L’occasione mancata: i 50 metri di Dainese a Padova, parla Tosatto

19.11.2024
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Hai presente quel giorno che ti sei mangiato le mani per una situazione che poteva essere gestita meglio? Tutti ne abbiamo uno nella nostra vita, anzi ben più di uno. Matteo Tosatto appena gli facciamo questa domanda ci chiede se deve cercare tra i ricordi di una carriera intera oppure del solo 2024. Siccome i racconti precedenti sono rivolti alla stagione appena conclusa gli chiediamo di concentrarsi solo su questo periodo. 

«La tappa di Padova al Giro d’Italia – dice Tosatto dopo qualche istante di silenzio – quella è stata la grande occasione sfumata. Il lavoro fatto per Dainese e la volata di quest’ultimo ci hanno portato così vicini alla vittoria che se mi guardo indietro capisco quanto ci siamo andati vicini».

L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale
L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale

Due uomini in meno

Padova: 18ª tappa del Giro d’Italia e la Tudor Pro Cycling che prende in mano la situazione negli ultimi chilometri. Siamo in Veneto, più precisamente a casa di Alberto Dainese. La Corsa Rosa porta i velocisti a giocarsi la penultima chance di vittoria a Prato della Valle. Le energie rimaste in corpo sono contate, quel che fa la differenza in questi casi è la testa e un po’ di fortuna. 

«Dopo tante tappe eravamo arrivati a Padova con due uomini in meno nel treno per Dainese – racconta Tosatto – a causa di cadute e malattie varie. Dai quindici chilometri al traguardo abbiamo fatto tutto perfettamente. Sono mancati gli ultimi 50 metri di una volata preparata davvero al meglio. Dainese dall’essere in testa si è ritrovato quarto sul traguardo per una questione di attimi. Peccato perché sarebbe stata la prima vittoria della Tudor in un Grande Giro».

La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale, a vincere è stato Merlier
La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale
Era il giorno giusto?

Se mi fermo a pensare direi di sì. Dainese nella sua Padova e noi con il lavoro svolto al meglio delle nostre possibilità. Anzi, perfettamente. Trentin ha fatto un grande lavoro così come Froidevaux, era tutto apparecchiato. L’occasione era davvero unica.

In che senso?

In un Grande Giro sei contro i velocisti più forti al mondo, al Giro c’erano Milan e Merlier. Entrambi a Padova erano rimasti un po’ incastrati in fondo al gruppo e non erano nella posizione migliore per sprintare. Noi siamo usciti molto bene dall’ultima curva, con le posizioni giuste. 

Ai 900 metri eravate primi con due uomini a scortare Dainese…

Eravamo perfettamente posizionati per entrare davanti nella parte finale. Con due uomini in più nel treno avremmo potuto tirare dritto e guadagnare quei metri che poi invece ci hanno penalizzato. Dainese è uscito dalle ruote a 250 metri dal traguardo, fosse partito ai 180 metri avremmo avuto sicuramente maggiori possibilità

Avreste potuto tenere la velocità più alta e poi uscire proprio alla fine. 

Dopo tante volate in cui per un motivo o per un altro le cose non erano andate secondo i piani quella di Padova era una bella occasione. Padova era speciale, Alberto (Dainese, ndr) ne parlava già dall’inverno. Ma questo è stato un anno nero per lui, con tanti infortuni e stop durante la stagione. Padova avrebbe rappresentato un grande riscatto. 

A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
Sul bus a fine tappa si respirava l’aria di occasione mancata?

Se fosse andata bene ci saremmo sentiti ripagati delle sfortune dei giorni precedenti. Ci siamo andati solamente vicini, ma i ragazzi hanno fatto vedere che possono essere competitivi e concentrati fino alla fine. Quei 50 metri hanno cambiato un po’ la volata, non dico che se fosse partito dopo avrebbe vinto. Ma magari saremmo arrivati a giocarci una vittoria al fotofinish.

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Il primo grande Giro per la Tudor: Tosatto fa il bilancio

02.06.2024
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La prima grande corsa a tappe alla quale la Tudor Pro Cycling ha partecipato è stato il Giro d’Italia. Tra le fila dei diesse che hanno guidato la professional svizzera sulle strade della corsa rosa c’era Matteo Tosatto. Lui al Giro d’Italia è di casa, ne ha vinti tre: con Froome, Geoghegan Hart e Bernal, mentre per due volte è salito sul podio con Carapaz nel 2022 e con Thomas lo scorso anno. 

«Sono tornato a casa lunedì – racconta Tosatto – e in questi giorni me ne sto un po’ tranquillo. I prossimi impegni non sono ancora definiti, ma la squadra si dividerà in tante corse, vedremo a quali andrò. Sicuramente mi presenterò ai campionati italiani al seguito di Dainese e Trentin, credo sia fondamentale onorare la gara che assegna la maglia tricolore».

Per Tosatto è stato il primo Giro d’Italia alla guida della Tudor
Per Tosatto è stato il primo Giro d’Italia alla guida della Tudor

Un nuovo esordio

Come detto il Giro d’Italia non è una novità per Matteo Tosatto, la differenza rispetto allo scorso anno è la squadra con la quale lo ha seguito. Non più la Ineos, prima Team Sky, con la quale lavorava dal 2017. Bensì la Tudor Pro Cycling

«E’ stato un bel viaggio – ci racconta – dopo tanti anni con la Ineos è stato diverso, ma sempre entusiasmante. Il Giro è il Giro, lo affronti sempre con la stessa mentalità. La differenza grossa è che con la Ineos partivamo per vincere, mentre con la Tudor l’obiettivo era ben figurare e magari portare a casa una tappa. Non ci siamo riusciti, per poco. Quando si chiede un bilancio molti dicono di vedere il bicchiere mezzo pieno, io lo vedo pieno. Non abbiamo vinto, vero, ma siamo stati protagonisti considerando che con Storer siamo riusciti a centrare una top 10 in classifica generale». 

Storer ha conquistato un importante decimo posto nella generale
Storer ha conquistato un importante decimo posto nella generale
Com’è stato passare da un team che lotta per vincere la classifica finale a uno che vuole emergere?

La mentalità è sempre uguale, le corse io le affronto sempre allo stesso modo, Chiaro che senza l’assillo della classifica affronti le tappe in maniera diversa.

Voi come avevate preparato questo Giro?

Con il treno per Dainese che era ben attrezzato. Nelle tappe miste o con la possibilità di volata andavamo a tutta, nelle altre cercavamo di salvare un po’ la gamba. Poi Storer è stato bravo a rimanere sempre lì e abbiamo cercato di dare il giusto supporto anche a lui. 

La concentrazione è sempre a 100 però, anche se non si punta alla classifica…

Chiaro. Con il fatto di volersi concentrare sulle tappe ti rende più tranquillo anche se poi scopri che tutti i giorni sono importanti. 

