Alla Vuelta sboccia Groves che un po’ ricorda Greipel

26.09.2023
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Con tre tappe vinte alla Vuelta e in precedenza quella di Salerno al Giro d’Italia, Kaden Groves è stato la rivelazione dei velocisti del 2023 o quantomeno una delle voci emergenti cui prestare più attenzione. Quello che sembra interessante (e che la corsa spagnola ha amplificato) è stata la sua tenuta sui percorsi più duri. Siamo certi, si sono chiesti alla Alpecin-Deceuninck, che questo australiano sia soltanto uno sprinter?

«Non ho ancora capito del tutto che tipo di corridore sono. I miei migliori risultati arrivano dagli sprint di gruppo dopo tappe difficili e collinari, quindi mi considero un velocista che può sopravvivere a un certo tipo di salite».

A Burriana, Groves vince la sua seconda tappe della Vuelta: batte Ganna
A Burriana, Groves vince la sua seconda tappe della Vuelta: batte Ganna

Velocista atipico

Queste parole profetiche, Groves le pronunciò nel 2019 alla fine del suo percorso fra gli under 23, dopo aver fatto tappa nella Seg Academy Racing e da lì aver spiccato il volo verso il WorldTour con la maglia della Mitchelton-Scott. «Non c’è dubbio – ricorda oggi – che il 2019 sia stato un punto di svolta, con due tappe al Triptyque des Ardennes e altre due al Circuit des Ardennes».

Vinse anche una tappa alla Ronde de l’Isard e si piazzò nei dieci alla Liegi U23. In Australia, dove è nato il 23 dicembre del 1998, era un corridore già molto apprezzato, ma dopo la prima stagione completa in Europa, è stato chiaro che la sua caratura fosse da scoprire.

«La sua seconda vittoria al Catalogna – ha raccontato di recente il suo diesse Gianni Meersman – comprendeva una salita di quasi otto chilometri, al sette per cento. Dei 150 corridori al via, ne erano rimasti in testa circa cinquanta. Non c’erano più velocisti in giro. Kaden era lì in mezzo a corridori che pesavano meno di 65 chili. E bastava guardare le sue gambe per capire che lui fosse ben più pesante (Groves è alto 1,76 e pesa 70 chili, ndr)».

La popolarità di Groves è uscita dai confini australiani: è il primo “canguro” a vincere la verde
La popolarità di Groves è uscita dai confini australiani: è il primo “canguro” a vincere la verde

Australiano con la valigia

Il ragazzo che iniziò ad andare in bici per guarire dai danni di un infortunio nel motocross, fece il salto di qualità decisivo quando prese coraggio e decise di spostarsi in Europa. 

«Venire a vivere in Spagna – ha raccontato dopo l’ultima tappa della Vuelta – è stato un grande passo, reso più semplice grazie al supporto e agli amici che mi sono fatto nel gruppo. A Girona ho trovato strade strette e un clima più rigido. Correre in Australia è meno aggressivo, ma quando sono in Spagna e non corro, riesco a divertirmi. Ed essendoci intorno anche altri corridori australiani, mi sembra di essere quasi a casa.

«Mi hanno detto che sono il primo australiano a vincere la maglia verde alla Vuelta e questo significa molto per me. Dimostra la coerenza che abbiamo dimostrato in questa corsa, impegnandoci in tanti sprint intermedi e anche sulle montagne. Anche io sono dovuto andare in fuga nella tappa di Bejes con l’arrivo in salita. Senza quei punti, la maglia sarebbe stata impossibile».

In fuga per 75 chilometri nella 16ª tappa verso Bejes per fare punti nei traguardi volanti e sulle salite
In fuga per 75 chilometri nella 16ª tappa verso Bejes per fare punti nei traguardi volanti e sulle salite

L’amico Dainese

Nell’intreccio delle sfide dell’ultima Vuelta, non è passata inosservata quella con Alberto Dainese: un altro che quando è in condizione e la fatica si accumula, riesce a fare la differenza nel gruppo dei velocisti. Così, dopo essergli finito alle spalle nelle prime due settimane, il veneto è riuscito a vincere dopo le montagne asturiane, mentre Groves proprio in quel giorni di Sicar è caduto dovendo rinunciare alla volata.

«Alberto è sempre stato incredibilmente veloce – ha raccontato Groves – e ci siamo allenati spesso insieme quando eravamo alla Seg, soprattutto nel ritiro che facemmo in Grecia nel 2017. Allenarmi con lui ha migliorato molto il mio sprint, siamo entrambi molto competitivi e ogni volta ci spingevamo al limite. Abbiamo una grande amicizia, in corsa sapevamo muoverci insieme».

Come Greipel

Quando la Vuelta è finita e, vinta la tappa di Madrid su Ganna, Groves ha raccontato che i suoi sogni da professionista sono la Sanremo e i Campi Elisi, i tecnici che erano già usciti dal Tour con le quattro vittorie e la maglia verde di Philipsen, si sono davvero fregati le mani. Al punto che Bart Leysen, che in carriera si è diviso fra le maglie della Lotto e quella della Mapei, si è lanciato in un interessante parallelo.

«Kaden mi ricorda André Greipel – ha detto – sia in termini di statura che di personalità. Si inserisce molto bene nel gruppo e ha la fiducia di tutti. Ha fatto davvero molta strada per la sua giovane età».

Dainese: la vittoria nata sui monti, tra App e tempo massimo

17.09.2023
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Spalle abbassate come il Cavendish dei tempi migliori, potenza esplosiva e anche una grande lucidità tattica… C’era tutto questo nella volata vittoriosa di Alberto Dainese a Iscar, due giorni fa alla Vuelta (in apertura foto @cyclingimages).

Questa volta il treno della sua Dsm-firmenich ha funzionato benone e tutto è andato secondo programma. Per Dainese si tratta del terzo successo stagionale. Un successo nato non solo sul rettilineo finale, ma anche nei giorni precedenti. Ecco dunque la doppia analisi della sua volata: quella ad Iscar vera e propria e quella iniziata nei giorni prima e passata per le alture dell’Asturia.

Decentrato sulla destra, Dainese schiacciato e a testa bassa precede Ganna (sulla sinistra)
Dainese schiacciato conquista l’arrivo di Iscar
Alberto, un grande sprint, e una posizione che davvero ricordava Cav…

Eh – sorride – ma non ero poi neanche così aerodinamico. Mi sentivo bene e finalmente tutto è filato liscio, anche rispetto alle altre due volate precedenti.

Raccontaci come è andata.

Siamo rimasti compatti. I ragazzi hanno svolto un bel lavoro, non che nei due sprint precedenti non lo avessero fatto, ma come detto stavolta non ci sono stati problemi… almeno per noi. I corridori della Alpecin-Deceunick fanno sempre qualcosa di strano. A Iscar uno di loro si è voltato quando andavamo a 65 all’ora è finito in terra e con lui tanti altri. Ma dico io: certe cose te le insegnano da allievo, come si fa a commettere ancora certi errori. Ed è già la seconda volta.

E invece la volata vera e propria come è stata?

