Il (primo) centenario dalla fondazione di Abus rappresenta un’occasione celebrativa straordinaria. Quale cosa migliore se non metterla in evidenza anche attraverso uno degli eventi ciclistici più iconici come il Giro d’Italia 2024?
«Con grande soddisfazione – ha dichiarato Charlie Hancock, Category Manager Mobile Security di Abus Italia – quest’anno Abus corre il Giro con ben tre squadre: il Team Movistar di Nairo Quintana, il Team Tudor con Alberto Dainese e Matteo Trentin, e il Team Alpecin Deceuninck con Nicola Conci, alla quarta partecipazione alla corsa rosa. Per Abus è un vero e proprio traguardo storico, la prima grande corsa a tappe nel corso della quale così tante squadre si affidano ai nostri prodotti. Ma cosa rende questo momento così significativo?
«La risposta è nel fatto che i nostri caschi alto di gamma, utilizzati da Tudor e Movistar, sono Made in Italy: una tangibile testimonianza del nostro impegno finalizzato all’eccellenza artigianale e alla qualità. E’ un’emozione vedere i nostri caschi e i nostri accessori in azione al Giro, sapendo che sono stati concepiti e realizzati con grande dedizione in Italia. Con il Team Alpecin Deceuninck siamo invece partner per quanto riguarda la sicurezza».
Le tre squadre che utilizzano prodotti Abus al Giro d’Italia 2024Alberto Dainese è in corsa con la Tudor Pro CyclingLe tre squadre che utilizzano prodotti Abus al Giro d’Italia 2024Alberto Dainese è in corsa con la Tudor Pro Cycling
100 anni di storia
Quest’anno Abus ha presentato la seconda generazione del celebre casco GameChanger, un vero e proprio concentrato di tecnologia e innovazione. Ogni dettaglio di questo casco aerodinamico è stato progettato con un solo scopo: garantire prestazioni di altissimo livello. Collaborando con atleti professionisti e producendo in Italia, i tecnici Abus hanno potuto mettere a punto un prodotto che soddisfa esigenze estremamente elevate.
Le esperienze acquisite nel ciclismo professionistico, frutto di collaborazioni strette con importanti realtà agonistiche e straordinari atleti, svolgono un ruolo cruciale nello sviluppo e nell’innovazione dei caschi per il ciclismo. Attraverso sinergie con aziende leader nel settore, Abus ha canalizzato una vasta gamma di conoscenze, di abilità e di tecnologie avanzate per creare prodotti di serie di alta qualità. L’evoluzione del casco per il ciclismo non è solo una questione di protezione, ma anche di prestazioni ottimali e comfort. Grazie alla esperienza nel campo del ciclismo professionistico, Abus ha compreso le impegnative sfide e le esigenze degli atleti di livello mondiale. E questa consapevolezza ha consentito di progettare e produrre caschi che non solo rispettano gli standard di sicurezza più rigorosi, ma offrono anche un’elevata aerodinamicità, leggerezza e ventilazione.
Abus in occasione della corsa rosa festeggia i 100 anni di attivitàAbus in occasione della corsa rosa festeggia i 100 anni di attività
I feedback dei pro’
«Ogni singola fase del processo di sviluppo del prodotto – prosegue Hancock – è guidata da una ricerca approfondita e da un costante impegno verso l’eccellenza. Collaboriamo con esperti del settore, ingegneri e atleti professionisti per testare e perfezionare ogni singolo dettaglio del casco. A partire dalla forma del guscio esterno alla disposizione dei canali di ventilazione interni. Questo approccio orientato alla qualità ci consente di garantire che ogni casco sia un prodotto di serie di alta qualità, pronto a offrire prestazioni superiori.
«Inoltre, la nostra stretta collaborazione con atleti professionisti ci consente di mantenere un vantaggio competitivo nel settore. Osservando da vicino le esigenze degli atleti e raccogliendo feedback dettagliati sul campo, siamo in grado di identificare rapidamente le tendenze emergenti, adattando i nostri prodotti di conseguenza».
Il parterre dei velocisti in questo Giro d’Italia è davvero stellare. Tolto Jasper Philipsen ci sono tutti: da Jakobsen a Merlier, da Dainese (in nero nella foto di apertura) a Kooj, passando per Milan, Ewan… E potremmo continuare a lungo. Ci aspettano quindi grandi sfide, sgomitate, colpi di reni e velocità folli. Adrenalina pura.
Questi possibili duelli li mettiamo sotto la lente d’ingrandimento di Alessandro Petacchi, uno dei velocisti più vittoriosi della storia, specie quella del Giro. Solo nella corsa rosa AleJet vanta 22 successi. E restano memorabili le sue nove tappe in una sola edizione, quella del 2004.
Jonathan Milan sarà pilotato da Simone ConsonniJonathan Milan sarà pilotato da Simone Consonni
Dicevamo, Alessandro, di un parterre da urlo per quanto riguarda i velocisti…
In effetti ci sono tutti. Manca quello che su carta è il più forte del momento, cioè Philipsen. E lo è anche per quel che ha fatto vedere ad inizio stagione, non solo nelle volate, ma anche alla Sanremo e alla Roubaix.
Ma alla Tirreno ha perso da Milan…
Ha perso nei confronti di Milan è vero, ma prima c’era uno strappo e anche a San Benedetto del Tronto, dove lo strappo non c’era. Speriamo che Jonathan possa avere di nuovo quella condizione che aveva alla Tirreno. Jonathan ha fatto vedere tanto l’anno scorso al Giro, ma quest’anno il livello è più alto. Il lotto dei velocisti è più importante e se riuscisse a confermare quanto fatto, allora potremmo dire che è cresciuto ancora. Io però aspetto Milan al Tour. Se queste vittorie le otterrà anche in Francia, allora il più forte sarà lui. E potremmo dire di aver trovato un velocista di livello mondiale.
Scorriamo l’elenco: forse un nome grande, il più grande, tra i velocisti è quello di Fabio Jakobsen, ora alla Dsm-Firmenich…
Jakobsen è un grande motore. Senza dubbio se lui sarà quello di prima dell’incidente sarà difficilissimo da battere per potenza pura e punta di velocità. L’incognita appunto è capire se è di nuovo a quei livelli.
La Dsm ha anche Andresen (in foto) che viene da tre vittorie in Turchia dove l’apripista fu Jakobsen. C’è da supporre che il danese ricambierà il favoreLa Dsm ha anche Andresen (in foto) che viene da tre vittorie in Turchia dove l’apripista fu Jakobsen. C’è da supporre che il danese ricambierà il favore
Andiamo avanti…
Mi viene in mente il nome di Gaviria, il quale è sempre forte ma se continua a partire ai 300 metri poi non arriva. Deve ancora valutare bene le distanze. Non si riesce mai a capire cosa farà.
Di Merlier cosa ci dici?
E’ giovane, è forte e ha già fatto vedere buone cose. Con uno come lui tutto è possibile. Merlier è piuttosto imprevedibile ma è molto, molto veloce.
Un altro atleta interessante che zitto, zitto c’è sempre è Phil Bauhaus, che tra l’altro ha un ultimo uomo come Pasqualon…
In una tappa difficile o in un arrivo più complicato Bauhaus c’è di sicuro. Lui è perfetto per quegli arrivi, mentre lo vedo un po’ più in difficoltà su quelli più ampi, piatti e regolari di gruppo. Di questi ne vince uno su dieci, mentre in quelli più tecnici difficilmente esce dai primi tre. Sarà da tenere d’occhio. Magari già ad Andora.
