Guarnieri guida d’eccezione per Germani e i suoi fratelli

16.08.2022
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Peccato che abbia deciso di andarsene e non concluderà il suo percorso alla Groupama-FDJ accanto a Demare. Per Germani sarebbe stato un grande riferimento. E allora, nel tentativo di ovviare al problema, abbiamo chiesto a Jacopo Guarnieri di raccontare l’ambiente dello squadrone francese al giovane italiano che vi approderà dal 2023 assieme alla nidiata degli otto talenti della Continental francese. Madiot li avrebbe tenuti ancora un po’ nel team dei giovani, ma quando si è accorto delle sirene di altre squadre WorldTour, ha preso il coraggio a quattro mani e li ha fatti firmare in blocco. Parliamo di Romain GregoireLenny MartinezReuben Thompson, Enzo Paleni, Laurence Pithie, Sam Watson, Paul Penthoet e appunto Lorenzo Germani. 

Guarnieri assieme a Bennati, nell’avvicinamento agli europei di Monaco, corsi come ultimo uomo
Guarnieri assieme a Bennati, nell’avvicinamento agli europei di Monaco, corsi come ultimo uomo
Che ambiente troveranno nella WorldTour?

Non sarà un trauma, visto che arrivano dallo stesso ambiente. Useranno gli stessi materiali, hanno gli stessi allenatori che escono dall’Università di Besancon. Alcuni di loro hanno già corso tra i pro’. Non sarà uno shock, non vivranno lo spaesamento che ebbi io inizialmente alla Liquigas.

C’è continuità nel metodo?

Siamo tutti seguiti nell’allenamento e nella nutrizione. Non scopriranno cose mai viste prima.

La Groupama ha dei giovani in organico, ma non sembra una squadra di giovani: sarà necessario un cambio di pelle?

Dovranno farlo, ma del resto la voglia di ringiovanire era già emersa. E forse anche il fatto che io cambi squadra rientra in quest’ottica, anche se in certe dinamiche non c’è mai un solo fattore scatenante. Io forse avrei gestito diversamente la situazione, perché il mio ruolo non lo affronti mettendoci un giovane. Ma sull’argomento preferisco non dire altro.

Germani ha firmato il contratto prima ancora di vincere il campionato italiano, segno di grande fiducia
Germani ha firmato il contratto prima ancora di vincere il campionato italiano, segno di grande fiducia
La continental sembra avere un livello altissimo…

In realtà ormai il livello delle continental è alto anche in Italia. I giovani che passano sono tutti ben preparati, si ha un approccio scientifico con il ciclismo. Altrimenti uno come Baroncini, che correva al Team Colpack, non avrebbe potuto vincere un mondiale da under 23. E comunque basta poco per vedere se i corridori che passano sono ben inquadrati oppure no. Lo sport sta andando verso il tutto e subito.

Significa che avranno poco tempo per dimostrare quanto valgono?

Per fortuna troveranno un ambiente familiare, rilassato. L’aspetto umano è tenuto in grande considerazione, su questo possono stare tranquilli. Come dicevamo prima, può esserci il limite che non abbiano mai avuto tanti giovani tutti insieme. E a proposito di questo, anche se non lo leggeranno mai, il consiglio voglio darlo alla squadra.

A proposito di cosa?

Mi auguro che non abbiano la dead line fissata al secondo anno di professionsimo, perché questi sono ragazzi giovanissimi e magari due anni potrebbero essere un periodo troppo breve.

Gregoire è il nome su cui sono puntate le maggiori attenzioni, soprattutto in Francia. Qui vince la Liegi U23
Gregoire è il nome su cui sono puntate le maggiori attenzioni, soprattutto in Francia. Qui vince la Liegi U23
Se l’aspetto umano è tenuto da conto, magari il rischio non ci sarà…

Lo spero. Mi ricorda la Liquigas dei tempi che furono, in cui non eravamo solo corridori, ma anche persone.

Hai avuto contatti con questi ragazzi?

Purtroppo no, tranne un ritiro prima del Covid, ma c’erano altri nomi e un’altra consistenza. Negli ultimi due anni sono cambiate le modalità dei ritiri e avendo fatto solo corse WorldTour, non sono riuscito a incrociarli. Magari ne troverò qualcuno di qui a fine stagione. Magari proprio lo stesso Germani.

Fra i punti in comune tra il campione italiano under 23 e Guarnieri (che dal prossimo anno correrà alla Lotto-Destiny), c’è anche Manuel Quinziato, agente di entrambi. E conoscendo il bolzanino e l’attenzione per certe sfumature, siamo abbastanza sicuri un incontro fra i due potrebbe esserci presto.

Da un Hayter all’altro. Ethan conquista il Tour de Pologne

05.08.2022
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Il 79° Tour de Pologne si conclude con una volata di gruppo, così prospettavamo e così è stato. Arnaud Demare regola tutti gli altri velocisti e si porta a casa un successo di tappa all’ultima occasione utile, guidato dal solito Guarnieri.

«Una di quelle volate che piace a me – dice il francese – un po’ caotiche e dove si va a zigzagare per cercare la giusta posizione. Rimaneva una tappa e abbiamo sfruttato al meglio l’occasione. Eravamo venuti qui per vincere e così è stato».

Ethan Hayter, il giovane corridore della Ineos Grenadiers, porta a casa il bottino grosso: la classifica generale. «E’ il primo britannico che potrebbe vincere il Tour de Pologne», ci aveva detto ieri un collega suo connazionale. Ora possiamo anche togliere il condizionale. 

Giovani e forti 

In Ineos sta cambiando il vento, arrivano tanti giovani che iniziano a prendersi i propri spazi e responsabilità. E’ una tendenza del cambiamento che si vede molto bene. Ed ora, con la vittoria di Hayter e il secondo posto conquistato da Magnus Sheffield nella cronometro di ieri, possiamo dire che è ormai concreto.

«Siamo tanti corridori giovani in Ineos – dice Ethan – e stiamo facendo le nostre esperienze. Una corsa come il Tour de Pologne penso sia l’ideale. E’ una gara che mi piace molto, devo ammettere.

