Toneatti corona il sogno: dal 2025 sarà WorldTour

06.12.2024
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La rosa dell’Astana Qazaqstan Team è ancora mossa dalle onde che hanno rivoluzionato il recente ciclomercato. Dai kazaki sono arrivati un’infinità di corridori, alcuni pronti e tanti altri da creare. L’impronta è pressoché azzurra, come la maglia del team, ma in questo caso si parla di Italia. Sono ben tredici i ragazzi italiani presenti nel team WorldTour. L’ultimo a inserirsi in questa lunga lista è Davide Toneatti: altro atleta che passa dal devo team alla formazione principale, con lui arriva anche Alessandro Romele

Toneatti è uno di quei corridori di talento in grado di affermarsi da giovane nel ciclocross. Poi, quando si è trattato di scegliere che via far prendere alla propria carriera si è asciugato il volto dal fango, ha ringraziato per i successi ottenuti e ha guardato dritto alla strada. In lui ha creduto, per l’appunto l’Astana Qazaqstan

Davide Toneatti è entrato nel devo team dell’Astana Qazaqstan nel 2022
Davide Toneatti è entrato nel devo team dell’Astana Qazaqstan nel 2022

Da zero al WorldTour

Con il team kazako è partito dal giorno zero di questa scelta. Dal 2 marzo 2022, giorno del suo esordio in Croazia, sono passati più di 2 anni e mezzo. Toneatti è cresciuto, si è fermato, è ripartito e ora vede il mondo aprirsi davanti ai propri occhi. Il passaggio nel WorldTour nel 2025 gli dà ragione, ha scelto la sua strada, l’ha percorsa e ora si trova dove avrebbe voluto essere. 

«Aver firmato per il passaggio nel WorldTour – ammette – è un bellissimo step per la mia giovane carriera su strada. Non ero sicuro sarei riuscito a passare qui, l’Astana ha fatto una grande campagna acquisti e ha preso tanti corridori. Ad un certo punto anche altre squadre si sono mosse nei miei confronti, ma dopo le ultime gare in Veneto, corse con la formazione principale, l’accordo è stato trovato facilmente.

«Questi tre anni – continua Toneatti – sono passati velocemente, ma ognuno di loro aveva obiettivi precisi. Il primo era dedicato al prendere le misure con le corse su strada, il secondo avrei dovuto dimostrare qualcosa ma non ci sono riuscito. E’ arrivato ben poco di quanto ci eravamo prefissati. Non è stato il percorso ideale, anche a causa di eventi esterni. La mononucleosi mi ha fermato per parecchi mesi e non è stato facile ripartire».

Nel 2023 ha trovato parecchi ostacoli lungo il proprio cammino di crescita (foto Nassos Triantafyllou)
Nel 2023 ha trovato parecchi ostacoli lungo il proprio cammino di crescita (foto Nassos Triantafyllou)

Il 2024

L’anno che ha poi confermato le aspettative, o comunque fatto vedere quanto sia cresciuto Davide Toneatti su strada, è stato il 2024. Sono arrivati la prima vittoria e tanti piazzamenti nelle diverse corse a tappe disputate

«Una delle grandi soddisfazioni del 2024 – spiega – è sicuramente la risposta che ho avuto dal mio corpo dopo lo stop forzato della passata stagione. Quest’anno sono stato costante, una cosa che ho notato anche alla ripresa degli allenamenti. Mi sento molto meglio rispetto all’inverno passato. Spero possa essere un segnale di ulteriore crescita. Alla fine ho avuto una stagione lineare e in crescita, dove ho messo insieme 66 giorni di gara. Non troppi ma nemmeno troppo pochi.

«La crescita maggiore – dice – l’ho sentita sulle salite lunghe e impegnative. Non che questo sia il mio punto forte. Al Giro del Friuli mi sono confrontato con dei giovani molto forti come Nordhagen, Pellizzari e Torres. Loro andavano molto più di me in salita. Mi sono reso conto di stare bene e di aver trovato il mio terreno nelle gare in Veneto che ho fatto con il team WorldTour. Su salite con sforzi da tre minuti sono a mio agio. Passando professionista troverò ben altri scenari, ma sarà bello capire a che punto sono».

Nel 2024 il friulano si è ripreso, conquistando la sua prima vittoria in maglia Astana alla Belgrade Banjaluka (foto organizzatori)
Nel 2024 il friulano si è ripreso, conquistando la sua prima vittoria in maglia Astana alla Belgrade Banjaluka (foto organizzatori)

Il cross

La nostra battaglia verso la salvaguardia della multidisciplina non vuole essere come quella di Don Chisciotte verso i mulini a vento. Il costante abbandono di ragazzi talentuosi a favore della strada è una costante in Italia. Anche chi era a livelli alti o comunque avrebbe potuto lottare per arrivarci ha preferito mollare, o è stato consigliato di farlo. I team non hanno interesse che un loro atleta continui a correre in una disciplina dove non appare la maglia, lo sponsor o altro.

La definizione che Toneatti ha dato di sé ci ha fatto venire però una domanda. Gli sforzi di tre minuti sono assimilabili a quelli che si trovano nel ciclocross, attività che lo ha accompagnato fin da giovanissimo. Continuare con quella disciplina non sarebbe stato utile per migliorare ancora? Definendo maggiormente quale tipo di corridore essere? 

«Gli sforzi brevi che si trovano nel ciclismo su strada – analizza Toneatti – arrivano alla fine di una corsa, quando si è in bici da 3, 4 o 5 ore. Serve maggiore fondo e io ho voluto concentrarmi su questo: migliorare la mia performance nell’ultima ora di gara. Lasciare il ciclocross la vedo come una scelta giusta da fare, sensata. Ovvio, se fossi andato a correre in una squadra belga o olandese magari avrei continuato anche nel fuoristrada. Ma in Astana questo interesse non c’era e anche io ero convinto di volermi concentrare su una sola disciplina».

All’inizio del 2023 Toneatti ha abbandonato il ciclocross per concentrarsi sulla strada (foto Billiani)
All’inizio del 2023 Toneatti ha abbandonato il ciclocross per concentrarsi sulla strada (foto Billiani)

Continuità

Il dibattito è sulla programmazione, certi corridori riescono a far combaciare l’attività su strada con quella fuoristrada. I mesi a disposizione per correre sono tanti, soprattutto da quando il calendario WorldTour e non si è ampliato tanto. Serve scegliere gli appuntamenti giusti e programmarli, allenandosi a dovere. Lo stesso si potrebbe fare con la multidisciplina, serve però l’intenzione di entrambi i soggetti coinvolti.

«Credo che nel 2024 mi servisse maggiore continuità su strada – conclude Toneatti – perché ogni anno mi sembra di migliorare, di mettere qualcosa. A inizio stagione sono in un punto e alla fine mi ritrovo in un altro, superiore. Certi atleti hanno una struttura alla base che permette loro di fare doppia attività in maniera continuativa e al meglio, scegliendo gli impegni. In certi team esteri come in Belgio e Olanda puoi fare il ciclocross per com’è lassù. Io avevo l’idea di impegnarmi su strada e ho voluto coltivarla e anche l’Astana non aveva interesse che continuassi nel ciclocross».

