Presentata ufficialmente l’estate scorsa, l’ultima versione della Scott Foil è una bici marcatamente aerodinamica nelle forme e nel concept. Quello che sorprende però, è il fatto che viene utilizzata anche dagli scalatori del Team DSM, uno su tutti Romain Bardet, corridore attento ai dettagli tecnici, al peso e alle performances della bicicletta. L’atleta transalpino ha usato la Foil anche nel corso delle frazioni più impegnative del Tour.
Dainese al campionato europeo 2022 di MonacoDainese al campionato europeo 2022 di Monaco
Ovviamente la Scott Foil è un riferimento per i velocisti e per i passisti. Abbiamo chiesto ad Alberto Dainese di descrivere la sua bici nella versione 2023, che rispetto a quella utilizzata nella seconda parte di stagione 2022 presenta delle differenze. La famiglia Syncros/Scott fornirà anche le selle (al posto di Pro Bike Gear) e ci sarà un’impiego maggiore dei tubeless. Entriamo nel dettaglio
Quando hai iniziato ad usare l’ultima versione della Scott Foil?
Mi è stata consegnata poco prima del Tour 2022 e da quel momento non l’ho più abbandonata. In precedenza non utilizzavo la Foil, parlo della versione precedente, ma la Addict ed effettivamente le due bici sono molto differenti. Di sicuro la bici aero è più adatta alle mie caratteristiche, ma è ampiamente utilizzata anche dagli scalatori.
Il profilo ridottissimo del manubrio Syncros e gli shifters leggermente all’interno (eltoromedia.com)Il profilo ridottissimo del manubrio Syncros e gli shifters leggermente all’interno (eltoromedia.com)
Quali sono le differenze maggiori che hai notato, rispetto alla Addict?
La Foil è molto veloce, fattore che diventa un supporto notevole alle mie caratteristiche, è una di quelle biciclette che scappa via quando cambi ritmo, davvero facile da lanciare. E’ più rigida della Addict, che invece mi trasmetteva un comfort maggiore. Durante le azioni di rilancio, ad esempio negli sprint, la nuova Foil sostiene di più nella parte anteriore e il carro posteriore sembra scaricare maggiormente la potenza espressa.
La Addict non era ugualmente rigida?
Non è quello, solo che la rigidità della Foil è una delle peculiarità che ha lasciato impressionati parecchi di noi corridori. E poi il peso contenuto, anche questo un fattore che è stato considerato in maniera positiva anche dal gruppo degli scalatori del team.
Da sempre il claim del team (eltoromedia.com)L’evidente svasatura dello sterzo (eltoromedia.com)C’è l’ultima versione dell’integrato full carbon Syncros Creston (eltoromedia.com)Da sempre il claim del team (eltoromedia.com)L’evidente svasatura dello sterzo (eltoromedia.com)C’è l’ultima versione dell’integrato full carbon Syncros Creston (eltoromedia.com)
Effettivamente al Tour è stata usata anche da Bardet!
Si esatto, non solo da lui, ma come dicevo da tutti gli scalatori. Bardet argomentava proprio il fatto che non avendo una grossa differenza di peso con la Addict, ma essendo più rigida, reattiva e fluida anche intorno ai 30 all’ora, ci stava il fatto di usarla anche su ascese lunghe ed impegnative. Ormai si tengono delle andature elevate anche in salita e per lunghi tratti quando il naso è all’insù. Non sono uno scalatore, ma credo che una bici aero possa dare un aiuto e una serie di vantaggi.
Anche la versione dei tubeless N.EXT in dotazione al team (eltoromedia.com)Anche la versione dei tubeless N.EXT in dotazione al team(eltoromedia.com)
Qual’è il tuo setting preferito per le gare?
Preferisco sempre le ruote con il profilo da 50, che ormai sono da considerare intermedie. Solo in qualche occasione chiedo di usare le 60, quando le tappe sono piatte. Abbiamo i tubeless Vittoria, con sezioni comprese tra i 26 e 28 millimetri. Per i rapporti prediligo la combinazione 54-40 per le corone. Ho montato il 56 solo un paio di volte, una al Giro e una all’UAE Tour, ma onestamente preferisco sfruttare una maggiore agilità.
Hai cambiato qualcosa rispetto al 2022?
Rispetto alla stagione scorsa ho chiesto di allungare lo stem del manubrio integrato e utilizzo, quasi in controtendenza, il manubrio da 42 centimetri di larghezza. Facendo un paragone con la stagione passata, abbiamo cambiato le selle, che ora sono Syncros e io utilizzo la versione Belcarra.
La sella corta Belcarra, quella usata da Dainese (eltoromedia.com)Il seat-post della Scott Foil è una spada (eltoromedia.com)Foderi con ridotto impatto frontale e larghi lateralmente (eltoromedia.com)Il supporto del deragliatore lascia spazio anche per montare corone più grandi, senza la necessità di adattatori (eltoromedia.com)Pacchetto Dura-Ace al completo (eltoromedia.com)La sella corta Belcarra, quella usata da Dainese (eltoromedia.com)Il seat-post della Scott Foil è una spada (eltoromedia.com)Foderi con ridotto impatto frontale e larghi lateralmente (eltoromedia.com)Il supporto del deragliatore lascia spazio anche per montare corone più grandi, senza la necessità di adattatori (eltoromedia.com)Pacchetto Dura-Ace al completo (eltoromedia.com)
Per quanto riguarda i rapporti dietro?
Lo standard è 11-30, almeno per quello che mi riguarda. Poi ci sono delle situazioni in cui viene montata la scala 11-34, ma è per salvare la gamba nelle frazioni più dure e non adatte a me.
La bici da gara si discosta da quella che hai per l’allenamento?
E’ uguale, non ci sono differenze ed è un vantaggio non da poco, perché il feeling rimane quello. L’unica diversità sono gli pneumatici, in allenamento uso le camere d’aria, più che altro per una questione di abitudine.
Le Cervélo a disposizione di Wout Van Aert sono come i petali di una rosa, ognuna specifica e capace di rispondere alle esigenze di campione. Vediamo le sue scelte per le gare di questa primavera.
La stagione è ripartita e come di consueto lo ha fatto dando una grossa priorità alle volate. Hanno gioito per ora soprattutto sprinter stranieri. Giusto ieri ha rotto gli indugi Jonathan Milan, il quale però bisogna vedere se va inquadrato come un velocista puro.
Con Endrio Leoni , grande sprinter degli anni ’90-2000, abbiamo voluto fare un approfondimento sulle ruote veloci del Belpaese. Gli abbiamo chiesto di individuarne cinque. Cosa ci possiamo aspettare da loro? Quali sono quelle più pure che ci consentiranno di tenere alta la bandiera negli sprint più importanti?
Endrio Leoni (classe 1968) è stato un grande sprinter. Professionista dal 1990 al 2002, ha vinto oltre 30 corse… ai tempi di CipolliniLeoni (classe 1968) è stato un grande sprinter. Pro’ dal 1990 al 2002, ha vinto oltre 30 corse… ai tempi di Cipollini
Tempi duri
Endrio schietto come era in bici lo è anche ai “microfoni” e dice subito che anche gli sprinter italiani di oggi non stanno passando un super momento.
«Faccio un po’ fatica a trovarne cinque – dice Leoni – perché un conto è il “mezzo velocista” che fa settimo, decimo… Un conto è il velocista che lotta per la vittoria. E’ un po’ lo stesso discorso degli scalatori che sento spesso. Dice: “Va forte in salita”. Okay ma se poi non vince….
«Comunque scelgo Nizzolo, Viviani, Dainese e Consonni».
Nizzolo (qui al centro) è potente ma non potentissimo, secondo LeoniNizzolo (qui al centro) è potente ma non potentissimo, secondo Leoni
Nizzolo, non solo potenza
E seguendo l’ordine di Leoni, iniziamo questa analisi con Giacomo Nizzolo.