«Io, Sheffield, Tulett, Pidcock e Turner siamo tutti inglesi. La nostra è una scuola in crescita. Ora ci sarà anche mio fratello Leo, la definirei una settimana positiva, sono davvero entusiasta di averlo qui con me».

Sheffield, 20 anni, secondo ieri nella crono di Rusinski, è un altro dei giovani terribili della Ineos che, ricordiamo, ha preso anche Leo Hayter
Sheffield, 20 anni, secondo ieri nella crono di Rusinski, è un altro dei giovani terribili della Ineos che, ricordiamo, ha preso anche Leo Hayter

Lontano dai rischi

Hayter risponde in modo sbrigativo alle domande, a volte distoglie lo sguardo dall’interlocutore e si perde. Così, mentre tutti pendono dalle sue labbra lui va a firmare autografi e scattare foto e poi ritorna.

Ethan è un corridore capace di fare bene in volata così come nelle tappe mosse con arrivi su strappi brevi ed esplosivi, è un corridore polivalente. 

«Oggi non ho fatto la volata perché la cosa più importante per me ed il team era portare a casa la classifica generale. Diciamo che sono arrivato in sicurezza – ci dice Ethan ridendo con la sua faccia innocente – una volta saputo che ero al sicuro ho praticamente smesso di pedalare.

«Però è vero, nelle volate vado bene e penso che sia merito dell’attività su pista, mi dà una maggiore potenza nei brevi tratti».

Il prossimo passo?

Hayter con questa vittoria ha definitivamente fatto un passo in più verso la sua affermazione nel grande ciclismo. Dopo la classifica generale del Tour of Norway ecco la prima corsa a tappe WorldTour. E’ normale, in un mondo che corre veloce, pensare a quale possa essere il prossimo passo di Hayter. 

«Spero di poter partecipare alla Vuelta quest’anno – dice Ethan – ma sarà la squadra a decidere, non ho particolare fretta ma mi piacerebbe fare questo passo. Il primo grande Giro però non posso pensare di farlo da protagonista, devo imparare a stare in gruppo per tanto tempo ed essere performante nell’arco delle tre settimane.

«Sicuramente sarebbe un sogno partecipare al mio primo grande Giro, ma non ho molta fretta, anche perché mi aspettano gli impegni su pista».

Il sole tramonta lento sulle vie di Cracovia, gli addetti ai lavori e gli operai smontano le transenne ed il palco per l’ultima volta.

Il Tour de Pologne si conferma una grande palestra per giovani talenti: da qui è passato anche Vingegaard. In questa edizione sono emersi altri ragazzi terribili: Kooij, Arensman ed infine Hayter. E proprio ieri vi avevamo parlato di suo fratello, altro ragazzino rampante. Il futuro, non solo quello di Sua Maestà, è qui.

Guarnieri e Demare in Polonia. Intanto Kooij scappa

30.07.2022
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Il Tour de Pologne rappresenta la prima corsa dove si ricompone il duo, ormai indissolubile, della Groupama FDJ: Jacopo Guarnieri e Arnaud Demare. Rispettivamente ultimo uomo e velocista del team francese. I due guardano ai prossimi impegni con curiosità ma rivolgono anche uno sguardo a quanto successo al Tour de France. Per Jacopo si tratta della prima gara dopo le fatiche del Giro d’Italia, Demare, invece ha corso la Route d’Occitanie e il campionato nazionale francese. Cosa hanno fatto i due in queste settimane di pausa dalle corse?

«Arnaud è andato al mare – dice ridendo Jacopo – è andato ad allenarsi a Nizza, ha fatto un viaggetto con la moglie. Io, invece, sono andato a Livigno, non sono un grande amante del caldo e sono scappato in montagna. Sono sfuggito all’afa di questo periodo, perché obiettivamente con 40 gradi era difficile allenarsi a lungo».

Olaf Kooij coglie la sua prima vittoria nel WordlTour. Ecco un altro gioiello nato e cresciuto in casa Jumbo Visma
Olaf Kooij coglie la sua prima vittoria nel WordlTour. Ecco un altro gioiello nato e cresciuto in casa Jumbo Visma

Il ritorno in gara

Alla prima corsa dopo tanti mesi i punti di domanda sono molti, i primi chilometri servono per capire a che livello di condizione si è arrivati. Il Tour de Pologne rappresenta una bella occasione, tante volate e sette tappe, senza dislivelli troppo impegnativi.

Oggi, per esempio, c’è stata la prima da Kielce a Lublino, vinta dal giovane olandese, classe 2001, Olav Kooij del team Jumbo Visma che ha trovato così il primo successo in una corsa WorldTour ed il sesto stagionale. Alle sue spalle sono finiti Bauhaus e Meeus. L’arrivo di Lublino aveva uno strappo di 400 metri con punte al 7 per cento, forse un po’ troppo per Demare, che con il grande carico di lavoro fatto è ancora alla ricerca dello spunto che solo la gara ti può dare.

«Chiaramente la gamba è un’incognita – ci aveva detto questa mattina Guarnieri – so di aver lavorato bene, diciamo che abbiamo più di mille chilometri per capire a che livello di preparazione siamo arrivati. Non ci nascondiamo, nonostante non si corra da un po’ siamo venuti qui per vincere. Ci sono tanti velocisti, a parte quei 4-5 che erano al Tour ci sono tutti».

Ieri alla presentazione li avevamo passati in rassegna un po’ tutti: Viviani, Bennet, Ackermann, Cavendish e lo stesso Kooij, che lo scorso anno fu terzo al mondiale U23.

Un occhio al Tour

Guarnieri, in questi giorni di allenamento, non ha perso l’occasione per “studiare” la concorrenza e ha guardato con interesse al Tour, dove tanti velocisti si sono dati battaglia. Anche se la maglia verde l’ha portata a casa un certo Van Aert, che ha dominato su tutti i terreni.