Leonardo Basso e la nuova vita da diesse alla Ineos

28.11.2024
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In uno dei comunicati da parte dei team che arrivano solitamente tra la fine di una stagione e l’inizio di quella successiva ci ha colpito uno della Ineos Grenadiers. La squadra britannica ha cambiato un po’ di cose tra le file dello staff, e con grande piacere leggiamo che Leonardo Basso sarà uno dei diesse (in apertura foto Instagram Ineos Grenadiers). A dire il vero il comunicato dice che il veneto era già salito in ammiraglia con i granatieri nel 2024. E’ passato poco tempo da quando Leonardo Basso ha appeso la bici al chiodo ed è salito in macchina. I suoi 31 anni, che compirà proprio il giorno di Natale, lo rendono uno dei più giovani diesse del WorldTour.

Leonardo Basso ha concluso la sua carriera da corridore nel 2023, in maglia Astana
Leonardo Basso ha concluso la sua carriera da corridore nel 2023, in maglia Astana

Il ritorno tra i Grenadiers

Per tanti anni è stato uno degli uomini Ineos, dal 2018 quando il team era ancora Sky, fino al 2021 quando poi ha assunto la denominazione che conosciamo. Gli ultimi due anni di carriera, visto che Leonardo Basso si è ritirato nel 2023, li ha corsi all’Astana

«Già da corridore – racconta – avevo preso i tre livelli italiani per diventare diesse. Poi a fine 2023 sono andato in Svizzera per ottenere la licenza UCI. Il ritorno con la Ineos, anche se in ammiraglia, è avvenuto durante la stagione appena conclusa. Il team mi ha contattato a luglio chiedendomi se mi andasse di fare qualche esperienza da freelance. Ho accettato subito, tornare in questa squadra è stato un grandissimo piacere, così come l’essere stato confermato per la stagione a venire».

Basso Norvegia 2021
Il veneto per quattro anni ha corso con la Ineos: dal 2018 al 2021
Basso Norvegia 2021
Il veneto per quattro anni ha corso con la Ineos: dal 2018 al 2021
Che effetto fa essere dall’altra parte?

Vivere una gara dall’ammiraglia ti fa passare dall’essere attore a regista. Lo stacco è stato un po’ brusco, ti trovi a fare un altro tipo di lavoro, ma mi sono ambientato subito. La Ineos mi ha indirizzato subito bene spiegandomi cosa avrei dovuto fare e dandomi le giuste indicazioni sul ruolo da svolgere. 

Già da atleta avevi un’inclinazione per questo compito?

Diciamo che sono sempre stato un grande appassionato. Anche da corridore studiavo le tattiche di gara e dialogavo molto con i diesse. Una volta passato in macchina mi sono trovato subito a mio agio. 

Leonardo Basso già da corridore amava studiare le tattiche di gara e i percorsi (foto Instagram)
Leonardo Basso già da corridore amava studiare le tattiche di gara e i percorsi (foto Instagram)
Essere stato un corridore e aver chiuso la carriera da poco è un vantaggio?

Credo proprio di sì. L’approccio che ho avuto nel finale della scorsa stagione non è mai stato quello di un diesse vecchio stampo, uno che decide e si fa così per forza. Ora il ruolo è più vario, ha diverse sfaccettature. Non ultima quella di aiutare gli atleti attraverso il dialogo. Ho una sensibilità che mi permette di vedere certe cose, e grazie al fatto di essere stato corridore fino a 12 mesi fa posso avere uno sguardo più fresco. So cosa vuol dire essere un ciclista ora. 

Aver corso nella Ineos può essere un’arma in più?

So cosa vuol dire essere parte del team, avere quel DNA da corridore mi ha dato un plus sicuramente. Lo sport è fatto di cicli, come insegnano il calcio e il basket, che iniziano e finiscono. Se si vuole tornare sulla cresta dell’onda bisogna mantenere salda l’identità, guardare in una direzione e seguire un certo cammino. 

Leonardo Basso conosce perfettamente cosa vuol dire far parte del team Ineos
Leonardo Basso conosce perfettamente cosa vuol dire far parte del team Ineos
Quale pensi che sia il DNA Ineos?

La ricerca dell’eccellenza, cosa che fanno da quando sono nati, nel 2010. Cercare di vincere attraverso lo sviluppo e l’innovazione. 

Hai qualche figura dalla quale prendi ispirazione?

Sono uno a cui piacciono tanti sport, quindi più che una figura di riferimento nel ciclismo penso di avere un modello di lavoro che mi piacerebbe seguire. Carlo Ancelotti, l’allenatore del Real Madrid, è una figura dalla quale prendo esempio. Lui ha una grande qualità: saper creare un gruppo coeso, e sa farlo perché capisce le diverse personalità dei suoi ragazzi. E’ una cosa che vorrei fare anche io. Ma ce ne sono tante altre di figure che mi piacciono. Spesso leggo delle interviste o guardo delle conferenze stampa e cerco di prendere quel che mi piace, con l’intento di creare il mio stile. 

La Ineos Grenadiers nel mese di novembre ha svolto un team building a Manchester (foto Instagram/Ineos Graenadiers)
La Ineos Grenadiers nel mese di novembre ha svolto un team building a Manchester (foto Instagram/Ineos Graenadiers)
E quale pensi possa essere?

Simile alla mia personalità: sono uno che ascolta, penso sia fondamentale nello sport di alto livello. Se lo sai fare capisci i problemi e trovi dei margini di lavoro e di crescita. Penso di essere una persona dotata anche di buon senso, di essere educato e preparato. 

L’occasione mancata: quando Zanini ha fermato l’ammiraglia

17.11.2024
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Continuiamo la nostra serie di racconti sulle occasioni perse, sugli errori tattici o, come in questo caso, su eventi quasi impossibili. Stavolta il protagonista è Stefano Zanini, per tutti Zazà. Il direttore sportivo dell’Astana-Qazaqstan, riflettendo, non punta il dito su una tappa o una corsa in cui si sia veramente mangiato le mani, ma su un ricordo legato alla pura sfortuna.

«Vi parlo di quella volta in cui ho dovuto ritirare l’ammiraglia al Giro delle Fiandre», racconta Zanini. Questa è una di quelle storie invisibili, sommerse dal frastuono della corsa dietro ai vincitori, agli sconfitti, alle dinamiche tattiche. Ma è una storia di ciclismo puro. Quel giorno eravamo ad aprile scorso, nessun corridore dell’Astana-Qazaqstan tagliò il traguardo di Oudenaarde.

Da ormai 12 anni, Stefano Zanini è sull’ammiraglia dell’Astana
Da ormai 12 anni, Stefano Zanini è sull’ammiraglia dell’Astana
Stefano, ci dicevi del ritiro dell’ammiraglia. Raccontaci…

Il Giro delle Fiandre per me rimane una delle gare più belle, insieme alla Milano-Sanremo. Perciò, le aspettative sono sempre molto alte, anche se sai già che magari non puoi giocartela per il podio. Tuttavia, puoi fare un’ottima corsa con i tuoi ragazzi, c’è sempre una speranza in più, specialmente in Belgio, dove le gare possono cambiare fino all’ultimo. Ma quell’anno siamo stati veramente sfortunatissimi.

Cosa è successo?

Attorno al chilometro 190, ora non ricordo con precisione, è caduto Cees Bol, l’ultimo dei nostri atleti in gara. Si è agganciato con uno dei tanti spettatori a bordo strada. Cees è ripartito, ma aveva preso una bella botta. Ha rincorso e ha tenuto duro, ma ormai era fuori dai giochi. A quel punto insistere era inutile: abbiamo pensato alle gare successive. Però certo, non terminare il Fiandre…

È stata una bella botta al morale…

Eh, un bel po’. Al morale sì, perché anche i ragazzi volevano fare una buona gara. Solo che sai, quando la sfortuna ci si mette, quelle gare lì sono sempre difficili da interpretare. Non avevamo più nessun corridore in gara: tra chi si era staccato, chi era caduto e chi aveva avuto problemi meccanici, eravamo fuori. E la sfortuna già ci attanagliava, visto che avevamo faticato per mettere insieme la formazione per il Fiandre. Avevamo gli uomini contati.