«Nizzolo è uno che vince le sue 2-3 corse l’anno come minimo. All’inizio era davvero un velocista di belle speranze, aveva ottime premesse poi sul più bello ha avuto quel problema fisico, al ginocchio se ben ricordo, e questo gli ha tolto molto. Ti porta via tempo, energie mentali, toglie qualcosa al tuo fisico… mentalmente non sembra, ma si fa sentire».
«Giacomo era uno di quelli che teneva bene sulle salitelle e questa sua caratteristica mi piace molto. Vediamo se potrà arrivare al suo livello (o forse sono gli altri che sono cresciuti molto, ndr). In più è anche capace di destreggiarsi nei finali».
E anche se Nizzolo spinge e ricerca rapporti molti lunghi, Leoni non sembra essere d’accordo sul fatto che Giacomo sia un super potente.
«Non si tratta tanto del rapporto. E’ vero lui parte da lontano, ma poi devi capire anche cosa fanno i tuoi avversari. E’ potente sì, ma quel che voglio dire è che non è un Kittel».
Per Leoni, Elia Viviani (qui affiancato da Albanese, al centro), deve trovare la fiducia totale della squadraPer Leoni, Elia Viviani (qui affiancato da Albanese, al centro), deve trovare la fiducia totale della squadra
Viviani e la Ineos
Si passa poi a “sua maestà”Elia Viviani, che più passa il tempo e più è stimato da colleghi e tecnici.
«Elia – spiega Leoni – si è un po’ perso nel tempo, almeno su strada. Ed è un peccato. Non so se sia stato uno sbaglio per lui andare in Francia e lasciare il team dove vinceva. Su strada deve rivedere qualcosa.
«Gli servirebbero almeno un paio di uomini, perché è vero che è bravo a saltare di qua e di là, ma se ogni volta sei da solo hai già fatto mezza volata e poi le gambe per l’altra mezza? La mia preoccupazione è che non so se in Ineos Grenadiers gli diano due uomini o comunque lo spazio necessario».
«Cosa mi piace di lui? Che a 33 anni ha ancora una grossa determinazione. Correre su pista e su strada a quel livello è difficilissimo. Ha qualche stagione per fare ancora bene».
Tour de France 2022, Alberto Dainese (in maglia nera) tra i giganti: Sagan, Van Aert e Groenewegen. Alberto può crescere moltoTour de France 2022, Alberto Dainese (in maglia nera) tra i giganti: Sagan, Van Aert e Groenewegen. Alberto può crescere molto
Speranza Dainese
E veniamo ad Alberto Dainese. Complice forse la sua giovane età, Leoni si accende. L’atleta della DSM è quello più in rampa di lancio se vogliamo…
«Tra quelli nominati – prosegue Leoni – è quello che lascia più speranza. E’ un bravo ragazzino ed è veneto come me! Dovrebbe trovare una squadra a sua disposizione, sarebbe il massimo. Perché vedo che spesso è troppo indietro quando viene lanciato lo sprint. Non può sempre consumarsi per rimontare… e finire quarto, per dire. Ai 250 metri lui è 12°-13°, quando dovrebbe essere 6°-7°. Al Giro d’Italia gli ha dato una mano anche Bardet, che per carità è anche bravo, ma è uno scalatore. Lì ci serve uno sprinter forte quasi quanto te che sei il leader. Uno che sappia spingere bene il rapporto specie con le velocità (e i rapporti stessi) che ci sono oggi. Per me se lo merita, la sua gavetta Alberto l’ha fatta».
«Dainese è esplosivo. Può fare anche una volata di 180 metri. Ma poi queste sono analisi che lasciano il tempo che trovano. Ogni volata è diversa dalle altre. Magari c’è una curva ai 300 metri oppure si arriva velocissimi da un rettilineo di 1.500 metri… come quelle che preferivo io».
Consonni, che sa destreggiarsi benissimo in gruppo, potrebbe essere un ottimo apripista per EndrioConsonni, che sa destreggiarsi benissimo in gruppo, potrebbe essere un ottimo apripista per Endrio
Consonni, apripista?
La lista dell’ex sprinter veneziano si chiude con Simone Consonni.
«Simone – va avanti Leoni – è un gran bell’atleta, però io lo vedo più come velocista d’appoggio. In quel ruolo è ottimo… chiaramente se lui è mentalmente disposto a farlo. Può dire la sua in tante occasioni ma è un piazzato. In più tiene bene sulle salitelle».
«Per me Simone dovrebbe trovarsi un velocista di quelli super: uno Jakobsen, un Groenewegen, per dirigere il loro treno. Perché poi è la cosa più difficile quel ruolo, serve un’intelligenza tattica superiore e al tempo stesso bisogna essere fortissimi: qualità che lui ha. Potrebbe essere un Martinello, un Lombardi. Ecco, Giovanni non era super potente, ma era il più intelligente».
Milan ha vinto ieri al Saudi Tour, per lui volata tutta alle transenne. Jonathan è un mostro di wattMareczko è forse il velocista italiano più puro. Ma per questa figura, come per lo scalatore puro, si profilano tempi difficiliMilan ha vinto ieri al Saudi Tour, per lui volata tutta alle transenne. Jonathan è un mostro di wattMareczko è il velocista italiano più cristallino. Ma per questa figura, come per lo scalatore puro, si profilano tempi difficili
«Siamo nella schiera dei piazzati – spiega Leoni – Mareczko è il più sprinter di tutti, anche di quelli nominati prima, ma va bene per le corse più piccole. Io lo seguo da tempo. Da giovane pensavo: “Però, bravo questo ragazzo”. Ma evidentemente non è facile adattarsi tra i pro’».
«Sì, poi ci sono nomi come Trentin o Pasqualon, ma non sono dei velocisti. Sono corridori velocissimi. Anche Pantani era veloce e se si buttava in volata faceva decimo. Ma un conto è lottare tra i primi tre e un conto è farlo per il decimo posto. E’ un altro lavoro, un altro sport, cambiano le velocità, cambiano i watt. Ce ne sono 200 in meno. Un conto è fare lo sprint di testa a 1.600 watt e un conto è farne 1.400 a ruota.
«Semmai aspettiamo i giovani, come Milan ieri. Jonathan lo conosco bene. E’ un 2000, correva con mio figlio. E’ veloce, alto, potente… speriamo che possa trovare lo spazio giusto in quella squadra».
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Alberto Dainese è un classe 1998 e lo scorso anno quando aveva 24 anni si è sciroppato Giro d’Italia e Tour de France. Ora si appresta ad iniziare la sua quarta stagione da pro’. Giovane quindi, ma già “esperto”.
Un grosso impegno, ma il corridore della Dsm i due Giri non solo li ha fatti, ma li ha conclusi bene e nelle 42 tappe complessive è anche riuscito ad alzare le braccia al cielo.
La vittoria al Giro di Dainese. Il veneto tra inizio Giro e fine Tour ha inanellato 47 giorni di gara su 85La vittoria al Giro di Dainese. Il veneto tra inizio Giro e fine Tour ha inanellato 47 giorni di gara su 85
Alberto, il cittì Daniele Bennati ha detto che alla tua età fare due grandi Giri nella stessa stagione è un po’ troppo, tanto più ravvicinati come Giro e Tour, e alla fine sei arrivato stanco all’europeo. Cosa ne pensi?
L’ha detto prima o dopo del Tour?! In effetti è stato parecchio nel suo insieme, soprattutto perché tra Giro e Tour ho fatto anche il Giro del Belgio. E si è fatto sentire, ma è stata un’esperienza anche quella. Più dura di così non si poteva fare!
E come ti sei sentito?
