La storia di Garibbo, quando vincere non basta

20.09.2023
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Terzo al GP Industria del Cuoio, poi vittoria al Tour of Kosovo condita da un successo di tappa e dalla maglia della classifica a punti, poi 6° al Giro del Medio Polesine e 2° alla Freccia dei Vini. Questi sono solo i risultati di settembre di Nicolò Garibbo, il corridore del Gragnano Sporting Club. I numeri della sua stagione sono davvero notevoli: 6 vittorie e ben 22 top 10 in 35 giorni di gara. Oltretutto parliamo di un corridore di 24 anni che quindi può prendere parte solo alle corse elite, ma considerando il calendario Under 23, pur avendo meno occasioni di competere, finora solo De Pretto ed Epis hanno fatto meglio di lui.

E’ proprio questo aspetto, la sua età anagrafica, che dà alle sue prove un sapore particolare, forse anche malinconico. Garibbo non ha fatto mistero, anche solo poche settimane fa, di essere a un bivio della propria carriera: «Se non trovo un contratto da pro’, mollo tutto» aveva detto e finché non metterà la sua firma su un contratto, dal prossimo anno potremmo non vederlo più. Eppure uno così farebbe comodo a tanti team che vanno a caccia di punti tutto l’anno…

Garibbo alla firma di una tappa in Kosovo. Il corridore di Imperia ha vinto la classifica con 6″ su Cozzani e 7″ sul greco Drakos
Garibbo alla firma di una tappa in Kosovo. Il corridore di Imperia ha vinto la classifica con 6″ su Cozzani e 7″ sul greco Drakos

Tappa e maglia

La sua vittoria al Giro del Kosovo ha avuto risvolti amari e dolci a seconda dei punti di vista, o meglio del protagonista. A raccontare che cosa era successo è lo stesso Garibbo.

«Prima della terza e ultima tappa – racconta – in testa c’era Piergiorgio Cozzani con 4” su di me. Eravamo d’accordo di proteggerlo, ma in corsa il fato ha voluto che forasse e avesse problemi con la ruota sostitutiva. A quel punto dovevamo decidere che cosa fare. Cozzani aveva vinto la prima tappa, ma non poteva più vincere il Giro. Cataldo aveva vinto la seconda. Io avevo chiesto di vincere la terza se ci fossimo trovati nella situazione, così proprio Cataldo mi ha aiutato a vincere. Solo dopo ci siamo accorti che così non solo avevo vinto il Giro, ma gli avevo purtroppo tolto anche la maglia della classifica a punti e questo mi è dispiaciuto tantissimo».

Alla fine grande festa per il team di Gragnano, che ha vinto praticamente tutto
Alla fine grande festa per il team di Gragnano, che ha vinto praticamente tutto
Lui come l’ha presa?

Ci è rimasto molto male, ci teneva, ma non avevamo fatto bene i conti. Nel dopo gara ci siamo spiegati, ancora oggi lo ringrazio perché ha sacrificato il suo obiettivo per il mio e questo lo fa solo chi è un signore nell’animo.

Come sono i rapporti in squadra?

L’atmosfera è ideale, non otterremmo questi risultati senza. In Kosovo abbiamo vinto tutto quel che si poteva. Per me poi era la prima gara all’estero dell’anno, devo dire che non ho viaggiato molto e mi è piaciuta tantissimo quest’esperienza, anche perché ho potuto conoscere un Paese del quale sapevo davvero molto poco pur essendo così vicino. A me viaggiare piace molto, poi parlo abbastanza bene l’inglese e mi piace comunicare con gli altri, conoscere la loro realtà.

Che cosa ti è rimasto impresso?

Il contrasto fra povertà e lusso che si vede a Pristina, la Capitale, dove magari da una parte della strada c’è l’hotel a 4 stelle e di fronte case senza porte e finestre. Questa contraddizione ci ha accompagnato per gran parte del Giro e non poteva lasciare indifferenti.

Podio nel GP Industria del Cuoio a Santa Croce sull’Arno dietro Wood (GBR) e Petrelli (foto Pagni)
Podio nel GP Industria del Cuoio a Santa Croce sull’Arno dietro Wood (GBR) e Petrelli (foto Rodella)
Tu hai 24 anni, hai già superato la categoria, sei in quella specie di “terra di nessuno”. Ti chiedi mai perché?

Ci sarebbe molto da dire… Intanto ho avuto problemi alla tiroide con i quali ho trovato modo di convivere solo dopo molto tempo, raggiungendo l’equilibrio necessario per emergere. Poi nell’ultimo anno da U23 ho preso il Covid e ho saltato mezza stagione. Nel 2022 ho trovato la mia dimensione, attraverso un farmaco più adatto per la mia patologia e l’aiuto fondamentale di un mental coach, i risultati di quest’anno sono figli di questo nuovo me. Devo anche dire grazie al mio diesse Massini che da anni mi segue e sa dire sempre le parole giuste.

Tutti quei risultati vorranno pur dire qualcosa…

Mi manca non poter competere nelle gare internazionali, sarebbe un bel banco di prova e una vetrina vera, maggiore, per farmi vedere. Io mi sento pronto per fare il salto, perché anche se sono avanti di età rispetto a tanti che passano, ho acquisito esperienza, quell’esperienza di vita che in certi momenti è fondamentale per andare avanti in un mondo difficile come quello ciclistico. Quest’anno ad esempio ho affrontato le mie prime volate, mettendo a frutto l’allenamento specifico e vincendo le mie ritrosie e i risultati sono arrivati anche lì.

Un giovanissimo Garibbo in gara al Giro di Toscana 2018, chiuso all’88° posto
Un giovanissimo Garibbo in gara al Giro di Toscana 2018, chiuso all’88° posto
Qualche chiamata è arrivata?

Contatti ci sono, una squadra continental italiana mi ha anche fatto delle proposte che mi attirano molto. Mi è mancato non poter fare uno stage con qualche squadra estera, penso che sarebbe stato utile per me, per farmi vedere maggiormente, anche per apprendere qualcosa di nuovo. Ma ho capito che in questo ciclismo così “giovane” è difficile che i team abbiano pazienza di aspettare chi, come me, matura tardi.

C’è chi ti segue e sta lavorando per trovare un contratto?

Sì, ho Fondriest ed Alberati che mi seguono da quel punto di vista e che ci hanno messo la faccia per aiutarmi e devo dire grazie perché non è facile trovare qualcuno che crede in te e nelle tue possibilità se non sei giovanissimo.