Il Fiandre di Zanini e dei suoi non era iniziato bene visto che la squadra aveva gli uomini contati (foto Instagram)
Il Fiandre di Zanini e dei suoi non era iniziato bene visto che la squadra aveva gli uomini contati (foto Instagram)
Chi si era fermato prima di Bol?

L’ordine dei ritiri di preciso non lo ricordo, ma l’altro atleta che era rimasto in gara era Fedorov. Quel giorno oltre a Bool e Fedorov, avevamo schierato Gidich, Gruzdev, Syritsa, Morkov e Selig. Alcuni non erano al top e si sa quanto siano dure certe gare. Ma Bol, fino a quel momento, circa 60 chilometri dall’arrivo, era nel gruppetto che poi ha fatto la corsa.

Cosa vi siete detti quella sera dopo la gara?

Molto poco, sul bus. Poi la sera abbiamo riflettuto: contro la sfortuna si può fare poco, ma non dovevamo abbatterci. Dovevamo reagire subito. Chiaro, un’analisi di cosa non aveva funzionato l’abbiamo fatta, ma in quel momento serviva soprattutto tenere alto il morale. Certo, l’umore fa fatica a risalire: hai comunque delle aspettative per certe gare. Alla fine, però, ci siamo ripresi bene. Qualche giorno dopo, infatti, Bol ha chiuso quarto alla Scheldeprijs, dietro a corridori come Merlier, Philipsen e Groenewegen.

Bella come sempre la cornice di pubblico fiamminga, ma Bol è stato messo ko proprio da un tifoso
Bella come sempre la cornice di pubblico fiamminga, ma Bol è stato messo ko proprio da un tifoso
Ti era mai capitato di ritirare l’ammiraglia?

Sì, mi era capitato all’inizio della mia carriera da direttore sportivo con la Fuji-Servetto TMC, la squadra di Giannetti, nel 2009.

Come è stato il momento del ritiro?

In pratica, prima del secondo passaggio sull’Oude Qwaremont, ho tirato dritto verso il bus, sono uscito dal percorso.

Cosa hai detto? Cosa ti passava per la testa?

Cosa ho detto è meglio non ripeterlo! Per il resto, tanta delusione. Per radio, tanto silenzio. Anche in ammiraglia, dove con me c’era il meccanico, Morris Possoni.

NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI

L’occasione mancata: Cozzi, la Tudor e il Giro d’Abruzzo

L’occasione mancata: Zanatta e la fuga di Pietrobon a Lucca

Cataldo, una firma e riparte tutto dall’Astana

16.11.2024
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Quando leggiamo il comunicato per cui Dario Cataldo sarà uno dei prossimi direttori sportivi della Astana, l’abruzzese è ancora in vacanza nelle Filippine. E’ rimasto in Oriente dopo il Criterium di Singapore e tornerà in Italia il 21 novembre, ma intanto qualcosa ci racconta con la promessa di non rubargli più di cinque minuti, che alla fine diventeranno dieci. E poi ancora buone vacanze…

La voce parla di una nuova emozione. Un video che ci ha mandato mostra il traffico polveroso e vivace del posto. Scherziamo sul bisogno di vacanze e sui modi alternativi di staccare un po’ la spina, compreso il cogliere le olive.

Cataldo rimarrà in vacanza fino al 21 novembre. Qui a Singapore dopo il Criterium
Cataldo rimarrà in vacanza fino al 21 novembre. Qui a Singapore dopo il Criterium
Quanto tempo fa è venuta fuori questa proposta della Astana?

Come sapete, con loro ho sempre avuto ottimi rapporti, sono rimasto in contatto. Mi sentivo spesso con Mazzoleni e lui sapeva che avrei smesso. Quindi appena stava per finire la stagione, abbiamo iniziato a parlare in modo un po’ più concreto. Nel frattempo valutavo anche altre opzioni, ma questa era già quasi sul tavolo a prescindere, nel senso che dipendeva dalle situazioni. Non era scontato che loro ne avessero bisogno, però sapevano che io ero libero e a disposizione. Quindi nel momento in cui ho deciso di fare il corso UCI da direttore sportivo, ne abbiamo parlato e poi le cose sono andate avanti.

Con chi altri stavi parlando?

Con Guercilena per capire quali potevano essere le prospettive alla Lidl-Trek. E’ una decisione molto fresca. Al Lombardia avevo parlato ancora con Luca e in quei giorni avevo sentito anche qualche altra squadra, il giorno che ho smesso di correre non sapevo ancora che cosa avrei fatto. Invece dopo qualche settimana la possibilità ha iniziato a concretizzarsi e si è presa la decisione questa settimana.

Inizialmente avevi parlato di fare il procuratore: quando ha virato verso l’ammiraglia?

L’idea del procuratore mi ha sempre attirato, mi piace, solo che bisogna partire con calma e poi farsi strada. Non avendo corridoi con cui partire, avrei dovuto fare comunque qualcosa di alternativo mentre mi costruivo un nome e l’esperienza che servono. Però fare le cose a metà non mi attira tanto, quindi a quel punto ho preferito farne una sola e fatta bene. Sul fatto di diventare direttore sportivo, quando avevo 18 anni ho iniziato a fare Scienze motorie proprio per questo. Ho iniziato il terzo anno da U23 che avevo già il terzo livello. E poi mio padre è un direttore sportivo, diciamo che è una cosa di famiglia.

Cataldo ha continuato a sentirsi con Mazzoleni (a sinistra), ma rispetto ai suoi anni, non troverà più Martinelli
Cataldo ha continuato a sentirsi con Mazzoleni (a sinistra), ma rispetto ai suoi anni, non troverà più Martinelli
Si dice che il corridore che ha appena smesso può essere un grande direttore sportivo: pensi che aver corso fino a un mese fa sarà un valore aggiunto?

Sicuramente, perché il ciclismo è cambiato talmente tanto, che è molto difficile da interpretare se uno non ha vissuto questi cambiamenti da molto da vicino. E’ difficile anche comunicare con i corridori. Quando devi spiegare qualcosa, fai molta fatica e vedo che chi non è dentro da un po’ non riesce a comprendere. Quindi riuscire a comunicare con i corridori sapendo com’è la situazione in gruppo in questo momento è un vantaggio.

Sei stato in Astana, hai vissuto le vittorie di Fabio Aru e quelle di Nibali. Sarà una squadra diversa perché Martinelli non c’è più e arrivano nuovi direttori sportivi. Che squadra trovi secondo te?

Una squadra che ha delle radici come quelle che ho lasciato, ma che sta affrontando una grossa evoluzione. Ha avuto tanti corridori da corse a tappe e adesso ha completamente rivoluzionato il suo modo di correre. Sono passati ai velocisti e alle classiche e hanno inserito tanti corridori e tanti membri dello staff molto in gamba per questo genere di corse. Finalmente Zazà (Stefano Zanini, ndr) si trova con un bel gruppo per il suo terreno del Nord. Quindi è una squadra strutturata in un modo molto diverso, che quest’anno si è rinforzata tantissimo. Non solo Bettiol, che per le classiche forma un bel gruppo assieme a Ballerini e Teunissen, ma è arrivato anche Ulissi. Ci sono corridori che possono dire la loro anche nelle classiche più dure.