E’ andata bene al Giro e un po’ meno al Tour, perché ero un po’ stanco e affaticato. Anche se devo dire che nell’ultima settimana le cose sono andate meglio.Ho colto un terzo posto. E tirando le somme posso dire che è stato giusto farle entrambe.
Andare bene alla “sesta” settimana, significa molto. Piuttosto, perché nel mezzo hai fatto anche il Belgio? Il Tour forse non era nei programmi?
Diciamo di no. Non me lo hanno comunicato proprio all’ultimo momento, ma inizialmente non dovevo fare il Tour. La decisione è arrivata nel mezzo. E quando me lo hanno detto sono rimasto un po’ così… L’ho presa come allenamento!
Alberto Dainese (a sinistra) con Milesi durante l’intervista via web Alberto Dainese (a sinistra) con Milesi durante l’intervista via web
Si dice che i grandi Giri, specie ai giovani, facciano aumentare la cilindrata, a te questa immensa mole di lavoro ha lasciato qualcosa in più?
Ho fatto esperienza in tutti e tre i grandi Giri e ormai so più o meno cosa mi aspetta in quello successivo. Ora non so ancora i programmi di quest’anno, se ne farò uno, nessuno o tutti e tre, di certo è stato un bell’aiuto fisico e non solo. Ho acquisito un bel bagaglio di esperienza.
E rispetto al Dainese dell’anno scorso, in questi primi allenamenti ti senti più forte?
Un po’ sì, sento di stare meglio. Poi mi alleno con “l’individuo” qui a fianco (il riferimento è a Milesi, ndr) e in salita mi tira il collo. Sento più consapevolezza nei miei mezzi e poi è una maturazione naturale immagino, con l’età che va avanti. Ma credo conti anche l’esperienza in generale: il preparasi meglio, il saper mangiare… e in questo i grandi Giro ti aiutano un sacco. Anche perché devi organizzarti e capisci che non puoi sgarrare.
Dopo la tua bella stagione ti hanno affidato un uomo di riferimento? Hai anche tu il Guarnieri della situazione?
In Dsm stanno investendo più sul creare un gruppo per la volata che su un uomo singolo, in questo modo quando si va alle corse e qualcuno non c’è, tutti sanno cosa devono fare… Però è arrivato AlexEdmondson dalla BikeExchange–Jayco e penso sia stato un buon acquisto perché lui tirava le volate a Gronewegen e sa bene come muoversi negli ultimi chilometri. Ha esperienza e questa serve soprattutto con noi che siamo giovani. Pensate che io sono il dodicesimo corridore più vecchio in squadra e non ho ancora 25 anni.
In ritiro Dainese e compagni hanno provato diverse volate (immagine da Instagram)In ritiro Dainese e compagni hanno provato diverse volate (immagine da Instagram)
State provando anche i treni?
Sì, abbiamo fatto delle prove, ma non solo per le posizioni, anche per tornare a stimolare le alte intensità, le alte velocità. Magari dopo l’inverno ti manca qualcosa… ma questa è anche la parte più divertente dei ritiri! C’è una valle in Spagna dove facciamo questi sprint… Certo, in gara è totalmente diverso, visto che ci sono 180 corridori che cercano di fare lo stesso, ma serve.
E sui materiali?
Già prima del Tour mi avevano dato la Scott Foil, che è la bici che adesso abbiamo tutti, e già quello era stato un netto miglioramento, soprattutto per le volate. Poi quest’inverno, come tutti, ho cambiato sella e manubrio grazie all’arrivo di Syncros. Sono riuscito ad allungarmi un bel po’, due centimetri, mentre ho mantenuto la piega da 42 centimetri: ho le spalle larghe.
Un altro incontro con Roche, questa volta parlando di biciclette. La bici da gara con ruote alte è solo per grandi “manici”. E Bardet lo prende in giro...
Approfondiamo con Alberto Dainese la Scott Addict RC del Team DSM. Ruote e gruppo Shimano Dura Ace. Leggera e reattiva per le salite, ottima anche in volata
Settimana tipo del velocista, anzi dei velocisti. Questa volta ve ne proponiamo due Alberto Dainese e Luca Mozzato. Li abbiamo messi insieme in una divertente videochiamata su WhatsApp e i due sprinter veneti ci hanno raccontato come vivono queste settimane di dicembre.
Dainese parte oggi per la Spagna con la sua Dsm, mentre Mozzato resta ad allenarsi a casa, anche perché i programmi della B&B Hotels-KTM in questo momento non sono chiarissimi come si è visto. I due classe 1998 sono amici e sono stati anche compagni in nazionale agli ultimi europei.
Mozzato (a sinistra) e Dainese (a destra) nella chiamata a tre su WhatsApp…Mozzato (sopra) e Dainese (sotto) nella chiamata a tre su WhatsApp…
Ragazzi, prima di tutto come state in questo momento?
DAINESE: «Io sicuramente peggio di lui! In realtà forse sono un po’ più avanti perché ho avuto un’incidente il 31 agosto, ho fatto un mese di riabilitazione a settembre e quindi già dal 1° ottobre ero in bici. Ho iniziato quando gli altri erano ancora in vacanza».
MOZZATO: «No peggio io! Ho appena ricominciato a pedalare. Questa è la seconda settimana di allenamenti, la condizione è molto lontana da quella ideale. Ma credo di essere in linea col periodo».
Partiamo dalla sveglia. A che ora vi svegliate?
DAINESE: «Io alle 7 comincio a tirarmi su…. Mentre posso dirvi che “Moz” fino alle 9,30 non risponde al telefono!».
MOZZATO: «Vero! Le 9,30 sono il mio limite, ma ogni tanto mi sveglio anche prima».
A che ora fate colazione?
MOZZATO: «Abitiamo anche relativamente vicini, 35-40 chilometri, e quindi capita di allenarci insieme. E svegliandomi tardi poi sono costretto a fare tutte le cose di corsa. Il tempo dalla sveglia a quello in cui sono in bici è veramente breve. Fra sveglia, colazione e preparativi faccio tutto in 40-45′. Prima delle 10 è raro che esca».
DAINESE: «Appena mi sveglio faccio subito la colazione. Esco prima di Luca. Però me la prendo un po’ più comoda. Faccio una colazione abbondante e dopo un’oretta parto, di solito alle 9,30».
Tappa del pavè al Tour. Si vede in primo piano Mozzato e alle sue spalle, nella polvere, DaineseTappa del pavè al Tour. Si vede in primo piano Mozzato e alle sue spalle, nella polvere, Dainese
Come vi vestite ora che fa un po’ più freddo?
DAINESE: «Pesante: calzamaglia, puntali e magari sopra al puntale metto anche un copriscarpe aerodinamico, così… Un po’ per lo sporco e anche perché “fa più bello”! Poi maglia termica e primaverile o invernale a seconda dalla giornata».
MOZZATO: «Mi vesto un po’ meno perché il freddo non lo soffro tanto. Se mi vesto troppo tendo a sudare. Magari parto con una maglia termica corta, un giubbino primaverile e poi a seconda della giornata la gabba o uno smanicato».
Uscite tutti i giorni o alternate con la palestra?
MOZZATO: «Si prova a fare qualcosa a tutti i giorni, poi dipende anche dal tempo. Al momento sono su “mini blocchi” di lavoro in bici di due o tre giorni consecutivi e poi il giorno dello “scarico” vado in palestra. Quindi in una settimana faccio cinque uscite in bici e due di palestra».
DAINESE:«Io faccio triplette e di solito la palestra la metto nel giorno che ho le partenze da fermo, quindi intorno alle tre ore. In palestra ci vado dopo la bici. Però nel giorno di recupero, faccio un’ora di bici o anche meno».