Per il ligure la speranza che tanti risultati portino anche attenzione da parte di qualche team pro’ (foto Federazione Kosovo)
Per il ligure la speranza che tanti risultati portino anche attenzione da parte di qualche team pro’ (foto Federazione Kosovo)
Tu comunque hai sempre voluto tenerti una porta aperta a prescindere dall’attività agonistica…

Sì, ho preso la laurea triennale in Scienze Motorie e quando smetterò farò la magistrale. Intanto sto seguendo un corso specifico per l’alimentazione e attraverso la piattaforma Training Peaks seguo una decina di amatori. Vorrei continuare questa carriera di preparatore, a prescindere da come andrà in bici, penso che quello sarà il mio futuro.

Intanto ti attende il finale di stagione, che stando all’ultimo weekend prosegue sulla falsariga dei precedenti.

Mi dispiace non avere occasione di competere con i pro’ nelle classiche italiane, avessimo avuto un invito sarebbe stato un bel banco di prova. Dico la verità, non vorrei chiudere senza avere avuto la possibilità di capire qual è realmente il mio livello. E si può sapere solo confrontandosi con i team più grandi. Così mi resterebbe l’amaro in bocca…

«Cosa ho capito da questa Vuelta», le riflessioni di Remco

20.09.2023
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Non è facile giudicare la Vuelta di Remco Evenepoel. Se si pensa che era partito per vincerla e fare il bis dopo il successo dello scorso anno, chiaramente il belga meriterebbe l’insufficienza. D’altro canto, come si fa a dare l’insufficienza a chi ha vinto tre tappe, la maglia di miglior scalatore, ha vinto il premio della combattività ed è stato protagonista per tutto il tempo? 

Per lo stesso corridore della Soudal-Quick Step il pollice va verso l’alto: «Ci sono state molte emozioni e situazioni diverse nell’arco delle tre settimane, ma posso ritenermi soddisfatto di quanto ottenuto, soprattutto dopo la delusione del Tourmalet».

A Madrid, al termine della corsa spagnola, il campione mondiale a crono ha fatto qualche disamina sulla sua gara. Un insieme di riflessioni interessanti, ma anche un po’ contrastanti o quantomeno non perfettamente in linea. In ognuna però c’è un fondo di verità.

A circa 90 chilometri dal Tourmalet, Evenepoel si stacca e naufraga. Lì finisce una Vuelta e ne inizia un’altra
A circa 90 chilometri dal Tourmalet, Evenepoel si stacca e naufraga. Lì finisce una Vuelta e ne inizia un’altra

Reazione e preparazione

Partiamo da uno dei punti forti della Vuelta di Remco: la reazione post Tourmalet. Perché la debacle ci può essere, ma la reazione è da campioni. Pogacar ne ha fatte due solo nell’ultimo Tour. Nibali a sua volta nel Giro 2016 fu in grado addirittura di ribaltare la classifica, anche se non fu da un giorno all’altro. E Remco, attesissimo dopo la sconfitta sul Tourmalet, il giorno dopo si è gettato all’attacco come non ci fosse un domani, siglando un successo memorabile.

Ma se la reazione alla debacle va bene, la debacle non va bene se si vuol vincere un grande Giro. Proprio qualche giorno fa Giuseppe Martinelli ci aveva detto che Remco deve imparare a gestire i momenti di difficoltà. Che non deve spegnere il cervello e lasciarsi andare alla deriva. Perdere 5′ è una cosa, 27′ è tutt’altra.

«Cosa ho imparato da questa Vuelta? Che posso ancora migliorare durante un grande Giro – ha detto il belga – sono andato meglio ogni giorno dopo il Tourmalet. Possiamo essere fiduciosi che potrò fare bene in un Grand Tour. Ho capito che serve però una preparazione perfetta, un ambiente rilassato e non fare le cose in fretta. Proprio come l’anno scorso».

«Devo fare una preparazione mirata al 200 per cento sul grande Giro, facendo qualche corsa di un giorno in meno prima. Bisogna risparmiare energie e pianificare bene l’intero anno».

Remco ripreso sull’Angliru. Un confronto testa a testa con i big su quella salita sarebbe stato importante, ma anche rischioso dal punto di vista mentale
Remco ripreso sull’Angliru. Un confronto testa a testa con i big su quella salita sarebbe stato importante, ma anche rischioso

Qualche dubbio

Remco parla di fretta e preparazione perfetta: se all’interno del team qualcosa non ha funzionato questo lo sanno soltanto loro. Da fuori il cammino sembra essere stato più che lineare. I tecnici sembravano essere soddisfatti. Remco ha passato 80 giorni in altura e nel mondiale a crono ha sviluppato numeri pazzeschi. Okay, Evenepoel ha avuto il Covid durante il Giro, ma da metà maggio (ritiro dal Giro) alla seconda metà di agosto (inizio della Vuelta), il tempo per recuperare c’è stato.

E poi a San Sebastian, esattamente come l’anno scorso, Remco volava. 

Anche se ha mancato l’obiettivo della classifica generale, il campione belga non vuole cambiare le sue prospettive per il futuro. 

«E’ troppo presto per cambiare obiettivo – ha detto l’ex iridato a fine Vuelta – e dire che punterò alle classiche, perché l’anno scorso comunque ho vinto la Vuelta. Quest’anno ho avuto una preparazione più difficile. Il podio in un Grande Giro resta il mio obiettivo». 

E poi ha aggiunto: «D’altra parte abbiamo visto che se avrò una giornata storta, posso cambiare velocemente obiettivo e andare a caccia di tappe e maglie. Questo è positivo poter giocare su entrambi i fronti».

Un punto debole del belga era la discesa. Adesso Remco è migliorato moltissimo anche qui
Un punto debole del belga era la discesa. Adesso Remco è migliorato moltissimo anche qui

Martinelli docet

Remco avrà anche capito cosa non ha funzionato, ma sinceramente non ci sembra questa la mentalità del corridore da corse a tappe. Per chi mira alla generale cambiare obiettivo perché non può più lottare per la classifica è una vera mazzata. E non qualcosa che si accetta tanto facilmente come è sembrato dire Evenepoel. 

Ancora una volta le parole di Martinelli sono vitali: «Deve gestire quei momenti e gli serve qualcuno vicino».

Anche perché le dichiarazioni del belga tornano ad essere contrastanti: «Non posso essere deluso perché i miei risultati sono buoni. Il Tourmalet è stata una delusione e non so davvero come sia riuscito a riprendermi.

«Al mattino, dopo quella tappa mi sentivo davvero stanco, svuotato e non avevo voglia di proseguire ma, appena sono salito in bici avevo buone gambe e buone sensazioni. Penso sia stata una sensazione di vendetta. La vittoria quel giorno mi ha dato una spinta morale e mi sono detto che avrei potuto combattere per la maglia a pois e le tappe. Ne ho parlato molto con il mio direttore sportivo e abbiamo deciso per questa opzione».

