Primo Fiandre in fuga, Romele e il sogno di una vita

09.04.2025
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OUDENAARDE (Belgio) – «Penso che l’obiettivo principale l’ho raggiunto. Per tutto quello che è venuto dopo, anche in accordo con la squadra e avendone parlato con i direttori, penso si possa essere contenti. Il rimpianto potrebbe essere non aver finito il Fiandre. Però se penso al bambino che la sognava fin da piccolino, posso dire di averne avuto un piccolo assaggio, anche fosse essere passato per primo sul Qwaremont (foto di apertura, ndr). E poi in futuro si vedrà».

La fuga di Romele al Fiandre potrebbe sembrare un racconto scontato, ma se foste stati lì e gli aveste visto brillare gli occhi, capireste che di banale nel viaggio di questo ragazzo c’è veramente poco, se non la considerazione di chi potrebbe ritenerlo tale. Noi lo abbiamo vissuto da vicino prima e dopo, seguendo il durante attraverso il maxi schermo della sala stampa. E alla fine lo abbiamo raggiunto con mille domande.

Ti sei ripreso?

Tutto okay, grazie. C’è voluta una buona giornata di riposo lunedì, senza fare nulla, ma ieri sono già tornato in bici. Non so da quanto sono qua, ho perso il conto dei giorni. Ho fatto la Nokere Koerse (19 marzo, ndr) e non me ne sono più andato. Domenica farò anche la Roubaix, non era nel programma, ma abbiamo deciso così. Un po’ per scelta tecnica e un po’ perché, tra un infortunio e una malattia, servivano corridori. Io però sono super contento della decisione della squadra.

Allora facciamo due passi indietro: che cosa hai pensato quando ti hanno detto che avresti fatto il Fiandre al primo anno da pro’?

Era dicembre ed è stato a particolare. Mi hanno consegnato il programma e mi sono messo a scorrerlo. Nella prima parte ho visto la Strade Bianche e già lì ero super emozionato. Poi ho continuato a scendere e ho letto Gent-Wevelgem. Mi sono detto: bella la Gent, l’ho fatta da U23. Vado oltre e leggo Dwars door Vlaanderen e Ronde. Lo rileggo e chiedo: la Ronde sarebbe il Fiandre? Siete sicuri?

E loro?

«Sì, sì – mi hanno risposto – vogliamo fartela fare. Sappiamo che è super dura, probabilmente la corsa più dura e più importante che avrai quest’anno in calendario». Diciamo che mi hanno dato questa grande opportunità. Nella campagna del Belgio, tutte le corse sono importanti, ma il Fiandre è un’altra cosa.

Ecco Romele al via del suo primo Fiandre: la Piazza del Mercato di Bruges è stracolma
Ecco Romele al via del suo primo Fiandre: la Piazza del Mercato di Bruges è stracolma
Torniamo a un passato più recente: nella riunione del sabato ti hanno detto che dovevi andare in fuga?

In realtà no. Ero stato designato come uomo squadra assieme Gazzoli e a Toneatti. Dovevamo tenere coperta la squadra il più possibile, lavorare nei nostri punti, nei nostri ingressi nei vari settori di pavé. Ovviamente se andavano via 20 corridori, non si poteva non essere dentro. La proposta di andare in fuga a qualsiasi costo l’ho lanciata io e devo dire che alla fine è stata accolta bene. Mi hanno detto che effettivamente poteva avere un senso per la squadra e da quello spunto è nata anche la decisione di Ballerini di anticipare il suo attacco. Quindi penso che alla fine sia stata una scelta che ha anche ripagato.

Scendere dal pullman, pedalare lungo quella strada e arrivare nella piazza del mercato di Bruges…

Fa specie, perché ti rendi conto di quanta gente c’è. Non sai il numero, ma sentire che solo alla presentazione erano stimate 30-35 mila persone, fa venire la pelle d’oca. Sei su quel palcoscenico in mondovisione, qualcosa di paragonabile forse a un Tour de France. E poi, proprio a livello di gente, sentivi questa enorme vicinanza al mondo del ciclismo. Dei miei amici erano qua e si sono fatti qualche giro nei bar e c’era un’atmosfera quasi da festa nazionale. E’ proprio la percezione del ciclismo che è diversa: lo senti e lo vedi, lo vivi.

Sono servite decine di scatti perché la fuga giusta prendesse il largo
Sono servite decine di scatti perché la fuga giusta prendesse il largo
Come è nata la fuga?

Impossibile prenderla, è stato veramente difficilissimo. Ho impiegato una quantità elevatissima di scatti e di energie. La partenza del Fiandre ha tutta una serie di elementi pericolosi che ci sono nelle città del Belgio. Spartitraffico, aiuole, siepi, isole del traffico che rendono la partenza più nervosa e pericolosa. Però dai ero lì e volevo andare in fuga fin dall’inizio. Penso che questa cosa mentalmente mi abbia aiutato a non fare trasparire le emozioni col rischio di perdere completamente il filo.

Che effetto fa passare da primo del Fiandre, con tutta quella gente? E’ vero che le forze si moltiplicano?

Si percepiva la spinta della gente, si sentiva. Parlavo con Cucinotta che mi seguiva con la seconda ammiraglia e quando ha visto che mi stavo avvantaggiando, ha cominciato a urlarmi via radio che li stavo staccando. Eppure era una cosa involontaria. La presenza della gente era enorme in uno spazio relativamente piccolo, perché la strada lì è veramente stretta. Poi mettiamoci anche l’emozione, perché sicuramente ero lì che mi godevo tutta quella gente. Mai mi sarei aspettato una cosa del genere. Pensavo al tifo e a tanta gente, ma così tanto è difficile anche da spiegare. E’ quasi inconcepibile che ci sia tanto casino da far vibrare tutto il corpo. Era veramente qualcosa di fuori di testa che non ho mai vissuto e ho ancora i brividi nel raccontarlo.

Correre fra due ali di pubblico rumoroso ha moltiplicato le forze
Correre fra due ali di pubblico rumoroso ha moltiplicato le forze
Quando hai saputo che stava arrivando Ballerini, hai chiesto di aspettarlo?

In un primo momento si stava avvicinando tutto il gruppo, quindi assieme ai ragazzi della fuga abbiamo accelerato fino a riportare il vantaggio intorno ai 2’40”. Poi è arrivato il Molenberg di cui avevamo parlato la sera prima. Mi ero riguardato la corsa del 2024 e quello era stato il punto in cui il gruppo si era spaccato e da dietro erano rientrati. Non sapevo che Ballerini si fosse avvantaggiato e quando è arrivato ho sperato di potergli dare una mano.

Invece sono arrivati i crampi, come mai secondo te?

Non sono venuti perché avessi bevuto poco, quello ormai è difficile. Il crampo arriva e ti ferma, difficilmente continui. Dipende dalla tipologia, ma quella è stata una tensione al muscolo dovuta allo sforzo. Non credo alla carenza di carboidrati, su quel fronte ero a posto. Secondo me è stato tutto lo sforzo fatto all’inizio e magari anche il fatto che sono passato primo sul Qwaremont. Mettiamo tutto assieme, mettiamoci i chilometri che erano già 200 e prendiamola come esperienza.

Quando hai realizzato che ti dovevi fermare, è stato come avere la morte nel cuore?

Quando sono stato raggiunto dal gruppo, ho capito che non sarebbe stato neanche troppo utile per la squadra che io finissi in fondo, cercando di rimanere a galla. Piuttosto meglio aiutare Teunissen e Bol a stare davanti all’ingresso dei settori che arrivavano. Finché sono rimasto senza energie, non avevo più nulla da dare. E probabilmente questa cosa, il fatto che avessi finito tutto quello che potevo, mi ha fatto stare bene anche con me stesso.

Gazzoli e Romele alla fine del viaggio: uno 72° all’arrivo, Romele purtroppo ritirato
Gazzoli e Romele alla fine del viaggio: uno 72° all’arrivo, Romele purtroppo ritirato
Quanto è importante conoscere i muri del Fiandre?

