EDITORIALE / Le donne, la nazionale e l’appello di Villa

21.08.2023
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Oltre alla sua competenza, quello che faceva funzionare la gestione Salvoldi fra le donne è che Dino aveva in mano la strada e la pista, per cui l’impegno trasversale, oltre che richiesto, faceva parte di un patto (non sempre semplice da onorare) fra il tecnico e le atlete. Quando i due… poteri sono stati sdoppiati, con Sangalli alla strada e Villa alla pista, è successo qualcosa che si poteva prevedere e che il tecnico milanese ha fatto notare nel velodromo di Glasgow dopo aver toccato con mano il calo di rendimento delle azzurre.

Guazzini è uscita sfinita dal Tour, ha corso in pista e poi nella crono
Guazzini è uscita sfinita dal Tour, ha corso in pista e poi nella crono

Un calo di tensione

Facciamo una premessa: il professionismo è arrivato fra le donne con la velocità e la forza di un tornado. Il solo calendario che conti è quello WorldTour, per cui le ragazze più rappresentative corrono senza soluzione di continuità. La programmazione c’è, ma avendo organici all’osso, è frequente che salti. Non è facile gestirsi e gestire il proprio tempo, quando si gira come trottole. Soprattutto se a richiedere la tua presenza in pista c’è un tecnico come Villa, che non impone regole rigide, ma si affida al buon senso e al professionismo dei suoi atleti.

Forse lo scorso anno, conquistate dai suoi metodi e dalla novità di lavorare con i ragazzi, le azzurre hanno mantenuto alta l’asticella vincendo titoli in abbondanza. Quest’anno invece, con il prevalere dell’impegno su strada, alcune hanno subito un calo di tensione, limando laddove nessuno le chiamava a rendere conto: la pista. A ciò si aggiunga che l’anno pre-olimpico per chi fa la doppia attività è sempre un trabocchetto, soprattutto al confronto con chi invece punta sulla specializzazione ed è già in tabella per i Giochi, come Villa ha sottolineato con chiarezza.

Per Balsamo incidente, ripresa, 6 tappe al Tour, mondiale pista e poi strada: un po’ troppo?
Per Balsamo incidente, ripresa, 6 tappe al Tour, mondiale pista e poi strada: un po’ troppo?

Il metodo Villa

Le parole pronunciate a Glasgow dal tecnico della pista subito dopo l’oro di Ganna sono state infatti chiarissime, ma molto pacate come nel suo stile.

«Le donne hanno un calendario che conoscono poco – ha detto Villa – lo stanno testando con mano da un paio d’anni. In più è capitato un Tour a ridosso del mondiale e per chi fa pista non è stato il massimo, però siamo lì. Le ragazze del quartetto francese non hanno fatto il Tour, eppure hanno vinto per 2 decimi su di noi. Loro hanno fatto una preparazione mirata, noi da italiani siamo andati a fare il Tour perché le squadre l’hanno voluto. Lungi da me dire di non andare alle gare su strada, perché sono il primo a cercarle per definire la condizione in vista di un mondiale. Però quello che un po’ manca è il sistema e gliel’ho spiegato.

«Devono cercare di venire in pista quando sono a casa libere. Fare il sacrificio di venire almeno una volta alla settimana per fare i richiami. Quindi dipende più da loro che dalle squadre. Non è che le sto rimproverando, sto chiedendo di mettere in atto il sistema di allenamento che con gli uomini ha dato ottimi frutti senza compromettere nulla dell’attività su strada. Chiedo questo, perché ho notato che la partecipazione è un po’ calata rispetto all’anno scorso, con l’aggiunta degli infortuni di Balsamo e Guazzini».

Consonni (qui con Martina Fidanza) ha corso Giro Donne, Tour, mondiali pista e poi strada
Consonni (qui con Martina Fidanza) ha corso Giro Donne, Tour, mondiali pista e poi strada

Patto Villa-Sangalli

E’ una chiamata alla responsabilità dopo aver riscontrato che a fronte di messaggi diretti e decisi, alcune ragazze non hanno risposto come Villa e Masotti si aspettavano. Ad esempio dopo il Giro d’Italia, Consonni è rientrata dalla Sardegna per andare a Montichiari, trovando Balsamo e Guazzini scesa di proposito da Livigno, mentre altre (pur contattate) sono rimaste sulla spiaggia.

Quando si tratterà di giocarsi le medaglie olimpiche, serviranno una presa di coscienza da parte delle ragazze e un patto di ferro fra Villa e Sangalli – nel parlare con le società e nel programmare con rispetto la stagione delle atlete – perché si possano varare meccanismi più efficaci, traendo reciproci vantaggi. Anche perché il gruppo di riferimento è pressoché identico su entrambi i terreni. E troviamo rischioso continuare a spremere le atlete a sei mani, senza curarsi del rischio di esaurirne troppo presto la vena.

Finn, in salita è una sentenza. E ora fa gola agli squadroni

21.08.2023
7 min
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Parafrasando Archimede, date un arrivo in salita a Lorenzo Mark Finn e lui vi solleverà le braccia al cielo. Un metro e 80 per 59 chili (ora forse meno), ieri ai 2.035 metri del Sestriere lo junior della CPS Professional ha vinto per distacco la sua quinta gara stagionale, la terza consecutiva nelle ultime tre uscite.

I suoi successi hanno sempre uno spunto di interesse, a cominciare dal fatto che li sta ottenendo al primo anno nella categoria e che compirà 17 anni il prossimo 19 dicembre. Finn doma le vette del grande ciclismo, dove hanno messo la propria firma nomi ben più importanti. A Ferragosto il genovese di Avegno ha trionfato nella Pian Camuno-Montecampione correndo da solo e arrivando con due minuti di vantaggio. Il 25 luglio aveva messo nel carniere la cronoscalata Cene-Altino, trenta giorni prima aveva conquistato la Sandrigo-Monte Corno, la montagna che sovrasta l’Altopiano di Asiago. Il primo sigillo – una rarità finora per lui – l’aveva centrato a metà aprile in provincia di Arezzo in una gara in circuito. Di questo suo periodo “on fire” e dei prossimi obiettivi abbiamo parlato con lui, conoscendolo meglio.

Finn è uno scalatore puro che si esalta sugli arrivi in salita. E’ seguito anche da team esteri (foto Zoè Soullard)
Finn è uno scalatore puro che si esalta sugli arrivi in salita. E’ seguito anche da team esteri (foto Zoè Soullard)
Restiamo sulla fresca attualità. Che gara è stata la Collegno-Sestriere di ieri?

E’ stata molto dura perché prima di arrivare sotto al Sestriere abbiamo fatto strade strette con diversi strappi. Nella parte iniziale della corsa sono entrato in una fuga di una decina di uomini per una ventina di chilometri, ma ci hanno ripresi. Successivamente ci sono stati altri tentativi di allungo poi siamo ripartiti in dieci sulla prima salita. Siamo andati di comune accordo fino a quella finale. A circa 6 chilometri dal traguardo, quelli più duri, sono partito arrivando da solo.

In pratica lo stesso copione di quasi tutte le gare…

Speriamo continui così (dice sorridendo, ndr). A Montecampione non è stata semplice inizialmente. La squadra aveva scelto di fare un turno di riposo, ma siccome io mi trovavo in quella zona già da qualche giorno, ho voluto correre ugualmente pur sapendo di essere al via da solo. Ogni giro basso prevedeva un paio di strappi e ad un certo punto, quando è partita la fuga, io ne sono rimasto fuori. C’era tanto caldo e non sapevo cosa fare di preciso. Alla fine ho deciso di chiudere sui fuggitivi e mi sono rasserenato quando eravamo tutti compatti ai piedi della salita. Lì ha fatto il ritmo il Cene e mi sono accorto che eravamo tutti piuttosto provati. Temevo Gualdi (poi terzo all’arrivo, ndr), ma sapevo che aveva speso tanto. Siamo andati via assieme, poi l’ho staccato a circa quattro chilometri dalla fine.