Nella tappa di Fano, vinta da Alaphilippe, Trentin è arrivato sesto
Nella tappa di Fano, vinta da Alaphilippe, Trentin è arrivato sesto
Che differenze hai notato nella gestione?

La grande differenza è che in una realtà già affermata come la Ineos molti corridori sono campioni già affermati. Qui è diverso, molti ragazzi erano alla loro prima esperienza in un grande Giro. C’è un lavoro psicologico da fare, di sostegno nei momenti di difficoltà.

Qual è stato il vostro momento più difficile?

L’inizio della seconda settimana. Nella tappa di Napoli, che era estremamente impegnativa per i velocisti, eravamo riusciti a lavorare per Dainese. Alberto ha portato a casa un ottimo quarto posto ed eravamo felici. Solo che nel corso della frazione Krieger e Mayrhofer sono caduti e si sono dovuti ritirare. Ricordo che nel meeting prima della tappa da Pompei a Cusano Mutri ho lavorato tanto sull’aspetto psicologico. Ho detto ai ragazzi che anche se eravamo rimasti in sei potevamo comunque dire la nostra. 

Il momento migliore? 

Tutto il Giro direi, senza presunzione ma rapportando il tutto alle nostre possibilità. Siamo stati protagonisti nelle fughe e abbiamo conquistato ottimi piazzamenti. Storer nella tappa con arrivo a Prati di Tivo è andato in fuga e anche una volta che sono stati ripresi è rimasto con i primi terminando nono la frazione. 

A Padova la più grande occasione per la Tudor, Dainese è quarto con qualche rammarico
A Padova la più grande occasione per la Tudor, Dainese è quarto con qualche rammarico
Cosa hai portato di tuo a questa squadra?

La mentalità. Non siamo andati al Giro solo per apparire o per fare le fughe per gli sponsor. Abbiamo deciso di attaccare quando sapevamo di poterci giocare le nostre occasioni. A Livigno, sempre con Storer siamo andati all’attacco poi a lui sono mancate le gambe negli ultimi otto chilometri. Anche a Fano siamo entrati nella fuga con Trentin che poi è arrivato sesto. 

Poi è arrivata Padova…

Questo è l’esempio di quanto dicevo prima. Con l’abbandono di Mayrhofer e Krieger abbiamo perso due vagoni importanti del treno di Trentin. Eppure, anche senza di loro, a tre chilometri dall’arrivo eravamo davanti noi al gruppo a tirare. Non un team WorldTour, ma la Tudor. Poi Dainese ha fatto quarto in volata. 

Bilancio positivo?

Positivo, assolutamente. Ora ci concentriamo sui prossimi obiettivi. Abbiamo il Giro di Svizzera che è la corsa di casa sulla quale puntiamo molto.

Vince Merlier, ma l’abbraccio di Padova è tutto per Dainese

23.05.2024
5 min
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PADOVA – Alberto Dainese è appoggiato alle transenne. Testa fra le braccia. Silenzio. Forse qualche singhiozzo di un pianto di rabbia strozzato in gola. Questa era la sua tappa. La tappa di casa.
Quando si tira su, uno dei maxi schermi in Prato della Valle, trasmette la volata. Dainese rivede il suo sprint. Si chiude ancora più in sé stesso e torna ai bus, tra la folla che urla il suo nome.

Un quarto posto che dopo l’incidente di questa primavera non è cosa da poco. Dainese è cresciuto sprint dopo sprint in questo Giro e ora sta iniziando a raccogliere i frutti di un buon lavoro e di una buona gamba.

Bis di Merlier

Intanto Tim Merlier dopo Fossano mette a segno un altro sigillo, il terzo per la sua Soudal-Quick Step in questo Giro d’Italia.

«Abbiamo preparato lo sprint da lontano – ha detto Merlier – con Julian Alaphilippe. Era un giorno molto importante e lo abbiamo affrontato nel migliore dei modi, rimanendo sempre ben coperti e nelle prime posizioni. Negli ultimi chilometri la velocità era altissima. Ho azzeccato il momento giusto per lanciare il mio sprint e alla fine è andato tutto bene».

Questa era la “tappa in discesa” del Giro 2024. Lidl-Trek, Soudal-Quick Step e Tudor le squadre che più volevano la volata di gruppo
Questa era la “tappa in discesa” del Giro 2024. Lidl-Trek, Soudal-Quick Step e Tudor le squadre che più volevano la volata di gruppo

Una buona Tudor

«Cosa poteva fare? Cosa poteva fare?», ripete con un po’ di rammarico il direttore sportivo Claudio Cozzi, ai bus. «Porca miseria, questo vento contro non c’era fino a pochi minuti prima. Non doveva esserci. Poi gli si sono spostati… e Alberto me lo ha detto: sono stato costretto a partire».

La Tudor Pro Cycling assieme alla Lidl-Trek era il team che più aveva tirato per non lasciarsi sfuggire lo sprint, memori di Lucca. E forse la fuga l’hanno tenuta sin troppo sotto tiro.

«Deluso? No perché dovrei esserlo? – dice l’altro diesse, Matteo Tosatto – Alberto forse è deluso, ma perché è uno che vuole vincere. Io non lo sono. Io sono contento dello spirito della squadra. Siamo senza due uomini molto importanti per Alberto (Krieger e Mayrhofer, ndr) e penso proprio che oggi Trentin e Froidevaux abbiano fatto un ottimo lavoro».

Prato della Valle è gremita di gente. Che accoglienza per il Giro d’Italia
Prato della Valle è gremita di gente. Che accoglienza per il Giro d’Italia

Sprint caotico

«Okay, quarto posto: le volate sono così – continua Tosatto – però non possiamo recriminarci niente. I miei ragazzi e Alberto hanno fatto una volata perfetta fino ai 300 metri».

Per assurdo a “fregare” Dainese è stato Jonathan Milan, che non era nel treno della sua Lidl-Trek. Quando Consonni e Teuns se ne sono accorti si sono rialzati. Ma ormai la volata era partita. Si era a meno di 300 metri dalla linea d’arrivo. Fermarsi sarebbe stato un suicidio.

«Noi – conclude Tosatto – abbiamo fatto la nostra volata. Milan ovviamente era il faro dello sprint, ma è andata così e dobbiamo accettare anche questo risultato… Che non è un brutto risultato».

Il verdetto finale dice: Merlier, Milan, Grove, Dainese e Aniolkowski
Il verdetto finale dice: Merlier, Milan, Grove, Dainese e Aniolkowski

L’abbraccio di Padova

Padova è la città di Alberto Dainese. E l’abbraccio forse è ancora più forte. Il suo fans club lo acclama sotto al bus della Tudor. Ci sono anche i familiari.

Qualche minuto. Il tempo di una doccia. E Alberto si concede al loro saluto. Sono momenti emozionanti. Che aiutano ad assorbire la botta, ma soprattutto a ricaricarsi in vista di Roma e, perché no, per raccontarci il suo sprint al dettaglio e con passione.