Remco può fare tutto: da una Liegi a un Giro d’Italia o un Tour, ma prima di parlare di obiettivi che cambiano in itinere, preparazioni… forse deve trovare la sua “quadra”. E in tal senso quando parla di fare le cose senza fretta, tutto sommato non sbaglia.

Tante novità in casa Guerciotti, in vista dei 60 anni

19.09.2023
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Casa Guerciotti è il simbolo del ciclocross italiano, non a caso l’azienda milanese nel 2024 festeggerà i 60 anni di attività e vuole farlo alla grande, perché è una ricorrenza non di poco conto. Ci sono tante novità all’orizzonte, quel che può sembrare strano è che esse non riguardano solo il roster del team, anche perché alla Guerciotti sono fedeli al motto “squadra che vince non si cambia” e quindi le punte sono tutte lì.

Il team riparte dai 4 titoli italiani conquistati a gennaio. L’ambizione è fare ancora meglio
Il team riparte dai 4 titoli italiani conquistati a gennaio. L’ambizione è fare ancora meglio

Nuovo team, nuovo logo

Cambia invece la denominazione della società, che diventa Team Fas Airport Services-Guerciotti-Premac grazie all’innesto dell’azienda bresciana specializzata in materiale per l’edilizia.

«Questa nuova avventura con Guerciotti può scrivere altre grandi pagine del ciclismo – sottolinea il presidente della Premac Srl Angelo Tonoli – insieme lavoriamo già nel ciclismo su strada (con la Isolmant-Premac-Vittoria, ndr) e la collaborazione tra di noi procede bene. L’ingresso nel ciclocross sarà proiettato sull’investire verso i giovani e puntare nuovamente alla maglia iridata».

Un’ambizione non da poco, addirittura stimata in 3 anni, quasi azzardata considerando il livello attuale del ciclocross italiano, che pure le sue soddisfazioni riesce a prendersele infiltrandosi ogni tanto nello schiacciante duopolio Olanda-Belgio. Intanto però la squadra guarda al panorama nostrano con l’ambizione di essere competitiva in ogni categoria assoluta.

Il logo del team fa bella mostra sul telaio della bici, modello CXS, che domenica sarà a Hillnau
Il logo del team fa bella mostra sul telaio della bici, modello CXS, che domenica sarà a Hillnau

Si punta sui (e sulle) giovani

«E’ vero che nel suo complesso la formazione ha un’intelaiatura basata su quella dello scorso anno – spiega il team manager Alessandro Guerciotti – ma è anche vero che qualche novità c’è, perché abbiamo inteso lavorare soprattutto in prospettiva. Ferme restando le presenze di Bertolini e Casasola, che sono garanzie assolute fra gli elite, abbiamo portato sotto il nostro tetto il meglio che c’è a livello junior femminile, con Arianna Bianchi, Elisa Ferri e l’italoalbanese Neria Kabetaj. Fra le Under 23 arriva Nicole Pesse, fra i pari categoria abbiamo Travella, Leone e il neoentrato Tommaso Ferri». E la campagna acquisti potrebbe anche non essere finita…».

Cambia anche la livrea, i corridori avranno una divisa completamente nuova e questo non è un fattore secondario, come illustra la Marketing Director dell’azienda Micaela Guerciotti: «Abbiamo voluto rinnovare anche lo stile, puntare sulla milanesità del nostro brand. La nuova maglia, infatti, è disegnata da un collettivo post modernista chiamato Memphis Studio, una maglia che si ispira alla popart, art déco e stile anni 80-90. Le stesse idee sono state trasportate anche sul telaio della nostra CXS, in dotazione al team».

La nuova divisa della società. Il team sarà rappresentato in tutte le categorie assolute
La nuova divisa della società. Il team sarà rappresentato in tutte le categorie assolute

Attività in Italia e all’estero

L’esordio della squadra è ormai imminente: non si aspetterà l’inizio della stagione italiana, coincidente con la prima tappa del Giro d’Italia il 1° ottobre a Tarvisio, ma si partirà per la Svizzera già nel fine settimana, per affrontare la trasferta di Hillnau che, sia tecnicamente che anche per scaramanzia, è un punto fisso dell’agenda del team milanese e non solo. Ma qualche cambiamento, nella struttura del calendario, c’è ed è figlio del lavoro effettuato in sede federale per allargare numero e prestigio degli eventi.

«Continueremo a seguire la Coppa del Mondo – spiega Alessandro Guerciotti – e faremo anche qualche capatina nel cuore dell’attività tra Belgio e Olanda nella tradizionale campagna delle feste natalizie con tante gare di seguito, perché è fondamentale per costruire la condizione necessaria per i Campionati Italiani che sono il nostro appuntamento principale. Ma terremo nel dovuto conto anche la stagione italiana, ora che c’è un calendario finalmente soddisfacente. Sono state aggiunte altre prove tra nazionali e internazionali, che danno punteggio nel ranking e questo è utile, anche se non sufficiente per certi aspetti».

Bertolini resta la punta di diamante del team e cerca un rilancio internazionale (foto Billiani)
Bertolini resta la punta di diamante del team e cerca un rilancio internazionale (foto Billiani)

Un cammino appena iniziato

Risuonano nella mente le parole di Tonoli: parlare di ambizioni iridate sembra stridere con la situazione del ciclocross attuale: «E’ chiaro che gareggiando solo in Italia manca il polso della situazione, mancano quelle fondamentali esperienze contro i più forti, per questo terremo sempre nel dovuto conto gli appuntamenti esteri. I nostri ragazzi devono continuare a crescere e possono farlo solo affrontando i migliori. Nelle gare italiane la partecipazione estera, salvo rari casi, è scarsa se non parliamo di prove di Coppa del Mondo. E’ uno step sul quale lavorare, ma serve un budget adeguato ed è questo che fa la fondamentale differenza fra noi e i principali team europei. Noi comunque ci proviamo, è un cammino verso i vertici che vogliamo percorrere tutto, per il tempo che sarà necessario».

Da Sivakov a Christen, la UAE del presente e del futuro

19.09.2023
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La Vuelta è appena finita, la stagione ancora no, ma con Joxean Fernandez Matxin, general manager
e direttore sportivo della UAE Emirates, già guardiamo al 2024.
La sua squadra sta continuando quell’evoluzione che il team principal Mauro Gianetti ci aveva detto un paio di anni orsono: migliorare per diventare i numeri uno.

Per George Bennett, Pascal Ackermann, Matteo Trentin… che salutano ci sono Pavel Sivakov (in apertura alla Coppa Sabatini col futuro compagno Hirschi), Filippo Baroncini, Antonio Morgado, Nils Politt e Igor Arrieta che arrivano. E il mercato non è chiuso.

Matxin (classe 1970) è il direttore della parte sportiva del UAE Team Emirates
Matxin (classe 1970) è il direttore della parte sportiva del UAE Team Emirates
Joxean, la UAE Emirates continua a crescere. Come andate verso il 2024?