Fa la differenza e per questo sono stato ripreso dai ragazzi. Bol una volta si è un po’ arrabbiato, e aveva ragione, perché non ne sapevo proprio nulla, non sapevo dove passasse la corsa. Da piccolino le guardavo, ma solo gli ultimi 30 chilometri. Invece per capire davvero una corsa, c’è da studiare. E così ho iniziato a concentrarmi guardando il percorso al computer su VeloViewer.  Da un lato lo schermo e accanto l’elenco delle salite. Tutto per essere consapevole delle cose e alla fine devo ringraziare i ragazzi perché mi hanno quasi obbligato a studiare e mi hanno anche aiutato a conoscere, capire e interpretare bene anche dinamiche tipiche di queste corse.

Quando hai riacceso il telefono, hai ricevuto più messaggi che dopo qualunque altra corsa della tua carriera?

Secondo me sì. Adesso sto cercando di limitare un pochettino, però subito dopo la corsa tendo sempre a rivedere i messaggi. Anche per capire se ho lasciato un qualcosa o se quello che ho fatto ha avuto un po’ un senso. Voglio una sorta di conferma mia e ammetto che ho avuto parecchi messaggi, da quelli che mi conoscono sin da quando correvo da ragazzino. Ma alla fine i messaggi importanti sono più quelli stretti, quelli della famiglia.

Che cosa hai imparato da questo Fiandre?

Non nascondo che mi abbia lasciato tanto, quindi penso che a livello di caratteristiche possa entrare tranquillamente fra le corse cui potrei ambire e che per ora si possono solo sognare. Ammetto che mi è piaciuto, mi ha sfinito. E mi ha anche emozionato tanto.

Elisa Romele, una giovane nutrizionista al battesimo sul campo

07.04.2025
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RICCIONE – Il programma scouting della MBH Bank Ballan CSB Colpack è sempre di primissimo ordine e non si limita solo agli atleti. Funziona anche sulle figure che lavorano a stretto contatto o dietro le quinte. Ed è così che conosciamo Elisa Romele al seguito della squadra come nutrizionista alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali.

Dopo la linea del traguardo di ogni tappa, la sorella maggiore di Alessandro (pro’ della XDS Astana, che giusto ieri ha debuttato al Giro delle Fiandre) era già posizionata assieme ai massaggiatori del team continental italiano per dare le prime assistenze ai propri corridori.

«Oggi i ragazzi hanno preso pioggia tutto il giorno – ci spiega Elisa prima dell’arrivo mentre ha in mano le bottigliette di integratori – e per loro abbiamo preparato diversi passaggi per recuperare lo sforzo. Berranno subito una di queste, poi quando arriveranno al minivan per una bella doccia calda berranno un altro preparato liquido e poi mangeranno ciò che gli abbiamo già preparato. Se si riesce a sfruttare la finestra metabolica dei tre quarti d’ora dopo lo sforzo è meglio, ma bisognerà vedere se i ragazzi arriveranno molto infreddoliti o meno perché potrebbero metterci più tempo a scaldarsi e quindi mangiare».

Raccogliamo volentieri l’assist delle parole di Elisa e anche quello del diesse Gianluca Valoti che ci aveva anticipato la sua presenza, per conoscerla meglio.

Partiamo con una veloce introduzione di Elisa Romele.

Ho ventiquattro anni, due in più di mio fratello Alessandro. Mi sono laureata lo scorso novembre in dietistica alla facoltà di Medicina all’Università di Brescia. Essendo diabetica da giovanissima, ho sempre avuto interesse nell’alimentazione. Fin da piccola questo tema mi ha appassionata e l’ho unito al ciclismo. Ho corso fino ai G3, poi sempre a causa del diabete mi avevano consigliato di smettere. Adesso mi sto approcciando a questo mondo delle gare, cercando di capire com’è.

Hai preso una sorta di ispirazione ulteriore vedendo Alessandro correre?

Col passare degli anni, seguendo mio fratello alle corse, ho preso spunto per approfondire certi argomenti studiati all’università. Specialmente quando correva in Colpack, guardavo ciò che mangiava e l’ho usato come cavia per sperimentare ciò che ha avevo imparato (dice sorridendo, ndr). Gli avevo aumentato i carboidrati ad esempio.

E com’è andata?

Direi bene. Dopo due gare in cui aveva iniziato a seguire questo nuovo metodo di alimentazione, Alessandro ha vinto la sua prima gara (la Coppa Zappi ad aprile 2023, ndr). Non so se era stata una casualità, però da quando lui aveva iniziato a fare più attenzione alla sua alimentazione, aveva notato miglioramenti sia a livello muscolare che in termini di risultati.

Alessandro Romele vince la Coppa Zappi nel 2023. Dietro la sua prima vittoria con la Colpack, ci sono i consigli di Elisa (foto Rodella)
Alessandro Romele vince la Coppa Zappi nel 2023. Dietro la sua prima vittoria con la Colpack, ci sono i consigli di Elisa (foto Rodella)
Tu sei molto giovane, hai seguito dei quasi coetanei e solitamente la tua figura è ricoperta da persone un po’ più grandi. Com’è stato il rapporto con la squadra? Ti hanno ascoltato i ragazzi?

E’ vero, gli atleti si aspettano gente più esperta. E magari si può pensare che non rispettino il ruolo o la credibilità vista la mia età in questo caso. Sono alla mia primissima esperienza in questo ambito ed è una prova anche per me, ma io ho avuto la fortuna di trovare un gruppo di ragazzi molto disponibili. Mi hanno ascoltato ed anzi, ci siamo confrontati. Mi hanno aiutato a scoprire qualcosa di nuovo.

Cosa ad esempio?

Per l’integrazione in gara ho chiesto pareri ai corridori. Essendo al seguito della squadra, chiedo come sia meglio partire per una tappa, scoprendo una strategia pratica ancora più efficace rispetto alla teoria. Successivamente io poi cerco di perfezionare la teoria con la pratica, proponendola ai ragazzi.

Al mattino si guardano gli ultimi dettagli?

Più o meno. Nelle riunioni pre-gara parliamo di quanti carboidrati all’ora bisogna prendere. Per le tappe della Coppi e Bartali, che sono state quasi tutte mosse ed alcune col brutto tempo, in media siamo stati sui 120 grammi di carboidrati all’ora, ma è molto soggettivo. C’è chi ne mangia anche di più, però dipende da quanto questi ragazzi sono riusciti ad allenare l’intestino a riceverli. Quello è un altro aspetto fondamentale.

Elisa Romele durante la Coppi e Bartali ha preparato l’integrazione post gara anche in base al meteo
Elisa Romele durante la Coppi e Bartali ha preparato l’integrazione post gara anche in base al meteo
Immaginiamo che sia stato importante anche l’apporto del resto della squadra, che si è fidato di te.

Sono giovane ed è difficile trovare chi ti dia spazio. Gianluca (Valoti, ndr) è stato bravissimo, mi ha aiutato nell’inserimento e sa lavorare molto bene con i giovani. Ringrazio lui e tutta la squadra per avermi concesso questa grande opportunità sul campo in cui mi sono messa in gioco provando qualcosa di più.

Rivedremo Elisa Romele alle prossime corse?

Al momento avevamo stabilito solo la Coppi e Bartali, ma ne riparleremo nei prossimi giorni per capire se hanno avuto benefici o meno. E quindi per capire se anche loro hanno bisogno di una figura fissa per tutta la stagione. Attualmente sto finendo il master, poi la mia idea sarebbe quella di aprire uno studio e collaborare con qualcuno. Questo intanto è stato un ottimo inizio.

