla Ronde de l’Isard (foto DirectVelo/Florian Frison)
Max Van Der Meulen vince la seconda tappa alla Ronde de l’Isard (foto DirectVelo/Florian Frison)

Prima vittoria

Con i colori della squadra friulana Van Der Meulen ha trovato la sua prima vittoria dopo tanto tempo. Lo ha fatto in una corsa difficile come la Ronde de l’Isard, dove il parterre era di tutto rispetto e le tappe impegnative, per corridori veri. Un successo che testimonia come determinate qualità non si possano perdere in poco tempo. 

«Quella in Francia, alla Ronde de l’Isard – racconta – è stata la mia prima vittoria da under 23, mi è piaciuta moltissimo. Purtroppo nella prima tappa ho preso tanto freddo e sono uscito subito di classifica. La sera ero un po’ amareggiato, ma parlando con il team abbiamo deciso di prendere ogni frazione come una corsa di un giorno. Vincere è stato fantastico, ero molto felice per me, ma anche per il team e i miei compagni che mi hanno dato una grande mano. Ho lavorato duramente a partire da questo inverno e vedere che tutti gli sforzi hanno portato a qualcosa è bello, gratificante».

Da junior la bici era un divertimento, senza lo stress del risultato (foto DirectVelo/Aurélien Regnoult)
Da junior la bici era un divertimento, senza lo stress del risultato (foto DirectVelo/Aurélien Regnoult)

Perso in casa sua

La storia di Van Der Meulen è particolare: il giovane corridore olandese, classe 2004, tra gli juniores volava. Vi basti sapere che nel solo 2022, l’ultimo anno nella categoria, aveva ottenuto sei vittorie tra cui quella alla Classique Des Alpes. Risultati che lo avevano portato ad essere il secondo miglior junior al mondo. Poi la chiamata nel devo team di casa, la strada che sembrava già delineata, ma non tutto è andato secondo i piani. 

«Quando ero junior – ci dice subito – mi godevo il fatto di andare in bici e non prendevo la cosa troppo seriamente, per me il ciclismo era un divertimento. Poi sono andato al Development Team DSM e le cose sono cambiate parecchio, tutto veniva fatto al 100 per cento. Gli allenamenti erano diversi, si curava tanto l’alimentazione, è cambiato tutto. Non sto dicendo che la DSM sia sbagliata, ma che io non ero fatto per un ambiente del genere. Quello che non ha funzionato è a livello personale, non dal lato del corridore. Ho inseguito per tanto tempo la mia migliore condizione senza mai trovarla, non ero felice e questa per me è una cosa importante per performare».

L’Italia e il gusto di ritrovarsi

«Il giovane talento olandese – ci aveva detto qualche giorno fa Renzo Boscolo team manager del CTF – è uno dei corridori che viene recuperato da un team italiano, la soddisfazione sta nel far vedere che non tutto l’oro dell’estero luccica più del nostro. Qui da noi si possono fare le cose bene, con metodo e passione. Siamo riusciti a recuperare un ragazzo forte e questo è il nostro orgoglio, nonché di tutto il pianeta Bahrain».

Allora partendo dalle parole di Boscolo la curiosità di sapere cosa Van Der Meulen abbia trovato di diverso da noi ci morde da dentro e la domanda nasce spontanea: «Per me è un modo di fare totalmente differente – dice – il CTF è come una famiglia, siamo molto uniti. Ci sono degli obiettivi, per fare in modo di lavorare bene, ma non importa che siano personali o di squadra qui tutti danno sempre il massimo. C’è molta più motivazione e tanta felicità nel godersi il ciclismo, è una squadra passionale. Mi piace averli intorno, con lo staff si lavora benissimo e mi danno tanto supporto».

Van Der Meulen, scalatore puro, ora fa rotta sul Giro Next Gen (foto DirectVelo/Florian Frison)
Van Der Meulen, scalatore puro, ora fa rotta sul Giro Next Gen (foto DirectVelo/Florian Frison)

Il sogno rosa e il futuro nel WT

Tra meno di un mese toccherà agli under 23 darsi battaglia lungo tutto lo stivale, o in buona parte di esso, per conquistare la maglia rosa. Il Giro Next Gen, alla luce della recente vittoria e delle qualità di Van Der Meulen, diventa un obiettivo per risalire un altro gradino che lo porterà, comunque vada, nel WT il prossimo anno. 

