Gaerne per Vendrame: al Giro con delle G.STL davvero uniche!

25.05.2022
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Gaerne e Andrea Vendrame formano un sodalizio tecnico e sportivo molto più che consolidato… L’azienda di Coste di Maser, in occasione del passaggio del Giro d’Italia dalla provincia di Treviso, ha consegnato al corridore trevigiano in organico con il team AG2R Citroën una speciale – ed unica – versione personalizzata del proprio modello di punta: il “best seller” G.STL

Vendrame calzerà queste scarpe dipinte a mano dall’artista Morris Spagnol in occasione della 18ª tappa della corsa rosa, quella che attraverserà le Colline del Prosecco con l’arrivo fissato nel cuore Treviso.

La tappa numero 18 attraverserà le strade di casa per Andrea Vendrame
La tappa numero 18 attraverserà le strade di casa per Andrea Vendrame

Dipinte a mano

Ma come sono state interpretate da Morris Spagnol queste calzature Gaerne? Sulla tomaia sinistra l’artista ha riprodotto le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, Patrimonio dell’Umanità UNESCO: un vero e proprio paradiso attraversato come detto dal Giro. Sulla destra è raffigurato Joker – simbolo di Vendrame – che pedala in sella ad una bicicletta da città con il celebre pittogramma riprodotto sul lato interno. 

Gaerne, realtà aziendale fondata da Ernesto Gazzola e che il prossimo mese di ottobre festeggerà i (primi) 60 anni d’attività, ha voluto così omaggiare il proprio testimonial Andrea Vendrame con questa scarpa personalizzata: una calzatura che mette in evidenza il forte legame con il territorio, ma anche i duri ostacoli affrontati negli anni dal forte corridore di Conegliano.

La 18ª tappa del Giro d’Italia entrerà in provincia di Treviso a Ponte di Fener, e attraverserà da Valdobbiadene a Susegana l’intera zona di produzione del Prosecco Superiore DOCG: un area delimitata ad est da Vittorio Veneto… il luogo dell’incidente in cui incorse Vendrame in allenamento il 7 aprile 2016.

Gaerne G.STL sono anche le scarpe indossate dagli atleti della Bardiani CSF Faizanè
Gaerne G.STL sono anche le scarpe indossate dagli atleti della Bardiani CSF Faizanè

Le due tomaie in microfibra forate a laser delle G.STL di Vendrame sono diventate così una vera e propria… tela per l’artista trevigiano Morris Spagnol che ha raffigurato, dipinti a mano, tutti i motivi appena descritti. Spagnol, 30 anni e residente a Caerano San Marco dove ha fondato il laboratorio d’arte YishuLab, è chiamato “l’artista dei campioni”. Soprannome che deriva proprio dal fatto che molti calciatori si rivolgono a lui per creare dei veri e propri quadri con le loro rispettive maglie. La collaborazione tra Spagnol e Gaerne è oramai consolidata: nel tempo sono state diverse le decorazioni che l’artista ha dedicato al velocista tedesco André Greipel, ritiratosi al termine della scorsa stagione, e alle Gaerne di Fabio Aru con la riproduzione dello stemma dei quattro mori.

Uno di famiglia…

«Quella che abbiamo creato per Andrea Vendrame – ha dichiarato Ernesto Gazzola, il fondatore di Gaerne – è una scarpa a dir poco speciale. E’ un simbolo del nostro rapporto di stima, di crescita e di collaborazione iniziato nel 2019. Vendrame è trevigiano come noi e anche se il mestiere lo porta spesso lontano dalle sue colline, non ha dimenticato queste origini al punto che ogni volta che ci viene a trovare in azienda lo considero oramai un membro della nostra famiglia».

L’artista Morris Spagnol
L’artista Morris Spagnol

«Questa è la mia scarpa – ha ribattuto Vendrame – in assoluto la scarpa Gaerne che mi rappresenta meglio, sia come uomo che come atleta. Questa edizione speciale è dedicata alla mia terra, il Veneto: un territorio fantastico che con Gaerne stessa abbiamo in comune ed al quale siamo indissolubilmente legati».

Gaerne

L’influenza del mental coach per le tappe nel mirino

23.05.2022
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«Mi consulterò anche con il mio mental coach per capire le tappe che saranno più adatte a me». Parole che ci aveva detto Andrea Vendrame (nella foto di apertura) alla vigilia del Giro d’Italia in quel di Budapest. E di certo non potevano passare inosservate. Parole che abbiamo girato ad Elisabetta Borgia, psicologa dello sport della Federciclismo e della Trek-Segafredo.

A lei abbiamo chiesto un parere su questa affermazione. Per capire davvero come possa, eventualmente, incidere la sua figura professionale. Non è terreno dei diesse fare certe scelte? Un corridore non fa valutazioni in base principalmente alle sue caratteristiche e a quelle del percorso?

Nel caso di Vendrame, Andrea ha ottenuto tre top ten: una nella prima tappa, su un veloce arrivo in salita, e due in volate di gruppo. Eppure lui è un atleta che tiene molto bene anche su percorsi molto duri, come testimonia tra l’altro la sua vittoria a Bagno di Romagna lo scorso anno.

Elisabetta Borgia, mental coach della Fci e della Trek-Segafredo
Elisabetta Borgia, mental coach della Fci e della Trek-Segafredo

Obiettivi chiari

«Lo psicologo fa lo psicologo – spiega la Borgia – e a livello tecnico non dà valutazioni. Quello che può fare è aiutare a capire le caratteristiche preponderanti dell’atleta e agevolarlo in vista delle tappe a lui più favorevoli, ad affrontarle con una padronanza di se stesso diversa dalle altre.

«Sostanzialmente il mental coach gli dice di riuscire ad essere consapevole, perché poi gli aspetti da valutare sono tanti. La squadra ha interesse ad andare in fuga? Il corridore deve lavorare o può avere spazio per se stesso? Una volta individuati questi “parametri” ci si muove di conseguenza».

«Questo tipo di preparazione mentale, tra l’altro, non la fai dall’oggi al domani. Non improvvisi nulla. E’ un percorso che si porta avanti nel tempo e varia anche in base al soggetto con cui lavori. In un Giro d’Italia tu guardi magari ad una tappa. Ne studi l’altimetria e la planimetria. Studi dove puoi attaccare, dove puoi fare la differenza… devi lavorare sul tuo “dialogo interno”, per capire dove sei in quel momento e dove puoi arrivare».