«Dei velocisti direi che Philipsen – analizza insieme a noi Jacopo – è quello uscito meglio, tant’è che ha vinto lo sprint sui Campi Elisi. Ho visto tanto mal di gambe, diciamo pure che si è trattata di una delle poche volte in cui non ero invidioso di chi c’era (dice con un simpatico sorriso sul volto, ndr). Sapevamo che Van Aert avrebbe dominato, non ha fatto niente di nuovo, ce lo si aspettava, lui può fare quello che vuole».

«Per un po’ di anni i velocisti la maglia verde se la possono scordare (nel frattempo accanto a noi passa Demare e Jacopo lo guarda, ndr). Secondo me, se un velocista vince tre sprint la maglia verde passa anche in secondo piano».

Il velocista francese è stato uno dei corridori più ricercati dalla stampa alla vigilia del Tour de Pologne
Il velocista francese è stato uno dei corridori più ricercati dalla stampa alla vigilia del Tour de Pologne

Il “caso” Morkov

La Quick Step-Alpaha Vinyl, nella tappa numero 15 ha lasciato Morkov, ultimo uomo di Jakobsen, da solo. Così lui, abbandonato al suo destino, è finito fuori tempo massimo. L’impressione, vedendo le ultime due volate, era che a Jakobsen mancasse l’uomo che lo portasse agli ultimi 200 metri. Jacopo analizza con freddezza e lucidità anche questo episodio che lo riguarda da vicino, essendo anche lui ultimo uomo.

«Mah, abbandonato – ci dice – Jakobsen le occasioni di vincere le ha anche se non c’è Morkov, è giusto aspettare il leader. Gli altri uomini sono tutti importanti ma nessuno è indispensabile, nelle ultime due volate a me Jakobsen sembrava avere meno gamba. Direi che non c’è stato nulla di strano.

«Faccio l’esempio su me stesso, se dovessi rimanere indietro sarebbe giusto lasciarmi da solo. Il velocista va protetto, gli altri è un “si salvi chi può” l’ultimo uomo è fondamentale ma non vitale, riduci le possibilità di vittoria ma le mantieni. Se, al contrario fermi qualcuno ad aspettare l’ultimo uomo rischi di perderne due, non ha senso.

Caldo e salite

E’ stato un Tour de France dove il caldo ha fatto da padrone e da giudice, anche più delle salite forse. I velocisti si sono salvati, alcuni come Jakobsen sul filo dei secondi, altri con margine.

«Non mi sembrava un Tour impossibile – ci confida – ma poi la corsa va fatta, a guardare dalle mappe sembrava fattibile. A mio modo di vedere la settimana più dura era la seconda, con la tripletta sulle Alpi che ha davvero ammazzato le gambe. La terza un po’ meno, ma il caldo dei Pirenei lo si sentiva anche guardando la televisione.

«Per chiudere il discorso – dice Jacopo – Jakobsen ad una tappa è arrivato a 15 secondi dal tempo massimo e non aveva nessuno dei suoi compagni intorno. Sono scelte di squadra, mi ricordo che al Giro 2017 in quattro, tre più Arnaud siamo andati a casa e tutti ci hanno criticato, non ci si salva dal giudizio delle persone».

Intanto c’è la corsa polacca che incombe. Ua prima chance è andata per il treno della Groupama-Fdj. Se oggi i super specialisti dello sprint avevano una “mezza scusa” per non arrivare davanti, domani verso Zamosc non avranno alibi. Oltre 200 chilometri “piatti” come un biliardo o quasi. Nessuno strappo nel finale. Diciamo che oggi è stata tolta la ruggine dopo il lungo digiuno dalle corse.

Demare al Giro in ciclamino. E a festeggiare è anche Sidi!

04.06.2022
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Il Giro d’Italia edizione 2022 di Arnaud Demare si è concluso a Verona con la conquista della maglia ciclamino (la seconda in carriera per il velocista francese), simbolo riconosciuto e storico della speciale classifica a punti.

Dei 176 atleti iscritti alla edizione 105 del Giro, tutti regolarmente partiti da Budapest, ben 12 quest’anno hanno corso con scarpe Sidi, indossando complessivamente quattro differenti modelli della gamma road/corsa: Shot 2, Wire 2, Sixty ed Ergo 5. Gli atleti Sidi hanno poi concluso la corsa rosa cogliendo complessivamente ben quattro vittorie di tappa, tre delle quali hanno portato la firma proprio di Demare: un vero e proprio “fan” del modello Wire…

Arnaud Demare con Dino Signori, storico fondatore della Sidi
Arnaud Demare con Dino Signori, storico fondatore della Sidi

Wire2, le preferite

Realizzate con la tomaia in microfibra Tech Pro, questo modello risulta essere molto resistente, stabile e leggero. In più è un vero e proprio best seller di casa Sidi. Tutte caratteristiche che rendono queste calzature per il ciclismo particolarmente adatte a supportare le alte velocità, garantendo un ottimale trasferimento di potenza sul pedale.

Demare, con le sue Wire 2, ha indossato la maglia ciclamino per 17 giorni consecutivi. Confermandosi leader e il vincitore finale della classifica dedicata ai velocisti, meglio ai più regolari, mettendo a segno un bottino complessivo di ben 254 punti.

Demare ha pedalato per tutto il Giro con le Sidi Wire2,le sue scarpe preferite
Demare ha pedalato per tutto il Giro con le Sidi Wire2,le sue scarpe preferite

Vince la squadra!

«Riconquistare in maglia ciclamino al Giro d’Italia – ha commentato Demare in occasione di una visita alla sede di Sidi a Maser (Treviso) – ha rappresentato per me un’emozione senza fine. Ci sono stati molti momenti esaltanti durante le tre settimane di corsa, ma probabilmente la tappa con l’arrivo a Cuneo avrà un posto speciale tra i miei ricordi. E’ stato un giorno incredibile, avevamo tutto pronto per un grande finale e la squadra ha fatto uno sforzo eccezionale per chiudere sulla fuga… Quella di Cuneo è stata una vittoria collettiva che ha dimostrato quanto il nostro team sia unito e perfettamente affiatato nel perseguire i propri obiettivi». 