«Sto bene – continua a raccontarci – sono tornato dalla Francia, ho recuperato bene e sono partito per Andorra. Ora mi trovo qui da una settimana, insieme a due miei compagni di squadra, e starò altre due per preparare al meglio il Giro Next Gen. Prima però sarò in Repubblica Ceca per correre l’appuntamento di Nations Cup con la nazionale olandese.

«Sono fiducioso di poter fare ancora tanto quest’anno – conclude Van Der Meulen – in vista del mio approdo alla Bahrain Victorious. Voglio migliorare tanto per superare quel gradino che mi manca ma sono fiducioso. Il CTF da questo punto di vista mi dà una grande mano, mi fa crescere sia come corridore che come persona. Non ho paura di quello che potrà succedere in futuro».

Bruttomesso al Tour of the Alps, severo banco di prova

20.04.2024
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LAIVES – Ce lo siamo chiesti subito: cosa ci fa Alberto Bruttomesso al via del Tour of the Alps? Una corsa famosa per essere immersa tra le magnifiche montagne tirolesi ricca di dislivelli e poca pianura. Per i corridori nell’edizione di quest’anno non sono mancate pioggia, temperature rigide e qualche fiocco di neve. Alla sua prima stagione tra i pro’ l’ex corridore del Cycling Team Friuli si sta misurando con il ritmo gara e l’alto livello della Bahrain Victorious che si è meritato risultato dopo risultato. 

Abbiamo incontrato Bruttomesso mentre si scaldava sui rulli prima della quarta tappa
Abbiamo incontrato Bruttomesso mentre si scaldava sui rulli prima della quarta tappa

Pochi velocisti

L’esperienza la si fa sul campo, questo è un dato di fatto. Alberto Bruttomesso alla partenza di questo TotA sapeva di non avere aspirazioni di alcun tipo. Le sue caratteristiche di uomo veloce sono di certo un limite per queste corse. Dal suo punto di vista, sa però che per aumentare la cilindrata, esperienze di questo tipo sono fondamentali.

«E’ un bel banco di prova – spiega Bruttomesso – nel senso che qui in gruppo ci sono pochi velocisti. E’ una gara che comunque mi aiuta ad aumentare il motore. Ho cercato di aiutare il più possibile i compagni portandoli davanti ai piedi delle salite. Sono contento, sto facendo un percorso di crescita costante e senza pressioni».

Nella seconda tappa al freddo e sotto la pioggia, Alberto non ha accusato la giornata
Nella seconda tappa al freddo e sotto la pioggia, Alberto non ha accusato la giornata

Ritmo e giornate difficili

Cinque giorni vissuti all’insegna di un ritmo gara di alto livello. Seppur il percorso non fosse così proibitivo, i dislivelli non sono mancati così come gli attacchi e le… sgasate da parte del gruppo. 

«In generale – afferma Bruttomesso – posso dire di aver sentito il salto dall’anno scorso a quest’anno. Le gare sono molto più controllate, poi quando si apre il gas si sente e si va pancia a terra. Sono contento del mio avvio di stagione, ho fatto un bel blocco di gare in Belgio e devo dire che mi piacciono molto».

Nella tappa austriaca di Schwaz i corridori hanno pedalato per 120 chilometri sotto una pioggia battente e temperature vicine allo zero. Climi da inferno del Nord che un domani potrebbe essere terreno ideale per la potenza di Alberto. «Devo dire che ieri (terza tappa di Schwaz, ndr) non ho mai sofferto il freddo, ero vestito bene e non ho avuto problemi da quel lato».

Nel team sta trovando un un clima positivo
Nel team sta trovando un un clima positivo

Bel clima

Venti anni sono pochi, trovare un clima ideale all’interno di una WorldTour è determinante per la crescita naturale di un ragazzo come Bruttomesso. La Bahrain Victorious è un riferimento sotto questo punto di vista e ha dimostrato di saper crescere i suoi corridori dandogli il giusto spazio. Milan e Tiberi sono due esempi. 

«Mi trovo molto bene – dice Alberto – abbiamo un bel gruppo, ho avuto modo di correre sia con quello delle classiche in Belgio, sia con i ragazzi del Giro d’Italia qui al Tour of the Alps. In entrambi i casi ho trovato un bel feeling. Ho legato un po’ con tutti, sono stato compagno di stanza di Tiberi, quindi ho legato molto con lui in questi giorni. E’ un bravo ragazzo, è forte, è simpatico, quindi ottimo così».

