Tante fughe e piazzamenti. E’ la Mendelspeck di papà Pirrone

11.08.2022
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Fuga, visibilità e crescita. Tre sostantivi che in corsa rappresentano il mantra del Team Mendelspeck, approdato quest’anno nel mondo delle continental UCI dopo tanti anni nel settore giovanile con grandi risultati.

Al Giro d’Italia Donne abbiamo conosciuto meglio la formazione altoatesina, che si è contraddistinta per andare sempre all’attacco nelle tappe in cui le è stato possibile. Ma non si è limitata solo alla corsa rosa. Già si erano fatte vedere al campionato italiano e poi hanno proseguito con questo trend recentemente anche al Tour Féminin International des Pyrénées, dove hanno raccolto buoni piazzamenti nelle quattro frazioni.

Con il loro team manager e diesse Renato Pirrone – padre di Elena, cresciuta nella Mendelspeck con cui ha vinto titoli nazionali, europei e mondiali – abbiamo voluto fare un bilancio di metà stagione, in previsione del finale e della prossima.

Renato com’è andata finora?

Per essere al primo anno con licenza UCI direi che siamo molto contenti. Per me non è stata una novità. Avevo avuto una breve esperienza con l’Astana Womens nel 2019 quando c’era Elena prima che passasse alla Valcar a metà anno. Tornando a noi, abbiamo dovuto prenderci le misure all’inizio, capire come si correva specie nelle gare internazionali. Nel frattempo abbiamo fatto esperienza e in tante corse ci siamo state dentro bene. Abbiamo fatto tre corse a tappe. Oltre al Giro e sui Pirenei, abbiamo corso in Repubblica Ceca al Gracia Orlovà. Siamo stati in altre corse in Francia, oltre a quelle in Italia, tra internazionali ed open.

Come hai ritrovato il ciclismo femminile da dirigente a distanza di qualche anno?

Totalmente cambiato. E’ cresciuto in modo esponenziale. All’epoca non esisteva ancora il WorldTour seppur se ne stesse già parlando con insistenza. Prima anche i team più rinomati cercavano ragazze in ogni angolo del mondo per avere punti e ricevere inviti per correre. Ora invece molte formazioni sanno già di partecipare di diritto alle corse. C’è un calendario raddoppiato e secondo me crescerà ancora nel 2023. L’asticella si è alzata tanto, ma non potrà farlo all’infinito. Fino a quando il WorldTour potrà permetterselo?

Spiegaci pure…

Intendo dire che non tutte le formazioni della massima serie possono avere una struttura adeguata al calendario. Ora con una quindicina di atlete, e relativi staff, talvolta fanno fatica a fare doppia attività. Figuratevi una continental come la nostra. L’anno prossimo si aggiungeranno altre squadre nel WT e se vogliono ampliare i roster, prendendo anche quelle che passano junior, per noi non resta tanto da fare nel giro di pochi anni. Bisogna pensare a qualcosa di più graduale.

Tornando al Giro Donne, com’è stato?

Lo abbiamo fatto al di sopra delle nostre aspettative. L’obiettivo era quello di arrivare a Padova e lo abbiamo fatto chiudendo con tutte e sei le nostre atlete. Ci siamo fatte vedere andando in fuga. Nella classifica delle giovani abbiamo ottenuto un soddisfacente settimo posto con Angela Oro, mentre nella speciale classifica delle italiane (la maglia azzurra, ndr) è arrivata nona Eva Maria Gatscher sulle quaranta che partecipavano. Al momento sono questi i risultati che dobbiamo guardare. Devono essere dei punti di partenza.

Che tipo di squadra è la vostra?

Abbiamo solo nove atlete. Siamo piuttosto piccolini e giovani. Prediligiamo le gare mosse e non abbiamo velociste pure. Il nostro team è pensato per fare maturare le ragazze e poi magari un domani mandarle in team più forti ed attrezzati. Vorremmo diventare una formazione di sviluppo, cercando di raccogliere risultati col passare del tempo ma soprattutto far scoprire agli altri i nostri talenti.

Prima hai fatto il nome di due ragazze ma anche altre si sono distinte.

Oro è una scalatrice di vent’anni alla prima vera stagione da elite che sta migliorando. Gatscher arriva dal motocross e pertanto a livello tattico deve imparare tutto, però va molto forte. Lo ha dimostrato al Giro e ancor più sui Pirenei nell’arrivo in cima al Col du Soulor con tanta salita e il giorno dopo a Lourdes. Pisciali la mando sempre in fuga anche contro la sua volontà, perché adesso è meglio farsi vedere per cinquanta chilometri che fare ventesima in volata. Anche Missiaggia al Giro è andata sempre all’attacco. Prima o poi una fuga può andare in porto. Canvelli deve capire se continuare più seriamente o meno, potenzialità ed esperienza ce le ha per farlo. Però lei è importante perché sa fare gruppo con tutte le altre compagne. Le unisce. Ed è un aspetto che serve tanto in una squadra.

Avete fatto un salto importante rispetto al passato. Come mai?

Facevamo già le elite l’anno scorso, ma qualcuno ci chiedeva perché non prendessimo la licenza continental. Un po’ di nostre ragazze erano pronte per fare un passo in avanti, altre le abbiamo prese ed altre ancora le prenderemo per il 2023, in cui vorrei avere più scelta tra le atlete. Alla fine abbiamo ricevuto buoni feedback da addetti ai lavori ed altre squadre. Ci riconoscono la professionalità. Noi cerchiamo di fare il nostro meglio in base alle nostre possibilità economiche. Gli stessi sponsor sono contenti anche della copertura che abbiamo con i social o nelle dirette delle tappe al Giro. Abbiamo ricevuto richieste di atlete da Australia e USA per venire a correre da noi per scoprire la gare europee. Significa che qualcosa si è mosso e saremmo ben contenti di poter avere straniere in squadra.

Prossimi obiettivi?

Per il 2023 aumentare un po’ il budget, far crescere ulteriormente le ragazze che resteranno con noi e prendere una sprinter. Per quest’anno invece mi accontenterei di una vittoria in una gara open, assoluta o di categoria che sia. L’abbiamo solo sfiorata con Oro (terza elite ad Arcade, ndr). Diciamo che vorrei che diventassimo più continue finalizzando quando ci è possibile. Sono fiducioso per il prossimo futuro.