L’ultima vittoria: Finn vince per distacco la Collegno-Sestriere davanti a Mottes e Bonalda
L’ultima vittoria: Finn vince per distacco la Collegno-Sestriere davanti a Mottes e Bonalda
Le tue caratteristiche sono abbastanza chiare. Completiamo il tuo profilo.

Esattamente, sono uno scalatore puro come avrete capito (sorride, ndr). Mi difendo a crono, dove ho fatto quinto al campionato italiano. Non sono veloce e provo sempre ad anticipare. La prima vittoria quest’anno l’ho fatta così, con un attacco all’ultimo chilometro arrivando assieme al mio compagno Schwarzbacher. Sono nato a Genova dove frequento il liceo scientifico (l’anno prossimo andrà in quarta, ndr) ed abito ad Avegno. Mio padre è inglese e viene da Sheffield, che evoca sempre la vittoria di Nibali al Tour 2014. Vado su per Natale e per altre feste durante l’anno. Ho iniziato a correre da esordiente di primo anno.

Non che sia un male ma rispetto a tanti ragazzi hai iniziato tardi. Come mai?

Prima giocavo a calcio e a tennis, ma un problema di sviluppo ad un ginocchio mi ha portato al ciclismo. Facevo dei piccoli giri con mio padre e mi sono appassionato. Da esordiente finivo le gare mentre da allievo ho fatto uno scatto in avanti. Ho avuto una crescita psico-fisica ma le prime vittorie mi hanno aiutato in questo senso.

In gara ti pesa partire con i favori del pronostico?

Mi fa un certo effetto sapere di essere tra i favoriti in alcune corse. Sicuramente vincere dà tanto morale, ma so che bisogna ancora lavorare tanto e sodo. Non sono distratto da questi ultimi successi perché so che non ho ancora fatto nulla di importante. Cerco di fare il meglio possibile sia in allenamento che in gara.

Visti i tuoi risultati, si dice che il tuo nome sia già sul taccuino di osservatori nell’orbita dei pro’. Quanto c’è di vero?

Naturalmente mi fa piacere che si possa parlare di me, ma vale il discorso che facevo prima: devo dimostrare tutto. A luglio attraverso una persona che conosco ho avuto la possibilità di vivere un’esperienza nuova per me. Ho fatto qualche giorno di allenamento in Val d’Aosta assieme agli U23 del team continental della Groupama Fdj giusto per capire come lavorano e cosa mi può aspettare quando passerò in quella categoria. Tuttavia posso dirvi che quasi certamente l’anno prossimo, di comune accordo, non sarò più con la CPS Professional. Passerò in un’altra squadra. Ne ho parlato con i dirigenti e abbiamo preso questa decisione.

Quindi sai già dove andrai? Qualche squadra si è già fatta avanti?

No, di ufficiale non c’è ancora nulla, stiamo cercando di capire tante situazioni. Anche in questo caso posso dirvi che fra qualche settimana dovrei conoscere la valutazione di un test che ho fatto pochi giorni fa. L’ho fatto per l’Auto Eder grazie al mio preparatore, John Wakefield, che è anche il performance coach della Bora-Hansgrohe (l’Auto Eder è la società satellite junior della Bora da cui sono usciti, tra i tanti, Uijtdebroeks ed Herzog, ndr). Non sono andato in Germania, ho svolto tutto a casa dedicando un mio allenamento a questo protocollo. Ho tarato il mio potenziometro sui loro parametri e sono uscito in bici normalmente. Ho fatto quei 10/15 minuti in salita e in pianura con le loro indicazioni e poi loro hanno scaricato i dati. Ma questo non significa nulla perché hanno fatto fare questo test a tanti ragazzi.

Sarebbe un bel colpo passare in un team di quella caratura. A questo punto quali sono gli obiettivi di Lorenzo Mark Finn?

Rimangono quelli che avevo ad inizio anno. Facendo un paio di gare a tappe con la nazionale (Corsa della Pace in Repubblica Ceca e Saarland in Germania, ndr) ho capito il livello che c’è fuori dall’Italia, anche in vista dell’anno prossimo. Sulla base di questa consapevolezza a fine agosto correrò il Giro della Lunigiana con la selezione della Liguria. Non ambisco alla generale, magari potrei curare la maglia bianca dei giovani, ma il mio obiettivo è un altro. Preferisco cercare una vittoria di tappa ad un posto nella top ten in classifica. La seconda frazione, Portofino-Chiavari, passa proprio da casa mia e dalle mie strade di allenamento. Quel giorno proverò a fare bella figura, ma comunque non mi creo aspettative. Dopo il Lunigiana ci saranno il Buffoni e la chiusura in cima al Ghisallo. Insomma ci sono ancora tante gare dove posso fare bene.

Felline: dalla fornace di Burgos, ai pensieri sul futuro

21.08.2023
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Fabio Felline ha appena concluso la Vuelta Burgos e adesso finalmente si può preparare al primo grande Giro della stagione. Il corridore dell’Astana-Qazaqstan era stato scartato proprio all’ultimo dal Tour de France nonostante avesse fatto tutta la preparazione per la Grande Boucle.

Ora però questo agosto sembra aver portato un vento del tutto nuovo per il piemontese. Si riparte, la condizione è in crescita, la voglia c’è e si guarda anche all’anno venturo, tanto più che proprio pochissimi giorni fa è stato ufficializzato il suo passaggio – anzi ritorno – al gruppo della Lidl-Trek.

A Burgos Felline ha lavorato per il team, mettendo fatica “buona” nelle gambe
A Burgos Felline ha lavorato per il team, mettendo fatica “buona” nelle gambe

Fornace Burgos

Fabio ci racconta di una Vuelta Burgos caldissima. Si sono cotti. Nelle ultime tappe ci sono stati anche 37 gradi di temperatura media. «Un caldo feroce. Ad un certo punto – dice Felline – mi sono ritrovato fianco a fianco con Damiano Caruso, che non è proprio l’ultimo arrivato, e abbiamo scambiato due battute proprio su quanto ci stessimo bollendo.

«Dopo l’esclusione dal Tour mi sono preso un momento, un decina di giorni, di stacco. Così mi sono riattivato in vista della Vuelta, ma direi del calendario spagnolo visto che ho fatto Castilla y Leon, San Sebastian, ora Burgos e poi appunto la Vuelta. Ma non è facile essere pronto con questi continui cambi di programma e infatti all’inizio ho faticato tanto.

«Se devo parlare di sensazioni mi sembra di crescere, ma sono lontano dal Fabio migliore. Spero che questo Burgos mi abbia messo a posto. Comunque ho lavorato per Battistella, ho preso aria per lui, ho provato ad andare in fuga e all’inizio ci sono anche riuscito».

In questi casi l’esperienza conta molto. A 33 anni, Fabio sa gestire queste situazioni complicate anche dal punto di vista nervoso. 

Crono, salita, volata e sprint a ranghi ridotti: il piemontese può essere un vero jolly
Crono, salita, volata e sprint a ranghi ridotti: il piemontese può essere un vero jolly

A tutto campo

Felline per caratteristiche può andare forte dappertutto, anche in volata, se non altro per aiutare o entrare in un gruppetto e giocarsela allo sprint. E persino a crono, tanto da vestire l’azzurro ai mondiali del 2019. Ma sa anche lavorare in salita per un leader. Come fece del resto lo scorso anno per Nibali.

E sono state anche queste sue caratteristiche a farlo firmare con la Lidl-Trek. Queste caratteristiche e i buoni rapporti con Luca Guercilena, il team manager del team americano, in cui è già stato per sei stagioni dal 2014 al 2019.

«Non ci eravamo lasciati male – racconta Felline – fu una situazione ambigua e forse neanche c’era la reale voglia di cambiare all’inizio. Poi mi sono lasciato convincere che forse era meglio provare altre esperienze e così ho fatto.

«Ma con Guercilena ho un ottimo rapporto e lo stesso con Nino Daniele, il loro medico. Lui è tutt’ora il mio medico sportivo e lo stesso vale con tanti compagni, che ancora sono lì. Penso a Stuyven o a Ciccone, anche se con Giulio ho fatto un solo anno. Diciamo che in quel team avevo lasciato un pezzetto di cuore».