Per Bruttomesso un buon terzo posto in volata al Tour of Antalya
Per Bruttomesso un buon terzo posto in volata al Tour of Antalya

Futuro prossimo

Appurato come è normale che il 2024 sarà un anno di crescita, per Bruttomesso il calendario è sicuramente stimolante. Dopo questo Tour of the Alps infatti il blocco di gare va dritto fino ai campionati italiani. «Ora faccio Francoforte il primo maggio, la settimana dopo il Giro di Ungheria e poi si vedrà. Forse farò il Giro di Slovenia e i campioni italiani, poi avrò un periodo di altura prima del Czech Tour.

«Il mio obiettivo – conclude – è quello di continuare a crescere e fare quante più esperienze possibile anche per gli anni prossimi e magari vediamo se si riesce a portare a casa qualche bel risultato. Senza stress, io cerco di aiutare la squadra quando mi viene detto di farlo e se mi verrà data l’occasione di fare risultato sicuramente proverò a 100% nelle corse più adatte alle mie caratteristiche».

Da Roubaix al Brabante, nel recupero di Pasqualon

10.04.2024
7 min
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Da Roubaix a Leuven ci sono 150 chilometri, ma per tutti i corridori che hanno corso sul pavé e oggi partono per la Freccia del Brabante sono molti di più. Ne abbiamo parlato con Andrea Pasqualon, migliore degli italiani nel velodromo francese. Se è vero che la Roubaix ti resta addosso per giorni, come ci si rimette in sesto per ripartire?

«La Roubaix è una corsa davvero dura – spiega il corridore della Bahrain Victorious – penso la più dura delle classiche, per cui arrivare cinquantesimo è un piacere. Vuol dire che a 36 anni sono stato competitivo in mezzo a ragazzi di 20: 15 anni meno di me. Sono ancora competitivo e questo mi fa solamente piacere. In più alla Roubaix ci sono tanti inconvenienti possibili e questa è stata un’edizione particolare…».

Quasi 10 chilometri con le come a terra: così la Roaubaix di Pasqualon ha cambiato faccia (@charlylopez)
Quasi 10 chilometri con le come a terra: così la Roaubaix di Pasqualon ha cambiato faccia (@charlylopez)
In che modo?

Proprio ieri sera stavo parlando di questo con i miei compagni. Una volta di solito la Roubaix iniziava da Arenberg, quasi mai prima. Invece questa volta la corsa è esplosa subito e al secondo settore di pavé eravamo sparpagliati in vari gruppetti. D’altra parte, quando si corre con atleti di classe come Mathieu Van der Poel o Van Aert o Pogacar, che hanno veramente una o due marce più di tutti noi, possono crearsi scenari come quello di domenica. Per noi che abbiamo un motore più piccolo, è difficile reggere il passo.

Quand’è così si allargano le braccia o si pensa al modo di tirare fuori qualcosa di più dal proprio motore?

Cosa dire… Se le gambe arrivano fino lì, non hai da inventarti tante cose. Questi ragazzi stanno in gruppo con la sigaretta in bocca rispetto a noi. E’ brutto da dire, ma è la verità. Quando ci si affianca a loro, si capisce che hanno una zona o anche due di differenza. Quando noi siamo al medio, loro sono al lento. Quando uno attacca a 60 chilometri e arriva con 3 minuti di vantaggio, poi ha il tempo di guardare gli altri che fanno la volata per il secondo posto, vuol dire proprio essere di un altro livello.

Finché sono 3-4 del loro livello, c’è un po’ di confronto. Quando sono da soli la differenza sembra anche maggiore, no?

Sì, fanno sembrare tutto molto facile. Ieri ho guardato la corsa in televisione, perché domenica ero dietro e non avevo visto niente. E guardandola, mi sono detto: «Cavolo, ma quanto riesce a spingere questo sul pavé?». Sembra che sia tutto molto facile, ma in realtà di facile non c’è niente. Noi che l’abbiamo corsa sappiamo quanto sia faticoso uscire dalla Foresta di Arenberg, dal Carrefour de l’Arbre o da Mont Saint Pevele. Invece Van der Poel riesce ad andare a 60 all’ora sul pavé, vuol dire che Madre Natura gli ha donato qualcosa che a noi non ha dato.

Per quanto tempo ti rimane addosso una Roubaix così faticosa?