Alberto, che volata è stata?

L’idea era di prendere la prima delle due curve finali, quella  ai 900 metri, quasi in testa e ci siamo riusciti. Trentin ha dato una menata di due chilometri pazzesca, ma eravamo un po’ “lunghetti”…

E qui mancavano i due uomini che diceva Tosatto, scusa l’interruzione, vai avanti…

Però ho fatto le due curve in controllo ed era quello l’importante. Volevo fare la volata e non essere intruppato dopo le curve. Dopo che mi hanno passato Teuns e Consonni mi sono buttato alla loro ruota. Ho anche provato un po’ ad imbrogliarli dicendogli: “Vai vai Simo”…

Ma non ci sono cascati…

Hanno visto che non ero Jhonny quindi si sono spostati e sono arrivati altri da dietro. A quel punto per un istante ho cercato una ruota e mi sono messo dietro ad Hofstetter ma poi sono dovuto partire. Sono partito un po’ lungo. Avevo tanta voglia di sprintare, ma da dietro mi hanno rimontato e negli ultimi 50 metri sono rimbalzato. Mi dispiace.

Sprint lanciato. Dainese (casco rosso) è in testa, ma il traguardo è lontano
Sprint lanciato. Dainese (casco rosso) è in testa, ma il traguardo è lontano
Conoscevi questo finale: quante volte lo hai provato?

Studiavo a 500 metri da qui. Conoscevo ogni singola curva, ogni buca e ogni centimetro di asfalto. Brucia parecchio. Adesso siamo qua al velodromo, dove ho iniziato a correre in pista…. E’ tutta una serie di emozioni. Però ci proviamo anche a Roma.

Questo vento era più forte del previsto effettivamente?

Il vento era un po’ contro e abbastanza più forte di quello che credevo. Infatti quando sono partito mi sono reso conto che sarebbe stata lunga andare fino all’arrivo. Ho anche cercato di mettermi ancora più aerodinamico, più basso… ma non è bastato.

Che rapporto avevi?

Il 54 davanti. Sono partito col 12 poi ho buttato giù l’11. La velocità non era altissima in volata, proprio perché la Lidl-Trek si era fermata. Così ho cercato di partire un pelo più agile. Le prime volate di questo Giro le avevo fatte tutte col 10 e mi dicevano che ero troppo duro. Oggi ho cercato di partire più agile ma ero lungo.

Abus al Giro d’Italia? E’ in corsa con tre team

13.05.2024
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Il (primo) centenario dalla fondazione di Abus rappresenta un’occasione celebrativa straordinaria. Quale cosa migliore se non metterla in evidenza anche attraverso uno degli eventi ciclistici più iconici come il Giro d’Italia 2024? 

«Con grande soddisfazione – ha dichiarato Charlie Hancock, Category Manager Mobile Security di Abus Italia – quest’anno Abus corre il Giro con ben tre squadre: il Team Movistar di Nairo Quintana, il Team Tudor con Alberto Dainese e Matteo Trentin, e il Team Alpecin Deceuninck con Nicola Conci, alla quarta partecipazione alla corsa rosa. Per Abus è un vero e proprio traguardo storico, la prima grande corsa a tappe nel corso della quale così tante squadre si affidano ai nostri prodotti. Ma cosa rende questo momento così significativo?

«La risposta è nel fatto che i nostri caschi alto di gamma, utilizzati da Tudor e Movistar, sono Made in Italy: una tangibile testimonianza del nostro impegno finalizzato all’eccellenza artigianale e alla qualità. E’ un’emozione vedere i nostri caschi e i nostri accessori in azione al Giro, sapendo che sono stati concepiti e realizzati con grande dedizione in Italia. Con il Team Alpecin Deceuninck siamo invece partner per quanto riguarda la sicurezza».

100 anni di storia

Quest’anno Abus ha presentato la seconda generazione del celebre casco GameChanger, un vero e proprio concentrato di tecnologia e innovazione. Ogni dettaglio di questo casco aerodinamico è stato progettato con un solo scopo: garantire prestazioni di altissimo livello. Collaborando con atleti professionisti e producendo in Italia, i tecnici Abus hanno potuto mettere a punto un prodotto che soddisfa esigenze estremamente elevate.

Le esperienze acquisite nel ciclismo professionistico, frutto di collaborazioni strette con importanti realtà agonistiche e straordinari atleti, svolgono un ruolo cruciale nello sviluppo e nell’innovazione dei caschi per il ciclismo. Attraverso sinergie con aziende leader nel settore, Abus ha canalizzato una vasta gamma di conoscenze, di abilità e di tecnologie avanzate per creare prodotti di serie di alta qualità. L’evoluzione del casco per il ciclismo non è solo una questione di protezione, ma anche di prestazioni ottimali e comfort. Grazie alla esperienza nel campo del ciclismo professionistico, Abus ha compreso le impegnative sfide e le esigenze degli atleti di livello mondiale. E questa consapevolezza ha consentito di progettare e produrre caschi che non solo rispettano gli standard di sicurezza più rigorosi, ma offrono anche un’elevata aerodinamicità, leggerezza e ventilazione.

Abus in occasione della corsa rosa festeggia i 100 anni di attività
Abus in occasione della corsa rosa festeggia i 100 anni di attività

I feedback dei pro’

«Ogni singola fase del processo di sviluppo del prodotto – prosegue Hancock – è guidata da una ricerca approfondita e da un costante impegno verso l’eccellenza. Collaboriamo con esperti del settore, ingegneri e atleti professionisti per testare e perfezionare ogni singolo dettaglio del casco. A partire dalla forma del guscio esterno alla disposizione dei canali di ventilazione interni. Questo approccio orientato alla qualità ci consente di garantire che ogni casco sia un prodotto di serie di alta qualità, pronto a offrire prestazioni superiori.

«Inoltre, la nostra stretta collaborazione con atleti professionisti ci consente di mantenere un vantaggio competitivo nel settore. Osservando da vicino le esigenze degli atleti e raccogliendo feedback dettagliati sul campo, siamo in grado di identificare rapidamente le tendenze emergenti, adattando i nostri prodotti di conseguenza».

Abus

Velocisti. Petacchi mette in pole Milan, Jakobsen e Dainese

04.05.2024
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Il parterre dei velocisti in questo Giro d’Italia è davvero stellare. Tolto Jasper Philipsen ci sono tutti: da Jakobsen a Merlier, da Dainese (in nero nella foto di apertura) a Kooj, passando per Milan, Ewan… E potremmo continuare a lungo. Ci aspettano quindi grandi sfide, sgomitate, colpi di reni e velocità folli. Adrenalina pura.

