De Pretto e i primi (incoraggianti) passi nel WorldTour

15.06.2024
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La prima stagione tra i professionisti di Davide De Pretto sta procedendo secondo il piano stabilito dal suo team, la Jayco-AlUla. Il veneto classe 2002, rientrato pochi giorni fa dal Giro del Delfinato, sta mettendo insieme tante esperienze differenti. Il suo calendario fino ad ora recita: 36 giorni di corsa, di cui l’esatta metà, 18, nel WorldTour. 

De Pretto ha collezionato presenze a gare importanti, come Strade Bianche, Milano-Sanremo, Liegi e Delfinato. A queste ha alternato corse minori dove però ha avuto modo di mettersi alla prova, collezionando qualche piazzamento e il suo primo podio tra i professionisti, al Tour of Oman. A cui sono seguiti un secondo e un terzo posto di tappa alla Coppi e Bartali

De Pretto è alla sua prima stagione tra i pro’ in maglia Jayco-AlUla
De Pretto è alla sua prima stagione tra i pro’ in maglia Jayco-AlUla

Le fatiche francesi

Al Giro del Delfinato De Pretto ha avuto modo di toccare con mano i ritmi che si respirano in una corsa a tappe di alto livello. Tutti i giorni si sfiorano ritmi altissimi, la fatica nelle gambe e tanta esperienza da mettere in cascina. 

«Sto bene, ho finito da poco di allenarmi – racconta – in palestra per la precisione. Sto continuando a farla, anche durante la stagione, soprattutto per la parte alta, il cosiddetto core. Con il Delfinato ho messo alle spalle un po’ di fatica, ora recupero in vista del campionato italiano del 23 giugno. In Francia la cosa che ho notato è come i primi vadano davvero forte. Arrivavo da un periodo di altura nel quale non ero stato bene, quindi la condizione non era quella desiderata. Avevo nel mirino le tappe due, tre e cinque, ma senza una gamba adeguata era impossibile anche pensare di tener duro».

De Pretto ha già corso molte gare importanti, tra cui la Strade Bianche
De Pretto ha già corso molte gare importanti, tra cui la Strade Bianche
Una bella esperienza comunque?

Assolutamente, ho visto qual è il ritmo al Tour de France. I miei compagni più esperti mi hanno detto che i ritmi sono gli stessi. In salita tutti tenevano duro, era difficile vedere gente che si staccava subito (questo dettaglio lo ha notato anche Fancellu, ndr). 

Stagione piena fino ad ora…

Sono contento di ciò, ho iniziato a correre il 21 gennaio in Spagna alla Ruta de la Ceràmica e praticamente non mi sono mai fermato. Ho avuto il mio spazio nelle gare minori, come le 2.Pro o le 2.1 come la Coppi e Bartali. Nel WorldTour, invece, ho fatto parecchia fatica. Anche se al Giro dei Paesi Baschi ho conquistato la mia prima top 5 nella massima categoria. Quel giorno, devo ammettere, ero parecchio felice. 

Il primo podio è arrivato al Tour of Oman, terzo nella quarta tappa
Il primo podio è arrivato al Tour of Oman, terzo nella quarta tappa
La condizione era al livello previsto?

Stavo bene, forse un po’ stanco, tanto che dopo i Baschi mi sarei fermato volentieri, ma la squadra ha voluto portarmi in Belgio per fare Freccia e Liegi. Ci tenevo anche io, così ho stretto i denti e sono andato.

Tra gli U23 alla Liegi hai fatto terzo, com’è stato correre quella dei professionisti?

Sono molto diverse, anche solo per la distanza. Correre 80 chilometri in più non è semplice, poi i metri di dislivello tra i pro’ sono 4.500. E’ una corsa per gente leggera. Per il futuro penso possa diventare una gara adatta a me, con salite brevi ed esplosive. Penso sia una questione di maturazione, perché dopo 220 chilometri devi avere le gambe per attaccare sulla Redoute e reggere il ritmo dei migliori. 

Durante l’inverno ha fatto un carico di lavoro quasi doppio rispetto a quando era U23 (foto Instagram)
Durante l’inverno ha fatto un carico di lavoro quasi doppio rispetto a quando era U23 (foto Instagram)
Crescita e fondo. A proposito in inverno come hai lavorato?

Durante la preparazione le ore sono raddoppiate rispetto a quelle che facevo tra gli under 23. Ho messo alle spalle tanto fondo, poi con l’avvicinamento alle gare abbiamo fatto sempre più intensità. Anche nel ritiro appena concluso ad Andorra l’ultima settimana ho messo nelle gambe allenamenti più intensi. Rispetto allo scorso anno faccio più lavori di forza in palestra piuttosto che in bici. 

Se si guarda al calendario si nota come tu stia facendo molte più gare a tappe rispetto a quando eri U23. 

Questo mi sta dando una grande mano nel crescere e migliorare. Già dalla seconda corsa a tappe di quest’anno, il Tour of Oman, mi sentivo sempre meglio. Da under 23 fare una gara a tappa mi stancava molto, arrivavo gli ultimi giorni finito, non vedevo l’ora che finisse. Ora arrivo fresco, con ancora energia in corpo, ho un recupero migliore. 

Fino ad ora De Pretto ha preso parte a tante corse a tappe, ben cinque da febbraio a giugno
Fino ad ora De Pretto ha preso parte a tante corse a tappe, ben cinque da febbraio a giugno
Altura alle spalle, come stai?

La condizione sta crescendo, sono uno che ha bisogno di correre per metabolizzare i lavori fatti in altura. Il Delfinato ne è stata la prova, ma sono contento di come l’ho finito. Ora punto agli italiani e subito dopo il Giro d’Austria dal 2 al 7 luglio. Alla fine vedremo come starò, potrei fare Castilla y Leon a luglio, poi Arctic Race e infine San Sebastian. Ma prima, durante il Tour de France, noi che non corriamo faremo un ritiro a Livigno.

Buitrago, i brividi addosso a un passo dal sogno

14.06.2024
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Ieri la squadra lo ha raggiunto ad Andorra. Così Santiago Buitrago ha lasciato casa ed è salito a quota 2.300, ancora 200 metri sotto il suo paese in Colombia, ma abbastanza per rifinire la preparazione in vista del primo Tour. Quando era bambino, il colombiano fece un disegno con il podio del Tour 2022: è ancora sopra all’armadio nella sua cameretta. Era il grande sogno, cui arriva con due anni di ritardo. La sua non è una famiglia colombiana come altre, in cui si corre per rabbia o per fame. Santiago corre per amore della bici, con i piedi per terra e la lucidità che serve per essere professionista in ogni ambito. Nel frattempo ha vinto due tappe al Giro e al recente Delfinato si è mosso vicino ai più forti. Cosa si prova quando un sogno sta per realizzarsi?

«E’ una cosa speciale – dice – ho lasciato il mio Paese con la voglia di fare bene una cosa grande, il mio sogno. Vedi la tua famiglia e le persone vicine a te che si emozionano nel sapere che vai a fare il primo Tour, sapendo tutto quello che hai fatto per arrivare fino a quell’obiettivo. Sono partito veramente motivato. Normalmente a casa può essere difficile stare concentrato su un solo obiettivo, però avendo davanti agli occhi il Tour de France, ti svegli ogni mattina per fare il meglio possibile».

