Froome e l’errore nelle misure della bici: fantasia o verità?

22.11.2023
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Un errore di valutazione nella misura e nella taglia della bici di Froome, come ha lasciato intendere il britannico in svariate interviste? E’ ancora possibile nel momento in cui la cura di ogni dettaglio è maniacale? Ci può essere una correlazione tra il non sentirsi a posto sulla bici e la rottura del femore?

Cerchiamo di approfondire l’argomento con l’aiuto del dottor Loris Perticarini, ortopedico e traumatologo a Brescia, che tra gli altri ha operato Formolo e più recentemente Marco Frigo, oltre ad aver curato il ginocchio di Colbrelli. E poi con il parere di Alessandro Mariano, biomeccanico che in più di un’occasione ha aiutato diversi pro’ a rimettersi in sella.

Il dottor Loris Perticarini è un ortopedico piuttosto conosciuto nel ciclismo
Il dottor Loris Perticarini è un ortopedico piuttosto conosciuto nel ciclismo
Dottor Perticarini, quanto influisce la rottura del femore nella carriera di un pro?

La rottura del femore è un discorso ampio. La gamba inizia proprio dal femore, ma nel caso di una rottura sono da considerare i diversi fattori. Le cicatrici ad esempio e i danni muscolari, aspetti che portano ad alterazioni nell’espressione della forza sui pedali. Il femore guarisce, ma tutto quello che è intorno può aver subito dei danni. Il femore è articolato al bacino, di conseguenza alla colonna:, argomento davvero ampio e complesso.

Cosa significa?

Il femore non è circondato dal vuoto. Quando si ha la frattura ad un femore i tessuti intorno si lacerano, si tagliano e, quando guariscono, lasciano cicatrici. Bisogna valutare con attenzione se la contusione si è estesa al bacino, alla colonna con alterazioni di entità varie. La colonna vertebrale ad esempio può ridurre la lordosi naturale, con la conseguente modifica della mobilità. Quello che succede al femore si ripercuote inevitabilmente sul resto.

Il femore è l’osso più lungo del corpo umano
Il femore è l’osso più grande del corpo umano
Si rompe un femore, è da prevedere l’accorciamento dell’arto inferiore?

Decisamente no, bisogna capire dove si trova e come è fatta la frattura. Chiaro è che l’intervento, ovvero la riduzione della frattura, deve essere fatto bene. Non devono esserci dismetrie.

La frattura può portare a problemi al gesto della pedalata e a modificare la posizione in sella?

Sì, si possono verificare degli squilibri biomeccanici, soprattutto a livello del ginocchio e dell’anca. Non cambiano i punti di appoggio delle tuberosità ischiatiche una volta in sella, piuttosto influisce sulla mobilità della colonna.

Ha seguito il caso Froome?

Io penso che questi ragazzi, capaci di erogare prestazioni eccezionali, sentano a naso i 2 millimetri di differenza, mi limito a dire questo.

La vecchia Pinarello

In un’intervista rilasciata a Cyclingnews, Froome aveva raccontato di aver portato da un esperto una vecchia Pinarello dei tempi del Team Sky e di aver confrontato la posizione di allora con l’attuale. Il risultato è stato riscontrare una differenza di altezza sella di qualche centimetro. E avendo riportato le misure di allora sulla bici di oggi, avrebbe dichiarato di sentirsi molto più a suo agio.

«Partiamo dal presupposto – argomenta Alessandro Mariano – che mi sembra molto strano che un corridore del calibro di Froome non si accorga di un fitting che non gli permette di essere efficiente. Non è da escludere che gli sia stata impostata una posizione antalgica sulla bici e che questa non sia stata aggiornata nei periodi successivi all’infortunio. Detto questo, parlare di centimetri mi sembra un’enormità. Faccio fatica ad accettare una considerazione del genere».

Maurizio Radi, titolare di Fisioradi Medical Center a Pesaro. A destra, Alessandro Mariano
Maurizio Radi, titolare di Fisioradi Medical Center a Pesaro. A destra, Alessandro Mariano
Nel caso di Froome è possibile un errore di valutazione biomeccanica?

L’errore ci può stare, ma quello che ritengo inaccettabile è una differenza così grande, inoltre 3 centimetri in allungamento si vedono ad occhio. Si parla di centimetri, considerando che ci sono atleti che sentono i millimetri del fondello.

Cosa succede quando si è troppo lunghi sulla bici?

C’è sempre da fare tre valutazioni. Se l’attacco manubrio è troppo lungo, se il telaio è lungo, oppure se la sella ha un arretramento/avanzamento non adeguati. Come principio la bici lunga, con la sella a posto, aiuta a scaricare le pressioni che si generano sulla schiena, ma è vero che ogni caso è a sé e merita una valutazione specifica. Quando si è troppo lunghi sulla bici, si possono verificare dei problemi alle ginocchia e all’articolazione del bacino, in particolar modo quando c’è la misura sbagliata del telaio. Quando si è troppo corti, è la schiena a risentirne maggiormente.

Un trauma come quello subito da Froome, obbliga a un cambio di posizione in sella?

Generalmente sì, talvolta si tratta di un fitting temporaneo per poi tornare alla posizione usata in precedenza. In altri casi il cambio è radicale e viene portato avanti per il resto della carriera. In casi come questo di Froome, è necessario analizzare cosa è stato coinvolto, se solo l’arto inferiore o altre parti. Ma a prescindere, faccio fatica ad immaginare un corridore professionista di alto livello che non si accorga di una differenza così importante.

Ancora sul test del lattato. Riflessioni sulla posizione

09.12.2022
4 min
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Qualche giorno fa vi abbiamo proposto un articolo che riguardava il test sul lattato. Tra le varie domande poste a Michele Dalla Piazza, che spiegava appunto il test, si chiedeva se tra le variabili che influiscono sul test, e quindi sul lattato, ci fosse anche il fitting sulla bici, cioè la posizione.

E Dalla Piazza aveva così risposto: «La posizione sulla bici influisce sulla performance e tutto quello che gira intorno alla fase di sforzo. L’ideale sarebbe utilizzare la propria bicicletta collegata con un ciclosimulatore. Quando si utilizzano delle cyclette sarebbe importante riportare le proprie misure nel modo più fedele possibile».

