Il nuovo cittì del Belgio. Pauwels e l’incarico arrivato in anticipo

04.02.2025
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E’ un’eredità difficile quella che Serge Pauwels (nella foto di apertura Instagram/Photonewsbelgium) ha accettato. Dopo una lunga carriera da corridore, chiusa nel 2021 dopo essere stato per anni una colonna del Team Sky, a poco più di 40 anni Pauwels sale sull’ammiraglia della nazionale belga raccogliendo l’eredità di Sven Vanthourenhout reduce da un quadriennio culminato con il risultato più grande possibile, la doppietta di ori ai Giochi Olimpici.

Van Aert e Evenepoel, i loro successi hanno avuto un notevole effetto traino sulle giovani generazioni
Van Aert e Evenepoel, i loro successi hanno avuto un notevole effetto traino sulle giovani generazioni

Un fardello pesante per Pauwels, da molti visto come ancora giovane e forse troppo inesperto per guidare una macchina complessa come quella della nazionale belga, ma l’uomo di Lier non è tipo da spaventarsi, ancor meno da tirarsi indietro di fronte alle responsabilità.

Quanto è difficile gestire una nazionale come quella belga?

Beh, è una bella sfida. Gli standard nelle squadre su strada sono molto alti e come federazione vuoi davvero essere all’altezza di quegli standard. Non essere da meno di un team del WT. Quindi essere all’avanguardia nel campo della nutrizione, della meccanica, la logistica. Ma soprattutto lavorare sul gruppo, pur avendolo a disposizione per pochissimo tempo e con gente abituata a corrersi contro giorno dopo giorno. Devi mettere corridori che sono leader nelle loro squadre a confronto, in coabitazione. Far loro accettare anche un ruolo di supporto. E’ un grande puzzle, ma è molto impegnativo da realizzare.

Il neo cittì insieme ad Angelo De Clercq che raccoglie la sua eredità fra gli juniores
Il neo cittì era già nei quadri della federazione belga, gestendo gli juniores
Sei all’inizio della tua avventura, che situazione trovi?

Molto buona, abbiamo una generazione molto forte. Non è un caso, dietro i campioni abbiamo ora una filiera di talenti, ci sono molti giovani che sono davvero promettenti, ma sono al loro inizio, vanno seguiti. E’ bello poter lavorare con questi campioni e provare a lottare per la vittoria nei grandi eventi. Ma per farlo questi corridori andranno seguiti e accompagnati, anch’io nel mio ruolo conto di farlo, non solo nei campionati ma anche nelle occasioni che la stagione presenta.

A tuo giudizio, quanto i risultati di Van Aert prima ed Evenepoel poi stanno influendo sulle giovani generazioni?

Oh, non possiamo sottovalutare il loro ruolo di modelli per i più giovani. Io credo che molti dei giovani emergenti siano ispirati da Remco, dalla sua affermazione repentina. Sta influendo anche sul tipo di corridori: 10 anni fa non avevamo specialisti di corse a tappe, puntavamo solo sulle classiche, ora i suoi successi stanno cambiando tutto, vediamo uno spostamento verso i grandi giri, le classifiche generali. E i corridori in grado di emergere si moltiplicano sempre di più.

Su Alec Segaert, Pauwels è pronto a scommettere dopo averlo avuto nelle file nazionali da junior
Su Alec Segaert, Pauwels è pronto a scommettere dopo averlo avuto nelle file nazionali da junior
Tu hai avuto una lunga carriera con molti risultati importanti. Quando hai iniziato fra i professionisti, era un ciclismo diverso da quello che i giovani trovano oggi?

Certo, Oggi c’è molta più trasparenza e cura nel modo in cui i professionisti si allenano e mangiano perché tutto è messo in mostra, su Strava o sui social media. Ciò significa che quelle informazioni sono in un certo senso disponibili per i giovani ciclisti che cercano di copiare già in giovane età. Questo porta a una maggiore professionalità, forse anche precoce. Noi tutto ciò non l’avevamo, ci affidavamo ai direttori sportivi. Infatti oggi la categoria degli juniores sta già diventando anche più importante degli under 23, a 20 anni sei già un corridore formato.

I mondiali in Rwanda quali difficoltà comporterebbero, sei favorevole al loro spostamento?

La situazione politica lì è molto complicata, ma io di base non sono favorevole. Perché penso che sia un’ottima occasione per allargare gli orizzonti. Ho in programma di andare in Rwanda il mese prossimo per un sopralluogo se la situazione lo consentirà. Io posso parlare dal punto di vista ciclistico e penso che sarà una corsa super dura per tre fattori di stress. Il primo è l’altitudine, perché si pedala sempre sopra i 1.400 metri. Poi il caldo, siamo sempre tra i 25-30 gradi, infine l’umidità che è piuttosto alta. Tutto ciò unito alla distanza, si farà sentire. Vedremo quel che succederà.

I successi della Kopecky nascondono una situazione del ciclismo femminile belga ancora difficile ma in evoluzione
I successi della Kopecky nascondono una situazione del ciclismo femminile belga ancora difficile ma in evoluzione
Molte nazionali però, se i mondiali restano in Africa, pensano di rinunciare alle categorie giovanili, come successe nel 2020 per il covid. Sarebbe un danno, per l’evoluzione dei giovani?

In un certo senso sì, sarebbe un po’ triste. E’ chiaro che la trasferta è molto costosa e per molti non è possibile sostenerla. Non c’è niente che la federazione possa fare da sola. Noi facciamo affidamento anche sul supporto del governo, degli sponsor e non è così facile sostenere una spedizione che può costare dai 150 mila euro in su. E’ un fattore sul quale ragionare.

Perché c’è così grande disparità fra uomini e donne in Belgio, con poche atlete d’elite dietro la Kopecky?

Lei sta facendo tantissimo con il suo esempio, è un po’ l’effetto di Evenepoel al femminile. Bisogna aspettare che il movimento cresca e dietro di lei ne emergano altre. Ci sono alcune giovani promettenti, come Lore de Schepper. Poi è chiaro che Lotte è la numero 1 in assoluto, un talento così non nasce spesso. Ma lei è anche un’ispirazione per tante ragazze, per provare a seguire le sue orme, i suoi effetti si vedranno negli anni a venire.

La tappa di Faenza al Giro 2009, vinta da Pauwels dopo la squalifica di Bertagnolli (foto Getty Images)
La tappa di Faenza al Giro 2009, vinta da Pauwels dopo la squalifica di Bertagnolli (foto Getty Images)
Quando hai chiuso la tua carriera, ti saresti mai aspettato di arrivare alla guida della nazionale?

Beh, forse non subito, ma quando ho potuto entrare in federazione, curare prima la fascia di sviluppo e poi l’anno scorso come responsabile degli juniores, avevo l’ambizione di arrivare a questo incarico. E naturalmente, i giovani corridori con cui ho lavorato nel mio primo anno ora sono tutti professionisti, come Segaert. Forse è arrivato un po’ prima di quanto pensassi, ma è sempre stata la mia ambizione. Ora sono lì, in quella posizione e sono, ovviamente, super felice e orgoglioso di potermi mettere alla prova.