La trattativa è nata in primavera. Si era al Catalunya e un corridore di spicco della allora Trek-Segafredo, in procinto di diventare Lidl-Trek, chiacchierando disse a Felline: «Ma perché, visto il bel rapporto che hai con Guercilena, non ci parli? Sarebbe bello che tornassi con noi. Io appoggerò il tuo arrivo». E così è andata.

Con Ciccone, ma non solo lui, ottimi rapporti. Dal prossimo anno Fabio ritroverà molti dei suoi vecchi compagni
Con Ciccone, ma non solo lui, ottimi rapporti. Dal prossimo anno Fabio ritroverà molti dei suoi vecchi compagni

Che ruolo alla Lidl?

Felline ha parlato con la nuova squadra anche per il ruolo che dovrà ricoprire, perché poi il succo della vicenda è anche quello. Okay i buoni rapporti, ma serve concretezza. Cosa andrà a fare dunque alla Lidl-Trek?

«Oggi – spiega Fabio – sono consapevole che non posso competere con i grandi campioni. Però vado bene su tutti i terreni, dal tirare una volata o in salita. E al tempo stesso posso sfruttare una corsa magari dura e mossa per me stesso. E’ su queste basi che sono stato richiesto e io mi sento pronto.

«Che poi era lo stesso motivo per cui venni qui in Astana. Dovevo lavorare per Fuglsang, nel frattempo avevo vinto il Pantani. Ho avuto carta bianca in qualche occasione, come la tappa di Castelfidardo della Tirreno dove fui quarto. Quello è Fabio Felline. E tutto funzionava bene.

«Poi dallo scorso anno mi sono ritrovato ad un Tour che non dovevo fare e da lì si sono innescate una serie di circostanze (fisiche e organizzative) ed è stato tutto in susseguirsi di problemi. Un  rincorrere della condizione».

Felline Pantani 2020
Felline conquista il Memorial Pantani del 2020. Fabio (classe 1990) fu tra i primi a passare giovanissimo nel 2010 alla Footon-Servetto
Felline Pantani 2020
Felline conquista il Memorial Pantani del 2020. Fabio (classe 1990) fu tra i primi a passare giovanissimo nel 2010 alla Footon-Servetto

Scommettiamo che…

Una particolarità di questa storia è che Felline, in accordo anche con il futuro team, ha firmato per un solo anno.

«Volevamo fosse una scommessa – dice Fabio – un mettersi in gioco, un fare il massimo e perseguire gli obiettivi che ho detto prima: aiutare i leader e magari giocarsi qualche corsa. Ho scelto di firmare un solo anno perché se smetto voglio farlo con dignità. Non voglio trascinarmi fino a “restare a piedi” perché vado piano.

«Ora però non voglio rinnegare nulla. Voglio finire al meglio questa capitolo e questa stagione con l’Astana-Qazaqstan. Lo voglio per loro e per me. Perché poi è molto importante finire bene. Ti lascia qualche stimolo e qualche certezza in più in vista dell’inverno. Vuoi mettere affrontarlo con buone sensazioni?

«E poi c’è anche un sogno da realizzare: vincere una tappa in un grande Giro. In 14 anni di professionismo non so quanti podi ho raccolto, ma non sono mai riuscito a portarmi a casa una tappa fra Giro, Tour e Vuelta». Magari è la volta buona

Sobrero e Bora: con Gasparotto all’origine della scelta

20.08.2023
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Con il mercato che già ci proietta mentalmente alla prossima stagione è facile iniziare a pensare e valutare i vari acquisti. Uno dei più importanti, per il ciclismo italiano, e non solo, è l’arrivo di Matteo Sobrero alla Bora-Hansgrohe. Un cambio importante, che ha aperto a tante considerazioni, ma cosa avranno in mente dal team tedesco per il nostro Sobrero? Lo chiediamo a Enrico Gasparotto, diesse della Bora che in queste ultime stagioni si è fatto apprezzare per idee e audacia in ammiraglia. 

Le qualità da diesse hanno portato Gasparotto a guidare la Bora anche al Tour nel 2023
Le qualità da diesse hanno portato Gasparotto a guidare la Bora anche al Tour nel 2023

Meritato riposo

Gasparotto in questi giorni è a casa, dopo il Tour si gode un po’ di meritato riposo. Intanto pensa alle corse future che lo attendono in ammiraglia: Eneco Tour, Plouay, Canada e poi il finale di stagione in Italia. 

«Dopo Giro e Tour – racconta – ho fatto rispettivamente un mese di pausa per volta. Era la prima volta che lo facevo, sinceramente lo preferisco, perché si ha più tempo per staccare e riposare. Delle ultime gare Il Lombardia sarà la più importante. L’anno scorso Sergio (Higuita, ndr) ha fatto bene, arrivando quarto. Peccato perché il podio era a portata di mano, sarebbe bastato prendere in testa il Civiglio. Anche Plouay e Canada avranno il loro peso, visto che sono delle WorldTour, e come team internazionale teniamo sicuramente a far bene. Come teniamo a far bene ovunque in realtà…»

Sobrero tra il 2021 e il 2022 si è confermato uno dei profili più interessanti nelle prove contro il tempo
Sobrero tra il 2021 e il 2022 si è confermato uno dei profili più interessanti nelle prove contro il tempo
Facciamo un passo di lato, che concetto c’è dietro l’arrivo di Sobrero?

Lo conosco dal 2020, quando correvamo insieme in NTT. E’ maturato tanto in questi anni e ho avuto spesso modo di confrontarmi con lui. A crono tra il 2021 e il 2022 ha fatto vedere grandi cose, in più è migliorato tanto in performance e numeri. 

Ha dimostrato di poter far bene…

Una nota positiva è quella mostrata all’Amstel e ai Paesi Baschi, sulle salite corte è andato forte. E’ cresciuto molto nelle salite e nelle gare di un giorno, e poi ha delle ottime abilità: sa stare in gruppo, limare… Sono qualità che abbiamo preso tanto in considerazione. 

Che ruolo potrà ricoprire quindi da voi?

Analizzando i file di potenza e prestazioni abbiamo notato degli ulteriori margini di miglioramento. Specialmente nelle salite lunghe e questa chiave per la Bora è importante, siamo una squadra incentrata sulle grandi corse a tappe. Per questo cerchiamo corridori che possano supportare al meglio i nostri capitani. Sobrero ha esperienza, avendo già corso a supporto di Simon Yates. 

Sobrero ha vinto la sua prima corsa in linea da professionista al Giro d’Austria, nel mese di luglio, un bel segnale
Sobrero ha vinto la sua prima corsa in linea da professionista al Giro d’Austria, nel mese di luglio
Quindi gli spetterà un ruolo principalmente di supporto?

Nei grandi Giri sì. Ma il suo apporto come persona è di supporto a 360 gradi, nel senso che quando ha libertà, sa prendersi le dovute responsabilità. E’ forte a crono e in salita, e corse gare di una settimana questa è una caratteristica davvero importante. Nelle gare delle Ardenne lo ha dimostrato, facendo bene fin dalla sua prima apparizione, quest’anno. 

Ha fatto vedere buone cose in questo 2023…

Ha dato continuità ai risultati dello scorso anno. Ai Baschi è stato continuo, è uscito di classifica in una giornata non felice per lui. All’Amstel ha fatto bene ugualmente, io c’ero. Ha bucato in un punto davvero brutto, altrimenti sarebbe stato tranquillamente nel primo gruppo. 

Un Ferragosto alternativo per Sobrero, passato al Rifugio Oberto Maroli insieme all’amico Ganna (foto Instagram)
Un Ferragosto alternativo per Sobrero, passato al Rifugio Oberto Maroli insieme all’amico Ganna (foto Instagram)
Che rapporto avete, visto che lo conosci da tanto?

Oltre all’anno in cui abbiamo corso insieme, il 2020, abbiamo fatto anche un ritiro insieme in altura prima dei mondiali di Imola. In più compro il vino dai suoi genitori (dice ridendo, ndr). Già tempo fa ho avuto modo di dirgli che ha un bel potenziale e che se avesse dato conferma delle sue qualità avrebbe attirato su di sé tante attenzioni. Anche al di fuori del discorso Bora, sono contento sia arrivato da noi.