Il massimo sarebbe riuscire a collegare la propria bici ai sensori e agli hardware del laboratorio per eseguire il test
Il massimo sarebbe riuscire a collegare la propria bici ai sensori e agli hardware del laboratorio per eseguire il test

Parola a Mariano

Questa riposta ha suggerito uno spunto di riflessione molto meno banale di quanto possa sembrare. La posizione corretta infatti influisce sul rendimento, vale a dire sui numeri del test? Oppure riguarda la produzione di acido lattico stesso perché magari con una diversa posizione cambia la circolazione sanguigna, o perché non si respira altrettanto bene?

Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Mariano, esperto biomeccanico, il quale come sua abitudine non lesina chiarezza.

«E’ vero – spiega Mariano – la posizione incide sul test del lattato. Se vai a reclutare distretti muscolari diversi da quelli che usi solitamente, è chiaro che i dati sono falsati. E potrebbero essere anche falsati in meglio. Se si reclutano gruppi muscolari che non sono stressati e quindi più freschi, la concentrazione del lattato sarà inferiore».

Quando Mariano effettua le sue visite biomeccaniche tiene conto anche degli schiacciamenti delle vene: «Se il femore ha un angolo troppo chiuso, è chiaro che la vena iliaca non irrora in modo corretto».

Giro 2012, Purito Rodriguez 2° per soli 16″: nella crono finale di Milano arrivò 26° a meno di 2′ da Pinotti in oltre 33′ di sforzo
Giro 2012, Purito Rodriguez 2° per soli 16″: nella crono finale di Milano arrivò 26° a meno di 2′ da Pinotti in oltre 33′ di sforzo

Watt o millimoli?

Come dicevamo, c’è da fare una distinzione tra valori: i watt espressi e l’accumulo di millimoli di acido lattico. E’ un discorso di dati, più o meno buoni, o una produzione intrinseca di lattato?

«Entrambi – va avanti Mariano – ma probabilmente si tratta anche della produzione stessa, perché torno al discorso di prima: se usi muscoli meno allenati o più freschi, questi dati possono variare. In questo caso dipende anche dal tipo di test che si va a fare, perché come sappiamo ci sono diversi protocolli. 

«Se fai un test il cui protocollo è breve, in cui è previsto un picco massimo da lì a pochi minuti o secondi e la posizione è diversa, il risultato è diverso e quasi certamente migliore… per assurdo.

«E’ un po’ come quando vi ho raccontato che stravolgemmo la posizione di Purito Rodriguez prima della crono finale del Giro d’Italia. Fu una scelta estrema e azzardata che teneva conto di questa situazione. Volevamo fargli usare muscoli più freschi. E infatti, al netto che perse il Giro, lui fece la crono della vita».

Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano, biomeccanico di Mariano Engineering Cycling e Fisioradi, alle prese con il suo lavoro
Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano, biomeccanico di Mariano Engineering Cycling e Fisioradi, alle prese con il suo lavoro

Con la propria bici 

Mariano spiega poi che oggi l’atleta professionista tende a fare i test con la sua bici. Preferisce avere dati concreti piuttosto che usare un cicloergometro e avere dei dati in output più precisi (ipotizzando che un cicloergometro professionale sia estremamente preciso).

«E’ difficile stabilire quanto incida il cambio di posizione – chiarisce il biomeccanico – sinceramente non saprei. Non ho mai fatto certe comparazioni numeri alla mano, anche perché io curo solo la parte biomeccanica e mi piace dare risposte concrete».

E allora visto che si parla di posizione, cosa incide di più?

«Tutto è tutto legato. Se ti metto in bici e non guardo almeno i tre punti principali, cioè arretramento, altezza e tacchette, si scombussola tutto il resto. Se ne sistemo uno solo, ho modificato la situazione. Se arretramento, altezza e tacchette non vanno a collimare peggioro la situazione. Faccio un esempio, se tu hai la sella troppo indietro ed è anche bassa e io la alzo solamente, ho fatto peggio».

Sella più bassa? Comanda la ricerca (disperata) di forza

10.05.2022
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Vi ricordate, eravamo partiti da Thibaut Pinot e quanto pedalasse basso. Il francese aveva catturato la nostra attenzione al Tour of the Alps. In quei giorni lo avevamo visto dal vivo, sia nelle fasi di corsa che in quelle di contorno, come andare e tornare al foglio firma. E in effetti ci sembrava davvero basso di sella. Teoria rincarata da Adriano Malori.

Per non parlare poi di quella sua posizione tanto raccolta anche in termini di lunghezza. 

Qualcosa però che a ben analizzare non riguarda solo il corridore della Groupama-Fdj. In tanti pedalano qualche millimetro al di sotto dei canoni biomeccanici. Ma a questo punto ci siamo domandati se questi canoni siano ancora esatti. Ancora attuali. 

Posizione iper raccolta e bassa per Pinot, ma va detto che il francese da anni combatte col mal di schiena
Posizione iper raccolta e bassa per Pinot, ma va detto che il francese da anni combatte col mal di schiena

Parola a Mariano 

Alessandro Mariano è uno degli esperti in materia. Con lui già avevamo parlato qualche mese di argomenti simili, come per esempio la sella in avanti. E adesso torniamo a battere il chiodo sul discorso dell’altezza.

«La vostra sensazione – spiega Mariano – è corretta. Avevamo già parlato più o meno di questo discorso, che infatti è strettamente legato all’avanzamento della sella stessa.

«C’è questa tendenza di abbassare la sella perché sono cambiate le strategie di allenamento. Poi Pinot lo fa in modo esagerato, ma anche altri l’hanno abbassata. Mediamente, almeno guardando i mei corridori si è scesi di 3-5 millimetri, ma c’è anche chi è arrivato ad 8».

«Portare la sella in avanti o abbassarla implica un maggior lavoro del quadricipite. Oggi sono molto sviluppati. Questo perché? Perché si va a prendere la forza dove c’è… Di riflesso è qualcosa che vogliono anche gli amatori, ma gli si fa del male. Perché questa posizione va a sovraccaricare ginocchia e tendine rotuleo. Il che, in teoria, non va bene neanche per un pro’. A loro però una vittoria cambia la vita, la ricerca della prestazione è centrale. E poi non lo devono fare per tutta la vita».