Se torni indietro nel tempo, qual è stato il tuo momento più bello da corridore?

Difficile a dirsi, ma se dovessi scegliere propenderei per la tappa al Giro d’Italia del 2009. Mi stavo scoprendo come corridore, mi sentivo molto forte allora. Poi nel 2015, il Tour de France corso con la MTN Qhubeka, oppure la partecipazione alle Olimpiadi di Rio nel 2016. Porto con me tanti bei ricordi, difficile sceglierne uno, ognuno è un pezzetto di quel che sono.

Romeo mette nel sacco Segaert: l’oro tra gli U23 va alla Spagna

23.09.2024
5 min
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ZURIGO – Le emozioni più forti nel corso della seconda giornata dei campionati del mondo di Zurigo arrivano con la cronometro dedicata agli under 23. Sullo stesso percorso che ieri ha visto protagoniste le donne i ragazzi più forti al mondo si sono dati battaglia a colpi di secondi, curve spericolate e watt. Di energia nelle gambe questi giovani ne hanno parecchia e pensare che si voglia rimettere mano al regolamento impedendo loro di correre questi appuntamenti ci rattrista. Far parte del mondo WorldTour dovrebbe essere un merito non una discriminante, eppure c’è chi si ostina a voler escludere questi atleti da tali appuntamenti. 

In attesa di raccontarsi alla stampa, Ivan Romeo firma il solito mucchio di maglie iridate e non sta nella pelle
In attesa di raccontarsi alla stampa, Ivan Romeo firma il solito mucchio di maglie iridate e non sta nella pelle

Felicità estrema

Sulla hot seat di Zurigo ci sta stretto lo spagnolo alto, anzi altissimo. Si muove, alza le braccia, porta le mani al volto. E quando Alec Segaert arriva all’ultimo chilometro in evidente ritardo capisce di aver compiuto un’impresa e si lascia andare nel pianto di un bambino. Accovacciato ai piedi della sedia che ospita il corridore con il miglior tempo, viene preso d’assalto dallo staff e dal compagno di nazionale Markel Beloki. 

«Posso solo dire che è il giorno più felice della mia vita – confida Ivan Romeo a chi ancora non avesse visto quanto brillano i suoi occhi – credo di non sapere ancora quello che ho raggiunto. Ci vorrà del tempo. Se questa mattina mi avessero chiesto quanto tempo avrei potuto guadagnare nei confronti di Segaert nel tratto di pianura avrei risposto: nulla. Invece dopo aver tagliato il traguardo sapevo di aver fatto la miglior prova possibile».

Nel 2024 Romeo, 1,93 per 75 kg, era già stato 7° nella crono della Vuelta Burgos e 10° in quella del UAE Tour
Nel 2024 Romeo, 1,93 per 75 kg, era già stato 7° nella crono della Vuelta Burgos e 10° in quella del UAE Tour

Equilibrio

Al primo intertempo, in cima alla salita che poi avrebbe portato i ragazzi verso la temibile discesa, Romeo aveva un ritardo di pochi secondi. Dopo altri 10 chilometri il distacco da Segaert era minimo, cinque secondi. Tutti erano convinti che il belga avrebbe poi sfruttato il tratto favorevole per dilagare, invece la sua barca è naufragata

«Sul lago – spiega Romeo – c’era vento contrario, sapevo di dover risparmiare un po’ di energie nella parte iniziale per non arrivare stanco alla fine. Avevo in mente questo piano di passo fin dalla mattina, non pensavo però di guadagnare così tanto tempo. Mi sono sentito benissimo negli ultimi dodici chilometri, andando molto, molto più forte di quanto mi aspettassi. Quando ho visto che Segaert era cinque secondi più veloce di me, ad essere sincero, ho capito che avrei potuto vincere. Ho lasciato tutti gli avversari dai trenta secondi in su, credo che quegli ultimi dieci chilometri siano stati i migliori della mia vita».

Secondo posto con 32 secondi di ritardo per Soderqvist che dopo l’arrivo ha faticato a mandarla già
Secondo posto con 32 secondi di ritardo per Soderqvist che dopo l’arrivo ha faticato a mandarla già

L’emozione non ha età

A chi pensa di togliere la gioia di un appuntamento iridato a questi ragazzi chiediamo di porgere lo sguardo sul sorriso di Ivan Romeo mentre esulta sul podio in Sechselautenplatz. Ha una gioia talmente forte che frantuma le telecamere e un’energia così potente da invadere il cuore di tutti noi. La medaglia d’oro arriva dopo due anni con il team Movistar, con una progressione continua e un bagaglio di esperienze sempre più grande: perché non sfruttarlo?

«Questi due anni con la Movistar – conclude – sono stati bellissimi. Sto imparando tanto da loro e adoro questa squadra, da spagnolo è un sogno correre lì. E sì, essere in un team WorldTour per un anno e mezzo è ovviamente molto importante per acquisire esperienza e fiducia in se stessi. Si impara a gestire tutti i momenti, quelli buoni e quelli cattivi. Naturalmente ci sono entrambi». 

Christen ha chiuso al terzo posto, a 40″ da Romeo. Si è detto soddisfatto e pensa alla gara su strada di venerdì
Christen ha chiuso al terzo posto, a 40″ da Romeo. Si è detto soddisfatto e pensa alla gara su strada di venerdì

La delusione di Segaert

Chi mastica amaro è Alec Segaert. Il belga era il grande favorito di giornata dopo la vittoria del titolo europeo, invece se ne va da Zurigo con un pugno di mosche e una bella lezione. Imparare fa parte del processo per questi ragazzi ed è meglio farlo ora che in futuro, ma la seconda delusione iridata brucia.

«Credo che le gambe siano la cosa che mi ha fatto più male – dice trovando la forza di fare una risata –  ma sì, di sicuro è una delusione. Sono venuto per ottenere il massimo, ma oggi non era nelle mie corde. Il meteo alla fine non ha giocato una parte così importante nel risultato. Era prevista molta più pioggia, invece ho corso su una strada praticamente asciutta. La differenza vera l’ha fatta la parte pianeggiante, dove non sono riuscito a spingere quanto avrei voluto. Dopo il secondo intermedio mi sono buttato nel tratto in discesa, era rischioso ma sono andato abbastanza bene. Però si trattava di un settore difficile per tutti, il divario Romeo lo ha costruito nel finale».

Un podio che fa riflettere. Il primo, Romeo, corre alla Movistar nel WorldTour, il secondo nel devo team della Lidl-Trek, il terzo alla UAE Emirates
Un podio che fa riflettere. Il primo, Romeo, corre alla Movistar nel WorldTour, il secondo nel devo team della Lidl-Trek, il terzo alla UAE Emirates

I migliori

Alec Segaert è l’esempio più grande di un corridore che gareggia nel WorldTour e allo stesso tempo si trova ad affrontare eventi da under 23. Ha corso al Renewi Tour battendo a cronometro atleti che ieri hanno gareggiato tra i professionisti. Appena gli chiedono cosa pensa del possibile cambio di regolamento risponde subito.