Per Mozzato un’ottima stagione. Nessuna vittoria ma grande costanza di rendimento ad alti livelliDainese è cresciuto molto nel 2022. Per lui la perla della vittoria al GiroPer Mozzato un’ottima stagione. Nessuna vittoria ma grande costanza di rendimento ad alti livelliDainese è cresciuto molto nel 2022. Per lui la perla della vittoria al Giro
Facciamo una settimana tipo: lunedì, martedì, mercoledì…
MOZZATO: «Due ore e mezza il primo giorno e mezz’ora in più quello successivo. Il mercoledì non tocco la bici e faccio palestra per un paio di ore. Giovedì, venerdì e sabato altre uscite in bici. Uscite che a seconda del meteo possono anche andare a decrescere. La domenica vado in palestra».
DAINESE: «Faccio delle triplette. E bene o male sia in questo periodo che in stagione faccio già 3-4-5 ore a salire, o 3-5-3. Faccio palestra nel giorno delle tre ore. Quindi recupero e via con un’altra tripletta».
Quali sono i tre esercizi che più fate in palestra?
MOZZATO: «Tantissimo squat, stacchi e addominali».
DAINESE: «Squat, stacchi da terra (anche step up, dal cubo) e bulgarian».
Quante volate fate il giorno dell’allenamento esplosivo, se così possiamo dire? Sempre in questo periodo…
DAINESE: «Io sono un po anomalo, perché il mio mese di stop è stato anticipato e quindi sono più avanti. Non dico che sono in condizione, ma quasi. Il giorno delle tre ore faccio tre serie con quattro partenze da fermo ciascuna. Poi capita invece che in un altro giorno della tripletta faccio delle volate ad alta cadenza o sprint lunghi da 20”. Mi è capitato già di fare 6×20”: era novembre e di solito è presto per certi lavori».
MOZZATO: «Per me è molto più semplice, visto che al momento di volate non ho ancora fatta una! Sono nella fase della base».
Quando fate la volata in allenamento cosa non deve assolutamente mancare? Un cartello da vedere, lo sguardo sul computerino, la musica a tutto volume nelle orecchie…
MOZZATO: «Per me non deve mancare il punto d’arrivo che può essere un cartello, un palo… Cerco di regolarmi in base alla durata della volata, ma preferisco avere una “linea d’arrivo”. Mi motiva di più».
DAINESE: «A me piace tanto, e ho cominciato da quest’anno più che gli anni scorsi, fare dietro moto su strada e lanciarmi proprio a tutta, ai 70 all’ora e fare la volata più lunga possibile fino al cartello che mi fisso io. C’è quel momento che sei già sfinito dietro la moto e dici: “Dai ora, spingi”».
Mozzato (in foto) ha detto che tollera bene il freddo. Dainese invece si veste di piùMozzato (in foto) ha detto che tollera bene il freddo. Dainese invece si veste di più
Quando vi allenate insieme fate mai la volata?
MOZZATO: «Ho perso le speranze!
DAINESE: «Abbiamo abbandonato le volate insieme qualche anno fa».
MOZZATO: «Lui è più esplosivo di me e ogni volta mi toglie di ruota. Quindi ho detto: “Meglio lasciare perdere”».
DAINESE: «Ma non è vero. Il fatto è che stando sempre in viaggio, quest’anno avremmo fatto dieci allenamenti insieme».
Con il peso come è messo il velocista in questo periodo?
MOZZATO: «Io discretamente male! Scherzi a parte, rispetto al peso forma dovrei essere 2-3 chili sopra. Il peso è stato un po’ la mia croce in questi anni. Anche per questo sto cercando di mettere ore nelle gambe con il fondo lento e faccio poche volate».
DAINESE: «Io benino, qualcosa ho preso, ma non so neanche bene definire quanto: un chiletto e mezzo…».
Oggi il velocista deve andare forte anche in salita. E’ un aspetto che già state curando?
DAINESE: «Sì, anche se io non faccio lavori specifici, almeno adesso, per la salita. Nel giorno delle 5 ore cerco di farne abbastanza, anche in Z2 o Z3 bassa. Magari ci butto dentro un cambio cadenza».
MOZZATO: «Discorso simile anche per me. I lavori specifici non sono ancora stati fatti. Arriveranno coi ritiri e con le temperature più calde. Però le salite vanno inserite il più possibile, dovendo portare la bici in cima è un allenamento che serve sempre di più. Ripide corte, lunghe, facili… bisogna farle».
Dainese è partito oggi per il ritiro con la squadra, qui in una foto (Instagram) dell’anno scorso. Mozzato si allena a casa inveceDainese è partito oggi per il ritiro con la squadra, qui in una foto (Instagram) dell’anno scorso. Mozzato si allena a casa invece
Passiamo alla parte alimentare. A colazione cosa mangiate?
MOZZATO: «Con il discorso peso, in questo periodo provo a stare più leggero possibile. Cerco di limitare i carboidrati o gli alimenti che durante la stagione vengono usati di più, come avena, pane… Prediligo una colazione più proteica. E anche in bici: invece di mangiare ogni mezz’ora, come sarebbe giusto fare, mangio una volta all’ora. E nella borraccia metto le proteine anziché le maltodestrine. Prima di partire prendo un po’ di caffè…».
DAINESE: (ride, ndr) «Un po’: lui si fa la moka da sei!».
MOZZATO: «Serve grinta per uscire di casa!».
DAINESE: «Io insisto ancora sui carboidrati. Non ho cambiato molto l’alimentazione rispetto alla stagione vera e propria, anche perché una ventina di ore settimanali le faccio comunque. Non devo perdere tanto peso. Mi piace variare quindi posso farmi porridge, pancakes o l’omelette col pane… O tutti e tre! Mi piace fare la colazione abbondante, soprattutto il giorno della distanza. Magari sono un po’ ingolfato nelle prime ore, ma poi la gamba è bella piena».
Quindi tornate dall’allenamento e pranzate sempre o se fate la distanza lo saltate?
MOZZATO: «Soprattutto in questo periodo non penso di aver mai saltato il pranzo. Magari capita più in là o in altura. In quel caso fai tante tante ore, arrivi verso le quattro, mangi un frutto, un po’ di proteine e arrivi a cena. Adesso invece pranzo con una porzione di carboidrati, una di proteine e un frutto».
DAINESE: «Più o meno uguale. Anche se questo mese mi è già capitato di essere tornato che faceva quasi buio e tirare a cena mangiando più leggero. Comunque quando pranzo prendo sempre un po’ di carboidrati. Quando c’è la distanza e arrivo ad orari “strani”, tipo le 15,30, non ho una gran voglia di pasta, mangio qualcos’altro. Anche per questo preferisco partire un po’ prima, specialmente quando ho la palestra al pomeriggio: cerco di stare a casa per mezzogiorno».
Alternanza delle proteine ed omega-3, contentuti nel salmone, sono cardini per entrambiAlternanza delle proteine ed omega-3, contentuti nel salmone, sono cardini per entrambi
A cena cosa mangiate?
MOZZATO: «Io provo a variare il più possibile le proteine. Se a pranzo ho preso il pollo, la sera mangio del pesce, della carne rossa o delle uova… Può capitare che faccia una porzione ridotta di carne o pesce e magari inserisca dei legumi».
DAINESE: «Molto simile a Luca. Cerco anche di evitare troppa carne. In qualche pasto (soprattutto a pranzo) sostituisco la carne con dello yogurt greco».
E il dolcetto post cena?
DAINESE: «Penso che siamo amanti entrambi del dolcetto!».
MOZZATO: «E’ il mio punto debole! Come sempre dipende anche dal periodo. Quando so che devo limare sul peso, in casa non ne tengo, così sono obbligato a non mangiarne».
DAINESE: «Io sono un po’ più permissivo con me stesso. Alla fine conta l’introito calorico e se voglio il dolce limo su qualcos’altro».
Integratori: in questo periodo il velocista ne fa uso?