Senza contare, aggiungiamo, che sono seguiti da staff medici.

Anche VdP pedala piuttosto basso di sella. La ricerca della forza vale anche per lui
Anche VdP pedala piuttosto basso di sella. La ricerca della forza vale anche per lui

Parola a Toni

Mariano tira in ballo la preparazione e allora abbiamo ascoltato anche un preparatore. E uno dei più attenti al discorso legato alla biomeccanica è Pino Toni.

La cosa bella è che i due tecnici, seppur di settori differenti, parlano esattamente la stessa lingua. Toni conferma quel che sostiene Mariano.

«Personalmente – spiega Toni – non ho mai consigliato di abbassare la sella, ma c’è chi lo ha fatto. Per quel che mi riguarda accade maggiormente nei biker. Io seguo anche Josè Dias, un biker potente. Lui ha abbassato la sella e ha anche cambiato preparazione e qualche crampo lo ha avvertito. Questo perché quando i muscoli sono fortemente sollecitati, si accorciano. Pertanto ci sta che abbassino la sella per ridurre queste estensioni».

Ma in cosa è cambiata la preparazione? Si è detto che oggi i corridori vanno più agili: è in questa direzione che è cambiata? E sempre per questa motivazione si è ridotta l’altezza della sella? Anche in questo caso Toni fa chiarezza: la questione dell’agilità è marginale.

«Oggi – spiega il tecnico toscano – serve più potenza, più energia. Per fare un esempio, oggi un corridore di 65 chili che fa 400 watt alla soglia non dico che non va da nessuna parte, ma è uno dei tanti. Sono i numeri che lo dicono. Per forza di cose, andando a cercare la forza là dove ce n’è di più (sul quadricipite, ndr) mi devo abbassare, devo creare più energia, più efficienza muscolare».

«Poi il discorso dell’agilità a me in quanto preparatore paradossalmente riguarda fino ad un certo punto (nell’ambito di questo discorso, ndr). Non si tratta di andare agili o duri, si tratta di fare forza, di sviluppare energia. Se poi lo si fa con l’alta o bassa cadenza non cambia».

Esercizi come i balzi contribuiscono alla forza esplosiva, quella di cui c’è più bisogno e che più accorcia la muscolatura
Esercizi come i balzi contribuiscono alla forza esplosiva, quella di cui c’è più bisogno e che più accorcia la muscolatura

Comanda la forza

Sia Toni sia Mariano pertanto dicono che alla base c’è la ricerca della forza. Non si abbassa quindi la sella perché si va più agili, ma perché si deve sviluppare più forza. E i muscoli che si sviluppano di più sono i quadricipiti.

Anche per questo motivo Mariano aggiunge una nota molto interessante. «L’abbassamento della sella riguarda soprattutto i corridori potenti, i passisti veloci, quelli da classiche. Sono loro che spingono di più, che sviluppano più forza e chiamano in causa i quadricipiti. Ma si vede ad occhio nudo. La muscolatura dello scalatore è più allungata, lavora di più col bicipite femorale e anche col polpaccio».

«Già 25 anni fa in Telekom – conclude Toni – dicevano, quando si parlava di biomeccanica, che non si trattava solo di misure degli arti, ma anche d’intersezione dei tendini (altro cavallo di battaglia anche di Mariano, ndr). Una biomeccanica fisiologica dell’atleta, se così possiamo dire. Non è detto infatti che due corridori che hanno la stessa lunghezza di femore abbiano gli stessi attacchi tendinei.

«Questo per dire che alcune caratteristiche poi non possono essere cambiate: chi va duro, va duro. E chi va agile, va agile. Sì, ci si può lavorare, ma non si può stravolgere». 

Mariano: «Non esiste la posizione della vita». Valverde insegna

09.03.2022
5 min
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Posizione in sella e anni che passano: che relazione c’è tra le due cose? Quanto varia la posizione del corridore?

Una volta, quando si iniziava la stagione quasi sempre con qualche chiletto di troppo, e si andava dal biomeccanico spesso le misure erano prese “in prospettiva”. Una delle domande che venivano poste era: “quanto sei sopra”?». Riferendosi ai chili. Quindi si lasciava uno spessore in più sotto al manubrio con la promessa di toglierlo non appena si fosse raggiunto il peso forma.

Questo per dire che un po’ si è sempre intervenuti sulla posizione nel corso della stagione. Ma il discorso è ben complesso e merita l’ausilio di un esperto. Nel nostro caso è Alessandro Mariano, biomeccanico che da tantissimi anni segue molti professionisti. 

Alessandro Mariano: parte sempre dall’analisi muscolare con gli strumenti per individuare la posizione più efficiente
Alessandro Mariano: parte sempre dall’analisi muscolare con gli strumenti per individuare la posizione più efficiente
Alessandro, quanto varia, ammesso che vari, la posizione in bici nel corso della carriera?

Varia sì! Non esiste la posizione della vita, né per un pro’, né tantomeno per un amatore. Una volta venne da me un cicloamatore di 60 anni che mi disse: quando ero dilettante stavo così. E io gli risposi: ecco perché questa posizione non va più bene.

Un bel lasso di tempo in effetti… Quanto dura quindi una posizione?

La vita media è di 1-2 anni. Poi bisognerebbe rivedere sempre qualcosa. Perché ci sono molte cose che cambiano.

Cosa?

Nell’atleta il passare del tempo e quindi principalmente della sua muscolatura. In un amatore quello che fa nella vita, se ha cambiato mestiere. Se un rappresentante ha cambiato macchina me ne rendo conto dalla sua postura, pensate un po’. Ma in generale, al netto dell’ingrassare o del dimagrire, col passare degli anni cambiano le taglie dei vestiti, figuriamoci una posizione basata sui millimetri.

Hai detto che col passare del tempo, il corridore modifica soprattutto la sua muscolatura: cosa succede?

Premesso che non c’è una regola fissa, la tendenza media è quella di “accorciarsi” muscolarmente. Si diventa più piccoli. E la prima cosa che si fa è quella di portare la sella più avanti. Ma c’è stato anche chi è andato contro questa regola e si allungato.