«Se guardo a me stesso, penso che non correrò l’anno prossimo tra gli under 23, spero di farlo tra gli elite. Ma per me la gara under 23 dovrebbe essere per tutti gli atleti sotto quella età. Oggi, c’era un bel gruppo di corridori professionisti, ma penso che dovrebbe essere così. Anche se gareggi un anno intero con gli elite ma sei il migliore tra gli U23 allora meriti il titolo».

De Lie come VdP: «I risultati arrivano col divertimento»

05.09.2024
5 min
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Ugualmente non correrà agli europei. Dopo aver vinto l’ultima tappa del Renewi Tour su e giù per il Muro di Geraardsbergen, Arnaud De Lie ha preso atto di non essere fra i convocati del Belgio per la gara di Hasselt, anche se la caduta della Vuelta ha tolto di mezzo Wout Van Aert. Così il Toro di Lescheret è tornato a casa per recuperare le forze e farsi trovare pronto per la gara di Amburgo di domenica prossima, per poi fare rotta sulle prove canadesi del WorldTour. Fu proprio vincendo il GP Quebec dello scorso anno che il campione belga mise un piede nella dimensione del grande corridore, che fino a quel momento era stata una previsione più che una certezza.

«Vincere con questa maglia tricolore significa sempre qualcosa – dice – e farlo in un luogo così mitico, nella tappa regina del Renewi Tour, è stato ancora più iconico. Il Muro di Geraardsbergen, che abbiamo scalato più volte, fa parte della storia del ciclismo. Non farò gli europei perché Merlier e Philipsen sono più veloci di me. Mentre corridori come Van Lerberghe e Rickaert sono più bravi di me nel tirare le volate. Non sono uno che fa il leadout, perché è qualcosa che devi imparare lavorando in modo specifico. Però mi piace lavorare per un compagno di squadra, come è stato con Segaert al Renewi Tour».

Due diamanti in cassaforte

La Lotto Dstny intanto si frega le mani, avendo messo in mostra nella gara belga due talenti di assoluto rispetto. Il primo, Alec Segaert, che vincendo la crono si era proposto per i piani alti della classifica. Il secondo, lo stesso De Lie, che ha giocato la sua carta nella tappa finale, quando si è capito che il compagno non sarebbe stato in grado di rispondere all’affondo di Tim Wellens.

«L’ho fatto tutto sui pedali – sorride – uomo contro uomo. E’ bella anche una vittoria in volata, ma quell’ultima tappa è stata una gara vera. Sono state più di quattro ore con un caldo fuori dal comune. E’ stato durissimo scalare per tre volte e mezzo il Muro. Nel primo passaggio mi sono sentito benissimo e il nostro primo obiettivo era difendere la maglia di Segaert. Quando però l’ammiraglia ha capito che Alec era troppo indietro, ha dato via libera a me. Wellens non era recuperabile, ma possiamo essere ugualmente molto soddisfatti di ciò che abbiamo ottenuto. Dopo tutto Alec ha solo 21 anni, io 22. Nelle due tappe che non si sono concluse con uno sprint, siamo stati i più forti. Ciò fa ben sperare per i prossimi anni».

La primavera bruciata

Quello che più brucia, ascoltando il racconto di De Lie è la primavera buttata a causa del morbo di Lyme, l’infezione trasmessa dalle zecche. Per un ragazzo nato e cresciuto in fattoria, sembra quasi una beffa. I suoi sintomi comprendono varie irritazioni cutanee, come pure alla lunga alterazioni neurologiche, cardiache o articolari che, se non trattate, possono trasformarsi in vere e proprie complicazioni. Per curarla si ricorre ad antibiotici che hanno ridotto le sue capacità nel periodo delle corse più adatte. Dopo il decimo posto alla Omloop Het Nieuwsblad infatti, il belga non è stato più in grado di ottenere prestazioni di alto livello.

«Vincendo in questa tappa del Renewi Tour – ha confermato De Lie – ho dimostrato che se non ho problemi fisici, ci sono. Solo chi l’ha sperimentato sa cosa sia quella malattia. Sono arrivato a chiedermi cosa ci facessi su una bici, una sensazione che ogni corridore prima o poi si trova a provare, ma questa volta era diverso. Non ho toccato la bici per dieci giorni e quando l’ho ripresa, non avevo più voglia di salirci sopra. Ho fatto molti sacrifici per riprendermi. E adesso sono tornato e ho la conferma che questi sono i miei percorsi preferiti».

Al Tour, De Lie ha avuto modo di conoscere meglio il suo idolo Van der Poel
Al Tour, De Lie ha avuto modo di conoscere meglio il suo idolo Van der Poel

L’amico Van der Poel

David Van der Poel, fratello di Mathieu, collabora con il suo agente. Si conoscevano prima quando anche lui correva, si conoscono meglio ora che collaborano. E questo crea un’insolita commistione di affetti e ambizioni. De Lie infatti correrà il prossimo Giro delle Fiandre con la maglia di campione belga e in quanto tale sarà una sorta di bandiera contro il dominatore Van der Poel che, per citare l’Iliade, tanti dolori inflisse ai belgi. Secondo alcuni nel suo non esporsi c’è proprio la voglia di prendergli le misure.

«Mathieu van der Poel – dice De Lie – è Mathieu van der Poel, giusto? Questa è un’altra differenza fra noi. Penso che sia prima di tutto un bravo ragazzo. Con il suo modo di fare dimostra che il divertimento viene prima di tutto e con il divertimento arrivano i risultati. Questo è anche il mio pensiero. Ricordo che nei miei primi anni da professionista non osavo davvero avvicinarlo, non avevo il carattere per farlo. Invece nell’ultimo Tour abbiamo spesso pedalato uno accanto all’altro. In fuga, nel gruppetto o anche semplicemente in gruppo. Al Tour c’è anche tempo per parlare. E comunque non credo di avere ancora le gambe per contrastarlo, anche se sarebbe bello. Credo che sia ancora un obiettivo lontano. Perciò preferisco concentrarmi su quello che posso raggiungere davvero».

Segaert divisi: Loic al Bahrain, Alec resta in Belgio

01.12.2023
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Si dividono in modo forse inatteso le strade dei fratelli Segaert (in apertura nell’immagine Photo News/GVA) e la cosa è a suo modo sorprendente. Julien Pinot ad esempio sarebbe stato ben contento, a un certo punto della sua carriera, di cercare stimoli nuovi in una squadra diversa dalla Groupama-FDJ. Invece Thibaut non ha mai voluto lasciare Madiot: il fratello ne ha preso atto ed è rimasto al suo fianco.

La cosa non si è ripetuta invece con Loic e Alec Segaert, i due fratelli nati e cresciuti nella fiamminga Roselare. Il primo, il più grande, è l’allenatore. Il secondo, cinque anni di meno, è una giovane promessa del ciclismo belga, con due anni ancora di contratto alla Lotto-Dstny.