Bauhaus in questa stagione ha vinto una tappa alla Tirreno, proprio in uno di quegli arrivi tecnici di cui diceva PetacchiBauhaus in questa stagione ha vinto una tappa alla Tirreno, proprio in uno di quegli arrivi tecnici di cui diceva Petacchi
C’è poi una vecchia conoscenza: Caleb Ewan, il quale tra l’altro ha un bell’apripista come Mezgec…
Stavolta però Caleb non ha dato grandi segnali sin qui. Ewan non mi sembra più quello esplosivo di un tempo. Però poi magari azzecca due tappe perché ha esperienza ed è motivato. Una volta Ewan era perfetto anche per gli arrivi che tiravano un po’ o dopo uno strappetto, in quanto sfruttava il suo peso ridotto.
Veniamo ad un corridore che tu stimi molto: Alberto Dainese. Come lo vedi?
Bene, anche perché su carta Dainese è il velocista che ha il treno più numeroso (Storer, Froidevaux, Mayrhofer e Trentin come ultimo uomo, ndr). E questo è molto importante visto che si corre in otto e non più in nove. Ed è importante anche perché vuol dire che hanno puntato su di lui. Alberto, quando gli hanno lasciato spazio, ha vinto due tappe al Giro ed era giusto per me dargli più spazio. Lo ha trovato alla Tudor. Tra l’altro questo ragazzo si difende bene su determinate difficoltà.
Olav Kooij è uno degli sprinter più forti. Sarà pilotato da LaporteOlav Kooij è uno degli sprinter più forti. Sarà pilotato da Laporte
Ti riferisci a qualche tappa specifica?
Penso ad Andora che prima ha Capo Mele o anche a quella di Fossano, il cui arrivo è preceduto da uno strappo. Nulla di che, l’ho visto in ricognizione e si fa di rapporto, ma si scollina ai -3 chilometri. Quindi se il treno si disunisce o è corto poi è un problema risalire.
C’è poi una folta schiera di velocisti di rango: Kooj, Girmay, Molano, Aniolkowsky…
Ce ne sono molti e tutti sullo stesso livello. Come detto, il parterre è importante. Tra questi Girmay è un po’ come Bauhaus, se prima c’è uno strappetto o una difficoltà tecnica c’è. Molano ogni tanto una volata l’azzecca, ma immagino non avrà un grande aiuto dalla squadra (è nella UAE Emirates di Pogacar, ndr). Una cosa è certa, per vedere la prima volata e i valori in campo dei velocisti bisognerà aspettare almeno la terza tappa, quella di Fossano.
SALORNO – Il Tour of the Alps spesso e volentieri è una delle ultimissime prove generali prima del Giro d’Italia. Una serie di spunti da cui i diesse possono trarre indicazioni più o meno importanti. Uno di loro è senza dubbioMatteo Tosatto, arrivato ad inizio stagione per guidare la Tudor Pro Cycling.
Per la serie “lui sa come si fa”, grazie ai trionfi rosa ottenuti con la Sky/Ineos, sulla porta dei 50 anni (li compirà il 15 maggio) il tecnico nativo di Castelfranco Venetoora ha una nuova missione. Lo abbiamo incontrato proprio nella corsa dell’Euregio (foto Tudor Pro Cycling in apertura) chiedendogli come stia procedendo il suo ambientamento nella Tudor e quali siano le aspettative del team Professional svizzero alle soglie della sua prima grande corsa a tappe. Il viso rilassato sembra la naturale conseguenza di una persona che, dall’alto della sua esperienza, sa che il nuovo percorso intrapreso è quello giusto.
Pellaud terzo nella seconda frazione al Tour of the Alps. Condizione in crescita, è uno dei papabili per il GiroLo svizzero con la maglia ocra della classifica della combattività. Per lui quasi 250 chilometri di fuga nelle prime due tappe al TotAPellaud terzo nella seconda frazione al Tour of the Alps. Condizione in crescita, è uno dei papabili per il GiroLo svizzero con la maglia ocra della classifica della combattività. Per lui quasi 250 chilometri di fuga nelle prime due tappe al TotA
Come sta andando la tua nuova esperienza con la Tudor?
E’ cambiato tutto dopo sei anni tra Sky e Ineos. Sono super felice perché l’avventura è iniziata col piede giusto, così come il progetto sta andando avanti bene. Abbiamo dimostrato che siamo capaci di imporci in qualche bella corsa. E soprattutto saperci imporre come stile di gara, prendendoci le nostre responsabilità senza paura. Dobbiamo ricordarci che abbiamo un gruppo di giovani. A volte sbagliamo, ma chi sbaglia poi impara. Penso che siamo sulla linea giusta.
Il nostro motto è quello di crescere piano piano, sapendo le nostre potenzialità. Noi andiamo alle corse per vincere, ma sappiamo allo stesso tempo che dobbiamo fare anche esperienza. In alcune gare andiamo per imparare, dove portiamo tanti giovani che magari affrontano il loro primo grande Giro o la prima grande classica. Contestualmente abbiamo fatto degli innesti con corridori esperti che portano il loro bagaglio tecnico in squadra. Ad esempio la vittoria alla Parigi-Nizza (con De Kleijn, ndr) è il frutto di un grande lavoro iniziato già nel 2023, al primo anno di nascita della formazione. Nelle classiche del pavé abbiamo sempre fatto delle top 10, a parte il Fiandre. Tutto ciò ci riempie di gioia.
Storer al Giro punterà alle tappe di montagne e alla generale. Nel 2021 vinse due frazioni alla Vuelta e la maglia di miglior scalatoreStorer al Giro punterà alle tappe di montagne e alla generale. Nel 2021 vinse due frazioni alla Vuelta e la maglia di miglior scalatore
Quindi siete entrati in sintonia in fretta.
Sì, assolutamente. Come dice sempre Fabian, non dobbiamo fare il passo più lungo della nostra gamba. Stiamo diventando consapevoli della nostra forza. Dobbiamo solo restare calmi e continuare a lavorare. Poi il nostro hashtag “nati per osare” (#borntodare, ndr) deve essere uno stimolo. Se noi facciamo le cose per bene, come allenamenti, nutrizione o materiali, non dobbiamo avere paura. Non possiamo competere con i grandi team WorldTour, ma essere lì a giocarcela significa fare bella figura.
Quanta differenza c’è tra guidare una squadra come Ineos e uno come la Tudor?
Cambia tanto. Parlare o andare a provare una gara con campioni che hanno già vinto classiche o grandi Giri lo affronti in una maniera diversa. C’era una pressione diversa all’interno di un gruppo consolidato. Qua in Tudor devi partire dalle fondamenta. Devi far capire cos’è un grande Giro per esempio. E per me è un grande stimolo.
Dainese al Giro si concentrerà sulle volate. Obiettivo ripetere i successi di tappa degli ultimi due anniTrentin correrà il suo terzo Giro d’Italia col ruolo di regista e tuttofare, pronto a buttarsi nelle fugheDainese al Giro si concentrerà sulle volate. Obiettivo ripetere i successi di tappa degli ultimi due anniTrentin correrà il suo terzo Giro d’Italia col ruolo di regista e tuttofare, pronto a buttarsi nelle fughe
E’ stata questa la motivazione che ha portato Matteo Tosatto alla Tudor?