Però molti corridori, almeno una volta, quando passavano pro’ erano grossi, potenti, poi col tempo perdevano massa: in teoria non dovrebbero allungarsi?

Questo è vero, ma appena passati. Dopo tanti anni la maggior parte si accorcia. Cambiando muscolarmente, per farlo lavorare allo stesso modo, nella stessa efficienza, con gli stessi muscoli bisogna intervenire e chiaramente cambiano anche gli angoli. Nelle mie valutazioni parto sempre dall’osservare come lavora e come rende la muscolatura.

C’è un corridore che più di altri ha variato la sua posizione in questi anni?

Valverde – risponde secco Mariano – in Alejandro la differenza è ancora più macroscopica vista la longevità della sua carriera. Io poi l’ho anche seguito all’inizio e me lo ricordo bene.

E in cosa è cambiato?

Nell’avanzamento della sella. Vedendolo adesso credo sia almeno 2 centimetri più avanti. Forse, e sottolineo forse, potrebbe essere un po’ troppo, ma di base sono d’accordo con questa tendenza. E tutto sommato nella sua condizione può anche osare di farsi male, tanto tra poco smette.

Cosa potrebbe accadergli?

Come abbiamo detto anche qualche tempo fa, oggi si esagera nel pedalare in avanti. Bisogna stare attenti ai sovraccarichi articolari, bisogna sempre trovare l’equilibrio tra l’efficienza articolare e il carico (la forza della spinta, ndr).

Se si sposta la sella più avanti poi bisogna anche alzarla?

Dipende. C’è chi ha bisogno di portarla solo in avanti, chi deve solo abbassarla un po’ (e automaticamente va un pelo avanti, ndr) e chi deve abbassarla e avanzarla.

E invece riguardo al manubrio cosa succede?

Ancora una volta dipende dal soggetto. Come ho detto, si tende ad accorciarsi, quindi gli attacchi sono un po’ più corti o un po’ più alti.

Eppure Valverde sembra sia ancora più basso. Però è anche vero che lui è un “fan” della ginnastica, addominali e dorsali in particolare, magari ha acquisito una certa elasticità…

La ginnastica incide di sicuro. Ma bisogna andare oltre addominali e dorsali, c’è anche tutta la zona paravertebrale su cui lavorare, la catena posteriore, quella anteriore… Valverde evidentemente si poteva abbassare.

E in un grande Giro varia la posizione?

Feci dei test durante il Giro e la Vuelta e se davvero uno volesse la stessa pedalata dall’inizio alla fine, a metà Giro bisognerebbe intervenire. Ma poi praticamente nessuno lo fa per paura di sconvolgere equilibri fisici e mentali.

E nel caso come si dovrebbe intervenire?

Spostandosi un po’ indietro. Il che può sembrare un controsenso, ma dopo 15 giorni di carichi intensi ci si allunga.

C’è qualcuno che ha variato la posizione durante un Giro?

Ancora una volta… Purito Rodriguez. Lui ti chiedeva: ma così vado più forte? Io gli rispondevo di sì. E lui: vai cambia!

Cambia di più uno scalatore o un velocista la sua posizione col passare del tempo?

Più o meno è lo stesso, cambiano tutti, ma nello scalatore che pedala più arretrato forse si nota di più lo spostamento.

All’inizio abbiamo parlato del peso: oggi i corridori sono molto costanti tutto l’anno anche col peso. Alla ripresa al massimo hanno 2-3 chili in più. Ma incide?

E’ una delle motivazioni che porta a cambiare posizione, ma se si dimagrisce il giusto, 2-3 millimetri la sella si può alzare (di conseguenza si è un po’ più schiacciati davanti, ndr) perché avendo “più spazio” ci si può estendere meglio.

Leve lunghe: quanto incidono? Ne parliamo con Mariano

19.02.2022
5 min
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Leve lunghe. Corridori altissimi e magrissimi. Il caso del norvegese Jacob Hindsgaul visto al Tour of Antalya è stato emblematico. E’ sembrato di tornare ai tempi di Andy Schleck, il quale era solo un centimetro più basso ma aveva lo stesso peso.

Il corridore della Uno-X è alto 187 centimetri per 67 chili. Il rapporto potenza/peso incide ancora molto? E quanto conta avere delle leve lunghe? Argomento che abbiamo portato all’attenzione di Alessandro Mariano, biomeccanico di lungo corso e tra più esperti in assoluto.

Jacob Hindsgaul (a destra) è alto 187 centimetri per 67 chili. A colpire è stato il suo femore molto lungo
Jacob Hindsgaul (a destra) è alto 187 centimetri per 67 chili. A colpire è stato il suo femore molto lungo
Alessandro, siamo in un’era in cui il discorso del peso, e di conseguenza del rapporto potenza/peso, sembra incidere un po’ meno rispetto a qualche anno fa. E’ così? Si presta più attenzione ad altri aspetti come alimentazione, materiali, vestiario…

Eh – il suo tono la dice lunga – il rapporto potenza/peso incide ancora molto, moltissimo. I corridori sono magrissimi. Più leggero sei, più sali forte. Vi racconto questa e lo premetto: non è una barzelletta. Un corridore poco mentalizzato a perdere peso non mangiava come doveva. Abitava in cima ad uno strappo molto impegnativo. Un giorno poco prima che rientrasse, la moglie lo chiamò e gli disse di prendere alcune cose, tra cui se ben ricordo c’era un chilo di mele. Lui si fermò e fece la salita con questo peso in più. Si accorse, “dati alla mano”, della fatica in più che fece. Fu una scossa…

Okay, si dice il peccato e non il peccatore, ma…

Non lo svelo, ma posso dire che è un corridore ancora in gruppo.

Dal punto di vista biomeccanico, le leve lunghe quanto incidono anche in relazione al peso? Sono un vantaggio per chi non è propriamente uno scalatore?

Come avete detto voi parliamo di leve. E più sono lunghe e meglio è, si spinge di più. A prescindere da quanto pesa l’atleta. Nel caso di un ciclista però è ancora più importante il frazionamento di queste leve, vale a dire quanta differenza c’è tra femore e tibia. 

Spiegaci meglio…

Dico dei numeri a caso: se ho 100 centimetri di gamba è meglio che siano ripartiti 70 sul femore e 30 sulla tibia, che non 60-40.