Vendrame ha colto già tre top 10 in questo Giro. Il veneto saprà dare l’acuto anche quest’anno?
Vendrame ha colto già tre top 10 in questo Giro. Il veneto saprà dare l’acuto anche quest’anno?

Memoria sì, memoria no

Ad Elisabetta Borgia chiediamo quanto incide in percentuale una buona preparazione mentale. Ammesso che sia corretto parlarne in questi termini. Spesso, infatti, quando si è ben mentalizzati si riesce a fare più di quel che si può. Un esempio, se vogliamo, la dottoressa ce lo aveva in casa con Juan Pedro Lopez. Lo spagnolo, forse anche per merito della maglia rosa, ha ottenuto risultati che probabilmente non sarebbe riuscito a cogliere.

«Personalmente – continua la Borgia – non amo le percentuali quando si parla di aspetti mentali. Quelle vanno bene per i test fisici, ma non per quelli mentali che non sono quantificabili. E poi okay la testa, ma prima contano le gambe: non dimentichiamolo.

«Certamente serve un mood positivo da parte dell’atleta. Si dice che se si parte bene si può fare la differenza. E questo vale ancora di più in un grande Giro in cui serve un’attivazione mentale lunga e continua. I corridori in una corsa a tappe devono essere bravi a staccare al termine delle frazioni e a riattivarsi al via di quelle successive. E per questo è importante l’approccio individuale, ma serve anche quello della squadra». 

In questo caso le vittorie ad inizio Giro, la conquista di una maglia… aiutano a scaricare la pressione. E di conseguenza a creare un clima più disteso nel team.

«Quando le cose vanno bene, poi vanno sempre meglio. Si ha un senso di padronanza. Ieri sono andato bene; il giorno dopo riparto con una buona “memoria” rispetto al giorno precedente. Ieri sono andato male; il giorno dopo devo essere bravo a partire “senza memoria”, altrimenti ci si influenza negativamente. Devo vivere il presente perché solo lì posso modificare qualcosa. Il passato tanto ormai è andato e non ci puoi fare nulla. 

«Il modo di ragionare è: cosa posso fare per essere efficace?».

Chi rischiava di restare intrappolato nel “senso della tagliola” era Giulio Ciccone, che ieri a Cogne si è riscattato alla grande
Chi rischiava di restare intrappolato nel “senso della tagliola” era Giulio Ciccone, che ieri a Cogne si è riscattato alla grande

Senso della tagliola

Come Vendrame tutti i corridori cercano di raggiungere un obiettivo: che sia la classifica generale, una maglia o una tappa… ma la realtà è che il tempo stringe. Ormai resta una sola settimana e per chi non è riuscito a vincere la pressione aumenta. Si ha insomma il senso di “una tagliola” che sta per scattare.

«Io credo – dice la Borgia – che all’interno di un grande Giro, ma in generale quando si va alla ricerca di una prestazione, il momento più difficile anche dal punto di vista della pressione sia nel mezzo.

«Nel caso di un grande Giro nelle prime tappe hai aspettative sì, ma anche paura che si possa prendere un buco, che s’incappi in una caduta, che insomma si finisca fuori gioco subito. In quelle prime tappe vai a rompere il ghiaccio con la corsa e comunque hai ancora tanta energia dalla tua.

«Nelle ultime tappe “raschi il barile” e a quel punto pensi a dare il 100% di quel che ti è rimasto».

«Il difficile, appunto, sta nel mezzo, quando la stanchezza si fa sentire, manca un bel po’ e hai fatto tanta fatica. Lì devi essere bravo a capire quanta benzina hai in corpo e a focalizzarla su quella o quelle tappe in cui sai che puoi fare bene. Ti serve una strategia di attivazione specifica per quella tappa, devi concentrarti su quella».

«Si entra in modalità “recovery” (recupero, ndr) in cui “lasci” le altre tappe e punti tutto su una. Un corridore di classifica, chiaramente, non può fare così, ma gli altri sì. Devi avere al massimo possibile il tuo senso di autoefficacia».

Vendrame al Giro. Caro Andrea, non dovevi andare al Tour?

13.05.2022
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Il numero undici non doveva appartenere ad Andrea Vendrame. Inizialmente infatti il corridore dell’Ag2r Citroen non doveva fare il Giro d’Italia. E dal non farlo si ritrova anche col numero che di solito è riservato al capitano, quello che finisce con l’uno.

Era dall’inizio dell’anno che l’atleta di Conegliano ci diceva di pensare al Tour de France e che avrebbe voluto molto puntare ad una tappa. Dopo cinque Giri e sulla soglia dei 28 anni è anche giusto volersi mettere in gioco e provare nuove strade.

E allora cosa è successo? Come mai ce lo siamo ritrovati di fronte a Budapest? Vendrame è uno dei talenti del nostro ciclismo, anche se si vede poco. Ha un grande potenziale e ogni anno ne tira fuori un po’ di più. Ricorda molto Colbrelli, nella sua crescita. Magari Sonny si vedeva di più in quanto si buttava nelle volate, ma il veneto davvero può fare grandi cose. Gli serve solo continuità.

Vendrame (classe 1994) è alla sua quinta partecipazione al Giro (foto Instagram)
IVendrame (classe 1994) è alla sua quinta partecipazione al Giro (foto Instagram)
Andrea si parlava del Tour de France e alla fine eccoti qui al Giro: come mai?

Mi mancava l’Italia! A parte gli scherzi, abbiamo cambiato i programmi qualche settimana prima del Giro, appunto. E nulla: rimbocchiamoci le maniche e affrontiamo questo Giro al meglio. A fine corsa tireremo le somme e vedremo cosa c’è stato di buono e cosa di cattivo.

E cosa significa tirare le somme?

Se fare Giro e Tour, Giro e Vuelta oppure solamente il Giro.

Quindi il discorso della Grande Boucle resta in piedi in qualche modo…

Il discorso Tour resta ancora in piedi. Vediamo se uscirò dalla corsa rosa con la condizione dell’anno scorso, una condizione molto buona. Se dovessi ritrovarmi in una situazione simile ci sarà la possibilità di fare il Tour.

Lo scorso anno il trevigiano ha vinto a Bagno di Romagna
Lo scorso anno il trevigiano ha vinto a Bagno di Romagna
Come mai all’ultimo sono cambiati i tuoi piani?