Ho fatto vent’anni da professionista e devo ringraziare ancora oggi Dave Brailsford che mi ha dato subito la possibilità di salire in ammiraglia. Ho imparato un lavoro facendo sei anni magnifici con loro, però era arrivato il momento di cambiare. Alla Tudor abbiamo nuovi obiettivi e penso di aver fatto la scelta migliore.
Il Tour of the Alps vi darà qualche indicazione per il Giro?
A questa corsa abbiamo 2-3 ragazzi che potrebbero correre a maggio. Sicuramente al Giro ci sarà Michael Storer, che proverà a curare la generale già qua al Tour of the Alps. Potrebbe fare altrettanto anche al Giro, anche se non ha mai affrontato una grande corsa a tappe per farla. Di sicuro punterà a fare bene le tappe di montagna. Potenzialmente può fare bene entrambe le cose, ma partiamo con un obiettivo minimo, poi vedremo se cambiarli strada facendo.
Come sarà il resto della vostra formazione alla Corsa Rosa?
Non vogliamo trascurare le altre tappe. Il nostro velocista sarà Dainese, che è tornato a correre dopo un infortunio e ha vinto in Francia ad inizio mese. Trentin sarà il nostro tuttofare, pronto a buttarsi nelle fughe delle frazioni intermedie o giocarsi le proprie carte in altri modi. Decideremo come completare la squadra dopo il Romandia.
Matteo Tosatto è arrivato sull’ammiraglia del team svizzero professional ad inizio 2024 (foto Tudor Pro Cycling)Avversari-amici. Un po’ di chiacchiere pre-gara per Tosatto con gli ex colleghi della Ineos GrenadiersMatteo Tosatto è arrivato sull’ammiraglia del team svizzero professional ad inizio 2024 (foto Tudor Pro Cycling)Avversari-amici. Un po’ di chiacchiere pre-gara per Tosatto con gli ex colleghi della Ineos Grenadiers
Abbiamo capito che vi vedremo davanti al Giro.
La nostra volontà è quella di essere protagonisti. Vogliamo usare la testa. Non andremo in fuga solo per fare vedere la maglia. Noi cercheremo la vittoria, il nostro grande obiettivo di quelle tre settimane di maggio. Qualcuno di noi sarà emozionato perché sarà il primo grande giro della Tudor. Tuttavia vorrei infondere calma e serenità, vedendo come andrà la gara giorno dopo giorno. Io sono molto motivato e fiducioso.
Giovanni Ellena è il diesse della Androni Giocattoli-Sidermec e ci racconta in che modo la squadra sia passata dall'esclusione al ripescaggio per il Giro
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E’ caduto il 9 febbraio rovinosamente, ha vinto il 4 aprile: in meno di due mesi Alberto Dainese si è ritrovato dalle stalle alle stelle. Il corridore della Tudor Pro Cycling era incappato in un incidente durante un allenamento in Spagna. Aveva riportato una grande botta alla testa e danni seri alla bocca.
Poi alla Région Pays de la Loire Tour, breve corsa a tappe francese, ecco quasi a sorpresa, la vittoria. A Château-Gontiere braccia alzate e tutto, o quasi, sparisce.
In questi giorni Dainese si trova a Sierra Nevada per l’ennesimo ritiro in quota. Sta lavorando in ottica Giro d’Italia.
«E quassù – dice il veneto – già ci ero stato due settimane prima del rientro dopo la caduta e ci starò fino al Romandia. Poi qualche giorno di relax a casa ed ecco il Giro».
Alberto Dainese (primo da sinistra) durante gli allenamenti in Spagna quest’invernoAlberto Dainese (primo da sinistra) durante gli allenamenti in Spagna quest’inverno
Alberto, partiamo dalla caduta. Hai recuperato possiamo dire…
Diciamo di sì. All’inizio è stata un po’ tosta. Le botte alla bocca e alle labbra si sono fatte sentire. Avevo un bel po’ di punti e non ero affatto bello! Mi vedevo con queste ferite, mi mancavano quattro denti. Facevo anche fatica a mangiare. Poi è subentrato anche un versamento ad un ginocchio. Insomma ci ho messo quasi due mesi a riprendermi. Ma la cosa buona è aver recuperato al 100 per cento.
Alla fine quanto sei stato senza bici?
Poco in realtà. Forse troppo poco, cinque giorni. In pratica fino a che non mi hanno rimesso i denti provvisori. Ho fatto un po’ di rulli. Ma era troppo presto. I punti tiravano e avevo vari dolori. Poi è emerso il problema al ginocchio. E sono stato fermo un’altra settimana. Alla fine prima di riprendere per bene è passato un mesetto.
Ma come hai fatto a livello di preparazione? Hai ripreso da capo?
La base era solida. Avevo fatto davvero un buon inverno, senza malanni e con un grande volume: questa è stata la salvezza. Se avessi avuto un inverno meno buono sarebbe stato un bel casotto. Invece quando ho ripreso, non ero proprio a zero.
Dainese (classe 1998) è passato dalla Dsm alla Tudor Pro Cycling questo invernoDainese (classe 1998) è passato dalla Dsm alla Tudor Pro Cycling questo inverno
E cosa hai fatto quando hai ripreso con costanza?
Ho iniziato con due, tre ore molto semplici. Dalla terza settimana ho inserito anche un po’ d’intensità. Ma questa era anche la prima che facevo a Sierra Nevada in quota. E non ho fatto poi molto. Parlo di 15 ore complessive. Mentre dalla settimana successiva, ho inserito più ore e più volume. Ho fatto due lavori di Vo2Max, sempre in altura, e sono andato a correre in Francia.
Caspita! Solo due lavori e sei stato subito vincente e competitivo (prima della vittoria Dainese ha ottenuto due quinti posti, ndr)?
E infatti questo un po’ ha sorpreso anche me e mi ha dato tanto morale. Ma ripeto, la base era buona. Sono anche consapevole che non era una volata di livello stellare. Non c’erano Philipsen o Merlier, però Marijn van den Berg, con cui battagliavo ha dimostrato di andare forte. Ora sono consapevole che con questo altro ritiro in quota e il Romandia si potrà crescere ancora. Non dico che tutti i dubbi siano spariti, ma so che al Giro dove il livello sarà più alto sarò competitivo.
Hai dovuto riprendere anche il lavoro in palestra?
No, quella no. Dopo due sedute ho dovuto abbandonarla in quanto mi dava problemi al ginocchio destro, quello del versamento. Emergevano dei dolori alla bandelletta e così abbiamo deciso di evitare la palestra. Al suo posto abbiamo compensato con delle volate e delle partenze da fermo. Ne ho fatte un po’ più del solito.
Alberto, raccontaci un po’ quelle volate dopo il rientro. C’era anche della paura?
Le settimane dopo l’incidente sì. Avevo paura ad andare in bici, specie in discesa o col vento. La caduta era avvenuta in modo improvviso e temevo di ricadere da un momento all’altro. Poi è andata scemando. Mentre il giorno della volata no, nessuna paura.
Quest’anno Alberto ha un treno a disposizione e infatti in 6 giorni di corsa ha 6 top 10, tra cui una vittoriaQuest’anno Alberto ha un treno a disposizione e infatti in 6 giorni di corsa ha 6 top 10, tra cui una vittoria
Si è chiusa la vena del velocista!