Quel che vogliamo è essere protagonisti al livello mondiale con più corridori e in più gare. E’ per questo che avevamo Adam Yates negli Stati Uniti e poi in Canada, Ayuso e Almeida alla Vuelta, Pogacar e Hirschi in Italia…  Per noi è importante il bilancio tecnico/sportivo. E c’è spazio per tutti. Poi è chiaro che quando c’è Pogacar, la squadra è per lui. Così come è chiaro che usciamo da una Vuelta e una stagione in cui i Jumbo-Visma hanno fatto primo, secondo e terzo e vinto tutti e tre i grandi Giri. Loro hanno due dei tre corridori più forti al mondo del momento, l’altro è il nostro.

Partiamo da Sivakov, tra gli atleti della vostra campagna acquisti molto in vista in questo momento visto come si è comportato tra Giro di Toscana e Memorial Pantani. Che prevedete per lui?

Come detto, ci sarà spazio anche per lui. Avrà le sue corse. Ma all’occorrenza sarà per la squadra. Abbiamo tanti e tutti capitani.

Esatto: ormai per essere una squadra forte servono tutti “capitani”. E’ anche per puntare alla classifica UCI?

Quello è un nostro focus. Certo, la Jumbo-Visma in questa Vuelta ha fatto un record assoluto di punti presi in un solo grande Giro. Credo che ne abbia presi 3.000. Noi siamo stati la seconda squadra con mille punti: pensate che differenza. Prima di questa corsa avevamo 2.600 punti di vantaggio, ora siamo lì.

Passiamo agli altri ragazzi. Morgado e Arrieta, sono molto giovani…

Perché in questo nostro progetto noi guardiamo anche alla crescita. Loro saranno i capitani del futuro. Servono corridori pronti come i Sivakov e i Politt, ma anche atleti di prospettiva. Ma quando dico futuro, dico un futuro vicinissimo. Parlando dei due atleti, tecnicamente sono due profili diversi. 

Il “vecchio” Pogacar con lo svizzero Jan Christen (classe 2004) stagista della UAE Emirates alla Coppa Sabatini
Il “vecchio” Pogacar con lo svizzero Jan Christen (classe 2004) stagista della UAE Emirates alla Coppa Sabatini
Spiegaci meglio…

Arrieta è uno scalatore spagnolo, non dico come Ayuso, ma non è molto lontano da quel livello. Sono convinto che il prossimo anno farà un grande salto di qualità. Morgado ha una classe mondiale, che può andare bene su più terreni. Ma penso anche allo svizzero Jan Christen. Va in mtb, ha vinto un europeo, può vincere una volata quasi di gruppo e andare forte in salita, fa pista… Capite quando parlo di futuro? Gli abbiamo fatto un contratto fino al 2028. Quando scegliamo un ragazzo è perché ci crediamo.

E Baroncini?

Anche lui avrà il suo spazio e in più occasioni. Filippo potrà essere un corridore molto, molto importante per le classiche. In lui crediamo molto e anche per lui vedo un grande salto di qualità il prossimo anno. Sentirà la nostra fiducia.

Quindi atleti giovani, profili di spicco e dei “capitani” che si mettono a disposizione: la Jumbo-Visma ha fatto alzare l’asticella?

Sì, ma credo che anche noi abbiamo fatto migliorare loro e li abbiamo fatti essere più competitivi. Penso a un grande campione come Roglic per esempio. Dopo il Giro non lo hanno portato al Tour ma lo hanno fatto recuperare in vista della Vuelta. Non era possibile dopo un Giro tanto duro averlo al livello necessario per il Tour.

Quindi anche loro si sono dovuti fare i calcoli…

Il discorso del livello di competitività è reciproco. Riporto la classifica UCI, noi e la Jumbo siamo sul filo dei 27.000 punti, la terza, la Ineos-Grenadiers, ne ha 16.000. Un gap enorme, quasi il doppio.

“Tutti capitani”: corridori fortissimi e vincenti in ruolo di gregari per UAE e Jumbo. Anche per il 2024 sarà così
“Tutti capitani”: corridori fortissimi e vincenti in ruolo di gregari per UAE e Jumbo. Anche per il 2024 sarà così
Torniamo al volto 2024 della UAE. Con il saluto di atleti come Ackermann e Trentin ci si sposta sempre più sulle corse a tappe?

No, attenzione, Trentin: non era solo per le gare di un giorno, Matteo era al Tour. E lo scorso anno non lo ha fatto solo perché aveva il Covid. E’ uno dei corridori più forti e intelligenti del gruppo, non volevamo perderlo, ma gli hanno fatto una proposta di tre anni e alla sua età ci sta che l’abbia colta. Per quanto riguarda lo sbilanciamento sui grandi Giri, a ottobre saremo in Belgio tutti per il velocista Ackermann (nonostante vada via, ndr). Vogliamo essere competitivi in tutti i tipi di gara.

Domanda che in parte si lega ai programmi UAE 2024. Tra i big, Pogacar è l’unico che in stagione non ha ancora mai fatto il secondo grande Giro. Come mai? E avverrà il prossimo anno?

Partiamo dal fatto che se i Jumbo-Visma hanno vinto i tre grandi Giri, noi abbiamo conquistato la maglia bianca in tutte e tre queste gare. Significa che i nostri atleti sono giovani, non hanno 30 anni e il futuro è dalla nostra parte… Non farei dunque dei paragoni. Certo che Tadej può fare due grandi Giri nello stesso anno, ma prima ancora del risultato noi curiamo la carriera sportiva degli atleti. 

Vai avanti…

Almeida, per esempio, è un corridore molto importante, ma in questo momento a 24 anni, non ci sembrava giusto di fargli fare il Tour dopo il Giro. Intanto pensiamo al bilancio sportivo, al recupero, al rispetto della crescita dell’atleta e guardiamola in prospettiva. Come ho già detto prima, quando noi portiamo avanti un progetto con un corridore ci crediamo fino in fondo. Gli diamo fiducia con contratti anche di 6-7 anni.

Salvoldi e l’Italia hanno voglia di rivincita: rotta su Drenthe

19.09.2023
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L’ultimo impegno che attende le nostre nazionali è quello dell’europeo di Drenthe, in programma dal 20 al 24 di settembre. La prova che assegnerà la maglia di campione europeo della categoria juniores verrà assegnata il 23 settembre. Fino all’ultimo le scelte sono state difficili per Dino Salvoldi, i tempi stringevano e le gare per selezionare i sei partecipanti anche. 