MOZZATO: «Quando ho staccato… ho staccato anche con gli integratori. Invece adesso cerco d’introdurre le cose di cui solitamente sono carente, quindi: vitamina D, ferro, Omega-3… Più che altro perché ogni volta che faccio le analisi sono un disastro!».
DAINESE: «Come squadra abbiamo la linea guida di doverli prendere tutto l’anno. E sono tre in particolare: omega-3, probiotici e vitamina D. Ma nel mese di stacco li ho evitati anche io. Quando sono tornato in bici ho ripreso a prenderli».
E' tornato a casa da Copenhagen con un tampone positivo in valigia. Giorni duri per Battistella, iniziati col podio al tricolore. Ma il veneto è ripartito
Da un post su Facebook di Angelo Furlan, un viaggio nella testa del velocista. L'adrenalina. Gli occhi dietro. Gli avversari. La bestia che rimane dentro
Dopo un paio d’ore di bici a ragionarci su, Bennati si fa vivo al telefono. Gli abbiamo chiesto di parlare delle imprese 2022 che gli sono rimaste negli occhi e il tecnico azzurro si presenta puntuale all’appuntamento con il suo elenco, anticipato nel frattempo con un messaggio.
Il finale di stagione è popolato di famiglia, alcuni impegni ufficiali, qualche pranzo con gli amici di sempre e la bici. A breve a Milano si farà un punto della situazione e poi sarà tempo di programmare il 2023.
Strade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistataStrade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistata
«Ero lì a vederla – racconta Bennati – con l’auto nel vivo della corsa. E’ stata un’impresa che solo lui poteva fare, una distanza esagerata. Solo lui o magari Evenepoel. Sono azioni che ti vengono perché non ti rendi conto, a me non è mai capitato. Ti viene da pensare che quelli dietro non andassero così forte e magari è vero che inizialmente, visto anche il vento, non lo hanno inseguito tanto forte.
«Non è stata un’azione come quella di Van der Poel alla Tirreno dell’anno precedente, perché quella volta fu proprio Tadej a voler bene all’olandese. Van der Poel ha dei fuorigiri impressionanti, ma non è tanto calcolatore. Pogacar invece difficilmente sbaglia. Credo però che certe imprese saranno sempre più difficili da fare. Le prime volte chi insegue calcola male i tempi, adesso invece li tieni a tiro e non lasci tanto spazio. C’è da dire che i 184 chilometri di gara della Strade Bianche hanno aiutato, fossero stati 250 forse sarebbe stato diverso».
Sanremo, 19 marzo: Matej Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la ClassicissimaSanremo, 19 marzo: Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la Classicissima
La Sanremo di Mohoric
La Sanremo di Mohoric è la seconda impresa del 2022 che Bennati ha messo in memoria, colpito dalla lucidità e dalla forza dello sloveno.
«L’idea di usare il reggisella telescopico – dice il toscano – è stata geniale, però magari avrebbe vinto lo stesso. Non credo che abbia fatto la grande differenza grazie a questo. Ha vinto perché oltre a essersi preso dei grandi rischi, aveva anche tante gambe. Per vincere non poteva che fare a quel modo. Tirare le curve al limite e poi spingere forte. Lui usa abitualmente il 55 o il 56 anche su strada…
«Non è stata una vittoria come quella di Nibali del 2018, perché Vincenzo si era avvantaggiato in salita, con un’impresa di quelle che si vedevano vent’anni fa. Mohoric sapeva che l’unica soluzione era attaccare nella discesa del Poggio, perché non ha la sparata di Vincenzo. Ha scelto il momento. Ha rischiato due volte di cadere. Una volta ha preso una canaletta di scolo e se fosse caduto nell’ultima curva, non so come sarebbe finita. Ma evidentemente era scritto che la Sanremo dovesse finire così».
Reggio Emilia, Dainese vince l’11ª tappa del Giro d’ItaliaIl giorno dopo a Genova vince Oldani, battendo RotaCogne, 22 maggio: questa volta la vittoria sorride a CicconeE per finire c’è Covi che doma il Passo Fedaia: è il 28 maggioReggio Emilia, Dainese vince l’11ª tappa del Giro d’ItaliaIl giorno dopo a Genova vince Oldani, battendo RotaCogne, 22 maggio: questa volta la vittoria sorride a CicconeE per finire c’è Covi che doma il Passo Fedaia: è il 28 maggio
I quattro italiani del Giro
La terza tappa di questo viaggio nella stagione secondo il “Benna” è composta dalle vittorie di tappa italiane al Giro d’Italia, proprio nel momento in cui si sparava a zero sul ciclismo italiano.
«Visto che non avevamo ancora centrato grossi successi – dice Bennati – sono state quattro vittorie importanti. La prima, quella di Dainese un po’ a sorpresa, ha dato l’attacco. Poi è venuto Oldani, che ha battuto Rota a Genova. Quindi Ciccone a Cogne e Covi sul Fedaia. Da tifoso, mi hanno colpito tutte. Da commissario tecnico, alla vigilia di un europeo veloce come quello di Monaco, la vittoria di Dainese è stata una bella boccata di ossigeno. Certo, anche lui deve fare un salto di qualità per dare delle garanzie, ma la sua vittoria è stata una bella cosa».
Così Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugnoCosì Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugno
Il tricolore di Zana
Il quarto momento è la vittoria di Zana al campionato italiano, anche se il vincitore non era ancora un grosso nome.
«E’ giusto parlarne – dice Bennati – perché la maglia tricolore merita considerazione, allo stesso modo in cui è stato giusto portarlo al mondiale. Filippo era un po’ in calo, ma la corsa che ha vinto è stata bella e importante. Il prossimo anno passa in una WorldTour e deve fare uno step importante in avanti, per capire dove potrà arrivare. Spero che possa fare il Giro e far vedere la maglia tricolore».
La vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suoLa vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suo
Il Tour di Vingegaard
Il Tour di Vingegaard rientra tra i fuori programma meno attesi. «Tutti si aspettavano Pogacar – dice Bennati – invece è stato un bel Tour. Combattuto con tattiche non sempre comprensibili. Penso all’ultima crono di Vingegaard, che forse avrebbe potuto alzare il piede dall’acceleratore e invece stava per finire contro un muro. A volte fare due calcoli può essere utile. Se Pogacar non fosse andato alla caccia di ogni traguardo, avrebbe vinto nuovamente lui. Ma di una cosa sono certo, della sconfitta del 2022 faranno le spese i suoi avversari il prossimo anno.
«Comunque Vingegaard è stato bravo a restare sempre coperto nella prima settimana, non l’hai mai visto. E aveva accanto la Jumbo Visma che ha sempre creduto in lui, presentandosi con un organico impressionante».
Wollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciatoWollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciato
Il mondiale di Evenepoel
Il mondiale di Evenepoel è la sesta finestra di Bennati sul 2022 e questa volta il discorso si fa personale, dato che a lottare per lo stesso traguardo c’erano anche i nostri.
«La cosa sorprendente – dice Bennati – è che tutti sapevano quello che avrebbe fatto, cioè partire da lontano. Remco ha sfruttato tutto nei minimi dettagli ed è un peccato che Rota non gli stesse attaccato, perché aveva la gamba giusta per rimanere con lui. Quando ha provato a inseguirlo all’ultimo passaggio sotto il traguardo, gli era arrivato a 50 metri poi ha dovuto rialzarsi. Magari Remco lo avrebbe staccato al giro successivo, perché mettendosi al suo livello lui ti logora. Infatti secondo me Lutsenko ha sbagliato ad aiutarlo, ma se Rota fosse andato con loro, almeno il podio era assicurato.
«Dopo un po’ ho smesso di pensarci. Ho fatto tesoro del buono e messo via quel che non serve. In proporzione, ci ho messo più tempo a dimenticare i mondiali di Doha…».
Grenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemonteseGrenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemontese
L’Ora di Ganna
Si chiude con il record dell’Ora di Ganna, che Bennati non ha potuto seguire per l’influenza. Il cittì aveva visto Pippo partire dall’Australia alla volta dell’Europa e del tentativo di Grenchen.
«Nonostante tutto quello che era stato detto alla vigilia – racconta – ero sicuro che ce l’avrebbe fatta. E’ stato un avvenimento importante e per lui il coronamento di un sogno. Dopo la delusione del mondiale, ha dimostrato carattere da grande campione».
E' l'anno d'oro del ciclismo piemontese, che ha fatto incetta di maglie tricolori e vittorie. Ne parla Marco Della Vedova, che tanti li ha visti crescere
La prima nazionale di Bennati. Niente a che vedere con quelle pur vittoriose del Giro di Sicilia, della Coppi e Bartali o della Adriatica Ionica Race. La prima nazionale con una maglia in palio: quella di campione europeo. Quella che è stata italiana ininterrottamente dal 2018 al 2022 con Trentin, Viviani, Nizzolo e Colbrelli. Più da perdere che da guadagnare. Appuntamento domenica prossima a Monaco di Baviera. E forse anche per questo la prima nazionale di Bennati è composta da una banda di assaltatori. Nessuno che sia disposto a tirare per tutto il giorno: il piano è un altro.
Per il ruolo di ultimo uomo, Bennati ha scelto Guarnieri: pesce pilota di DemarePer il ruolo di ultimo uomo, Bennati ha scelto Guarnieri: pesce pilota di Demare
Più punte che operai
Dainese, Ganna, Trentin, Milan, Nizzolo, Mozzato, Guarnieri, Baroncini. Questi i nomi, con evidente assenza di gregari nel senso stretto e il rammarico di Cimolai, che giusto un paio di giorni fa raccontava la sua delusione per essere rimasto fuori. In un primo momento era rimasto fuori anche Viviani, per il quale il cittì aretino aveva tenuto la porta aperta.
«Eravamo d’accordo – racconta Bennati – che ci saremmo aggiornati alla fine del Polonia. Ci siamo risentiti ed è stato bravo. Ha capito la situazione e ha fatto un passo indietro (in realtà Viviani è tornato in ballo dopo il forfait dell’ultima ora di Nizzolo, in seguito ai postumi di una caduta, ndr).
Tre velocisti puri. Un ultimo uomo come Guarnieri, chi tira?
Non noi dobbiamo lavorare. Ho scelto di non portare uomini di sostanza come Puccio o De Marchi, per fare un esempio. Avrei portato volentieri Affini, ma dato che farà la Vuelta, la squadra non gli ha dato la possibilità di partecipare.
Ganna e Milan non sono stati chiamati per tirare, ma se servisse, hanno motori impressionantiGanna e Milan non sono stati chiamati per tirare, ma se servisse, hanno motori impressionanti
Ti aspetti una gara cucita o un fuoco di artificio dietro l’altro?
Mi aspetto una corsa cucita, ma per il tipo di squadra che abbiamo, saremo pronti anche a gestire situazioni impreviste. Non è per mettere le mani avanti, ma non possiamo lavorare per tutti. So però che quando arriveremo in fondo, la volata la farà uno solo.
Viene da pensare alla nazionale di Doha, piena di velocisti…
Avevo pensato di portarne uno solo. Poi ho valutato che Dainese è giovane e ha già fatto 78 giorni di gara, fra cui Giro e Tour. C’era bisogno di un’alternativa, per cui abbiamo altri uomini capaci di fare delle buone volate. Anche Milan, con il punto interrogativo di come si muoverebbe nelle mischie.
Luca Mozzato, debuttante in azzurro da pro’, è molto veloce e potrebbe entrare nelle eventuali fugheLuca Mozzato, debuttante in azzurro da pro’, è molto veloce e potrebbe entrare nelle eventuali fughe
E’ stato brutto fare le esclusioni?
Fare le telefonate per dare belle notizie è più facile di quelle in cui ne dai di brutte. Vorresti farli correre tutti, mi è dispiaciuto molto non poterlo fare. L’importante è trovare motivazioni valide per le scelte che fai.
Quali hai trovato?
Pasqualon era nei 12 e avrebbe meritato, come pure Cimolai. Tutta gente abituata a fare lavoro da ultimo uomo, ma avendo voluto portare Ganna e Milan, ho dovuto sacrificarli. D’altra parte come lanciatore abbiamo Guarnieri. Jacopo svolge questo ruolo da sempre e dà più garanzie di Pasqualon, che pure sta facendo ottime cose con Kristoff.
Dainese ha vinto una tappa al Giro e lottato con i migliori al Tour. E’ stato campione europeo U23 nel 2019Dainese ha vinto una tappa al Giro e lottato con i migliori al Tour. E’ stato campione europeo U23 nel 2019
E se la corsa fosse esplosiva?
Ho chiesto a Baroncini e Mozzato di essere pronti per qualsiasi evenienza, per ogni tipo di ruolo. Baroncini potrebbe chiudere un buco, ma anche propiziarlo. E’ un ragazzo intelligente, ha capito l’occasione che gli è stata offerta.
Che cosa farà Trentin?
Matteo può svolgere qualsiasi ruolo: leader come pure regista. Può essere il jolly, può gestire la squadra. E’ una figura importante. Con lui in corsa, mi sento più tranquillo.
Presentati a Milano gli europei di Trento. Nel dibattito successivo, acuta osservazione di Simoni sulle lunghezze di gara. E poi il trentino ha attaccato
Groenewegen, Van Aert, Philipsen e Sagan. Settimo Dainese. La terza tappa del Tour si è snodata in una cornice di pubblico pazzesca, ma già stasera i corridori hanno lasciato la Danimarca alla volta della Francia. In lacrime davanti ai giornalisti, il vincitore di giornata si racconta così.
«E’ stata una lunga strada – dice Groenewegen, il giorno dopo parole simili di Jakobsen – voglio ringraziare la mia squadra, la mia famiglia e i miei amici per avermi riportato al Tour in buona forma. Fisicamente il ritorno non è stato difficile, mentalmente potete immaginarlo. Questa vittoria è per mia moglie e mio figlio, con cui ho passato il tempo dopo tutto quello che è successo. Questo successo significa molto per me».
La Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passioneLa Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passione
Il gruppo compressore
Fatto salvo Magnus Cort in fuga per tutto il giorno, il gruppo prima ha lasciato fare e poi si è messo a divorare chilometri, largo come un rullo compressore, occupando tutta la strada. Modo cervellotico e rischioso di avanzare. Basta una sbandata e si cade, cosa che puntualmente accade. Questa volta a 7 chilometri dall’arrivo ne hanno fatto le spese con 39 secondi di passivo Jack Haig, Guillaume Martin e Uran. Ma nessun leader vuole rimanere senza compagni attorno e così la testa del plotone si allarga e non molla un centimetro. Quello più smaliziato è Pogacar, che magari capisce l’inutilità di formare gruppi nel gruppo e finora se l’è sempre cavata da solo.