Questi possibili duelli li mettiamo sotto la lente d’ingrandimento di Alessandro Petacchi, uno dei velocisti più vittoriosi della storia, specie quella del Giro. Solo nella corsa rosa AleJet vanta 22 successi. E restano memorabili le sue nove tappe in una sola edizione, quella del 2004.

Jonathan Milan sarà pilotato da Simone Consonni
Jonathan Milan sarà pilotato da Simone Consonni
Dicevamo, Alessandro, di un parterre da urlo per quanto riguarda i velocisti…

In effetti ci sono tutti. Manca quello che su carta è il più forte del momento, cioè Philipsen. E lo è anche per quel che ha fatto vedere ad inizio stagione, non solo nelle volate, ma anche alla Sanremo e alla Roubaix.

Ma alla Tirreno ha perso da Milan…

Ha perso nei confronti di Milan è vero, ma prima c’era uno strappo e anche a San Benedetto del Tronto, dove lo strappo non c’era. Speriamo che Jonathan possa avere di nuovo quella condizione che aveva alla Tirreno. Jonathan ha fatto vedere tanto l’anno scorso al Giro, ma quest’anno il livello è più alto. Il lotto dei velocisti è più importante e se riuscisse a confermare quanto fatto, allora potremmo dire che è cresciuto ancora. Io però aspetto Milan al Tour. Se queste vittorie le otterrà anche in Francia, allora il più forte sarà lui. E potremmo dire di aver trovato un velocista di livello mondiale.

Scorriamo l’elenco: forse un nome grande, il più grande, tra i velocisti è quello di Fabio Jakobsen, ora alla Dsm-Firmenich…

Jakobsen è un grande motore. Senza dubbio se lui sarà quello di prima dell’incidente sarà difficilissimo da battere per potenza pura e punta di velocità. L’incognita appunto è capire se è di nuovo a quei livelli. 

La Dsm ha anche Andresen (in foto) che viene da tre vittorie in Turchia dove l’apripista fu Jakobsen. C’è da supporre che il danese ricambierà il favore
La Dsm ha anche Andresen (in foto) che viene da tre vittorie in Turchia dove l’apripista fu Jakobsen. C’è da supporre che il danese ricambierà il favore
Andiamo avanti…

Mi viene in mente il nome di Gaviria, il quale è sempre forte ma se continua a partire ai 300 metri poi non arriva. Deve ancora valutare bene le distanze. Non si riesce mai a capire cosa farà.

Di Merlier cosa ci dici?

E’ giovane, è forte e ha già fatto vedere buone cose. Con uno come lui tutto è possibile. Merlier è piuttosto imprevedibile ma è molto, molto veloce.

Un altro atleta interessante che zitto, zitto c’è sempre è Phil Bauhaus, che tra l’altro ha un ultimo uomo come Pasqualon…

In una tappa difficile o in un arrivo più complicato Bauhaus c’è di sicuro. Lui è perfetto per quegli arrivi, mentre lo vedo un po’ più in difficoltà su quelli più ampi, piatti e regolari di gruppo. Di questi ne vince uno su dieci, mentre in quelli più tecnici difficilmente esce dai primi tre. Sarà da tenere d’occhio. Magari già ad Andora.

Bauhaus in questa stagione ha vinto una tappa alla Tirreno, proprio in uno di quegli arrivi tecnici di cui diceva Petacchi
Bauhaus in questa stagione ha vinto una tappa alla Tirreno, proprio in uno di quegli arrivi tecnici di cui diceva Petacchi
C’è poi una vecchia conoscenza: Caleb Ewan, il quale tra l’altro ha un bell’apripista come Mezgec…

Stavolta però Caleb non ha dato grandi segnali sin qui. Ewan non mi sembra più quello esplosivo di un tempo. Però poi magari azzecca due tappe perché ha esperienza ed è motivato. Una volta Ewan era perfetto anche per gli arrivi che tiravano un po’ o dopo uno strappetto, in quanto sfruttava il suo peso ridotto.

Veniamo ad un corridore che tu stimi molto: Alberto Dainese. Come lo vedi?

Bene, anche perché su carta Dainese è il velocista che ha il treno più numeroso (Storer, Froidevaux, Mayrhofer e Trentin come ultimo uomo, ndr). E questo è molto importante visto che si corre in otto e non più in nove. Ed è importante anche perché vuol dire che hanno puntato su di lui. Alberto, quando gli hanno lasciato spazio, ha vinto due tappe al Giro ed era giusto per me dargli più spazio. Lo ha trovato alla Tudor. Tra l’altro questo ragazzo si difende bene su determinate difficoltà.

Olav Kooij è uno degli sprinter più forti. Sarà pilotato da Laporte
Olav Kooij è uno degli sprinter più forti. Sarà pilotato da Laporte
Ti riferisci a qualche tappa specifica?

Penso ad Andora che prima ha Capo Mele o anche a quella di Fossano, il cui arrivo è preceduto da uno strappo. Nulla di che, l’ho visto in ricognizione e si fa di rapporto, ma si scollina ai -3 chilometri. Quindi se il treno si disunisce o è corto poi è un problema risalire.

C’è poi una folta schiera di velocisti di rango: Kooj, Girmay, Molano, Aniolkowsky…

Ce ne sono molti e tutti sullo stesso livello. Come detto, il parterre è importante. Tra questi Girmay è un po’ come Bauhaus, se prima c’è uno strappetto o una difficoltà tecnica c’è. Molano ogni tanto una volata l’azzecca, ma immagino non avrà un grande aiuto dalla squadra (è nella UAE Emirates di Pogacar, ndr). Una cosa è certa, per vedere la prima volata e i valori in campo dei velocisti bisognerà aspettare almeno la terza tappa, quella di Fossano.

Tosatto e la Tudor, ultime rifiniture in vista del Giro

17.04.2024
6 min
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SALORNO – Il Tour of the Alps spesso e volentieri è una delle ultimissime prove generali prima del Giro d’Italia. Una serie di spunti da cui i diesse possono trarre indicazioni più o meno importanti. Uno di loro è senza dubbio Matteo Tosatto, arrivato ad inizio stagione per guidare la Tudor Pro Cycling.

Per la serie “lui sa come si fa”, grazie ai trionfi rosa ottenuti con la Sky/Ineos, sulla porta dei 50 anni (li compirà il 15 maggio) il tecnico nativo di Castelfranco Veneto ora ha una nuova missione. Lo abbiamo incontrato proprio nella corsa dell’Euregio (foto Tudor Pro Cycling in apertura) chiedendogli come stia procedendo il suo ambientamento nella Tudor e quali siano le aspettative del team Professional svizzero alle soglie della sua prima grande corsa a tappe. Il viso rilassato sembra la naturale conseguenza di una persona che, dall’alto della sua esperienza, sa che il nuovo percorso intrapreso è quello giusto.

Come sta andando la tua nuova esperienza con la Tudor?