«Sono stati fondamentali i giorni di ritiro che abbiamo fatto a Montichiari – dice il cittì degli juniores – per la strada abbiamo optato per: Bessega, Montagner, Mottes, Negrente, Sierra e Giaimi. Bisogna capire come quest’ultimo reagisce alla caduta. Probabilmente per lui la più grande problematica sarà la cronometro, visto l’infortunio al gomito potrebbe far fatica a tenere la posizione sul manubrio».

Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores, ora cerca il riscatto all’europeo
Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores, ora cerca il riscatto all’europeo

Riscatto europeo

La medaglia di legno di Sierra ancora brucia se ci ripensiamo, quell’episodio sfortunato però deve essere la miccia che accende l’europeo azzurro. La voglia di riprovarci è mischiata alla consapevolezza di potersi giocare certe occasioni, e per di più da protagonisti.

«E’ tutto l’anno – afferma Salvoldi – che vedo i ragazzi più vicini ai loro coetanei stranieri: come mentalità e di conseguenza come prestazioni. Non sono timidi e non hanno paura di correre a ritmi elevati fin dai primi chilometri, ed è giusto così. All’europeo arriveremo mentalmente stanchi, la stagione è stata lunga per tutti. Ad eccezione magari di qualche ragazzo che si è fermato per infortuni o altri motivi. Fisicamente ci si può arrivare bene, i tempi per recuperare e preparare l’evento ci sono stati. E’ l’ultimo grande sforzo della stagione e troveremo le forze per fare bene, ne sono sicuro. D’altronde la maglia in palio è importante».

Mottes si è meritato la qualificazione agli europei dopo un’estate super
Mottes si è meritato la qualificazione agli europei dopo un’estate super

L’esordiente Mottes

Nel costruire la squadra che si giocherà il campionato europeo Salvoldi ha dovuto aspettare ed attendere tante conferme. I nomi erano previsti per il lunedì dopo il Trofeo Buffoni, l’11 settembre, ma le convocazioni sono slittate in avanti di una settimana.

«Dopo il Trofeo di Vertova e il Trofeo Paganessi – dice Salvoldi – c’è stato un virus e molti corridori non sono riuscito a visionarli. Così anche al Giro della Lunigiana ho fatto fatica a vedere i ragazzi e capire le loro reali condizioni. Sono state fondamentali le ultime gare: il Trofeo Buffoni e le ultime corse nazionali disputate nel weekend».

Tra i nomi spicca quello di Lorenzo Mottes, che nell’ultimo periodo è andato davvero forte e si è meritato questa convocazione.

«Lui è andato davvero bene nell’ultimo mese – afferma Salvoldi – la vittoria di tappa al Lunigiana e il terzo posto finale gli hanno permesso di guadagnarsi questa convocazione. Durante il ritiro di Montichiari ho avuto modo di vederlo dal vivo e ha risposto davvero molto bene».

Negrente è un velocista che può risultare molto utile alla nazionale di Salvoldi (photors.it)
Negrente è un velocista che può risultare molto utile alla nazionale di Salvoldi (photors.it)

Qualche certezza

Rispetto al mondiale di Glasgow qualche corridore è cambiato, i motivi sono diversi: il percorso in primis e la voglia di Salvoldi di dare a tutti i ragazzi un’occasione.

«Dopo il mondiale – dice ancora Salvoldi – la volontà era quella di fare una rotazione e dare un po’ di spazio ai primi anni. Uno su tutti è Bessega, che ha fatto una grande stagione e si è meritato la convocazione. Poi ho comunque dovuto fare delle scelte anche legate al percorso e alla condizione: Sierra e Negrente rientrano tra questi. Dei ragazzi presenti a Montichiari ho dovuto escludere Sambinello e Chinappi, mi è dispiaciuto molto, ma quando si deve scegliere purtroppo è così. Si parte mercoledì e inizieremo il nostro appuntamento europeo, nella giornata di giovedì dovremmo fare la ricognizione del percorso. Questi i vari impegni: le prove a cronometro il 20 e 21 settembre, mentre la gara su strada sarà il 23».

Vittoria e contratto in tasca: Malcotti è più tranquilla

19.09.2023
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Il Tour de l’Ardeche regala spesso soddisfazioni e motivi d’interesse per il ciclismo italiano. Nell’edizione che ha rilanciato Marta Cavalli, vincitrice davanti a Erica Magnaldi, al settimo posto ha chiuso Barbara Malcotti, che sulle strade francesi ha anche colto la sua prima vittoria internazionale da quando milita nelle fila della Human Powered Health. A ben guardare, il suo successo non è casuale, ma anzi arriva al termine di un percorso di crescita che ha attraversato tutta questa stagione.

Il successo in solitudine di Barbara Malcotti al Tour de l’Ardeche, primo squillo nel team Usa
Il successo in solitudine di Barbara Malcotti al Tour de l’Ardeche, primo squillo nel team Usa

Dalla Francia alla Cina

Barbara, che poi ha preso parte al Giro di Romandia e che ora sarà in gara in Italia per due classiche di fine stagione prima dell’ultimo appuntamento del team in Cina, ha una voce squillante nel raccontare quest’ultimo segmento stagionale, segno che le cose cominciano davvero a girare nel verso giusto.

«E pensare che la gara francese non era iniziata nella maniera migliore – racconta la trentina – non stavo bene i primi giorni così mi sono messa a disposizione della squadra, lavorando per la nostra velocista di punta Daria Pikulik. La polacca ha vinto la prima e la terza tappa e anche la seconda poteva essere nostra se non ci fosse stata una grande caduta all’ultima curva».

Per la trentina quest’anno 58 giorni di gare con 12 top 10, un bilancio positivo e incoraggiante
Per la trentina quest’anno 58 giorni di gare con 12 top 10, un bilancio positivo e incoraggiante
Poi però qualcosa dev’essere scattato nella sesta tappa, anche perché è stata una vittoria di forza…

In partenza non avevo particolari aspettative, visto come stavano andando le cose. Per il team il bilancio era già in attivo, avevamo anche Buijsman in classifica. La FDJ quel giorno ha fatto il diavolo a quattro, ma quando il gruppo si è ricomposto, ho provato a partire in contropiede. Mancavano 35 chilometri, speravo che qualcuna si accodasse, invece mi sono ritrovata da sola. Ho pensato che non avrei avuto possibilità, io che passista non sono, anche perché dopo 5-6 chilometri il vantaggio stazionava sui 30 secondi.

E poi?

Poi le mie compagne hanno fatto un lavoro meraviglioso. Chiudevano su ogni tentativo e soprattutto sfruttavano il fatto che si pedalava su strade abbastanza strette, era difficile organizzare un inseguimento. Io mi sono ritrovata ai piedi del muro dell’ultima parte con 1’45” di vantaggio, in cima ne avevo ancora 55”. Scollinando avevo ancora un minuto e a quel punto ho capito che anche se recuperavano da dietro, era fatta.