Ultima tappa del Delfinato, Buitrago arriva 5° dietro De Plus a 35″ da Rodriguez
Ultima tappa del Delfinato, Buitrago arriva 5° dietro De Plus a 35″ da Rodriguez
La condizione c’è, al Delfinato sei stato spesso insieme ai più forti…

E’ andato abbastanza bene. Peccato per un giorno, il primo di montagna, che mi sono bloccato. Invece sono contento delle ultime due tappe e della crono in cui sono migliorato tanto. Avevo qualche dubbio…

Perché?

Non correvo dalla Liegi e in Colombia mi era venuto male a un ginocchio. Sono stato a casa a lungo e dopo tanto tempo in altura, nella prima gara rischi di non trovarti bene. Non si può mai sapere. Però sapevo che i numeri erano buoni e che la preparazione era quella giusta. Sono andato in Francia pensando di entrare nei primi cinque. Speravo di non perdere tanto nella crono e lottare per la vittoria. Invece sono saltato in un giorno di montagna e questo un po’ mi disturba…

Hai chiuso undicesimo, come pure al Giro dei Paesi Baschi: che differenze ci sono?

Al Delfinato è andata meglio, perché in salita sono rimasto con i migliori. Ero più convinto di andare bene, mentre ai Paese Baschi venivo della caduta alla Parigi-Nizza. Con tutte le scivolate che si sono viste, avevo paura di andare in gruppo e di fare le discese. Poi c’è stata la tappa in cui sono caduti Vingegaard e gli altri e la corsa di colpo è stata tutta aperta. Non si sapeva chi potesse vincerla…

Il primo Tour: che effetto fa?

Per me questo è un sogno, lo è già solo essere nella lista della squadra. Sarà il primo Tour, per cui l’obiettivo è farlo al meglio possibile. Farlo nella maniera più corretta e professionale, con la convinzione di arrivarci al 100 per cento. Farlo bene vuol dire che sei fra i migliori al mondo. Riuscire a vincere in mezzo a tanti uomini forti sarebbe importantissimo e solo pensarci mi fa emozionare tanto.

Alcuni dei più forti li hai visti da vicino al Delfinato, almeno Roglic, Evenepoel, Rodriguez…

In realtà non ho sentito una differenza così abissale, di uno che attaccava e poi non lo vedevi fino all’arrivo. Mi è piaciuta come gara perché eravamo tutti lì, nelle stesse condizioni, con pochi secondi di differenza. Per vincere partivano all’ultimo chilometro. L’ultimo giorno, Roglic e Ciccone sono saltati. Jorgenson è andato fortissimo, però non è ho visto tanta differenza. Okay, nella crono Remco è stato inavvicinabile. Non sono partito con l’idea di poter prendere due minuti, però poi ho visto che in montagna ha sofferto. Va bene, mancavano Pogacar e Vingegaard, ma voglio pensare che non siano troppo lontani…

In gruppo cosa si dice di Vingegaard?

Se ne parla, si ragiona di come potrebbe arrivare al Tour. Ce ne sono tanti che dicono che arriverà al 100 per cento, altri secondo cui salterà nel primo giorno di montagna. Io penso che lui arriverà a un livello top, non lo so se al 100 per cento, però arriverà bene. Magari non sarà il miglior Vingegaard di sempre, ma sarà forte abbastanza per dare battaglia.

Hai parlato della crono, è qualcosa su cui avete lavorato tanto?

La squadra si impegna tanto a migliorare nella crono. Si lavora tanto con Alé per l’abbigliamento e con Rudy Project per i caschi. Con Merida e Vision per bici e ruote. Quest’anno tutti gli sponsor hanno fatto tanti investimenti per migliorare e abbiamo lavorato davvero bene. C’è stato davvero un salto di qualità. Penso che si possa ancora crescere, però fino ad ora sono contento per il miglioramento che abbiamo avuto.

Però Santiago resta un scalatore…

Sì, la natura è la natura, anche il cuore è il cuore. Santiago Buitrago non sarà mai un cronoman, sono e resto uno scalatore. Quello mi piace tanto di più.

Il ginocchio sta bene?

Adesso sì, in Colombia ho lavorato tanto con il fisioterapista e sono venuto in Europa guarito al 100 per cento.

Foto dalla Colombia su Instagram: una “arepita” (una focaccia) e poi si riparte (foto Pipe Cano)
Foto dalla Colombia su Instagram: una “arepita” (una focaccia) e poi si riparte (foto Pipe Cano)
Come sei stato accolto in Colombia, sapendo che farai il Tour?

Ogni volta che torno a casa, vedo più gente che va in bici. Ci sono più tifosi, ma il momento è un po’ complicato. Il colombiano si era abituato a vedere Egan Bernal vincere il Tour, Nairo Quintana lottare per il podio, Uran e Chaves. Adesso non siamo a quei livelli, però abbiamo un numero più alto di corridori che fanno dei bei risultati, mentre prima erano solo due o tre. Siamo tanti e facciamo bene. A me è piaciuto come ha corso Rubio al Giro d’Italia e anche lo stesso Dani Martinez. Penso che piano piano ci stiamo riprendendo la strada. Ed è bello quando sei in Colombia, con tutti questi tifosi che urlano il tuo nome.

Qual è il primo Tour di cui hai memoria?

Forse quello del 2009, vinto da Contador. E’ il primo che ho visto in televisione, avevo 10 anni. Contador per me è stato per tanti anni un modello, per un bambino che sogna di diventare uno scalatore e di vincere il Tour, capisci? Perciò ci vediamo a Firenze fra un paio di settimane. Ormai il Tour arriva per davvero…

Pasqualon racconta Andorra, Principato a misura di bici

29.05.2024
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«Non vedo l’ora di tornare ad Andorra per sentire quella sensazione di poter pedalare in sicurezza». La frase, affatto banale, è da attribuire ad Andrea Pasqualon, che ormai da diverso tempo vive nel Principato pirenaico.

E’ lui che da esperto qual è ci presenta l’Andorra ciclistica. E come vedremo il discorso è ampio. Molto ampio. Strade ottime, temperature fresche, sport nel Dna…

Andrea Pasqualon ha scelto Andorra sia per una questione di quota che per le sue strade a misura di ciclista
Andrea Pasqualon ha scelto Andorra sia per una questione di quota che per le sue strade a misura di ciclista
Andrea, come reputi Andorra da un punto di vista ciclistico?

Andorra è un posto molto tranquillo per vivere in generale e ottimo per noi ciclisti. C’è una sicurezza molto elevata per noi corridori, per noi appassionati di bici. Ma direi per tutti gli sportivi amanti della natura e delle attività all’aperto. Per quanto riguarda il ciclismo posso dire che ci sono molte strade e tutte tenute bene. Ma soprattutto ci sono strade con una corsia ciclabile sulla destra, una banchina larga che ti lascia quel metro e mezzo, anche due. E non parlo di strade secondarie. Parlo di passi importanti come il Port d’Envalira per esempio: praticamente 20 chilometri in cui c’è la possibilità di stare nella corsia riservata alle bici.

Una corsia preferenziale per i ciclisti in ogni senso!