Romele a scuola di Nord, prima lezione: “l’effetto lavatrice”

15.03.2025
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Fin da quest’inverno, da quando è passato alla formazione WorldTour della XDS Astana Team, Alessandro Romele è entrato di diritto nel roster delle Classiche. Un lavoro iniziato a dicembre e che ora entra nella sua fase calda e viste le prime esperienze messe alle spalle siamo andati direttamente dal ventunenne nato sulle sponde del Lago di Iseo per farci raccontare tutto. Lo raggiungiamo mentre sta lavando gli scarpini, di Romele negli anni abbiamo imparato a conoscere la sua meticolosità, caratteristica che riporta anche quando pedala.

«In questo periodo sto bene – racconta – abbiamo fatto un bel lavoro in altura con Vasily (Anastopoulos, ndr) il preparatore del team. Con i quattro ragazzi destinati a fare tutto il blocco delle Classiche: Ballerini, Bettiol, Bol, Teunissen e io. Dopo l’esordio all’AlUla Tour, che non era previsto, ci siamo diretti subito verso il Teide per preparare le gare del Nord.  

Prima dell’esordio al Nord Romele e compagni sono stati in ritiro tre settimane sul Teide
Prima dell’esordio al Nord Romele e compagni sono stati in ritiro tre settimane sul Teide

Lavori in corso

Tre settimane girando sulle strade dell’isola vulcanica costruendo la gamba per arrivare pronto all’Opening Weekend, il fine settimana di Omloop Nieuwsblad e Kuurne-Brussel-Kuurne. 

«Abbiamo fatto un bel incremento rispetto allo scorso anno – continua Romele – parlo soprattutto visto che sono passato dal team under 23 al WorldTour. Il più grande cambiamento è sulla qualità, con molta forza fatta in un modo molto più intenso con wattaggi molto alti a cadenza bassa. Si è lavorato molto sull’aspetto dello sprint e con tanti allenamenti specifici sul VO2Max, credo che tutto questo abbia fatto un po’ la differenza».

Ecco il giovane della XDS Astana durante la presentazione dei team nel velodromo Kuipke di Gand alla Omloop Nieuwsblad
Ecco il giovane della XDS Astana durante la presentazione dei team nel velodromo Kuipke di Gand alla Omloop Nieuwsblad
Sei stato a contatto con molti corridori esperti delle Classiche, come ti sei trovato?

Abbiamo iniziato ad anticipare quello che poi avremmo fatto alle corse con i vari diesse. In quelle settimane di ritiro ero in camera con Davide Ballerini, a mio modo di vedere uno dei corridori con più esperienza in quel genere di gare. Lui è uno che va sempre a cercare quel qualcosa in più, vi faccio un esempio. 

Dicci…

Se in gara c’è stato qualcosa che non è andato, lui ripercorre tutti i suoi passi: guarda la pressione delle gomme, oppure a livello di tattica cambia completamente. Non so, il punto cruciale era a 100 chilometri dall’arrivo? Lui analizza la gara e dice: «La prossima volta anticipiamo la mossa di altri 10 chilometri per evitare di rimanere chiusi». Tutte cose che poi anche durante la ricognizione della prima WorldTour, la Omlopp Nieuwsblad, ho riscontrato nuovamente. 

Cees Bol è uno dei riferimenti per il giovane Romele, qui alle sue spalle sullo sfondo
Cees Bol è uno dei riferimenti per il giovane Romele, qui alle sue spalle sullo sfondo
Che altri consigli ti ha dato?

In altura è stato uno che mi ha regalato tanti consigli, mi ha fatto capire a quali aspetti bisogna stare attenti. E’ vero che ho avuto la fortuna di fare tanti ritiri, anche con la nazionale U23, ma non si smette mai di imparare. Con “Ballero” ero una spugna che cercava di assorbire ogni singolo dettaglio. Un altro esempio: i primi giorni mi diceva: «Guarda che devi andare piano, guarda che devi stare tranquillo».

Quali consigli tecnici e tattici ti ha dato?

Quello che mi è rimasto più impresso è che per andare forte in quel tipo di corse devi spendere di più ed entrare in quel circolo che loro chiamano “effetto lavatrice”. Si ha quando il gruppo alza la velocità e i primi iniziano a girare senza mai fermarsi. Se rimani fermo vuol dire che sei fregato perché ti trovi nel retro del gruppo. Per assurdo ti trovi a spendere 10, 20 o 30 watt in più del previsto, ma rimani davanti e in altre parti riesci a gestire meglio le forze e non devi inseguire.

Al Nord rimanere nelle posizioni in fondo al gruppo vuol dire essere tagliati fuori nei momenti salienti
Al Nord rimanere nelle posizioni in fondo al gruppo vuol dire essere tagliati fuori nei momenti salienti
Difficili poi da mettere in pratica?

In queste corse, che si svolgono su strade strette con tanti dentro e fuori, spartitraffico e spazi ristretti si crea questo movimento che se non sei capace a gestirlo è dura. Anche se mi hanno dato tanti consigli quando poi vai in gara è tutto diverso perché ci sono altri 150 corridori che vogliono fare lo stesso. Nella Omloop Nieuwsblad era un continuo cercare di seguire, ma non riuscivo mai a stare nelle prime posizioni. avevo il compito di tenere davanti la squadra ma non sono stato in grado. Devo mettermi con ancora più meticolosità a guardare i dettagli del percorso su VeloViewer, ma l’esperienza fa tanto. Più corri, più impari. 

Poi a Le Samyn è arrivata una bella top 10. 

Segno che sto bene e le gambe girano. Però ho notato tanta differenza tra le gare WorldTour e quella che è una di categoria 1.1. A Le Samyn riuscivo a prendere le posizioni, a capire quando era il momento di stare davanti, ecc… Ho avuto anche la fortuna di correre con uno dei miei idoli a livello ciclistico, Van der Poel.

Com’è stato correre insieme? Sei arrivato anche nel gruppo a giocarti la volata con lui.

Anche solo aver fatto qualche metro a ruota è stato bello. In generale in quelle gare gli specialisti vanno forte, però sono sicuro che si possa lavorare su tante cose e provare a migliorare. 

Ora parte la Campagna del Nord?

Da mercoledì 19 marzo parte la tripletta con Nokere Koerse, Denain e Koksijde. Poi torneremo il 24 marzo per correre nei vari appuntamenti in vista del Fiandre: Brugge-De Panne, E3 Saxo, Gent-Wevelgem e Dwars door Vlaanderen. Gireremo spesso e vedrò tante volte tutti i settori, con la speranza di immagazzinare quante più informazioni possibile.

Romele è già nei meccanismi del treno XDS (e delle classiche)

20.01.2025
5 min
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CALPE (Spagna) – L’approdo di Alessandro Romele nel WorldTour rappresenta una delle storie tecniche più interessanti del ciclismo italiano di questo inverno. Il giovane lombardo si appresta a vivere una nuova avventura al fianco dei grandi del gruppo e non con un ruolo marginale a quanto pare. Alessandro sta facendo questa fase con grande entusiasmo.

Un entusiasmo che emerge forte mentre ci racconta di questi primi training camp tra i pro’. Romele si sta già integrando nel meccanismo delle corse veloci e delle classiche della XDS-Astana. Allenamenti, spunti tecnici, dettagli del treno: Alessandro ci ha portato nella sua preparazione, la prima da professionista.

Romele (classe 2003) è passato nel team WT della XDS-Astana
Romele (classe 2003) è passato nel team WT della XDS-Astana
Alessandro, sei nel WorldTour…

È un sogno che si avvera, la realizzazione di quello che sognano tutti i ragazzini che iniziano a correre in bicicletta. Per me è anche un nuovo inizio, una sfida che affronto con la stessa passione di quando andavo in giro con la mia biciclettina. Certo, ora è il mio lavoro, ma resta prima di tutto un divertimento e una grande passione. Questo approccio mi aiuta a vivere tutto con serenità e naturalezza.

Naturalezza anche perché è la stessa squadra in qualche modo.