Di recente ha anche vinto la sua prima corsa in linea.

E’ stata una bella dimostrazione, importante per lui e per le sue qualità. Essere ripagato dei propri sacrifici con una vittoria per un corridore è benzina in più. Sono emozioni che ti possono portare a diventare un vincente. Un’altra cosa importante.

La prima volta nelle Ardenne per Sobrero non è andata male, sicuramente tornerà e ci riproverà
La prima volta nelle Ardenne per Sobrero non è andata male, sicuramente tornerà e ci riproverà
Dicci.

Lui è un grande cronoman. E abbiamo visto che ASO ha reinserito la cronometro a squadre nelle sue corse. Non è da escludere che possa tornare anche al Tour de France. E’ una considerazione che in squadra abbiamo fatto nel momento in cui abbiamo scelto il suo profilo. 

Vi siete già sentiti?

Ci siamo scambiati giusto qualche messaggio, ma niente di più. Lui è in ritiro con Ganna, dovrebbe fare la Vuelta. E’ giusto che si concentri sul finale di stagione con la Jayco-AlUla. Ci sarà tempo di incontrarci e parlare, fin dal team building che ogni anno facciamo a fine stagione con i ragazzi vecchi e nuovi.

L’ansia da prestazione prima del via (e anche in gara)

20.08.2023
6 min
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Da Marlen Reusser ferma a gambe incrociate a bordo strada, agli occhi chiusi dei e delle pistard sul parquet prima della loro prova. Dalle notti insonni prima della propria gara, al batticuore nel momento clou dello sforzo. Quanti pensieri, quanti timori, quante paure… per gli atleti. Un insieme di sensazioni che ci hanno fatto parlare di ansia da prestazione.

Elisabetta Borgia è la psicologa dello sport della Federciclismo. A Glasgow ha avuto il suo bel da fare. E’ stata chiamata in causa persino dagli interpreti della Bmx, spesso considerati funamboli, “pazzi” e istrionici più dei colleghi. Con Borgia analizziamo dunque l’ansia da prestazione per gli atleti.

Nel riscaldamento spesso si vivono fasi delicate a livello mentale. Qui Borgia con Venturelli
Nel riscaldamento spesso si vivono fasi delicate a livello mentale. Qui Borgia con Venturelli
Dottoressa Borgia, a Glasgow ti hanno visto correre tra Bmx, strada, pista, Mtb, paralimpici… Quanti pensieri, quanti timori?

Il lavoro con la Federazione prende più discipline, in questo caso erano tutte insieme. Il che visto dall’esterno è tutto molto bello, da casa mi dicevano che era una piccola Olimpiade, ma da dentro non è stato semplicissimo perché c’erano delle sovrapposizioni. Parlare con i ragazzi non è stato facile.

Ti chiamavano in causa per l’imminente gara, qualche paura, qualche timore: tutto ciò lo possiamo chiamare “ansia da prestazione”?

Direi di sì. Quando ci si avvicina ad un grande evento, si è investito tanto in termini di energie e le aspettative sono sempre alte. Spesso questi appuntamenti diventano degli obiettivi per gli atleti di un certo livello e va da sé che è il momento di “quagliare”, di portare a casa qualcosa per cui si è lavorato tanto. E ci può stare che che si attivi un po’ di questa emozione in risposta ad un evento che viene percepito come potenzialmente stressante. Perché di fatto l’ansia è un’emozione.

Scendiamo un attimo nel tecnico/sanitario: che cos’è appunto l’ansia da prestazione?

L’ansia è uno stato di iperattivazione, una reazione emotiva che coinvolge sia l’aspetto cognitivo che l’aspetto fisico (somatico). Le emozioni sono l’emblema del fatto che noi siamo mente e corpo e che entrambi si condizionano vicendevolmente.

Il mondiale è l’evento in cui si deve raccogliere per il tanto lavoro fatto: la pressione sale prevedibilmente
Il mondiale è l’evento in cui si deve raccogliere per il tanto lavoro fatto: la pressione sale prevedibilmente
Tradotto in termini più pratici?

Nel momento in cui parliamo di ansia da prestazione, parliamo di questa iperattivazione legata alla necessità di portare a casa una prestazione di un certo tipo. E’ come se il nostro “motore” facesse troppi giri impedendoci di essere massimamente prestativi. Abbiamo bisogno comunque di un livello di attivazione quando siamo chiamati a dare il massimo . E’ la teoria della “inverted U” (U capovolta), tanto cara alla psicologia dello sport.

Interessante…

Si enfatizza il fatto che ci sia un livello ottimale di attivazione, di tensione (che in termini tecnici si chiama arousal). Questa ci permette di raggiungere la massima prestazione. E’ ciò che nella preistoria faceva sì che l’uomo primitivo fosse pronto a scappare, ad essere reattivo. Ma la “inverted U” dice che se non sei per nulla attivato o se sei troppo attivato, la prestazione ne risente. Pertanto quando parliamo di ansia da prestazione parliamo di quella fetta di questo “grafico” che va oltre la zona ottimale.

E i sintomi fisici?

Magari c’è chi si attiva troppo presto e quindi inizia a pensarci da giorni prima, non dorme la notte, magari ha i battiti cardiaci elevati, la respirazione è più affannosa e toracica e non diaframmatica… e di conseguenza la contrazione muscolare è molto più forte. Questo a sua volta può favorire infortuni o problemi come i crampi.

Sul piano ormonale cambia qualcosa?

Sicuramente aumentano i livelli di cortisolo e di adrenalina.

Lo stop a bordo strada durante la crono per Marlen Reusser è stata un’immagine emblematica dell’ansia da prestazione (immagine da video)
Lo stop a bordo strada durante la crono per Marlen Reusser è stata un’immagine emblematica dell’ansia da prestazione (immagine da video)
Passiamo ad esempi più concreti. Abbiamo Reusser, grande favorita per la crono, ad un certo punto ha accostato e si fermata. Ha detto che è come se avesse perso la concentrazione, non avesse più l’obiettivo di fronte a lei. Quello è un caso di ansia da prestazione? Come lo interpreti?

Inserisco questo caso in una cornice un pochino più ampia e parto dai calendari del ciclismo femminile, che sta crescendo in maniera esponenziale. Le ragazze quasi all’improvviso si ritrovano a dover affrontare delle cose che nel passato non c’erano. Parlo di calendari fitti, aspettative, pressioni, visibilità… Sono atlete grandissime, ma al tempo stesso per certi aspetti anche delle vere e proprie pioniere.

Ci sta dunque quel blackout di Reusser…

Spiace per la donna, per la persona, per l’atleta. In quei frangenti riemerge la parte umana. La tanica di energie era quasi vuota. Queste reazioni nascono da una vulnerabilità che si lega ad una stanchezza psicofisica che evidentemente è cresciuta durante la stagione. Reusser ha fatto le classiche benissimo, ha vinto la Gand, è andata fortissimo al Tour e ha vinto l’ultima crono. Tutto questo crea delle aspettative e in un calendario così fitto non c’è stato un attimo per mollare. E’ stato come se i tempi mentali non seguissero i tempi del calendario. Una continua rincorsa, senza quel momento di calo, di recupero per rimpinguare il serbatoio. E questa è una cosa nuova per le donne. Ma penso anche altro…

Cosa?

Se ha avuto lei, che è un’atleta di spicco, queste problematiche, figuriamoci le seconde linee. Quelle che fanno fatica a finire le gare. In che condizioni mentali si possono trovare in una stagione del genere?