Domenica sera non stavo male, lunedì ero un po’ dolorante. Martedì invece ero ancora malconcio, più che altro perché ci vogliono due o tre giorni per recuperare davvero. Alla fine è stata una Roubaix devastante, corsa a una media mostruosa. Siamo partiti a tutta e siamo arrivati a tutta. E’ vero che i materiali hanno inciso tanto, ma penso che la vera differenza l’abbiano fatta corridori come Mathieu e la sua squadra. I ragazzi della Alpecin sono andati veramente fortissimo. Vermeersch è arrivato sesto, nonostante il lavoro che ha fatto: secondo me è andato più forte di Mathieu.

In che modo hai passato i due giorni fra la Roubaix e il Brabante? Gambe per aria e riposo assoluto?

No, assolutamente. Si fanno delle uscite di un’ora e mezza, al massimo due, in tranquillità. Si fanno girare le gambe, perché il riposo totale non ci fa bene. Magari si può fare lontano dalle corse, ma durante la stagione non è il massimo. Quindi si fa una sgambata per far circolare il sangue ed eliminare le tossine di una corsa lunga come domenica. Poi si fanno i massaggi e il trattamento con l’osteopata, la routine più o meno è questa.

Il primo massaggio l’hai fatto la sera della Roubaix oppure hai aspettato il giorno dopo?

No, ho aspettato lunedì ed è stato un massaggio davvero pesante. Si sentiva (ride, ndr) che c’era ancora qualche… pietra all’interno dei miei muscoli! E’ stato un massaggio profondo, perché bisogna eliminare veramente le tossine e soprattutto le aderenze. Non scherzo quando dico che è una corsa massacrante. Parliamo di schiena, braccia e mani. Ho le mani ancora gonfie per i colpi della Roubaix, anche perché ci si è messa anche la sfortuna…

In che modo?

Ho forato e ho avuto la sfortuna che la seconda ammiraglia non fosse vicino a me. Perciò sono andato avanti per parecchi chilometri con le ruote bucate. Poi ho trovato dei massaggiatori e le ho cambiate entrambe. Però non avevano le gomme da 35 millimetri con cui ero partito e me ne hanno passate due da 28, gonfiate anche abbastanza alte. A correre la Roubaix con i 28, mi è sembrato di tornare indietro di 10 anni, però alla fine sono arrivato ugualmente nel velodromo.

Si riparte dopo il cambio delle ruote, la Roubaix è ancora lunga (@charlylopez)
Si riparte dopo il cambio delle ruote, la Roubaix è ancora lunga (@charlylopez)
Con quelle gomme, la bici e la guida cambiano completamente?

Cambia tutto. Ognuno ha la pressione con cui si trova bene in base al proprio peso. Tutte le marche hanno dei parametri per trovare la giusta pressione e posso assicurarvi che anche 0,1-0,2 bar di differenza possono veramente cambiare tantissimo sul pavé. Per questo, in base alle ruote e al tubeless che si usa, cambiano anche le pressioni. Per questo motivo avevamo optato per un 35, perché abbiamo visto che c’è una grandissima differenza sul pavé, anche se sull’asfalto si ha la sensazione che la bici scorra di meno.

Come è andata a livello di vibrazioni con quelle ruote sottili?

Le vibrazioni sono il vero problema. Proprio per evitare di riceverne troppe, alcuni hanno usato ugualmente il manubrio aerodinamico in carbonio, mentre tanti hanno optato per quelli più classici. Magari in alluminio o anche in carbonio, ma comunque tondi per avere meno vibrazioni nelle braccia. Qualcuno ha utilizzato il doppio nastro, chi il gel all’interno del nastro stesso. Io ho utilizzato dei guantini fatti da Prologo per il pavé e alla fine ne sono uscito senza neanche una vescica e questo fa la differenza. Se succede che a 50-60 chilometri dall’arrivo sei pieno di vesciche, diventa difficile anche guidare la bici.

Dal punto di vista dell’alimentazione, come hai recuperato le forze?

La sera si cerca sempre di reintegrare i carboidrati. Lunedì invece siamo stati abbastanza leggeri, mentre martedì abbiamo iniziato a integrare i carboidrati, in modo di averli per la gara. L’integrazione dei carboidrati inizia dalla colazione del giorno prima e prosegue con pranzo e cena. Il giorno prima si fanno le basi per avere la giuste quantità di carboidrati il giorno seguente. Con gli studi degli ultimi anni, si è visto che è meglio fare il carico di carboidrati dal giorno prima della gara.

Pasqualon ha concluso la Roubail al 50° posto, primo degli italiani (@charlylopez)
Pasqualon ha concluso la Roubail al 50° posto, primo degli italiani (@charlylopez)
A livello di sensazioni, secondo te nei primi chilometri di corsa della Freccia del Brabante sentirai ancora la Roubaix nelle gambe?