Il salto dal devo team al WorldTour è comunque importante. Anche se provenivo da un ambiente professionale, i cambiamenti ci sono e sono significativi. Fortunatamente, la squadra e i manager mi seguono con attenzione e fin qui credo che abbiamo lavorato al meglio. Ora vedremo come andrà la stagione.

Quanto è cambiato il tuo lavoro in termini di chilometri e ore di allenamento rispetto ad un anno fa?

Credo che rispetto agli anni passati ci sia stato un aumento del 20-30 per cento circa, ma la differenza maggiore è nella qualità. Le uscite lunghe di 4-5 ore, che una volta erano eccezioni, ora sono la quotidianità. Le sessioni da 6-7 ore sono ormai normali per prepararsi alle corse più impegnative. Inoltre, si lavora molto di più sulla specificità: forza, esplosività, sprint e tattiche per costruire il treno. Quando ero under 23, questi aspetti erano meno curati, ma ora hanno un’importanza cruciale.

Qual era stata la tua uscita più lunga sin qui?

Lo scorso anno ricordo un’uscita da 5 ore e mezza che, per un errore di calcolo del percorso, è diventata di 6 ore. A quel punto, un po’ per gioco e un po’ per sfida, abbiamo puntato ai 200 chilometri, e ci siamo riusciti chiudendo a 204 chilometri. Quest’anno ho già superato quella distanza: 202 chilometri in 6 ore e 40 minuti. Durante il prossimo ritiro ci aspetta una sessione da 7 ore. E questo mi stimola: sarà un vero test per il fisico e per la mente.

Romele (qui con ToneattI) sta lavorando molto sul treno e le volate (foto XDS-Astana)
Romele sta lavorando molto sul treno e le volate (foto XDS-Astana)
E’ anche un allenamento per imparare a mangiare in vista delle gare più lunghe?

Anche, certo… L’alimentazione gioca un ruolo fondamentale in questi casi. Già da qualche anno lavoro con il nutrizionista Luca Simoni per allenare il corpo a ingerire fino a 120-130 grammi di carboidrati l’ora. Questo approccio è essenziale per mantenere un livello costante di energia durante allenamenti lunghi e intensi. E soprattutto per farsi trovare pronti quando bisogna spingere forte, perché poi la vera differenza è tutta lì.

Alessandro, fai parte del gruppo dei “pesi massimi”: quindi classiche del Nord, volate: come state lavorando riguardo al treno?

Sì, viste le mie caratteristiche fisiche (186 centimetri per 77 chili, ndr) sono stato inserito in quel gruppo. Io ho sempre pensato che il treno nel ciclismo sia un elemento fondamentale, esattamente come i fondamentali del calcio o del basket. Nel nostro caso non è facile coordinarsi con i compagni: richiede tanta pratica e conoscenza reciproca. A dicembre abbiamo fatto sessioni specifiche per migliorare questo aspetto, lavorando sulla “comunicazione” (che non è a parole) e sulle posizioni in gruppo e in bici. Ad esempio, mi hanno corretto quando tenevo le mani in presa alta, quindi con i gomiti piegati a 90 gradi, ma in quel momento la posizione migliore era in presa bassa per garantire stabilità e aerodinamica.

Raccontaci meglio, portaci in bici in quei momenti…

Il momento dei cambi è determinante. Ricordo un episodio in cui abbiamo simulato una volata. Eravamo più gruppi, come se fossimo state più squadre. Io ho fatto il lead-out, l’ultimo uomo, insomma. Finito lo sprint, Bol mi ha consigliato di dare una sgasata più forte, più secca, anziché continuare la progressione. Magari potevo coprire 70-80 metri in meno, perché era più importante mantenere la posizione per far restare davanti il velocista dietro di me. L’altro treno infatti stava risalendo.

Chiaro… E interessante!

È una questione di dettagli e di capire le preferenze dei compagni, soprattutto dello sprinter. Ogni velocista ha le sue caratteristiche e il treno deve adattarsi: c’è chi preferisce un lancio lungo e graduale e chi invece ha bisogno di uno sprint più secco. Sono piccoli dettagli, ma fanno la differenza. Bisogna capire come ragionano gli altri componenti del treno, in particolare lo sprinter, per metterli nelle migliori condizioni possibili. Per questo è importante provare e riprovare, conoscersi, correre, fare esperienza insieme.

Già lo scorso anno Romele aveva fatto delle gare (e tutto il finale di stagione) con la prima squadra. Eccolo alla Parigi-Tours
Già lo scorso anno Romele aveva fatto delle gare (e tutto il finale di stagione) con la prima squadra. Eccolo alla Parigi-Tours
Malucelli, Kanter e anche Syritsa che farà la spola con il devo team: avete già definito un ordine per il treno?

Non ancora in modo definitivo. Abbiamo Malucelli, che è super entusiasta e porta tanta energia, ma anche Glebi (Syritsa, ndr), che è un ragazzo determinato e costante. Ogni sprinter ha il suo stile e la scelta dipenderà dalla corsa, dalle condizioni e dalle formazioni. In squadra ci sono anche elementi di grande esperienza come Ballerini, che ha partecipato a treni importantissimi negli anni d’oro della Soudal-Quick Step, e Bol, che ci ha già dato preziosi consigli. Lavoriamo tutti insieme per costruire la miglior struttura possibile.

Alessandro, qual è il tuo programma per l’inizio stagione?

Inizierò il 25 e 26 gennaio con la Volta a la Comunitat Valenciana e la Clásica de la Cerámica. Poi ci sarà un ritiro di 20 giorni sul Teide a febbraio per preparare le classiche del Belgio e Strade Bianche. Marzo sarà il mese chiave per la mia prima parte di stagione, con l’obiettivo di fare esperienza e imparare il più possibile da ogni corsa.

Insomma, subito un calendario importante per te…

Sono entusiasta di affrontare Strade Bianche, una delle gare più belle d’Italia. Da junior ho avuto la fortuna di correre l’Eroica, una piccola Strade Bianche, e sono arrivato terzo. Questo percorso mi ha sempre affascinato e non vedo l’ora di viverlo al massimo. Già nel finale della scorsa stagione avevo preso parte alla Parigi-Tours, ricca di sterrati, e mi ero trovato bene.

Romele: la maturità agonistica e il salto nel WorldTour

31.10.2024
8 min
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SULZANO – Le rive del lago di Iseo sono illuminate dal sole caldo di una mattina d’autunno. L’acqua scivola leggera sulle sponde come se poggiasse su un vetro lucido, la gente va e viene mentre su uno sgabello Alessandro Romele ci aspetta per parlare di sé, di questa stagione e del futuro. La firma con l’Astana Qazaqstan Team e il passaggio nel WorldTour sono freschi come il ritiro in Veneto da poco  terminato. Un primo confronto con il mondo che sarà e i compagni di squadra vecchi e nuovi

I raggi picchiano forte sulla schiena, l’estate di San Martino è in anticipo rispetto al solito ma la si accoglie volentieri dopo settimane di freddo e pioggia. Romele ha pedalato da casa sua fino al bar Mr. Bike, il luogo che lo accoglie sempre durante le sue uscite di scarico. Anche quest’anno le vacanze del corridore bergamasco sono trascorse per la maggior parte del tempo a casa. Riposo, qualche gita con amici e familiari e poco altro. 

Primo bilancio

La stagione 2024 di Romele era partita presto, a gennaio, con il Gran Premi Valencia e l’AlUla Tour. Poi una scappata al Tour of Rwanda, per ritornare in Europa a marzo e aprile. Un riposo forzato, la partecipazione al Giro Next Gen e via via gli altri impegni. A conti fatti ha gareggiato più tra i professionisti che con gli under 23, ma è stato un passaggio utile, come ci racconterà poi lui. 