Sidi

Alla fine Paperino s’è inchinato a Demare. Maestri, ci riprovi?

20.05.2022
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«E’ stato un giorno da Paperino – dice Maestri – oggi è una di quelle giornate mie. A un certo punto non mi stupisco neanche più. Però come Paperino sono testardo e questo non mi farà mollare».

Dopo l’arrivo, s’è accasciato sul manubrio, scosso da singhiozzi di rabbia e fatica. Adesso che è passata mezz’ora, ha il volto sorridente e ha trovato il motivo per sdrammatizzare.

La partenza da Sanremo era vicina alla casa di Monaco, ma oggi Rosa è arrivato nella sua Cuneo
La partenza da Sanremo era vicina alla casa di Monaco, ma oggi Rosa è arrivato nella sua Cuneo

Rispetto francese

Arnaud Demare ha vinto la tappa di Cuneo nel giorno in cui Bardet ha lasciato il Giro, ma stavolta i velocisti hanno rischiato di non farcela. La fuga partita sul Colle di Nava infatti è arrivata fino ai 600 metri dal traguardo e questo significa che qualcosa là dietro non è andato come avrebbe dovuto.

«A un certo punto – ha detto il vincitore – ho cominciato a dubitare delle possibilità di riprendere la fuga perché alcuni miei compagni di squadra avevano già dato tutto. Anche io credevo di essere un po’ cotto in realtà. Solo a 10 chilometri dall’arrivo ho iniziato a crederci, ma ero davvero al limite. E’ splendido vincere di nuovo, tre vittorie sono un bel bottino. Ho saputo durante la tappa del ritiro di Romain e credo che sia un peccato. Era in grande forma, aveva fatto molti sacrifici».

Mancati 300 metri

Un corpo a corpo, niente di diverso. E mentre davanti giravano di buon accordo, dietro a un certo punto hanno iniziato a capire che non sarebbe stato un gioco.

«Sono un combattente – dice Maestri, in questa sorta di rimbalzo fra chi ha vinto e chi ha perso – vado speso in fuga. Quest’anno con la squadra abbiamo cercato di mettere i puntini, di non correre alla garibaldina e di essere concentrati nei momenti chiave. Arriva sempre il momento che ci credi. Se non ci credessi, non saresti lì a combattere. La squadra ha fatto un gran lavoro. Sapevamo che oggi poteva essere una bellissima giornata. Ci siamo andati vicino, non ci siamo sbagliati di molto. Ci sono mancati 300 metri. Si sapeva che per il gruppo poteva essere difficile venirci a prendere e si è visto».

Dopo l’antidoping, Maestri ha ritrovato il suo proverbiale spirito
Dopo l’antidoping, Maestri ha ritrovato il suo proverbiale spirito

Gaviria stoppato

A pochi metri da lui, Jacopo Guarnieri ansimava vistosamente, con il body sudato come dopo una tappa del Tour. Il caldo oggi è stato uno dei fattori fra la Liguria e il Piemonte.

«Non è stato facile tornare sui ragazzi davanti – raccontava l’ultimo uomo della Groupama-FDJabbiamo spinto come all’inferno. Poi una volta arrivati in testa, è stato tutto più lineare. Sappiamo cosa serve per essere lì.

«Le cose per me – diceva ricordando che nella tappa di Messina si era staccato su Portella Mandrazzi mentre qui ha resistito al Colle di Nava – stanno andando meglio giorno dopo giorno. Oggi era diverso da Messina, un altro ritmo. Due settimane di corse nelle gambe fanno sì che più o meno tutti abbiano lo stesso livello, la differenza la fai col posizionamento e la scelta di tempo. Ma riprenderli non è stato per niente facile. Hanno tirato tutti tranne Sinkeldam ed io. Ma ho un mal di gambe terribile… E’ stato duro inseguire e lo era anche l’arrivo. Arnaud è stato bravo, ha tenuto la corda e non ha lasciato spazio a Gaviria per uscire».

Gruppo in affanno

All’ultimo chilometro, quando è stato chiaro che stavano per mangiarli, Maestri ha mollato la presa e ha lasciato intendere di aver ormai rinunciato. Poi di colpo si è inarcato sulla bici ed ha attaccato con il gruppo a pochi metri. Nel raccontarlo sorride.

«Ho voluto fare il furbo – ammette – mi è già capitato nel 2019 che ho strafatto e l’ho persa. Questa volta ho voluto rischiare di perderla e ho lasciato fare più lavoro agli altri. Stavo bene. Sapevo che lo spunto veloce c’era, infatti quando sono partito ho preso subito metri sui miei compagni di fuga. Era solo una questione di arrivare il più vicino possibile all’arrivo. L’ho rischiata, il gruppo veniva forte. Bastavano 5 secondi. Se avessi avuto il gap giusto, si poteva andare all’arrivo. Sono quei due chilometri di tentennamenti in gruppo che a volte fanno arrivare la fuga, invece non li hanno avuti. Sono arrivati giusti anche loro. E se ti riduci così all’ultimo vuol dire che qualcosa è andato storto. La condizione c’è, ci riprovo di sicuro».

Bardet si è ritirato. Ha iniziato a stare male ieri sera e non c’è stato moto di continuare. Era 4° nella generale
Bardet si è ritirato. Ha iniziato a stare male ieri sera e non c’è stato moto di continuare. Era 4° nella generale

Bardet, che peccato…

Il gruppo lo ha lasciato lì a cullare il suo sogno infranto, ma è bastato poco per riaccendere lo sguardo di Maestri. Non così per Bardet. Al tramonto arrivano infatti le parole sconsolate del francese e del medico del Team DSM.

«Durante la tappa di ieri – dice Anko Boelens – Romain ha iniziato ad avere disturbi allo stomaco. Abbiamo cercato di gestire la situazione durante la gara per fargli passare la giornata sperando che potesse riposarsi un po’ la sera, ma sfortunatamente abbiamo visto pochi miglioramenti durante la notte. Stamattina abbiamo provato tutto il possibile per portarlo all’arrivo, ma continuava ad avere dolore e a non poter mangiare. Con così poca energia in corpo, non è stato più possibile per lui continuare».