Cataldo è passato nel gruppo Trek sin dal 2022: dopo la Astana, un passaggio alla Movistar
Cataldo è passato nel gruppo Trek sin dal 2022: dopo la Astana, un passaggio alla Movistar
Il fatto che sia così pieno di italiani ti ha aiutato a scegliere o non c’entra niente?

No, non ha influito. E’ una squadra molto internazionale e lo è diventata ancora di più, quindi sicuramente mi trovo a mio agio. E’ un ambiente che conosco, se ci penso mi sembra di esserne uscito ieri e di essere io ad accogliere i nuovi direttori, quando in realtà dovrò fare una vera gavetta. Certo non sarà come entrare in una squadra di cui non conosci nulla, ma in ogni caso mi dovrò porre in un modo molto diverso con i corridori. Il rapporto rimane comunque molto stretto, ma ora mi trovo dall’altra parte e non dovrò gestire solo le situazioni di gara, ma anche tutto il resto. Il mio rapporto con gli altri direttori sportivi da cui avrò certamente tanto da imparare. Per cui andrò al primo ritiro con qualche sicurezza, ma anche la consapevolezza di dover imparare tutto.

Battistella: l’addio (amaro) all’Astana e il rilancio con la EF

08.11.2024
6 min
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La vita di Samuele Battistella sta per cambiare colore, passando dall’azzurro al rosa. Questo perché dopo quattro stagioni passerà dall’azzurro dell’Astana Qazaqstan Team al rosa della EF Education-EasyPost. E in secondo luogo perché tra poche settimane, un paio per la precisione, appenderà il fiocco rosa in casa. Il corridore veneto e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitori, un passo importante che non può che occupare i pensieri di entrambi in questo inverno speciale e ricco di cambiamenti. 

«Proprio in questo momento – racconta Battistella – sono in auto che sto andando a prendere la mia fidanzata, mi fate un po’ di compagnia. Facciamo una piccola gita insieme di qualche giorno, di per sé è stato un inverno tranquillo visto che è al nono mese di gravidanza. Ci stiamo rilassando».

Tra pochi giorni Battistella e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitori
Tra pochi giorni Battistella e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitori

Fiocco rosa

In casa Battistella allora ci si appresta a festeggiare ed appendere un fiocco rosa. L’emozione aumenta, come la consapevolezza del grande passo che lui e Alessia stanno per fare.

«Pensare di diventare papà – ammette felice – è una sensazione strana, particolare. Me ne sto rendendo conto ora, visto che manca davvero poco. Prima ero immerso nella stagione di gare. E’ una bella emozione, non so bene a cosa andrò incontro, qualcosa di veramente grande probabilmente. Il piccolo problema è che la scadenza è prevista per il 20 novembre e io il 19 dovrei andare al primo ritiro con la EF, per poi ritornare il 25. La squadra mi ha già detto che mi aiuterà in tutto, quindi stiamo pronti a partire dopo o tornare prima. Ma il ritiro non si può saltare, ci sono le visite mediche, vedremo i materiali. In più sono nuovo».

Al Giro dei Paesi Baschi il veneto aveva trovato la condizione giusta, cogliendo buoni piazzamenti
Al Giro dei Paesi Baschi il veneto aveva trovato la condizione giusta, cogliendo buoni piazzamenti
Andiamo al ciclismo, che 2024 è stato?

Ero partito molto bene con due belle prestazioni alla Parigi-Nizza e al Giro dei Paesi Baschi che avevano fatto ben sperare. Poi mi sono fermato per preparare il Tour de France, al quale alla fine non ho partecipato. Inoltre a fine agosto mi sono rotto la clavicola. Non è stata una stagione buona, ma una via di mezzo. 

Mazzoleni a inizio anno ci aveva detto che non avresti dovuto fare un Grande Giro.

I programmi di dicembre non lo prevedevano. Poi dopo i risultati di Nizza e Paesi Baschi sono stato inserito nella squadra che avrebbe poi corso il Tour de France. Una decina di giorni prima, al Giro di Svizzera, mi sono ammalato e la squadra mi ha escluso. Insomma non ho praticamente fatto quanto avevo programmato. 

Tra Parigi-Nizza e Giro dei Paesi Baschi anche un sesto posto al GP Miguel Indurain
Tra Parigi-Nizza e Giro dei Paesi Baschi anche un sesto posto al GP Miguel Indurain
Quando è arrivata la proposta della EF?

Presto, ad aprile avevo già firmato. Ho avuto tutto il tempo di immagazzinarla e da fine stagione ho pensato già al futuro. Sono contento perché il team mi ha cercato per propormi un ruolo importante, vogliono un corridore come me e sono intenzionati a darmi spazio. 

Dopo quattro anni lascerai l’Astana, cosa ti porti dietro?

Mi dispiace andare via perché dopo tanto tempo mi sentivo come a casa. Quello che mi porterò in EF è la consapevolezza che nel WorldTour senza programmare bene l’attività non vai da nessuna parte. Non si possono fare le corse senza lavorarci bene ed è quello che sento di aver fatto nel 2023 e nel 2024. 

I risultati ottenuti gli erano valsi un posto per il Tour, nonostante a inizio anno non fosse nei piani
I risultati ottenuti gli erano valsi un posto per il Tour, nonostante a inizio anno non fosse nei piani
Di te stesso, invece, cosa hai capito?

Che al di fuori di quei quattro o cinque mostri sacri, possono arrivare lì davanti e giocarmela. E con il supporto della squadra penso possa arrivare ancora un passo in più. 

Hai firmato per due stagioni con EF, a 26 anni diventa un passo importante per la tua carriera. 

Con il 2024 ho chiuso il mio quinto anno da professionista, anche se il primo è stato il 2020 e non me la sento di contarlo. Sono più che sicuro del mio sviluppo, non sono giovane ma nemmeno vecchio (ride, ndr) quindi posso dare il massimo. Mi conosco ormai bene e inizio due anni nei quali potrò avere le giuste occasioni per fare ottime cose. 

Un malanno al Tour de Suisse ha poi precluso la sua partecipazione alla Grande Boucle
Un malanno al Tour de Suisse ha poi precluso la sua partecipazione alla Grande Boucle
L’Astana ha provato a trattenerti?

Quando abbiamo parlato, non ho nascosto di aver già firmato con il nuovo team, ho voluto essere onesto con loro. Sono rimasto professionale e un serio professionista fino in fondo. Anche quando mi sono rotto la clavicola a fine stagione non ho tirato i remi in barca. Anzi, mi sono allenato a fondo per recuperare. Dal lato del team invece non sento di aver avuto lo stesso trattamento. 

Perché?

Sentivo che non gli importasse più di avermi come corridore, il rapporto era cambiato. Posso capire, ma l’esclusione a una settimana o poco più dal Tour de France mi ha ferito. Al Giro di Svizzera mi sono ammalato e l’ultima tappa non l’ho corsa, anche con il parere del medico. Ho visto dalla squadra un atteggiamento che non mi è piaciuto, come se fossi inaffidabile dato che mi ammalo spesso, a loro modo di dire. 

Battistella ha cercato nuovamente la miglior condizione nel finale di stagione, ma senza riuscirci
Battistella ha poi cercato nuovamente la miglior condizione ma senza riuscirci
Forse la firma di un nuovo contratto da aprile ha raffreddato effettivamente il rapporto. 

Può essere, sicuramente non mi sono sentito aiutato e coinvolto come prima. A dicembre non dovevo fare il Tour, poi sì viste le prestazioni in primavera, e infine ancora nulla per una febbre al Giro di Svizzera. 