«Della stagione non posso che essere contento – spiega Romele – non ho rimorsi. Se l’anno scorso con la Colpack avevo avuto dei rimpianti per qualche risultato mancato come europeo e mondiali, dove non avevo fatto quello che avrei voluto, il 2024 invece è stato positivo. Purtroppo un problema a inizio stagione non mi ha permesso di preparare al meglio il Giro Next Gen ma è stato l’unico intoppo. L’europeo era un obiettivo, ma le scelte sono ricadute su altri corridori. Per quel che potevo fare io non ho rimorsi. Anzi ho dimostrato che in quel periodo stavo più che bene, visti i risultati al Tour of Istanbul. Ho fatto veramente tantissima esperienza anche con il team WorldTour. Diciamo che la stagione non è da 10 e lode visti i risultati magari non super, però penso di essere cresciuto veramente tanto».

Romele con alle spalle Monte Isola, il gigante del Lago di Iseo
Romele con alle spalle Monte Isola, il gigante del Lago di Iseo
Che anno è stato il 2024?

Un anno di cambiamento, correre con un devo team è stato positivo sotto tutti gli aspetti. Anche con il gruppo abbiamo fatto un grandissimo lavoro, si è creato un bellissimo ambiente fin dal primo ritiro di dicembre. Penso che nel nostro sport sia fondamentale, mi ricordo che anche Cav (Cavendish, ndr) e Ballerini erano stati i primi a sottolineare l’importanza di questa cosa. Ne abbiamo parlato anche nel ritiro fatto poco fa per la stagione 2025 dell’importanza di creare un gruppo forte e coeso.

Che aria si è respirata in quei giorni?

Aria nuova, con grandi cambiamenti. Visto il nuovo sponsor nel 2025 ci saranno grossi upgrade sia a livello tecnico che poi di quello che è il materiale, ecc. Sarà un anno importante per l’Astana grazie a questa nuova spinta. L’aria che si è respirata con i compagni è sicuramente più tranquilla e più di casa, visto e considerando che siamo un gruppo di 10-11 italiani. Ci sono tantissimi ragazzi anche da tutto il resto d’Europa e del mondo, ma credo che avere tanta italianità nella squadra faccia bene. Vedo un po’ questa differenza che noi italiani siamo più scherzosi, molto più quelli che vogliono fare gruppo e penso che questo darà una grossa mano.

La stagione del bergamasco è partita bene con due vittorie in Grecia a marzo (foto Nassos Triantafyllou)
La stagione del bergamasco è partita bene con due vittorie in Grecia a marzo (foto Nassos Triantafyllou)
La crescita personale che hai detto, è arrivata con quali parametri?

E’ stata a 360 gradi, sotto tutti gli aspetti tecnici: a livello di potenza, resistenza, picco in volata, resistenza in salita. La cosa che mi ha impressionato di più è arrivata sotto l’aspetto umano, a livello di persona mi sento più grande, maturo. Dal punto di vista atletico quello che mi ha sorpreso maggiormente è stata la capacità di tenere la condizione per gran parte della stagione. A gennaio e febbraio ho faticato un po’ ma da marzo sono andato sempre in crescendo, tanto che in Grecia sono riuscito a vincere due gare. Al Giro Next Gen non sono arrivato pronto come avrei voluto ma alla fine ho ottenuto due top 10, quindi non male.

E per quanto riguarda la seconda parte di stagione?

Siamo riusciti a costruire un gradino, anche due, belli importanti nel ritiro di luglio in altura. Da lì in poi avevo voglia di correre e stavo bene, penso che si sia visto nel finale di stagione che avessi ancora delle energie. La cosa che mi ha stupito di più è stata la costanza nel riuscire a mantenere una condizione buona per gran parte dell’anno.

A settembre al Tour of Istanbul delle prestazioni di alto livello, la condizione c’era (foto Brian Black Hodes)
A settembre al Tour of Istanbul delle prestazioni di alto livello, la condizione c’era (foto Brian Black Hodes)
Quanto ti è dispiaciuto non fare europei e mondiali?

Partiamo dal presupposto che Amadori è il commissario tecnico e lui ha l’ultima parola. L’europeo era uno dei miei obiettivi di stagione, non mi nascondo, è stato un po’ pesante rimanere a casa visto che comunque erano due anni che avevo lavorato con il cittì. Il secondo anno lo avevamo fatto praticamente assieme, pensavo che sarebbe stato bello chiudere un percorso che avevamo iniziato. Non so quale sia stata la ragione della mia esclusione, a una settimana dalla corsa con la squadra avevamo chiesto e c’era stata comunicata l’idea di portarmi all’europeo, invece dopo un paio di giorni mi è arrivato un messaggio con scritto che purtroppo non riusciva a portarmi. Mi sarei aspettato una chiamata, per come son fatto io non mi sarebbe comunque andata giù però credo che a livello umano sarebbe stata più corretta da parte sua. 

Invece sei andato al Tour of Istanbul, altra corsa con i professionisti, cosa hai capito di te a quel livello? 

Allora in Grecia il livello era simile a una bella gara internazionale under 23. Sì, avevo quell’aria di correre un po’ coi professionisti però non è stato uguale a Istanbul. Lì c’erano corridori WorldTour, gente che in quel mondo aveva già corso in appuntamenti importanti come Giro d’Italia o Tour de France. In Grecia non ero al 100 per cento ma ho vinto di più con la testa, mentre al Tour of Istanbul stavo al top della mia condizione quest’anno.

Tornando un po’ alla nazionale, dei ragazzi under 23 dello zoccolo duro sei l’ultimo a passare professionista, come vedi il tuo percorso? 

Non mi sentivo pronto. Non nascondo che negli anni precedenti, quando ero ancora juniores, che avevo fatto le prime vittorie un po’ più importanti, c’era il desiderio di voler passare. Poi il primo anno under 23 ho avuto problemi che mi hanno bloccato, Dopodiché il secondo anno ho vinto qualcosa, ma avevo capito di non essere ancora pronto. Credo che sia la cosa più difficile da capire ma quella più giusta da accettare e su cui riflettere, perché una volta passato è facile prendere delle brutte botte e faticare tanto a rialzarsi. Invece una volta capito che cos’è il mondo dei professionisti, avendo appunto la possibilità di correre e prendere comunque delle belle lezioni, mi sono settato. Quest’anno in Rwanda e Spagna ho capito quanto importante fosse il fondo e la distanza, e di quanto questi aspetti siano da allenare in inverno. 

Fare un anno in più è stata una scelta azzeccata…

A me è servito. Ad altri ragazzi come Piganzoli o Pellizzari non è servito, a me sì. Dipende anche da che corridore sei, per degli scalatori come loro il ritmo dei professionisti forse è più utile. Io mi sono trovato bene in entrambi i contesti, tra gli under 23 e i pro’ perché probabilmente ho caratteristiche che mi permettono di giocarmi un maggior numero di gare under 23. Ogni corridore ha il suo percorso migliore e per me è stato crescere bene tra gli under, fare esperienza e poi confrontarsi coi professionisti.

La crescita negli under 23 è stata fondamentale per arrivare pronto al salto nel WorldTour (foto Stefano Ballandi)
La crescita negli under 23 è stata fondamentale per arrivare pronto al salto nel WorldTour (foto Stefano Ballandi)
Arriviamo al finale di stagione, dove hai corso la Parigi Tours e il Gran Piemonte…

La Paris-Tours è stata impegnativa. La parte importante della corsa, che sono i settori sterrati e i muri è praticamente la fotocopia di quella degli under, e avere due anni di esperienza mi ha aiutato un sacco. Ho mollato solamente gli ultimi 15 chilometri, non sono riuscito a coronare quello che poteva essere un sogno, ovvero fare una top 20. Un risultato che avrebbe potuto darmi morale, ma credo comunque di dover imparare tanto in quelle corse. Sono molto difficili più a livello mentale che fisico, sono logoranti. Tramite questo primo ritiro ho avuto un colloquio con i preparatori e verrò inserito nel gruppo delle classiche, ho tanti compagni da cui riuscire ad apprendere. Un’altra cosa che voglio fare è imparare a correre in Belgio per provare poi in futuro a fare qualcosa nelle Monumento.