E’ cambiato tutto dopo sei anni tra Sky e Ineos. Sono super felice perché l’avventura è iniziata col piede giusto, così come il progetto sta andando avanti bene. Abbiamo dimostrato che siamo capaci di imporci in qualche bella corsa. E soprattutto saperci imporre come stile di gara, prendendoci le nostre responsabilità senza paura. Dobbiamo ricordarci che abbiamo un gruppo di giovani. A volte sbagliamo, ma chi sbaglia poi impara. Penso che siamo sulla linea giusta.

La filosofia che ci aveva spiegato Cancellara, l’ha trasmessa facilmente anche a voi?

Il nostro motto è quello di crescere piano piano, sapendo le nostre potenzialità. Noi andiamo alle corse per vincere, ma sappiamo allo stesso tempo che dobbiamo fare anche esperienza. In alcune gare andiamo per imparare, dove portiamo tanti giovani che magari affrontano il loro primo grande Giro o la prima grande classica. Contestualmente abbiamo fatto degli innesti con corridori esperti che portano il loro bagaglio tecnico in squadra. Ad esempio la vittoria alla Parigi-Nizza (con De Kleijn, ndr) è il frutto di un grande lavoro iniziato già nel 2023, al primo anno di nascita della formazione. Nelle classiche del pavé abbiamo sempre fatto delle top 10, a parte il Fiandre. Tutto ciò ci riempie di gioia.

Storer al Giro punterà alle tappe di montagne e alla generale. Nel 2021 vinse due frazioni alla Vuelta e la maglia di miglior scalatore
Storer al Giro punterà alle tappe di montagne e alla generale. Nel 2021 vinse due frazioni alla Vuelta e la maglia di miglior scalatore
Quindi siete entrati in sintonia in fretta.

Sì, assolutamente. Come dice sempre Fabian, non dobbiamo fare il passo più lungo della nostra gamba. Stiamo diventando consapevoli della nostra forza. Dobbiamo solo restare calmi e continuare a lavorare. Poi il nostro hashtag “nati per osare” (#borntodare, ndr) deve essere uno stimolo. Se noi facciamo le cose per bene, come allenamenti, nutrizione o materiali, non dobbiamo avere paura. Non possiamo competere con i grandi team WorldTour, ma essere lì a giocarcela significa fare bella figura.

Quanta differenza c’è tra guidare una squadra come Ineos e uno come la Tudor?

Cambia tanto. Parlare o andare a provare una gara con campioni che hanno già vinto classiche o grandi Giri lo affronti in una maniera diversa. C’era una pressione diversa all’interno di un gruppo consolidato. Qua in Tudor devi partire dalle fondamenta. Devi far capire cos’è un grande Giro per esempio. E per me è un grande stimolo.

E’ stata questa la motivazione che ha portato Matteo Tosatto alla Tudor?

Ho fatto vent’anni da professionista e devo ringraziare ancora oggi Dave Brailsford che mi ha dato subito la possibilità di salire in ammiraglia. Ho imparato un lavoro facendo sei anni magnifici con loro, però era arrivato il momento di cambiare. Alla Tudor abbiamo nuovi obiettivi e penso di aver fatto la scelta migliore.

Il Tour of the Alps vi darà qualche indicazione per il Giro?

A questa corsa abbiamo 2-3 ragazzi che potrebbero correre a maggio. Sicuramente al Giro ci sarà Michael Storer, che proverà a curare la generale già qua al Tour of the Alps. Potrebbe fare altrettanto anche al Giro, anche se non ha mai affrontato una grande corsa a tappe per farla. Di sicuro punterà a fare bene le tappe di montagna. Potenzialmente può fare bene entrambe le cose, ma partiamo con un obiettivo minimo, poi vedremo se cambiarli strada facendo.

Come sarà il resto della vostra formazione alla Corsa Rosa?

Non vogliamo trascurare le altre tappe. Il nostro velocista sarà Dainese, che è tornato a correre dopo un infortunio e ha vinto in Francia ad inizio mese. Trentin sarà il nostro tuttofare, pronto a buttarsi nelle fughe delle frazioni intermedie o giocarsi le proprie carte in altri modi. Decideremo come completare la squadra dopo il Romandia.

Abbiamo capito che vi vedremo davanti al Giro.

La nostra volontà è quella di essere protagonisti. Vogliamo usare la testa. Non andremo in fuga solo per fare vedere la maglia. Noi cercheremo la vittoria, il nostro grande obiettivo di quelle tre settimane di maggio. Qualcuno di noi sarà emozionato perché sarà il primo grande giro della Tudor. Tuttavia vorrei infondere calma e serenità, vedendo come andrà la gara giorno dopo giorno. Io sono molto motivato e fiducioso.

Dainese: l’incidente, il rientro, la vittoria, Sierra Nevada… il Giro

15.04.2024
5 min
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E’ caduto il 9 febbraio rovinosamente, ha vinto il 4 aprile: in meno di due mesi Alberto Dainese si è ritrovato dalle stalle alle stelle. Il corridore della Tudor Pro Cycling era incappato in un incidente durante un allenamento in Spagna. Aveva riportato una grande botta alla testa e danni seri alla bocca.

Poi alla Région Pays de la Loire Tour, breve corsa a tappe francese, ecco quasi a sorpresa, la vittoria. A Château-Gontiere braccia alzate e tutto, o quasi, sparisce.

In questi giorni Dainese si trova a Sierra Nevada per l’ennesimo ritiro in quota. Sta lavorando in ottica Giro d’Italia.

«E quassù – dice il veneto – già ci ero stato due settimane prima del rientro dopo la caduta e ci starò fino al Romandia. Poi qualche giorno di relax a casa ed ecco il Giro».

Alberto Dainese (primo da sinistra) durante gli allenamenti in Spagna quest’inverno
Alberto Dainese (primo da sinistra) durante gli allenamenti in Spagna quest’inverno
Alberto, partiamo dalla caduta. Hai recuperato possiamo dire…

Diciamo di sì. All’inizio è stata un po’ tosta. Le botte alla bocca e alle labbra si sono fatte sentire. Avevo un bel po’ di punti e non ero affatto bello! Mi vedevo con queste ferite, mi mancavano quattro denti. Facevo anche fatica a mangiare. Poi è subentrato anche un versamento ad un ginocchio. Insomma ci ho messo quasi due mesi a riprendermi. Ma la cosa buona è aver recuperato al 100 per cento.

Alla fine quanto sei stato senza bici?

Poco in realtà. Forse troppo poco, cinque giorni. In pratica fino a che non mi hanno rimesso i denti provvisori. Ho fatto un po’ di rulli. Ma era troppo presto. I punti tiravano e avevo vari dolori. Poi è emerso il problema al ginocchio. E sono stato fermo un’altra settimana. Alla fine prima di riprendere per bene è passato un mesetto.

Ma come hai fatto a livello di preparazione? Hai ripreso da capo?