Tutto sommato è stata una tappa facile, ma non del tutto, almeno nel finale. Infatti c’era vento. Dalla tv non si vedeva, sembrava che stessimo passeggiando, ma in realtà nell’ultima ora siamo andati sempre a 60 all’ora. Noi questa volta abbiamo anche un po’ seguito i Jumbo-Visma e siamo riusciti a stare coperti. I ragazzi sono riusciti a fare quello che gli ho chiesto. E così siamo usciti forte per davvero dall’ultima curva. Io ero volutamente un pelo dietro perché c’era del vento contro. Volevo restare coperto fino alla fine. Quando sono uscito di ruota avevo una grande velocità.

Appena arriva il primo, Dainese grazie ad una App sul computerino sa quanto è il tempo massimo e si regola col passo
Appena arriva il primo Dainese grazie ad una App sul computerino sa quanto è il tempo massimo e si regola col passo
“I ragazzi hanno fatto quello che gli avevo chiesto”: parole importanti, da leader…

Quando le cose vanno bene sembra sempre che uno abbia la situazione sotto controllo su ogni cosa. Noi non siamo un team specializzato per le volate, ma siamo riusciti comunque a fare un buon lavoro. Qui in Spagna siamo due uomini veloci e sei scalatori in pratica. Non gli si può chiedere tantissimo. Ma il compito prefissato è stato fatto bene.

Abbiamo raccontato l’aspetto della volata vero e proprio, Alberto. Ma come ci sei arrivato dopo tutte quelle montagne? Immaginiamo che la gestione non sia stata banale in vista di quello sprint…

No, anzi… Io ho perso quell’orgoglio di tenere duro per fare cinquantesimo che c’era qualche tempo fa. Vedo gente più “finita” di me che tiene duro, spreca energie senza motivo… per arrivare 10′ prima al traguardo. Io provo a risparmiare più energie possibile in determinate tappe. Cerco il gruppetto.

Come fai a risparmiare più energie? Per esempio qualche giorno fa Cimolai ci ha detto cose interessanti in merito al velocista sulle salite di questa Vuelta…

Non appena ci dicono che il primo è arrivato, sul Wahoo (il computerino, ndr) spingo il bottoncino e la App mi dice quanto è il tempo massimo. In base a quello mi regolo. Se so che ho 30′, cerco di arrivare per i 28′. E questa tattica paga molto secondo me. Io e “Cimo” per esempio riusciamo a farla molto bene (non a caso sono terzultimo e penultimo nella generale, ndr). E magari siamo più pronti nei giorni che sono adatti a noi.

Il tempo massimo quindi è fondamentale, anche per il passo vero e proprio. Riesci a far scendere i watt?

Sì, solitamente scendono. In certi casi anche un bel po’. Prendiamo l’esempio di La Cruz de Linares dell’altro giorno. Quando sono arrivati eravamo ai 6 chilometri dal traguardo. Più o meno sappiamo quanto s’impiega su quelle pendenze per fare un chilometro e così mi sono regolato per arrivare entro i limiti. Ho rallentato sempre di più. Insomma non tengo duro più del previsto. Altri vedo che stanno nel gruppetto e poi fanno forte l’ultima.

Gettare un occhio sul computerino è dunque importante in queste tappe. La vittoria di una volata passa anche da qui
Gettare un occhio sul computerino è dunque importante in queste tappe. La vittoria di una volata passa anche da qui
In effetti con la App del tempo massimo, gestirsi è più “facile”…

A volte è più dura. Nella tappa del Tourmalet per esempio la Alpecin (la squadra di Groves, votata tutta per lui, ndr) aveva sbagliato i calcoli. Ha iniziato ad andare pianissimo un po’ troppo presto e così ci siamo ritrovati a fare gli ultimi 4 chilometri del Tourmalet a tutta per rientrare nel tempo massimo.

Facciamo un’ipotesi di numeri: tu sali a 400 watt alla soglia (per dire), quanto scendono durante la gestione dello sforzo per arrivare al traguardo nel tempo limite?

Un numero preciso è difficile da dare, varia in base al tempo che manca, alla distanza, alla pendenza… Mediamente direi che si scende a 250 watt. Per fortuna oggi abbiamo il 36×34 che ti consente quasi di andare “a piedi” quando serve. Una volta sarebbe stato più complicato.

Come individui il momento di mollare?

Si tende a tenere duro nella prima salita. Poi è chiaro che se si mettono per mezz’ora a 6 watt/chilo li tengo. Ma generalmente si cerca di stare davanti il più possibile finché non si forma un gruppo numeroso. Fin quando la Jumbo, che fa un altro sport, non decide di aprire il gas!

Chiarissimo.

A quel punto se non si è fatta troppa fatica si cerca di rientrare nella discesa successiva, se non altro per fare velocità nelle valli. In quei tratti più veloci è importantissimo non stare da soli, altrimenti diventa dura per davvero.

Flynn (a sinistra) e Dainese (a destra) nel gruppetto. In certe frazioni non restare soli è fondamentale
Flynn (a sinistra) e Dainese (a destra) nel gruppetto. In certe frazioni non restare soli è fondamentale
Alberto, ci hai già illustrato molte piccolezze importanti, in questo aspetto conta anche l’alimentazione?

Dipende sempre dall’andamento della gara. La linea è quella di mantenersi sui 90 grammi di carboidrati l’ora. Se si riesce si mangia anche del solido: un paio di barrette e la borraccia di malto. Altrimenti solo malto e gel, come mi è già successo nel corso di questa Vuelta.

La tappa di ieri per esempio prevedeva un avvio in salita. Come si fai in quei casi?

Mi sono scaldato e ho cercato di tenere duro all’inizio (il collega velocista Groves aveva anche provato ad andare in fuga nella prima salita, ndr). Poi dipendeva dalla tattica. Cosa avrebbero fatto i Jumbo-Visma? Gli UAE Emirates avrebbero attaccato? Finché non è partita la fuga non è stato facile. Ma per fortuna la tappa era lunga e il tempo massimo ampio (e la fuga è partita abbastanza presto, ndr)

In questi casi resta un uomo vicino a te? Anche in previsione dello sprint di Madrid…

Come detto in questa Vuelta eravamo solo in un paio di uomini più veloci. Con me c’era
Sean Flynn, abbastanza veloce: va più forte di me in salita, ma non ne ha per restare davanti chiaramente.

Una vittoria prima dei saluti. Viaggio in Dsm con Dainese

27.08.2023
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Italiani e Dsm-Firmenich: un feeling particolare. Ieri la squadra olandese (ma affiliata in Germania) ha vinto la cronosquadre di apertura della Vuelta. Il primo a tagliare il traguardo è stato Lorenzo Milesi, campione mondiale proprio contro il tempo fra gli U23, che oggi riparte in maglia roja. E poi c’è l’altro italiano, Alberto Dainese il quale, anche se è arrivato staccato ha dato il suo contributo alla causa. E’ questo forse miglior modo del velocista veneto di salutare la squadra: una vittoria di gruppo ha sempre un altro sapore.

Tuttavia Alberto sa che in Spagna le cose non saranno facili per le ruote veloci come lui. Primo perché le tappe adatte alle volate generali si contano sulle dita di una mano. Secondo perché – e può sembrare assurdo – i velocisti sono pochi.

«Le tappe per noi sprinter – dice Dainese – non sono molte. Il faro della corsa tra i velocisti è Kaden Groves, più che altro perché è l’unico ad avere una squadra votata per lui. Tanto più che all’ultimo minuto per Covid è stato sostituito anche Thijssen della Intermarché – Circus. Quindi alla fine ci sarà una sola vera squadra, la sua Alpecin-Deceunick, che avrà interesse ad arrivare in volata. Vedremo».