La vittoria di Malcotti è stata accolta nel team con una grande festa (foto Instagram)
La vittoria di Malcotti è stata accolta nel team con una grande festa (foto Instagram)
Che effetto ti ha fatto alzare le braccia al cielo?

Quel giorno non lo dimenticherò facilmente. Vedere i diesse che piangevano per la gioia, le compagne quasi più felici di me. Inoltre prima del Giro d’Italia non sapevo ancora se mi avrebbero confermato, poi qualche buon risultato era arrivato, ma questa vittoria ha messo le cose a posto. Ho già in tasca la conferma per il prossimo anno.

Tu venivi dall’esperienza duplice di Giro e Tour. Si dice sempre fra gli uomini che i grandi Giri cambiano il motore di un corridore, fra le donne, pur considerando la minor lunghezza, avviene lo stesso?

Sulla base della mia esperienza sì, ma è qualcosa di meno incentrato sui grandi Giri, nel senso che io reputo tutte le gare WorldTour di un livello talmente alto da cambiare chi partecipa con costanza. La differenza si vede fra chi ha un’attività prettamente nazionale e chi gareggia all’estero, c’è un abisso… A proposito del Tour c’è un elemento che spiega come una gara simile influisca su un’atleta.

Barbara ha fatto Giro e Tour. Tanta fatica, ma alla fine una gamba esplosiva
Barbara ha fatto Giro e Tour. Tanta fatica, ma alla fine una gamba esplosiva
Quale?

Dopo il Tour ero talmente “cotta” che il team mi ha dato una settimana di libertà, nella quale ho fatto una vacanza al mare, senza toccare la bici. Ho ripreso con un paio di gare francesi e il Giro dii Scandinavia e mi sentivo diversa. Il Tour è stata di gran lunga la gara più dura che abbia mai fatto, ma ha avuto un influsso benefico.

Come giudichi la tua esperienza nel team americano dopo due anni?

Mi ha cambiato tanto. Pur mantenendo la mia residenza a casa, si sta sempre in giro, praticamente non ho fatto una settimana completa in famiglia da aprile in poi. Mi ha fatto correre molto, l’obiettivo per me come per le altre era raccogliere più punti possibile per restare nel WorldTour e questo mi ha consentito di fare tanta esperienza. L’organizzazione è perfetta e sono sicura che il prossimo anno faremo un ulteriore salto di qualità, verso l’obiettivo che il team si è posto: essere fra tre anni uno dei riferimenti del gruppo.

La trentina in ogni trasferta cerca anche l’occasione per conoscere un pezzo di mondo (foto Instagram)
La trentina in ogni trasferta cerca anche l’occasione per conoscere un pezzo di mondo (foto Instagram)
Ma dal punto di vista personale?

Credono molto in me e nelle mie possibilità, adesso che sono più tranquilla per l’immediato futuro vogliono farmi crescere ancora. Io da parte mia mi sento più tranquilla ma certamente non appagata. Correre con la mente sgombra è però un aiuto, non nego che fra Giro e Tour il fatto di non sapere che cosa avrei fatto a fine stagione pesava come un macigno.

Difese basse: dopo l’arrivo, il corpo è davvero più esposto?

19.09.2023
4 min
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Le mantelline dopo l’arrivo. Gli asciugamani da mettere intorno al collo. Le bevande giuste. Le fasi post gara sono delicate per quel che concerne il recupero e parallelamente non intaccare ulteriormente le difese immunitarie.

E proprio di difese immunitarie, un capitolo vasto e neanche così semplice, parliamo con il dottor Emilio Magni, in forza all’Astana-Qazaqstan.

Da sempre le difese immunitarie sono sinonimo di buona salute, quando queste sono alte, ma non sempre è così. Specie per un atleta.

Il tricolore Velasco con il dottor Magni. Le fasi post sforzo sono le più delicate per non ammalarsi
Il tricolore Velasco con il dottor Magni. Le fasi post sforzo sono le più delicate per non ammalarsi
Dottor Magni, qualche giorno fa Nibali parlando della debacle e rinascita di Evenepoel ci diceva di come il belga possa aver pagato anche il più piccolo particolare. E raccontava di come spesso dopo le tappe faceva una doccia per non esporsi ai malanni…

Le considerazioni di Vincenzo sono giuste, tuttavia non le abbinerei al discorso di Evenepoel, quello è stato più un caso di un giorno. Le difese immunitarie non vanno su e giù in 24 ore, ma hanno bisogno di processi più lunghi. Se dovesse esserci un deficit immunitario te ne rendi conto nel corso della terza settimana, per dire… O quando sei a casa avverti sensazioni poco piacevoli. Ma servono almeno due settimane, specie poi in organismi allenati come quelli dei corridori.

Cosa sono le difese immunitarie?

E’ il corredo anticorpale che ognuno di noi ha in dote. Sono gli anticorpi, sentinelle che vigilano su virus e batteri. Più queste sentinelle sono numerose e attive, cioè pronte a “sparare” al nemico,  e più questo sistema è valido.

Ma biologicamente cosa sono?

Sono proteine, precisamente immunoglobuline. Globuline, proteine. E immuno, che appunto proteggono. Sono prodotte dai linfociti, che sono un tipo di globuli bianchi.

Calde o fredde (a seconda delle situazioni) le docce post gara sul bus sono importanti per la termoregolazione e favorire il recupero
Calde o fredde (a seconda delle situazioni) le docce post gara sul bus sono importanti per la termoregolazione e favorire il recupero
Si abbassano le difese immunitarie dopo la gara?

In generale no. E’ nell’insieme che si abbassano. Bisogna uscire dal concetto di “acceso – spento”. Con il susseguirsi di sforzi e stress si produce meno immunoglobulina. Se tu parti con 100, per dire, e ti ritrovi a 50 nel corso delle tappe lasci la porta aperta a virus e batteri che hanno vita facile per attecchire.

Ma il discorso della doccia calda con Nibali non cozza con il tema dei bagni di ghiaccio di cui tanto si parla?

Il discorso è che se per 4-5 ore in gara hai preso freddo è giusto riportare l’organismo a temperature più consone e vicine ai 37 gradi centigradi del corpo e ripristinare le condizioni di partenza. Ma vale anche il contrario. Se nelle tappe del Tour per esempio hai pedalato per quattro ore a 40 gradi ecco che cerchi di rinfrescare il tuo corpo. Con la doccia si cerca appunto di ridurre uno stress, di agevolare il recupero. Ma non è questo che fa aumentare o diminuire le difese immunitarie. Contano molto di più alimentazione, stile di vita, sonno… quest’ultimo è importantissimo.

Quindi c’è questa finestra di “maggiore vulnerabilità” dopo una gara? In cui si è più esposti ad ammalarsi?