Questo è un gran vantaggio per noi pro’, perché alla fine c’è la possibilità di andare accoppiati stando in sicurezza e senza intralciare il traffico. La cultura iberica tutela il ciclista a tutti gli effetti. A volte è il ciclista che indica all’automobilista che può superarlo, altrimenti se ne starebbe dietro anche per 3-4 minuti senza nessun problema. Questo dipende anche dal fatto che la qualità della vita generale ad Andorra è buona, c’è meno stress… Per me questo aspetto si ripercuote tantissimo, in senso positivo, sulla sicurezza stradale.

Le strade sono ben tenute e molto spesso hanno una larga banchina che aumenta la sicurezza dei ciclisti. Qui la strada da La Seu
Le strade sono ben tenute e molto spesso hanno una larga banchina che aumenta la sicurezza dei ciclisti. Qui la strada da La Seu
Andorra, Pirenei. A che quote siamo?

ll villaggio principale, Andorra la Vella, sorge intorno ai 1.000 metri. Ma poi ci sono varie zone più elevate, tra cui Ordino Arcalís, che è la località più nota per i ciclisti e che sorge a 1.940 metri. I pro’ che vivono qui scelgono appartamenti più in quota. Io ad esempio vivo a 2.000 metri.

Stando in montagna è tutto salire e scendere? Oppure si trovano anche un po’ di tracciati pianeggianti?

Un po’ di pianura c’è. Andando verso la Spagna e quindi verso La Seu di Urgell, o anche verso il confine francese, si può fare un anello di circa 120 chilometri, un percorso che noi chiamiamo il “giro delle tre Nazioni” perché si passano appunto tre Stati: il Principato di Andorra, la Francia e la Spagna. Come dicevo è abbastanza pianeggiante. Io lo sfrutto per utilizzare la bici da cronometro. E’ un altopiano che “balla” sul filo dei 1.000 metri. Per un qualsiasi ciclista c’è da divertirsi, perché c’è la possibilità non solo di fare tanta salita ma di fare anche pianura e determinati lavori.

Il Principato pirenaico offre molto in termini di sport. D’estate, trekking, bike (e motor) trial, mtb vanno per la maggiore
Il Principato pirenaico offre molto in termini di sport. D’estate, trekking, bike (e motor) trial, mtb vanno per la maggiore
Quali sono invece le salite mitiche, quelle note per il Tour e per la Vuelta?

L’Envalira è stato spesso Souvenir Desgrange del Tour de France (il corrispondente della Cima Coppi al Giro d’Italia, ndr) con i suoi 2.408 metri di quota. Poi c’è la scalata stessa di Arcalís, diverse volte arrivo anche del Tour. Il Coll de la Gallina, altra salita tipica. E molte altre…

Quanto è grande il principato?

La diagonale massima è sui 50 chilometri, forse appena meno. Rispetto a Monaco o San Marino è un territorio ben più ampio. Si potrebbe restare anche dentro i confini e non ci si annoierebbe. Le strade interne sono ben tenute e ben collegate.

Ad Andorra anche la cartellonistica è pensata per i ciclisti
Ad Andorra anche la cartellonistica è pensata per i ciclisti
La cartellonistica stradale presenta le indicazioni su pendenze e chilometri progressivi come in molte zone del Trentino-Alto Adige?

Sì, assolutamente. E sono presenti su tutte le strade. Questi cartelli ti indicano quanto manca alla vetta. Il ciclista ad Andorra è ben considerato. E anche a terra ci sono scritte che indicano i pericoli, o cartelli che dicono: “strade frequentate da ciclisti”. Questo rispetto vale anche anche runners, biker… Ma in generale è il Principato stesso ad offrire molto in termini di sport e scuole sportive.

Andrea, vista questa attenzione verso il ciclismo, immaginiamo ci siano anche negozi di bici, dei punti di assistenza…

Certo, anche guide e accompagnatori. Io noto che stanno tanto puntando parecchio sui bimbi, anche a scuola, nell’istruzione. Ci sono diversi giorni della settimana in cui gente specializzata, a volte anche qualche ex pro’, presenzia queste giornate dedicate allo sport e insegna ai ragazzini la propria disciplina.

Per maggiori informazioni:

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@andorraworld

Andorra, destinazione indimenticabile per ciclisti e famiglie

10.05.2024
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Solo tu, insieme alla famiglia o in compagnia di amici alla scoperta di una terra ricca e composta al 90 per cento di natura. Andorra è la meta ideale per le due ruote, con i suoi 21 passi di montagna, 80 laghi, centinaia di specie protette, sentieri magici, storie di tappe di Vuelta di Spagna e Tour de France. Il Principato è pronto ad accogliere gli esploratori in sella alle loro biciclette che vogliano immergersi in un vero e proprio paradiso per le biciclette e le avventure all’aria aperta.

Perché Andorra?

Andorra è tra le mete preferite dagli appassionati del pedale, essendo considerata una delle vere e proprie “mecche” di questo sport. Dispone di un’infrastruttura perfettamente adattata alla pratica del ciclismo. Si trova tutto ciò che si può desiderare per la bici, qualunque sia il periodo dell’anno che si sceglie.

Ciò che rende speciale il ciclismo questo Principato situato tra Spagna e Francia è tutto ciò che lo accompagna. Dalle strutture specializzate nelle due ruote agli alloggi, ma anche per i negozi principali sparsi nella capitale, Andorra la Vella, ma anche a Escaldes-Engordany, La Massana e Sant Julià de Lòria. Lì si troveranno i principali modelli e marchi internazionali di bici da strada e mountain bike e le ultime innovazioni in fatto di e-bike, oltre a ogni tipo di parti meccaniche, abbigliamento e altri accessori. Il tutto con servizio di officina meccanica e noleggio di biciclette di tutti i tipi e livelli. Un altro elemento distintivo che consolida Andorra come un vero territorio ciclistico sono i moltissimi percorsi accessibili a tutti, studiati per ciclisti di ogni livello, per forma fisica ed esperienza.

Su e giù per le montagne del Principato
Su e giù per le montagne del Principato

Dove andare su strada?

468 chilometri quadrati tutti da scoprire che offrono ai ciclisti su strada la possibilità di tracciare percorsi unici direttamente dalla porta del loro alloggio. La carta dei percorsi ciclabili del Principato aiuta in questo compito, con la descrizione dettagliata di oltre 20 itinerari di diversa durata e difficoltà. Uno dei tratti distintivi di Andorra come regione ciclistica sono le spettacolari salite verso i passi di montagna. Queste ascese hanno segnato diverse edizioni della Vuelta e del Tour, con arrivi di tappa che fanno parte della storia del ciclismo professionistico. 

La Coma d’Arcalís occupa un posto di rilievo, come tappa finale del Tour negli anni 1997, 2009 e 2016. Non meno importanti sono il Coll de la Gallina, la Rabassa, la Collada de Beixalis, i Cortals d’Encamp e Colle d’Ordino. Ben conosciuti dagli appassionati, hanno preso parte o sono stati nelle tappe finali della Vuelta e del Tour, tra gli altri eventi ciclistici. Merita una menzione anche Port d’Envalira, il classico punto di riferimento per eccellenza del ciclismo su strada in Andorra. Un ulteriore vantaggio delle caratteristiche già menzionate è che Andorra offre un calendario annuale ricco di gare e sfide come La Purito e la Volta als Ports.