Loic Segaert, ha allenato suo fratello nelle categorie giovanili e lo ha poi seguito alla Lotto-Dstny
Loic Segaert, ha allenato suo fratello nelle categorie giovanili e lo ha poi seguito alla Lotto-Dstny

Una corte serrata

Forse Loic ha pensato che altrove avrà maggior considerazione e possibilità. Perciò a 25 anni, ha accettato l’offerta del Team Bahrain Victorious. La notizia ha colto di sorpresa tutti coloro che pensavano all’inscindibilità della coppia, invece Loic è parso estremamente lucido.

«Forse è stata una sorpresa per il mondo esterno – ha ammesso – ma certamente non per me. Sapevo già da qualche mese che sarebbe successo, i contatti con la nuova squadra risalgono a molto tempo fa. Il team manager Miholjevic mi ha parlato per la prima volta quasi due anni fa. Siamo sempre rimasti in contatto e negli ultimi mesi il loro interesse si è fatto concreto. Anche altre squadre mi hanno contattato, ma il Bahrain si è fatto avanti con una proposta concreta, che ho accettato».

Loic Segaert sarà l’allenatore di Alberto Bruttomesso e di altri due atleti del “devo” team
Loic Segaert sarà l’allenatore di Alberto Bruttomesso e di altri due atleti del “devo” team

Coach di Bruttomesso

Nel team, che lo scorso anno ha perso Paolo Artuso, ma può contare su allenatori come Andrea Fusaz, Michele Bartoli, Tim Kennaugh e Aritz Arberas, il ruolo di Segaert è stato già discusso e definito. Gli sono stati affidati infatti corridori come Kamil Gradek (33 anni), Johan Price-Pjetersen (24), Ahmed Madan (23) e il giovane Alberto Bruttomesso (20).

«Aiuterò anche due corridori del team development – ha spiegato Segaert – in modo che possano integrarsi senza problemi nella WorldTour quando passeranno nel 2025. Sarò quindi il loro allenatore sin da adesso. In questo modo sapremo già cosa aspettarci gli uni dagli altri. Price-Pjetersen è un cronoman, quindi con lui posso continuare quello che stavo già facendo con Alec. Gradek è un gregario, devo prepararlo per le gare in cui dovrà lavorare. Bruttomesso lo allenerò nel modo più graduale possibile, affinché si unisca agevolmente al team WorldTour».

Loic Segaert, classe 1998, ha corso fino agli U23, poi si è laureato ed è diventato allenatore
Loic Segaert, classe 1998, ha corso fino agli U23, poi si è laureato ed è diventato allenatore

Fra poco il ritiro

Finora si è svolto tutto su piattaforme online e al telefono, la parte più… viva del suo lavoro inizierà a partire dal 6 dicembre nel ritiro di Altea, con il primo contatto con la squadra e i suoi atleti.

«Finalmente – ha sorriso Loic Segaert – incontrerò la maggior parte dei corridori per la prima volta. Anche se sto già lavorando duro per conoscere la squadra il più velocemente possibile, le strutture, l’organizzazione… Ho fatto tante telefonate in queste settimane e mi sono anche impegnato ad analizzare i corridori. Cosa potrebbero fare di meglio? Come possiamo migliorare le loro prestazioni nelle prove a cronometro? Quel genere di cose. Come allenatore parlo molto con i miei corridori, per individuare con loro gli obiettivi più realistici. I risultati non sono strettamente collegati a questo lavoro, l’obiettivo è semplicemente aiutarli a sviluppare il loro massimo potenziale».

Voglia di crescere

Fin qui tutto nei binari di una nuova collaborazione, ma come si viene a patti col fatto di aver lasciato suo fratello in Belgio? Loic, che ha corso sino al primo anno da U23 e quindi magari sa che cambiare squadra fa parte del gioco, non se ne cruccia troppo. Anzi, vede nel cambiamento un passo in avanti anche per Alec. I due insieme hanno centrato per due volte l’argento al mondiale crono U23 (l’ultimo lo scorso agosto dietro Milesi), due titoli europei ugualmente contro il tempo e anche due secondi posti agli ultimi campionati nazionali del Belgio: dietro Evenepoel nella prova in linea, dietro Van Aert nella crono.

«Certamente è un peccato che io e Alec non possiamo più lavorare insieme – ha spiegato Loic – ma questa è un’opportunità per entrambi. Proprio come me, Alec ora dovrà fare un passo fuori dalla sua comfort zone, iniziando a lavorare con Sander Cordeel. In questi anni sono stato anche il tramite fra lui e i meccanici per la messa a punto della bici da crono, ora dovrà farlo più spesso da solo, ma questo lo renderà più consapevole degli aspetti tecnici. Neppure per me sarà facile. Passo in una squadra internazionale, dove non si parlerà fiammingo, ma praticamente solo l’inglese. Avevo da tempo voglia di superare i miei limiti e di motivarmi ancora di più. Per questo ho accettato la nuova sfida».

Il ritiro di Altea bussa alle porte. L’Hotel Cap Negret vedrà a breve l’arrivo di atleti e tecnici del Team Bahrain Victorious e fra questi ci sarà Loic Segaert. Di sicuro verrà presto travolto nel vortice delle mille cose da fare, ma chissà che nei ragionamenti di Miholjevic non faccia già capolino la possibilità di riformare la coppia dei fratelli. Nel 2026 anche Alec sarà libero dal contratto con la Lotto e avrà ancora 23 anni.

Milesi, un iride storico. E Segaert mastica amaro…

09.08.2023
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STIRLING – Dice che è pazzesco e nel dirlo sorride come se dovesse scoppiargli la gioia da dentro il petto. Anche Vittoria Guazzini, sua compagna, ha dovuto ammettere che fare meglio di Lorenzo Milesi nella crono di domani sarà davvero dura, ma lui che ha gran cuore dice che farà di tutto per sostenerla.

Il riscaldamento iniziato alle 14,30. Cosa ti pare del percorso? «E’ una crono, bisogna spingere»
Il riscaldamento iniziato alle 14,30. Cosa ti pare del percorso? «E’ una crono, bisogna spingere»

L’erede di Malori

Sono le 18 del 9 agosto 2023 e un italiano ha vinto la cronometro degli under 23 quindici anni dopo Malori del 2008. E’ stata un’attesa quasi surreale, con lo spauracchio di Segaert che incombeva e avanzava. Così cattivo e forte da aver ripreso Bryan Olivo lungo la strada (abbiamo saputo poi che al friulano è iniziato un doloroso torpore alla gamba sinistra che gli impediva di spingere). Milesi a quel punto era sulla hot seat da tutto il giorno, ma quando la telecamera lo inquadrava ai vari intermedi del belga, le sue facce sembravano le smorfie di un fumetto.

Il percorso, simile a quello dei professionisti, prevedeva una discesina finale in cui prendere fiato prima di affrontare la salita al castello. E lì Milesi ha fatto il capolavoro, dopo averla studiata con Velo.

«Avevamo una buona strategia – racconta – che prevedeva proprio di fare questo, per andare davvero a tutta sulla salita finale. Ha funzionato, ma sul momento non ero così sicuro. Diciamo che anche la curva per prendere il muro non l’ho fatta fortissimo, ho frenato un po’ troppo, quindi non ero così sicuro di essere salito così forte. Ho provato vero dolore fisico in quell’ultimo tratto…».