Più ansia per i più giovani, secondo Borgia. Ma anche grazie al suo aiuto questo stato in gara proprio non emerso. Moro (foto di archivio) ne è un esempio
Più ansia per i più giovani, secondo Borgia. Ma anche grazie al suo aiuto questo stato in gara proprio non emerso. Moro (foto di archivio) ne è un esempio
Elisabetta, prima ha parlato di tanica vuota, però pochi giorni dopo Reusser è andata fortissimo nella prova in linea…

Oggi si parla molto di resilienza: ebbene questo è il tipico esempio di resilienza. Credo che dopo una “debacle” – che per me non è una debacle – ma dopo un momento di difficoltà è come se si fosse tolta di dosso tutte le pressioni. Avesse allontanato le aspettative, i pensieri brutti, e avesse chiuso il suo conflitto interiore. Dopo tutto nella crono, dal suo punto di vista qualunque risultato diverso dalla vittoria sarebbe stata una sconfitta. Un pensiero non semplicissimo con cui convivere, tanto più se arrivi all’evento già un po’ “scarica”. Lei era pronta fisicamente per vincere quella crono o comunque prestazionalmente era da podio, la forma fisica c’era e visto come ha chiuso il Tour la settimana prima. Quindi sapeva di stare bene. Nel post crono ha ricevuto feedback positivi, vicinanza da tifosi e squadra e nella gara in linea è partita più leggera. Non aveva niente da perdere.

Facciamo invece un esempio concreto di ansia da prestazione. Magari legato al gruppo degli azzurri e delle azzurre.

Più che ansia da prestazione mi viene in mente un po’ quell’ansia che nasce dalla poca consapevolezza di sé. Penso a “quell’ansietta” tipica dei più giovani che ancora non si conoscono, che non sanno leggere come stanno fino in fondo, che devono capire qual è il percorso migliore per arrivare veramente in forma ad un grande evento. Quindi mi riferisco a quell’ansia che magari ti fa fare fatica a dormire la notte prima, quell’emozione della prima volta ad un grande evento, quei dubbi rispetto alla strategia da usare, dove stare in gruppo, come gestirsi.

Difficoltà fisiologiche di gioventù insomma?

Esatto, aspetti che nella massima categoria, di uomini e donne, non ho riscontrato. Solitamente i più esperti è proprio in queste occasioni che riescono a tirare fuori il massimo.

Andreaus e il sogno svanito sull’ultima salita

20.08.2023
5 min
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«Alla fine della corsa ero davvero furioso, ma poi ho ripensato a tutto quel che ho passato prima di tagliare quel traguardo e alla fine ho capito che certe volte non è l’approdo quel che conta, ma come ci arrivi». In poche parole, Marco Andreaus ha sintetizzato come meglio non avrebbe potuto la sua avventura in Romania al Tour of Szeklerland, dove ha sognato a lungo il successo nella generale, chiudendo alla fine sesto. Un piazzamento amaro che alla fine ha avuto anche una punta di dolce.

Per capire come ci sia arrivato (non solo al traguardo, anche alla conclusione morale della storia…), bisogna ripartire dall’inizio e Andreaus si presta ben volentieri al racconto, presentando innanzitutto la corsa a tappe rumena, che presentava al via molte squadre del Centro-Nord Europa, ma anche tre formazioni italiane, tra cui la sua, il CTF.

«Non è una gara troppo difficile, l’avevo affrontata anche lo scorso anno. Rispetto ad allora è stata tolta una tappa, quindi era ancora più accessibile per me che non amo le grandi salite. E lì di ascese pesanti non ce n’erano, vista la conformazione del territorio».

Il team CTF al via, con Andreaus, Bruttomesso, Milan, Skerl, Stockwell (GBR) e Shtin (RUS)
Il team CTF al via, con Andreaus, Bruttomesso, Milan, Skerl, Stockwell (GBR) e Shtin (RUS)
Come era disegnata la gara?

Si cominciava con una cronometro di 4,5 chilometri, distanza ideale per me e infatti ho vinto la frazione anche con distacchi importanti rifilati agli avversari. La seconda tappa era per velocisti, la terza era considerata la più dura, ma alla fine quella decisiva è stata l’ultima. Purtroppo per me…

Che clima avete trovato?

Molto sole, ma le temperature erano più gradevoli rispetto a quelle che avevamo lasciato in Italia, mai oltre i 23 gradi. Anche le strade erano molto belle e curate, quasi sempre asfaltate e qui ho trovato un deciso progresso rispetto allo scorso anno. Allora c’erano altri percorsi e le buche erano quasi all’ordine del giorno…

Per il trentino la prima vittoria dell’anno nel cronoprologo, con 6″ sul polacco Tracs (foto Harmagyi Zsolt)
Per il trentino la prima vittoria dell’anno nel cronoprologo, con 6″ sul polacco Tracs (foto Harmagyi Zsolt)
Ti aspettavi la vittoria il primo giorno?

Decisamente no, perché venivo da quasi due mesi di inattività. Dopo il Giro Next Gen ho contratto il Covid e sono rimasto fermo a lungo. Quel percorso però mi piaceva molto, oltretutto ho avuto la fortuna di partire per ultimo e quindi ho potuto regolarmi sugli avversari.

Dopo la vittoria come avete impostato la corsa?

La squadra ha deciso di puntare su di me e quindi si correva per contrastare gli altri. Il secondo giorno però era una tappa da volatona finale e io mi sono messo a tirare per Skerl, che ha vinto battendo Bruttomesso. Dopo due giorni di gara avevamo già due vittorie in carniere. Il terzo giorno l’austriaco Martin Messner ha fatto il diavolo a quattro, ma gli sono rimasto attaccato, finendo alle sue spalle sul traguardo con ancora 9” da gestire.

Il team ha lavorato per tutta la gara per Andreaus, dominando per la prima volata (foto Harmagyi Zsolt)
Il team ha lavorato per tutta la gara per Andreaus, dominando per la prima volata (foto Harmagyi Zsolt)
Che cosa è successo nella tappa finale?

Messner era in forma e ha provato a andar via, con lui si è formato un quintetto, io ho provato ad agganciarmi, ma domenica è emersa tutta l’inattività delle settimane precedenti e sull’ultima salita ho pagato dazio. Oltretutto con il gruppo all’inseguimento stavamo guadagnando terreno, ma le moto ci hanno fatto sbagliare strada a una rotonda: abbiamo perso una marea di tempo e lì ho capito che la corsa era andata. Ho perso anche la maglia di miglior giovane, mi è rimasta quella a punti.

Te la sei presa tanto?

All’inizio sì, ma poi riflettendo ho pensato che per come ero arrivato in Romania avevo già fatto tanto, quindi non potevo tanto lamentarmi in fin dei conti.

Il talentuoso Messner continua a crescere: prima vittoria nella stagione nelle corse a tappe (foto Zsolt)
Il talentuoso Messner continua a crescere: prima vittoria nella stagione nelle corse a tappe (foto Zsolt)
E ora?

Ora si gareggia cercando di affinare la forma per il Giro del Friuli. Non è certamente la stessa cosa, il percorso in generale non fa per me, ma ci sono tappe interessanti dove posso dire la mia se ho la condizione giusta.

Nel complesso come giudichi questa tua stagione?

Sinceramente mi aspettavo di più, volevo arrivare alla vittoria molto prima, invece la cronometro è stata il primo centro dell’anno. In primavera non ero neanche andato male, con il 5° posto al Liberazione e prima una bella gara al Belvedere, ma poi sono arrivato al Giro senza la condizione che volevo e in gara si è visto.

Marco con suo fratello Elia (in maglia bianca), ma guardate chi c’è a scattare il selfie…
Marco con suo fratello Elia (in maglia bianca), junior 1° anno che si sta mettendo in evidenza
Tra l’altro fra gli juniores sta emergendo un altro Andreaus, tuo fratello Elia…

Per essere un primo anno se la sta cavando più che bene. Come conformazione e caratteristiche siamo molto simili, lui però è un po’ più veloce di me…

Ora che cosa ti aspetti?

Vorrei affrontare una seconda parte di anno con qualche soddisfazione in più, qualche vittoria anche per meritarmi la riconferma nel team, dove mi trovo benissimo. La gamba sta tornando quella giusta, vediamo di farla fruttare.

Con Arzeni nel mondiale di Persico, fra tattica e calendario

20.08.2023
6 min
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Le parole di Elisa Longo Borghini sul mondiale donne hanno lanciato alcuni spunti di riflessione. Fra questi, uno riguarda Silvia Persico e il suo essere (forse) arrivata alla sfida di Glasgow stanca dopo Giro e Tour.