Le fughe, su carta, hanno dunque buone possibilità di arrivare.

La squadra olandese annovera la WT maschile, femminile e la development (foto Instagram)
La squadra olandese annovera la WT maschile, femminile e la development (foto Instagram)

Tanti italiani

Come accennato in apertura Alberto Dainese lascerà la Dsm a fine stagione e passerà alla Tudor Pro Cycling come ha fatto Trentin. Il padovano è stato una sorta di pioniere per gli italiani nel Team Dsm. 

A parte Gianmarco Garofoli, che da sempre voleva unirsi all’Astana-Qazaqstan di Martinelli, sono arrivati Lorenzo Milesi, Lorenzo Ursella (che però corre nella development), Francesca Barale ed Eleonora Ciabocco. E tutti sembrano trovarsi molto bene con i metodi di questa squadra.

D’altra parte, possiamo immaginare che l’ambiente del team olandese possa non essere proprio facile per un atleta latino, mediterraneo. Deventer, dov’è la sede del team, è situata a un centinaio di chilometri ad Est di Amsterdam, non lontana dal confine tedesco. La differenza culturale si sente e non tutti riescono a integrarsi subito. 

«Gli aeroporti di riferimento – va avanti Dainese – sono Amsterdam o Eindhoven e ricordo in effetti che la prima volta che arrivai lassù non era affatto bel tempo. Pioveva. Io però ci sono stato molto poco. C’è un hotel di riferimento e ci sono degli appartamenti. Ma lì vi risiedono soprattutto i ragazzi della development. Hanno una cucina e possono fare da sé».

In Dsm i piatti arrivano già preparati e pesati in modo specifico per ogni atleta
In Dsm i piatti arrivano già preparati e pesati in modo specifico per ogni atleta

Ambiente rigido

Per Dainese fare un paragone con un’altra squadra magari italiana non è facile, visto che non vi milita dal 2018 quando non era ancora un professionista.

«Posso dire che qui in Dsm tutto è molto controllato. Si richiede grande puntualità e tutto è molto strutturato. Ci sono delle regole che vanno rispettate per il bene comune, ma questo serve per lavorare bene, tutti quanti.

«Ammetto che all’inizio questa grande puntualità e la cura dei dettagli quasi mi spaventavano, ho sofferto. Controllavano e controllano tutto (la crono di ieri ne è una prova: tanti test il mercoledì precedente, materiali preparati per la pioggia, impostazione di un ritmo gara centrato al dettaglio, ndr). Ma ero io che ero timido. Poi ho capito come funzionava, ci ho fatto l’abitudine e le cose sono andate meglio».

Sul manifesto della squadra si legge: “Il nostro programma WorldTour maschile, il programma WorldTour femminile e un programma di sviluppo operano tutti sotto lo stesso “ombrello”. Siamo un collettivo, tutti utilizzano lo stesso approccio”. E in effetti c’è una certa coralità di metodo.

«Abbiamo le nostre tabelle di allenamento che arrivano tramite Excell – prosegue Dainese – e lì poi ricarichiamo i nostri file di allenamento: quindi watt, chilometri, ore… ma anche altri valori come il peso. E aggiungiamo un commento con le nostre sensazioni. Le tabelle arrivano ogni due o tre settimane».

Tutto molto preciso anche per quel che concerne l’alimentazione. In squadra ci sono i nutrizionisti, come in tutte le WT del resto, ma durante i grandi Giri ai ragazzi della Dsm vengono consegnati i piatti già preparati con le quantità specifiche per ciascun atleta.

«E questo aspetto ti sgrava di molti pensieri, dubbi – spiega Dainese – non ti chiedi se hai preso troppa pasta o troppo poca. Se ne vuoi di più… quello è il tuo piatto, sai che è stato calibrato e pesato sul tuo fabbisogno energetico: stop. A fine grande Giro la tua massa grassa è sempre quella, segno che hai mangiato bene».

«Un po’ come con gli allenamenti: loro vogliono sempre le tue tracce, quello che mangi… e se questo può dare fastidio, o sembrare limitante, credo che per un giovane che ancora non conosce bene il mestiere sia un bene. Per me questo metodo è un pregio di questo team». 

All’Arctic Race, una delle poche gare previste per lui sin da inizio anno, Dainese ha vinto la prima tappa
All’Arctic Race, una delle poche gare previste per lui sin da inizio anno, Dainese ha vinto la prima tappa

Particolarità Dainese

Milesi, Barale e gli altri italiani dunque possono stare tranquilli. Ma allora viene da chiedersi perché Dainese abbia deciso di lasciare questo team così ben organizzato. Ammessa quella rigidità – che comunque non riguarda solo questa squadra. Sappiamo, per esempio, di un atleta di un team importante, essere stato redarguito per essersi presentato con un minuto di ritardo alla partenza del bus dall’hotel – tutto sommato le cose sembrano girino bene. Almeno quasi sempre è così.

«Io – conclude Alberto – in quanto a programmi sono stato un caso anomalo. Quest’anno infatti delle gare previste ad inizio anno ne avrò fatte due. Ho invece preso il via a corse in cui non ero neanche riserva. Della Tirreno l’ho saputo qualche giorno prima, del Tour of the Alps, alla vigilia. Del Giro d’Italia una settimana prima e quasi lo stesso qui alla Vuelta».

Qualche difficoltà dunque c’è stata per Alberto, nonostante, proprio in questo team abbia raccolto i suoi primi importanti successi. Ma i calendari improvvisati non fanno certo bene nel ciclismo di oggi. Magari avrebbe potuto fare di più. Anche lo scorso anno le cose non andarono troppo diversamente per lui: Giro d’Italia, Giro del Belgio e poi il non previsto Tour de France: una “botta” mica da poco per un ragazzo di 24 anni. 

«Feci una grande fatica in Francia – racconta Dainese – ricordo che già dopo poche tappe ero sfinito. Stavolta con la Vuelta almeno è diverso, in quanto a luglio ho staccato un paio di settimane. Sono rientrato in gara giusto all’Arctic Race (dove ha vinto una tappa, ndr). Ho un po’ patito lo sbalzo di temperatura tra Norvegia e Spagna, ma sono curioso di vedere come sarà un secondo grande Giro in stagione con un percorso di avvicinamento più “normale”».

Le ambizioni della Tudor, con Trentin e Storer per crescere

16.08.2023
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In questo ciclomercato che da settimane riserva colpi ogni giorno, anche la Tudor ha fatto la sua parte. 7 nuove entrate nel team e neanche un’uscita e già questo è un segnale di rafforzamento che s’innesta in quel processo di crescita con obiettivo entrata nel WorldTour.

Parlando con Claudio Cozzi, uno dei diesse del team, si nota subito che è particolarmente soddisfatto della campagna acquisti svolta sino ad ora. Si parte dal concetto di quantità, per spiegare perché la bilancia pende completamente dalla parte degli acquisti.