C’era un corridore che non essendo scalatore è riuscito a difendersi bene in salita anche grazie soprattutto alle leve lunghe?

Beh, mi viene in mente Indurain! Lui è l’esempio perfetto. E infatti vinceva anche a cronometro.

Con l’aumentare delle cadenze le pedivelle si sono “accorciate” e le 170 millimetri sono tornate molto di “moda”
Con l’aumentare delle cadenze le pedivelle si sono “accorciate” e le 170 millimetri sono tornate molto di “moda”
La leva lunga dello scalatore è diversa da quella del passista o del velocista?

Premesso che non è una regola, hanno un’attaccatura muscolare diversa. Quella dello scalatore avrà quasi sicuramente un’inserzione più bassa, e quindi più allungata, rispetto a quella del velocista, che invece avrà una muscolatura più compatta.

E una volta messi in sella che differenze noteremmo?

Se fosse solo per le misure, tra un “lungagnone” velocista e un “lungagnone” scalatore, non ci sarebbero differenze da un punto di vista biomeccanico, ma quasi certamente, in virtù del discorso della muscolatura più corta il velocista avrà la sella più avanzata, a parità di misura della bici. E’ il discorso che facemmo la volta scorsa con Abdujaparov e Gotti.

Oggi vediamo delle posizioni sempre più raccolte, con selle molto avanzate (come Froome in apertura). Perché si cerca questa spinta molto in avanti? Una volta c’era la regola del menisco in linea verticale con l’asse del pedale quando questo era davanti parallelo al terreno…

Il fatto che negli anni siano cambiate le preparazioni, l’alimentazione, la palestra… si sono avute delle ripercussioni anche sulla muscolatura e si cerca una spinta più avanzata e più “potente”, tuttavia non c’è un test scientifico che ne accerti i vantaggi muscolari. Non ci si rende conto di quanto influisca l’aspetto psicologico su certe scelte. Mentre non si dà la giusta importanza al piede.

Il piede?

Certo, se ci si pensa fa parte degli angoli della spinta e possono cambiare molto in base alla sua conformazione. Tutto dipende da dove si ha il malleolo, il punto di spinta, il punto di forza del piede. Per esempio, Joaquim Rodriguez aveva un piede anomalo. Aveva il malleolo molto indietro, tanto che Sidi doveva fargli una doppia foratura per posizionargli le tacchette in modo ottimale. Aveva dei fori che erano 3-4 millimetri più indietro rispetto alla norma. E’ moltissimo.

Spesso i corridori sono restii a cambiare scarpa. Per Mariano la tacchetta è importantissima per il discorso di angoli e leve
Spesso i corridori sono restii a cambiare scarpa. Per Mariano la tacchetta è importantissima per il discorso di angoli e leve
E invece la lunghezza degli arti incide sulle pedivelle?

Certamente, va ad influenzare la loro lunghezza. Però dipende molto dal soggetto e dalla sua capacità di pedalare con una certa cadenza. E infatti Purito, continuo a citare lui in quanto è stato uno dei campioni recenti che ho seguito più da vicino, era una particolarità. Lui pur essendo basso, utilizzava pedivelle da 172,5 millimetri. Dipende dalla cadenza ottimale. Più le rpm sono alte e più si tende ad utilizzare una pedivella più corta. Più sono basse e più si tende ad utilizzare una pedivella lunga. E questo incide sulla scelta a parità di misure degli arti inferiori.

Hai parlato di cadenza ottimale…

Sì, e si può determinare. Si chiama test di coppia, esattamente come in un motore di una vettura s’individua la coppia massima dell’atleta. 

E come funziona questo test?

Si fa pedalare il corridore con le stesse frequenze cardiache e man mano si aumenta il numero di pedalate. Si arriverà ad un punto in cui avverrà una perdita di potenza. Quello è il punto di rottura ed individua la cadenza ottimale di quel corridore.

Oggi si tende ad utilizzare pedivelle più corte…

Vero, rispetto a qualche anno fa le rpm si sono alzate e di conseguenza assistiamo a questo “accorciamento” delle pedivelle.

Bici aero o tradizionale, per il biomeccanico contano gli angoli

01.02.2022
6 min
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Bici aero o bici “da scalatore”? Questo è il dilemma… Oggi, specie nei grandi team, gli atleti hanno a disposizione entrambe le tipologie di bici. In alcune squadre è il costruttore stesso a dare indicazioni circa il modello più adatto alla tipologia di percorso e del meteo (in questo caso in relazione soprattutto alle ruote), ma molto più spesso accade che il corridore “battezzi” una bici e tenda ad utilizzare sempre quella per tutta la stagione.

Ma su che base la sceglie? Ci sono anche discriminanti che riguardano la biomeccanica? Su questo aspetto chiediamo lumi ad Alessandro Mariano, biomeccanico del centro Fisioradi che da anni segue moltissimi professionisti.

Maurizio Radi, titolare di Fisioradi Medical Center a Pesaro. A destra, Alessandro Mariano
Maurizio Radi, titolare di Fisioradi Medical Center a Pesaro. A destra, Alessandro Mariano

Aero o tradizionale?

Le sue risposte, lo ammettiamo, ci hanno un po’ spiazzato e lui stesso per primo ammette che anche in grandi team tante volte, ma proprio tante è il tarlo del corridore a scegliere la bici.

«La prima discriminante – dice Mariano – che influenza il corridore è il peso. E solitamente la bici aero pesa un po’ di più, quindi chi la sceglie è generalmente un velocista o comunque un atleta grande e potente. Lo scalatore di certo ha la “fissazione” dei grammi… questo per dire che non sempre le scelte delle bici vengono fatte in base a discriminanti tecniche o biomeccaniche».

Ma se questa è la base di ragionamento di molti corridori, lui da biomeccanico su che cosa si basa nell’assegnare una bici aero o una tradizionale?

«Io mi baso sugli angoli – spiega Mariano – e se questi tra modello aero e modello tradizionale sono gli stessi, per me non cambia assolutamente nulla. In quel caso la scelta è del corridore. La tipologia di tubazioni, il tipo di carbonio… non incidono. E’ l’atleta che sceglie in base alle sue sensazioni, alla guidabilità, al peso».