Nel muro che conduce al castello di Stirling, Milesi ha fatto la vera differenza su Segaert
Nel muro che conduce al castello di Stirling, Milesi ha fatto la vera differenza su Segaert

Volava sullo strappo

Chi la salita l’ha fatta anche più forte di Milesi è Marco Velo, che lo seguiva sull’ammiraglia. Il cittì delle crono è arrivato nella zona podio trafelato ed entusiasta e gli è servito qualche secondo per riprendere il controllo.

«E’ un risultato inaspettato – dice – nel senso che sapevo che poteva fare un’ottima cronometro. Sarei stato stra-soddisfatto se fossimo arrivati in una top 5. Poi sinceramente, come si dice, l’appetito vien mangiando. Quando ho visto che aveva 10 secondi solo da Segaert, ho cominciato a prendere fiducia, perché comunque ci stavamo avvicinando a una possibile medaglia. Al secondo intermedio pagava solo 3 secondi e mezzo, poi è andato in vantaggio. A quel punto ho pensato: impossibile che la perda, perché l’ho visto volare sull’ultimo strappo».

Velo arriva di corsa: ecco l’abbraccio per l’oro nella crono 15 anni dopo Malori
Velo arriva di corsa: ecco l’abbraccio per l’oro nella crono 15 anni dopo Malori

Spauracchio Segaert

Milesi sta su una nuvola e continua a sorridere. Ha ragione Ganna quando dice che questa maglia è la più bella, anche se Milesi non potrà indossarla troppe volte. Al mondiale c’è arrivato passando per il Tour de Pologne, come lo scorso anno Fedorov sbancò Wollongong passando per la Vuelta. Se i mondiali si vogliono vincere, vanno scelti corridori che possano farlo: la promozione dell’attività giovanile in questo ciclismo ha altre sedi deputate.

«Al Polonia però non ho avuto grosse sensazioni anche nella crono – dice – perché era la sesta tappa ed ero sceso da poco dall’altura. Qui invece sapevo di poter competere per il podio ma vincere è un’altra cosa. Non credo che aver fatto crono più lunghe e corse nel WorldTour sia stata la chiave della vittoria, perché in una crono contano soprattutto le gambe in quel giorno. E io sapevo che Segaert poteva battermi. Ho pensato solo a lui mentre aspettavo seduto, ma anche durante la crono. Pensavo solo a spingere. Sapevo di essere primo, ma non importava. Sapevo che lui doveva ancora arrivare».

La strategia era di dare tutto fino all’ultima discesa e lì recuperare per affrontare forte la salita
La strategia era di dare tutto fino all’ultima discesa e lì recuperare per affrontare forte la salita

Investire sulla crono

Velo ha spostato una transenna per andare a vedere il podio e scattare foto col suo cellulare. Accanto a Milesi sul podio Alec Segaert aveva la faccia di un funerale, al pari dei suoi tifosi e dei familiari ai piedi del podio. A giudicare dai numeri della trasferta, il clan belga era pressoché sicuro di sbancare e perdere per 11 secondi è comunque un colpo difficile da digerire.

«Se la merita tutta – prosegue Velo – è un ragazzo d’oro. Gli dico che è matto, perché è molto estroverso, però questa è la qualità dei grandi campioni. E’ sempre stato un ottimo cronoman. Ha curato tantissimo questa specialità e questo sia di insegnamento a tanti altri suoi colleghi, anche più giovani. E’ la dimostrazione che anche curando questa attività, ci si possono togliere tante soddisfazioni come questa. E quindi complimenti a Lorenzo e a tutto lo staff. Su questa scelta, mi sono confrontato con Marino Amadori, che lo segue anche su strada e abbiamo condiviso di portarlo. Adesso Lorenzo farà anche il mondiale su strada e sono sicuro che farà bene anche lì».

Sul podio, Segaert (Belgio), Milesi (Italia), McKenzie (Australia)
Sul podio, Segaert (Belgio), Milesi (Italia), McKenzie (Australia)

Mondiale e Vuelta

Adesso infatti Milesi mette in ordine gli obiettivi. Sarà pure matto, come dice Velo, ma ha la grande lucidità di affrontare un obiettivo per volta.

«Il mondiale della crono – racconta – era uno degli obiettivi dell’anno, abbiamo lavorato tanto anche con la squadra. Abbiamo fatto un ottimo fitting all’inizio della stagione che ora mi è tornato molto utile. Era un obiettivo di cui probabilmente si è anche cominciato a parlare dallo scorso anno, anche se Wollongong aveva un percorso completamente diverso e anche io non ero lo stesso corridore. Ora ci saranno i campionati del mondo su strada, poi andrò alla Vuelta: il mio primo grande Giro. Si comincia con una cronosquadre, spero di riuscire a tenere la forma per dare il mio contributo».

Forse Segaert pensava di avere già la vittoria in tasca, invece su muro finale è crollato
Forse Segaert pensava di avere già la vittoria in tasca, invece su muro finale è crollato

Malinconia belga

Segaert arriva nella sala stampa dopo parecchio tempo. I giornalisti belgi, al pari dei suoi tifosi, erano pronti per fare festa e gli chiedono se si aspettasse di essere battuto da Milesi. Lui risponde di no. Che Lorenzo lo ha già battuto lo scorso anno in un tappone del Tour de l’Avenir e per soli due secondi anche in una crono de Le Tryptique Le Mont et Chateaux, ma che a sua volta era stato molto superiore in altri appuntamenti.

«Però è un corridore super forte – dice – uno di quelli che può dare la svolta alle corse e ha meritato di vincere. Io sono arrivato alla salita finale ormai vuoto, evidentemente ha fatto lì la differenza».

Si respira lo stesso clima della piazza di Bruges in cui nel 2021 Ganna mise a tacere i tifosi di Evenepoel e Van Aert. Loro non erano contenti, noi sì. Anche oggi è suonato l’Inno di Mameli e anche oggi noi eravamo lì sotto a cantare.

Segaert incendia Agliè: sua la prima rosa Next Gen

11.06.2023
5 min
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La cronometro di apertura del Giro Next Gen si conclude in cima allo strappo che porta al Palazzo Ducale di Agliè. E’ lì che Alec Segaert scava il solco tra sé e gli altri e conquista così la prima maglia rosa. Il sole illumina il rosso dei mattoni scaldando oltremodo il clima, il caldo risulterà una variabile fondamentale a fine giornata. La sua maglia di campione europeo a cronometro brilla sul podio, ricordando a tutti che oggi ha vinto il grande favorito, alla faccia degli outsider.

Il giorno di Segaert

Il belga sale e scende dal podio delle premiazioni continuamente, tre delle cinque maglie in palio nella prima edizione del Giro d’Italia U23 targato RCS Sport sono sue. 