Tu saresti andato alla Grande Boucle?

Sì. Non sapremo mai come sarebbe andata. Magari la prima settimana avrei fatto più fatica, ma poi credo che sarei tornato sui miei livelli. Anche perché avevo lavorato tanto, sono stato con la squadra 23 giorni a Sierra Nevada. Non ero mai stato così tanti giorni in altura. Tutto il lavoro è stato perso, perché poi a luglio non ci sono corse. Quindi mi sono fermato perché non avrei mai tenuto la condizione fino a fine stagione. Nel momento in cui stavo tornando ai miei valori mi sono rotto la clavicola. 

Quindi, meglio rimboccarsi le maniche e ripartire verso il 2025.

Penso che tutte le fatiche fatte in una stagione siano oro colato per quella successiva. Non ho mai mollato e la voglia è di ripartire forte.

La nuova Astana a trazione italiana. Zanini si frega le mani…

03.11.2024
5 min
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Ci sono grandi cambiamenti in atto all’Astana Qazaqstan Team e non potrebbe essere altrimenti. Archiviata la rincorsa al record di tappe al Tour di Cavendish ,c’è da fare i conti con una situazione ranking assolutamente deficitaria, che rischia di far retrocedere la squadra fra le professional a fine 2025. Per questo, come succede anche nel calcio, si è proceduto a una profonda rivoluzione nel roster, portando in squadra sia elementi giovani che avanti con gli anni ma dotati di grande esperienza e soprattutto capaci di conquistare quei punti che servono.

Per l’Astana il 2025 sarà cruciale: servono tanti punti – e quindi vittorie – per raggiungere la salvezza
Per l’Astana il 2025 sarà cruciale: servono tanti punti – e quindi vittorie – per raggiungere la salvezza

Questa rivoluzione ha marchiato ancora di più di tricolore il team kazako, considerando che ora gli italiani sono ben 12 su 29, di gran lunga la percentuale di gran lunga più altra fra le nazioni rappresentate, compresa quella di casa. E proprio guardando alla compagine italiana si nota quel mix di età e di esperienza di cui si parlava prima.

Stefano Zanini, confermato nello staff dei direttori sportivi, sente già la voglia di gettarsi nella mischia con la nuova compagine: «Siamo tutti molto carichi e il fatto che Vinokourov e la dirigenza abbiamo investito così tanto sui corridori italiani è segno che il nostro movimento è ancora forte e apprezzato, considerato ricco di corridori in grado di vincere e portare punti che sarà l’esigenza principale».

Ulissi cambia squadra dopo ben 14 anni nello stesso team. Vincendo ogni stagione
Ulissi cambia squadra dopo ben 14 anni nello stesso team. Vincendo ogni stagione
Vista la situazione di classifica, dovrete raccogliere sin dall’inizio…

La priorità è molto chiara a tutti, a noi come staff e ai corridori. E’ la nostra strategia e per questo sono stati presi corridori magari avanti con gli anni ma che sanno come si fa. Io poi sono di vecchia scuola, per me nel ciclismo conta vincere, tutto il resto viene di conseguenza. Inutile stare a guardare le classifiche, pensiamo a raccogliere il più possibile perché le vittorie portano tranquillità che aiuta a lavorare meglio.

E’ chiaro però che la campagna acquisti è stata fatta pensando proprio al ranking, prendendo corridori motivati ma anche esperti…

Esatto, Ulissi ne è l’esempio. Io sono convinto che questo cambio gli sarà utile perché potrà correre libero da pressioni e da obblighi. E’ uno che ha portato ogni anno risultati, ha vinto sempre e qui potrà concentrarsi su quello, anche se un corridore come lui resta un riferimento, capace di trasmettere tanto a chi è più giovane, di fare gruppo che è un fattore importante. Diego è fortissimo nelle corse a tappe medio-brevi, ma penso che potrà portare risultati anche nelle gare d’un giorno che, come si sa, danno più punti.

Per Malucelli approdo nel WorldTour a 31 anni, ma dopo il 2024 esplosivo con 10 vittorie
Per Malucelli approdo nel WorldTour a 31 anni, ma dopo il 2024 esplosivo con 10 vittorie
L’arrivo di Malucelli rappresenta per lui un cambio di passo, di livello. Viene da una stagione nella quale è stato tra i 10 più vincenti, ma molto ha influito il calendario…

Sa bene che il suo programma di gare sarà diverso, più qualificato e quindi emergere sarà più difficile, ma guardate quel che ha fatto: ha anche battuto fior di velocisti in questo 2024. L’anno prossimo avrà più responsabilità, ma anche più motivazione. All’inizio forse farà più fatica, ma questa esperienza gli darà stimoli per fare ulteriori passi avanti.

C’è un altro giovane che entra nel vostro gruppo ed è Kajamini, forse il miglior prospetto degli U23 per le corse a tappe. Lo portate subito in prima squadra, che cosa vi aspettate da lui?

Avrà il tempo di crescere. Ricordate quel che ho detto a proposito di Ulissi? Io credo che stargli vicino, seguire un corridore così esperto gli sarà di giovamento, proprio per quel discorso legato alle corse a tappe brevi, da lì seguirà il suo percorso. Uno che vince all’Avenir ha grandi doti, non avviene per caso e poi Samuel ha mostrato grande continuità. Io penso che possa far bene e inserirsi ad alti livelli, ma deve avere il tempo di maturare.

Kajamini, a sinistra, ha colto la Top 10 sia al Giro Next Gen che al Tour de l’Avenir
Kajamini ha colto la Top 10 sia al Giro Next Gen che al Tour de l’Avenir
L’Astana 20125 è una squadra senza leader, questo non è strano?

Non nella nostra dimensione, anzi. Teniamo presente che ci saranno settimane con in giro anche tre gruppi impegnati in gare diverse. Noi dobbiamo essere pronti a essere competitivi sempre. Io mi porto dietro l’esperienza di quando correvo, di quand’ero alla Mapei. Erano tutti campioni, tutti vincenti ma erano anche tutti corridori che lavoravano di gruppo e quindi in certe gare, per certi target si mettevano a disposizione. Ognuno aveva la sua occasione, sarà così anche qui e bisognerà farsi trovare pronti, sia per lavorare per i compagni che per finalizzare guardando all’obiettivo comune del team. Tutti avranno occasione per emergere e penso anche a gente come Masnada, Ballerini e gli altri.

Bettiol è approdato all’Astana già nell’agosto scorso. Ora vuole la prima vittoria con la nuova maglia
Bettiol è approdato all’Astana già nell’agosto scorso. Ora vuole la prima vittoria con la nuova maglia
Abbiamo lasciato per ultimo Bettiol. E’ il campione italiano, ma la sensazione è che non vinca quanto le sue capacità gli permetterebbero…

Alberto quando è in giornata è a livelli altissimi, deve solo fare quel passo in più per concretizzare. Da che cosa dipende? Difficile dirlo, questione di sicurezza di sé, di fortuna spesso, di sostegno del gruppo. Intanto vogliamo che stia bene, perché quando è in condizione può fare davvero di tutto. Io dico che deve solo crederci e allora vincerà e non sporadicamente, io sono pronto a scommetterci…

Masnada prende cappello e l’Astana spalanca le porte

31.10.2024
5 min
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Masnada risponde da Dubai e gli diciamo grazie, perché le vacanze sono sacre. Il momento però è così positivo da volerlo raccontare. E così approfittiamo degli ultimi giorni del suo lungo viaggio per raccontare l’anno storto e l’approdo finale all’Astana, che gli ha dato buon umore e voglia di ripartire.