Mah, niente di particolare. Abbiamo fatto delle valutazioni con tutto lo staff, cioè dottori e preparatori, dopo che ai Paesi Baschi le cose non erano andate bene in quanto ero stato male. In quel momento avevamo rifatto un programma. Un programma che teneva in conto Giro e Vuelta. Io però ne ho riparlato con direttori e alla fine tutto è ancora in ballo. Ho detto loro delle mie intenzione riguardo al Tour e mi hanno detto: vediamo…

Ci tieni tanto quest’anno ad andare in Francia?

Eh sì, ci tengo. E’ una cosa particolare secondo me. Una corsa che almeno una volta nella vita un corridore deve fare. Tutti e tre i grandi Giri hanno qualcosa di particolare e parteciparvi almeno una volta nella carriera penso che sia fantastico e doveroso.

Però siamo al Giro e di certo non per andare a spasso…

No, no, mai a spasso. Al Giro ci tengo…

L’anno scorso avevi vinto una tappa con gambe e testa: quest’anno ne hai studiata qualcuna in particolare?

In particolare no. Ho guardato un po’ le tappe in generale e ne ho parlato anche con il mio mental coach. Insieme valutiamo quale sarà la più opportuna. Certamente, soprattutto in queste prime frazioni, dovrò riprendere il ritmo corsa. Dopo i miei problemini di salute prima del Giro ho corso solamente al Gp di Francoforte. Quindi ci vorrà un attimo di tempo.

I viaggi dei pro’ non sempre vanno di lusso. Vero Vendrame?

08.04.2022
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Campioni e piccole disavventure. Una delle ultime è capitata la scorsa settimana ad Andrea Vendrame. Il trevigiano si stava dirigendo al Gp Indurain, il suo aereo ha fatto tardi, ha smarrito il bagaglio e persino la bici. Sono gli inconvenienti di chi è sempre in viaggio. 

Il corridore dell’Ag2r Citroen sta disputando i Paesi Baschi. La condizione è in crescita. Sta facendo fatica, ma piano piano le cose stanno tornando al loro posto. Così come alla fine al loro posto sono tornate valigia e bici. Dopo varie peripezie.

Lo zainetto che ha “salvato” Vendrame, con dentro scarpini, occhiali, una divisa e il casco
Lo zainetto che ha “salvato” Vendrame, con dentro scarpini, occhiali, una divisa e il casco
Andrea, dicevamo degli inconvenienti dei ciclisti in viaggio. Partiamo dalla tua disavventura: cosa è successo?

Era la settimana scorsa. Giovedì. Stavo andando al Gp Indurain, in Spagna. Volavo da Venezia a Parigi e da Parigi a Biarritz. Il volo accumula 45′ di ritardo e così mi trovo a correre con lo zaino in spalla all’aeroporto di Parigi per prendere la coincidenza, che partiva appena 15′ dopo. Prima di scendere dall’aereo vedo la mia valigia che sta per essere caricata sull’aereo successivo. Ho avuto giusto il tempo di mandare giù un panino.

E poi?

Sono arrivato a Biarritz che ormai era quasi mezzanotte, ma la valigia non c’era. Avevo solo il mio zainetto. Per fortuna che dentro c’erano una divisa, gli occhiali e gli scarpini. Il resto ce lo aveva la squadra. E’ stato tutto abbastanza traumatico. Una volta in aeroporto volevo richiedere info per recuperare la valigia, ma non c’era nessuno. Neanche i macchinari per farlo in modo digitale. Alla fine un poliziotto mi ha detto: «Vieni qui domani dalle 14 alle 15 e se sei fortunato trovi qualcuno». Nel frattempo ho contattato Air France e almeno la valigia l’ho recuperata.

E la bici?

Quella no. E’ arrivata tre giorni dopo, era rimasta a Parigi. Ho dovuto correre la con la bici numero due. Non che cambi nulla. Alla fine sono identiche, ma nella mia testa c’era questo tarlo.

Dopo averci corso al Gp Industria e Commercio di Larciano in azzurro, Vendrame doveva riportare la bici al suo team
Dopo il Gp Industria e Commercio di Larciano, Vendrame doveva riportare la bici al suo team
Come mai avevi la bici dietro? Di solito voi pro’ viaggiate senza…

Perché ci avevo corso con la nazionale a Larciano. Quindi dovevo riportarla.

Invece come mai avevi con te una divisa e le scarpe?

E’ un vecchia regola che mi hanno insegnato nei primi anni, quando passai nell’Androni. Siamo “obbligati” ad avere dietro le scarpe, proprio perché non si sa mai.

Capita spesso che vengano persi i bagagli?

Personalmente era la prima volta, però qualche volta ho sentito di bici che non arrivavano, soprattutto per chi doveva andare in ritiro verso Sierra Nevada. In attesa delle bici, i corridori per quei due o tre giorni cercavano di ottimizzare il tempo correndo a piedi, andando in palestra o comunque facendo un programma alternativo.

Andando oltre il viaggio, capita che magari non ci siano quei cereali o quella pietanza a tavola?

Essendo in una squadra WorldTour abbiamo il cuoco al seguito. E per quanto riguarda il cibo non ci manca davvero nulla. Alla fine quando ci sono un letto e un bagno siamo a posto.

Tra le varie sfortune di Vendrame legate al Gp Indurain, anche la neve!
Tra le varie sfortune di Vendrame legate al Gp Indurain, anche la neve!
Però se capita il materasso vecchio in cui si affonda…

E infatti nei grandi Giri porto sempre con me il mio cuscino personale. Il massaggiatore me lo fa trovare nella camera dove alloggerò. Per il materasso invece ti adatti. Il più delle volte ci dormi una notte sola. Almeno per quel che mi riguarda già col cuscino guadagno parecchio in quanto a comfort.

Ormai avete tutto programmato, rispetto ai primi tempi è migliorata la logistica? 

E’ cambiato parecchio. Anche rispetto ai tempi dell’Androni. Adesso c’è un programma di viaggio molto curato: mi scrivono chi mi viene a prendere in aeroporto e con che mezzo sarà effettuato il trasferimento in hotel, se andando verso l’hotel è previsto un pasto e dove si mangerà, o se invece devo arrangiarmi da solo.

E se ti devi adattare come fai: prendi un panino, una pizza? E ti è mai capitato di saltare la cena?