Claudio Cozzi è al suo primo anno alla Tudor, ora sta guidando la squadra al PostNord Danmark Rundt
Claudio Cozzi è al suo primo anno alla Tudor, ora sta guidando la squadra al PostNord Danmark Rundt

«Nella scelta dobbiamo tenere conto che il nostro è un team che vuole crescere, che ha ambizioni, ma abbiamo visto quest’anno che con 20 effettivi non riesci a coprire il calendario come vorresti, basta un infortunio, un malessere e la coperta diventa corta. Abbiamo quindi fatto entrare nel team gente giovane e gente d’esperienza per alzare il tasso di qualità generale».

Con gli uomini che avete preso, pensi che anche gli inviti aumenteranno?

Il programma è già stato molto fitto in questo primo anno, chiaramente ci manca la partecipazione a un grande giro, ma considerando le due wild card già assegnate, i posti a disposizione sono pochissimi e privilegiano i team del posto. E’ chiaro però che se hai più cavalli nel motore anche gli organizzatori se ne accorgono e quindi qualche invito in più, da parte di gare prestigiose me lo aspetto.

Per Trentin un mondiale sfortunato. Alla Tudor avrà molte occasioni da leader
Per Trentin un mondiale sfortunato. Alla Tudor avrà molte occasioni da leader
Gli acquisti sono importanti e di nome, proprio il fatto di non avere grandi possibilità di entrare in un grande giro non rappresenta un handicap per squadre come la vostra?

Premesso che non sono io che sono andato a contattare gli atleti, c’è chi è deputato per questo, penso però che alla base della Tudor ci sia un progetto futuribile, ambizioni chiare, un’idea alla base tesa verso una crescita ai massimi livelli. Chi accetta sposa quest’idea per diventarne parte integrante, sapendo che guardiamo lontano e non solo all’immediato.

Partiamo allora nella disamina dei nomi principali partendo da Matteo Trentin

Può portare innanzitutto grande esperienza, parliamo di un ex campione europeo e argento mondiale, uomo che è emerso anche nelle classiche, che anche a Glasgow finché non è caduto era stato protagonista ed era molto promettente in quel che stava facendo. E’ un corridore di alto livello, che può farci fare anche più di uno step in avanti.

Storer vincitore del Tour de l’Ain, a conferma della sua propensione per le brevi corse a tappe
Storer vincitore del Tour de l’Ain, a conferma della sua propensione per le brevi corse a tappe
Ma lo ritieni ancora un vincente?

Io dico di sì, è uno che sa vincere, è un lottatore. Guardate quel che ha fatto al campionato italiano, su un percorso che certamente non era nelle sue caratteristiche ha lottato come un forsennato. Avrà le sue occasioni e lo appoggeremo per ottenere traguardi.

Colpisce l’ingaggio di Storer, uno dei corridori più apprezzati e vincenti nel panorama delle corse a tappe brevi, ma sorprende, tornando al discorso di prima, come abbia scelto un team con difficili prospettive di partecipazione a un grande giro…

Noi intanto siamo un team svizzero, quindi due partecipazioni importanti come al Romandia e al Giro di Svizzera sono assicurate, ma anche altre gare importanti come Tirreno-Adriatico e altre sono pressoché certe. Avrà un calendario adatto per mettersi in mostra, lui come altri ha sposato il progetto e se come tutti speriamo arriverà anche l’invito per un grande giro, si farà trovare pronto. D’altronde anche Michael ha ampi margini di miglioramento, io credo che per lui sia una grande opportunità.

Per Dainese due centri al Giro nel 2022 e ’23. Alla Tudor dividerà gli impegni con l’altro sprinter De Kleijn
Per Dainese due centri al Giro nel 2022 e ’23. Alla Tudor dividerà gli impegni con l’altro sprinter De Kleijn
Alberto Dainese rafforza il vostro comparto veloce…

Noi quest’anno abbiamo già avuto un velocista sugli scudi come Arvid De Kleijn, vincitore anche della Milano-Torino, con Dainese avremo più scelte, i due si potranno dividere, potremo coprire più eventi che è esattamente il nostro intento. Alberto è un ottimo velocista, si è ben visto al Giro 2022 e quest’anno, perché è resiliente, ossia sa emergere anche dopo due settimane di gara, anche il giorno dopo aver superato grandi montagne e non è cosa da tutti. Poi parliamo di un corridore di 25 anni, con tutta una carriera davanti.

Un altro nome da sottolineare è quello di Hannes Wilksch che viene promosso dal vostro team Development. Da molti è considerato uno dei migliori prospetti della sua generazione…

La penso anch’io così, ha fatto un grande Giro Next Gen e ora sarà al Tour de l’Avenir. E’ un ragazzo estremamente serio e molto adulto per la sua età, ho avuto modo di conoscerlo al training camp e l’ho guidato un paio di volte, sa quello che vuole.

Per Wilksch niente mondiali, per preparare al meglio il Tour de l’Avenir
Per Wilksch niente mondiali, per preparare al meglio il Tour de l’Avenir
Anche lui in prospettiva è un uomo da corse a tappe?

Io penso che ha fatto ottimi risultati ma dobbiamo metterlo nella condizione di maturare, come Storer e come tanti altri. Hannes deve anche continuare a formarsi fisicamente, dobbiamo dare tempo a lui come agli altri, senza fretta.

Voi siete ora al Giro di Danimarca, con che prospettive?

Abbiamo una squadra giovane e con un nocciolo locale, con Kamp e i fratelli Eriksson. Vogliamo guadagnarci il pane giorno dopo giorno, lo abbiamo fatto anche ieri in una tappa da tregenda, con una media di 7 forature a team. C’erano tratti dove siamo passati su un autentico pantano, soprattutto sui tratti in pavé sembrava che per terra ci fosse un lago. Tutto si deciderà nel weekend, come sempre succede. Noi forse non siamo della partita per la vittoria finale, ma certamente vogliamo farci notare.

Nalini si racconta al Museo del Ghisallo

12.06.2023
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MAGREGLIO – Nalini ha scelto una location davvero suggestiva per il proprio International Sales Meeting 2023. Stiamo parlando del Museo del Ghisallo, situato nel comune di Magreglio, in provincia di Como, al culmine della salita da sempre simbolo del Giro di Lombardia

Inaugurato nel 2006 accanto al Santuario dedicato alla Madonna protettrice dei ciclisti, il Museo del Ghisallo è diventato in breve tempo meta del pellegrinaggio “laico” di tanti appassionati che arrivano qui da tutto il mondo per ammirare i cimeli di grandi campioni che, grazie alle loro imprese, hanno saputo scrivere pagine indelebili nella storia del ciclismo. 

Ecco la teca con i ricordi di Vincenzo Mantovani
Ecco la teca con i ricordi di Vincenzo Mantovani

In ricordo di “Cencio”

Proprio in occasione dell’International Sales Meeting di Nalini, il Museo del Ghisallo si è arricchito di un dono speciale. E’ stata infatti inaugurata una teca in memoria di Vincenzo Mantovani, fondatore dell’azienda Moa Sport, chiamato affettuosamente “Cencio” dai suoi cari e dagli amici. A volere la teca suo fratello Claudio, il figlio Alessandro e la nuora Carmen Valdalà.

Nella sua carriera ciclistica Vincenzo Mantovani ha saputo conquistare la medaglia d’argento nell’inseguimento a squadre alle Olimpiadi di Tokyo del 1964, prima di dare vita alla Moa Sport e al marchio Nalini. Da oggi è possibile ammirare nella teca a lui dedicata la medaglia d’argento, insieme ad altri cimeli.