Dove andare offroad?

E’ facile immaginare che Andorra sia l’habitat naturale per la mountain bike. Le località di Grandvalira e Pal Arinsal offrono numerosi percorsi per gli appassionati di mountain bike. Il Camí del Gall è un ottimo esempio di circuito o percorso di montagna. Oppure il Camí de les Pardines o la Rabassa, che nella sua versione MTB offre uno spettacolo per l’offroad. 

Per chiunque vada alla ricerca di un percorso più tecnico, il tracciato della Coppa del Mondo XCWC nel Bike Park de Pal Arinsal è perfetto. Nel Bike Park si trovano le principali piste da sci adatte alla pratica della mountain bike in estate. Esso comprende 30 circuiti a diversi livelli: 21 di discesa, 2 di enduro, 1 per four-cross e 1 per e-bike. Per chi vuole mettere alla prova la propria tecnica nell’area di allenamento o sul Pump Track c’è pane per i suoi denti.

Da aggiungere anche che a disposizione dei cicloturisti c’è un bike park naturale: il Naturland Bike Center, mentre Grandvalira offre più di 90 chilometri di sentieri per MTB, suddivisi in 12 circuiti. Infine i ciclisti più giovani possono cimentarsi nel downhill con il Kids Bike Park.

Percorsi guidati

Se si preferisce concentrarsi sul divertimento pedalando e non preoccupandosi della logistica, si possono prenotare esperienze organizzate da guide ciclistiche esperte che conoscono Andorra come le loro tasche. Le aziende di turismo attivo offrono un’ampia gamma di servizi che vanno da un pedalare rilassante a itinerari organizzati attraverso l’intero Principato. Offrono anche la possibilità di noleggiare l’attrezzatura, con l’ampia scelta a disposizione, dalle bici base a quelle ad alte prestazioni e alle e-bike. Prendere nota di: Andorra 3000, piste ciclabili di Andorra, Esports Elit, Isard Wildland, MTB Aventures, Naturland, Bike Park de Pal Arinsal e VSL Sport.

Una miscela perfetta di turismo e sport. Si tratta di itinerari disseminati tra Sant Julià de Lòria, con le tappe Rabassa, Coll de la Gallina e Peguera. Oppure a La Massana, c’è il Port del Cabús, sormontato da una maestosa scultura di Dennis Oppenheim. Oppure Canillo che vanta alcuni dei passi di montagna più leggendari, come ad esempio come il Coll d’Ordino. Questa è solo una breve selezione di percorsi e ce ne sono molti altro nei dintorni di Andorra la Vella, Encamp, e molti altri. Ogni curva su queste strade offre viste panoramiche sulle vette e valli, con paesi e piccole città a perdita d’occhio.

Cibo e cultura

Pedalare su e giù per il territorio di Andorra è un piacere impagabile che però necessita di soste per ricaricare le “pile”. Sotto questo punto di vista il Principato è pronto per deliziare il palato con i prodotti tipici. Si potranno degustare carni pregiate, salumi, piante aromatiche e officinali erbe aromatiche, marmellate e miele biologici, formaggi. E ancora, pasta, caffè, cioccolato, Nectum (sciroppo naturale a base di pigne), Ratassia de la Carmeta (un liquore fatto in casa a base di erbe medicinali e noci) e l’idromele Asgard, una bevanda ancestrale venerata dagli antichi culture.

Oltre a questo è bene ritagliarsi momenti per conoscere la cultura locale, vedere i siti UNESCO e visitare musei come il Bici Lab Andorra: un centro che spiega l’importanza del ciclismo come parte della sostenibilità mobile e uno stile di vita sano, oltre a trainare l’economia locale. Un interessante centro interattivo che riporta indietro nel tempo, con le biciclette a fare da guida, ma che consente anche di provare cosa vuol dire pedalare su un passo di montagna o sfrecciare in discesa utilizzando la modalità virtuale la realtà.

E’ inoltre presente una delle collezioni di biciclette classiche più caratteristiche al mondo, combinato con la tecnologia all’avanguardia per generare un risultato unico. Uno spazio di 1.700 metri quadrati nel centro di Andorra la Vella, dove si trova il museo mostre temporanee e permanenti che mettono la bicicletta al centro di una storia in evoluzione per analizzare il mondo e la cultura del ciclismo da diverse angolazioni. 

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La Rostese in Spagna alla Vuelta Hispania: com’è andata?

01.10.2023
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La Ciclistica Rostese è tornata da pochissimi giorni dalla trasferta in Spagna, dove ha corso la Vuelta Hispania. In Italia c’è il Giro Next Gen, in Francia il Tour de l’Avenir ed ora anche in terra iberica c’è una corsa a tappe dedicata agli under 23. La Vuelta Hispania è al suo secondo anno di vita, è giovane come gara, ma molto apprezzata e in grande crescita. I ragazzi della Rostese sono finiti a correrla grazie alla lungimiranza dei propri tecnici (foto apertura El Peloton).

«In Spagna, ad agosto, avevamo già corso la Vuelta a Zamora e la Vuelta a la Comunidad de Madrid – racconta Beppe Damilano, diesse del team – ed erano state esperienze molto belle. Proprio durante una di queste corse è nato l’invito per la Vuelta Hispania, così abbiamo colto l’occasione al volo. E’ una corsa a tappe meno famosa di quelle presenti in altri Paesi ma non si scherza».

«L’organizzazione ci ha trovato gli hotel mentre noi ci siamo arrangiati per il viaggio. I ragazzi in aereo e noi del team con i mezzi. 1.600 chilometri in macchina sono davvero tanti, fortuna che in Spagna e Francia il traffico autostradale non è come da noi. Anche se hanno una passione per le foto (dice ridendo in riferimento agli autovelox, ndr) speriamo che non ce ne abbiano fatte».

Corse a tappe

In Spagna di corse a tappe ce ne sono tantissime, il conto è davvero elevato, e se questo si paragona con quello delle gare a tappe italiane diventa tutto più estremizzato. 

«Da questo punto di vista – dice Damilano – sono davvero tanto organizzati, in Spagna ci sono tre o quattro gare a tappe ogni mese. E le squadre che partecipano sono spesse volte diverse. A Zamora, per esempio, c’erano tanti team continental con corridori elite. Mentre a Madrid la gara era dedicata agli under 23, così come alla Vuelta Hispania».

Alla Vuelta Hispania – riprende – i partecipanti non erano tantissimi: 109, considerando che due squadre, una inglese e una americana, non sono partite. Il numero di corridori sarebbe stato 120, il giusto a loro modo di vedere. Si tratta di una corsa privata, nel 2024 probabilmente entrerà a far parte dell’organizzazione anche la Federazione spagnola. Frequentare queste corse fa bene alla nostra squadra, considerato che ho conosciuto un esponente della Vuelta Portogallo U23 e abbiamo parlato di un invito per il prossimo anno».

Cinque tappe e tanto vento

La Vuelta Hispania conta cinque tappe, di cui una è una cronometro a squadre. Un numero ridotto di prove rispetto a Giro Next Gen o Avenir, ma anche da queste parti la strada si fa rispettare. 