E mentre il Giro d’Italia perde un sicuro protagonista, per domani si annuncia una giornata tremenda. Con questo caldo e con il dislivello della tappa di Torino, in gruppo si parla già di ribaltoni.

Guarnieri ha la febbre, Demare si allena. E con Pogacar come si fa?

17.03.2022
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Demare sta bene. Il francese (foto di apertura) è arrivato secondo nella tappa di Terni della Tirreno e chi pedalava accanto a lui lo ha visto tenere anche sulle medie salite che ricordavano la Cipressa e il Poggio. Il francese la Sanremo l’ha vinta nel 2016: circondato da qualche dubbio, ma l’ha vinta. E siccome tra i velocisti è uno di quelli che meglio tiene sulle salite, sentire cosa faccia e come se la passi potrebbe tornare utile. Anche perché Demare si è fermato in Italia a casa di Guarnieri, suo ultimo uomo e guardia scelta. Anche se le cose non sono andate come entrambi si aspettavano…

«Tutta la fatica della scorsa settimana – dice Arnaud – è stata per la Sanremo e per le tappe pià adatte a me. La Sanremo è il grande obiettivo, ma lo sono anche tutte le corse per velocisti. Voglio vincerle con la stessa determinazione. La forma è buona e l’Italia risveglia bei ricordi, dalla Sanremo al Giro d’Italia».

A Terni Demare secondo dietro Ewan e prima di Kooij, olandese classe 2001
A Terni Demare secondo dietro Ewan e prima di Kooij, olandese classe 2001

Scongiuri Guarnieri

Guarnieri invece sta male. Il piacentino non è riuscito a schivare la bronchite che ha colpito mezzo gruppo alla Tirreno e non correrà la Sanremo. Così sta vivendo la vigilia rinchiuso in casa, mentre il compagno francese, suo ospite, si allena nei dintorni.

«Ho avuto la febbre dopo la tappa di Fermo – dice – ma fortunatamente mi sono svegliato il giorno dopo e non ce l’avevo più, quindi sono partito. C’era questa bronchite che girava in gruppo e temo di essermela presa anche io, ma in forma leggera. Sono riuscito a finire la corsa e poi il corpo è crollato. Di sicuro Arnaud sta bene e questa è la cosa più importante. Per la Sanremo si può considerare tra i favoriti, perché in salita sta andando molto forte, quindi come squadra siamo abbastanza tranquilli».

Neanche tutta la scaramanzia del caso ha salvato Guarnieri dalla bronchite: addio Sanremo
Neanche tutta la scaramanzia del caso ha salvato Guarnieri dalla bronchite: addio Sanremo
Secondo Nizzolo, non è più una corsa per velocisti…

Bisogna sapersi difendere in salita. Quando Demare sta bene, è molto forte e noi dobbiamo essere bravi a supportarlo. Ci sono state delle corse più dure, come magari la tappa di Matera al Giro del 2020, in cui abbiamo vinto con Arnaud e ci siamo scambiati di posizione con Konovalovas. Quando la corsa è dura, ci sono meno corridori che possano fargli paura. Quindi il mio ruolo rimane quello. Essere più veloce possibile come ultimo uomo. Anche se questa volta lo guarderò in televisione…

La Tirreno al servizio della Sanremo?

Non del tutto, come ha detto Arnaud, corriamo per vincere. Gli allenamenti li facciamo a casa.

Come mai non avete fatto la Milano-Torino?

Perché nei piani iniziali non c’era. Dovevamo fare tutti l’Oman e UAE Tour, poi invece vuoi il Covid e un po’ di altri problemi, non tutti siamo andati e lo stesso siamo rimasti col programma che avevamo prima.

Demare al traguardo di Carpegna. L’indomani ha chiuso al 9° posto sul traguardo di San Benedetto
Demare al traguardo di Carpegna. L’indomani ha chiuso al 9° posto sul traguardo di San Benedetto
Come è andata questa strana settimana di vigilia?

Arnaud è a casa mia da domenica, è venuto lo stesso. Ormai lo avevo invitato, non potevo lasciarlo in strada. Si è allenato tranquillamente per tre giorni e oggi ha fatto un piccolo richiamo, come avremmo fatto insieme, visto che comunque la Tirreno è stata molto impegnativa. La cosa principale è recuperare. Non aveva senso fare più di quattro ore, anche se la Sanremo è lunga 300 chilometri e sono comunque 7 ore. Ha fatto quel che serve, non c’è bisogno di inventarsi delle cose turche.

Quali scenari ti aspetti per sabato?

Sarà interessante, perché ci sono squadre come la UAE Emirates che verranno solo con gli scalatori, quindi sicuramente cercheranno di fare del casino. Poi è chiaro che non è solo questione di forza in salita, perché su quello sono sicuramente meglio dotati dei velocisti. Bisogna anche trovarsi davanti e la corsa si fa dopo sei ore, quindi non è detto che avere una squadra di soli scalatori possa automaticamente garantire dei risultati.

Verso il via della tappa di Carpegna, per Guarnieri il giorno più duro della Tirreno
Verso il via della tappa di Carpegna, per Guarnieri il giorno più duro della Tirreno
Anche se parliamo di Pogacar?

Pogacar sicuramente è un po’ lo spauracchio di tutti, perché visto il livello che ha rispetto agli altri, fa paura. Secondo me se parte in cima al Poggio, non riuscirà a fare questa grande differenza. Ma col motore che ha, potrebbe anche azzardarsi a partire dal basso e lì allora farebbe davvero male.

Guarnieri, Demare e quei 30 secondi a tutta per il Giro

30.01.2022
7 min
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Jacopo Guarnieri e Arnaud Demare: tutti abbiamo ancora negli occhi le volate del Giro 2020. Con loro anche le tappe di pianura erano diventate uno show. Non vedevi una maglia Groupama-FDJ fino a cinque chilometri dall’arrivo.