Si marcia per file parallele. Qui Trek-Segafredo e Groupama, non si molla un centimetro
Coreografie, tifosi, entusiasmo. Il Tour smuove folle variopinte
Magnus Cort, danese, è l’eroe del giorno. Tutta la tappa in fuga, si è goduto il suo pubblico
Sulle pulegge Ceramic Speed della Intermarché-Wanty la placca aerodinamica celebra la Danimarca
Si marcia per file parallele. Qui Trek-Segafredo e Groupama, non si molla un centimetro
Coreografie, tifosi, entusiasmo. Il Tour smuove folle variopinte
Magnus Cort, danese, è l’eroe del giorno. Tutta la tappa in fuga, si è goduto il suo pubblico
Sulle pulegge Ceramic Speed della Intermarché-Wanty la placca aerodinamica celebra la Danimarca
Lo show (inutile) di Van der Poel
Poi a circa tre chilometri dalla fine, fuoco e fiamme. Comincia Van der Poel, che mette in mostra i muscoli a fondo perduto. Nel senso che strina il gruppo per 700 metri e poi si sposta, lasciando i compagni a vedersela con la maggior solidità della Quick Step. Solo che questa volta Morkov è solo e deve spostarsi, lasciando via libera a Van Aert, Sagan, Groenewegen e Philipsen, bravo a rimanere a galla. E poi settimo, a margine degli… scambi di vedute fra Sagan a Van Aert, arriva Dainese, debuttante del Tour. E questa, dopo il nono posto di Mozzato nella tappa di ieri, è una notizia.
Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.
Dainese cresce
Ieri era caduto assieme a Mozzato sul ponte a 25 chilometri dall’arrivo, ma a lui era andata peggio rispetto al vicentino. Figurarsi, sono entrambi del 1998 e dopo una carriera spalla a spalla nelle categorie giovanili, ritrovarsi al Tour, a condividere il debutto e i rischi della corsa, è qualcosa di speciale.
«Di 200 chilometri ce ne saranno stati 20 senza pubblico – sorride – mentre lo stress per tenere le posizioni non è mai venuto meno. E’ stata una giornata un po’ più rilassata rispetto a ieri, ma in finale è tornato il caos. Eravamo insieme a tutta la squadra e i ragazzi hanno corso molto bene. Negli ultimi chilometri siamo stati sempre davanti ed abbiamo evitato le cadute, quindi è stato un buon lavoro. Bardet, Degenkolb ed Eekhoff mi hanno portato in una buona posizione nell’ultima curva.
Il periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia GroenewegenIl periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia Groenewegen
«Poi ho aspettato un po’ troppo dietro Jakobsen – precisa – ma siamo rimasti chiusi a destra. Così non ho potuto realmente fare il mio sprint. Ma le sensazioni sono state buone, considerano le botte di ieri. Peccato per gli ultimi 200 metri, ma la prossima volta cercherò un risultato migliore. La volata davanti? Van Aert ha deviato un pochino, ma nei limiti…».
Sagan-Van Aert, déjà vu
Non è la prima volta che Sagan e Van Aert si scontrano al Tour de France. Nell’undicesima tappa del Tour 2020, a Poitiers, Van Aert fu toccato da Sagan, che poi venne declassato. La tappa andò a Caleb Ewan e quella volta fu il belga a… celebrare lo slovacco, ma con il dito medio.
«Ero in una posizione molto buona – dice questa volta Sagan – ma sono stato fermato. Quei movimenti di Van Aert sono stati brutti. Quel dito era destinato anche a lui, lo sa bene. Dopo non c’è stato tempo per parlargli. Alla fine sono arrivato quarto, per adesso va bene».
Van Aert un po’ stringe, ma si avvede della presenza del rivale e si ferma. Sagan si appoggia
Sagan carico a mille. Van Aert un po’ ha stretto, lo slovacco l’ha presa male
Van Aert un po’ stringe, ma si avvede della presenza del rivale e si ferma. Sagan si appoggia
Sagan carico a mille. Van Aert un po’ ha stretto, lo slovacco l’ha presa male
Van Aert, per la terza volta consecutiva secondo, dice di non essersi reso conto di aver danneggiato Sagan e delle sue rimostranze.
«No, non mi sono sentito – dice la maglia gialla – come se stessi facendo qualcosa di sbagliato. Ho visto Peter superarmi dopo lo sprint. Ho visto che provava a dire qualcosa, ma a causa del rumore non sono riuscito a capirlo. Non mi ero accorto che si stesse lamentando. Non so cosa sia successo».
Qualcosa ci dice che la rivincita se la prenderanno nella tappa del pavé. Gli uomini del Nord ci stanno arrivando con il coltello fra i denti. Ma noi per oggi ci teniamo stretto il piazzamento di Dainese, come ieri quello di Mozzato. Le nuove leve avanzano. Magari un giorno diremo che bastava semplicemente aspettarli.
Mathieu Van der Poel si laurea campione del mondo di ciclocross. Attacca dall'inizio e mette Van Aert alle corde. Un vero show. Anche Van Aert applaude
Subito dopo la fine del Giro d’Italia e poco prima di correre quello del Belgio, ad Alberto Dainese hanno detto che avrebbe corso anche il Tour de France. Per il padovano di 24 anni, che l’anno scorso fu fatto debuttare alla Vuelta al secondo anno nella WorldTour, si tratta di una bella accelerazione.
«L’idea era venuta già alla fine del Giro – dice – ma certo è tutto un’incognita. La forma c’è, ma se non ho recuperato bene, il rischio è che dopo una settimana io possa calare. Vedremo, ormai ci siamo…».
Copenhagen ha accolto il Tour con uno sventolio di bandierine gialle e altre dei colori di tutte le maglie. Vedere bici nelle strade non è una notizia, vedere la Grand Depart del Tour de France è un’altra storia per la città che nel 2011 ospitò i mondiali vinti da Cavendish, rimasto a casa. Un velocista in meno con cui fare i conti, si potrebbe pensare parlando con Dainese, anche se il Tour è più grande dei suoi campioni e le difficoltà vengono dal suo ecosistema e non tanto dai pesci che vi nuotano dentro.
Copenhagen si è tinta dei colori del Tour. Stasera presentazione dei team, venerdì la crono e via…Copenhagen si è tinta dei colori del Tour. Stasera presentazione dei team, venerdì la crono e via…
Come è andato il Giro?
Rispetto alla Vuelta è stato più facile da gestire. Il gruppetto si formava con una logica e non c’era da diventare matti. Poi chiaramente dipende dalla condizione. Se hai gamba e riesci a non staccarti subito nei tapponi, allora gestisci bene. E io non ho mai avuto una vera crisi, per cui sono uscito stanco, ma non a pezzi.
Aver vinto una tappa cambia la consapevolezza?
Più che altro ti fa pensare che se ce l’hai fatta una volta, puoi riprovarci. Sarebbe stato bello anche vincere a Treviso, la tappa di casa, però me ne sono fatto presto una ragione.
La vittoria di Reggio Emilia ha dato a Dainese la percezione di poterlo fare ancoraLa vittoria di Reggio Emilia ha dato a Dainese la percezione di poterlo fare ancora
Che cosa hai fatto dopo l’ultima crono?
Cinque giorni senza bici. Poi l’ho ripresa per uscite al massimo di un’ora e mezza. Il ritmo gara l’ho ripreso al Giro del Belgio (15-19 giugno, ndr) perché le ore le avevo dal Giro. In questi casi non devi fare poco, ma neanche troppo poco.
Che vigilia stai vivendo, come al Giro o il Tour ha un altro respiro?
Un po’ di tensione c’è. Per adesso non la sento così tanto, ma immagino che dopo la crono e alla vigilia della prima volata, sarà diverso. La vigilia è quella, senti più pressione, ma l’organizzazione di squadra è la stessa.
Dopo il Giro d’Italia, ecco quello del Belgio, con il 6° posto nella 2ª tappa vinta da Philipsen. Alberto a sinistraDopo il Giro d’Italia, ecco quello del Belgio, con il 6° posto nella 2ª tappa vinta da Philipsen
Il Tour è notoriamente il banco di prova dei velocisti più forti.
La pressione viene anche da questo. Le prime tappe saranno super nervose, perché tutti vogliono stare davanti. Il mio obiettivo è sopravvivere alla prima settimana e poi provare a fare qualcosa.
Avrai un treno o un ultimo uomo dedicato?