La base era solida. Avevo fatto davvero un buon inverno, senza malanni e con un grande volume: questa è stata la salvezza. Se avessi avuto un inverno meno buono sarebbe stato un bel casotto. Invece quando ho ripreso, non ero proprio a zero. 

Dainese (classe 1998) è passato dalla Dsm alla Tudor Pro Cycling questo inverno
Dainese (classe 1998) è passato dalla Dsm alla Tudor Pro Cycling questo inverno
E cosa hai fatto quando hai ripreso con costanza?

Ho iniziato con due, tre ore molto semplici. Dalla terza settimana ho inserito anche un po’ d’intensità. Ma questa era anche la prima che facevo a Sierra Nevada in quota. E non ho fatto poi molto. Parlo di 15 ore complessive. Mentre dalla settimana successiva, ho inserito più ore e più volume. Ho fatto due lavori di Vo2Max, sempre in altura, e sono andato a correre in Francia.

Caspita! Solo due lavori e sei stato subito vincente e competitivo (prima della vittoria Dainese ha ottenuto due quinti posti, ndr)?

E infatti questo un po’ ha sorpreso anche me e mi ha dato tanto morale. Ma ripeto, la base era buona. Sono anche consapevole che non era una volata di livello stellare. Non c’erano Philipsen o Merlier, però Marijn van den Berg, con cui battagliavo ha dimostrato di andare forte. Ora sono consapevole che con questo altro ritiro in quota e il Romandia si potrà crescere ancora. Non dico che tutti i dubbi siano spariti, ma so che al Giro dove il livello sarà più alto sarò competitivo.

Hai dovuto riprendere anche il lavoro in palestra?

No, quella no. Dopo due sedute ho dovuto abbandonarla in quanto mi dava problemi al ginocchio destro, quello del versamento. Emergevano dei dolori alla bandelletta e così abbiamo deciso di evitare la palestra. Al suo posto abbiamo compensato con delle volate e delle partenze da fermo. Ne ho fatte un po’ più del solito.

Alberto, raccontaci un po’ quelle volate dopo il rientro. C’era anche della paura?

Le settimane dopo l’incidente sì. Avevo paura ad andare in bici, specie in discesa o col vento. La caduta era avvenuta in modo improvviso e temevo di ricadere da un momento all’altro. Poi è andata scemando. Mentre il giorno della volata no, nessuna paura.

Quest’anno Alberto ha un treno a disposizione e infatti in 6 giorni di corsa ha 6 top 10, tra cui una vittoria
Quest’anno Alberto ha un treno a disposizione e infatti in 6 giorni di corsa ha 6 top 10, tra cui una vittoria
Si è chiusa la vena del velocista!

Esatto. Non ci ho proprio pensato, anche se forse è stato lo sprint più pericoloso che ho fatto da pro’ dopo quello del Polonia in discesa. In particolare la volata che ho vinto è stata anche abbastanza pulita. Nell’ultimo chilometro la velocità era alta ed eravamo tutti in fila. Robin Froidevaux mi ha portato ai 200 metri in posizione e dovevo saltarne solo due.

Per te che ogni volta dovevi partire da dietro, due corridori in effetti erano pochi!

Sì, sì… rispetto al passato è una bella differenza. Prima avevo Bardet che poverino è uno scalatore e mi lasciava in ventesima posizione. E infatti come mi suggerì anche Petacchi, persa per persa a quel punto, partivo lungo. Adesso invece ho un treno.

E sul fronte dei valori, quelli della volata che hai vinto erano buoni? E’ un dato curioso dopo l’incidente…

Il misuratore non funzionava. Non posso rispondere pertanto a questa domanda con precisione, però non credo siano stati cattivi. Quel giorno ho sbagliato rapporto. Ho fatto la volata con il 54×10 ed ero durissimo. Mi sembrava stessi facendo una partenza da fermo! Il picco di potenza in questi casi, con quel rapporto così duro, non è altissimo. Però la volata l’ho tenuta a lungo e comunque se riesci a girare quel rapporto male non stai. Io poi non amo andare duro negli sprint. 

Dall’Algarve al Nord, si accende la primavera di Trentin

14.02.2024
5 min
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Con l’Algarve appena iniziata, entra nel vivo anche la primavera di Trentin. Probabilmente se l’aspettava diversa, perché in questi giorni avrebbe affinato l’intesa con Alberto Dainese, lottando nelle due volate in programma. Invece il padovano è fuori gioco per la caduta in allenamento e di conseguenza Matteo si ritrova a fare a sua volta gli sprint in cui si sente maggiormente a suo agio e intanto a lavorare con lo sguardo al Nord. Domenica infatti la corsa portoghese si concluderà e sarà tempo di spostarsi in Belgio per l’opening weekend, con Omloop Het Nieuwsblad e la Kuurne-Bruxelles-Kuurne.

Lo avevamo incontrato a Calpe nei giorni del primo ritiro e per lui la dimensione Tudor Pro Cycling era solo un’idea. Ora che la stagione ha preso il largo, tornare per un doppio punto della situazione, è un buon modo per avvicinarci alle prossime sfide.

GP La Marseillaise: Trentin, classe 1989, è pro’ dal 2012. In Francia è molto noto anche per le 3 tappe vinte al Tour
GP La Marseillaise: Trentin, classe 1989, è pro’ dal 2012. In Francia è molto noto anche per le 3 tappe vinte al Tour
Come va l’adattamento in questa nuova squadra?

Bene, tutto a posto, tutto bene. Sono contento. Certo sarebbe stato meglio se “Daino” non fosse finito per terra, perché credo che avremmo fatto delle belle cose. Saremmo venuti qua per iniziare il lavoro del treno anche in corsa, che rispetto all’allenamento è una roba un po’ diversa. Gli imprevisti però sono dietro l’angolo, l’importante è che non si sia fatto male in maniera troppo seria. Intendiamoci, è abbastanza seria, però non è niente che lo terrà via dalle corse per lungo tempo. Devo dire che quando l’ho visto per terra pensavo fosse molto peggio, invece alla fine è andata anche bene.

Cambia qualcosa a questo punto nel tuo programma personale?

No, il programma resta sempre lo stesso, andrò avanti con quello che devo fare. A questo punto con Alberto ci si rivedrà al Giro.

Come sarà fatta la trasferta al Nord?

Ora subito l’opening weekend, poi ci hanno invitato al Fiandre e anche alla Gand e altre che non si possono ancora annunciare. Credo che li abbiano già annunciati, non vorrei averli anticipati. Sono tutte cose che ho scoperto quest’anno, non avendo mai avuto il discorso degli inviti. Ti chiamano, però vogliono essere loro a dirlo per primi.

Dainese ha avuto il tempo per correre le prime due gare, poi è caduto alla vigilia della Clasica de Almeria
Dainese ha avuto il tempo per correre le prime due gare, poi è caduto alla vigilia della Clasica de Almeria
Com’è psicologicamente vivere questa dipendenza dall’invito?