No, non salto la cena né il pranzo, perché mi preparo il cibo in anticipo. Mi preparo un panino o delle scatole da casa, così da mangiare anche in modo più genuino. Questo succede quando so che devo prendere più aerei.

Un improbabile volo durante la trasferta di Andrea in Gabon del 2019
Un improbabile volo durante la trasferta di Andrea in Gabon del 2019
A proposito di aerei: ti è mai capitato qualche volo particolare? Qualche volo turbolento in cui l’aereo ha ballato parecchio?

Beh, di ritorno dall’Australia nel 2020 incontrammo due tempeste e si ballò un bel po’. Però a me piace quando è così: mi rilassa! Preferisco le turbolenze a go go: non so perché… Piuttosto quello che odio sono gli aerei in ritardo e la gente che appena si atterra si alza tutta in piedi di corsa. Ma cosa devono fare, le corse per andare a prendere la valigia sul nastro? Si scannano per chi fa prima. Bah…

E in quanto ai transfer? Soprattutto quando si va in certi Paesi “esotici” spesso ci si imbatte in conducenti naif…

Io non ho fatto molte gare in Cina o in Malesia. Ho corso in Australia e in Europa soprattutto. Sono andato in Turchia e anche in Africa. Ecco in Gabon, con l’Androni, all’inizio del 2019 ricordo che c’era un ragazzo che guidava il pullman, che condividevamo con la Total Energies, in modo un po’ particolare. Era tutto un saliscendi e quando c’erano le discese prendeva una grande rincorsa. Arrivava anche a 100 chilometri orari, perché altrimenti non riusciva ad arrivare in cima alla salita successiva. 

Caspita! Una bella avventura…

Però mi divertivo, dai: la velocità a me piace. Certo, poi un po’ di paura ce l’hai perché comunque non conosci le strade, però…

Raffica di vento improvvisa, caduta inevitabile

06.03.2022
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Sempre Strade Bianche. L’impresa di Tadej Pogacar è ancora calda. Il gelo della notte senese non ha raffreddato quella che è stata un’impresa con la “I” maiuscola. Un’impresa nata non solo dal genio e dalle gambe dello sloveno, ma anche da un momento specifico della gara: la maxi caduta avvenuta verso metà corsa.

Chilometro 84 di gara, 100 al traguardo. La carovana sta affrontando il settore di sterrato numero 5, quello di Lucignano d’Asso. Si tratta del settore più lungo (11,9 chilometri), ma soprattutto uno dei più esposti in “quota”.

Ambiente per raffiche

Togliendo infatti il picco di Montalcino, questa è la porzione di gara più elevata della Strade Bianche. Si viaggia sul filo dei 400 metri di altezza, appena sotto. Ma soprattutto la corsa in corrispondenza di questa quota corre sulle crete senesi.

Le crete sono queste colline scoperte. Solo campi e prati. Non ci sono neanche i tipici cipressi del paesaggio toscano, ma solo questa lingua bianca che corre come un filo su e giù per le crete. Ed è qui che avviene la caduta più importante quella che incide nell’economia della corsa. E’ qui che avviene il capitombolo, ormai famoso, di Julian Alaphilippe che fa un 360 gradi seguito da un tuffo nell’erba.

Ed è sempre qui che cadono almeno 30 corridori, che scivola persino Pogacar e va a casa Tiesj Benoot, vincitore nel 2018. 

Il punto di Vendrame

«Siamo entrati nello sterrato e c’era già del vento – racconta Andrea Vendrame – Ad un tratto abbiamo girato verso sinistra e c’è stata una raffica laterale fortissima. Inaspettata. Una raffica che ci ha fatto cadere in tanti. Sono caduto anche io. Era davvero impossibile restare in piedi e purtroppo è andata così».

E questo è un elemento molto importante per l’analisi della caduta. Quando Vendrame dice: “abbiamo girato verso sinistra”, si riferisce al punto più ad Est della corsa. E’ lì che è avvenuta la caduta. E’ lì che la Strade Bianche ha cambiato direzione. Magari quello che fino a pochi chilometri prima era stato vento contro moderato, in una svolta è diventato laterale. Tutto torna.

«E’ stata fortissima – riprende Vendrame stremato all’arrivo – incredibile. Il vento ci ha spostato verso sinistra, verso il bordo della carreggiata, sul ciglio. La strada al lato era finita e a quel punto mettendo le ruote sullo sconnesso (di terra ed erba, ndr) siamo caduti. Io ero nei primi trenta, neanche troppo dietro. Davanti erano caduti. Vedevo bici che cadevano di fronte a me e altre al mio fianco. Vedevo corridori che volavano e scarpette che si sganciavano».

Questione di ruote?

E la questione vento è emersa già prima del via. Poco dopo lo start delle donne, avvenuto alle 9:10, ecco le prime folate su Siena. «Se qui è così, chissà sulle crete», aveva fatto una battuta uno degli steward del posto. Si stima, che la raffica da Nord Est possa aver superato i 70 chilometri orari (dati MeteoAm).

E infatti all’arrivo dei bus qualcuno si è domandato se non fosse il caso di cambiare le ruote. Ma la maggior parte sono partiti con quelle alte da 50-45 millimetri, anche se più del solito si è visto il “basso” profilo da 32-35 millimetri (a seconda del marchio). Gli Specialized per esempio avevano scelto le ruote Roval Alpinist da 33. Ciò nonostante non è bastato ad evitare la caduta.

Gianluca Brambilla aveva ragione quando gli abbiamo fatto notare delle sue ruote alte e del vento che si alzava. «Ma se è forte davvero cambia poco», ci aveva detto prima del via.

La ferita di Covi. Nonostante la botta, Alessandro era felicissimo per la vittoria di Pogacar
La ferita di Covi. Nonostante la botta, Alessandro era felicissimo per la vittoria di Pogacar

Parla Covi

Un’altro corridore che ci ha lasciato un po’ di pelle è stato Alessandro Covi. All’arrivo il corridore del UAE Team Emirates si tocca il gomito sinistro, anche se a catturare l’attenzione è il suo ginocchio sanguinante e impolverato.

«C’è stata questa folata e siamo caduti in tantissimi – dice Covi – Io sono stato uno dei primi, penso… Ero abbastanza davanti. Ho preso una bella botta. Non credo sia stata una questione di ruote alte o basse. E’ stato un vento talmente forte che anche se avessimo avuto le ruote basse ci avrebbe spazzato via.