«L’unica tappa piatta – racconta Damilano – doveva essere l’ultima e invece sono venuti fuori 1.500 metri di dislivello con un vento fortissimo in ogni tratto. Doveva essere la frazione più corta, con soli 109 chilometri, ed è uscita comunque durissima. In Spagna poi hanno questa passione per le salite, sono ovunque e molte non le segnalano nemmeno nell’altimetria, ma si sentono. Durante la prova della crono a squadre vedevo che i miei ragazzi facevano 40 di media in un rettilineo e ho pensato: “Se andiamo così prendiamo tanti minuti”. Invece una volta fatta la riunione mi hanno spiegato che la strada tirava all’insù ed il vento era costantemente frontale. Infatti poi una volta in corsa siamo arrivati quinti».

Tanti arrivi in cima a brevi strappi, nessuna volata di gruppo (foto esCuellar)
Tanti arrivi in cima a brevi strappi, nessuna volata di gruppo (foto esCuellar)

Poca pianura

La Vuelta Hispania ha attraversato la penisola iberica partendo da Andorra e spostandosi verso il centro. Poi ha virato verso nord in direzione di Santander, per terminare nella parte centrale: tra Valladolid e Madrid. 

«Le tappe erano davvero impegnative – spiega ancora – nella terza frazione c’erano in 120 chilometri tre salite. Una breve di 5 chilometri, nemmeno segnata sull’altimetria, poi una seconda da 12 chilometri e dopo una breve discesa la scalata finale fino a Alto Campoo a quota 2000 metri: 19 chilometri. In generale anche nella zona centrale del Paese di pianura non ne abbiamo vista molta. Sono tutti continui sali e scendi che tolgono il fiato, con arrivi in cima a strappi o brevi salite».

Aimonetto è stato il migliore dei suoi con un quarto posto come miglior piazzamento di tappa (foto Inma Conesa)
Aimonetto è stato il migliore dei suoi con un quarto posto come miglior piazzamento di tappa (foto Inma Conesa)

Buon livello

I nomi delle squadre non sono quelli che circolano nelle principali corse internazionali, ma il livello è alto. Proporzionato soprattutto al fatto che la Rostese ha molti ragazzi giovani, alcuni addirittura di primo anno.

«Si correva in sei atleti per squadra, uno in più rispetto al Giro Next Gen – racconta Damilano – non ci sono molte squadre internazionali, ma il livello in Spagna è alto. Di stranieri eravamo: la Uno-X Development, un team portoghese, uno francese e noi. Per i nostri ragazzi è stata una gran bella esperienza e si sono divertiti molto, imparando qualcosa. Non sarà stato il livello più alto che si poteva incontrare, ma per una squadra under 23 come la nostra è importante fare esperienze e fare in modo che i ragazzi crescano.

«Mi piacerebbe tornare qui a farli correre e allenare – conclude Damilano – ho visto i prezzi e fare la preparazione invernale in Spagna non è proibitivo. Poi a febbraio da quelle parti c’è una corsa a tappe di cinque giorni che si può sfruttare come rifinitura. Insomma, il materiale per divertirsi c’è eccome».

Andorra e ritorno, con Bettiol fra Grande Boucle e futuro

20.06.2023
6 min
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Lunedì (ieri), giorno di viaggio. Alberto Bettiol è in auto di ritorno da Andorra, dove ha partecipato assieme a Carapaz all’ultimo ritiro della Ef Education-Easypost prima del Tour. La strada come sottofondo per raccontare come sia passato il tempo fra il Giro d’Italia e la prossima sfida francese. Dal suo ragionare toscano e schietto tira fuori a volte osservazioni di una lucidità impressionante e in altre sembra perdersi lui per primo.

Al Giro ci sei arrivato dopo 40 giorni senza corse e ne sei uscito forte.

Sono andato con l’idea di far fatica, perché purtroppo non mi sono preparato nel migliore dei modi. Invece nella seconda e nella terza settimana mi sono ritagliato i miei spazi. Purtroppo ho saltato la prima parte di stagione e dovevo correre per arrivare al Tour nel migliore dei modi, però volevo cogliere anche l’opportunità del Giro d’Italia per fare bene. Non mi aspettavo di arrivare così vicino a vincere. E a quel punto, quando ci arrivi così vicino e non vinci, poi ti girano le scatole.

Bettiol è arrivato al Giro dopo 40 giorni senza correre, ma nella seconda e terza settimana ha trovato la gamba
Bettiol è arrivato al Giro dopo 40 giorni senza correre, ma nella seconda e terza settimana ha trovato la gamba
Cosa hai fatto nelle settimane successive?

Dopo il Giro sono tornato a casa due giorni, a Lugano, perché Greta doveva lavorare, poi il giovedì siamo andati a Livigno, a Trepalle. E’ stato un mix fra recupero mentale e fisico e allenamento. Poi però mi ha chiamato la squadra. Charlie (Wegelius, diesse del team americano, ndr) mi ha chiesto venire a questo ritiro, che non era in previsione per me, avendo fatto il Giro e dovendo poi andare al Tour. L’obiettivo era di stare tranquillo a Livigno, ma era giusto partecipare. Siamo andati tutti noi del gruppo Tour assieme a Carapaz. Ho preso la macchina e sono partito.

Livigno-Andorra, quasi 1.300 chilometri alla guida…

C’ero già stato l’anno scorso e per il tipo di viaggio, mi veniva meglio guidare. Sono circa 8 ore e l’ho voluto fare, perché comunque Richard, che sarà il nostro capitano, è un bravo ragazzo e un campione. Andiamo al Tour con delle buone prospettive, quindi era giusto dare anche il mio supporto, per quanto piccolo, un segnale. Ci siamo allenati molto bene in questa settimana e mezzo…

Si parla tanto dei 30 giorni fra Giro e Tour, se correre oppure no…

Fra una settimana esatta partiamo per la Francia, questo tempo mi è volato. Il fatto di correre o meno è una scelta abbastanza personale. Mettetevi nei miei panni, dopo il Giro praticamente ho ricominciato un altro Giro. Questo ciclismo va fatto così, altrimenti è meglio non farlo.

In questo ciclismo veloce, spiega Bettiol, è difficile venire fuori bene come Nibali dopo i 30 anni
In questo ciclismo veloce, spiega Bettiol, è difficile venire fuori bene come Nibali dopo i 30 anni
Così, come?

Ti devi completamente annullare e c’è poco tempo per fare altro. Devi dedicarti completamente a questa disciplina. Devi costruirti intorno un ambiente che te lo permette e che ti lasci stare tranquillo. Prima era diverso, il gruppo era come una famiglia. C’era più dialogo, più rispetto, si prendevano le decisioni insieme. Invece ora ci sono mille cose cui pensare, c’è anche più stress.

Perché?

Perché semplicemente ci sono più corridori di quando correva, per esempio Andrea Tafi (padre della sua compagna Greta, ndr), ma anche di quando correva la generazione successiva alla sua, quindi quella di Bartoli e Bettini. Ci sono più corridori, però sempre lo stesso numero di squadre. Ci sono sempre più giovani e giovanissimi che bussano alla porta. E una squadra ci pensa due volte prima di far rinnovare per esempio il contratto a un trentunenne. Io sono a posto fino al 2024, il tema mi riguarderà dal prossimo anno. Nibali ha dichiarato di aver avuto gli anni migliori dopo i trenta, adesso non è più così.