«Ci sono tre motivi – dice – per cui non avrei voluto nessun’altra squadra. Il primo è che conosco l’ambiente. Fortunato, Ballerini e Scaroni hanno costruito un gruppo forte e affiatato, che vuole fare bene. Il secondo è che ritrovo il preparatore Vasilis Anastopoulos, con cui avevo già lavorato alla Quick Step e in quei due anni feci le cose migliori. E poi c’è Mazzoleni, che mi seguiva negli anni alla Colpack e mi conosce benissimo. Sono queste le tre motivazioni per cui sono contentissimo di aver firmato con l’Astana».

Gli ultimi due anni non sono stati affatto semplici e le parole poco gentili di Lefevere al suo addio fanno capire che il rapporto era ormai sfilacciato. Poche corse nel 2023 e appena qualcuna in più nella stagione appena conclusa nella Japan Cup. E intorno, come carico non trascurabile, il senso di essere mancante di qualcosa che gli impediva di svolgere il ruolo per cui veniva pagato.

Masnada è stato a lungo nel “cerchio magico” di Evenepoel. Lo ha aiutato a vincere la Vuelta del 2022
Masnada è stato a lungo nel “cerchio magico” di Evenepoel. Lo ha aiutato a vincere la Vuelta del 2022
Che cosa è successo?

Negli ultimi due anni non ho performato come ci aspettavamo e Patrick ragiona da manager. E anche io questa volta ho scelto con la testa e non il cuore, per cambiare e trovare nuovi stimoli.

Quanto è stato pesante veder passare il tempo senza riuscire a incidere in alcun modo?

Parecchio. Fossi uno che non si impegna, capirei lo scetticismo. Ma io ero impedito fisicamente e se non rendi, c’è chi prende il tuo posto. Ho cercato di accelerare senza la necessaria gradualità. So come funziona: se aspetti di tornare al 100 per cento, non trovi più posto. Invece la frenesia è stata un errore e mi sono ritrovato al punto di partenza. No ho mai avuto la tranquillità per preparare un obiettivo, ma ero comunque pagato e li vedevo storcere il naso.

Non facile…

Essere a casa era un senso di colpa. Eppure si poteva capire che l’unico a rimetterci ero io. Il mio valore di mercato scendeva e in più stando fuori perdevo l’aspetto gara, il performare nel gruppo. Fermarsi per tre mesi a metà stagione per guarire del tutto, avrebbe significato non correre più. Ero alla ricerca di un contratto e tutti si chiedevano perché non corressi. Perché dovresti ingaggiare uno che non corre? Per questo appena sono stato in grado, sono tornato. Non ho voluto fermarmi, ho rischiato, ma sono bastate quelle poche corse per far vedere che ci sono e trovare un contratto.

Al Romandia le condizioni erano già in calo: di lì a poco il primo test in Belgio
Al Romandia le condizioni erano già in calo: di lì a poco il primo test in Belgio
Due anni e due problemi diversi?

Esatto. Il primo anno ho lottato e risolto con l’intervento l’infezione al soprassella. Quest’anno era diverso, ma il tempo passava ugualmente veloce. Quando sono ripartito, avevo paura di non riuscire a spingere come prima. Poi però ho visto che miglioravo e che i valori crescevano e allora ho capito di aver superato la fase critica.

Si può spiegare che cosa hai avuto?

La chiamano Ovetraining Syndrome, ma non significa che il mio coach mi avesse allenato troppo, è la somma di più cose. Viene individuata, definita e misurata da test universitari ed è per questo che a maggio la squadra mi ha chiesto di sottopormi al test in Belgio.

In cosa consiste?

Vari passaggi. Un test incrementale con prelievi ematici in cui valutavano la risposta ormonale dell’organismo allo stimolo allenante. Hanno visto che nella curva non c’erano segnali che il mio corpo reagisse bene. I dottori si sono confrontati e hanno visto che non dipendeva dall’aspetto mentale.

Calpe 2022, Cattaneo, Masnada, Bagioli: dei tre italiani della Soudal Quick Step è rimasto solo Mattia
Calpe 2022, Cattaneo, Masnada, Bagioli: dei tre italiani della Soudal Quick Step è rimasto solo Mattia
Aspetto mentale? Quindi ti hanno fatto una sorta di visita fiscale?

Una cosa del genere, ma io ero disposto ad andare dovunque pur di far capire che avevo un problema vero. A fine maggio, dunque, il primo test e mi hanno dato due mesi di stop. L’ho rifatto poi ad agosto e la risposta è stata migliore. A quel punto loro volevano che riposassi ancora, ma io mi sono confrontato col medico e gli ho detto che se non fossi tornato a correre, tanto valeva che smettessi. Si è un po’ forzata la mano, ma sono più che felice di come è andata e di essere arrivato all’Astana.

Hai parlato dei tre motivi per cui lo sei: tornare in un gruppo italiano è una bella spinta?

Con i ragazzi sono stato in ritiro a Livigno e anche se di squadre diverse, dopo gli allenamenti ci trovavamo davvero bene. Ci siamo ritrovati a fare gruppo anche giù dalla bici e li vedo che sono uniti e hanno voglia di fare bene. Parlare italiano è importante, soprattutto quando sei fuori per settimane di seguito. A me è capitato di essere il solo italiano in un gruppo che parlava fiammingo e così ti senti escluso.

L’ultima corsa 2024 di Masnada è stata la Japan Cup, chiusa in 21ª posizione
L’ultima corsa 2024 di Masnada è stata la Japan Cup, chiusa in 21ª posizione
Si parte col morale alto?

Altissimo. Abbiamo fatto una videocall con tutte le le figure di riferimento della squadra. Mi hanno dato un’idea di programma, io gli ho detto cosa piacerebbe a me e ne parleremo al primo ritiro a dicembre. Ho anche voluto foto e informazioni di questa nuova bicicletta che ritirerò il 5 novembre al Service Course della squadra a Nizza. Sono al settimo cielo. So che guadagnerò meno rispetto a prima, ma finalmente torno a fare quello che mi piace. Davvero non vedo l’ora di tornare e cominciare. E intanto chiedo informazioni a Lorenzo Fortunato. Qui a Dubai ci sono anche lui e sua moglie…

Romele: la maturità agonistica e il salto nel WorldTour

31.10.2024
8 min
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SULZANO – Le rive del lago di Iseo sono illuminate dal sole caldo di una mattina d’autunno. L’acqua scivola leggera sulle sponde come se poggiasse su un vetro lucido, la gente va e viene mentre su uno sgabello Alessandro Romele ci aspetta per parlare di sé, di questa stagione e del futuro. La firma con l’Astana Qazaqstan Team e il passaggio nel WorldTour sono freschi come il ritiro in Veneto da poco  terminato. Un primo confronto con il mondo che sarà e i compagni di squadra vecchi e nuovi

I raggi picchiano forte sulla schiena, l’estate di San Martino è in anticipo rispetto al solito ma la si accoglie volentieri dopo settimane di freddo e pioggia. Romele ha pedalato da casa sua fino al bar Mr. Bike, il luogo che lo accoglie sempre durante le sue uscite di scarico. Anche quest’anno le vacanze del corridore bergamasco sono trascorse per la maggior parte del tempo a casa. Riposo, qualche gita con amici e familiari e poco altro. 