«E penso anche che sarebbe successo sull’asfalto. Ci avrebbe spostato lo stesso (le immagini tv mostrano come ci sia uno scarto di almeno 5 metri verso sinistra del gruppo, ndr), ma sullo sterrato era ancora più difficile tenere la bici chiaramente».

«Vedevo i corridori a cui partiva la ruota davanti talmente il vento era teso. E poi iniziavamo ad andare forte. Eravamo in un falsopiano, penso sui 35-40 allora».

AG2R-Citroen, cosa manca per il salto di qualità?

31.01.2022
4 min
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Chi ha chiuso quarto all’ultimo Tour? Alzi la mano chi ha risposto subito Ben O’Connor, corridore della AG2R-Citroen (foto di apertura). Eppure a 3 minuti dal terzo posto di Carapaz c’era lui, ma in questo ciclismo che parla solo dei vincitori, del piazzamento dell’australiano si è quasi persa la memoria. Che cosa avremmo detto se fosse stato un italiano?

La squadra è la casa di Vendrame, come prima di lui lo era stata per Nocentini, Pozzovivo, Montaguti e pure Appollonio. La vecchia Ag2R con i suoi cubetti lo scorso anno ha incontrato Citroen e si è trovata nel WorldTour con il quinto budget, non lontano da quello della Quick Step-Alpha Vinyl, rivoluzionando l’organico. Via Bardet, passato al Team DSM, dentro Van Avermaet e Jungels con il proposito di puntare sulle classiche Monumento.

Lavenu ha 66 anni, è stato pro’ dal 1983 al 1991, dal 2000 guida la AG2R (foto Le Dauphinee)
Lavenu ha 66 anni, è stato pro’ dal 1983 al 1991, dal 2000 guida la AG2R (foto Le Dauphinee)

Il primo bilancio

La novità ha infiammato i tifosi e acceso i riflettori, ma alla fine del primo anno le 12 vittorie hanno fatto storcere il naso allo stesso Vincent Lavenu, proprietario della squadra e manager di lunghissimo corso.

«Il dna della squadra restano le corse a tappe – ha spiegato a L’Equipe – anche se abbiamo deciso di ampliare il gruppo classiche. Prendere un velocista e investire troppo sul suo treno ci porterebbe via dal nostro obiettivo. Ma ovviamente bisognerebbe vincere di più: 15 vittorie sarebbero buone, 20 perfette. Ma l’obiettivo resta fare bene nelle grandi classiche. Siamo l’unica squadra francese ad aver vinto una tappa in ciascuno dei tre grandi Giri l’anno scorso, con Vendrame al Giro, O’Connor al Tour e Champoussin alla Vuelta».

Era partito per il Giro con l’idea di vincerne una ed ecco Bagno di Romagna
Era partito per il Giro con l’idea di vincerne una ed ecco Bagno di Romagna
Il dna è per i grandi Giri, ma gli uomini dove sono?

Abbiamo fatto di tutto per prendere Almeida, abbiamo trattato a lungo con i suoi agenti essendo disposti a sforzi enormi, ma ha scelto di andare negli Emirati Arabi. Gli altri più forti sono tutti sotto contratto e lo saranno a lungo. Non ce ne sono poi molti di quel livello, quindi dovremo fare come in passato per aiutare i nostri giovani a raggiungere il livello più alto. Abbiamo preso Bardet che era un bambino ed è salito due volte sul podio del Tour. Ricominceremo allo stesso modo, finché non troveremo un altro diamante.

Hai già un’idea?

Aurélien Paret-Peintre è arrivato 15° al suo primo Tour nel 2021, come Bardet nel 2013. Non so dove potrà arrivare, si impegna, è intelligente e proveremo a fare di lui un leader senza però dargli troppa pressione. Ben O’Connor ha 26 anni e l’anno scorso è arrivato 4° al Tour, potrà migliorare? Non facciamo pressioni sui nostri corridori. Anche Champoussin ha potenziale, ma il potenziale non basta per fare un campione.

Lo scorso anno a Plouay, Cosnefroy ha avuto la meglio su Alaphilippe
Lo scorso anno a Plouay, Cosnefroy ha avuto la meglio su Alaphilippe
Van Avermaet e Jungels hanno deluso?

Greg ha mantenuto il suo livello fino al Giro delle Fiandre dove è stato terzo, poi ha avuto un calo, soprattutto al Tour dove non ha mai sofferto tanto. Ma ha portato tanto in termini di serenità e umiltà… E’ un vero leader. Preferiremmo che vincesse, certo, ma con i giovani è stato esemplare. Jungels ha subito due operazioni all’arteria iliaca, sono sicuro che riacquisterà il suo livello

Una Monumento è alla portata?

Ci proviamo da tanto tempo. Abbiamo corridori con il potenziale per vincerne una. Cosnefroy al top può battere Alaphilippe e vincere la Liegi. Jungels l’ha già vinta. Van Avermaet vive solo per il Fiandre. Ci ispiriamo alla gestione della Quick Step e al loro essere killer nelle corse a cui puntano.

Van Avermaet non ha vinto, ma è stato trainante per tutta la squadra (foto AG2R-Citroen)
Van Avermaet non ha vinto, ma è stato trainante per tutta la squadra (foto AG2R-Citroen)
E voi?

Vogliamo diventarlo, rimanendo umili. Niente mi fa infuriare di più di un grande atleta spocchioso. Ai nostri corridori insegniamo a essere gentili, a sorridere sempre. Se un atleta pensa di essere amato solo perché vince, ha sbagliato tutto. Il corridore un po’ meno forte che però risponde ai giornalisti anche quando è deluso, che regala il suo cappellino a un giovane, quello entra nei cuori. Sono stato cresciuto così e non posso sopportare che uno dei miei corridori non abbia la stessa filosofia.

Per Vendrame un gran 2021 alle spalle e le classiche davanti

03.01.2022
5 min
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Alle 16 del 31 dicembre Andrea Vendrame era ancora in bici ad allenarsi. Il veneto ha ripreso la sua stagione, la sesta da professionista, più determinato che mai. Il portacolori dell’Ag2R-Citroen è reduce da una grande annata: due vittorie, tra cui la tappa al Giro d’Italia (nella foto di apertura), e soprattutto una grande costanza di rendimento.