Può essere che nella prima ora senta un po’ di affaticamento, però confido che poi tutto vada a diminuire fino a sbloccarsi, come diciamo fra corridori. E comunque è sempre meglio partire bloccati e finire la corsa in gran forma che partire bene e spegnersi nel finale.

Dopo il Brabante tiri una riga o continui?

La Freccia del Brabante è l’ultima corsa di questo inizio di stagione, poi andrò direttamente ad Andorra e farò due settimane e mezzo di altura per preparare proprio il Giro d’Italia. Sarà una corsa importante per la squadra e io avrò da fare soprattutto per aiutare il nostro velocista Bauhaus. Essendo il suo ultimo uomo, dovrò recuperare e risparmiare un po’ di forze per il Giro d’Italia. Perciò che altro dire? Ci vediamo a Torino…

Pogacar ha già vinto il Giro? L’analisi (spietata) di Chiappucci

05.04.2024
5 min
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Cinque vittorie in nove giorni di corsa nel 2024 per Tadej Pogacar, se si allarga l’orizzonte ai primi tre posti siamo ad un conteggio di sette podi. Praticamente lo sloveno è uscito dalle prime tre posizioni soltanto quando la gara è terminata con una volata di gruppo. I numeri collezionati dal fuoriclasse del UAE Team Emirates fanno impressione. Alla Volta a Catalunya non c’è stato spazio per nessuno, Pogacar ha dominato la corsa dal primo all’ultimo giorno. Una fame che rischia di divorare il Giro d’Italia ancor prima di iniziare. Al via della corsa rosa manca un mese, ma con un predatore del genere i giochi sembrano praticamente chiusi. 

«Probabilmente – ci dice Claudio Chiappucci, interpellato per leggere con noi le prospettive di questo Giro – assisteremo a due gare: quella di Pogacar e quella degli altri, dei battuti. La prima tappa, da Venaria Reale a Torino, prevede già delle difficoltà altimetriche, se Pogacar vorrà potrà prendere la maglia al primo giorno». 

Pogacar al Catalunya ha scavato un solco tra sé e gli avversari ogni volta che la strada saliva
Pogacar al Catalunya ha scavato un solco tra sé e gli avversari ogni volta che la strada saliva

Un Giro già chiuso?

Il varesino nella sua lunga carriera si è trovato a lottare contro campioni come Lemond e contro l’inscalfibile Miguel Indurain, eppure nessuno di loro ha mai palesato la voracità di Pogacar. Se si guarda a quanto accaduto in Spagna, al Catalunya, non c’è spazio per altre interpretazioni: Pogacar arriva in Italia pronto a giganteggiare. In salita ha battuto tutti, vero che non si è confrontato con i migliori, ma non sembrano esserci vie di scampo. 

«Al Catalunya – replica Chiappucci – quelli forti c’erano: Bernal, Landa e alcuni altri. Non ho visto nessuno che potesse essere vagamente alla sua altezza. Ha dominato tutte le tappe, vincendo anche l’ultima in volata. Pogacar ha l’istinto di prendere tutto, non vedo chi potrà impensierirlo, al prossimo Giro d’Italia».

Anche perché nella seconda tappa si arriva a Oropa.

Praticamente dopo due giorni Pogacar può già aver messo una bella firma sul Giro d’Italia. Nella tappa di Torino screma, in quella di Oropa assesta un bel colpo. Il peggio, se vogliamo dirla così, è che ha anche una squadra fortissima. 

Secondo te può tenere la maglia per 21 tappe?

E’ un corridore di grande spessore, appena ha l’occasione prende tutto. Alla Volta a Catalunya è stato così. Vero che era una corsa di una settimana, qui si parla di tre, ma non vedo nessun altro che possa tenere la maglia al posto suo. Anzi, meglio, se la prendono altri corridori e la tengono è per una scelta di Pogacar. 

L’impressione, durante il Catalunya, è stata di una netta superiorità della UAE e dello sloveno
L’impressione, durante il Catalunya, è stata di una netta superiorità della UAE e dello sloveno
La superiorità è così netta?

Per me sì. La cosa che fa più impressione è che questi fenomeni (Van Der Poel, Pogacar, Vingegaard, ndr) attaccano da davanti. Non c’è più l’effetto sorpresa del partire dalle posizione di fondo. Loro stanno davanti a tutti e comunque se li tolgono di ruota. Il bello è che dichiarano anche cosa faranno, ad esempio Pogacar alla Strade Bianche

Si può pensare ad un’azione di gruppo contro Pogacar?