Esatto. Non ci ho proprio pensato, anche se forse è stato lo sprint più pericoloso che ho fatto da pro’ dopo quello del Polonia in discesa. In particolare la volata che ho vinto è stata anche abbastanza pulita. Nell’ultimo chilometro la velocità era alta ed eravamo tutti in fila. Robin Froidevaux mi ha portato ai 200 metri in posizione e dovevo saltarne solo due.
Per te che ogni volta dovevi partire da dietro, due corridori in effetti erano pochi!
Sì, sì… rispetto al passato è una bella differenza. Prima avevo Bardet che poverino è uno scalatore e mi lasciava in ventesima posizione. E infatti come mi suggerì anche Petacchi, persa per persa a quel punto, partivo lungo. Adesso invece ho un treno.
E sul fronte dei valori, quelli della volata che hai vinto erano buoni? E’ un dato curioso dopo l’incidente…
Il misuratore non funzionava. Non posso rispondere pertanto a questa domanda con precisione, però non credo siano stati cattivi. Quel giorno ho sbagliato rapporto. Ho fatto la volata con il 54×10 ed ero durissimo. Mi sembrava stessi facendo una partenza da fermo! Il picco di potenza in questi casi, con quel rapporto così duro, non è altissimo. Però la volata l’ho tenuta a lungo e comunque se riesci a girare quel rapporto male non stai. Io poi non amo andare duro negli sprint.
Con l’Algarve appena iniziata, entra nel vivo anche la primavera di Trentin. Probabilmente se l’aspettava diversa, perché in questi giorni avrebbe affinato l’intesa con Alberto Dainese, lottando nelle due volate in programma. Invece il padovano è fuori gioco per la caduta in allenamento e di conseguenza Matteo si ritrova a fare a sua volta gli sprint in cui si sente maggiormente a suo agio e intanto a lavorare con lo sguardo al Nord. Domenica infatti la corsa portoghese si concluderà e sarà tempo di spostarsi in Belgio per l’opening weekend, con Omloop Het Nieuwsblad e la Kuurne-Bruxelles-Kuurne.
Lo avevamo incontrato a Calpe nei giorni del primo ritiro e per lui la dimensione Tudor Pro Cycling era solo un’idea. Ora che la stagione ha preso il largo, tornare per un doppio punto della situazione, è un buon modo per avvicinarci alle prossime sfide.
GP La Marseillaise: Trentin, classe 1989, è pro’ dal 2012. In Francia è molto noto anche per le 3 tappe vinte al TourGP La Marseillaise: Trentin, classe 1989, è pro’ dal 2012. In Francia è molto noto anche per le 3 tappe vinte al Tour
Come va l’adattamento in questa nuova squadra?
Bene, tutto a posto, tutto bene. Sono contento. Certo sarebbe stato meglio se “Daino” non fosse finito per terra, perché credo che avremmo fatto delle belle cose. Saremmo venuti qua per iniziare il lavoro del treno anche in corsa, che rispetto all’allenamento è una roba un po’ diversa. Gli imprevisti però sono dietro l’angolo, l’importante è che non si sia fatto male in maniera troppo seria. Intendiamoci, è abbastanza seria, però non è niente che lo terrà via dalle corse per lungo tempo. Devo dire che quando l’ho visto per terra pensavo fosse molto peggio, invece alla fine è andata anche bene.
Cambia qualcosa a questo punto nel tuo programma personale?
No, il programma resta sempre lo stesso, andrò avanti con quello che devo fare. A questo punto con Alberto ci si rivedrà al Giro.
Come sarà fatta la trasferta al Nord?
Ora subito l’opening weekend, poi ci hanno invitato al Fiandre e anche alla Gand e altre che non si possono ancora annunciare. Credo che li abbiano già annunciati, non vorrei averli anticipati. Sono tutte cose che ho scoperto quest’anno, non avendo mai avuto il discorso degli inviti. Ti chiamano, però vogliono essere loro a dirlo per primi.
Dainese ha avuto il tempo per correre le prime due gare, poi è caduto alla vigilia della Clasica de AlmeriaDainese ha avuto il tempo per correre le prime due gare, poi è caduto alla vigilia della Clasica de Almeria
Com’è psicologicamente vivere questa dipendenza dall’invito?
Onestamente non me ne sono fatto un problema. Sapevamo che era così e dall’altra parte sanno che c’è un progetto solido alle spalle. Comunque, visto il bene che hanno fatto già l’anno scorso, devo dire che tanti inviti sono più che meritati.
Invece con quale spirito Trentin andrà al Nord con la nuova squadra?
Sempre lo stesso, sempre il solito modo di fare. E’ ovvio che bisognerà andare con il coltello tra i denti, come sempre. Ci arriviamo con una squadra molto meno esperta rispetto a tutti gli altri anni. Tantissimi di questi ragazzi non hanno mai fatto corse al Nord, quindi ci sarà tanto da imparare, tanto da insegnare e tanto da fare. Siamo qui per questo.
Pensi che andrete a fare qualche sopralluogo di percorso?
Penso che faremo la classica ricognizione un paio di giorni prima, perché non c’è tanto tempo per organizzare chissà cosa. Abbiamo già fatto un giretto lassù all’inizio di dicembre, andando a provare i materiali. La settimana prima della Het Nieuwsblad faremo una prova percorso, come pure prima del Fiandre e di Harelbeke. Adesso come adesso, non c’è tanto tempo: se devi fare qualcosa, devi farlo prima.
Che cosa era venuto fuori dal sopralluogo di dicembre?
La bici è quella. DT Swiss però ha fatto delle ruote pensate per le classiche. Avremo dei copertoni da 28 un pochino più resistenti alle forature. Ci sarà da lavorare più che altro sulle pressioni delle gomme. Magari per la Gand si può usare anche la ruota normale, visto che presenta pochissimo pavé. Questa è la base, poi dipenderà anche dal meteo.
Sul podio di Almeria, Trentin e Kooij, il vincitore che ha 12 anni meno di MatteoSul podio di Almeria, Trentin e Kooij, il vincitore che ha 12 anni meno di Matteo
Gomme da 28 perché sul telaio della Teammachine non entrano misure più grandi?
In parte anche per questo. Però per quelle gare mi sento di dire che gli pneumatici da 30 li ho usati l’anno scorso perché le ruote che avevamo in UAE avevano il canale interno molto più grande e quindi con il 30 mi trovavo comodo a livello di utilizzo. Invece col canale interno di una grandezza normale, alla fine lo pneumatico da 28 è più che sufficiente e non è necessario fare tanto di più.
A cosa serve l’Algarve: preparazione o per non far rimpiangere Dainese?
Certo, non è che se siamo davanti, tiriamo i freni. Ad Almeria mi ci sono trovato e ho fatto la volata, arrivando terzo. Non me lo aspettavo, ma è vero che quest’inverno mi sono allenato molto di più per fare le volate, avendo il discorso del treno. Quindi l’allenamento è stato fatto bene e funziona. Ma qui le tappe sono sempre uguali: due volate, due salite a una cronometro. Diciamo che in queste corse uno come me viene più che altro a rifinire la condizione e non a puntare una vittoria. Però chi può dirlo? Vediamo cosa può venire fuori, ma senza pressione.
E con Dainese ti senti ogni tanto?
Sì, via messaggio. Gli girano molto le scatole, perché eravamo al momento di dare un’accelerata alla stagione, invece si ritrova fermo ai box. Insomma, speriamo sia una cosa che riesce a risolvere in tempi brevi o relativamente brevi, per poi ricominciare. Lui sa che io lo aspetto.