Accanto alla famiglia Mantovani, sono stati davvero tanti gli amici che hanno voluto ricordare “Cencio”. Fra questi merita sicuramente una citazione Davide Boifava, ex ciclistica professionista e dirigente sportivo, ma soprattutto amico vero di Vincenzo e Claudio Mantovani.

Proprio Claudio Mantovani, visibilmente commosso, ha voluto ricordare il fratello al quale era molto legato: «Vincenzo – ha raccontato – il sabato vendeva le maglie, che faceva produrre in un laboratorio artigianale, e la domenica correva. Smise di gareggiare presto perché aveva in mente un grande progetto: fondare un’azienda di abbigliamento. Ricordo che un giorno, mentre mi allenavo al Centro Sportivo Milanello, io a quei tempi militavo nel Milan come portiere, venne a farmi visita con venti corridori, la nazionale italiana di ciclismo di allora, proprio prima di partire per Tokyo».

L’inaugurazione della teca con Alessandro e Claudio Mantovani.
L’inaugurazione della teca con Claudio Mantovani.

Uno sguardo al futuro

Come anticipato, l’inaugurazione della teca dedicata a Vincenzo Mantovani è avvenuta in occasione dell’International Sales Meeting di Nalini. Alessandra Agostini, sales manager per l’estero, ha presentato la nuova collezione Nalini per la primavera-estate 2024 alla forza vendita nazionale e internazionale. A supportarla Enrico Zecchini, sviluppatore della stessa collezione. Tra le novità presentate il nuovo Protection Kit di Dyneema, realizzato in collaborazione con il Team DSM, e di cui avremo presto modo di parlare.

All’evento era presente anche Alberto Dainese, vincitore di una tappa al Giro d’Italia 2023.
All’evento era presente anche Alberto Dainese, vincitore di una tappa al Giro d’Italia 2023.

Il parere del pro’ 

Molte delle novità presentate in anteprima alla forza vendita le vedremo presto indossate dagli atleti del Team DSM, una delle due formazioni World Tour “vestite” Nalini (l’altra è la Intermarché Circus Wanty). 

All’inaugurazione della teca dedicata a Vincenzo Mantovani era presente anche Alberto Dainese, reduce dal Giro d’Italia che l’ha visto conquistare la tappa con arrivo a Caorle. Lo stesso Dainese ha tenuto a sottolineare l’alta tecnicità dei prodotti Nalini la cui qualità è particolarmente apprezzabile quando si devono affrontare condizioni meteo proibitive. A dare forza alle sue parole anche il giudizio estremamente positivo espresso da Piet Rooijakkers, responsabile del dipartimento di Ricerca e Sviluppo per DSM, che ha sottolineato la capacità di Nalini di fornire sempre le soluzioni giuste alle esigenze del team.

Chiudiamo con le parole di Giuseppe Bovo, direttore generale Nalini: «Essere presenti in un posto iconico e nel contempo ricco della migliore italianità – ha raccontato – è stata una scelta perfetta per un’azienda che produce tutto esclusivamente a Castel d’Ario. L’importanza di essere rimasti in Italia, quando tutti andavano in Estremo Oriente, si è rivelata, negli ultimi anni in cui si è registrato un boom di richiesta di abbigliamento per il ciclismo, una mossa davvero vincente. In pochissimi siamo riusciti a dare una risposta immediata al mercato».

Nalini

Torniamo da Petacchi: dopo Milan, c’è Dainese

04.06.2023
5 min
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Ieri Milan e le sue volate potentissime e scomposte, oggi il discorso con Petacchi si sposta su Alberto Dainese: velocista più compatto e ugualmente vincente. Dopo aver vinto la tappa di Reggio Emilia dello scorso anno, il padovano è stato sottoposto a un’estate di lavori forzati, con il Giro del Belgio dopo quello d’Italia e a seguire il Tour de France, dove ha centrato il terzo posto nella 19ª tappa.

Quest’anno Alberto, che è alto 1,76 e pesa 70 chili, ha iniziato il Giro tirando le volate per Mayrhofer. E quando poi ha avuto carta bianca, ha vinto quella di Caorle battendo proprio Milan e centrando il quarto posto nell’ultima volata a Roma.

L’indomani della vittoria di Caorle, Dainese ha ricevuto complimenti dal gruppo e richieste di autografi
L’indomani della vittoria di Caorle, Dainese ha ricevuto complimenti dal gruppo e richieste di autografi

Baricentro basso

Se per Milan avevamo chiuso parlando di un atleta col baricentro alto, che fatica nelle curve e a rilanciarsi, per Dainese vale il discorso opposto.

«Secondo me al Giro è stato un po’ sfortunato – riflette Petacchi – forse all’inizio il Team DSM poteva concedergli qualche possibilità in più. Quando ha vinto la tappa, Mayrhofer ha fatto un lavoro straordinario per aiutarlo: forse avrebbe dovuto tirargli le volate per tutto il Giro anziché farle lui. Anche perché non so se il tedesco abbia le potenzialità per battere i velocisti che c’erano. Invece Dainese ha dimostrato che si muove bene e sa tenere la posizione. Il giorno in cui ha vinto, l’altro lo ha lasciato lunghissimo. Quando è passato Hepburn con Matthews a ruota, andavano almeno a 3 all’ora in più e lui ha chiuso il buco, poi ha tirato dritto (foto di apertura, ndr). Ha fatto anche una volata lunga. Ha avuto mille problemi, ha avuto la bronchite, poi la gastroenterite e il giorno dopo ha vinto una tappa. Insomma, la vittoria dello scorso anno non è stata un caso».

Reggio Emilia 2022, prima vittoria al Giro per Dainese che batte Gaviria. Notare la testa e il busto bassi in stile Cavendish
Reggio Emilia 2022, prima vittoria al Giro per Dainese che batte Gaviria. Notare la testa e il busto bassi in stile Cavendish
Dice di sé che non ha tanti watt, ma supplisce con l’aerodinamica.

Il contrario di Milan, insomma. Come posizione assomiglia a Cavendish. Neanche Mark ha dei watt fuori dal comune, ma con l’aerodinamica e la superficie corporea ridotta colma la differenza. Quando “Cav” fa le cronometro da solo, tira fuori anche delle prestazioni decenti. Perché è piccolino, compatto, come coefficiente aerodinamico ti riporta un po’ al discorso di Evenepoel. E’ talmente piccolo e compatto che con i suoi watt riesce ad andare a 55 orari di media, mentre un Milan per andare alla stessa velocità deve fare magari 30 watt in più.

Secondo te anche Dainese ha bisogno di un ultimo uomo?

Io credo che al giorno d’oggi, se hai un paio di uomini davanti, prima di tutto rischi meno. E poi quel giorno che sei al 95 per cento, il 5 che manca te lo fanno i compagni. Altrimenti devi pigliare tre volte il vento in faccia a 60 all’ora e quando arrivi alla volata, sei al 92 per cento e non rendi come potresti. Se invece hai qualcuno che ti aiuta, ti risolve il problema di risalire, di stare più coperto, di essere un po’ più esplosivo nel momento in cui serve.

Gruppetto, salvagente dei velocisti. Qui Dainese con Gaviria e Consonni. Ha chiuso il Giro penultimo nella generale
Gruppetto, salvagente dei velocisti. Qui Dainese con Gaviria e Consonni. Ha chiuso il Giro penultimo nella generale
Lo scorso anno Dainese ha fatto in successione Giro d’Italia, Giro del Belgio e Tour e ha fatto terzo nella penultima volata del Tour: cosa significa?