Oggi la componente aerodinamica sta diventano predominante. Le medie orarie aumentano ed essere efficienti contro l’aria conta eccome. Non a caso anche i modelli leggeri hanno dei richiami aero. E le bici prese ad esempio appena sotto di tre team (rispettivamente Bahrain Victorious, Astana Qazaqstan e Bardiani Csf Fainzaè) ne sono testimonianza. La Merida Scultura (specie la versione 2022), la MCipollini Dolomia e Wilier 0 Slr magari non fanno dell’aerodinamica la loro peculiarità, ma neanche la trascurano.

Prima gli angoli…

«Alla fine – riprende Mariano – per me quel che comanda sono gli angoli, soprattutto quello del tubo piantone. Quello del tubo di sterzo, invece, da un punto di vista biomeccanico “conta poco”, questo riguarda più la guidabilità, mentre quello piantone è quello che determina la posizione della sella, se va spostata più o meno avanti. Ed è quella da cui tutto ha inizio.

«Pensate che nel mio protocollo, salvo errori madornali, al primo step la posizione del manubrio neanche la guardo. Prima sistemo l’angolo piantone e la posizione della sella. Il corridore ci pedala per un certo periodo, si assesta e vedo come si adatta la sua muscolatura».

Verso taglie standard 

«Oggi tra l’altro le geometrie, sia aero che tradizionali, si sono molto standardizzate. L’angolo del tubo piantone oscilla mediamente fra 73° e 73,5°. Si arriva a 74,5° nelle taglie molto piccole e a 72,5° in quelle molto grandi. E da biomeccanico mi devo adattare.

«In passato, con i telai in acciaio e in alluminio che si potevano personalizzare era più facile mettere un corridore in sella e farlo rendere al meglio. Se si andava in un team non c’erano due bici uguali».

«Faccio un esempio. Ivan Gotti e Djamolidine Abduzhaparov scheletricamente erano identici. Si sarebbero potuti scambiare la bici in qualsiasi momento, eppure avevano una muscolatura agli antipodi. Abdu aveva un quadricipite molto corto (esplosivo da velocista), Gotti ce l’aveva molto lungo. In particolare l’attacco del suo quadricipite era molto basso. Scherzando, gli dicevo che ce l’aveva sotto la rotula! Abdu era più avanzato e Gotti più arretrato.

«Le misure e le geometrie attuali avvantaggerebbero Abduzhaparov. Ivan infatti aveva un tubo piantone di 71,5° e Abdu di 74°, va da sé che si sarebbe adattato alle nuove geometrie con maggior facilità. Con ogni probabilità Gotti avrebbe avuto un attacco manubrio più lungo e Abdu uno più corto».

Muscoli e ossa

Il “disegno” dei muscoli quindi conta, ma conta sempre ai fini degli angoli di spinta e non della tipologia di telaio. 

«Io – riprende Mariano – che uso l’elettromiografo poi lo vedo subito. Vedo quanto rende l’atleta in questa o quella posizione. Per esempio: un corridore è molto forte nei glutei. Se voglio sfruttarglieli lo posiziono molto indietro, così da esaltare la sua catena posteriore. Se invece è forte di quadricipiti lo metto tutto davanti».

E qui poi subentrano anche i discorsi sulla tenuta, sui conseguenti crampi, sulla comodità col passare delle ore e dei chilometri. Discorso che vale ancora di più durante una grande corsa a tappe. Ma una cosa è certa, nella scelta del modello di bici aero o tradizionale, una volta appurati gli angoli ed escluse forzature di posizione, il biomeccanico ha meno margine di manovra. La scelta finale, spetta al corridore.

L’evoluzione dell’altezza di sella, parola al biomeccanico

02.12.2021
5 min
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In questi anni abbiamo assistito ad un’evoluzione di tutto: alimentazione, materiali, posizioni. E su quest’ultimo fronte la variazione più significativa riguarda l’altezza di sella. Ad un primo impatto sembra che tale misura si sia accorciata, cioè che i pro’ pedalino più bassi rispetto a dieci o venti anni fa.

Tra i primi a mostrarci in modo marcato il suo pedalare basso fu Alberto Contador: da certe immagini era davvero palese. Lo spagnolo fu tra i primi a mulinare rapporti cortissimi, ad andare agile da una parte e ad avere la sparata col rapportone dall’altra. Si vedeva che era frutto di un nuovo ciclismo, riferendoci a quegli anni chiaramente.

E allora come è cambiata l’altezza della sella? Cerchiamo di capirlo con l’aiuto di Alessandro Mariano, uno dei biomeccanici a più a stretto contatto con i professionisti del gruppo.

Michal Kwiatkowski è tra coloro che pedalano più bassi. E come lui il suo compagno Carapaz
Michal Kwiatkowski è tra coloro che pedalano più bassi. E come lui il suo compagno Carapaz

Cambiamento in generale

«Selle abbassate? Direi “ni” – esordisce Mariano – dipende dai punti di vista. Rispetto al passato se si confrontano l’apparato muscolo-scheletrico dei corridori non sempre si tende ad abbassarla. Alcuni soggetti addirittura l’hanno alzata. In linea di massima però è vero: un po’ ci si è abbassati. Parliamo di millimetri e non centimetri. Potrei dire sui 4-5 millimetri mediamente, ma c’è anche chi è arrivato a 6 e chi invece si è fermato a 3».

Mariano porta subito il discorso a livelli più elevati. E presto scopriamo che il tema è a dir poco vasto.

«Facciamo un confronto con i corridori degli anni 2000-2010: da quel periodo sono cambiati allenamenti e alimentazione e di conseguenza anche morfologicamente l’atleta è molto diverso. Se guardiamo ai corridori di quel periodo sembrano degli amatori. Anzi, oggi un amatore è più tirato. Anche il lavoro muscolare e i muscoli stessi cambiano. Cambiano le cadenze e inevitabilmente anche l’altezza di sella ne risente».

Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano lavora anche nel centro Fisioradi di Pesaro
Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano lavora anche nel centro Fisioradi di Pesaro

Non c’è una regola fissa

Per Mariano tutto è collegato. Impossibile analizzare la sola distanza fra il centro del movimento centrale e la parte superiore della sella. Almeno per lui e per il suo modo di “operare”.