Difficile, perché per fare una cosa del genere bisogna rischiare e nel ciclismo moderno non è facile. Anche le posizioni di rincalzo contano molto, in termini di punti e sponsor. Dietro Pogacar sarà un tutti contro tutti, perché una posizione di rincalzo come un terzo o quarto posto, fa gola. 

Pogacar ha divorato il Catalunya con quattro successi in sette tappe
Pogacar ha divorato il Catalunya con quattro successi in sette tappe
Ci sono squadre, come la Bahrain che portano due capitani, Caruso e Tiberi, lì si può pensare a qualcosa…

Tiberi è giovane, si sta ritrovando e va forte, al Catalunya è andato bene, ma era comunque lontano da Pogacar (ha terminato con 6’ e 33’’ di ritardo dallo sloveno, ndr). E’ pretenzioso pensare che Tiberi possa fare un Giro al livello di Pogacar.

Per Caruso invece?

Per Caruso la cosa è diversa, bisogna vedere se sarà ai livelli del Giro del 2021. Se sarà così, la Bahrain può giocare con l’esperienza di Caruso e la freschezza di Tiberi. Anche se attaccare lo sloveno frontalmente diventa un’arma a doppio taglio. 

La Bahrain può giocare sulla coppia Caruso-Tiberi, l’esperienza del primo e la “spavalderia” del secondo
La Bahrain può giocare sulla coppia Caruso-Tiberi, l’esperienza del primo e la “spavalderia” del secondo
Spiegaci…

Con un Pogacar così forte, attaccare rischia di farti saltare in aria. Aspettare può essere la soluzione per capitalizzare. Il Giro per me è in mano a lui, gli altri corrono per il secondo posto. Pensare di attaccarlo e lasciarlo lì diventa difficile, se non impossibile. 

Non c’è qualcuno che può provare a far saltare il banco, come facevi tu?

Ora come ora mi immedesimo in questi corridori e dico di no. Non per superbia, ma perché serve essere davvero fortissimi per scalfire Pogacar. Solo i grandi campioni lo hanno battuto (Vingegaard su tutti, ndr). Ci sono sempre dei fattori esterni, come il meteo, una crisi o altro ancora, ma per ora, seguendo un ragionamento tecnico, Pogacar è imbattibile. 

Caruso e Tiberi: dal Catalunya ora puntano sul Giro

30.03.2024
5 min
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Dalla Volta a Catalunya la Baharain Victorious è uscita con una soddisfazione e un punto di domanda. La prima arriva dalla bella prestazione di Antonio Tiberi, che dopo una settimana solida ha chiuso la corsa all’ottavo posto nella classifica generale. Il punto di domanda riguarda invece Damiano Caruso. Il siciliano ha vissuto un inizio di stagione a rallentatore, con una Tirreno lontana da primi e un Catalunya in ripresa ma senza squilli.

Tiberi è uscito in crescendo dal Catalunya: una settimana di corsa che ha dato i suoi frutti
Tiberi è uscito in crescendo dal Catalunya: una settimana di corsa che ha dato i suoi frutti

Calendari modificati

Ne parliamo con Franco Pellizotti, diesse del team e alla guida dell’ammiraglia nella corsa spagnola. Il Giro d’Italia si avvicina, le strade sono delineate e si fanno i primi conti, anche se tutto è ancora da costruire. 

«Sia Tiberi che Caruso – racconta – non avevano in programma il Catalunya. Dovevano correre Andalucia e Tirreno, poi andare in altura. Alla fine la cancellazione della prima ha costretto entrambi ad esordire alla Tirreno-Adriatico, hanno sofferto un po’ e ci siamo convinti che fosse il caso di portarli al Catalunya. Antonio (Tiberi, ndr) è uscito bene dalla corsa dei due mari e ha fatto una bella prestazione in Spagna. Al primo arrivo in salita, dominato da Pogacar, è andato bene fino agli ultimi due chilometri, poi si è un po’ spento. Se avesse gestito al meglio la scalata, sarebbe entrato nella top 5. Nel complesso ha fatto un’ottima settimana di corsa, migliorando giorno dopo giorno.

«Caruso – continua – ha sofferto di più la cancellazione della Ruta del Sol, ma ci sta. Antonio ha 23 anni, è giovane e un cambio di programma non lo destabilizza più di tanto. Caruso, invece, che di anni ne ha 38, deve fare passaggi più mirati. L’ho visto comunque sereno e contento di quanto fatto, sono convinto che al Giro, come ogni anno, sarà competitivo».