Come ci si difende?

Ho due gambe e due braccia e come tutti, sono umano e mi rendo conto che ho bisogno di stare un po’ a casa tranquillo per ricaricarmi e dare poi il meglio di me al Tour de France. Sono già due o tre anni che non faccio il campionato italiano, senza il ritiro di Andorra sarei andato. Sono il primo a esserne dispiaciuto, anche perché quest’anno sarebbe adatto a me e io sto andando discretamente, però ho preferito così.

Bettiol è professionista dal 2014. Eccolo con Marangoni ai tricolori di quell’anno vinti da Nibali su Formolo
Bettiol è pro’ dal 2014. Eccolo con Marangoni ai tricolori vinti da Nibali su Formolo
A ottobre compirai trent’anni, pensi davvero che cambierà qualcosa?

Come si diceva prima, a trent’anni si è abbastanza… vecchiotti. Mi sento che sono meno gli anni che ho davanti rispetto a quelli che ho passato e questa è una cosa nuova e innegabile, non credo di poter correre per altri 10 anni. Quindi ci si rammarica ancora di più quando si perdono delle occasioni. Ho il senso del tempo che sta per finire e ogni lasciata è persa, mentre prima non ci pensavo, non lo mettevo in conto. Insomma, pensavo di essere eterno. Pensavo che questo ciclismo fosse tutta la mia vita, invece si cresce, si diventa grandi, si ragiona. E adesso mi arrabbio con me stesso quando manco un’occasione. 

A proposito di occasioni, l’anno scorso hai lasciato il Tour con il secondo posto di Mende. Tutto il giorno in fuga tirando per altri, invece eri tu il più forte…

Quella è stata una combinazione di fattori. Non mi aspettavo di andare così forte nel finale. Avevo anche un problema al ginocchio che alla fine è anche passato. E’ andata così. L’anno scorso era un Tour improntato sulla caccia alle tappe, cercavamo di fare punti per il ranking WorldTour. Quest’anno sarà un po’ diverso, almeno in partenza. Andiamo in Francia con l’obiettivo di supportare al 1.000 per mille Richard Carapaz e il discorso delle tappe verrà dopo, qualora lui non ci desse garanzie in classifica.

Quindi tutti allineati e coperti?

La priorità è questa, l’hanno detto da subito. Magnus Cort Nielsen vorrebbe vincere una tappa al Tour e provare a fare tripletta alla Vuelta, ma hanno detto anche a lui che quest’anno si lavora per la classifica. Se però mi daranno carta bianca per un giorno, cercherò come sempre di farmi trovare pronto.

E’ il 16 luglio 2022, 14ª tappa del Tour: a Mende il secondo posto che sa di beffa alle spalle di Matthews
E’ il 16 luglio 2022, 14ª tappa del Tour: a Mende il secondo posto beffardo alle spalle di Matthews
C’è entusiasmo anche nel partire sapendo di dover tirare, con le possibilità individuali così ridotte?

Mi entusiasmo tanto quando c’è da fare il Tour de France, perché ho già visto iI podio di Parigi con Uran nel 2017. Mi emoziono quando un mio compagno vince, è come se avessi vinto io e questo forse è anche un mio limite. Sono molto altruista e a me questa cosa di lottare per la vittoria del Tour o comunque per un podio mi gasa tanto.

Si può dire, parlando di te, che il Tour diventa poi un bel lancio sul mondiale? 

Avevo degli obiettivi chiari quest’anno. Uno era la campagna del Nord, ma purtroppo è saltata perché mi sono ammalato pesantemente. A quel punto è venuto fuori il Giro, ma il Tour è rimasto perché è un obiettivo e anche l’avvicinamento migliore per il mondiale. Ne abbiamo sempre parlato con Daniele (Bennati, ndr), lui ovviamente è a conoscenza di questo ed è molto felice.

E Hindley che fa? Lavora ad Andorra e pensa alla Vuelta

22.07.2022
4 min
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Siamo tutti rapiti dalla Grande Boucle e dal duello Pogacar-Vingegaard, che ieri ha visto forse l’epilogo, ma ci sono grandi campioni anche al di fuori del Tour. Campioni che stanno lavorando in vista del finale di stagione. Qualche giorno fa vi abbiamo parlato di Vincenzo Nibali, per esempio, oggi tocca a Jai Hindley.

Che fine ha fatto la maglia rosa in carica? Come sta lavorando? Dopo la festa di Verona il corridore della Bora-Hansgrohe era un po’ sparito dai radar. Nei giorni successivi alla conquista del Giro d’Italia, le priorità erano due: recuperare e riabbracciare la famiglia che, causa pandemia, non vedeva da due anni.

Ad inizio giugno Jai ha fatto un viaggio per l’Italia con la sua fidanzata. Eccolo a Firenze (foto Instagram)
Ad inizio giugno, Jai ha fatto un viaggio per l’Italia con la sua fidanzata. Eccolo a Firenze (foto Instagram)

Vacanza e famiglia

«Hindley – dice il direttore sportivo che lo ha guidato nel trionfo rosa, Enrico Gasparottodopo il Giro ha fatto un viaggio con la sua fidanzata in giro per l’Italia. Successivamente è tornato nella sua casa europea in Spagna e poi ancora è andato ad Andorra. E proprio lì sui Pirenei è stato raggiunto dai suoi genitori».

Gasparotto giustamente ha lasciato spazio a Jai dopo il Giro. La corsa italiana è stata estremamente dispendiosa sia dal punto di vista fisico che da quello mentale. Lui ed Hindley non si sono sentiti molto.

«Ho preferito lasciarlo in pace. Ci siamo sentiti qualche giorno fa». Bisognava iniziare a riordinare le cose in vista del suo ritorno alle gare.

I tre punti chiave del Giro di Hindley: la vittoria sul Blockhaus, l’imboscata di Torino, il forcing sulla Marmolada (in foto)
I tre punti chiave del Giro di Hindley: la vittoria sul Blockhaus, l’imboscata di Torino, il forcing sulla Marmolada (in foto)

Mito in patria

In Australia il successo di Hindley ha avuto una grande risonanza. Subito si sono scatenati i paragoni con Cadel Evans, primo ed unico ciclista aussie, ad aver vinto un grande Giro prima di Jai.

Si è pensato anche ad una festa per accoglierlo. Il ministro dello sport australiano, David Templeman (della stessa regione di Hindley), vuole organizzare una sorta di parata con le squadre ciclistiche locali, gli ex allenatori, i bambini… al suo atteso ritorno in Australia. E i complimenti al corridore di Perth sono arrivati persino dal Primo Ministro, Mark McGowan.

Tutto questo però non ha scalfito la personalità di Hindley. Anche Gasparotto dice che lui è rimasto sempre tranquillo.

Lavorare a testa bassa e con impegno: resta questo il mantra di Hindley. Sì, ma lavorare per quali obiettivi?

«L’obiettivo è la Vuelta – ha detto Hindley (cosa che confermano sia Gasparotto che il team manager della Bora-Hansgrohe, Ralph Denk) – credo che sarà davvero dura perché il livello in Spagna sarà alto. Ci saranno i corridori del Giro, e molti di quelli che vengono da Tour. E poi perché è la prima volta che farò due grandi Giri nella stessa stagione».