«Sono cambiati gli angoli di spinta. Ma se non fosse cambiato l’aspetto muscolare, l’altezza sarebbe rimasta la stessa. In tutta questa evoluzione c’è chi l’ha abbassata, ma c’è anche qualcuno (pochi) che l’ha alzata.

«Non c’è una tipologia di corridore che alza e una che abbassa. Non è che un velocista la alza e uno scalatore l’abbassa, ecco. Dipende sempre dal soggetto. Dico questo perché io uso l’elettromiografo per capire la posizione col miglior rendimento. Si tratta di mettere tutti i distretti in condizione di lavorare al meglio tra loro».

Oggi le selle sono cambiate e sempre più corridori utilizzano quelle più corte
Oggi le selle sono cambiate e sempre più corridori utilizzano quelle più corte

Rapporti e selle

Come detto sono molti i fattori che influenzano tale quota. Per noi uno dei più importanti è legato ai rapporti, ma per Mariano nessun fattore è distaccato dagli altri o incide di più. 

«Oggi si usano rapporti più corti – dice Mariano – quindici anni fa era impensabile che un po’ utilizzasse un 34×28. Di conseguenza sono cambiate le tabelle di allenamento e le cadenze, più elevate. Quanto incidono quindi i rapporti? Non più di altri fattori. Sì, può variare un po’ da soggetto a soggetto: magari per un atleta l’allenamento incide il 30 per cento e i rapporti il 40 per cento, per un altro contano entrambi il 3%… Più o meno il peso è uguale per ogni fattore.

«E poi sono cambiate le selle. Senza tornare indietro alla preistoria, fino a qualche anno fa le selle si allungavano indietro e di conseguenza si allargavano nella parte posteriore. Adesso invece si allargano prima, si ha un limite meccanico (un punto di appoggio, ndr). Quando dico si allargano intendo il famoso centro anatomico, anche se io preferisco chiamarlo il punto dove si ferma il bacino. 

«Questa misura mediamente viene individuata a 72 millimetri, ma dai vari test che ho fatto per qualcuno avanza un po’ (68 millimetri) e per altri arretra (73-74 millimetri). Dipende dal bacino».

Tutto ciò porta a pedalare, in teoria, più avanzati e già questo basterebbe a ridurre, seppur di poco l’altezza di sella. Ma poi come dice Mariano è l’insieme che conta. E’ importante collegare tutti i distretti. Stare più avanti di sella magari implica un cambio anche della posizione sul manubrio (per lunghezza e altezza). E a catena tutto il resto.

Purito (Rodriguez) impegnato nella crono finale del Giro 2012. La sua posizione fu stravolta prima del via da Mariano
Rodriguez nella crono finale del Giro 2012. La sua posizione fu stravolta prima del via da Mariano

E a crono?

«Contro il tempo il discorso cambia un po’- riprende Mariano – a livello di utilizzo muscolare potrei dire che è un altro sport. Tuttavia l’incidenza dei fattori citati in precedenza (alimentazione, allenamenti, muscolatura, selle) più o meno è la stessa. Con un cronoman puro puoi ottimizzare al massimo e osare anche posizioni più estreme. Con un uomo di classifica che invece deve andare forte anche il giorno dopo, devi trovare un buon compromesso, altrimenti nella tappa successiva paga. Se invece è l’ultima frazione allora puoi estremizzare anche con l’uomo di classifica. E lo mando forte…

«Se mi è successo? Sì e più di qualche volta. Con Joaquim Rodriguez, per esempio. Nell’ultima tappa del Giro d’Italia che vinse Hejsedal per soli 12” su di lui. Quella volta stravolgemmo la posizione prima della crono finale e Purito fece la crono della vita, ma non bastò. Diciamo che quell’anno fu sfortunato perché fu l’unica volta in cui tolsero gli abbuoni in salita, altrimenti avrebbe vinto quel Giro con un bel distacco».

Tacchette, così nascoste, così importanti…

02.03.2021
5 min
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La giusta posizione delle tacchette per un corridore è importantissima. Si tratta di una questione millimetrica che se mal gestita o sottovalutata può causare anche spiacevoli inconvenienti, per questo sono fondamentali la precisione e soprattutto una persona competente che conosca bene la materia. Ne avevamo già parlato con Aldo Vedovati, questa volta invece ci siamo rivolti ad Alessandro Mariano, esperto biomeccanico, noto per aver posizionato in bici molti campioni come Alberto Bettiol e Davide Formolo.

Quanto è importante per un corridore avere le tacchette ben posizionate?

E’ la base di tutto, bisogna dedicarsi a quest’aspetto con molta attenzione e precisione.

Perché?

Perché stiamo parlando della parte del corpo verso la quale scarichiamo la potenza, quindi è necessario trovare il giusto punto in cui imprimerla.

Il posizionamento passa attraverso un’attenta serie di misurazioni
Il posizionamento passa attraverso un’attenta serie di misurazioni
Come si montano le tacchette? Ci sono strumenti che possono aiutare?

Io utilizzo una pedana baropodometrica e stabilometrica in modo tale che riesco a vedere bene la morfologia del piede così da individuarne il punto di forza.

Come funzionano questi strumenti? Esistono anche altri modi?

Questi strumenti nascono per la medicina, vengono utilizzati dagli ortopedici. Per me sono molto utili perché forniscono dati affidabili. Ti faccio un esempio: la pedana baropodometrica misura la pressione che il piede esercita sulla suola, è un dato importantissimo.

Una volta individuata la posizione delle tacchette è facile riportarla ad esempio su un paio di scarpini nuovi?

Potrebbe esserlo solo se parliamo di due paia di scarpini dello stesso modello. Se così non fosse bisogna affidarsi a un biomeccanico.

Cosa consiglieresti a un corridore che deve scegliere tra tacchette mobili o fisse?

Io preferisco quelle mobili senza ombra di dubbio. Il piede non può essere costretto a rimanere fermo, ha bisogno di muoversi, non siamo nati per essere bloccati.

L’analisi della pressione dei piedi permette di valutare bene il punto di partenza
L’analisi della pressione dei piedi è un passaggio fondamentale
Questa differenza influisce sulla prestazione?