Da under 23 ne hai già fatta qualcuna.

Ho avuto l’opportunità di fare la Gent-Wevelgem due anni, la Parigi-Tours e ho assaggiato anche la Roubaix. Penso sia stato l’inizio di una crescita e vedremo dove riusciremo ad arrivare in queste tipologie di corse. 

Nel finale di stagione ha corso alla Parigi-Tour, dove ha colto un 33° posto a 1′ e 41″ dal vincitore Laporte
Nel finale di stagione ha corso alla Parigi-Tour, dove ha colto un 33° posto a 1′ e 41″ dal vincitore Laporte
Sei carico?

Tanto. Ho concluso l’anno con una buona condizione e con voglia, secondo me il segreto è arrivare a fine stagione che non sei totalmente esausto. E’ stato un 2024 lungo ma dove ho avuto modo di distribuire al meglio le mie energie e di recuperare. In realtà già al ritiro ero pronto mentalmente. Adesso però voglio staccare almeno altre due settimane e divertirmi, fare un po’ le cose che un ragazzo normale di 21 anni farebbe in questo momento e poi sarà il momento di pensare al 2025.

Giro del Belvedere: Glivar ruggisce, ma l’Italia si fa sentire

01.04.2024
5 min
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VILLA DI VILLA – L’urlo di Gal Glivar rimbalza contro le nuvole basse e grigie che sovrastano l’arrivo del Giro del Belvedere (foto photors.it in apertura). Una volata potente, fatta con le ultime forze rimaste in corpo, con la strada che guarda un po’ all’insù e sfida le gambe a dare il massimo. Il corridore del UAE Team Emirates Gen Z batte un gruppetto ristretto di quindici atleti. All’interno del quale gli animi si mischiano, tra chi raccoglie più di quanto aspettato e chi, al contrario, ha da recriminare. 

«La corsa si è presentata dura fin da subito – racconta Glivarcon la pioggia e il freddo a far sentire ancora di più la fatica. L’asfalto bagnato ha indurito gli strappi di giornata, dove spesso mi trovavo con la ruota posteriore che slittava. Si è trattato di una gara a eliminazione, la selezione è arrivata con il passare dei chilometri. In volata ho dato tutto, non potevo fare altrimenti, è andata bene e porto a casa un bel risultato».

Glivar, al quarto anno under 23 è passato al UAE Team Emirates Gen Z a inizio stagione
Glivar, al quarto anno under 23 è passato al UAE Team Emirates Gen Z a inizio stagione

Corsa “pesante”

Glivar nell’arrivare al podio cammina con le gambe larghe, appesantite dalla corsa e dal meteo che ha bagnato le teste dei corridori per più di metà giornata. La maglia del team emiratino, sporca di fatica e pioggia, rimane una costante delle prime posizioni anche nelle gare U23. Un altro sloveno giovane, che va forte e vince. Anche se Glivar scherza un po’ con l’età.

«Sono all’ultimo anno della categoria under 23 – dice da sotto al palco delle premiazioni – quindi ho passato abbastanza tempo qui. Mi sento a mio agio, ho fatto tante esperienze che mi hanno permesso di crescere. Nel 2023 ho vinto due appuntamenti di Nations Cup con la maglia slovena, la mia crescita la considero graduale, ma a buon punto».

La fuga di giornata è stata caratterizzata dall’azione solitaria di Kevin Pezzo Rosola
La fuga di giornata è stata caratterizzata dall’azione solitaria di Kevin Pezzo Rosola

Altro step verso i grandi

Glivar all’inizio del 2024 è passato al UAE Team Emirates Gen Z, il devo team della squadra che domina, insieme alla Visma Lease a Bike, il ranking UCI.

«Correre con questa maglia – ammette – è stato un grande salto in avanti per me. Tutti noi ragazzi abbiamo la sensazione di far parte del team WorldTour. Lo staff ci tratta come se fossimo dei professionisti e questo aiuta a trovare un miglior colpo di pedale e una migliore condizione. Ho avuto modo di correre qualche gara con i professionisti già da inizio anno, si tratta di una possibilità in più che il team ci dà e fa parte della nostra crescita e della maturazione. Il mio obiettivo, come quello di tutti gli altri ragazzi in questa squadra, è quello di provare a fare il salto tra i grandi nella prossima stagione».

Crescioli è in crescita in questo inizio 2024, merito della nuova avventura con la Technipes
Crescioli è in crescita in questo inizio 2024, merito della nuova avventura con la Technipes

Crescioli “opportunista”

Completano il podio Alessio Donati (Biesse Carrera) e Ludovico Crescioli (Techinipes #InEmiliaRomagna). Sono loro quelli che hanno da gioire più di tutti. Anche se, quando sei così vicino al successo, non ti accontenti mai di essere il primo dei battuti. 

«Avevo capito fin da subito – dichiara Crescioli – che le salite brevi e dure, con le strade strette, avrebbero messo in difficoltà tanti corridori. Si è deciso, insieme alla squadra, di correre nelle prime posizioni, per evitare intoppi e fatica in eccesso. Infatti siamo rimasti subito in 60, ho corso di rimessa, cercando di rimanere agganciato ai primi. Una volta scollinato l’ultimo GPM mi sono posizionato al meglio per giocarmi le mie carte in volata».

«Passare al team Technipes – continua – mi ha permesso di crescere fin da inizio anno. Sto bene, sono migliorato parecchio e ho fatto già un paio di corse con i professionisti: Laigueglia e Coppi e Bartali. Proprio quest’ultima mi ha dato una bella gamba in vista delle gare under. Oggi la prima è andata bene, domani ci sarà il Recioto, poi arriveranno Milano-Busseto e Piva. Dovrei tornare a correre con i pro’ al Giro di Abruzzo».

Stessa bandiera, morali diversi

Gli italiani nelle prime dieci posizioni sono addirittura sette. Giù dal podio rimangono tra gli altri: Pinarello, quarto e Romele, quinto. Il ragazzo dell’Astana Qazaqstan Development è quello con il volto più scuro, sul Giro del Belvedere aveva messo una “X” grande…

«Ho visto poca collaborazione in gruppo – recrimina Romele – nei giri intermedi, quelli con lo strappo di Pian della Vigna. Il ritmo non era sostenuto, così ho voluto mettere i miei compagni davanti per alzare i giri e restare nelle posizioni importanti. Ho perso Reibsch, che avrebbe potuto fare un grande lavoro di ulteriore controllo. La gara da quel momento è un po’ impazzita ed è stato difficile gestirla. Ho notato che avevamo contro gran parte delle squadre in gara, ma ci sta, fa parte del gioco. Peccato, porto a casa un quinto posto che mi gratifica, ho provato a fare la corsa e di questo devo essere felice. Non rimpiango nulla, ho comunque fatto una prestazione da protagonista».

Una mattina a ruota di Romele sulle sponde del Lago d’Iseo

20.03.2024
6 min
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LOVERE – La vita di Alessandro Romele è un gran viaggiare, come quella di tutti i ciclisti. Da inizio anno ha corso in Rwanda, Arabia Saudita, Grecia (Rodi) e Spagna. Quindi vederlo a casa, sulla sponda bergamasca del lago di Iseo, non è che sia strano ma quasi. Il classe 2003 da quest’anno corre con il devo team dell’Astana Qazaqstan, un salto che gli ha permesso di mettere un piede nel professionismo. Ne ha assaggiato le velocità, i ritmi alti e il mal di gambe. Con l’ultima gara in Grecia, invece, una categoria 2.2, ha trovato le prime due vittorie dell’anno

«Quasi inaspettate – ci racconta nel suo giardino, sotto il caldo sole di marzo – perché dopo il Tour du Rwanda non ero stato benissimo. Il vaccino fatto per la febbre gialla mi ha destabilizzato parecchio e in corsa ho fatto davvero tanta fatica. La condizione era sì in crescendo, ma non mi aspettavo di capitalizzarla così presto. Sono stato in giro parecchio, ora resto un po’ più tranquillo fino a fine mese. Poi correrò il Giro del Belvedere e la Gand-Wevelgem, le prime gare U23 dell’anno e poi una corsa a tappe tra Giro d’Abruzzo e Region Pays Loire Tour (in Francia, ndr) e fine mese in Bretagna».