Con le sue caratteristiche di uomo di fondo e anche piuttosto veloce, Vendrame si propone come una delle nostre migliori cartucce per le classiche, se non quelle delle pietre per le quali forse è un po’ troppo leggero, può andar bene per tutte le altre.

Andrea Vendrame, classe 1994, lo scorso anno ha ottenuto due vittorie
Andrea Vendrame, classe 1994, lo scorso anno ha ottenuto due vittorie

Calendari ancora incerti

«Vengo da una buona stagione, è vero – dice Vendrame – ho acquisito consapevolezza e ho capito come giocarmela un po’ in tutte le occasioni. Sono soddisfatto del mio 2021, è stata un’ottima stagione soprattutto in ottica 2022».

Dopo il primo ritiro sulle strade spagnole, Vendrame sta ancora definendo il suo calendario con la propria squadra e a quanto pare sono diverse le opzioni sul piatto.

«Bisognerà vedere se farò Giro e Vuelta o Giro e Tour o ancora solamente il Tour de France. Ammetto che la Grande Boucle è un mio pallino. Vorrei vincere una tappa per ottenere una vittoria anche in questo giro e conquistare nel tempo frazioni in tutte e tre le grandi corse a tappe. E poi vincere al Tour con una squadra francese vale doppio: se gli porti a casa un tappa… non è poco!».

L’arrivo in solitaria alla Route d’Occitanie, secondo sigillo 2021
L’arrivo in solitaria alla Route d’Occitanie, secondo sigillo 2021

Classiche in testa

Ma Vendrame, come lui stesso ci dice, non è uomo da classifica generale. Andrea è, e soprattutto si sente, un uomo da corse di un giorno, un attaccante, un cacciatore di tappe. E questa crescita non può non porlo nel parterre di coloro che possono aspirare a far bene nelle classiche. Lo sa lui e lo sa la sua squadra.

«Anche di queste stiamo discutendo con il team – dice Vendrame – sicuramente farò Strade Bianche, Tirreno-Adriatico, Sanremo. Da qui il mio calendario si protrae fino alla Freccia Vallone e all’Amstel Gold Race. Per me è molto buono tutto ciò perché ci arriverò con tanti giorni di corsa come mai prima.

«E questo vale anche per la Strade Bianche, che io considero una classica a tutti gli effetti. Anche il suo slogan lo dice: la classica più a sud d’Europa. Il fatto di arrivarci con tanti chilometri di gara nelle gambe spero mi possa far volare. Spero di avere un avvicinamento più tosto, proprio per focalizzarmi al meglio su questi obiettivi. Voglio metterci il famoso “pallino rosso”».

E per fare tutto ciò Vendrame debutterà nelle gare di Maiorca, a fine gennaio. Dovrebbe fare quattro dei cinque giorni di corsa previsti. «Ma a prescindere dai giorni sarà importante ascoltare bene le sensazioni che avrò nelle prime gare dell’anno per non fare troppi fuori giri e crescere gradualmente».

Vendrame è ormai uno dei leader della Ag2R Citroen (foto J. Crosnier)
Vendrame è ormai uno dei leader della Ag2R Citroen (foto J. Crosnier)

Spalle più larghe

Parla davvero con convinzione Vendrame. Con quella consapevolezza che dicevamo all’inizio. E quando un corridore assume questo stato, quando conquista vittorie importanti come quella di Bagno di Romagna al Giro, anche la sua squadra si pone in maniera diversa nei suoi confronti. E infatti in fase di “trattativa calendario”, Andrea ha potuto dire la sua.

«Parlare del calendario? Posso farlo più da leader, ma come ho detto in precedenza, c’è prima da capire quale grande Giro affronterò. Molto dipenderà da questo. Però è vero, forse ho le spalle più larghe, i diesse e i manager lo hanno capito: posso essere un corridore importante».

Una cosa però ci ha colpito. Vendrame ha parlato di un calendario che lo vede protagonista fino alla Freccia Vallone. E non ha nominato la Liegi. Perché?

«Vero – continua Vendrame – abbiamo fatto un calendario fino alla Freccia. La Liegi potrebbe essere una buona corsa per me, ma il team non è del tutto d’accordo. Però se ci arrivo bene, se dovessi avere le gambe per la vittoria, non credo ci siano problemi perché io possa esserci ed esserci da protagonista.

«In squadra hanno la loro filosofia e per le classiche prediligono avere un solo capitano, Van Avermaet. Però se oggi andiamo a vedere le grandi squadre Ineos, UAE, Quick Stepne hanno più di uno. Che dire, è un metodo francese radicato in loro. Ma il ciclismo sta cambiando e magari col tempo assumeranno anche loro un’altra filosofia».

Quest’anno il trevigiano è tornato a lavorare molto in palestra (foto J. Crosnier)
Quest’anno il trevigiano è tornato a lavorare molto in palestra (foto J. Crosnier)

Tanta esplosività

Certo è che per tenere le ruote dei fenomeni, appunto alla Van Avermaet, o il campione del mondo, qualcosa ancora manca a Vendrame. Però lui sta crescendo e soprattutto si sta allenando fortissimo. Ha persino ritoccato la preparazione.

«Rispetto all’anno scorso ho ripreso la palestra – spiega Vendrame – soprattutto a novembre. Ci andavo tre volte a settimana e la manterrò fino a fine mese. Per il resto ho fatto molti chilometri e pochi lavori, ma adesso inizierò ad aumentare gli esercizi. Tra l’altro io ne faccio parecchi… Preferisco fare cinque ore anziché sei, ma con dei lavori specifici.

«Rispetto agli Alaphilippe e ai Van Der Poel ogni anno la differenza un po’ diminuisce. Certo, Van Aert in questo momento sembra di un altro pianeta (il riferimento è al ciclocross, ndr), ma io sono abbastanza imprevedibile e posso giocarmela sia anticipando, che in volata e penso che ogni situazione si possa girare a proprio favore».

Giro: sul “piattone” della tappa 11 critiche giuste o sbagliate?

17.11.2021
5 min
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Su alcuni social è stata fortemente criticata la tappa numero 11 del prossimo Giro d’Italia, la Sant’Arcangelo di Romagna-Reggio Emilia: 201 chilometri piatti come un biliardo, quasi tutti lungo la Via Emilia (foto di apertura). «Sarà una noia mortale». «Basterà accendere la Tv solo negli ultimi cinque chilometri». E ancora: «Oggi è improponibile una tappa così». «Sembra una tappa d’inizio Tour di qualche anno fa».