La caduta di ieri in allenamento davvero non ci volva. Alberto Dainese aspettava le gare di Murcia e Almeria per riallacciare il filo col suo treno e la volata, invece sarà costretto a rinunciare. Il colpo al volto e alla mandibola, pur in assenza di fratture, lo costringono a uno stop che rallenterà certamente la sua primavera e speriamo non complichi troppo il suo avvicinamento al Giro d’Italia. Abbiamo fatto il punto con il tecnico britannico che lo ha voluto alla Tudor Pro Cycling, anche cercando di ricostruire il perché della scelta. Lui si chiama Kurt Bergin-Taylor, è britannico e sta per compiere 34 anni. Nell’organigramma della squadra non è messo fra gli allenatori, bensì fra i manager, con la qualifica di Head of Innovation (la foto Tudor Pro Cyling in apertura lo ritrae sullo scooter accanto a Dainese e il suo gruppo).
Perché a un certo punto hai cercato Dainese?
Ho avuto modo di lavorare con lui per un anno alla DSM, quando ha vinto la prima tappa al Giro. Ho visto il suo potenziale come velocista, ma anche come uomo. E’ un ragazzo onesto. Quando lavori con Alberto, vedi che è una persona molto positiva con cui stare ed è davvero un bel personaggio e un grande lavoratore. Quando abbiamo iniziato a valutare chi inserire, è stato chiaro che ci servisse un secondo sprinter. Essendo un team appena nato, sapevamo che avremmo dovuto sfruttare le conoscenze personali. Non volevamo cambiare la nostra filosofia di considerare cioè l’aspetto umano accanto a quello sportivo. Qualcosa in cui sapevo che Alberto si sarebbe trovato bene. Sono certo che avesse anche altre possibilità, ma alla fine si è fidato di me, di quello che ha visto nella squadra e di Fabian. E so che adesso è super orgoglioso di vestire la maglia Tudor e di trovarsi in una squadra in cui può crescere ancora tanto.
Kurt Bergin-Taylor è britannico ed ha quasi 34 anni. Come Dainese, proviene dalla DSM (foto Tudor Pro Cycling)Kurt Bergin-Taylor è britannico ed ha quasi 34 anni. Come Dainese, proviene dalla DSM (foto Tudor Pro Cycling)
Di certo è contento di poter arrivare al Giro con la giusta programmazione…
Abbiamo una lunga lista di corridori per il Giro e ovviamente Alberto ne fa parte, poi bisognerà valutare tutta una serie di fattori, dalla condizione alla salute. Rispetto alla squadra in cui si trovava prima, è chiaro che stiamo facendo una programmazione diversa. Sin dall’inizio abbiamo guardato alla costruzione della sua periodizzazione, dei ritiri in quota e di tutto quello che serve. Per la squadra l’obiettivo numero uno dell’anno è quello di fare bene nel primo grande Giro.
Pensi che sia al livello dei velocisti più forti?
Non lo avremmo preso se non pensassimo che potrebbe essere uno dei migliori. Alberto è molto veloce. Ha una potenza elevata. Ed è molto aerodinamico. Penso che finora non sia stato in grado di mostrare il suo potenziale, perché non ha avuto l’opportunità di sprintare. La possibilità di ritrovarsi con la linea di fronte senza essere intrappolato e restare chiuso. Questo è esattamente quello che vogliamo fare in Tudor, consentire ad Alberto di fare le sue volate. Non si può giudicare un velocista se non ha l’opportunità di fare la volata con la strada libera davanti a sé. La prima necessità è avere un treno per lui – conclude Kurt – che lo protegga e gli dia l’opportunità di sprintare. Da lì costruisci fiducia e la sintonia con i compagni e le capacità migliorano.
Una delle sfide più grandi per i velocisti è trovare il giusto equilibrio tra la salita e la volata. Qual è la ricetta di Kurt?
Penso che questo sia il vero obiettivo dei velocisti e una delle sfide che entusiasma di più. Negli ultimi anni mi sono dedicato tanto al lavoro con gli sprinter e al tentativo di comprendere veramente questa esigenza. E’ davvero complicato. La prima cosa che faccio di solito è parlare con loro, perché gli atleti sanno valutare se stessi. Quando mi è capitato di chiedergli se siano in forma, qualcuno ha risposto: «Sto bene, quando vado in salita mi sembra di non fare fatica». E allora la risposta classica che gli do è chiedergli se abbiano per questo vinto qualche corsa.
Nel ritiro di dicembre a Calpe, Dainese stava ancora conoscendo il mondo TudorNel ritiro di dicembre a Calpe, Dainese stava ancora conoscendo il mondo Tudor
A cosa serve a un velocista andare forte in salita?
Appunto. Quello su cui viene valutato un velocista è quanto sia veloce alla fine di un Giro. Per cui credo che per i velocisti sia necessario un livello aerobico minimo. Sono elite, atleti di resistenza, devono fare 21 tappe e superare le montagne: sicuramente la fatica fa parte del corredo. Però in realtà la cosa su cui dovremmo giudicarli è quale wattaggio sappiano ancora esprimere in relazione alla loro resistenza, perché anche questo è molto importante. Non ha senso erogare 2.000 watt se comprometti la tua resistenza. E non ha senso avere tanta resistenza se non esprimi la potenza. E’ sicuramente un equilibrio costante, che cambia nel corso della carriera.
Ad esempio?
Ricordo che Alberto da giovane era molto esplosivo, ma non aveva il livello aerobico per andare alle gare più grandi. Perciò nei suoi primi anni di professionismo ha dovuto dare priorità all’aspetto della resistenza, sacrificando un po’ il suo sprint. Ora ha un aspetto aerobico molto migliore rispetto a qualche anno fa, avendo fatto 4 grandi Giri e avendo fatto le 1.000 ore all’anno per quattro o cinque anni. Ora il suo livello aerobico è sufficiente e abbastanza buono da non dovergli dare la priorità. Così possiamo concentrarci maggiormente sulla vera essenza di renderlo il velocista più veloce possibile.
Per cui è cambiato qualcosa nel suo allenamento durante l’inverno?
Sì, ci siamo concentrati maggiormente sul ripristinare la potenza massima. Come abbiamo già detto, Alberto è sempre stato naturalmente piuttosto esplosivo. Tuttavia negli ultimi anni, concentrandoci sul costruire quel lato aerobico, ci sono stati alcuni cambiamenti. Quest’anno invece abbiamo cercato di migliorare l’esplosività massima e le capacità di sprint, sia sulla bici sia in palestra. Abbiamo davvero spinto molto per migliorare la relazione tra forza e velocità, in modo da arrivare a produrre forze più elevate alle alte velocità necessarie per lo sprint.
Il giovane Dainese, secondo Kurt Bergin-Taylor era velocissimo, ma poco resistente. Qui intanto vince l’europeo 2019Il giovane Dainese, secondo Kurt Bergin-Taylor era velocissimo, ma poco resistente. Qui intanto vince l’europeo 2019
Cosa gli serve per essere vincente tutto l’anno?
Penso che questo sia davvero un buon punto e sia legato alla coerenza con la squadra che lo circonda. Penso che in passato questa per lui sia stata una delle difficoltà maggiori, non avendo mai avuto un treno dedicato. Con noi il programma e tutto ciò che riguarda Alberto è davvero chiaro. Abbiamo individuato un gruppo di cinque corridori, in modo che in quasi tutte le gare almeno tre di loro siano con lui. Deve essere chiaro che lo supportiamo con una squadra costruita in base al programma di gara. Quindi avrà più opportunità di fare sprint nelle gare a lui più adatte.