«E’ ancora giovane – ha detto Elisa – magari non sta facendo ancora dei carichi di lavoro super importanti. Ha fatto 10 giorni di Giro a tutta, poi due settimane per recuperare, poi di nuovo una settimana durissima al Tour. Può essere che sia arrivata un po’ stanca al mondiale».

Silvia Persico al momento si sta godendo le meritate vacanze, per cui abbiamo pensato di approfondire il discorso con Davide “Capo” Arzeni: il suo allenatore, che ne è stato anche diesse alla Valcar-Travel &Service e ora al UAE Team Adq (nella foto di apertura i due sono insieme poco dopo l’arrivo del mondiale).

Silvia Persico è stata la migliore delle azzurre, ma ha chiuso il mondiale allo stremo
Silvia Persico è stata la migliore delle azzurre, ma ha chiuso il mondiale allo stremo
Può essere vero quello che dice la “Longo”?

L’obiettivo principale per Silvia era il Giro, mentre al Tour è venuta a preparare il mondiale. Però lei per indole dà sempre tutto. Sarebbe bastato che non tenesse duro sul Tourmalet, per fare un esempio. Quindi forse non è uscita dal Tour stanca fisicamente, quanto piuttosto di testa. Perché fare classifica e anche le tappe è tanta roba. Sicuramente nel suo futuro ci sarà da rivedere questo aspetto.

Anche perché la sua stagione anche nel 2023 è iniziata con il cross.

Io sono un sostenitore del cross, ho pure il tatuaggio. Però è chiaro che il nuovo calendario della strada non aiuta e bisogna avere il coraggio di cambiare idea. Si parte ai primi di febbraio dal UAE Tour, che per noi è una corsa importantissima e quindi andiamo con le atlete migliori. Silvia è una di queste, quindi sicuramente dovrà rinunciare a fare una vera stagione di cross. Non abbiamo ancora definito nulla, però siamo orientati in questa direzione.

Ai mondiali di cross a Hoogerheide, Persico ha fatto una gara di rimonta, chiudendo al 4° posto
Ai mondiali di cross a Hoogerheide, Persico ha fatto una gara di rimonta, chiudendo al 4° posto
Non fare una stagione vera significa farne meno o non farlo proprio?

Il problema è che siamo in Italia. In Belgio e Olanda possono farlo a livello di preparazione, ma lì nel giro di pochi chilometri hanno tutte le prove migliori. Fare cross come preparazione per Silvia potrebbe significare partecipare a qualche gara da noi, però se deve cominciare a fare trasferte avanti e indietro dal Belgio, diventa tutto più complicato.

Finora Silvia era la giovane che faceva mille cose. Adesso deve selezionare gli obiettivi?

Ne parlavamo in questi giorni. Le piacerebbe anche partecipare all’Olimpiade e con quelle gli obiettivi cominciano a essere tanti, quindi bisognerà fare delle scelte. Il cross forse paga anche questo: se ne parla da anni, ma non è una disciplina olimpica.

Un Fiandre da protagonista. Dopo il Koppenberg in testa con Wiebes, Reusser e Kopecky. Vittoria alla belga, Persico quarta
Un Fiandre da protagonista. Dopo il Koppenberg in testa con Wiebes, Reusser e Kopecky. Vittoria alla belga, Persico quarta
L’abbiamo vista scalatrice, andare forte al Fiandre: quale è la sua dimensione? Oppure è destinata a fare tutto il calendario?

No, non deve andare da tutte le parti, neppure quest’anno è stato così. Però è vero che può andar bene al Fiandre, come alla Liegi e anche al Giro. Magari si vede di più nelle classiche delle Fiandre, perché le piacciono di più, esclusa la Roubaix. Nel nostro piccolo, quando c’era la Valcar, si puntava di più sulle classiche fiamminghe e le sono rimaste nelle corde. All’ultimo Fiandre ha fatto quarta

Sei il suo allenatore, ha margini di crescita?

Io dico di sì, facendo però delle scelte. Quest’anno ha corso il mondiale di cross e il giorno dopo è volata da Hoogerheide agli Emirati, passando dai meno cinque olandesi ai 27 gradi arabi. Penso che rinunciare al cross le dispiacerà, come dispiace a me, però credo sia una scelta inevitabile se vogliamo puntare a certi obiettivi.

Persico e Guazzini, entrambe ex sponda Valcar: una squadra che aveva poco da invidiare alla SD Worx
Persico e Guazzini, entrambe ex sponda Valcar: una squadra che aveva poco da invidiare alla SD Worx
Avete riparlato del mondiale e del percorso che avete fatto per arrivarci?

In questi giorni la sto lasciando tranquilla, ma sicuramente ne parleremo. Quest’anno è stato particolare anche per il calendario. Dal 28 giugno che ci sono stati i campionati italiani, siamo arrivati al mondiale e in 50 giorni c’erano dentro anche Giro e Tour. L’anno prossimo ci sono le Olimpiadi, ma il Tour Femmes sarà dopo e se non sbaglio tra la fine del Giro e l’inizio del Tour ci sarà più o meno un mese. L’Olimpiade nel mezzo porterà via tante energie, ma è un solo giorno e si recupera presto.

Secondo te su Silvia si può investire per un discorso di classifiche generali?

Il livello si è alzato veramente tanto, quest’anno i valori di Silvia in termini di watt sono gli stessi che ha fatto l’anno scorso, forse qualcosina di più, le classifiche però sono ben diverse. Però se mettiamo sul piatto il fatto che ha margini di crescita, la maglia gialla potrebbe essere la conseguenza di qualche tappa vinta e non un vero obiettivo. La vedo più come una cacciatrice di tappe. Quest’anno ha fatto una bellissima crono, però rispetto a certe atlete sulla distanza di 22 chilometri, era penalizzata.

Secondo Arzeni una delle tappe del Tour in cui mollare era quella del Tourmalet
Secondo Arzeni una delle tappe del Tour in cui mollare era quella del Tourmalet
Negli ultimi tre anni, ha aumentato di tanto i carichi di lavoro?

Ovviamente siamo andati sempre a progredire, anche perché adesso è nel pieno della maturità (Persico ha compiuto 26 anni a luglio, ndr). Ha avuto degli anni in cui non è stata bene fisicamente e non riuscivamo a capire cosa fosse. Una volta risolto tutto, sono arrivati i risultati e insieme la convinzione.

Se non avesse fatto il Tour, si poteva immaginare un avvicinamento alternativo al mondiale?

Ci sono diverse correnti di pensiero, perché non facendo il Tour c’era il rischio di arrivare con poco ritmo gara nelle gambe. E quindi la scelta è stata fatta, seguendo lo stesso percorso dello scorso anno, anche perché le donne non hanno quello che per gli uomini può essere il Giro di Polonia. Più che altro è stato il mondiale collocato nel momento sbagliato che ha sballato tutto. Comunque a me sembra che finora abbia fatto una buona stagione.

Consonni e Persico, diverso atteggiamento davanti alle corse: Persico non riesce a mollare
Consonni e Persico, diverso atteggiamento davanti alle corse: Persico non riesce a mollare
Longo Borghini dice che ha sbagliato a seguire i primi scatti di Kopecky.

Secondo me l’errore è stato un altro e quando non si è al 100 per cento è meglio non farlo. Ha seguito il primo attacco della Van Vleuten. Io credo che se non lo avesse fatto, sarebbe potuta arrivare con le prime 7-8. Magari non sul podio, ma sicuramente fra le prime 10. Piuttosto una che non ho mai visto andare così forte è stata Chiara Consonni, che ha fatto il Giro e il Tour e poi anche il mondiale su pista.

Ma lei al Tour non ha tenuto duro come Persico…

E’ proprio quello che stavo dicendo prima. Secondo me la scelta di Silvia per il futuro potrebbe essere quella di fare classifica in uno dei due Giri, puntando sulle tappe nell’altro. Così credo si possa fare davvero molto bene.

Tommasi, ex mezzofondista: «Mi riscatto col ciclismo»

19.08.2023
7 min
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Stamattina sono scattati a Budapest i campionati del mondo di atletica e c’è una ciclista che non solo li guarderà con un occhio particolarmente attento, ma che li avrebbe potuti disputare. Francesca Tommasi fino allo scorso dicembre era una mezzofondista dell’Esercito, tutt’altro che anonima poi varie vicissitudini fisiche l’hanno portata a correre in bicicletta (in apertura foto Ossola).