Stai correndo davvero molto…

E’ un modo di correre più organizzato, a blocchi definiti. Collegato anche a come mi sento a livello fisico. Ad esempio, dopo il Rwanda eravamo lì a chiederci se fermarmi o meno e riposare. Le sensazioni in allenamento fanno tanto, ho capito di stare meglio e abbiamo continuato con il programma stabilito. 

Hai un calendario intenso ma schematico?

Direi proprio di sì. Al primo anno in Colpack correvo con più disordine, l’anno scorso molto meno, perché avevamo già un metodo definito. Quest’anno vedo che si seguono molto più gli obiettivi, il Tour of Rhodes non era uno di quelli, ma abbiamo sfruttato il momento. 

Questo continuo correre in contesti internazionali come va? Ti sta facendo crescere?

Il Rwanda è stato difficile per l’altimetria e il dislivello fatto. Quello più difficile per il ritmo, è stato l’AlUla Tour con tanti ventagli. Pensavo fosse più semplice, che bastasse stare davanti, invece su cinque volte ne sono rimasto fuori cinque (ride, ndr). 

E’ cambiato qualcosa nella preparazione?

Sono seguito da Maurizio Mazzoleni da diversi anni, direttamente o indirettamente. Quando ero junior, alla Ciclistica Trevigliese lui collaborava con la squadra. Anche in Colpack ho seguito le sue tabelle, sotto la supervisione sempre di Dario Giovine. Quest’anno ho la fortuna di avere associati Mazzoleni e Anastopoulos. Il greco è capo performance del team WorldTour, però ha accesso ai dati di tutti. Penso che i cambiamenti si siano sentiti. 

Nello specifico che cosa avete fatto?

Abbiamo lavorato sulla forza, che viene fatta al meglio in palestra. Ne ho fatta tanta, non tutti i giorni ma tre volte a settimana, anche con carichi importanti. Tanto ha fatto anche il lavoro impostato con il nutrizionista, Luca Simoni. 

Come lavorate?

Ho una tabella che si auto adatta, composta da tre colonne con i macronutrienti: carboidrati, proteine e grassi. In un’altra tabella separata inserisco l’intensità del lavoro fatto. Ad esempio oggi (ieri per chi legge, ndr) è un giorno a bassa intensità e la tabella mi dice le grammature da consumare. La tabella mi fornisce solo il macronutriente, cosa mangiare lo decido ancora io. Abbiamo deciso così perché sono ancora giovane e c’è margine poi per migliorare o cambiare. 

Integrazione in bici?

Fino a un’ora e mezza/due a bassa intensità, tendo a non portare nulla. Poi se alzo l’intensità mi porto qualcosa. Ora uso molto un panino al miele che mi dà un apporto di 30 grammi di carboidrati. A casa cerco di non usare le cose chimiche, quindi evito gel e barrette. Quelli li uso prettamente in corsa. Ora ho anche una nuova ricetta delle rice cake. 

Come mai?

Il dottore della squadra mi ha fatto notare che quando cucino il riso, poi lo metto in freezer negli stampi. Quando poi lo scongelo, intanto che vado c’è una proliferazione batterica. Invece ora uso il riso soffiato, il composto rimane secco e non passa dal freezer. Questo abbassa la proliferazione batterica e, nel caso mi avanzasse, posso consumarlo anche il giorno dopo. 

Torniamo agli allenamenti, hai cambiato il metodo di lavoro a casa?

Prima di andare a Rodi ho fatto la tripletta con tre ore e mezza, quattro e cinque. Secondo me qualcosa in più anche a livello di lavoro specifico, tanti richiami di VO2 con i 30/30 o 40/20. Nella tripletta classica ho i primi due giorni con meno ore, ma tanta intensità. Per finire, l’ultimo giorno, mi inseriscono la classica uscita di endurance. In questo caso non ho lavori specifici ma tengo la Z2 per tutto il giorno

Prima di partire una fermata dal meccanico di fiducia per montare le ruote con profilo da 60 millimetri
Prima di partire una fermata dal meccanico di fiducia per montare le ruote con profilo da 60 millimetri
Nel recupero, invece?

Oggi (ieri, ndr) ad esempio, che è giorno di recupero, ho fatto due ore davvero blande. Ho un range di potenza da non superare, ma per come sono fatto io pedalo senza nemmeno guardare gli strumenti. 

Come vivi gli allenamenti?

Quelli di endurance sono i più divertenti, poi sul lago non ci si annoia mai. Mentalmente soffro di più l’ora e mezza o due a bassa intensità. Nel giorno di recupero ho il mio bar classico, con 45 minuti ad andare e altri a tornare. 

Dopo tanto viaggiare ti piace allenarti da solo o preferisci avere compagnia?

E’ un bell’equilibrio da trovare, perché a livello di attività siamo sempre in giro per gare. Quando torno a casa mi piace anche uscire da solo. Poi dipende dai giorni, quando c’è tanto sole e fa caldo, pedalare in solitudine è semplice. In inverno, invece, quando hai appena ripreso, forse è meglio avere un compagno o più di uscita. 

Romele ha uno spiccato occhio tecnico, le ruote da 60 mm le sta provando in vista del Belvedere
Romele ha uno spiccato occhio tecnico, le ruote da 60 mm le sta provando in vista del Belvedere
Poi da queste parti ne hai tanti di corridori a cui scrivere per organizzare l’allenamento…

Esco spesso con Nicolas Milesi, che ora è all’Arkea Devo. Fino a settembre eravamo compagni di squadra alla Colpack. Abbiamo davvero un bel rapporto, ci scriviamo ogni giorno, se non succede mi preoccupo (ride, ndr). Ci sono anche tanti altri corridori e amici qui, come Persico, Lino Colosio, Walter Calzoni… Di compagni di squadra ho vicini Scaroni e Gazzoli, che sono di Brescia. 

Il tempo a disposizione finisce, sono le 10,30 ed è ora di uscire in bici, seguiamo Romele fino al fiume Oglio, che divide la provincia di Bergamo da quella di Brescia. Qualche foto, dei video e si torna a casa con la sensazione di aver parlato con un ragazzo sicuro e consapevole del cammino intrapreso.

Romele ringrazia la Colpack e passa al Devo Team Astana

30.11.2023
4 min
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Le vacanze dei corridori non sono tutte uguali, c’è chi parte per mete esotiche e chi, al contrario, preferisce restare a casa. Alessandro Romele appartiene al secondo gruppo (foto di apertura NB Srl). Una pausa nei luoghi che conosce come le proprie tasche e qualche gita in giornata è un bel modo per ricaricare le pile.

«Quest’anno con la Colpack-Ballan – dice Romele – abbiamo viaggiato tanto per andare a tutte le gare in programma. E’ stata una fatica anche questa e non essendo troppo abituato ho preferito non partire di nuovo e riposarmi qui a casa mia. Ho fatto qualche gita in montagna, delle uscite in macchina e le giornate sono passate comunque velocemente».

Una delle esperienze più importanti, anche a detta dello stesso Romele, è stata la Paris-Roubaix Espoirs
Una delle esperienze più importanti, anche a detta dello stesso Romele, è stata la Paris-Roubaix Espoirs

L’Europa a tutto tondo

La sua seconda stagione da under 23 gli ha fatto fare un salto di qualità importante, tanto che anche dai piani alti del ciclismo se ne sono accorti. E’ arrivata così anche la chiamata dall’Astana Qazaqstan, dal team development per la precisione. Gianluca Valoti, diesse della Colpack-Ballan, ce lo aveva anticipato a inizio della scorsa stagione che l’obiettivo sarebbe stato quello di correre molto anche all’estero. 