Commenti negativi dunque, ma davvero è così brutta una frazione del genere? Anche se valutata nel contesto di una gara che si disputa nell’arco di tre settimane?

Ne parliamo con tre corridori che rispondono ad altrettante categorie: un velocista, Alessandro Petacchi, un attaccante da percorsi misti, Andrea Vendrame, e uno scalatore, Fabio Aru.

Parola al velocista

«Oggi organizzare un Giro non è semplice – dice Petacchi – Si parte e si arriva nelle località che richiedono l’ospitalità e che pagano. Le frazioni vengono disegnate in base a queste. Se Mauro Vegni avesse avuto a disposizione un budget maggiore probabilmente avrebbe disegnato un Giro migliore. Ma in questo caso se deve fare un collegamento tra queste due località… deve passare di lì (vanno considerate anche le località che ospitano i traguardi volanti, ndr). E se l’Italia è fatta così c’è poco da fare».

Ale Jet poi continua. E a dire il vero un po’ ci stupisce…

«Una tappa così è noiosa anche per i corridori e non solo per chi la guarda da casa. Non è come la pianura francese o quella spagnola dove spesso piove, c’è vento o sono vallonate. In quel caso non sarebbe noiosa per nessuno. Al Tour o alla Vuelta non esiste una tappa così. In Francia soprattutto anche quando è piatta fai 2.000 metri di dislivello, ma come ripeto il territorio italiano è così».

A questo punto facciamo notare a Petacchi che negli ultimi anni le frazioni per gli sprinter erano arrivate a 1.800-2.500 metri di dislivello e che gli stessi velocisti si dovevano “guadagnare” la volata. A loro dovrebbe andare bene una frazione così.

«Non è detto che una tappa piatta sia per forza per un velocista – conclude l’ex sprinter – Io non aspettavo le frazioni piatte per fare la volata. Non bisogna pensare che questa frazione sia stata fatta per i velocisti, ma semplicemente perché è capitata in pianura. Se avessero voluto le colline sarebbero passati dalla Toscana».

La tappa “icriminata”. Sant’Arcangelo di Romagna – Reggio Emilia: 201 chilometri e appena 480 metri di dislivello
La tappa “icriminata”. Sant’Arcangelo di Romagna – Reggio Emilia: 201 chilometri e appena 480 metri di dislivello

Parola all’attaccante

Andrea Vendrame è un vero attaccante e i percorsi vallonati sono il suo terreno. Da buon cacciatore di tappe, la prima cosa che è andato a guardare è stata la collocazione della Sant’Arcangelo di Romagna – Reggio Emilia. Se arriva cioè dopo frazioni intermedie, dopo un giorno di riposo o prima di una tappa di montagna.

«Duecento chilometri non sono pochi – spiega Vendrame – oggi anche 150 chilometri fanno la differenza e in tappe così lunghe e piatte già si sa che al 99,9% si arriverà in volata. Ho chiesto conferma su come fosse collocata perché se volevano creare un giorno di riposo attivo dovevano metterla prima di un tappone di montagna. L’anno scorso la tappa di Bagno di Romagna (che vinse proprio Vendrame, ndr) alla fine fece registrare 4.500 metri di dislivello e la tappa del giorno dopo, la Ravenna-Verona fu un giorno di transizione prima dello Zoncolan e di Cortina, anche per questo motivo.

«Dal mio punto di vista, essendo posizionata tra due tappe intermedie è un bene. Mi consente di recuperare un po’. Se ci fossero state due frazioni adatte a me attaccate mi sarei focalizzato di più su una. In questo modo invece posso recuperare un po’ e puntare ad entrambe. Si tratta di un recupero attivo, perché 200 chilometri non sono comunque una passeggiata, ma vedendola così sembra abbastanza soft».

Appurato il fatto che Vendrame in qualche modo può trarne vantaggio, il veneto parla poi dal punto di vista dei tifosi.

«Sarà poco spettacolare per il pubblico e “bella per noi corridori”, anche se fare 200 chilometri piatti ha poco senso. Un po’ quindi hanno ragione i tifosi quando dicono che ci sarà spettacolo solo nel finale.

«Se un corridore si annoia in una frazione così? Eh, diciamo che la distanza non è poca, ma se ci si trova un buon compagno di chiacchierate il tempo passa!».

Lo scorso anno nella piattissima Ravenna-Verona andatura turistica per lunghi tratti. La Ineos di Bernal controllò agevolmente
Lo scorso anno nella piattissima Ravenna-Verona andatura turistica per lunghi tratti. La Ineos di Bernal controllò agevolmente

Parola allo scalatore

Anche se Fabio Aru ha appeso la bici al chiodo resta uno scalatore. E ancora di più un uomo di classifica.

«Questa tappa è stata criticata: e perché, che problema c’è? – si chiede il sardo – Capisco l’attesa dei tifosi che vorrebbero sempre avere l’arrivo su uno strappo, in fondo ad una discesa o su una salita, però una tappa del genere non la vedo come un male. E poi non è detto che non possa esserci spettacolo. Se c’è vento? Anche una tappa piatta può diventare dura, credetemi. Nel vento si possono fare gli stessi wattaggi che in salita. Non è detto insomma che sia noiosa. Tante volte dalla Tv non si vede, non si percepisce la velocità o lo stress che c’è in gruppo.

Anche se la tappa 11 misura 201 chilometri è però un “mezzo giorno di riposo” per gli uomini di classifica. E Aru lo ammette.

«Se al mattino ti svegli e vedi che non piove e non tira vento, sì: la prendi come una giornata di quasi riposo. La prendi in tranquillità, soprattutto nella prima parte. Sai che magari andrà via una fuga e che dovrai stare attento gli ultimi 30-40 chilometri. Ecco, lì non è facile per gli uomini di classifica. Nell’ultima ora di gara l’insidia ci può essere sempre. Ricordate quest’anno quando è caduto Landa? Anche quella era una tappa per velocisti.

«No, io non ci vedo niente di male – conclude Aru – Pensiamo ai velocisti puri. E poi da quello che ho visto il prossimo Giro dovrebbe essere molto duro, con tante tappe che piacciono ai tifosi».