Poi “Jacopone da Castell’Arquato“ richiamava tutti all’appello ed ecco che si formava il treno che lanciava il francese. Lui scaricava la sua enorme potenza a terra e alzava le braccia. Poi, venti posizioni dietro, mentre sfilava il resto del gruppo, Guarnieri faceva la stessa cosa.

Adesso ci risiamo. Li vedremo di nuovo al Giro d’Italia.

Jacopo, come vi state preparando?

In effetti è stata una preparazione bella lunga, che poi è quello che più ci è mancato l’anno scorso. La passata stagione è finita davvero tardi e il 3 febbraio avevamo già ripreso a gareggiare. Quest’anno invece abbiamo chiuso a fine settembre e di fatto abbiamo avuto un mese in più, senza contare che anche il meteo è stato più clemente.

Qualcosa si è inceppato per voi del treno. Demare è entrato in condizione a fine stagione vincendo la Parigi-Tour (in fuga)

Abbiamo iniziato bene, siamo andati presto in condizione, poi sono iniziati dei lunghi alti e bassi. E credo che se abbiamo perso questa regolarità e perché ci è una mancata la base fatta l’inverno. Insomma, se l’anno scorso all’inizio dell’anno avevamo qualche dubbio sulla preparazione, quest’anno ne abbiamo molti meno.

Abbiamo visto che ci state dando sotto. Qualche giorno fa avete fatto un allenamento molto impegnativo, con delle volate fino ad uno scollinamento…

Sì, si trattava di 30” a tutta. Un lavoro molto intenso, che “fa male”: puro acido lattico ma che dà grandi risultati. Questa è la base del velocità e con Arnaud è un lavoro che facciamo spesso. Come ho detto, è uno specifico terribile perché stai molto più tempo in acido rispetto ad una volata in corsa. Dopo 15” sei in acido totale e fare altri 15” è lunga!

Come funziona questo allenamento? Abbiamo visto che c’era un cono giallo in cima: fate avanti e indietro per caso?

Solitamente cerchiamo un circuito con uno strappo e sullo strappo facciamo questi 30”. In base alla lunghezza del circuito il recupero è più o meno lungo. Può essere un anello di 5′ o di 15′, come in questo caso. Se si recupera più a lungo, si fa un maggior numero di ripetizioni.

Jacopo Guarnieri, Giro d'Italia 2020
Per ora il treno della Groupama-FDJ non sarà toccato. Oltre a Guarnieri (in foto) di solito ne fanno parte anche Scotson e Sinkeldam
Jacopo Guarnieri, Giro d'Italia 2020
Oltre a Guarnieri (in foto) del treno Groupama-FDJ fanno parte anche Scotson e Sinkeldam
Nel 2020 ci siamo lasciati con Demare dominatore: cosa dobbiamo aspettarci quest’anno?

Più che cosa aspettarci, io direi cosa vogliamo fare. L’ambizione è quella di ripetere il 2020. Anche se non è ufficiale io seguirò il programma di Arnaud ed è un programma che prevede molta Italia. Abbiamo lavorato bene e quando lavori bene ti metti in condizione di cogliere i risultati. Poi vediamo anche dove sono gli altri. Intanto partiamo con la coscienza pulita!

Avete dato un’occhiata al percorso?

Io sì. Se non altro perché da italiano voglio vedere dove passa il Giro. Ho visto che c’è qualche richiamo al 2020, come la tappa di Catania, c’è una tappa verso Reggio Emilia ed una che parte non lontano da casa mia. Di questa ho fatto praticamente la ricognizione, il passo del Bocco e le altre salite. Poi non ho visto il finale perché con il traffico aperto sarebbe stato inutile. Ho notato che nel resto del Giro ci sono salite dure, come il Fedaia. Infatti ho detto ragazzi: preparatevi che lì c’è da stringere il di dietro!

Però se parli di Fedaia che è alla penultima tappa e il giorno dopo c’è la crono, significa che questo Giro lo volete finire? Che l’eventuale maglia ciclamino volete portarla a casa?

In questa squadra non c’è mai stata l’idea di tornare prima a casa, neanche per il velocista, sia che si lotti per la maglia che non ci si lotti. Poi però vi dico anche che mi piacerebbe molto che il Giro tornasse a proporre una tappa piatta, una passerella per i velocisti nel finale. Di certo è un modo per invogliare gli sprinter a restare in corsa fino alla fine. E credo anche che ne guadagnerebbe lo spettacolo. Anche perché, 2020 a parte, raramente la crono finale è stata decisiva.

Tra Denia e Calpe duri allenamenti per tutto il team (foto Instagram Groupama-FDJ)
Tra Denia e Calpe duri allenamenti per tutto il team (foto Instagram Groupama-FDJ)
Prima, Jacopo, hai accennato al calendario, ci sono novità per voi?

Qualche novità c’è ed è un bel calendario. In pratica faremo quasi tutte gare RCS, già dal UAE Tour, ma inizieremo prima in Oman. Tornerò alla Tirreno-Adriatico, corsa dalla quale manco da un bel po’. Ho sempre fatto la Parigi-Nizza e questo approccio diverso mi fa e ci fa bene. Cambiare dopo tanti anni è un bello stimolo.

Riguardo al treno avete delle new entry?

C’è un nuovo acquisto, Bram Welten dall’Arkea-Samsic, però al momento non farà parte del treno. In qualche occasione sarà al mio fianco, ma più nella seconda parte di stagione. Nella prima non ci saranno cambiamenti.

Squadra che vince non si cambia, insomma! Sul fronte tecnico invece ci sono novità?

Grosse news non ci sono. Abbiamo cambiato bici lo scorso anno, abbiamo il nuovo Shimano Dura Ace a 12 velocità. Noi lavoriamo da anni con Shimano e abbiamo già i gruppi. Una delle novità riguarda le ruote, sempre Shimano, anche se esteticamente sembrano identiche.