Certo che c’è. E gli sforzi ripetuti di una corsa a tappe ogni giorno ti fanno perdere un gradino nell’insieme delle tue difese immunitarie. Dalle 2 alle 5 ore dopo lo sforzo, c’è questa finestra di fragilità, chiamiamola così. E se tu sei sceso di questo scalino sei più vulnerabile, basta che prendi aria e sei più esposto ad un virus.

Frutta e verdura contengono molte vitamine A, C, E. Il latte quella D
Frutta e verdura contengono molte vitamine A, C, E. Il latte quella D
E perché in quella fascia oraria?

Perché l’organismo è dedito al recupero. Il nostro corpo è intelligente e sa riconoscere le priorità. Sa cosa è più importante in quel momento: se deve recuperare a livello cardiaco, celebrale (per le energie nervose spese), respiratorio… Quindi dà più attenzione a quegli aspetti e meno alla difesa da agenti patogeni esterni.

E sul fronte dell’alimentazione? Una volta le mamme davano le famose spremute d’arancio per prendere le vitamine. Chiaramente quei tempi sono passati, ma è segno che anche l’alimentazione incide. E’ così?

Le vitamine nell’insieme dell’alimentazione servono. Ma queste vanno di pari passo con uno stile alimentare sano. E si presuppone che un ciclista lo osservi. Nello specifico le vitamine A, C, E e D sono quelle che contribuiscono maggiormente alle difese immunitarie. Aiutano a rialzare tali difese se sono basse e a mantenerle se sono alte. Lasciatemi insistere però sul discorso del sonno: è importantissimo ed è importante sia in quantità che in qualità.  

Germani e la Vuelta, ultimo capitolo: finalmente Madrid

18.09.2023
4 min
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Il capitolo finale di una grande corsa a tappe racchiude le emozioni più profonde e i sentimenti si amplificano. Lorenzo Germani (in apertura foto Instagram) a Madrid ha portato a termine il suo primo grande Giro: la Vuelta. In Spagna, per tre settimane, ha pedalato, sofferto e sorriso, soprattutto quando sotto le sue ruote ha visto sfilare la linea del traguardo di Madrid. L’ultima delle 21 tappe previste dal percorso della Vuelta

Dopo tre settimane di corsa ecco finalmente lo scenario di Madrid che si apre sulla corsa
Dopo tre settimane di corsa ecco finalmente lo scenario di Madrid che si apre sulla corsa

Atmosfera particolare

La soddisfazione di essere arrivato a Madrid per Germani è tanta, solo dopo l’ultima fatica ha potuto realizzare quanto successo in queste tre settimane. 

«La partenza – racconta – è stata davvero tranquilla, non scherzo quando dico che siamo andati a 20 all’ora. Poi a pochi chilometri dal circuito finale si sono alzati i ritmi, e non poco: siamo andati a tutta. Il circuito non è affatto semplice, c’erano tre curve dove si ripartiva da fermi e lì le gambe facevano male.

«Si respirava un’aria diversa – continua Germani – sia alla partenza che all’arrivo. L’emozione di attraversare Madrid, con la consapevolezza di aver portato a termine un grande Giro, non la provi tutti i giorni. Tutti noi della Groupama eravamo davvero contenti e non vedevamo l’ora di tagliare il traguardo perché fino a quel momento la corsa non era davvero finita».

Nella tappa dell’Angliru tanta fatica per Germani, la sua faccia dice tutto (foto Instagram)
Nella tappa dell’Angliru tanta fatica per Germani, la sua faccia dice tutto (foto Instagram)
C’è una foto della 18ª tappa, che probabilmente fa capire cosa hai provato in questa terza settimana…

E’ stata difficile, ma probabilmente mi sentivo addirittura meglio rispetto alla seconda settimana. Il fatto che per due volte sono andato in fuga è un dato indicativo. 

La prima delle due è arrivata nella tappa dell’Angliru, con Evenepoel.

In quella tappa ho seguito Cattaneo, che è uscito dal gruppo, insieme ad altri tre corridori. Poi a noi si è aggiunto Evenepoel e Cattaneo ha imposto un ritmo altissimo, la cosa che mi ha dato soddisfazione è aver resistito più degli altri compagni di fuga. 

Già dall’Hipodromo de la Zarzuela l’atmosfera era diversa, più allegra
Già dall’Hipodromo de la Zarzuela l’atmosfera era diversa, più allegra
Poi Remco è partito e ti sei trovato solo sull’Angliru, com’è stato?

Orribile! Per fortuna avevo un buon vantaggio e quindi ero tranquillo per il tempo massimo. Gli ultimi due chilometri di scalata erano durissimi, però era pieno di gente a bordo strada. 

Covi ci aveva detto che avere tanta spinta del pubblico aiuta, è vero?

Assolutamente sì, ti viene la pelle d’oca. Il tratto era davvero duro, ma anche a noi in fondo alla corsa non è mancato il calore. Trovi forza nuove e vai avanti di testa. 

Qual era l’obiettivo di queste due fughe?

L’intenzione era uscire e far venire con me uno scalatore: Martinez o Gregoire, ma il piano non è riuscito. Però sono stato contento comunque, ho fatto tanta fatica e in più mi sono sentito bene. Ritrovarsi in testa alla corsa è molto bello. 

Germani ha trovato un consigliere speciale in gruppo: Jacopo Mosca
Germani ha trovato un consigliere speciale in gruppo: Jacopo Mosca
Tre settimane quanto sono lunghe?

Infinite praticamente, da fuori sembra facile o comunque più semplice del previsto, ma è durissima. Avevo male ovunque, soprattutto al sedere (dice ridendo, ndr), ma per la mia professione e il mio futuro è una cosa ottima aver portato a termine uno sforzo del genere

Il momento migliore della Vuelta?

Le due fughe, senza ombra di dubbio. 

Il peggiore?

Il giorno del Tourmalet, sicuramente. Poi anche la tappa di sabato non è stata una passeggiata, anzi. La Jumbo ha tenuto la corsa chiusa, imponendo però un ritmo altissimo, per scongiurare attacchi. 

Le tre settimane di corsa hanno “piegato” Germani che però ha portato a termine il suo primo grande Giro (foto Instagram)
Le tre settimane di corsa hanno “piegato” Germani che però ha portato a termine il suo primo grande Giro (foto Instagram)
L’insegnamento che hai portato a casa?

Ce ne sono tanti, la grande esperienza di fare un grande Giro mi ha permesso di crescere e di capire in cosa devo migliorare. Ora ho sicuramente voglia di tornare, nonostante la fatica (ride ancora, ndr). 

Una squadra con 5 debuttanti, tutti soddisfatti?

Eravamo la squadra più giovane in corsa e fare questa esperienza tutti insieme ha fatto in modo di creare un grande gruppo. Ci siamo stretti ed uniti l’uno intorno all’altro, ora ci aspetta del meritato riposo.