Parecchio, c’è una falsa credenza secondo cui le tacchette mobili fanno perdere la potenza. Io dico che è il contrario e non solo, se non lasci un margine di movimento al piede è la volta buona che insorgono problemi.

Ad esempio?

Problemi con le ginocchia e i corridori sanno bene quanto sia poco simpatico imbattersi in tendiniti e infiammazioni varie. Se il piede lo blocchi stai pur sicuro che scarica altrove la tensione.

Ti ricordi qualche caso di atleti con problemi simili?

Ce ne sono molti, in linea di massima ti dico che si infiammano le ginocchia, in alcuni casi anche il tendine d’Achille.

A chi consigli invece le tacchette fisse?

Ai corridori che hanno una costituzione fisica perfetta. Si può iniziare con un periodo di prova, poi si fanno le dovute considerazioni.

Si dice che un velocista ne ha più bisogno di uno scalatore: è vero? Il velocista può avere vantaggi, usando la tacchetta fissa?

Se facciamo un discorso inerente ai pistard vi dico di sì, ma se parliamo delle corse su strada scordatevelo! Quando facciamo prove di resistenza è rischioso obbligare le articolazioni a un solo movimento. Non è la loro struttura fisiologica, i velocisti a mio avviso devono usare le tacchette mobili.

Tanti i modelli in commercio, ciascuno con le sue prerogative
Tanti i modelli in commercio, ciascuno con le sue prerogative
Per i corridori che hanno subito traumi articolari, muscolari o rotazioni del bacino a seguito di una caduta, si può intervenire anche sulle tacchette?

No, in tal caso io consiglio esclusivamente un osteopata o un fisioterapista. Se un atleta ha il bacino ruotato e tu monti le tacchette di conseguenza, succede che inizialmente ha delle buone sensazioni, ma nel lungo periodo si crea un casino. Credetemi, è meglio evitare.

Che tipo di problemi si creano? Qui si entra nel campo delle compensazioni che il fisico mette in atto ed è molto interessante.

Le compensazioni nascono quando il problema non si è risolto in tempo, allora in questo caso si corregge l’errore lentamente, ammesso che ce ne sia bisogno. Comunque è preferibile far crescere la pianta dritta, in caso contrario bisogna sempre rincorrere qualcosa.

Insomma qui non si può sgarrare di un millimetro…

Considera che se hai la sella più bassa o più alta di due millimetri, la correggi senza compromettere nulla. Se invece hai le tacchette spostate anche di un solo millimetro è troppo e non te lo puoi permettere, per questo consiglio le tacchette Time, sono veramente affidabili sotto ogni punto di vista, e naturalmente consiglio soprattutto un bravo biomeccanico.

Pensi sia giusto abbinare il posizionamento in sella con quello delle tacchette?

In bici il movimento è omogeneo, si deve fare questo tipo di abbinamento. Io consiglio sempre di considerare questo aspetto nella sua generalità. Un corridore sulla bici lo si posiziona trovando il giusto equilibrio tra i punti fondamentali quali l’altezza della sella, la distanza tra manubrio e sella, la giusta posizione delle tacchette e cosi via.

Non c’è niente di banale in quelle tacchette sotto gli scarpini
Non c’è niente di banale in quelle tacchette sotto gli scarpini
Pensi che la posizione delle tacchette possa variare a seconda della condizione fisica dell’atleta?

No, non sono favorevole, è una buona idea intervenire sulla posizione in bici, ma non sulle tacchette.

Ritieni giusto che i corridori si facciano montare le tacchette dai meccanici della squadra prima della corsa?

Ci può stare, i meccanici hanno una mano esperta. Certo devono avere le misure giuste e soprattutto il cambio può avvenire tra lo stesso modello di scarpini, altrimenti conviene che sia il biomeccanico ad intervenire tra due modelli di scarpini diversi.

Alessandro Mariano Fisioradi

Fisioradi accoglie il re dei biomeccanici

02.01.2021
2 min
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“Scienza e Salute del ciclista”, si chiama così l’esclusivo programma ad altissima specializzazione proposto da Fisioradi Center a beneficio di tutti i ciclisti che vogliono prepararsi al meglio.

La visione di Radi

Il Poliambulatorio e centro di riabilitazione multifunzionale pesarese coordinato da Maurizio Radi rappresenta un vero e proprio punto di riferimento nazionale per ciclisti, sia amatoriali che professionisti. Questo grazie all’offerta di un metodo esclusivo di allenamento, di valutazione, di alimentazione e di trattamenti e programmi costruiti su misura per ogni singolo atleta.

Presso Fisioradi Center è possibile trovare servizi molto specifici. Si parte dalla semplice visita di idoneità sportiva fino alla valutazione e alla preparazione atletica attraverso vari test. Si possono effettuare: il test Conconi, l’incrementale con lattato, il test di Mader, il Wingate Anaerobic test, il Critical Power 10”, il test potenza/cadenza e la plicometria finalizzata ad estrapolare la percentuale di grasso corporeo del ciclista.

Mariano e i pro’

Si valutano e si predispongono tabelle d’allenamento personalizzate e si dà grandissimo valore alla biomeccanica e al corretto posizionamento in bici. E’ possibile su appuntamento e in collaborazione con Alessandro Mariano, esperto collaboratore di tantissimi corridori professionisti farsi mettere bene in sella. Non mancano poi l’aspetto fondamentale legato all’alimentazione e all’integrazione. E’ possibile avere la consulenza di un nutrizionista. Inoltre, si può fare dell’Indoor Cycling, con lavori specifici di ritmo e resistenza per pedalare insieme ad altre persone alla ricerca di una sana competizione e del divertimento.

Alessandro Mariano mentre lavora sulla bici di Bettiol
Alessandro Mariano mentre mette a punto la posizione di Bettiol

Arriva la nuova sede

Fisioradi consta di un Poliambulatorio e un centro di riabilitazione multifunzionale con ben nove divisioni specialistiche diverse. Un vero e proprio polo di eccellenza, che in primavera inaugurerà una nuova ed avveniristica sede. Da Fisioradi Center la sensibilità per il ciclismo è altissima. Questo grazie principalmente al valore delle professionalità sia mediche che scientifiche (sono oltre 40 e selezionati da tutta Italia) che qui hanno la possibilità di ben svolgere il proprio lavoro.

fisioradi.it