Dicono abbiano mozzi scorrevolissimi…

Per il momento le ho usate davvero poco, ci ho fatto giusto un paio di uscite nei giorni di scarico, ma la sensazione è che siano abbastanza rigide. Arnaud invece è molto contento. Anche se poi i veri test si fanno in corsa dove le velocità sono decisamente più alte. È lì che vedi le vere differenze. Per esempio proprio il nuovo acquisto, Welten, mi ha detto che non sentiva grosse differenze fra le due bici, ma io gli ho detto di aspettare le gare perché le differenze ci sono eccome.

Jacopo, ma invece pensi mai ad una tua vittoria personale?

Sinceramente no, sono ampiamente contento di quello che sto facendo. E poi una volata per me ormai sarebbe davvero improbabile. Servirebbe un arrivo con molte curve e qualcuno che mi facesse il buco perché su una volata pura, lineare ormai è difficile che possa vincere. Potrei ottenere un piazzamento. Ma a cosa servirebbe?

Guarnieri, classe 1987, è alla sesta stagione consecutiva con la squadra francese (foto Instragram Groupama-FDJ)
Guarnieri, classe 1987, è alla sesta stagione consecutiva con la squadra francese (foto Instragram Groupama-FDJ)
Noi pensavamo magari ad una fuga, ad un arrivo su un piccolo strappo. In fin dei conti i “cavalli” a te proprio non mancano…

Sì, però io ormai ho l’approccio da velocista e sinceramente se c’è una fuga perché dovrei buttare via energie, quando magari il giorno dopo c’è una volata? Alla fine, anche noi sprinter corriamo come gli uomini di classifica, ma al contrario! Cerchiamo di finalizzare le energie per gli obiettivi alla nostra portata. Ohi, poi vediamo: magari ci sarà una possibilità per me. Ma comunque non è un pensiero che mi fascia la testa.

Tu sei contento di venire al Giro, ma Demare come l’ha presa?

Chiaramente da italiano io sceglierei il Giro e lui da francese il Tour. Dopo una situazione iniziale in cui l’ha presa con pizzico di “delusione”, adesso Arnaud è contento. Infatti nel secondo ritiro l’ho trovato super carico. Alla fine per lui meglio avere tutta la squadra per sé al Giro, piuttosto che averne mezza al Tour. E conoscendolo sceglierebbe sicuramente la soluzione del Giro.

Che poi Demare è amato in Italia, probabilmente anche per merito tuo che sei italiano e di fatto orchestri le sue vittorie…

E vi posso dire che lui si rende conto di questa cosa. Essere apprezzato da francese in Italia non capita sempre! E poi diciamolo, il Giro è bello! Adesso vado che devo raggiungere i compagni. Siamo separati. Loro dormono nell’hotel con la camera iperbarica (che simula l’alta quota, ndr), io da italiano non posso usarla e sono da un’altra parte.

Francia, l’autunno dei libri e la guerra dei chetoni

06.12.2021
4 min
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In Francia è l’autunno dei libri, per Demare e Alaphilippe. “Une annèe dans ma roue”, un anno alla mia ruota: è questo il titolo del libro scritto da Arnaud Demare con Mathieu Coureau, giornalista francese di Ouest-France. Una sorta di diario di bordo del velocista della Groupama-Fdj, per scoprire il dietro le quinte, le corse, gli obiettivi, la pressione, i pericoli, i momenti di gioia, i dubbi. E proprio i suoi dubbi hanno innescato qualche dibattito in Francia.

«Non tutti hanno le stesse restrizioni su alcuni prodotti come i chetoni – ha detto Demare, in apertura ai mondiali di Leuven vinti da Alaphilippe – faccio parte di una squadra che ha preso degli impegni, come altre. Ma il gruppo non è tutto come noi. Trovare qualcuno più forte fa parte del gioco. Ma in questa stagione, dalla Parigi–Nizza in poi, ho visto che stavamo correndo ad un ritmo davvero alto. In un solo anno le prestazioni hanno avuto una forte accelerata».

Mpcc e chetoni

Sembra di rileggere le dichiarazioni del suo team manager Marc Madiot negli anni in cui il ciclismo veniva scosso da problemi ben più gravi. Ma siccome è innegabile che da un paio d’anni a questa parte si vada davvero fortissimo e che i corridori abbiano dei regimi di allenamento e di vita atti a guadagnare ovunque si possa, il discorso merita di essere seguito. Soprattutto sul fronte dei chetoni, di cui abbiamo già scritto, l’Uci ha chiesto espressamente di non farne più uso.

Era stato proprio l’MPCC, il Movimento per il ciclismo credibile, a spingere per un pronunciamento. E alla fine, dopo aver aperto un’inchiesta, l’UCI ha spiegato che al momento non ci sono prove che i chetoni possano alterare le prestazioni, ma allo stesso tempo ha chiesto a scopo precauzionale ai corridori di non farne uso, almeno fino a quando le indagini non saranno concluse. Ciò che ha provocato l’indignazione del movimento francese è che alcune squadre, che in passato non hanno nascosto di servirsene, fra queste la Jumbo Visma, hanno annunciato che continueranno a farlo.

Dumoulin, qui durante il Tour de Dumoulin organizzato a ottobre, si è allontanato dall’Mpcc
Dumoulin, qui durante il Tour de Dumoulin organizzato a ottobre, si è allontanato dall’Mpcc

L’uscita di Dumoulin

Proprio la questione dei chetoni, ma anche lo svolgimento della Parigi-Nizza 2020 all’inizio della pandemia, aveva spinto Tom Dumoulin a lasciare il movimento in cui era entrato quando ancora correva con il Team Sunweb.

«Il dovere del movimento – aveva dichiarato all’olandese Wielerfits – è quello di proteggere la salute degli aderenti, ma la corsa si è comunque svolta durante la pandemia e questo non è stato un segno di coerenza con i principi stabiliti. Poi hanno inventato la storia secondo cui l’uso dei chetoni è molto pericoloso. Per cui, dato che il nostro team usa i chetoni, sarebbe ipocrita per me essere ancora un membro del MPCC. Queste due cose insieme mi hanno spinto a uscirne».