Nella sua prima vita agonistica, la 25enne veronese di Palazzolo di Sona è stata una promessa dell’atletica per merito di diversi titoli italiani ed una serie di bei risultati ottenuti con la nazionale. Adesso la sua attuale vita è con la Mendelspeck e la sua determinazione va oltre a quella che potrebbe sembrare una scommessa. Col team di Renato Pirrone ha partecipato all’ultimo Giro Donne dove ha allungato la lista di ragazze provenienti da altri sport. Sotto quell’aspetto, alla corsa rosa Tommasi era in buona compagnia. Giusto per citare gli esempi più emblematici, la statunitense Ewers (quarta nella generale) arriva dal calcio mentre la tedesca Niedermaier (vincitrice della quinta tappa a Ceres) dallo sci di fondo. E così, al termine di un allenamento attorno a casa, abbiamo voluto conoscere meglio Francesca che grazie agli studi in medicina ha anche un altro punto in comune con diverse atlete del gruppo.

Iniziamo dalle gare dell’ultimo periodo. Come sono andate?

Direi abbastanza bene. Domenica scorsa a Vittorio Veneto ha vinto Tonetti e sono arrivata ottava nel gruppetto delle sue inseguitrici. Peccato perché quando è partita la fuga decisiva non sono stata pronta ad andarci dentro anch’io. Invece a fine luglio a Tarzo ho conquistato il mio primo podio nelle gare open. Ho chiuso seconda da sola dietro Vigilia. La condizione con cui sono uscita dal Giro Donne sta dando qualche frutto.

Al Giro Donne che esperienza è stata?

Innanzitutto mai avrei pensato di poterlo correre se penso dov’ero e cosa facevo fino a pochi mesi prima. Tutto nuovo, tutto bello e stimolante. Pensate che l’anno scorso ero andata a Padova per vedere l’ultima tappa ed avevo fatto un selfie con Mavi Garcia. Quest’anno in uno dei primi giorni di gara, sono andata da lei mostrandole quella foto e facendone un’altra come ricordo del mio cambiamento. Mavi arriva dal duathlon e parlandone assieme anche lei capiva il mio stato d’animo dell’essere in una gara così importante. Il livello era decisamente alto. Mi ha fatto un certo effetto stare gomito a gomito con atlete che vedevo solo in televisione. Così come è stata una grossa emozione la settima tappa, quella di Alassio.

In effetti lì ti sei fatta vedere. Raccontaci pure…

Si arrivava in cima al santuario di Alassio ed era forse la frazione più temuta da tutte, quella che ha deciso il podio finale. Sono stata col gruppo della maglia rosa fin dalla prima salita malgrado avessi avuto un problema alla catena all’inizio. Ho dovuto fare un bello sforzo per rientrare e restare lì. Mi sono staccata sul penultimo gpm quando le big di classifica hanno alzato il ritmo. A quel punto ho iniziato la salita finale del mio passo ritrovando un buon ritmo. E’ vero, ho chiuso ventitreesima ma sono soddisfatta ugualmente se guardo chi mi ha preceduto e chi è arrivata dietro. Tolta la belga (Ghekiere, ndr) della AG Insurance-Soudal QuickStep, che è quasi una squadra WorldTour, in pratica sono stata la prima di un team continental, soprattutto piccolo come il nostro. Anche Renato (il team manager Pirrone, ndr) era molto contento della mia prova.

Francesca Tommasi è stata tesserata dalla Mendelspeck dopo il Ponente in Rosa disputato col Canturino (foto Ossola)
Francesca Tommasi è stata tesserata dalla Mendelspeck dopo il Ponente in Rosa disputato col Canturino (foto Ossola)
Chi era Francesca Tommasi prima di diventare ciclista?

Facevo atletica, mezzofondo nello specifico. Prima ancora, da piccola, ho fatto basket e volley ma amavo muovermi di più. La parte che mi piaceva di più della pallavolo era il riscaldamento perché si facevano diversi giri di palestra (ride, ndr). A scuola durante la ricreazione o le ore di educazione fisica mi piaceva correre contro i maschi e vedere chi ci metteva meno tempo a girare intorno al cortile. Sia io che i miei genitori e professori hanno capito che dovevo provare con l’atletica. Ho iniziato a Bussolengo quando ero in prima media e già a quattordici anni ho vinto il campionato italiano cadetti. Il primo di otto tricolori tra corsa campestre e in pista fino alla categoria U23. Tra le mie compagne c’era Nadia Battocletti e tra i maschi Yemen Crippa, due ragazzi che sono ancora azzurri.

Come si è sviluppata la tua crescita nel mezzofondo?

Bene anche se fin dai primi titoli ho iniziato ad avere piccoli infortuni ossei. Nonostante tutto sono riuscita a partecipare a manifestazioni importanti con la nazionale. Gli EYOF in Olanda nel 2013 (il Festival olimpico della gioventù europea, ndr), gli europei di cross e i mondiali di cross in Uganda nel 2017. Alla fine di quell’anno sono stata tesserata nell’Esercito tra le juniores. Nel 2019 a Venaria Reale ho vinto il tricolore assoluto del cross, oltre a quello U23. In quella stagione ho poi raccolto due quinti posti nei 5000 metri agli europei U23 in Svezia e in Coppa Europa in Polonia dove con l’Italia siamo arrivati quarti per solo mezzo punto dal bronzo.

Nella gara open di Tarzo, Tommasi è seconda dietro Vigilia e davanti a Venturelli, prima junior (foto Ph Rosa)
Nella gara open di Tarzo, Tommasi è seconda dietro Vigilia e davanti a Venturelli, prima junior (foto Ph Rosa)
Perché il passaggio al ciclismo?

Essenzialmente per salvaguardare le mie articolazioni. La corsa è molto traumatica per gli arti inferiori. Negli ultimi anni stavo accumulando troppe fratture da stress che mi hanno privato di traguardi importanti. Prima quella ad un calcagno durante le qualificazioni per Tokyo 2020 ed infine quella al femore l’anno scorso mentre stavo preparando gli europei di cross. Fortunatamente nell’estate del 2022 avevo preso la mia prima bici da corsa con la quale facevo già qualche giro per riprendermi. Ad inizio stagione mi sono congedata dall’Esercito e dallo scorso dicembre non ho più corso a piedi. Sono ancora scottata da quegli infortuni, ho paura di farmi male ancora e compromettere l’attività ciclistica.

Cosa stai apprezzando di questa tua seconda vita da atleta?

Intanto devo dire che mi piace molto correre in bici. Sento il beneficio di una muscolatura più potente e non dover più convivere con i problemi fisici di prima. Mi piace anche l’aver potuto conoscere ragazze che ammiravo per alcune cose che abbiamo in comune. Ad esempio Chabbey, che è stata a lungo in fuga al mondiale, e Magnaldi sono dottoresse in medicina e chirurgia come sarò io a breve. Ad ottobre mi laureerò e poi farò la specialistica. Durante il volo che ci ha portato in Sardegna per ultime tappe del Giro Donne, sono andata a sedermi di fianco ad Erica (Magnaldi, ndr) e abbiamo parlato di questo, di come poter fare conciliare tutto o cosa privilegiare. E’ stata una chiacchierata interessante e piena di spunti. La mia idea sarebbe quella di specializzarmi in medicina dello sport. Prima vedremo come andrà col ciclismo.

Tommasi è una scalatrice dotata di un buon recupero. Sta imparando tutti gli aspetti tecnico-tattici del ciclismo (foto Pascal Cln)
Tommasi è una scalatrice dotata di un buon recupero. Sta imparando tutti gli aspetti tecnico-tattici del ciclismo (foto Pascal Cln)
Nel frattempo che obiettivi hai ora correndo in bicicletta?