Fare Giro e Tour è pesante. Pensiamo a Van der Poel, che l’anno scorso ha fatto il Giro e andava fortissimo, da schifo. Poi è andato al Tour e non la muoveva, ma non perché fosse cambiato il livello di corridori, semplicemente perché lui non andava. Non è riuscito a ritrovare un picco di forma come quello che aveva avuto al Giro. Invece Van Aert, che ha fatto un Tour spaziale, aveva preparato solo quello e quest’anno rifarà uguale. Oggi non si fa più come una volta, dopo una corsa come il Giro serve uno stacco.

Quindi è stato un errore?

E’ vero che un velocista puro la volata magari te la vince uguale, però ormai Giro e Tour non lo fa quasi più nessuno. Per l’amor di Dio, se riesci a fare il recupero giusto, ad allenarti e fai una garetta prima di riandare al Tour, puoi anche ritrovare una buona condizione, però ormai devi programmare la stagione. Non vai più alle gare per allenarti, non si faceva quasi più neppure ai miei tempi. Ora vanno forte come le bestie, ancora di più. Approcciano le corse sempre per vincere, quindi portare un corridore a correre troppo significa non fargli un favore. Guardate cosa ha fatto la Ineos prima del Giro.

Bennati lo ha convocato nel 2022 per gli europei, chiusi in 11ª posizione: lo chiamerà per i mondiali?
Bennati lo ha convocato nel 2022 per gli europei, chiusi in 11ª posizione: lo chiamerà per i mondiali?
Che cosa hanno fatto?

Hanno fatto quattro corse dall’inizio dell’anno e poi hanno partecipato al Tour of the Alps che erano già quasi tutti a puntino. Quelli che andavano meno erano Arensman e Thomas, che al Giro sono stati i più forti. Sono anche convinto che senza la caduta, Geoghegan Hart rivinceva il Giro, perché era quello che andava di più in assoluto e poteva lottare con Roglic.

Quindi adesso quale programma sarebbe giusto per Dainese?

Se pensa di voler andare al mondiale, che sarà veloce, allora potrebbe anche riconsiderare il Tour. Chi va in Francia sicuramente può fare un buon mondiale, perché il percorso è veloce, dicono buono per Matthews, Van der Poel e Van Aert. Dainese è un corridore che mi piace molto ed è anche un bravissimo ragazzo, però con tutto il rispetto non si può paragonare con quei nomi in una gara di 270 chilometri. Su quel percorso o qualcosa di simile Trentin vinse l’europeo battendo proprio Van der Poel e Van Aert, ma anche in quel caso erano meno chilometri e anche Matteo aveva qualche anno di meno. Quindi spero che Dainese vada a fare la Vuelta, sarebbe per lui la scelta più logica.

Fotofinish a Caorle: vince Dainese. Che ora racconta

24.05.2023
5 min
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CAORLE – «Abbiamo preso la testa ai due chilometri e mezzo. Sto cercando di ricordare bene dove fossero i cartelloni – dice Dainese – diciamo che abbiamo cominciato prima della curva a sinistra dopo il rettilineo sul lungomare. Mayrhofer ha fatto un lavoro immenso. Era cruciale prendere quella curva davanti per non dover rilanciare dalla quinta, decima posizione. Poi è passato davanti Niklas Markl. Era prestissimo, ma forse è andata meglio così, perché ho preso l’ultima curva in seconda ruota e non ho dovuto neanche rilanciare. Solo che quando lui si è spostato, la Jayco mi ha passato al doppio della velocità sulla sinistra e prendere Matthews non è stato facile. La mia volata l’ho fatta più per colmare il gap che avevo con “Bling”, che per vincere. E’ stata parecchio lunga, ma. Andata bene…».

Vittoria al fotofinish, davvero per un soffio sul ritorno di Milan. Terzo è arrivato Matthews
Vittoria al fotofinish, davvero per un soffio sul ritorno di Milan. Terzo è arrivato Matthews

Un anno a digiuno

I velocisti hanno la capacità straordinaria di farti rivivere le volate al rallentatore, come se portassero una telecamera sul casco. E Dainese, che ha appena vinto la tappa di Caorle, non fa eccezione. L’ultima sua vittoria risaliva proprio al Giro d’Italia, tappa di Reggio Emilia del 2022, ma oggi lo sprint con cui ha infilato Matthews e resistito al ritorno di Milan è servito a fare pace col destino e togliersi qualche sassolino dalle scarpe.

Per essere un corridore al secondo anno nel WorldTour, il suo 2022 è stato a dir poco singolare. Il Giro con una tappa vinta, il Giro del Belgio e poi il primo Tour de France, con il terzo posto alla 19ª tappa. Forse troppo per un corridore di 24 anni, al punto che quando Bennati se lo è ritrovato in azzurro agli europei di Monaco, stentava a riconoscerlo.

Oggi si riparte da un gradino più alto, dopo l’infortunio di settembre, le tensioni (non ancora risolte) legate al rinnovo del contratto, la convocazione in extremis e il virus intestinale che l’ha colpito sabato a Cassano Magnago e che domenica a Bergamo lo ha portato a un passo dal ritiro. E con lui allora cominciamo da lì, dal giorno in cui la vittoria di oggi era forse la prospettiva più remota.

Nella tappa di Bergamo, Dainese ha rischiato di andare alla deriva, ma ha tenuto duro
Nella tappa di Bergamo, Dainese ha rischiato di andare alla deriva, ma ha tenuto duro
Che cosa ti ha convinto a non ritirarti nella tappa di Bergamo?

Il Giro bisogna onorarlo e nonostante tu sia ammalato, devi continuare. Magari dopo qualche giorno guarisci ed io ho avuto la fortuna di ammalarmi due giorni prima del riposo. Sono riuscito a recuperare abbastanza bene. Ieri è stata comunque parecchio tosta arrivare sul Bondone. Però stanotte sono riuscito a dormire e a stare un po’ meglio di stomaco. Non è stato facile…

Quest’anno sono più le volate che hai tirato di quelle che hai fatto…

Ma ho avuto tre occasioni e ci sono andato vicino a partire dalla Tirreno. Nella prima volata del Giro, mi hanno squalificato (sul traguardo di Salerno, ndr) e oggi è andata un po’ meglio.

L’ultima vittoria di Dainese risaliva al Giro 2022, per questo sul podio il padovano era commosso
L’ultima vittoria di Dainese risaliva al Giro 2022, per questo sul podio il padovano era commosso
Diciamo che ti sei preso la rivincita?

E’ stato un anno difficile. C’erano tante aspettative dopo la vittoria al Giro e da parte di tante persone e anche da me stesso. Per vari motivi, non ho avuto la continuità e la consistenza necessarie, per cui ho avuto spesso il ruolo di ultimo uomo. Però è vero che un velocista vuole fare le volate. Quindi sì, può essere anche una rivincita, perché ho dimostrato sia a me che agli altri, che sono in grado di vincere. Fino a ieri, non ci credevo neanch’io, pensavo che l’anno scorso fosse stata tutta fortuna.