«E’ la partenza perfetta – conferma in mixed zone – sognavo di indossare questa maglia fin da subito. Ho visto il percorso e mi sono detto che era proprio adatto alle mie caratteristiche, è stata una cronometro bellissima. Non era forse lunghissimo, con qualche chilometro in più avrei potuto accumulare maggior vantaggio. Sulla salita finale, 500 metri non troppo impegnativi ma dove si poteva fare molta velocità, sapevo di poter prendere tempo su tutti gli altri e così è stato

Su questa prima tappa si è abbattuto un caldo soffocante, che ha modificato i valori in campo
Su questa prima tappa si è abbattuto un caldo soffocante, che ha modificato i valori in campo

Feeling con l’Italia

Alec Segaert ci ha fatto vedere di cosa è capace già negli scorsi anni, nel team development della Lotto Dstny si è messo in grande evidenza. I risultati ottenuti in questi mesi gli hanno permesso di passare con il team professional belga. 

«Mi trovo molto bene a correre in Italia – spiega con il rosa della maglia che si abbina al rosso delle guance – l’anno scorso ho vinto il Piccolo Lombardia. Mi piace molto il tempo, come quello di oggi, e il pubblico è sempre speciale. Ora ci sono tre tappe dove potrò cercare di tenere la maglia, il mio obiettivo è portarla il più a lungo possibile. Ci saranno delle giornate molto dure e vedremo cosa riuscirò a fare. Se dovessi finire fuori classifica mi concentrerò per vincere un’altra tappa. 

Il tricolore per Busatto

Si rimane sempre nel Nord Europa, la maglia bianca, la indossa un altro belga: Vlan Van Mechelen, del Team DSM. Mentre il simbolo del miglior italiano in classifica generale va sulle spalle di Busatto. Il corridore della Circus-ReUz è ormai anche lui un “belga” da quando indossa i colori del development team della Intermarché-Wanty-Circus. 

«Non penso di essere uno specialista – racconta – di sicuro devo ancora lavorare tanto sulle cronometro. Non è casuale che oggi i premiati siano tutti ragazzi di team development. Ci sono certe squadre, soprattutto quelle del Nord, che preparano questi appuntamenti curando ogni dettaglio. Ora mi godo questa maglia di miglior italiano, il mio Giro sarà incentrato sull’andare a caccia di qualche tappa». 

Una volta uscito dalla mixed zone il vincitore della Liegi U23 ci concede ancora qualche minuto. La Circus-REuz è venuta con una squadra pronta e concentrata sulla classifica, anche se il francese Faure Prost oggi ha accumulato un discreto distacco. 

«Faure – riprende mentre lentamente pedala verso il parcheggio dei bus – ha spinto troppo all’inizio e non è riuscito a reggere lo sforzo fino in fondo. Gli avevo detto di non spingere troppo subito, ma poi è difficile regolarsi una volta scesi in strada. E’ giovane e al primo anno da under 23, questa è la sua prima corsa a tappe di rilievo e questo potrebbe pesare».

La macchina di RCS

RCS torna ad organizzare il Giro dedicato ai giovani e la macchina organizzativa si vede. Tutto si muove con ingranaggi ben collaudati e delle regole che vengono prestabilite e fatte seguire alla perfezione.

«Dobbiamo fare una statua a Selleri – ci ha detto al via Gianluca Valoti, diesse della Colpack – perché ha tenuto in piedi questa corsa in ogni modo. Però il livello dell’organizzazione di RCS è evidente e fa piacere avere questo tipo di trattamento».

«RCS ha una storia – replica Rossato – penso sia un orgoglio partecipare ad un Giro d’Italia under 23 organizzato da loro. Sono convinto che il primo anno sia il più complicato, ma già la presentazione è stata di grande livello. Un palcoscenico che negli eventi futuri darà un bel modo di procedere».

Loic Segaert, il fratello-allenatore che fa andare forte Alec

03.10.2022
5 min
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«L’Italia è un posto in cui siamo stati spesso in vacanza e che ora Alec sta scoprendo in bicicletta. Credo che gli piaccia molto tornare ogni volta. Il vostro Paese è pieno di bei ricordi per lui». Ce lo dice Loic Segaert, fratello maggiore ed allenatore di Alec, fresca medaglia d’argento mondiale a cronometro tra gli U23.

E come dargli torto. Il 19enne belga della Lotto-Soudal ha vinto tre corse da noi nell’arco di un anno e mezzo scarso da quasi sconosciuto. A maggio 2021 da junior ha conquistato il Memorial Cinerari a Stradella, poi a settembre a Trento il titolo europeo a cronometro (riconfermato poi quest’anno nella categoria superiore in Portogallo). E ieri a Oggiono ha trionfato nel Piccolo Lombardia battendo in una volata ristretta il campione del mondo Fedorov ed il francese Labrosse dopo essere rientrato da solo sulla coppia di testa a 10 chilometri dalla fine con una straordinaria azione di forza.

Il trionfo di Alec Segaert al Piccolo Lombardia battendo l’iridato U23 Fedorov (foto Pudepiece)
Il trionfo di Alec Segaert al Piccolo Lombardia battendo l’iridato U23 Fedorov (foto Pudepiece)

Vicino ad Alec c’è sempre Loic, più grande di cinque anni e con un passato da corridore fino al primo anno da U23. Sceso dalla bici ha preferito approfondire gli studi, laurearsi e diventare preparatore atletico. Una decisione azzeccata alla luce dell’ingaggio della futura Lotto-Dstny. A partire da gennaio 2023 Segaert senior entrerà nello staff della formazione belga in qualità di coordinatore delle prestazioni, insieme ad altre tre figure che collaboreranno con lui.

«Siamo molto soddisfatti di questi rinforzi – ha spiegato Maxime Monfort, ex pro’ ed ora responsabile del reparto prestazioni – tutti e quattro sono specialisti giovani ed entusiasti. Esperti nei loro settori e consapevoli delle tecniche più recenti. Tutti e quattro manterranno uno stretto rapporto con i nostri corridori. Siamo fiduciosi di poter crescere insieme a loro a un livello superiore». Abbiamo quindi voluto sentire Loic per capire come sarà il suo lavoro, tenendo conto della sua ancora giovane età per quel tipo di ruolo.

Alec e papà Frank insieme a mamma, fidanzata, amici ed Alec durante la lunga trasferta in Australia per il mondiale (foto facebook)
Alec e papà Frank insieme a mamma, fidanzata e amici durante la lunga trasferta in Australia per il mondiale (foto facebook)
Partiamo da Alec. Quanto è cresciuto da quando lo abbiamo imparato a conoscere?

A maggio dell’anno scorso era un ragazzo giovane, ancora in fase di esplorazione. Ora ha acquisito molta esperienza, a partire dal suo primo viaggio in solitaria alle gare con il Team Ballerini. Fisicamente ha potuto fare un passo avanti ogni anno e quindi anche le sue prestazioni sono state in crescita.

Lui va forte a crono ma ha fatto secondo in una tappa di montagna al Tour de l’Avenir e ieri ha vinto il Piccolo Lombardia allo sprint. Che tipo di corridore può diventare?

Penso che sia un ragazzo per le classiche fiamminghe e anche per le brevi corse a tappe in cui la cronometro sia importante per la classifica generale. Nei grandi giri potrebbe essere un cacciatore di tappe che non sono adatte a scalatori o a velocisti puri. Se in futuro sarà in grado di competere per la vittoria in gare come la Liegi-Bastogne-Liegi o il Lombardia è difficile dirlo. Il livello è molto alto e c’è ancora una grande differenza nelle prestazioni in salita rispetto al livello U23.