Ho iniziato la stagione con il Club Corridonia che poi mi ha prestato al Canturino per il Trofeo Ponente in Rosa. Sono stata notata dalla Mendelspeck che mi ha tesserato. Quindi, vedendo questa escalation, l’intento è quella di continuare a crescere e imparare tanto, tutto. Sto migliorando a stare in gruppo e ad impostare meglio le traiettorie in curva in discesa. Sto cercando di velocizzare le operazione quando vado all’ammiraglia a prendere la borraccia. Sto attenta quando devo mangiare e bere in corsa. Sto imparando anche le tattiche e a leggere la corsa. Una mia risorsa invece è la capacità di recuperare gli sforzi, il mezzofondo mi ha aiutato molto. Tanta gente mi domanda sempre se non mi manchi l’atletica e quello che potevo fare. Io rispondo che il mio riscatto lo sto trovando nel ciclismo e non ne sono assolutamente pentita.

Pinotti, dicci: quali progetti avete su De Pretto?

19.08.2023
6 min
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La Jayco AlUla ha messo a segno, nell’estate calda e affollata di impegni del ciclismo, un bel colpo di mercato. Il team australiano ha preso Davide De Pretto dalla Zalf. Un corridore che ha dimostrato tanto in questi anni da under 23 e che lascia la continental veneta dopo due stagioni e tanti bei piazzamenti.

Per De Pretto (il secondo in maglia azzurra) quella di Glasgow è stata la seconda presenza al mondiale U23
Per De Pretto (il secondo in maglia azzurra) quella di Glasgow è stata la seconda presenza al mondiale U23

Seguito dal 2022

De Pretto ha 21 anni, nel ciclismo moderno è l’età giusta per passare professionista, e anche la Jayco lo sa, tant’è che lo segue da un anno ormai. Aveva iniziato con uno stage estivo, ad agosto, dove aveva preso le misure. Poi è arrivata la convocazione al ritiro invernale della Jayco-AlUla e, per completare il cerchio, ecco la firma su un biennale che lo porta ufficialmente nel WorldTour. Marco Pinotti è uno dei tecnici che lo ha seguito maggiormente in queste sue esperienze con il team australiano.

«Lo avevo seguito – racconta Pinotti – fin dallo stage del 2022, in realtà lo tenevo monitorato dall’inizio di quella stagione. E’ arrivato ad agosto non nella migliore della condizioni, arrivava dai mondiali di Wollongong e non ha avuto tanto tempo per ambientarsi e correre. Tuttavia non si era comportato male, al Giro dell’Emilia è stato l’unico a finire la corsa insieme a Colleoni. Mentre alla Tre Valli della Jayco è arrivato solo lui al traguardo».

De Pretto quest’anno ha ottenuto degli ottimi risultati nelle gare internazionali di inizio stagione (photors.it)
De Pretto quest’anno ha ottenuto degli ottimi risultati nelle gare internazionali di inizio stagione (photors.it)

Un anno dopo

Poi è arrivata la convocazione al ritiro di gennaio, dove De Pretto ha lavorato tanto con il team. Un rinnovo di fiducia importante, culminato con l’annuncio del suo approdo ufficiale alla Jayco AlUla, poche settimane fa. 

«Quei giorni di lavoro con noi in inverno – spiega Pinotti – gli hanno fatto bene. Sicuramente ha affrontato un buon blocco di lavoro, lo abbiamo spinto fuori dalla sua zona di comfort. Ne ha beneficiato, tanto che a inizio stagione è andato forte. E’ arrivato terzo al Piva, terzo alla Liegi U23 e secondo al Belvedere. Questo suo arrivo da noi è stata la chiusura di un cerchio, di un percorso studiato e portato avanti con precisione.

«Forse – continua – avrebbe potuto fare un anno di maturazione in più tra gli under 23, ma non alla Zalf. Da luglio abbiamo un accordo con la squadra di Axel Merckx (Hagens Bergman, ndr) e vogliamo lasciare da loro qualche corridore che deve crescere e maturare. Ma l’accordo con il team di Merckx è arrivato dopo quello con lo stesso De Pretto».

Già nel 2022, De Pretto ha avuto modo di fare uno stage con il team WorldTour (foto Instagram)
Già nel 2022, De Pretto ha avuto modo di fare uno stage con il team WorldTour (foto Instagram)

Ambientamento

I benefici che De Pretto può trarre dal correre subito con la Jayco-AlUla sono legati al suo ambientamento. Il giovane italiano arriva da un team completamente diverso rispetto a quella che può essere una WorldTour. Prendere le misure sarà importante per lui e per la squadra, così da non perdere troppo tempo. 

«Il suo percorso – dice nuovamente Pinotti – dovrà prevedere un periodo di ambientazione ad inizio anno. Il più grande ostacolo sarà la lingua, ecco perché nel ritiro che ha fatto con noi a gennaio lo abbiamo messo in gruppo con gli italiani (Zana, De Marchi, Sobrero, ndr). Sarebbe l’ideale fargli fare un avvicinamento come quello di Engelhardt. Il quale ha preso sempre più fiducia ed è arrivato a vincere due gare già alla sua prima stagione con noi.

«De Pretto – spiega Pinotti – è un corridore sveglio, sa correre bene e ha un buon spunto veloce. Un primo grande obiettivo potrebbe essere quello di farlo correre alla Liegi dei grandi, visto che a quella degli under 23 è arrivato terzo. E’ un’ipotesi, però si è visto che le corse che gli piacciono sono queste».

Al Giro Next Gen ha conquistato la maglia ciclamino, una bella prova per il corridore della Zalf (foto LaPresse)
Al Giro Next Gen ha conquistato la maglia ciclamino, una bella prova per il corridore della Zalf (foto LaPresse)

Un grande cambiamento

A De Pretto manca l’abitudine di correre con regolarità le corse a tappe, nel 2022 ne ha fatta solamente una. Mentre nel 2023 è a quota due, forse farà il Giro del Veneto, e così diventerebbero tre. E’ un numero basso, comunque, visto che nel ciclismo dei grandi ora si lavora per blocchi di lavoro e per corse a tappe, anche brevi.

«Il salto dalla Zalf alla Jayco – dice ancora Pinotti – è importante, da noi si fanno meno gare e ci sono più periodi per allenarsi. De Pretto dovrà essere bravo ad abituarsi e a costruire una grande resistenza per i periodi successivi. Un primo punto sul quale migliorare saranno sicuramente le salite lunghe, dove per peso e caratteristiche può crescere ancora. Lui però è il prototipo del corridore moderno: esplosivo, leggero e rapido».

Sobrero, in uscita a fine stagione, e De Pretto hanno caratteristiche simili nelle corse in linea
Sobrero, in uscita a fine stagione, e De Pretto hanno caratteristiche simili nelle corse in linea

Come Sobrero?

La Jayco-AlUla ha perso Sobrero, passato alla Bora-Hansgrohe di Gasparotto. L’arrivo, quasi simultaneo di De Pretto ha fatto sorgere una domanda: potrà sostituire il piemontese?

«De Pretto – conclude Pinotti – è un corridore che porta tanti punti e noi serviva un profilo così. Un atleta che può fare bene dai Paesi Baschi al Romandia e poi nelle classiche di fine stagione. La perdita di Sobrero ci fa dispiacere, abbiamo provato a tenerlo, ma non ci siamo riusciti. De Pretto e Sobrero si sono incontrati nel ritiro di Livigno, con una battuta ho detto a Sobrero: “Abbiamo trovato il tuo sostituto, che va più forte di te! Se rimani gli fai da gregario”. Chiaramente scherzavo, a livello di corse di un giorno sono simili, l’unica differenza è nelle tempistiche.

«Sobrero nel primo anno in Astana e al primo con noi non ha curato molto le gare in linea, sacrificando tutto alla cronometro. Quest’anno abbiamo provato a rimetterlo in carreggiata, ma gli mancava un po’ di abitudine, anche se poi ha vinto in Austria. Con De Pretto potremo subito concentrarsi sulla sua crescita nelle gare in linea, non avendo alternative sulle quali concentrarci. Sarei contento se De Pretto diventasse come Sobrero, o qualcosa in più. Speriamo che quest’ultimo ci lasci con un bella vittoria di tappa alla Vuelta, sarebbe un bel regalo».