Vendrame-Modolo, la vera storia di quell’abbraccio

21.09.2021
5 min
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In un’estate piena di brindisi per noi italiani – grazie a tante imprese sportive – c’è stato un abbraccio pochi giorni fa che non ci è sfuggito e che non è avvenuto dopo un titolo od una medaglia. 

Siamo alla terza tappa dello Skoda Tour de Luxembourg, arrivo allo sprint. Sullo slancio della volata il vincitore viene subito travolto da un sentito abbraccio di un suo collega, quinto al traguardo, prima di ricevere i complimenti dei propri compagni appena si appoggia alle transenne. Sono amici e compagni di allenamento nella vita di tutti i giorni, rivali invece in quelli di gara. Sono rispettivamente Sacha Modolo della Alpecin-Fenix ed Andrea Vendrame della Ag2R Citroen, entrambi trevigiani di Conegliano.

Il primo ha ritrovato la vittoria dopo 1.300 giorni – dal 16 febbraio 2018, sigillo nella terza frazione della Ruta del Sol in Andalucia, al 16 settembre scorso a Mamer nella corsa del Granducato – mentre il secondo è stato testimone oculare e dietro le quinte di questa rinascita.

Abbiamo voluto sentire Vendrame e chiedergli cosa c’era dietro a quel gesto sincero con Modolo, approfondendo anche tanto altro.

Una stagione piena di soste per Modolo, con la vittoria in Lussemburgo che potrebbe aver chiuso il periodo nero
La vittoria in Lussemburgo potrebbe aver chiuso il periodo nero di Modolo
Andrea sei andato subito a dare un abbraccio a Modolo che aveva appena battuto il tuo compagno di squadra Cosnefroy. E’ stata una bellissima immagine, qualcosa più del fair-play. 

E’ stato un gesto spontaneo. Ero e sono davvero contento per Sacha, perché conosco il difficile periodo che ha dovuto passare. Abitiamo vicini, praticamente usciamo in bici quasi tutti i giorni e in questi mesi abbiamo parlato di ciclismo, ma soprattutto tanto dei suoi problemi. 

Ti senti particolarmente coinvolto da questa sua ripresa?

Sì, onestamente mi sento molto partecipe. Ho stimolato Sacha a non demoralizzarsi e a fare di più. Gli ho sempre detto che sarebbe tornato a sorridere presto ma che non doveva perdersi d’animo. Ed infatti ha corso una bella Vuelta in supporto a Philipsen, aiutandolo a vincere due tappe. Infine è riuscito a ritrovare la vittoria.

E’ una situazione piuttosto inusuale. Tu che hai 27 anni che supporti lui che ne ha 34 ed è professionista da tanto tempo. 

E’ vero. So quanto siano importanti queste cose perché noi ciclisti danziamo sulla sottile linea che divide la depressione e l’esaltazione. Diciamo che anche questo è stato naturale farlo. Anche perché ricordo che quando ero appena passato neopro’, Franco Pelizzotti, nelle sue ultime stagioni da corridore, mi dava dei consigli e mi aiutava. Abbiamo sempre avuto un rapporto tipo padre-figlio. Poi abbiamo una chat su whatsapp di corridori della zona dove c’è anche lui. E per esempio durante il lockdown di inizio pandemia sentivamo sempre anche il suo parere per tenerci su di morale tutti assieme

Al contrario, la stagione di Vendrame è stata un bel crescendo, con la vittoria al Giro a impreziosirla
Al contrario, la stagione di Vendrame è stata un bel crescendo, con la vittoria al Giro a impreziosirla
In bici invece come sollecitavi Modolo?

Bisogna dire che siamo diventati gradualmente buonissimi amici fin dai tempi in cui io ero dilettante alla Zalf e lui era in Lampre, ma prima di allora non ci conoscevamo. Quando ti alleni frequentemente assieme a qualcuno, ti viene da pungolarti e confrontarti. Ad esempio, io sono molto schematico nei miei allenamenti, mentre Sacha lo era un pochino meno nell’ultimo periodo. Così gli dicevo, quasi lo forzavo a venire con me. Però ci sono stati anche altri episodi.

Quali?

Quest’anno avevo appena finito il Giro, dove ero andato molto bene vincendo una tappa. Mi sono trovato con lui per andare a fare il Nevegal, la nostra montagna di riferimento. Io ero ancora in condizione, lui invece aveva ricominciato ad allenarsi intensamente dopo il problema al ginocchio. Facevo il ritmo io e lui mi chiedeva tante cose, come i valori con cui stavo salendo. Watt, battiti. E’ quasi sempre rimasto a ruota e una volta arrivati in cima mi disse che aveva fatto la salita a tutta. Io gli risposi che era sulla strada giusta non essendosi staccato. Poi parlammo di un altro aspetto e mi chiese informazioni per provare a fare un salto di qualità.

Cosa ti domandò?

Lui sapeva che da più di un anno mi seguiva un mental coach (toscano, ma preferisce tenerlo segreto, ndr) che mi aveva fatto migliorare sotto il punto di vista psicologico. Così gliene consigliai un altro che conoscevo, di sentirlo e di tentare. Perché il 90 per cento della nostra forza arriva dalla testa ed e lì che puoi fare la differenza. Su certi problemi non ci puoi lavorare da solo. So che stanno lavorando assieme e stanno arrivando i risultati.

Dopo la vittoria in Lussemburgo, Modolo si è rimesso al servizio di Philipsen. Qui riceve l’abbraccio dei compagni
Dopo la vittoria in Lussemburgo, Modolo si è rimesso al servizio di Philipsen. Qui riceve l’abbraccio dei compagni
Ad aprile 2016 eri under 23 nella Zalf e hai subito un drammatico incidente. Poi alla fine di quella stagione eri tornato in bici facendo tantissimi piazzamenti nei primi cinque. Nei problemi di Modolo ti sei rivisto? 

Sì, anche se sono due situazioni differenti. Io incidente e lui infortunio fisico col lockdown ad accentuare il tutto, compresa la sua situazione contrattuale. Però ho subito capito il tipo di sofferenza che stava passando. In realtà con lui non sono mai andato nello specifico di certe cose, anche un po’ per rispetto personale, ma sapevo cosa gli passava per la testa. Conosco la sensazione di toccare il fondo e risalire ritrovando il giusto morale. Ora Sacha ha ritrovato la giusta forma e spero che possa essere riconfermato perché può insegnare tanto ai giovani.