Balsamo contro Wiebes? Guarischi non ha dubbi

18.09.2023
5 min
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Abbiamo parlato con Giorgia Bronzini del duello fra Wiebes e Balsamo e di come questo rappresenti il confronto fra la scuola olandese e quella italiana. Poi abbiamo sentito da Ilaria Sanguineti sui ragionamenti della Lidl-Trek prima delle corse in cui si finirà in volata contro Wiebes. Non resta a questo punto che ascoltare la campana della Sd Worx, interpellando l’azzurra che da quest’anno è diventata il pilota della campionessa europea nelle sue volate: Barbara Guarischi.

Lo scorso anno Guarischi ha vinto i Giochi del Mediterraneo, con la volata tirata da Sanguineti (foto Coni)
Lo scorso anno Guarischi ha vinto i Giochi del Mediterraneo, con la volata tirata da Sanguineti (foto Coni)

Fra Balsamo e Kool

Anche lei reduce dal Simac Ladies Tour, dietro quasi tutte le vittorie dell’olandese ci sono le sue traiettorie e le sue intuizioni. Come si ragiona quando si prospetta un finale contro Elisa Balsamo e il treno della Lidl-Trek? E soprattutto, la piemontese è considerata un’avversaria particolarmente pericolosa?

«Il punto è questo – dice subito Guarischi – al momento per certi arrivi consideriamo molto di più Charlotte Kool, anche per un fatto di costituzione. Elisa ha vinto al Simac, ha fatto una volata lineare, però secondo me Kool è molto più pericolosa quando si fa uno sprint davvero veloce».

Con il cittì Sangalli: Guarischi ha partecipato ai mondiali di Glasgow ed è nella rosa per gli europei
Con il cittì Sangalli: Guarischi ha partecipato ai mondiali di Glasgow ed è nella rosa per gli europei
Invece sui percorsi più impegnativi?

Secondo me Lorena è ancora molto più veloce. Inoltre sta facendo anche un salto di qualità atletico, lavorando di più per le salite più lunghe, perché ha l’obiettivo delle Olimpiadi.

Qual è il limite? In quali arrivi, magari quelli più tecnici, Balsamo vi può dare qualche grattacapo?

Gli arrivi tecnici sono difficili per tutti, possono andarti bene come possono andarti male. Sul terzo traguardo del Simac, Lorena ha fatto seconda, ma è rimasta chiusa dal treno della Jayco. E lì è una frazione di secondo. O vai a destra o vai a sinistra. Quindi penso che negli arrivi così caotici, il limite c’è per tutti e anche per nessuno, perché comunque i treni sono molto ben forniti in tutte e tre le squadre di cui parliamo (Sd Worx, DSM Firmenich, Lidl-Trek, ndr).

Wiebes rimetterà in palio la maglia di campionessa europea il prossimo fine settimana a Drenthe, in Olanda
Wiebes rimetterà in palio la maglia di campionessa europea il prossimo fine settimana a Drenthe, in Olanda
E qui entrano in gioco i leadout. Secondo Giorgia Bronzini, l’80 per cento del successo di una volata è sulle vostre spalle…

Sì, questo posso dire che è vero. Nella volata dove Lorena è stata chiusa, il mio lavoro è stato fondamentale, nel senso che avevo dietro di me la Kopecky e se non ci fossi stata io in quel chilometro, non sarebbero arrivate davanti per fare la volata.

Lorena ha bisogno sempre dello stesso lavoro oppure il tuo ruolo cambia in base ai finali?

Si interpreta in base al finale e al tipo di volata, se è tecnica, se è lunga, se è caotica…

Preferite gestire voi la volata o appoggiarvi al treno di un’avversaria?

Preferiamo fare da noi, perché in qualche modo hai sempre una via d’uscita, a meno che non sei veramente lungo da far saltare tutto il treno. In quel caso però significa che hai sbagliato qualcosa. Andare sulle ruote di altri è sempre una confusione e un rischio, perché ci sono 180 persone che fanno le volate anche quando non dovrebbero. Per cui il lavoro è portarla almeno agli ultimi 400-500 metri, poi si vede se siamo lunghe e se conviene prendere la ruota di qualcuno o meno.

Nel 2022 Guarischi ha partecipato al mondiale gravel, quest’anno sarà agli europei di specialità del 1° ottobre in Belgio
Nel 2022 Guarischi ha partecipato al mondiale gravel, quest’anno sarà agli europei di specialità del 1° ottobre in Belgio
Fra voi leadout c’è comunicazione durante la corsa oppure ognuno è chiuso nel suo gruppo?

In genere ci si parla solo se bisogna andare a chiudere una fuga o se si ha l’interesse comune di arrivare in volata. Se magari la corsa parte e già dal chilometro zero ci sono scatti e controscatti, allora si parla subito e si uniscono le forze. Nei finali invece è diverso, perché ognuno fa il suo lavoro.

Quanto tempo hai impiegato per trovare l’intesa giusta con Lorena?

Molto poco. Siamo andati al UAE Tour e c’era già un buon feeling. Si è fidata ciecamente di me. Praticamente quando ho dietro lei, non mi devo quasi mai girare, perché so che ce l’ho a ruota, qualsiasi cosa io faccia. E questa è una gran fortuna, vuol dire che c’è fiducia reciproca.

Nella terza tappa del Thuringen, Guarischi ha battuto “capitan” Wiebes allo sprint
Nella terza tappa del Thuringen, Guarischi ha battuto “capitan” Wiebes allo sprint
Insomma, sembra di capire che sei soddisfatta del passaggio in SD Works.

Decisamente. Tra l’altro, rispetto all’inizio dell’anno le cose stanno andando anche molto meglio in termini di allenamenti. Sono riuscita ad assimilare bene i lavori che la squadra mi sta dando, mentre all’inizio dell’anno ho faticato molto perché i carichi sono aumentati notevolmente. Adesso invece ho finito in crescendo, quindi sono molto contenta. Anche perché questa cosa mi dà morale per l’inverno.

E’ una squadra in cui si lavora più che nelle altre?

Si lavora veramente tanto. Penso che in tutti gli sport di alto livello, se vuoi fare davvero la differenza, si debba lavorare tanto. Devi fare sacrifici e in questa squadra se ne fanno veramente tanti. Poche volte ho visto tanta dedizione. A volte guardo gli ordini d’arrivo e se prima potevo pensare che in qualcuno potevo esserci anche io, ora capisco che sto lavorando per la campionessa del mondo o la campionessa europea, per gente che veramente va forte. Perciò, quando fai la corsa e tutte le ragazze lavorano bene e si vince o si fa prima e seconda, è una soddisfazione immensa.