«E così è stato – afferma Romele – abbiamo fatto delle gare con la “g” maiuscola, questo era l’obiettivo di inizio stagione e sono contento sia stato rispettato. Dopo un anno di gare regionali e nazionali (il 2022, ndr) serviva uno step di crescita. Tutto questo è necessario ai fini della maturazione, per vedere che livello c’è all’estero e come ci si trova a correre in altri contesti. Impegni che sono passati anche con la nazionale di Amadori, con cui ho corso: Orleans Nation Grand Prix, Tour de l’Avenir e poi mondiali ed europei. Lo potremmo definire un anno diviso in due».

il 25 aprile a Roma, Romele vince il Liberazione con un’azione da lontano, 120 chilometri in fuga
il 25 aprile a Roma, Romele vince il Liberazione dopo 120 chilometri in fuga
E cosa hai capito da questo 2023?

Che sono cambiato e cresciuto tanto. Più passano gli anni e più capisco quanto e come posso crescere per arrivare, un giorno, a vincere qualcosa di importante. 

Una stagione lunga, forse troppo?

Non direi, anzi insieme allo staff della Colpack è stata gestita bene. Sono arrivato fino al Giro Next Gen e dopo quello ho fatto una pausa di una settimana. Ne avevo bisogno, che poi non vuol dire fermarsi del tutto ma riposare di testa, rimanendo attivi. Quindi ho fatto delle passeggiate in montagna o uscite in bici per il gusto di pedalare e basta. 

A giugno la firma sulla sesta tappa del Giro Next Gen, prima e unica vittoria di un italiano (foto LaPresse)
A giugno la firma sulla sesta tappa del Giro Next Gen, prima e unica vittoria di un italiano (foto LaPresse)
Un anno a due colori viste le tante corse con la nazionale, che cosa pensi del livello trovato?

Sicuramente alto, perché le gare internazionali fatte erano di primissimo livello. Sia quelle disputate con la Colpack che quelle con la nazionale di Amadori. 

Ti manca ancora qualcosa? Per questo hai deciso di fare un anno nel team development?

In alcune gare, soprattutto all’estero, avrei potuto fare meglio e quindi ho deciso di non fare subito il salto di categoria. La squadra development mi permette di fare comunque un’attività under 23 ma, allo stesso tempo, posso andare a correre con i professionisti e fare esperienza. 

Romele è stato uno dei pochi a correre mondiali, europei e Tour de l’Avenir (foto PT photos)
Romele è stato uno dei pochi a correre mondiali, europei e Tour de l’Avenir (foto PT photos)
Un passo intermedio prima del grande salto?

Questa scelta mi dà un qualcosa in più a livello di crescita, anche per le persone ed i corridori che avrò intorno, a cominciare dai preparatori.

Insomma, prendi già le misure. Hai partecipato al ritiro di qualche settimana fa?

Sì, anche se era riservato al team WorldTour mi hanno comunque voluto coinvolgere. Abbiamo iniziato a prendere le misure per la bici ed i vestiti, spero di averli il prima possibile per iniziare ad entrare in confidenza con i nuovi accessori. 

Tanto della sua crescita passa anche dalla fiducia riposta in lui dal cittì Amadori
Tanto della sua crescita passa anche dalla fiducia riposta in lui dal cittì Amadori
Hai fatto anche altro?

Sono stato con il dottore della squadra ed il nutrizionista, per curare l’aspetto fisico e nutrizionale. Ho guardato già come curare l’alimentazione pre, durante e dopo la gara. Molti membri dello staff del team development sono gli stessi di quello WorldTour e questa è una grande fortuna per avere poi continuità di lavoro.  

Quando si inizia?

Il 5 dicembre a Calpe, staremo in Spagna fino al 20 dicembre.

Romele torna in Puglia e vince: ecco il suo racconto

15.09.2023
4 min
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Il Giro di Puglia, giovanissima corsa a tappe che attraversa in lungo e in largo questo territorio, è giunto alla sua seconda edizione. A portarsi a casa la maglia di leader è stato Alessandro Romele (foto NBS Srl in apertura), che qui ha corso anche nel 2022, ma con la nazionale di Amadori. Il giovane passista ha vinto la prima delle tre tappe, andando a podio nella seconda e piazzandosi quarto nella terza ed ultima frazione. 

«Sono voluto tornare qui dopo l’esperienza dello scorso anno – racconta Romele – mi ero davvero divertito. E’ un’esperienza molto bella, tre giorni vissuti in un posto bello e lontano dalle realtà che visitiamo di solito quando corriamo. I percorsi rispetto allo scorso anno erano abbastanza simili, cambiavano solo poche cose

Quali?

Rispetto al 2022 è stato tolto un arrivo in cima allo strappo, nella prima tappa. L’hanno sostituito con un tratto in linea, che sulla carta sembrava più semplice, ma tra vento e ritmi alti è diventato molto faticoso. Questa è stata la differenza principale rispetto allo scorso anno. 

Hai scelto di partecipare dopo i recenti impegni con la nazionale?

Sì, stavo bene, anzi tutt’ora sto bene. Ho sfruttato la buona condizione, non nascondo anche il fatto che mi piaceva l’idea di poter far risultato. Le tre tappe erano davvero adatte alle mie caratteristiche. E volevo fare bene anche per Rossella Di Leo. 

L’arrivo della seconda tappa, a Ceglie, vede il passaggio nel centro del paese, caratteristico (foto NB Srl)
L’arrivo della seconda tappa, a Ceglie, vede il passaggio nel centro del paese, caratteristico (foto NB Srl)
In che senso?

Era con noi in Puglia, come sempre ci accompagna alle corse e ad un certo punto ho capito quanto tenesse a questa vittoria. Ho voluto dare il 110 per cento e farle questo regalo, dopo tutto quello che ha fatto per noi quest’anno.

Quale tappa ti ha colpito di più?

Probabilmente quella di Ceglie, la seconda. Si partiva e arrivava nel centro del paese. Inizialmente abbiamo affrontato tre giri di un maxi percorso da 30 chilometri, molto ondulato. Non c’erano salite lunghe, ma strappi importanti che misuravano massimo 1 chilometro. Si usciva dal circuito per passare su un altro, che attraversava il paese di Ceglie, davvero particolare, caratteristico. Il traguardo era posto su una salitella con il lastricato bianco, tipico di queste zone. 

Una vittoria dedicata anche a Rossella Di Leo (alla destra di Romele) che teneva molto alla corsa (foto NB Srl)
Una vittoria dedicata anche a Rossella Di Leo (alla destra di Romele) che teneva molto alla corsa (foto NB Srl)
Il pubblico ha risposto presente?

Sulle strade c’era davvero tanta gente, un colpo d’occhio molto bello. E’ una corsa che merita molta più considerazione, spero che andando avanti con gli anni sempre più squadre di primo livello verranno a correre qui. 

E il clima?

Non faceva eccessivamente caldo. Io sono uno che un po’ soffre le alte temperature, in particolare quando è afoso. Lì invece non si superavano mai i 33-34 gradi, ma il clima era molto più secco. 

Cosa ti è parso del livello dei corridori?

La corsa è stata sempre dura e accesa, da un lato non avere gli squadroni garantiva più libertà. Abbiamo corso per tre giorni pancia a terra, con tanto vento a cambiare le carte in tavola. E’ stata una bella esperienza, davvero, anche per imparare a leggere situazioni di gara sempre diverse. 

Il posto che ti ha colpito maggiormente?

Polignano. Sia l’anno scorso che quest’anno abbiamo fatto un giro con la squadra. Essendo con il team era più semplice avere qualche “libertà” in più. Mi hanno colpito le spiagge e soprattutto la piattaforma dove fanno la Red Bull Cliff Diving World Series. Abbiamo attraversato il centro del paese, con i negozi e un sacco di gente.