Fortuna o no, fare terzo di tappa a fine Tour non è da buttar via…

E’ stato un piazzamento abbastanza di fortuna, perché ho preso tutte le curve davanti e poi Laporte e Philipsen mi hanno sverniciato, quindi non è andata proprio benissimo. Un velocista deve vincere e azzeccare due volate in due anni forse è un è poco. Ovviamente sono due tappe al Giro, ma i velocisti di riferimento vincono 15 corse all’anno, quindi sicuramente il percorso per essere consistente è ancora lungo.

Milan è arrivato secondo davanti ai suoi tifosi. Il friulano era contrariato, ma ha consolidato la maglia ciclamino
Milan è arrivato secondo davanti ai suoi tifosi. Il friulano era contrariato, ma ha consolidato la maglia ciclamino
C’è più gusto a vincere le volate in modo netto oppure al fotofinish?

Non mi era mai successo di aver vinto per così poco. Semmai mi era successo di perdere per pochissimo, alzando le mani da junior, ma per il resto è stata la prima volta. Ero molto teso, pensavo di aver fatto secondo e sarebbe stato parecchio terribile, però qualcuno da lassù mi ha graziato.

Impossibile nascondere che tu sia emozionato, mentre i velocisti di solito sono esuberanti. E’ difficile essere uno sprinter ed essere anche persone sensibili?

Quando sono passato professionista, ho sofferto parecchio questa cosa. Ritagliarsi un ruolo da velocista in una squadra WorldTour estera non è facile, soprattutto se sei un po’ timido e dovresti battere di più i pugni sul tavolo.

Dopo la vittoria, Dainese si è raccontato ed era ancora molto emozionato
Dopo la vittoria, Dainese si è raccontato ed era ancora molto emozionato
E’ stato difficile ambientarsi?

Ho sempre cercato di dimostrare di avere un buon livello, lasciando che gli altri se ne accorgano e mi diano spazio. Però siamo tutti diversi, ci sono anche altri velocisti che preferiscono la tensione.

Pensi di continuare a fare il velocista o allargherai l’offerta?

E’ già così difficile vincere le volate, che per ora le classiche non sono alla mia portata. Mi piace fare il velocista.

Adesso andrai a fare il tuffo in mare che avevi promesso in caso di vittoria?

Purtroppo abbiamo l’hotel a Treviso. Magari per questa volta farò un tuffo in piscina…

Dainese, la sorpresa del Giro all’improvviso…

02.05.2023
6 min
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Alberto Dainese è stato avvertito in extremis che avrebbe fatto il Giro. Così si è ritirato dal Romandia e ha cominciato a riempire la valigia. Quando una corsa di tre settimane ce l’hai nel programma da inizio anno, sai di seguire un avvicinamento preciso, che include l’altura. Quando te lo dicono pochi giorni prima, speri sia sufficiente quello che hai.

«La cosa importante è che faccio il Giro – dice con calma e saggezza – mentre per il resto della stagione mi sono attenuto alle decisioni della squadra. Non ho iniziato come punta, però magari non ho dato le certezze che al Team DSM si aspettavano. Non ho ottenuto risultati al livello degli anni scorsi, potrebbe essere una componente».

Reggio Emilia, Giro d’Italia 2022: Dainese batte Gaviria, Consonni, Demare, Ewan e Cavendish
Reggio Emilia, Giro d’Italia 2022: Dainese batte Gaviria, Consonni, Demare, Ewan e Cavendish

Il 2022 a due facce

Il 2022 di Alberto Dainese si è chiuso il primo settembre contro un’auto e poi all’ospedale di Lugano, da cui è uscito dopo qualche ora con un taglio nel braccio e qualche dente rotto. Fino a quel momento la stagione era stata più che positiva, con 81 giorni di corsa, fra cui spiccavano il Giro e il Tour. Nel primo, la vittoria di tappa a Reggio Emilia lo ha proiettato fra coloro che possono fare grandi cose. Nel secondo, il terzo posto nella 19ª tappa dietro Laporte e Philipsen ha evidenziato che il recupero non gli manca. Inutile dire che da quel doppio impegno, con il Giro del Belgio nel mezzo, il padovano sia uscito stanco morto. Per cui il mese di stop forzato per la caduta, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, lo ha costretto a recuperare.

Lo intercettiamo mentre finisce di preparare le ultime cose: domattina si parte. Il Giro comincerà sabato con la crono di Ortona, la prima volata è annunciata per l’indomani nella Teramo-San Salvo.

Terzo nell’ultima tappa della Tirreno: i complimenti a Philipsen che ha vinto e a Groenewegen secondo
Terzo nell’ultima tappa della Tirreno: i complimenti a Philipsen che ha vinto e a Groenewegen secondo
Torniamo al 2022: ti aspettavi di vincere la tappa di Reggio Emillia?

No, non me l’aspettavo. In realtà prima del Giro ero sempre ammalato, non andavo mai, non riuscivo a trovare la quadra, quindi la vittoria è stata una sorpresa. Invece nel giorno di riposo a Pescara ho sentito di stare finalmente bene. L’indomani c’è stata la tappa che ha vinto Girmay e mi sono staccato proprio a 500 metri dalla cima dello strappo. Così ho capito di avere la gamba per fare qualcosa. E a Reggio Emilia ho vinto io.

Hai battuto Gaviria, Consonni, Demare, Ewan e Cavendish. Che effetto fa?

Ti dà un po’ di consapevolezza, ma anche no. Sai che puoi farlo, ma anche che puoi non rifarlo più. Devi sperare che vada tutto bene un’altra volta. La cosa principale è partire per fare le volate, quella è la cosa principale. Ad esempio alla Tirreno, ero convinto di poter vincere l’ultima tappa, ma anche quel giorno non ero io l’incaricato dello sprint. L’ho saputo negli ultimi chilometri, l’ho fatto e ci sono andato vicino. Però fra vincere e fare lo sprint dalla ventesima posizione arrivando terzo, c’è una bella differenza. Le volate sono così. Può andarti di fortuna e vinci anche se non sei il più forte o magari puoi avere la giornata super e non vincere perché non ti va di fortuna.

Dainese ha corso il Giro di Romandia fino alla seconda tappa. Poi, dirottato sul Giro, si è ritirato
Dainese ha corso il Giro di Romandia fino alla seconda tappa. Poi, dirottato sul Giro, si è ritirato
Fare la volata dalla ventesima posizione significa non aver avuto la squadra?

C’è stata una concomitanza di eventi, che mi ha portato a fare gli ultimi chilometri da solo, ma non è stata colpa di nessuno. Era un arrivo un po’ strano che conoscevo. Ho preso come riferimento Girmay, che nelle volate precedenti aveva avuto il treno migliore, invece quel giorno ha fatto diciottesimo. Ho puntato su quello sbagliato (ride, ndr).

Com’è andare alla partenza del Giro senza averlo preparato nei dettagli?

Paradossalmente, con la chiamata all’ultimo momento, magari vado meglio. Sono stato riserva al Tour of the Alps e al Romandia, però non mi sono ammalato e magari ho fatto la preparazione migliore. Sono riuscito a fare allenamenti costanti per mesi, senza interruzioni per la febbre, come invece era stato l’anno scorso. Poi è chiaro che se fossi stato un corridore da classifica, avrei fatto l’altura e poi il Romandia. Per fare bene al Giro un velocista deve essere parecchio resistente, perché c’è una sola tappa piatta, ma non può neanche perdere la componente esplosiva. Quindi c’è da lavorare su entrambe le cose ed è quello che ho fatto. Insomma, anche se non sapevo di fare il Giro, ci arrivo abbastanza preparato.