Dal 2023 la nuova denominazione sarà Lotto-Dstny e correrà con lo status di professional team
Dal 2023 la nuova denominazione sarà Lotto-Dstny e correrà con lo status di professional team
Quale saranno i tuoi compiti con la nuova squadra?

Preparerò le prove a cronometro per tutti i corridori della Lotto Dstny, analizzando il percorso, preparando un piano di allenamento e allenandoli dall’ammiraglia. Insieme a Kurt Van de Wouwer sarò responsabile delle prestazioni della squadra U23. La mia parte si occuperà principalmente dell’allenamento dei corridori e dell’analisi dei dati. La parte del mio lavoro che riguarda le cronometro consisterà nell’andare con i corridori nella galleria del vento per pensare e testare come migliorare la loro aerodinamica. Infine assisterò il direttore sportivo durante le gare del team pro’ e allenerò i corridori dall’auto.

Che obiettivi ti sei posto?

Penso che il tipo di lavoro che svolgerò sia davvero quello che sognavo. Ho sempre voluto lavorare sulle prestazioni di una grande squadra e portare i corridori a un livello superiore in tutti gli aspetti. Alla Lotto Dstny ho la grande opportunità di mettermi alla prova e di scoprire le prestazioni del ciclismo professionistico.

I tre fratelli Segaert. In mezzo a Loic ed Alec c’è il tredicenne Luca, nato il giorno in cui Di Luca ha vinto il Giro e chiamato così in suo onore (foto facebook)
I tre fratelli Segaert. In mezzo a Loic ed Alec c’è il tredicenne Luca, nato il giorno in cui Di Luca ha vinto il Giro e chiamato così in suo onore (foto facebook)
Vorresti diventare anche diesse?

Non ho l’ambizione di diventare un direttore sportivo e preferisco mantenere un posto nello staff della squadra.

Ti piacerebbe seguire qualche corridore in particolare di quelli che avrai?

No, devo essere onesto. Per ogni corridore sono motivato ad ottenere il meglio da lui. O da lei, visto che seguirò anche il team femminile.

Il fatto che la Lotto-Dstny abbia perso lo status di WT può cambiare qualcosa nel tuo lavoro?

Non credo che cambi nulla. Avremo comunque un calendario da WT. Anzi, per la prossima stagione credo che sarà un vantaggio non avere l’obbligo, ma solo il diritto di partecipare alle varie gare.

Segaert, l’argento della crono su un prototipo Ridley

21.09.2022
5 min
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«La mia strategia di gara – ha detto Segaert dopo l’argento nella crono U23 –  è stata elaborata da mio fratello Loic, che è anche il mio allenatore e in cui ho piena fiducia. Ci abbiamo lavorato fino all’ultimo per via dei cambiamenti del vento. Nonostante un simile piano, è sempre difficile contenersi durante un mondiale. Con tutto quell’incoraggiamento lungo la strada e anche pensando alle persone che stanno guardando da casa. Era particolarmente importante trattenersi nel primo giro, ma penso di non aver risparmiato abbastanza. Ero ancora forte , ma non è bastato».

L’argento accettato con soddisfazione da Segaert, davanti alla superiorità indiscussa di Waerenskjold
L’argento accettato con soddisfazione da Segaert, davanti alla superiorità indiscussa di Waerenskjold

Scoperto per caso

Alec Segaert lo scoprimmo un anno fa per le sue frequentazioni italiane. Senza darlo troppo a vedere, il giovane belga, che nel 2021 era ancora uno junior, veniva a correre (e vincere) da noi, con l’appoggio del Team Ballerini. Solo che con il passare dei mesi, quella che poteva sembrare una presenza simpatica, si è trasformata nell’identikit di un campione, che ha da poco firmato un contratto WorldTour con la Lotto Dstny. Diventerà professionista dal primo giugno 2024: prima si concentrerà sui suoi studi di ingegneria, grazie a una norma dell’ordinamento belga che permette agli atleti di vertice di distribuire i loro esami universitari in base ai loro impegni agonistici. E Segaert, che ha 19 anni, ha ribadito di volersi laureare a tutti i costi.

Dopo essere stato campione europeo juniores a Trento lo scorso anno e aver vinto anche la Chrono des Nations, a luglio Segaert è diventato campione d’Europa nella crono U23 ad Anadia, in Portogallo.

«Il titolo europeo mi ha motivato – ha detto – ma non sapevo come sarei potuto andare andare al mondiale, perché ci sono state poche prove a cronometro di riferimento in questa stagione. Mi aspettavo molto dal norvegese Waerenskjold, dal tedesco Hessman, da Leo Hayter e anche dall’italiano Milesi dal quale ho perso l’ultima tappa del Tour de l’Avenir. Avevo visto bene…».

Nel 2021 da junior Segaert ha vinto a Stradella per distacco
Nel 2021 da junior Segaert ha vinto a Stradella per distacco

«Il percorso mi è subito piaciuto – ha proseguito – molte curve, molti saliscendi, zero pianura e nessuna salita troppo dura. Bisognava capire bene dove dare il massimo e dove recuperare. La mia ambizione? Certo mi sarebbe piaciuto vincere una medaglia, ma se fossi finito quinto, sarei stato contento anche di quello».

Tattica norvegese

E’ arrivato secondo, pagando forse la gestione troppo arrembante, al cospetto del norvegese che invece ha saputo dosare meglio gli sforzi.

«A metà gara – ammette Segaert – sapevo di avere più o meno lo stesso tempo di Waerenskjold, ma sapevo anche che lui aveva fatto un fantastico secondo giro. Da quel momento in poi ho capito che l’oro sarebbe stato molto difficile, ma anche l’argento sarebbe stato fantastico. Così ho continuato a spingere e alla fine è arrivato».

Segaert ha vinto per due anni di seguito l’europeo a crono. Questo il primo, nel 2021, da junior su Cian Uijtdebroeks
Segaert ha vinto per due anni l’europeo a crono. Questo il primo, nel 2021, da junior su Uijtdebroeks

La famiglia al seguito

Mai previsione fu più azzeccata. Il norvegese Waerenskjold che l’ha battuto e Hayter che gli è finito dietro sono stati i primi due nomi, con l’eccezione di Milesi che si è fermato al 10° posto, senza sprizzare troppa gioia. Sul traguardo di Wollongong, Segaert ha trovato anche la sua famiglia, che si è sobbarcata il viaggio per stargli accanto. Vincere il mondiale U23 è da sempre il sogno di suo padre e la crono ha messo in tutto il clan belga una bella fiducia in vista della prova su strada.

«Il piano a lungo termine – ha detto il padre Frank al belga Het Nieuwsblad – è quello di diventare campione del mondo nella categoria U23. Dopo il titolo europeo in Portogallo e soprattutto il tanto lavoro che abbiamo fatto, sapevamo che una medaglia fosse alla sua portata e come genitori abbiamo voluto esserci. Per condividere la gioia, ma anche per esserci se le cose non fossero andate secondo i piani».