Il miglior risultato è stato un terzo posto nella 3ª tappa dietro Pogacar e Landa
Il miglior risultato è stato un terzo posto nella 3ª tappa dietro Pogacar e Landa

Approccio al Giro

Il prossimo Giro d’Italia, che partirà da Torino, sarà il primo di Tiberi. Un esordio che incuriosisce parecchio, soprattutto perché avrà al suo fianco proprio Caruso, come già accaduto alla Vuelta nel 2023. Le strade dei due verso la corsa rosa si sono divise ora, ma si intrecceranno di nuovo a Torino. 

«Ora entrambi andranno a fare un periodo di altura – spiega Pellizotti – e poi correranno in vista del Giro. Tiberi al Tour of the Alps e Caruso al Giro di Romandia. Con Tiberi, prima di correre in Trentino, andremo a vedere la cronometro di Verona. Una volta finita la corsa, faremo la ricognizione di altre due o tre tappe: la cronometro di Perugia e la tappa di Prati di Tivo, se avremo tempo ne vedremo una terza.

«Caruso – continua il diesse – dopo l’altura andrà al Romandia perché è una gara che gli piace e da qualche anno la usa come preparazione per il Giro. Lo aiuta molto e gli dà una bella gamba».

Dopo l’annullamento della Ruta del Sol, Caruso ha corso Tirreno e Catalunya per migliorare il colpo di pedale
Dopo l’annullamento della Ruta del Sol, Caruso ha corso Tirreno e Catalunya per migliorare il colpo di pedale

Capitani insieme?

Nelle tre settimane di corsa al Giro d’Italia Tiberi e Caruso condivideranno i gradi di capitano? La Bahrain potrà contare sulla solidità del siciliano, mentre il giovane laziale ha dalla sua tanta forza e determinazione, che però è il momento di mettere in campo.

«Caruso e Tiberi – dichiara Pellizotti – sono una coppia sulla quale lavoriamo dalla Vuelta 2023. Erano in camera insieme, Damiano ha la giusta esperienza per guidare un ragazzo come Antonio e sa farsi voler bene. Ci siamo accorti che Tiberi ha preso Caruso come un riferimento, lo ascolta e impara tanto da lui. D’altro canto, Damiano sa che Tiberi è il futuro del nostro team e del ciclismo italiano

«Al prossimo Giro – continua ad analizzare – Damiano sarà tra i più forti e una certezza per noi. Antonio, invece, potrà giocarsi le sue carte e mostrare di cosa è capace. Già alla Vuelta dello scorso anno abbiamo visto che sulle tre settimane c’è, ha sistemato qualche problema e ora è pronto. Potrà misurarsi dall’inizio alla fine con i migliori e curare la classifica, vedremo dove potrà arrivare. Avere accanto un corridore solido come Caruso permetterà a Tiberi di correre con calma e tranquillità. Al contrario, avere al suo fianco un giovane in grado di fare bene potrà alleggerire Damiano dalle pressioni».

La condizione non è delle migliori, ma il siciliano ha l’esperienza per arrivare pronto al Giro
La condizione non è delle migliori, ma il siciliano ha l’esperienza per arrivare pronto al Giro

La voglia di Nibali

Di Tiberi si parla da tanti anni, fin da quando era alla Trek, ora con il team Bahrain Victorious sembra aver trovato un equilibrio. E’ giovane, considerando che tra poco compirà 23 anni, ma è il momento di tirare fuori tutte le sue qualità

«Antonio è giovane – conclude “Pelli” – ogni ragazzo ha i suoi tempi ed è giusto rispettarli, però siamo convinti che sia arrivato ad un buon punto di maturazione. Per un verso mi ricorda Nibali da giovane: ha tanta voglia di crescere e far vedere che c’è. Avere accanto un corridore come Caruso lo sprona a dimostrare di essere più forte, a migliorarsi. Questo aspetto può giocare a suo favore».

Olivo davanti a un bivio: nel 2024 si gioca parecchio

14.02.2024
4 min
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Le parole di Bryan Olivo tradiscono tutta la sua determinazione: questo è un anno importante, forse decisivo nella carriera del friulano (nella foto di apertura Lucia & Stefano Photo) Una carriera quasi turbinosa, iniziata come grande prospetto nel ciclocross, poi approdata alla strada, ma con occhi privilegiati sulla pista dove ha collezionato trofei e nella cronometro dov’è campione italiano in carica under 23. Ora però Olivo vuole di più soprattutto nelle corse in linea.