Dovrebbero esserci Nils Eekhoff e John Degenkolb, sicuramente meglio che al Giro, ma è anche molto più alto il livello del Tour.
Proprio oggi i corridori della DSM hanno avuto in prova la nuova Scott Foil RC (foto Team DSM)Proprio oggi i corridori della DSM hanno avuto in prova la nuova Scott Foil RC (foto Team DSM)
Hai provato la nuova bici, che abbiamo presentato proprio oggi: che effetto ti ha fatto?
La Scott Foil RC è tanto reattiva, si sente che scorre. Ce l’hanno consegnata da poco, dovrò abituarmi in fretta. Normalmente uso ruote da 50 per tubolari, con cui mi trovo molto bene. Ne avevamo già parlato al Giro. Sarà anche solo un fatto mentale, ma le sento più maneggevoli nei rilanci e scappano meglio dalle curve. Gli esperti dicono che con le 60 andrei meglio e infatti comincerò con quelle. Faremo la prova per le prime tappe, anche perché non dovrebbe esserci troppo vento. E poi semmai proverò a cambiarle di nuovo…
E' tornato a casa da Copenhagen con un tampone positivo in valigia. Giorni duri per Battistella, iniziati col podio al tricolore. Ma il veneto è ripartito
La stessa bici, la Scott Addict RC, per due corridori che in comune hanno soltanto il colore della maglia. Uno, Alberto Dainese, 24 anni, è un velocista compatto e potente, campione europeo U23 e vincitore della tappa di Reggio Emilia all’ultimo Giro d’Italia. L’altra, Francesca Barale, 18 anni, è appena passata al Team DSM e sta facendo esperienza per capire che atleta possa diventare. Finora è stata campionessa italiana della strada e poi della crono fra le junior.
La Addict RC di Alberto Dainese ha il telaio S, nel segno di leggerezza e rigidità
Anche per Francesca una Addict RC taglia piccola, molto leggera e rigida
La Addict RC di Alberto Dainese ha il telaio S, nel segno di leggerezza e rigidità
Anche per Francesca una Addict RC taglia piccola, molto leggera e rigida
La Scott Addict RC
La bici, si diceva, è la Scott Addict RC, bici unica, in quanto leggera e aerodinamica. Il primo punto è stato raggiunto grazie alla rivisitazione della stratificazione delle fibre di carbonio ad alto modulo. In questo modo, la rigidità del telaio è aumentata del 14,5 per cento, senza incidere sul peso. Si parla per il futuro del ritorno di un modello aerodinamico come la Foil, ma ad ora si ragiona su una solo opzione.
Grazie al nuovo asse eccentrico per la forcella, la bici ha il passaggio dei cavi totalmente integrato sia per i gruppi meccanici che elettronici. In pratica è stato creato uno spazio fra i cuscinetti dello sterzo, in cui passano cavi e tubi di trasmissione e freni. Il tutto ben si sposa con il manubrio Creston IC, ugualmente integrato.
Per ottenere la migliore aerodinamica è stato brevettato anche un nuovo profilo dei tubi, con l’obiettivo di ridurre la resistenza all’aria. Anche i foderi orizzontali lavorano nella stessa direzione, evitando che l’aria crei resistenze o turbolenze nella zona del carro.
Tubazioni in carbonio HM, ma anche sagomate per ottenere buoni standard di aerodinamicità
Sulla Addict RC di Dainese c’è lo Shimano Dura Ace 2022, che ha di serie il 40-54
Il manubrio integrato Creston IC con il passaggio integrale dei cavi all’interno
Tubazioni in carbonio HM, ma anche sagomate per ottenere buoni standard di aerodinamicità
Sulla Addict RC di Dainese c’è lo Shimano Dura Ace 2022, che ha di serie il 40-54
Il manubrio integrato Creston IC con il passaggio integrale dei cavi all’interno
Dainese, Addict RC taglia S
La bici di Dainese, dice Martijn Don, è una taglia S. Con il suo 1,76 di statura, Alberto potrebbe anche orientarsi su una M, ma ha concordato con il team di andare sul telaio più piccolo.
«Come tutti gli altri ragazzi del team – prosegue il meccanico olandese – Alberto ha una Addict RC con lo Shimano Dura Ace 12V. Stando così le cose, lo standard è la guarnitura 40-54, ma in qualche tappa usiamo il 56, dipende dal vento e dal percorso. Quando ha vinto a Reggio Emilia, aveva il 54 e ruote da 50. Essendo piccolo c’era molto vento e a lui non piacciono le ruote troppo alte».
La scelta al corridore
La scelta delle ruote e di altri componenti avviene dopo la valutazione da parte dei vari esperti che lavorano nel team.
«Loro guardano il percorso – spiega ancora Martijn Don – salite, discese e pianure e danno l’input per cosa è meglio a livello di ruote, poi i corridori scelgono cosa preferiscono. Nel giorno in cui Alberto ha vinto aveva appunto ruote da 50 e tubolari Vittoria da 26. La pressione dipende dal peso del corridore, Alberto pesa sui 70 chili e gonfia a 6,3. Abbiamo anche i tubeless, ma ancora prevalgono i tubolari. Stesso sistema per il manubrio.
«Quando vengono nel team, sia uomini sia donne, fanno un bike fit. Gli esperti vedono e decidono il miglior tipo e misura di manubrio. Poi difficilmente lo cambiano, una volta che hanno una buona posizione. E sempre restando sul manubrio, Alberto ha il freno dietro a destra, come tutti gli europei. Solo Hamilton, che è australiano, li ha invertiti».
Nelle tappe di salita, per Dainese ruote a basso profilo in carbonio, altrimenti le 50
La bici del velocista deve essere sì leggera, ma anche molto rigida
Nelle tappe di salita, per Dainese ruote a basso profilo in carbonio, altrimenti le 50
La bici del velocista deve essere sì leggera, ma anche molto rigida
Bici rigida e reattiva
Dainese conferma tutto e si mangia le mani per la fuga sfuggita al controllo nella tappa di Treviso, dove ha vinto la volata del gruppo alle spalle di De Bondt e Affini.
«La mia bici ideale – dice – deve essere reattiva. Per questo uso le ruote intermedie, sono più scattanti. Meglio le 50 delle più alte, che uso solo se la corsa è piatta e c’è vento a favore. Stesso discorso con i rapporti. Uso di base il 54, ma capita anche di mettere il 56. Deve essere però proprio una corsa veloce. E il manubrio è sempre integrato. Abbiamo una sola bici montata al top, mi sta più che bene».
Barale, rapporti più agili
Sulla sua Addict RC, Francesca Barale ha sempre la guarnitura 36-52 e la cassetta 11-30 al posteriore. Scelta simile a Dainese sul fronte delle ruote, anche se le 50 mm che per Alberto sono intermedie, per lei sono alte.
«Sulla bici da allenamento – dice la piemontese – utilizzo quelle con il profilo medio, con i copertoncini. Invece in gara monto le ruote alte, da 50 millimetri con i tubolari».
Il reggisella della Barale è a sua volta integrato: pulizia delle linee al top
Le selle del Team DS sono scelte dal catalogo di PRO, brand nellorbita di Shimano
Il reggisella della Barale è a sua volta integrato: pulizia delle linee al top
Le selle del Team DS sono scelte dal catalogo di PRO, brand nellorbita di Shimano
Posizione a cuneo
Interessante osservare la sua posizione in sella, molto bassa sull’anteriore. Grazie anche all’assenza di spessori fra manubrio e telaio.
«Confermo che non uso spessori – dice – tra l’attacco manubrio e lo sterzo. Credo che anche l’utilizzo sistematico della bici da crono, a casa per fare i miei allenamenti, mi sia di aiuto ad abbassare la schiena ed essere aerodinamica. Quando non sono allenamenti specifici, la uso nelle uscite di scarico, per non perdere confidenza».
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