Primo bilancio

La stagione 2024 di Romele era partita presto, a gennaio, con il Gran Premi Valencia e l’AlUla Tour. Poi una scappata al Tour of Rwanda, per ritornare in Europa a marzo e aprile. Un riposo forzato, la partecipazione al Giro Next Gen e via via gli altri impegni. A conti fatti ha gareggiato più tra i professionisti che con gli under 23, ma è stato un passaggio utile, come ci racconterà poi lui. 

«Della stagione non posso che essere contento – spiega Romele – non ho rimorsi. Se l’anno scorso con la Colpack avevo avuto dei rimpianti per qualche risultato mancato come europeo e mondiali, dove non avevo fatto quello che avrei voluto, il 2024 invece è stato positivo. Purtroppo un problema a inizio stagione non mi ha permesso di preparare al meglio il Giro Next Gen ma è stato l’unico intoppo. L’europeo era un obiettivo, ma le scelte sono ricadute su altri corridori. Per quel che potevo fare io non ho rimorsi. Anzi ho dimostrato che in quel periodo stavo più che bene, visti i risultati al Tour of Istanbul. Ho fatto veramente tantissima esperienza anche con il team WorldTour. Diciamo che la stagione non è da 10 e lode visti i risultati magari non super, però penso di essere cresciuto veramente tanto».

Romele con alle spalle Monte Isola, il gigante del Lago di Iseo
Romele con alle spalle Monte Isola, il gigante del Lago di Iseo
Che anno è stato il 2024?

Un anno di cambiamento, correre con un devo team è stato positivo sotto tutti gli aspetti. Anche con il gruppo abbiamo fatto un grandissimo lavoro, si è creato un bellissimo ambiente fin dal primo ritiro di dicembre. Penso che nel nostro sport sia fondamentale, mi ricordo che anche Cav (Cavendish, ndr) e Ballerini erano stati i primi a sottolineare l’importanza di questa cosa. Ne abbiamo parlato anche nel ritiro fatto poco fa per la stagione 2025 dell’importanza di creare un gruppo forte e coeso.

Che aria si è respirata in quei giorni?

Aria nuova, con grandi cambiamenti. Visto il nuovo sponsor nel 2025 ci saranno grossi upgrade sia a livello tecnico che poi di quello che è il materiale, ecc. Sarà un anno importante per l’Astana grazie a questa nuova spinta. L’aria che si è respirata con i compagni è sicuramente più tranquilla e più di casa, visto e considerando che siamo un gruppo di 10-11 italiani. Ci sono tantissimi ragazzi anche da tutto il resto d’Europa e del mondo, ma credo che avere tanta italianità nella squadra faccia bene. Vedo un po’ questa differenza che noi italiani siamo più scherzosi, molto più quelli che vogliono fare gruppo e penso che questo darà una grossa mano.

La stagione del bergamasco è partita bene con due vittorie in Grecia a marzo (foto Nassos Triantafyllou)
La stagione del bergamasco è partita bene con due vittorie in Grecia a marzo (foto Nassos Triantafyllou)
La crescita personale che hai detto, è arrivata con quali parametri?

E’ stata a 360 gradi, sotto tutti gli aspetti tecnici: a livello di potenza, resistenza, picco in volata, resistenza in salita. La cosa che mi ha impressionato di più è arrivata sotto l’aspetto umano, a livello di persona mi sento più grande, maturo. Dal punto di vista atletico quello che mi ha sorpreso maggiormente è stata la capacità di tenere la condizione per gran parte della stagione. A gennaio e febbraio ho faticato un po’ ma da marzo sono andato sempre in crescendo, tanto che in Grecia sono riuscito a vincere due gare. Al Giro Next Gen non sono arrivato pronto come avrei voluto ma alla fine ho ottenuto due top 10, quindi non male.

E per quanto riguarda la seconda parte di stagione?

Siamo riusciti a costruire un gradino, anche due, belli importanti nel ritiro di luglio in altura. Da lì in poi avevo voglia di correre e stavo bene, penso che si sia visto nel finale di stagione che avessi ancora delle energie. La cosa che mi ha stupito di più è stata la costanza nel riuscire a mantenere una condizione buona per gran parte dell’anno.

A settembre al Tour of Istanbul delle prestazioni di alto livello, la condizione c’era (foto Brian Black Hodes)
A settembre al Tour of Istanbul delle prestazioni di alto livello, la condizione c’era (foto Brian Black Hodes)
Quanto ti è dispiaciuto non fare europei e mondiali?

Partiamo dal presupposto che Amadori è il commissario tecnico e lui ha l’ultima parola. L’europeo era uno dei miei obiettivi di stagione, non mi nascondo, è stato un po’ pesante rimanere a casa visto che comunque erano due anni che avevo lavorato con il cittì. Il secondo anno lo avevamo fatto praticamente assieme, pensavo che sarebbe stato bello chiudere un percorso che avevamo iniziato. Non so quale sia stata la ragione della mia esclusione, a una settimana dalla corsa con la squadra avevamo chiesto e c’era stata comunicata l’idea di portarmi all’europeo, invece dopo un paio di giorni mi è arrivato un messaggio con scritto che purtroppo non riusciva a portarmi. Mi sarei aspettato una chiamata, per come son fatto io non mi sarebbe comunque andata giù però credo che a livello umano sarebbe stata più corretta da parte sua. 

Invece sei andato al Tour of Istanbul, altra corsa con i professionisti, cosa hai capito di te a quel livello? 

Allora in Grecia il livello era simile a una bella gara internazionale under 23. Sì, avevo quell’aria di correre un po’ coi professionisti però non è stato uguale a Istanbul. Lì c’erano corridori WorldTour, gente che in quel mondo aveva già corso in appuntamenti importanti come Giro d’Italia o Tour de France. In Grecia non ero al 100 per cento ma ho vinto di più con la testa, mentre al Tour of Istanbul stavo al top della mia condizione quest’anno.

Tornando un po’ alla nazionale, dei ragazzi under 23 dello zoccolo duro sei l’ultimo a passare professionista, come vedi il tuo percorso? 

Non mi sentivo pronto. Non nascondo che negli anni precedenti, quando ero ancora juniores, che avevo fatto le prime vittorie un po’ più importanti, c’era il desiderio di voler passare. Poi il primo anno under 23 ho avuto problemi che mi hanno bloccato, Dopodiché il secondo anno ho vinto qualcosa, ma avevo capito di non essere ancora pronto. Credo che sia la cosa più difficile da capire ma quella più giusta da accettare e su cui riflettere, perché una volta passato è facile prendere delle brutte botte e faticare tanto a rialzarsi. Invece una volta capito che cos’è il mondo dei professionisti, avendo appunto la possibilità di correre e prendere comunque delle belle lezioni, mi sono settato. Quest’anno in Rwanda e Spagna ho capito quanto importante fosse il fondo e la distanza, e di quanto questi aspetti siano da allenare in inverno. 

Fare un anno in più è stata una scelta azzeccata…

A me è servito. Ad altri ragazzi come Piganzoli o Pellizzari non è servito, a me sì. Dipende anche da che corridore sei, per degli scalatori come loro il ritmo dei professionisti forse è più utile. Io mi sono trovato bene in entrambi i contesti, tra gli under 23 e i pro’ perché probabilmente ho caratteristiche che mi permettono di giocarmi un maggior numero di gare under 23. Ogni corridore ha il suo percorso migliore e per me è stato crescere bene tra gli under, fare esperienza e poi confrontarsi coi professionisti.