In Australia è volata tutta la famiglia Segaert, per turismo e per sostegno (@Belga)
In Australia è volata tutta la famiglia Segaert, per turismo e per sostegno (@Belga)

La nuova Ridley

Per la crono, fra le curiosità più evidenti c’è anche il fatto che Segaert è stato il primo in assoluto ad avere la nuova bici da cronometro di Ridley, sponsor della Lotto-Soudal.

«L’intenzione era che la bici fosse pronta per il Tour de France – ha spiegato il fratello-allenatore Loic – noi ci speravamo, anche in modo che si potessero apportare modifiche se necessario. Sfortunatamente non ci sono riusciti, quindi Alec è stato il primo in assoluto a correre con la nuova bici da cronometro, in realtà ancora un prototipo. Venerdì ci sarà la corsa su strada. Ora sappiamo che la condizione è davvero buona. Se non per se stesso, mio fratello sarà in grado di aiutare un compagno di squadra a vincere il mondiale».

Segaert ha portato al debutto l’attesissima bici da crono di Ridley: un vero prototipo privo di scritte
Segaert ha portato al debutto l’attesissima bici da crono di Ridley: un vero prototipo privo di scritte

Futuro nella Lotto

Alec ha concluso parlando già da professionista navigato e proiettandosi verso il futuro nella Lotto Dstny, nel cui team di sviluppo sta vivendo il primo anno da under 23.

«In questa stagione – ha detto – ho notato quanto questa squadra mi stia seguendo. L’ambiente di lavoro, ma anche l’ambizione di continuare a migliorare. Da un lato, c’è la grande esperienza di talenti che sono arrivati dal devo team, come Wellens, Vermeersch e De Lie. Ma d’altra parte la squadra continua a svilupparsi. Ad esempio nel reparto performance o quando si tratta di materiali. La nuova bici da cronometro di Ridley ha sicuramente giocato un ruolo nella mia decisione di firmare con loro».

Dominio vikingo anche nella crono U23. I nostri si fanno le ossa

19.09.2022
5 min
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Un altro norvegese nella crono, questa volta negli under 23 e con un nome vikingo ben più impegnativo di quello di Foss: Soren Wærenskjold. Solo che somiglia così tanto al vincitore di ieri, che la prima domanda che è venuta da fargli è se Foss gli abbia dato qualche dritta. E lui, sorridente dentro la sua maglia iridata, ha spiattellato subito tutto.

«Stamattina – ha spiegato – Foss prima mi ha detto di credere in me stesso, poi mi ha detto di salvare la gamba sullo strappo ripido del primo giro, perché me la sarei ritrovata nel secondo. E poi mi ha indicato un paio di curve in cui fare la differenza. Io ho fatto come mi ha detto. Sul primo strappo sono andato più piano ed effettivamente quelle due curve le ho pennellate. Aveva ragione lui, ho fatto il secondo giro meglio del primo e questo credo mi abbia aiutato a vincere».

Alec Segaert, il belga grande favorito e nostra vecchia conoscenza, annuisce e sportivamente conferma di aver fatto un primo giro da record e il secondo stringendo i denti. E di aver perso così la maglia iridata, distante appena 17 secondi.

Preparazione al top

Il suo futuro, come pure il suo presente, è nella Uno X e dice di starci bene. Che la squadra sta crescendo assieme ai suoi corridori e che in futuro punterà a corse che contengano delle crono, per provare a fare classifica. Anche se resta l’anomalia di due norvegesi iridati contro il tempo.

«Lo so che fa notizia vederci vincere le cronometro – spiega Wærenskjold – soprattutto guardando alla situazione di 2-3 anni fa, quando non c’eravamo negli ordini di arrivo. Non ho una risposta sul perché questo accada. Per quanto mi riguarda, posso dire che ho fatto una preparazione specifica di alto livello. Sono andato in galleria del vento. Ho provato il nuovo casco. Ho provato il nuovo body. E da un anno ho la bici da crono a casa e la uso spesso. E poi lo staff ha fatto la differenza, per me come per Foss. Hanno mappato il percorso metro per metro, non c’era traiettoria su cui non abbiano studiato. Sapevo tutto di ogni curva e alla fine questo ha pagato».

Sui suoi inizi dice che è stato tutto per caso e per seguire sua sorella. Ed è bastata quell’unica volta che uscì con lei, per innamorarsi della bici e mettersi a strillare fino a che non gliene comprarono una. E da allora, non c’è stata attività sportiva che abbia preferito al ciclismo. Amore a prima vista, punto e a capo.

Piganzoli e il vento

Alle sue spalle è arrivato Alec Segaert e poi Leo Hayter, quello del Giro d’Italia U23, il cui fratello ieri ha maledetto i comandi della sua bicicletta che gli hanno fatto cadere la catena costringendolo al cambio bici e al quarto posto, con 39” da Evenepoel che si potevano anche limare.

I nostri invece hanno continuato a fare esperienza, con Piganzoli partito per primo e arrivato 16° a 1’45” dal vikingo e Milesi, partito un’ora dopo e arrivato 10° a 1’05”. Per entrambi si è trattato di un investimento che darà i suoi frutti nelle prossime stagioni, quando entrambi saranno professionisti e sapranno maneggiare meglio queste bici.

«E’ stata una crono difficile – dice Piganzoli – diciamo che c’era molto vento. Ho provato a spingere il più possibile. A prescindere dal risultato, ho fatto un po’ fatica, diciamo per il percorso e un po’ per la mia statura. Sicuramente mi definisco abbastanza uno scalatore, anche se sicuramente ho molto da migliorare. Però anche a crono mi difendo. Ho vinto l’italiano e ho avuto questa convocazione, quindi sono contento.

«Tornando al percorso, la salita era tutta nella prima parte e anche il vento. Era necessario gestirsi bene, però alla fine si può dire che sia stata una prova molto tecnica, con tanti rilanci. Al via ero emozionato. Lassù si ripensa a tutti i sacrifici fatti per arrivare qua, quindi è stata una bella sensazione». 

Milesi soddisfatto a metà

Milesi che forse ci puntava un po’ di più, dopo l’arrivo aveva la faccia un po’ lunga, anche se alla fine l’orgoglio di esserci è bastato per fargli fiammeggiare gli occhi chiari.

«Contento no – dice – però la prestazione mi è sembrata abbastanza buona, quindi la prendiamo per come è venuta e poi la analizzeremo. Come sono andato? Ho sbagliato un paio di curve, una perché ieri per i pro’ c’era in mezzo una transenna e invece oggi si poteva fare tutta la strada, però nel complesso direi abbastanza bene. E’ il seguito di un cammino, sicuramente un’esperienza molto importante che aiuta a crescere. E vedremo più avanti cosa porterà.

«Nervoso in partenza? Zero (sorride, ndr). Affronto gara per gara, così anche mentalmente è più facile. Comunque il mondiale aggiunge tanto. E’ la gara più importante dell’anno e quindi sono contento di essere qua, di essere stato convocato e che mi abbiano dato fiducia. E adesso speriamo di rifarci su strada».