Ha già ottenuto un podio, ma ora questa caduta cosa provocherà?
Lo sprint è davvero un fatto di fiducia e siamo davvero entusiasti di aver iniziato a costruirla. Finora avevamo avuto due opportunità e non siamo ancora stati in grado di realizzarlo. Nella prima gara abbiamo fatto un buon lavoro, ma non perfetto. Nella seconda, ovviamente, abbiamo lottato per la posizione e non abbiamo avuto la possibilità di fare uno sprint. Ora si dovranno valutare i tempi di recupero e poi potremo dire qualcosa. Ovviamente un incidente non è mai l’ideale, ma è sempre uno dei pericoli/realtà nel ciclismo. Siamo fiduciosi che con il supporto della squadra Alberto tornerà più forte per le prossime gare.
Prima di finire, chi è Kurt Bergin Taylor?
Ho un background accademico. Ho conseguito un Master e un dottorato di ricerca in Fisiologia dell’Esercizio Fisico presso l’Università di Loughborough. Mentre studiavo, lavoravo nel velodromo, osservando l’interazione tra il corridore, la sua attrezzatura e la parte scientifica del lavoro. Poi mi sono trasferito in Canada e ho lavorato per la federazione canadese della pista in vista di Tokyo 2020. Ci sono stato per tre anni ed è stata un’esperienza davvero positiva. Hanno partecipato alle Olimpiadi di Tokyo e hanno vinto una medaglia d’oro e una di bronzo e fatto un quarto posto, risultato enorme per una piccola Nazione su pista. E’ stata davvero una bella esperienza, poi però è successo il COVID e il mondo è cambiato.
Una caduta e adesso c’è da fermarsi e ricominciare: speriamo in tempi brevi (foto mr.pinko)Una caduta e adesso c’è da fermarsi e ricominciare: speriamo in tempi brevi (foto mr.pinko)
E tu?
Io sono tornato in Europa e visto che volevo rimanere nel ciclismo, ho colto l’opportunità di lavorare per la DSM come allenatore. Ci sono stato per due anni e mi piaceva, ma non avevo alcuna interazione nello sviluppo dei materiali in relazione agli atleti. Questa possibilità mi è venuta grazie a Fabian. Conoscevo Sebastian Deckert come capo allenatore della DSM e lui mi ha parlato di questa opportunità. Così abbiamo parlato e mi hanno accolto a braccia aperte. Sento di avere un bel ruolo, posso incidere su molti aspetti come pure il reclutamento dei corridori. Non vedo l’ora che la squadra cresca fino a diventare, nel prossimo futuro, una delle più grandi del mondo.
Parliamo con Ricardo Scheidecker del mercato della Tudor Pro Cycling. Alaphilippe e Hirschi sono il sintomo di un gruppo che lavora per diventare grande
Le parole di Raphael Meyer, CEO della Tudor Pro Cycling, ci hanno aperto gli occhi su un modo diverso di intendere il ciclismo. L’impostazione della squadra, l’approccio alle corse, la mentalità di crescere. Tutto questo fa parte di un processo di sviluppo chiaro e prestabilito. Ma che impatto ha il mondo Tudor sui corridori? Lo abbiamo voluto chiedere a Alberto Dainese, appena arrivato e già lanciato in quest’avventura.
Il velocista veneto ha messo alle spalle le prime corse, così è venuto facile farci raccontare da dentro la squadra e le sue dinamiche. Forti anche della partecipazione alla prima grande corsa a tappe della Tudor: il prossimo Giro d’Italia.
La stagione di Dainese è iniziata con un secondo posto al Trofeo Ses SalinesLa stagione di Dainese è iniziata con un secondo posto al Trofeo Ses Salines
Calendario serrato
«Oggi (giovedì, ndr) è il mio giorno di riposo – spiega Dainese – ho iniziato a correre a Mallorca. Poi sarò ad Almeria, Volta Algarve, Kuurne e Tirreno. Da lì farò uno stacco per arrivare pronto al Giro. Il programma era già questo nelle nostre idee, la voce che avremmo partecipato al Giro già c’era, mancava solo la cosa più importante: l’ufficialità.
«Ho messo insieme le prime gare – continua – mi sono misurato nelle volate e abbiamo preso le misure con il treno. Domenica, a Palma, abbiamo sbagliato negli ultimi 100 metri, dove ci siamo fatti chiudere alle transenne. Lì c’è stato del rammarico perché non sono riuscito a sprintare al massimo del mio potenziale. E’ arrivato un sesto posto, che non è da buttare, ma la cosa più importante era prendere le misure con i compagni».
Qualche giorno dopo è arrivato il sesto posto al Trofeo PalmaQualche giorno dopo è arrivato il sesto posto al Trofeo Palma
Alla prima gara era arrivata una seconda posizione, non male come inizio.
Sì, alla prima corsa mi è mancata un po’ di cattiveria. Mi sono fatto superare da due corridori della Soudal e sono partito dietro. Tutto sommato è stata una buona volata, poteva andare peggio.
Come sta andando il treno?
E’ da rodare, posso dire che stiamo costruendo le basi. Avere un treno a disposizione fa molto, le volate sono andate bene, abbiamo sbagliato gli ultimi metri. E’ un segnale positivo.
In che senso?
Arrivare all’ultimo chilometro coperti e pronti per lanciarsi vuol dire avere un buon feeling e una buona tecnica. Ci manca il dettaglio, ma arriverà con le gare e con l’inserimento di tutti i “vagoni”. In Spagna mancavano Trentin e Krieger che saranno presenti in Algarve. Krieger è una pedina davvero importante, è stato nel treno di Philipsen alla Alpecin. Ha tanta esperienza, così come Trentin.
Il confronto con gli uomini del treno, le prime gare servono per prendere le misureIl confronto con gli uomini del treno, le prime gare servono per prendere le misure
E a livello di squadra che cosa hai visto nella Tudor che ti è piaciuto, al di fuori dell’aspetto tecnico.
C’è stato un salto di qualità nell’aspetto umano, sto molto bene e questa cosa è importante perché aiuta a vincere. Ci sono tante figure con la mentalità giusta, l’ambiente è sereno. Mi sono reso conto, fin dalle prime gare, che le cose vengono prese di petto: si tira, ci si mette in mostra e si prova a vincere. L’ho visto anche al Saudi, seguendo i miei compagni in televisione. Magari non arriva il risultato pieno, ma questo atteggiamento ti sprona a provarci.
Cosa trovi di diverso rispetto a prima?
A livello tecnico nulla, tutte le squadre lavorano più o meno allo stesso modo: meeting, riunioni sul bus, cose così… Quello che mi piace è il rapporto all’interno della squadra. Posso dire la mia, anzi devo dire che sapere di essere considerato è stimolante. E’ la mentalità giusta.
Un inizio di stagione intenso per Dainese che tirerà dritto fino alla Tirreno (foto mr.pinko)Un inizio di stagione intenso per Dainese che tirerà dritto fino alla Tirreno (foto mr.pinko)
Hai notato altre differenze?
Affronterò il Giro con una diversa preparazione più dettagliata, dettata dal fatto che sono consapevole di essere nella rosa. In DSM sono stato convocato due volte al Giro ed entrambe all’ultimo. Sapere di andare al Giro fin da subito mi ha permesso di pensare bene alla preparazione, e cambiare anche qualcosa.