Quali tappe hai cerchiato di rosso?

E’ una bella domanda, perché dipende molto da come si fanno le salite, da chi controlla e se c’è controllo. Ci sono volate sporche, diciamo così, da fatica, che devi guadagnarti. Però ci sono anche corridori adatti per quelle giornate, come Magnus Cort che sta andando fortissimo in salita, oppure Pedersen. Può essere che si infilino in prima persona in una fuga, come ha fatto Pedersen quando ha vinto la tappa al Tour del 2022. Penso alla quinta, che sembra facile, ma non lo è. Anche la terza è impegnativa, idem quella di Napoli. Quella che sembra scontata è la tappa di Caorle, se non altro perché è tutta in discesa. Sarebbe stupido perdere un’occasione del genere però l’anno scorso una tappa identica, quella di Treviso, siamo riusciti a perderla lasciando arrivare la fuga.

La tappa di Cassano Magnago ha il Sempione in partenza, cosa si può fare?

C’era una tappa simile l’anno scorso a Messina, mi sembra (in mezzo c’era da scalare la salita di Portella Mandrazzi, vittoria di Demare, ndr). Il Sempione ha la pendenza media del 6 per cento, devi tenere botta nella parte iniziale perché c’è un tratto parecchio pendente, poi si riesce a salire. Dalla cima ci sono quasi 140 chilometri all’arrivo, quindi ci sta che ti organizzi e rientri. Se invece uno come Pedersen sta bene e si infila nella fuga, diventa un massacro, col gruppo dietro che tira e quelli davanti che non mollano.

Nella 19ª tappa del Tuor 2022, si è piazzato terzo. Primo Laporte in fga, a un secondo Philipsen e Dainese
Nella 19ª tappa del Tuor 2022, si è piazzato terzo. Primo Laporte in fga, a un secondo Philipsen e Dainese
Si parte per vincerne un’altra?

Sarebbe stupido non pensare di farlo. Poi bisogna vedere se faccio io le volate, perché ci divideremo i compiti con Marius Mayrhofer che ha vinto a inizio anno in Australia (Cadel Evans Great Ocean Road Race, ndr). Anche quella era una corsa impegnativa con il finale in volata, quindi potrebbe fare bene a sua volta in certi arrivi. Per me l’obiettivo è vincere, non lo nego. Anche per me stesso, per dire che la vittoria dell’anno scorso non è stata per un colpo di fortuna.

La Scott Foil di Alberto Dainese e del Team DSM

08.02.2023
5 min
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Presentata ufficialmente l’estate scorsa, l’ultima versione della Scott Foil è una bici marcatamente aerodinamica nelle forme e nel concept. Quello che sorprende però, è il fatto che viene utilizzata anche dagli scalatori del Team DSM, uno su tutti Romain Bardet, corridore attento ai dettagli tecnici, al peso e alle performances della bicicletta. L’atleta transalpino ha usato la Foil anche nel corso delle frazioni più impegnative del Tour.

Dainese al campionato europeo 2022 di Monaco
Dainese al campionato europeo 2022 di Monaco

Ovviamente la Scott Foil è un riferimento per i velocisti e per i passisti. Abbiamo chiesto ad Alberto Dainese di descrivere la sua bici nella versione 2023, che rispetto a quella utilizzata nella seconda parte di stagione 2022 presenta delle differenze. La famiglia Syncros/Scott fornirà anche le selle (al posto di Pro Bike Gear) e ci sarà un’impiego maggiore dei tubeless. Entriamo nel dettaglio

Quando hai iniziato ad usare l’ultima versione della Scott Foil?

Mi è stata consegnata poco prima del Tour 2022 e da quel momento non l’ho più abbandonata. In precedenza non utilizzavo la Foil, parlo della versione precedente, ma la Addict ed effettivamente le due bici sono molto differenti. Di sicuro la bici aero è più adatta alle mie caratteristiche, ma è ampiamente utilizzata anche dagli scalatori.

Il profilo ridottissimo del manubrio Syncros e gli shifters leggermente all’interno (eltoromedia.com)
Il profilo ridottissimo del manubrio Syncros e gli shifters leggermente all’interno (eltoromedia.com)
Quali sono le differenze maggiori che hai notato, rispetto alla Addict?

La Foil è molto veloce, fattore che diventa un supporto notevole alle mie caratteristiche, è una di quelle biciclette che scappa via quando cambi ritmo, davvero facile da lanciare. E’ più rigida della Addict, che invece mi trasmetteva un comfort maggiore. Durante le azioni di rilancio, ad esempio negli sprint, la nuova Foil sostiene di più nella parte anteriore e il carro posteriore sembra scaricare maggiormente la potenza espressa.

La Addict non era ugualmente rigida?

Non è quello, solo che la rigidità della Foil è una delle peculiarità che ha lasciato impressionati parecchi di noi corridori. E poi il peso contenuto, anche questo un fattore che è stato considerato in maniera positiva anche dal gruppo degli scalatori del team.

Effettivamente al Tour è stata usata anche da Bardet!

Si esatto, non solo da lui, ma come dicevo da tutti gli scalatori. Bardet argomentava proprio il fatto che non avendo una grossa differenza di peso con la Addict, ma essendo più rigida, reattiva e fluida anche intorno ai 30 all’ora, ci stava il fatto di usarla anche su ascese lunghe ed impegnative. Ormai si tengono delle andature elevate anche in salita e per lunghi tratti quando il naso è all’insù. Non sono uno scalatore, ma credo che una bici aero possa dare un aiuto e una serie di vantaggi.

Anche la versione dei tubeless N.EXT in dotazione al team (eltoromedia.com)
Anche la versione dei tubeless N.EXT in dotazione al team(eltoromedia.com)
Qual’è il tuo setting preferito per le gare?

Preferisco sempre le ruote con il profilo da 50, che ormai sono da considerare intermedie. Solo in qualche occasione chiedo di usare le 60, quando le tappe sono piatte. Abbiamo i tubeless Vittoria, con sezioni comprese tra i 26 e 28 millimetri. Per i rapporti prediligo la combinazione 54-40 per le corone. Ho montato il 56 solo un paio di volte, una al Giro e una all’UAE Tour, ma onestamente preferisco sfruttare una maggiore agilità.

Hai cambiato qualcosa rispetto al 2022?

Rispetto alla stagione scorsa ho chiesto di allungare lo stem del manubrio integrato e utilizzo, quasi in controtendenza, il manubrio da 42 centimetri di larghezza. Facendo un paragone con la stagione passata, abbiamo cambiato le selle, che ora sono Syncros e io utilizzo la versione Belcarra.

Per quanto riguarda i rapporti dietro?

Lo standard è 11-30, almeno per quello che mi riguarda. Poi ci sono delle situazioni in cui viene montata la scala 11-34, ma è per salvare la gamba nelle frazioni più dure e non adatte a me.

La bici da gara si discosta da quella che hai per l’allenamento?

E’ uguale, non ci sono differenze ed è un vantaggio non da poco, perché il feeling rimane quello. L’unica diversità sono gli pneumatici, in allenamento uso le camere d’aria, più che altro per una questione di abitudine.