La risposta di Alaphilippe

Sul tema si è espresso anche Julian Alaphilippe, la cui Deceuninck-Quick Step non fa parte dell’MPCC al pari di altre 10 squadre WorldTour, e che ha a sua volta mandato nelle librerie un libro dal titolo “Julian Alaphilippe, il mio anno da campione del mondo” curato dal Jean Luc Gatellier, firma storica de L’Equipe .

«Ho visto che Arnaud ha pubblicato un libro – ha dichiarato – non l’ho letto, ma spero di farlo. I suoi dubbi? Certo, ci sono corridori nel gruppo che possono esprimerne, anche il pubblico in generale può averne. Ma finché sai cosa stai facendo, se sei tranquillo, problemi non ne hai. Io non ne ho. Anche se ci sono corridori più forti di me, che dominano, dal momento in cui inizi ad avere dubbi e pensi cose del genere, è inutile andare ad allenarsi…».

Guarnieri, il ciclismo è come la vita: nessuno si salva da solo

29.11.2021
4 min
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C’è un tempo per fuggire e uno per restare, nella vita come nel ciclismo. E’ un istante, che in una tappa dura un millesimo di secondo a consentirti di vincere o perdere una corsa e in una carriera può essere un giorno, un episodio, una scelta sbagliata. Per Jacopo Guarnieri, 34enne della Groupama-Fdj, la scelta di smettere di fuggire e iniziare a restare è sopraggiunta in due momenti. Agli esordi da pro’, quando ha provato ad inserirsi in due fughe ma si è sentito «come Fantozzi alla Coppa Cobram». Poi quando ha provato a vestire i panni di velocista di punta di una squadra, ma ha capito che non avrebbe potuto primeggiare. E così, ha scelto di restare, accanto al proprio capitano, che da quattro anni si chiama Arnaud Demare.

Assieme a Marangoni

La sua trasformazione l’ha raccontata in una serata al Bikefellas di Bergamo dal titolo “L’insostenibile leggerezza della fuga” introdotto dalla redazione di Bidon che ha presentato il suo ultimo libro “Vie di fuga”. In una sorta di cronometro a coppie, con l’imprevedibile ex pro’ Alan Marangoni come spalla, Guarnieri ha raccontato dei suoi tentativi di fuga.

«La prima volta a De Panne. Correvo nella Liquigas – ha detto – e in fuga mi ci ero ritrovato, così dall’ammiraglia mi hanno preso a male parole, ordinandomi di tornare in gruppo per aiutare il nostro velocista, Chicchi. L’ho fatto, ma nel tirargli la volata ho tamponato Cavendish e abbattuto Leif Hoste, idolo di casa.

«Mi ero detto che in fuga non ci sarei più andato e invece l’ho rifatto qualche anno dopo, sempre in Belgio. Fu una fuga composta da corridori “pazzi” e infatti il gruppo ci riprese a 100 chilometri dall’arrivo. Lì, mi sono detto che il mio posto era rimanere in quel ventre materno che è il gruppo».

Fra Demare e Guarnieri c’è ormai un grandissimo rapporto di stima iniziato nel 2017 (foto Instagram)
Fra Demare e Guarnieri c’è ormai un grandissimo rapporto di stima iniziato nel 2017 (foto Instagram)

Aiutare chi è più forte

Giusto qualche volata in proprio per capire poi una cosa: «Il mio posto nel mondo – spiega – era aiutare chi era più forte di me. Arriva un punto nella carriera che devi decidere chi essere e cosa fare, serve grande onestà con se stessi. Ora, io rimpiango di non aver preso prima quella decisione, perché provo una grande emozione nell’aiutare Demare. Sono privilegiato perché sono il suo ultimo uomo, quello che lo vede più da vicino quando alza le braccia al cielo al traguardo e il primo a poterlo abbracciare». 

La tensione del gregario

Lo sguardo e la voce di Guarnieri, a questo punto, si incrinano, quasi commosso abbandona la goliardia che lo contraddistingue e che ha reso la serata frizzante come una volatona di gruppo, e veste i panni del gregario modello, quale è.

Guarnieri e Marangoni sono amici dagli anni assieme alla Liquigas
Guarnieri e Marangoni sono amici dagli anni assieme alla Liquigas

«Il gregario è il simbolo del ciclismo – osserva – al di là di ogni retorica. Gregario lo sei dal primo all’ultimo chilometro, ci sono momenti della corsa che dalla tv sembrano noiosi, ma in gruppo bisogna sempre sgomitare, la tensione è altissima. Penso a quando bisogna portare le borracce. In gruppo c’è una legge non scritta che quando si risale dalle ammiraglie dal rifornimento, si grida “service” e si ottiene una corsia preferenziale ai lati, ma mica sempre ti fanno passare. E se stai prendendo una salita e non riesci a servire il tuo capitano, hai perso».

Nessuno si salva da solo

Ma fare il gregario è molto di più, è anche convivere col proprio capitano fuori dalle corse, conoscersi, capire le difficoltà da uomo e da corridore e fare di tutto per porvi rimedio. Guarnieri è gregario anche sul divanetto del Bikefellas quando preferisce esaltare le doti umane di Demare, evidenziando come sia uno che ringrazia sempre e che si prende tutte le colpe quando le cose non vanno al meglio.

Sono passati 10 anni esatti, dal 31 marzo 2011, dall’ultima vittoria di Guarnieri a La Panne
Sono passati 10 anni esatti, dal 31 marzo 2011, dall’ultima vittoria di Guarnieri a La Panne

Oppure raccontando della sua ultima vittoria, quando fu proprio Marangoni – compagno di squadra alla Liquigas – ad aiutarlo più che nel sostenerlo in gara e raccogliergli «i copriscarpe che avevo deciso di togliermi in una giornata tremenda» standogli vicino in un periodo in cui i rapporti col team erano naufragati.

«Questo è lo spirito del gregario, questo è il ciclismo», che ci piace tanto perché è metafora della vita: nessuno si salva da solo.