Cosa?
Andrò in altura, che è un po’ una novità. Gli anni scorsi non ero sicuro di essere convocato, quindi non potevo prepararmi al 100 per cento. Penso che arriveranno dei benefici da questa nuova preparazione, cose che mi porterò dietro anche in futuro. Sarà un Giro competitivo, molto più degli ultimi due che ho corso, ma allenarmi bene mi farà sentire pronto.
La consapevolezza di essere nella squadra del Giro dà la giusta fiducia per lavorare con serenitàLa consapevolezza di essere nella squadra del Giro dà la giusta fiducia per lavorare con serenità
Quindi c’è ambizione?
Sempre, la voglia di vincere non manca. Poi ci sono anche gli altri in corsa ma per il momento mi sento molto fiducioso.
Masnada doveva essere l'angelo custode di Remco al Giro. Ma si è ammalato, ha lasciato il Romandia e la Soudal l'ha fermato. Dolore e voglia di rivincita
Alberto Dainese, Simon Pellaud, Matteo Trentin. Ancora: Arvid de Kleijn, Yannis Voisard, Sébastien Reichenbach. E con loro molti altri. Sono tutti corridori del Tudor ProCycling, una delle Wild Card del Giro d’Italia. La squadra elvetica si appresta ad affrontare il suo primo GT.
Uno direttori sportivi di questo team dalle tante potenzialità è Claudio Cozzi. Il tecnico lombardo ci aiuta a capire come lavoreranno in vista della corsa rosa. Cosa bolle in pentola per questo appuntamento che è super cerchiato di rosso. Le premesse sono buone.
«Siamo partiti bene – ha detto Cozzi – noi e i corridori siamo soddisfatti e abbiamo ripreso come abbiamo finito lo scorso anno. Vuol dire che il 2023 è stato ben memorizzato e abbiamo imparato qualcosa». Il riferimento è alle buone prestazioni di queste prime gare tra Europa e Asia.
Claudio Cozzi (classe 1966) è direttore sportivo della Tudor Pro Cycling già da due stagioni (foto @tudorprocycling)Claudio Cozzi (classe 1966) è direttore sportivo della Tudor Pro Cycling già da due stagioni (foto @tudorprocycling)
Claudio, come è stata accolta la notizia della vostra presenza al Giro d’Italia?
Nel clan siamo contenti. C’è entusiasmo. Adesso ci dobbiamo mettere sotto a lavorare per fare una buona figura.
Avete già un’idea di squadra che porterete?
Abbiamo una lista lunga, intendo 10-12 nomi, come si fa di solito. Abbiamo selezionato una rosa di atleti che hanno le caratteristiche per poter fare bene in una grande corsa a tappe. E poi man mano che andremo avanti faremo le scelte definitive. Faremo anche un training camp più in là da lì sapremo chi portare al Giro.
Noi da italiani speriamo in Trentin e Dainese…
Meglio non fare i nomi. In questo momento bisogna rispettare tutti.
Dainese è arrivato quest’anno nel team svizzero. Sarà al Giro? (foto @tudorprocycling)Dainese è arrivato quest’anno nel team svizzero. Sarà al Giro? (foto @tudorprocycling)
Cosa possiamo aspettarci dal Giro della Tudor?
Direi una squadra completa ed equilibrata. Alla Tudor abbiamo diversi velocisti e uno sprinter lo porteremo. Vogliamo provarci in volata. Poi avremmo anche qualche scalatore. Noi non abbiamo grimpeur arrivati, pronti per stare davanti, ma abbiamo comunque gente che potrebbe fare bene, specie nella terza settimana. E infine ci sarà qualche corridore da fuga.
Tra le squadre che hai diretto nella tua carriera ce n’è qualcuna che ti ricorda questa Tudor?
Direi la Katusha del secondo anno. Avevamo un corridore veloce, un cacciatore di tappe come Pozzato, ideale anche per le fughe. E poi due scalatori come Karpets e Petrov. Due che erano forti, ma non da primissime posizioni. Sapevano andare bene. Anche se poi a dire il vero, ai tempi della Tinkoff, Petrov fece bene anche nella generale. Insomma avremo una squadra che si farà vedere, ma non solo per andare in fuga a tutti i costi, tutti i giorni. Vogliamo farci vedere perché possiamo fare bene, perché possiamo andare forte in tappe che ci sono adatte.
Voisard sfinito ma felice dopo la vittoria al Giro U23 2021. Lo svizzero è un ottimo scalatoreVoisard sfinito ma felice dopo la vittoria al Giro U23 2021. Lo svizzero è un ottimo scalatore
Claudio, torniamo alla lista lunga. In alcune squadre spesso accade che gli atleti per guadagnarsi il posto debbano passare una sorta di trials interni e poi quando arriva l’appuntamento clou sono sfiniti perché si sono dovuti spremere per guadagnarsi il posto. Qual è la vostra strategia?
No, no… da noi non funziona così. Ci si guadagnerà il posto con allenamenti specifici, un cammino di gare ben stabilito e anche in base a quello che accadrà strada facendo… E’ così che otterremo le nostre indicazioni. Non ci sarà nessuna guerra interna. I nostri atleti devono arrivare al Giro o all’appuntamento prescelto in condizione, per questo c’è una lista lunga. Basta che uno stia male, che salti un paio di corse e tante cose si rimettono in discussione. E poi, sempre di questa lista, non è che chi non fa il Giro non corre più. Nei grandi Giri non si scherza.
Nei grandi Giri non si scherza, interessante…
E’ il nostro primo GT, vogliamo farlo e arrivarci bene. Poi oggi con il livello che c’è e le velocità che si …fanno è ancora più importante. Tutti i team vogliono arrivarci con i ragazzi al top, per questo fare dei trials sarebbe pericoloso.
Una domanda che potrebbe sembrare banale. E’ il vostro primo GT, ma lo è anche per lo staff in qualche modo. Voi siete pronti?
Beh, io e Toso (Tosatto, ndr) e molti altri direttori qualche Giro lo abbiamo fatto! Però sì, anche lo staff deve capire a cosa siamo di fronte. Anche per questo è stata presa gente di esperienza. Ma siamo pronti su mezzi, materiali, logistica. Semmai sono io che manco dal Giro da un anno e magari sono fuori allenamento!
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L’ALBIR (Spagna) – Il quartier generale della Tudor Pro Cycling sta in un hotel che ribolle di riunioni. Prima i direttori sportivi, con Tosatto e Cozzi che hanno appena il tempo di salutare. Ricardo Scheidecker fa avanti e indietro fisso al telefono. Cattai e Toccafondi sono qui in rappresentanza di BMC. Poi tocca ai corridori, che alle 19 si dirigono verso il salone.
Dainese ci ha raggiunto prima, in tempo per raccontare della nuova avventura nella squadra svizzera. Nello stesso giorno in cui il Team DSM-Firmenich ha dato via libera al passaggio di Lorenzo Milesi ad altra squadra, è singolare rendersi conto che nello stesso anno la squadra olandese ha perso due italiani. Le storie sono chiaramente diverse. Dainese è partito per trovare più continuità e maggiore fiducia, come ci spiega senza peli sulla lingua (in apertura si scambia goliardicamente doni con Matteo Trentin).
Il Team DSM ha utilizzato Dainese in tanti ruoli. Qui il test della Roubaix, chiusa in 77ª posizioneIl Team DSM ha utilizzato Dainese in tanti ruoli. Qui il test della Roubaix, chiusa in 77ª posizione
Quando è nato il contatto con la Tudor?