«Jai – dice Gasparotto – ha ripreso ad allenarsi ad Andorra dove ha fatto base per tutta l’estate e dove si trova tuttora. Suo papà, che era suo allenatore da piccolo, lo ha seguito negli allenamenti lassù».

Tra l’altro sembra che Jai abbia fatto un training camp piuttosto duro, con 23 giorni in quota e solo due giorni di riposo.

«Quale sarà il suo programma? Probabilmente – spiega il diesse friulano – rientrerà a San Sebastian e poi dovrebbe correre alla Vuelta Burgos e quindi andare alla Vuelta».

Ad Andorra si è allenato anche con il compagno Higuita, con il quale dovrebbe condividere la leadership alla Vuelta (foto Instagram)
Ad Andorra si è allenato anche con il compagno Higuita con il quale dovrebbe condividere la leadership alla Vuelta (foto Instagram)

Vuelta, mondiale, Tour

Ma la programmazione di Hindley va anche oltre la grande corsa spagnola. E ci va per due motivi. 

Il primo. Il mondiale si corre a “casa sua”, in Australia, e anche se il percorso non è adatto alle sue caratteristiche è lecito pensare che la maglia rosa voglia esserci e che la nazionale australiana lo voglia schierare.

Il secondo motivo. Per andare al mondiale, per forza di cose Jai dovrà tornare in Patria e potrà godersi finalmente l’accoglienza promessa dalle Istituzioni.

Quest’ultimo non è un tassello da poco per chi ci ha lavorato tanto sin da bambino. E servirà alle istituzioni stesse, grazie alle cui borse di studio (erogate persino quando era all’estero), Hindley ha potuto seguire la sua strada. Sarà un po’ come chiudere il cerchio.

«Sì, dovrebbe fare il mondiale – conferma Gasparotto – per poi rientrare in Europa ad ottobre, giusto in tempo per la presentazione del Giro 2023».

Hindley però ha messo le mani avanti. Il Giro è la corsa che lo ha lanciato al grande pubblico nel 2020 e che lo ha consacrato quest’anno, ma ad un media australiano (ABC News), ha ammesso che nel 2023 vorrebbe fare il Tour.

«L’anno prossimo – ha detto Hindley – mi piacerebbe essere al Tour. Che si tratti di aiutare qualche compagno o di andarci da leader, vorrei scoprire questo evento e imparare il più possibile. E’ un’esperienza che mi serve per capire davvero cosa posso fare al livello più alto del ciclismo».

Mas ad Andorra ha messo il Tour nel mirino

29.05.2022
5 min
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Non c’è solo il Giro. Fuori da qui si lavora alacremente verso il Tour, che sembra lontano, ma è dietro l’angolo. Se non altro perché il 5 giugno comincia il Criterium du Dauphinée e il 12 il Giro di Svizzera, banco di prova per i pretendenti alla maglia gialla, giunti agli ultimi giorni di altura. Fra loro c’è Enric Mas, leader spagnolo del Movistar Team che a 27 anni sta vivendo una stagione cruciale.

Mas si è preparato per il Delfinato e poi il Tour ad Andorra
Mas si è preparato per il Delfinato e poi il Tour ad Andorra

Questione di esplosività

Non fate caso alle vittorie, poiché non ce ne sono state. Andate però a guardare i piazzamenti. Il settimo posto a Bellante e l’ottavo l’indomani a Fermo, durante la Tirreno-Adriatico. Il doppio quinto posto al Giro dei Paesi Baschi (senza la caduta sarebbe forse salito sul podio). E le Ardenne corse da protagonista in appoggio di Valverde. Il corridore di Mallorca ha scoperto una brillantezza inedita, merito dei lavori specifici svolti dopo anni di allenamento poco approfondito, per non dire casuale. E così, dopo una primavera in cerca dell’esplosività perduta, Mas si è rimesso con la testa e le gambe sulle salite lunghe, con la supervisione di Leonardo Piepoli che da quest’anno ne segue il lavoro.

E noi a lui ci siamo rivolti, per fare il punto su uno dei pochi corridori su cui la Spagna può puntare per le classifiche generali, ora che Valverde pedala verso il ritiro.

Come procede il lavoro?

Direi bene, anche se in ritiro Enric si è ammalato e ha perso quattro giorni di lavoro. E’ il corridore ideale con cui lavorare. Quando sei da qualche anno in questo mondo, ci sono frasi dalle quali puoi capire come finirà la carriera dell’atleta che hai davanti. Lui domanda cosa deve fare, quando dovrà andare in altura e quando dovrà ripartire. Non ha mai chiesto di fare meno. Crede nelle sue potenzialità, ma a questo punto la responsabilità passa a me. Non posso sbagliare, perché allo stesso modo in cui mi ha accettato, potrebbe cancellarmi.

Dicesti che stando ai dati, sembrava si allenasse poco…

L’ho detto anche a lui. Che era sbalorditivo che arrivando ai Giri con così poco lavoro, avesse le doti per crescere regolarmente di condizione sino alla fine.

Sugli arrivi più ripidi della Vuelta, contro Adam Yates e Roglic, Mas ha mostrsto nuova esplosività
Sugli arrivi più ripidi della Vuelta, contro Adam Yates e Roglic, Mas ha mostrsto nuova esplosività
Arriva bene al Tour?

Direi di sì. In questo ritiro prima del Delfinato ha ripreso a lavorare sulle salite lunghe. Prima avevamo puntato a colmare la lacuna negli sforzi brevi e intensi. Ha fatto l’altura ad Andorra, comodo anche per i corridori che vivono lì, perché si trovano vicino alle famiglie.

Salite lunghe?

Tanta resistenza e la giusta quantità di lavori specifici. So che alcuni non fanno lavori, ma propongono allenamenti sempre tirati. E’ vero quello che vi ha detto Moser, osservo quello che fanno gli altri. Molti si allenando dando semplicemente gas, un metodo che secondo me va contro gli studi di fisiologia. Facevano così i russi: il fenomeno veniva fuori e gli altri si perdevano. Io provo a ottenere il meglio per ognuno. Freire con il suo mal di schiena non avrebbe mai vinto le Sanremo e i mondiali, se avesse dovuto lavorare a quel modo.

Ai Paesi Baschi, Mas ha perso il podio per una caduta e ha chiuso al 9° posto
Ai Paesi Baschi, Mas ha perso il podio per una caduta e ha chiuso al 9° posto
Quindi mantieni le ripetute?

La ripetuta serve a dare un carico adeguato, per migliorare nel tempo. Mi rendo conto che atleti come Pogacar e Van der Poel lavorano diversamente, ma hanno un margine di errore così ampio, che non se ne accorgono nemmeno. Come quando tutti volevano andare agili, perché Armstrong girava a quel modo. O quando tutti andavano duri per imitare Ullrich e Bugno. Ognuno ha le sue idee. Io cerco di mettere l’intensità a inizio salita e poi si va sulla parte aerobica.

Cosa dice Mas davanti a miglioramenti così evidenti?