Le prospettive per la nuova stagione acquisiscono nuovi colori partendo dall’anno appena trascorso. Anno che, seppur fortunato per la conquista della maglia tricolore, non è ricordato da Olivo con così grande rimpianto.

«Anzi – dice – per me non è stato un anno propriamente positivo. Troppi problemi fisici. Prima quelli intestinali con il dimagrimento di 3 chili in primavera, poi quelli alla gamba sinistra ai mondiali, infine l’infiammazione al miocardio che mi ha pregiudicato il finale di stagione, anche se per fortuna non sono comparse aritmie. Una stagione troppo turbolenta, ma io non ho perso il mio ottimismo e riparto anzi con ancora più carica».

Olivo, nato il 4 gennaio 2003, con la nuova divisa del Cycling Team Friuli
Olivo, nato il 4 gennaio 2003, con la nuova divisa del Cycling Team Friuli
Hai cambiato qualcosa proprio in considerazione di questi problemi fisici?

No, anche perché alla resa dei conti erano tutti disgiunti l’uno dall’altro. Cose che possono capitare, solo che a me sono capitate in rapida sequenza. La preparazione comunque non ne ha risentito e questo è importante.

Nel tuo calendario hai invece intenzione di rivedere qualcosa?

Rispetto allo scorso anno farò meno pista, questo è sicuro. Non l’abbandonerò, anche perché sono sempre convinto che sia utilissima per migliorare alcuni aspetti della strada, ma mi concentrerò maggiormente su quest’ultima. Oltretutto il calendario abbina alcuni appuntamenti importanti su pista a gare su strada che quest’anno non posso perdere.

Il friulano quest’anno punta fortemente alle gare in linea, per arrivare al professionismo
Il friulano quest’anno punta fortemente alle gare in linea, per arrivare al professionismo
Si nota una concentrazione particolare sulla strada, come mai?

Questo è un anno fondamentale. Una sorta di giro di boa. Devo ottenere più risultati possibili, anche in virtù di quanto accaduto nel 2023. Mi gioco tutto, perché voglio che a fine stagione ci sia ad aspettarmi un contratto da professionista. Il fatto di far parte del devo team di una squadra prestigiosa come la Bahrain Victorious è sì un vantaggio, ma nessuno regala niente nel ciclismo di oggi. Il contratto bisogna guadagnarselo e solo i risultati sono il valore utile per ottenerlo.

Il fatto di essere comunque in una squadra satellite ti mette più tranquillo per la ricerca del contratto?

Di tranquillo in questo ambiente non c’è nulla… Certo è importante, ma il mondo va veloce e convincere i dirigenti a darmi una chance non è semplice. Io posso fare una sola cosa, cercare di ottenere il meglio.

A Glasgow problemi alla gamba sinistra hanno pregiudicato la sua prestazione nella crono
A Glasgow problemi alla gamba sinistra hanno pregiudicato la sua prestazione nella crono
Quando comincia la tua stagione e che cosa prevede nella prima parte?

Inizierò con la San Geo, poi andrò avanti fino al 21 aprile con la Gand-Wevelgem U23, a quel punto tireremo una linea e si vedrà come andare avanti. In questa prima parte di stagione ci saranno anche occasioni per corse a tappe, che sono una palestra importantissima, guardata sempre con grande attenzione non solo dal punto di vista dell’ordine d’arrivo, ma anche come prestazione complessiva.

Nell’ottica di cui parlavi, quella di un contratto da professionista, quanto sarebbero importanti occasioni di confronto proprio con i pro’?

Moltissimo, spero di averne e spero anche di raccogliere risultati in quelle occasioni. Rispetto alle gare di categoria, si vede che si viaggia a un ritmo diverso. Ma soprattutto sono gare che danno più visibilità. Per me sarebbero molto importanti.

Lo scorso anno Olivo ha conquistato il titolo tricolore a cronometro, che vuole riconfermare
Lo scorso anno Olivo ha conquistato il titolo tricolore a cronometro, che vuole riconfermare
A parte quello di fine stagione, sapendo che poi i contatti iniziano prima, hai un obiettivo in particolare per questo 2024?

Vorrei avere una costanza di rendimento per tutto l’anno, proprio pensando a quel che è successo nella passata stagione. Poi vorrei confermare il titolo tricolore a cronometro. Io sono convinto che tutto il resto verrà di conseguenza, intanto mi concentro su questo.