La crescita negli under 23 è stata fondamentale per arrivare pronto al salto nel WorldTour (foto Stefano Ballandi)
La crescita negli under 23 è stata fondamentale per arrivare pronto al salto nel WorldTour (foto Stefano Ballandi)
Arriviamo al finale di stagione, dove hai corso la Parigi Tours e il Gran Piemonte…

La Paris-Tours è stata impegnativa. La parte importante della corsa, che sono i settori sterrati e i muri è praticamente la fotocopia di quella degli under, e avere due anni di esperienza mi ha aiutato un sacco. Ho mollato solamente gli ultimi 15 chilometri, non sono riuscito a coronare quello che poteva essere un sogno, ovvero fare una top 20. Un risultato che avrebbe potuto darmi morale, ma credo comunque di dover imparare tanto in quelle corse. Sono molto difficili più a livello mentale che fisico, sono logoranti. Tramite questo primo ritiro ho avuto un colloquio con i preparatori e verrò inserito nel gruppo delle classiche, ho tanti compagni da cui riuscire ad apprendere. Un’altra cosa che voglio fare è imparare a correre in Belgio per provare poi in futuro a fare qualcosa nelle Monumento.

Da under 23 ne hai già fatta qualcuna.

Ho avuto l’opportunità di fare la Gent-Wevelgem due anni, la Parigi-Tours e ho assaggiato anche la Roubaix. Penso sia stato l’inizio di una crescita e vedremo dove riusciremo ad arrivare in queste tipologie di corse. 

Nel finale di stagione ha corso alla Parigi-Tour, dove ha colto un 33° posto a 1′ e 41″ dal vincitore Laporte
Nel finale di stagione ha corso alla Parigi-Tour, dove ha colto un 33° posto a 1′ e 41″ dal vincitore Laporte
Sei carico?

Tanto. Ho concluso l’anno con una buona condizione e con voglia, secondo me il segreto è arrivare a fine stagione che non sei totalmente esausto. E’ stato un 2024 lungo ma dove ho avuto modo di distribuire al meglio le mie energie e di recuperare. In realtà già al ritiro ero pronto mentalmente. Adesso però voglio staccare almeno altre due settimane e divertirmi, fare un po’ le cose che un ragazzo normale di 21 anni farebbe in questo momento e poi sarà il momento di pensare al 2025.

Malucelli all’Astana, un perfetto colpo di reni

23.10.2024
4 min
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Matteo Malucelli è un corridore dell’Astana Qazaqstan Team. Ieri sera, col buio che aveva già inghiottito tutto, il romagnolo non stava nella pelle e forse non aveva neppure capito bene. Lunedì, il giorno prima, aveva firmato il contratto. Una WorldTour nel momento in cui forse pensava che fosse tardi. Invece alla fine i conti tornano e i tasselli dispersi dell’ultima Gazprom stanno trovando una collocazione, in una sorta di tetris che ha lasciato fuori soltanto Canola. Anche Carboni si è messo a posto, ma per l’annuncio c’è da aspettare ancora.

Malucelli si trova in ritiro a Padova con la nuova squadra. Ieri sera era appena arrivato in hotel e raccontava col tono basso di chi svela un segreto, quasi con la mano davanti alla bocca. Ma abbiamo condiviso così tanti discorsi e riflessioni in questi ultimi anni, che fare il misterioso alla vigilia dell’annuncio sarebbe stato imbarazzante. Malucelli ha firmato per un anno e deve tutto alle vittorie al Tour de Langkawi e all’investitura di De Kleijn. Parlando di lui, l’olandese lo ha definito un velocista fortissimo e sottovalutato.

«Che poi alla fine – ammette – il contratto me l’ha fatto firmare proprio De Kleijn. Senza di lui, sarebbe valso tutto un po’ meno. Lui non lo sa, ma il fatto che fosse in Malesia e io l’abbia battuto a quel modo è stato il plus che ha dato maggior prestigio alle mie vittorie. Dal Giro d’Abruzzo in poi ho fatto solo corse di classe 2.2 e sette vittorie, ovvio che avessero meno peso. Se avessi fatto questi risultati a luglio, avrebbero avuto ben altro riscontro, ma prendiamo il buono che è venuto…».

Le sfide e le vittorie contro De Kleijn al Langkawi hanno mostrato la solidità di Malucelli
Le sfide e le vittorie contro De Kleijn al Langkawi hanno mostrato la solidità di Malucelli

L’offerta di Savio

E’ presto per parlare di ruoli. Immaginare Malucelli che tira le volate al gigante Syritsa è certo suggestivo, ma una quadra così grande ha un vasto calendario da coprire e non mancheranno le occasioni per mettersi alla prova. Al suo procuratore Nicoletti stavolta è riuscito il perfetto colpo di reni, dopo che per giorni avevano discusso sul da farsi. Da una parte Malucelli, sicuro di meritare un posto nel gruppo. Dall’altro Moreno che invocava qualche risultato più pesante per andare a proporlo in giro.

«Avevo detto che se non avessi trovato una squadra vera – racconta Malucelli – avrei smesso. In realtà a un certo punto era venuta fuori una continental che però mi avrebbe pagato come una professional. Era la Petrolike: Gianni Savio sarebbe stato ancora una volta il mio salvatore. Era una buona possibilità e abbiamo tenuto la porta aperta fino a lunedì, perché giustamente Marco Bellini e Gianni non potevano aspettare in eterno. Mi hanno detto che se avessi trovato un’altra strada, sarebbe stato giusto percorrerla e così è stato. Stavo perdendo la speranza, ma ci credevo. Mi dicevo: “Cos’altro devo fare per avere l’opportunità che altri hanno avuto?”.

«E’ cambiato tutto nelle ultime due tappe di Langkawi e chiaramente, se fai quel tipo di vittorie, è più facile anche per il procuratore portare avanti il tuo nome. Adesso dipende da me, se me la sono meritata e se continuerò a meritarla. Ma sono tranquillo, perché ho la voglia di un ragazzino di 20 anni e l’esperienza del trentenne».

Al Langkawi Malucelli ha battuto anche il gigante Syritsa, ora suo compagno
Al Langkawi Malucelli ha battuto anche il gigante Syritsa, ora suo compagno

Ancora incredulo

Sarà la coincidenza dell’Astana che ha bisogno di corridori che portano punti, sarà aver visto in Malucelli la grinta che aveva già messo nelle corse con la nazionale subito dopo la chiusura della squadra russa. Sarà anche che nell’Astana c’è lo stesso Sedun che guidava la Gazprom. Comunque sia, la stagione con il Team Ukyo ha ridato a Malucelli voglia e vetrina. E adesso si apre la pagina più bella della sua carriera, nel momento in cui meno se lo aspettava.

«Non so ancora – dice – cosa dovrò fare. E’ tutto così fresco, che ancora non mi rendo conto. Finché non vedo, non credo. Finché non mi ritroverò a pedalare tutti insieme, non sarà facile da capire. Anche perché per l’età che ho, dico la verità, pensavo che ormai come canta Vasco, fosse tardi. Ma questa volta ho dato dei segnali profondi. Ho vinto 10 corse, me l’hanno fatta sudare, ma alla fine è arrivata».

Altro non dice, perché altro non sa. Il WorldTour, questa sorta di terra promessa che ti garantisce di fare le corse che contano, è arrivato quando meno se lo aspettava. Gli sono passati davanti agli occhi tutti i momenti degli ultimi due anni. Ha pensato a quanto sia stato faticoso correre e vivere lottando ogni volta con la frustrazione di meritare di più. Avrà pensato che in qualche modo esiste una giustizia. E che ora non ci sono più scuse, c’è solo da correre. Ma prima trascorrere un inverno da samurai, per essere pronto già dalle prime corse.