Kurt Bergin-Taylor era mio preparatore alla DSM ed era già venuto qui. Lo scorso gennaio venni a trovarlo per un caffè proprio davanti a questo hotel. E dopo il caffè con il preparatore, sono venuti fuori anche Fabian, “Raphi” e Ricardo (rispettivamente Cancellara, Raphael Meyer e Scheidecker, ndr) e mi hanno fatto una proposta. Dopo i primi mesi di gare, ho cominciato a farmi un’idea della squadra e sembrava un bel progetto. Poteva essere una valida alternativa ad altre WorldTour che sulla carta sono più grandi. Vedevo il potenziale della Tudor, ho creduto nel progetto e adesso sono contento di averlo fatto.
Che cosa hai trovato?
Sicuramente il gruppo e un’atmosfera in cui mi trovo davvero bene. Lavoriamo in modo professionale e il lato umano prevale su tutto il resto. Si è anche invogliati a dare il massimo, proprio per questa bella atmosfera.
Hai vinto due tappe al Giro e una alla Vuelta, ma la sensazione è che ti sia mancata la continuità.
E’ vero e sicuramente voglio ritagliarmi un ruolo prettamente da velocista. In questi anni ho fatto l’ultimo, il penultimo e anche il terzultimo uomo, però preferisco fare le volate e non tirarle. Quindi vengo qua con questa ambizione. Per cui cercheremo di vincere più gare degli anni scorsi e poi tireremo le somme.
Dopo la tappa di Caorle al Giro, quest’anno Dainese ha esultato anche alla Vuelta, sul traguardo di IscarDopo la tappa di Caorle al Giro, quest’anno Dainese ha esultato anche alla Vuelta, sul traguardo di Iscar
Quanto conta sentirsi addosso la fiducia della squadra?
Mentalmente è diverso, perché approcci la stagione, sapendo che devi portare risultati. Ti dà anche molto morale avere la fiducia delle persone che lavorano con te. Invece, se vieni messo in un angolo, non rendi allo stesso modo.
Come è fatta la tua volata idea?
Trentin che mi lancia ai 200 e riesco a non farmi rimontare. Sinceramente (sorride, ndr), non so neanche se mi piacciono le volate veloci contro vento oppure con il vento a favore. Prendo quello che viene. Normalmente è meglio quando il gruppo è tutto in fila e gli altri sono già un pelo stanchi, magari con qualche curva prima del rettilineo finale così non si è proprio appallottolati…
Meglio lanciarla o meglio farla di rimonta?
Dipende. Adesso la velocità è talmente alta, che partire troppo presto a volte significa rimbalzare. Per questo a volte la rimonta è vincente, semplicemente perché quelli che sono all’aria già ai 200 metri non riescono sempre a tenere la velocità fino alla fine. Per adesso ho vinto sempre di rimonta, perché non ero mai nella posizione per partire in testa. Speriamo l’anno prossimo di avere la possibilità di fare le volate anche dalla testa.
Per il neo acquisto della Tudor, vittoria al fotofinish nella tappa di Caorle del Giro, nonostante il ritorno di MilanPer il neo acquisto della Tudor, vittoria al fotofinish nella tappa di Caorle del Giro, nonostante il ritorno di Milan
Ci sono velocisti giganteschi come Milan e altri più aerodinamici come te e Cavendish. Quanto conta l’aerodinamica nelle volate?
Sicuramente tanto, devi spingere meno aria, quindi devi usare meno potenza. E a parità di potenza, se sei più aerodinamico, vai più forte. Abbiamo anche visto quanto conta. Siamo andati in galleria del vento, abbiamo provato diverse cose.
Come ti trovi con i nuovi materiali?
Molto bene per quello che sono riuscito a provare. La bici è valida, l’abbigliamento è fra i migliori, se non il migliore. Il pacchetto è veramente performante, anche se per onestà devo dire che la Scott della DSM è molto valida.
Invece sul fronte della preparazione è cambiato qualcosa?
Sì, soprattutto l’avere già un programma. Lo scorso anno, con gare che saltavano fuori all’ultimo momento, non ho sempre potuto arrivarci come avrei voluto. Quest’anno invece so già le gare che farò, ho un’idea di quando andrò in condizione, porterò gli uomini per la volata sempre con me, quindi troveremo la condizione nello stesso momento. E’ cambiato anche l’approccio alla volata, nel senso che faccio grossi carichi in palestra per innalzare il picco, magari un po’ a scapito della resistenza, che comunque dopo aver fatto tanti Giri, ti rimane. Sto lavorando più sulla volata vera e propria che sulla resistenza.
Nessuna volontà da parte di Dainese e della Tudor di inseguire un miglioramento in salita a scapito della velocità. Alberto è alto 1,76 e pesa 70 chiliNessuna volontà da parte di Dainese di inseguire un miglioramento in salita a scapito della velocità. Alberto è alto 1,76 e pesa 70 chili
Anche le tappe veloci ormai hanno dislivelli importanti, quindi qualche salita va comunque superata.
Vero, però non si può neanche esagerare nel cercare il miglioramento in salita. Un velocista non può perdere la sua caratteristica principale, perché se poi diventa più resistente ma non vince le volate, c’è un problema. La parte più difficile è trovare l’equilibrio.
Hai parlato di treno in costruzione: quali saranno i vagoni?
A parte Matteo (Trentin, ndr) che mi seguirà nelle gare più importanti, abbiamo Krieger e Froidevaux, che è un giovane svizzero, e Marius Mayrhofer che era con me alla DSM. Più o meno questo è il cuore del treno, magari con qualche variazione in alcune gare.
Hai una bestia nera in volata?
In realtà si va talmente forte, che non stai molto a guardare chi hai attorno. Quello che rispetto di più è Cavendish, quindi cerco di non disturbarlo più di tanto. Non mi piace fare a spallate con lui per il rispetto che ho nei suoi confronti. Poi c’è Johnny (Milan, ndr) che sicuramente è un talento in crescita. Quello che sinceramente mi fa più paura per aggressività è Groenewegen, ma alla fine non si guarda in faccia nessuno. Si fa a spallate un po’ con tutti.
Tour de Langkawi 2023, Tudor sugli scudi con De Kleijn. La squadra ha un bel pacchetto di uomini per le volateTour de Langkawi 2023, Tudor sugli scudi con De Kleijn. La squadra ha un bel pacchetto di uomini per le volate
Quanta follia c’è nel fare il velocista?
Abbastanza, perché devi dimenticare che ti puoi far male. O meglio, non devi dimenticare, ma cercare di isolare la paura. Essere consapevole del pericolo e comunque accettarlo, altrimenti tiri i freni e non sei più in posizione. Quindi è un rischio abbastanza calcolato, ma è sempre un rischio.
Angelo Furlan ha descritto gli ultimi 200 metri come una sorta di “matrix” in cui tutto è velocissimo, ma nella testa del velocista è lentissimo.
Vero ed è molto bello. Già dall’ultimo chilometro mi ricordo praticamente tutte le volate. Dov’ero, chi c’era attorno. Penso che sei super attivato a livello cerebrale. Ti ricordi ogni singolo movimento del gruppo e ogni singola sensazione. Degli ultimi 200 metri, concordo con Angelo, ti ricordi veramente tutto. E anche se si svolgono alla velocità della luce, sembra che durino un’infinità.