Si è accorto del cambiamento lo scorso anno a Jaen, alla Vuelta. Arrivò secondo a 3” da Roglic, su una rampa che gliene sarebbe costati 30. Quando ho iniziato a lavorare con lui, dissi che mi sembrava banale dover lavorare sull’esplosività. Faceva una gran fatica per guadagnare 20” sulle salite lunghe e poi li perdeva su strappi di pochi chilometri.

Più brillante alla Liegi, chiusa nel gruppo alle spalle di Evenepoel
Più brillante alla Liegi, chiusa nel gruppo alle spalle di Evenepoel
Cosa possiamo aspettarci al Delfinato?

Può andare benino, è certamente un esame, ma non mi aspetto che vada forte. Tra il Delfinato e la prima tappa di montagna del Tour, a La Planche des Belles Filles, c’è quasi un mese. Per fare una buona classifica, Mas deve arrivarci con la stessa condizione della Tirreno o dei Baschi. E se la trova per il Delfinato, è sicuro che poi calerà.

La Movistar ha fatto ricognizioni sulle tappe del Tour?

Hanno fatto un primo giro sui Pirenei. Anticiperanno di un giorno la partenza per il Delfinato per vedere il Col du Granon e l’Alpe d’Huez. E faranno in questi giorni la tappa di Foix, ancora sui Pirenei, partendo da Andorra in un giro di 200 chilometri.

Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Ti risulta che anche Mas abbia rischiato di finire in un’altra squadra?

Credo che possa aver ricevuto delle offerte, come sono certo che la sua idea sia sfruttare le proprie chance. Il peggior risultato in una corsa a tappe è stato il sesto posto. Secondo me fa bene a provarci.

Convinto, gasato, Pasqualon: «Al mondiale voglio esserci»

07.08.2021
4 min
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«Con Cassani ne ho parlato anche al Giro, gliel’ho detto che ero interessato al mondiale». Andrea Pasqualon come sempre va diretto al nocciolo della questione. Il corridore della Intermarché Wanty Gobert è davvero carico, convinto e motivato per questa lunga striscia di gare di fine stagione.

Salita, lavori persino con la bici da crono, la ricerca del ritmo gara, chilometri su chilometri e un sogno: la maglia azzurra ai prossimi mondiali di Leuven, nelle Fiandre. E per lui che corre da cinque stagioni una squadra belga non è cosa da poco.

Per Pasqualon un buon Giro. Poi un lungo periodo di stacco e la ripresa al Tour de Wallonie
Per Pasqualon un buon Giro. Poi un lungo periodo di stacco e la ripresa al Tour de Wallonie
Andrea come va? Sei in procinto di partire per…

Per la Polonia, faccio il Giro di Polonia e non la Vuelta. Una scelta fatta anche in ottica mondiale.

Davvero? Ma non eri inserito nella lista Vuelta?

Sì è vero, ma alla fine ho deciso di andare in Polonia e fare tutte quelle gare in Belgio come Brussels Cycling Classic, Benelux Tour… che sono funzionali al mondiale che è una gara adatta a me quest’anno. Quindi ho preferito scegliere delle corse “fac-simile”.

E ormai tu lassù inizi ad essere di casa…

Eh sì, quelle strade le conosco bene. E anche il percorso del mondiale è bello. Tanto bello. L’ho visto. Ho fatto tre volte la Freccia del Brabante e conosco anche la salita in pavè prima dell’arrivo (quella dentro Leuven, ndr). E’ un percorso da uomini da classiche del Nord. Un percorso per il quale il corridore deve avere una grande gamba per i tanti chilometri da fare, ma deve anche saper limare, tantissimo, adattarsi al meteo…

In effetti noi che lo abbiamo visto possiamo dire che sembra proprio così…

Sì, è un mondiale aperto non come in altre volte in cui sai che può vincere un solo corridore, non so uno scalatore. Qui c’è spazio per tanti: per uomini di fondo, per passisti, per velocisti che tengono in salita… 

Quindi un percorso per?

Per Colbrelli – risponde secco Pasqualon – e a me piacerebbe esserci. Al Giro ne ho parlato con Davide (Cassani, ndr). Gliel’ho lanciata là. Gli ho detto che lo avrei preparato, che secondo me era adatto alle mie caratteristiche. E poi guardate che sono pochi i corridori italiani che sanno andare forte lassù. Basta guardare gli ordini di arrivo. Basta decidere su questi nomi: Moscon, Bettiol, Colbrelli, Ballerini, Trentin… e pochi altri.

Molta altura ad Andorra (dove vive) per Pasqualon
Molta altura ad Andorra (dove vive) per Pasqualon
E Nizzolo?

Nizzolo va fortissimo, ma a quel punto con Colbrelli e Trentin non porterei un terzo capitano. Nizzolo, Trentin Colbrelli: chi si sacrifica per l’altro?

Quindi tu vuoi esserci per aiutare?

Io voglio esserci per dare il mio supporto. E’ difficile essere capitano. Se poi dovessi essere davanti nel gruppo giusto potrei dire la mia. Ma se c’è da prendere aria, andare in fuga… io ci sono.

Però, ti sentiamo bello grintoso! Anche nel tono… Forte!

Sono convinto! Sono sempre rimasto fuori dalle nazionali di Davide e mi piacerebbe esserci.

E qual è la tua condizione?

Ho fatto molta altura. Adesso voglio andare al Polonia per “portare fuori” una buona gamba in vista delle corse in Belgio. Certo, Cassani darà un’occhiata alla Vuelta, ma spero lo dia anche alla Brussels Cycling o al Benelux Tour che sono gare più in linea con il mondiale. E poi io penso che chi va alla Vuelta dovrebbe ritirarsi prima dell’ultima settimana (almeno) per essere fresco a Leuven. Anche per questo io non ci sono andato. Ritirarmi non è nel mio stile. Non voglio essere quel tipo di velocista. Preferisco fare altre gare.

Pasqualon è convinto che per correre al Nord è meglio non perdere l’attitudine con certi tipi di percorso
Pasqualon è convinto che per correre al Nord è meglio non perdere l’attitudine con certi tipi di percorso
Forse la Vuelta può essere meno incisiva perché parliamo di un mondiale veloce. Se fosse stato duro tipo quello di Innsbruck sarebbe stato diverso…

Ci sta, assolutamente. A Leuven servirà una gamba potente. Bisogna tirare il rapporto e la gamba deve essere piena, esplosiva, cose che ti possono dare le brevi corse a tappe, non devi sfinire il muscolo. Per me meglio fare gare che ti lanciano in quell’ottica, in cui sai entrare nel pavé, sai sgomitare. Poi è chiaro che Trentin possa venire dalla Vuelta. Matteo non ha fatto né il Giro, né il Tour. Nel suo caso la corsa spagnola è un’opportunità.

A proposito di Giro, tu lo hai fatto e in ammiraglia c’era Valerio Piva. Il vostro diesse lo abbiamo visto meno in questa seconda parte di stagione. Come mai?

Valerio ha fatto il Giro e farà la Vuelta. Sono tanti diesse ed è normale che ruotino. Ma la sua presenza al Giro credo si sia vista: abbiamo ottenuto una vittoria, molti piazzamenti ed eravamo sempre nelle fughe. E’ un diesse in gamba, un gran motivatore ed è convinto di quello che fa. Questa cosa l’ho notata al Giro. Una persona così è quello che ci mancava.