Onestamente non me ne sono fatto un problema. Sapevamo che era così e dall’altra parte sanno che c’è un progetto solido alle spalle. Comunque, visto il bene che hanno fatto già l’anno scorso, devo dire che tanti inviti sono più che meritati.

Invece con quale spirito Trentin andrà al Nord con la nuova squadra?

Sempre lo stesso, sempre il solito modo di fare. E’ ovvio che bisognerà andare con il coltello tra i denti, come sempre. Ci arriviamo con una squadra molto meno esperta rispetto a tutti gli altri anni. Tantissimi di questi ragazzi non hanno mai fatto corse al Nord, quindi ci sarà tanto da imparare, tanto da insegnare e tanto da fare. Siamo qui per questo.

Pensi che andrete a fare qualche sopralluogo di percorso?

Penso che faremo la classica ricognizione un paio di giorni prima, perché non c’è tanto tempo per organizzare chissà cosa. Abbiamo già fatto un giretto lassù all’inizio di dicembre, andando a provare i materiali. La settimana prima della Het Nieuwsblad faremo una prova percorso, come pure prima del Fiandre e di Harelbeke. Adesso come adesso, non c’è tanto tempo: se devi fare qualcosa, devi farlo prima.

Che cosa era venuto fuori dal sopralluogo di dicembre?

La bici è quella. DT Swiss però ha fatto delle ruote pensate per le classiche. Avremo dei copertoni da 28 un pochino più resistenti alle forature. Ci sarà da lavorare più che altro sulle pressioni delle gomme. Magari per la Gand si può usare anche la ruota normale, visto che presenta pochissimo pavé. Questa è la base, poi dipenderà anche dal meteo.

Sul podio di Almeria, Trentin e Kooij, il vincitore che ha 12 anni meno di Matteo
Sul podio di Almeria, Trentin e Kooij, il vincitore che ha 12 anni meno di Matteo
Gomme da 28 perché sul telaio della Teammachine non entrano misure più grandi?

In parte anche per questo. Però per quelle gare mi sento di dire che gli pneumatici da 30 li ho usati l’anno scorso perché le ruote che avevamo in UAE avevano il canale interno molto più grande e quindi con il 30 mi trovavo comodo a livello di utilizzo. Invece col canale interno di una grandezza normale, alla fine lo pneumatico da 28 è più che sufficiente e non è necessario fare tanto di più.

A cosa serve l’Algarve: preparazione o per non far rimpiangere Dainese?

Certo, non è che se siamo davanti, tiriamo i freni. Ad Almeria mi ci sono trovato e ho fatto la volata, arrivando terzo. Non me lo aspettavo, ma è vero che quest’inverno mi sono allenato molto di più per fare le volate, avendo il discorso del treno. Quindi l’allenamento è stato fatto bene e funziona. Ma qui le tappe sono sempre uguali: due volate, due salite a una cronometro. Diciamo che in queste corse uno come me viene più che altro a rifinire la condizione e non a puntare una vittoria. Però chi può dirlo? Vediamo cosa può venire fuori, ma senza pressione.

E con Dainese ti senti ogni tanto?

Sì, via messaggio. Gli girano molto le scatole, perché eravamo al momento di dare un’accelerata alla stagione, invece si ritrova fermo ai box. Insomma, speriamo sia una cosa che riesce a risolvere in tempi brevi o relativamente brevi, per poi ricominciare. Lui sa che io lo aspetto.

I piani e la caduta: con Kurt Bergin-Taylor parlando di Dainese

10.02.2024
7 min
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La caduta di ieri in allenamento davvero non ci volva. Alberto Dainese aspettava le gare di Murcia e Almeria per riallacciare il filo col suo treno e la volata, invece sarà costretto a rinunciare. Il colpo al volto e alla mandibola, pur in assenza di fratture, lo costringono a uno stop che rallenterà certamente la sua primavera e speriamo non complichi troppo il suo avvicinamento al Giro d’Italia. Abbiamo fatto il punto con il tecnico britannico che lo ha voluto alla Tudor Pro Cycling, anche cercando di ricostruire il perché della scelta. Lui si chiama Kurt Bergin-Taylor, è britannico e sta per compiere 34 anni. Nell’organigramma della squadra non è messo fra gli allenatori, bensì fra i manager, con la qualifica di Head of Innovation (la foto Tudor Pro Cyling in apertura lo ritrae sullo scooter accanto a Dainese e il suo gruppo).

Perché a un certo punto hai cercato Dainese?

Ho avuto modo di lavorare con lui per un anno alla DSM, quando ha vinto la prima tappa al Giro. Ho visto il suo potenziale come velocista, ma anche come uomo. E’ un ragazzo onesto. Quando lavori con Alberto, vedi che è una persona molto positiva con cui stare ed è davvero un bel personaggio e un grande lavoratore. Quando abbiamo iniziato a valutare chi inserire, è stato chiaro che ci servisse un secondo sprinter. Essendo un team appena nato, sapevamo che avremmo dovuto sfruttare le conoscenze personali. Non volevamo cambiare la nostra filosofia di considerare cioè l’aspetto umano accanto a quello sportivo. Qualcosa in cui sapevo che Alberto si sarebbe trovato bene. Sono certo che avesse anche altre possibilità, ma alla fine si è fidato di me, di quello che ha visto nella squadra e di Fabian. E so che adesso è super orgoglioso di vestire la maglia Tudor e di trovarsi in una squadra in cui può crescere ancora tanto.

Kurt Bergin-Taylor è britannico ed ha quasi 34 anni. Come Dainese, proviene dalla DSM (foto Tudor Pro Cycling)
Kurt Bergin-Taylor è britannico ed ha quasi 34 anni. Come Dainese, proviene dalla DSM (foto Tudor Pro Cycling)
Di certo è contento di poter arrivare al Giro con la giusta programmazione…

Abbiamo una lunga lista di corridori per il Giro e ovviamente Alberto ne fa parte, poi bisognerà valutare tutta una serie di fattori, dalla condizione alla salute. Rispetto alla squadra in cui si trovava prima, è chiaro che stiamo facendo una programmazione diversa. Sin dall’inizio abbiamo guardato alla costruzione della sua periodizzazione, dei ritiri in quota e di tutto quello che serve. Per la squadra l’obiettivo numero uno dell’anno è quello di fare bene nel primo grande Giro.

Pensi che sia al livello dei velocisti più forti?

Non lo avremmo preso se non pensassimo che potrebbe essere uno dei migliori. Alberto è molto veloce. Ha una potenza elevata. Ed è molto aerodinamico. Penso che finora non sia stato in grado di mostrare il suo potenziale, perché non ha avuto l’opportunità di sprintare. La possibilità di ritrovarsi con la linea di fronte senza essere intrappolato e restare chiuso. Questo è esattamente quello che vogliamo fare in Tudor, consentire ad Alberto di fare le sue volate. Non si può giudicare un velocista se non ha l’opportunità di fare la volata con la strada libera davanti a sé. La prima necessità è avere un treno per lui – conclude Kurt – che lo protegga e gli dia l’opportunità di sprintare. Da lì costruisci fiducia e la sintonia con i compagni e le capacità migliorano.

