Il Tour e la Vuelta hanno già presentato il percorso 2025, il Giro d’Italia solleverà il velo lunedì a Roma. In attesa di sapere quali saranno le salite clou della corsa rosa, e soprattutto la sua Cima Coppi, in Francia e Spagna spiccano gli inserimenti del Mont Ventoux e dell’Alto de Angliru, due autentici mostri sacri. Qual è l’approccio di un corridore di fronte alla montagna-icona di un Grande Giro? Provare a immaginare che cosa significa sapere di dover affrontare una montagna imponente sia per caratteristiche che per storia e tradizione. Certo, ci sono tante altre salite prestigiose e noi con la corsa rosa lo sappiamo bene, ma Ventoux e Angliru, in confronto alle altre delle due corse estere, hanno un sapore particolare.
Salite da affrontare mentalmente
Stefano Garzelli le conosce bene e le ha viste anche da osservatore. Conosce lo spirito che pervade la mente di chi deve superarle solo con la forza delle proprie gambe. In attesa di conoscere quali saranno nel dettaglio le grandi salite della prossima edizione del Giro d’Italia, parliamo dei “mostri” che i corridori si troveranno ad affrontare nelle altre due grandi corse del 2025.
«E’ un tema interessante – ammette Garzelli – che riporta alla mente tanti ricordi anche se io personalmente conosco bene l’Angliru e il Ventoux l’ho affrontato solo parzialmente. Ma parliamo di salite talmente famose che sono davvero sulla bocca di tutti».
Com’è il Ventoux?
Innanzitutto dal punto di vista geografico: è una montagna che non fa parte di Alpi, Pirenei, Massiccio Centrale, è davvero a sé stante e lo è anche tecnicamente. Perché a dir la verità non ha grandissime pendenze, di per sé è piuttosto facile, ma in quel caso influiscono tantissimo le condizioni atmosferiche. Il vento laterale diventa un ostacolo pesantissimo per la mancanza di vegetazione e può scatenare la bagarre. Poi c’è il fattore caldo, il sole che picchia d’estate e proprio l’assenza di ombra è un fattore. Per carità, non sono più gli anni Sessanta e i tempi di Simpson, ma un influsso sull’evoluzione della corsa lo può avere.
A te piace?
Mi affascina per certe caratteristiche che ha, come il suo paesaggio lunare, il panorama che ti trovi improvvisamente di fronte. Ripeto, non è una scalata lunghissima e impegnativa come pendenze, ma va affrontata con molta attenzione, perché può fare danni e in tanti lo sanno, ci sono cascati.
Quanto può essere utile l’apporto della squadra per quel capitano che punta, per la classifica generale o anche solo per il prestigio della tappa, a un risultato importante?
Moltissimo, proprio perché siamo in presenza di una scalata dove il vento può giocare un ruolo essenziale. Due-tre gregari che ti accompagnano il più possibile, che ti proteggono dalle folate soprattutto laterali possono essere in alcuni casi decisivi soprattutto se sei in crisi e non devi perdere eccessivamente terreno.
Che cosa dici invece dell’Angliru?
Ecco, questa invece è una scalata che non ho mai amato. E’ tosta davvero, una di quelle che ami oppure odi e io faccio parte della seconda categoria. Le sue pendenze oltre il 20 per cento sono pane per scalatori puri. Anzi è forse una delle poche salite rimaste che mette ancora in evidenza chi ha caratteristiche fisiche e tecniche per emergere in salita. Perché devi stare sempre sui pedali, non riesci ad andare su di ritmo come fanno i passisti, vai avanti a 7-9 chilometri l’ora anche se sei un professionista. Lì rischi davvero la giornataccia che ti butta fuori dalla classifica.
In questo caso quanto conta il team?
Poco perché su quelle pendenze sei solo con te stesso e con le tue gambe. Se ne hai puoi anche fare la differenza, ma io dico sempre – e questo vale anche per il Ventoux – che su salite del genere la grande corsa forse non la vincerai, ma sicuramente puoi perderla…
Qual è l’approccio psicologico a salite del genere, nella mente di un corridore impegnato in un Grande Giro fanno ancora la differenza, nel senso che ci pensi sin dalla prima giornata?
Sì, considerando che una corsa di tre settimane la devi affrontare e vivere prima di tutto di testa. Devi imparare a non soffrire la “giornata clou”, quella attesa da tutti. Anche per questo certe salite si affrontano prima della grande corsa, si va a esplorarle anche se le hai già affrontate più volte in carriera, perché un ripasso della memoria fa sempre bene e scaccia fantasmi. Se l’assimili al meglio sei avvantaggiato.
Scatenano tensione?
Più che tensione, emozioni contrastanti. Ma non solo in corsa, anche quando ci vai in ricognizione, all’inizio sei sempre un po’ più nervoso del solito. Poi, pedalando, inizi anche a godertela, ti tornano in mente passaggi, cominci a costruirti nella mente la tattica per il “grande giorno”. A me piaceva, quella settimana precedente il Giro o il Tour per entrare in sintonia con le grandi salite.
C’è differenza nell’approccio tra chi ci punta per la classifica e chi vuole fare il colpo a sensazione?
No, anche perché in salite del genere è ben difficile che riesca a emergere chi non è direttamente interessato alla classifica. D’altronde queste tappe sono inserite in momenti strategici, l’organizzatore stesso ha interesse che su quelle strade siano coloro che lottano per il simbolo del primato a emergere. E’ comunque vero che quando metti quella data tappa nel tuo mirino, ti giochi tutto. Io nel Giro 2004, quando ormai non guardavo più alla classifica, avevo scelto la tappa del Mortirolo e della Presolana, l’avevo detto che attaccavo lì e lo feci. Alla fine arrivai con Simoni che battei allo sprint, avevo tenuto fede ai miei propositi.
Del Tour tutti sanno quali, oltre al Ventoux, sono le grandi salite presenti anche in questa edizione, della Vuelta si parla sempre meno, ma per te che oltretutto conosci bene la realtà spagnola quali sono gli altri spauracchi oltre l’Angliru?
Innanzitutto Lagos de Covadonga, ma nel complesso tutte le salite delle Asturie sono molto dure e fanno spesso la differenza. E’ sbagliato però pensare che ci si giochi tutto al Nord, sui Pirenei. Al centro ad esempio c’è Navacerrada, quest’anno alla ventesima tappa sarà l’esame forse decisivo, la salita che Contador amava più di tutte. A sud Sierra Nevada, dove ai 1.500 metri c’è il centro di alto rendimento. Quest’anno ci sarà addirittura una crono di 28 chilometri tutta in salita…
E che ricordi hai del Ventoux?
Al Ventoux non ero in una giornata eccezionale, ricordo tanta fatica per venire su proprio perché faceva caldo. Per me il Tour è identificabile più con il Galibier, dove vinsi il mio unico premio al Tour per essere transitato primo davanti a Jalabert. Anche quella è una salita simbolo che mi ha lasciato un bel ricordo. E un trofeo al quale tengo particolarmente.