Una delle sfide più grandi per i velocisti è trovare il giusto equilibrio tra la salita e la volata.  Qual è la ricetta di Kurt?

Penso che questo sia il vero obiettivo dei velocisti e una delle sfide che entusiasma di più. Negli ultimi anni mi sono dedicato tanto al lavoro con gli sprinter e al tentativo di comprendere veramente questa esigenza. E’ davvero complicato. La prima cosa che faccio di solito è parlare con loro, perché gli atleti sanno valutare se stessi. Quando mi è capitato di chiedergli se siano in forma, qualcuno ha risposto: «Sto bene, quando vado in salita mi sembra di non fare fatica». E allora la risposta classica che gli do è chiedergli se abbiano per questo vinto qualche corsa.

Nel ritiro di dicembre a Calpe, Dainese stava ancora conoscendo il mondo Tudor
Nel ritiro di dicembre a Calpe, Dainese stava ancora conoscendo il mondo Tudor
A cosa serve a un velocista andare forte in salita?

Appunto. Quello su cui viene valutato un velocista è quanto sia veloce alla fine di un Giro. Per cui credo che per i velocisti sia necessario un livello aerobico minimo. Sono elite, atleti di resistenza, devono fare 21 tappe e superare le montagne: sicuramente la fatica fa parte del corredo. Però in realtà la cosa su cui dovremmo giudicarli è quale wattaggio sappiano ancora esprimere in relazione alla loro resistenza, perché anche questo è molto importante. Non ha senso erogare 2.000 watt se comprometti la tua resistenza. E non ha senso avere tanta resistenza se non esprimi la potenza. E’ sicuramente un equilibrio costante, che cambia nel corso della carriera.

Ad esempio?

Ricordo che Alberto da giovane era molto esplosivo, ma non aveva il livello aerobico per andare alle gare più grandi. Perciò nei suoi primi anni di professionismo ha dovuto dare priorità all’aspetto della resistenza, sacrificando un po’ il suo sprint. Ora ha un aspetto aerobico molto migliore rispetto a qualche anno fa, avendo fatto 4 grandi Giri e avendo fatto le 1.000 ore all’anno per quattro o cinque anni. Ora il suo livello aerobico è sufficiente e abbastanza buono da non dovergli dare la priorità. Così possiamo concentrarci maggiormente sulla vera essenza di renderlo il velocista più veloce possibile.

Per cui è cambiato qualcosa nel suo allenamento durante l’inverno?

Sì, ci siamo concentrati maggiormente sul ripristinare la potenza massima. Come abbiamo già detto, Alberto è sempre stato naturalmente piuttosto esplosivo. Tuttavia negli ultimi anni, concentrandoci sul costruire quel lato aerobico, ci sono stati alcuni cambiamenti. Quest’anno invece abbiamo cercato di migliorare l’esplosività massima e le capacità di sprint, sia sulla bici sia in palestra. Abbiamo davvero spinto molto per migliorare la relazione tra forza e velocità, in modo da arrivare a produrre forze più elevate alle alte velocità necessarie per lo sprint.

Il giovane Dainese, secondo Kurt Bergin-Taylor era velocissimo, ma poco resistente. Qui intanto vince l’europeo 2019
Il giovane Dainese, secondo Kurt Bergin-Taylor era velocissimo, ma poco resistente. Qui intanto vince l’europeo 2019
Cosa gli serve per essere vincente tutto l’anno?

Penso che questo sia davvero un buon punto e sia legato alla coerenza con la squadra che lo circonda. Penso che in passato questa per lui sia stata una delle difficoltà maggiori, non avendo mai avuto un treno dedicato. Con noi il programma e tutto ciò che riguarda Alberto è davvero chiaro. Abbiamo individuato un gruppo di cinque corridori, in modo che in quasi tutte le gare almeno tre di loro siano con lui. Deve essere chiaro che lo supportiamo con una squadra costruita in base al programma di gara. Quindi avrà più opportunità di fare sprint nelle gare a lui più adatte.

Ha già ottenuto un podio, ma ora questa caduta cosa provocherà?

Lo sprint è davvero un fatto di fiducia e siamo davvero entusiasti di aver iniziato a costruirla. Finora avevamo avuto due opportunità e non siamo ancora stati in grado di realizzarlo. Nella prima gara abbiamo fatto un buon lavoro, ma non perfetto. Nella seconda, ovviamente, abbiamo lottato per la posizione e non abbiamo avuto la possibilità di fare uno sprint. Ora si dovranno valutare i tempi di recupero e poi potremo dire qualcosa. Ovviamente un incidente non è mai l’ideale, ma è sempre uno dei pericoli/realtà nel ciclismo. Siamo fiduciosi che con il supporto della squadra Alberto tornerà più forte per le prossime gare.

Prima di finire, chi è Kurt Bergin Taylor?

Ho un background accademico. Ho conseguito un Master e un dottorato di ricerca in Fisiologia dell’Esercizio Fisico presso l’Università di Loughborough. Mentre studiavo, lavoravo nel velodromo, osservando l’interazione tra il corridore, la sua attrezzatura e la parte scientifica del lavoro. Poi mi sono trasferito in Canada e ho lavorato per la federazione canadese della pista in vista di Tokyo 2020. Ci sono stato per tre anni ed è stata un’esperienza davvero positiva. Hanno partecipato alle Olimpiadi di Tokyo e hanno vinto una medaglia d’oro e una di bronzo e fatto un quarto posto, risultato enorme per una piccola Nazione su pista. E’ stata davvero una bella esperienza, poi però è successo il COVID e il mondo è cambiato.

Una caduta e adesso c’è da fermarsi e ricominciare: speriamo in tempi brevi (foto mr.pinko)
Una caduta e adesso c’è da fermarsi e ricominciare: speriamo in tempi brevi (foto mr.pinko)
E tu?

Io sono tornato in Europa e visto che volevo rimanere nel ciclismo, ho colto l’opportunità di lavorare per la DSM come allenatore. Ci sono stato per due anni e mi piaceva, ma non avevo alcuna interazione nello sviluppo dei materiali in relazione agli atleti. Questa possibilità mi è venuta grazie a Fabian. Conoscevo Sebastian Deckert come capo allenatore della DSM e lui mi ha parlato di questa opportunità. Così abbiamo parlato e mi hanno accolto a braccia aperte. Sento di avere un bel ruolo, posso incidere su molti aspetti come pure il reclutamento dei corridori. Non vedo l’ora che la squadra cresca fino a diventare, nel prossimo futuro, una delle più grandi del mondo.