Francesca Barale dopo quattro stagioni lascerà la Picnic PostNL. Ha firmato un triennale con la Movistar a partire dal 2026

Barale sorride: un mondiale guadagnato e il futuro in Movistar

19.09.2025
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L’annuncio della sua prossima squadra e la prima convocazione ai mondiali. E’ stato un mercoledì da leoni per Francesca Barale che prima è stata ufficializzata dalla Movistar con un triennale a partire dal 2026 e poi ha completato la propria valigia per il Rwanda.

Se le voci di un suo probabile trasferimento dalla Picnic PostNL erano in evoluzione, la sua partecipazione al campionato del mondo sembrava piuttosto in dubbio. Invece due giorni fa è giunta la chiamata per Kigali che può dare l’inizio ad una nuova Barale. Avviarsi verso la chiusura della stagione indossando maglia azzurra in un mondiale, indipendentemente dal risultato e dalla prestazione, è uno stimolo che porterà frutti e consapevolezze anche durante il periodo di letargo dal ciclismo. Per però Francesca non è finita qua, perché ad inizio ottobre verosimilmente ci sarà ancora da correre un europeo U23 con la voglia di fare bene.

Futuro e crescita in Spagna

A suo modo la ventiduenne Barale è già stata una pioniera. Nel 2022 fu infatti la prima junior italiana ad essere ingaggiata da un team WorldTour. Dalla piacentina BFT Burzoni alla multinazionale olandese DSM, l’attuale Picnic PostNL. Un salto triplo difficile che poi nel corso degli anni successivi fu emulato da altre atlete. Ora il contratto di tre anni firmato con Movistar, che si sta ridisegnando dopo il ritiro di Van Vleuten e l’arrivo di Reusser o nuovi talenti come Ferguson, rappresenta una bella investitura per l’ossolana.

«Sono molto contenta della mia scelta di andare alla Movistar – ci dice Barale al telefono – dopo quattro anni avevo bisogno di cambiare. Rifarei tutto quello che ho fatto, sia chiaro, ma ora ho bisogno di uno step in più. Credo che Movistar sia una realtà che mi aiuterà in questo. Sia nel mio ruolo di supporto alle capitane, sia nel ritagliarmi il mio spazio e magari scoprire quello che posso fare siccome non mi sono ancora specializzata. Ho da sempre questa incognita di capire ancora che tipo di atleta diventerò o posso diventare.

«La trattativa è iniziata abbastanza presto – finisce di raccontare la notizia di mercato – perché già questa primavera la Movistar si era interessata a me. Avevo ricevuto altre proposte, ma mi sono piaciuti fin da subito. Erano tra le mie prime scelte ed è andata così».

Barale nella Movistar cercherà di capire meglio che tipo di corridore può diventare
Barale nella Movistar cercherà di capire meglio che tipo di corridore può diventare
Barale nella Movistar cercherà di capire meglio che tipo di corridore può diventare
Barale nella Movistar cercherà di capire meglio che tipo di corridore può diventare

L’azzurro inaspettato

Tecnicamente l’ultima maglia azzurra indossata da Barale è di qualche settimana fa durante il Tour de l’Avenir Femmes. E considerando le rassegne europee ed iridate tra U23 e juniores a cui aveva partecipato, per lei non è quindi un colore nuovo. Questo azzurro adesso diventa però più importante, come ci spiega Francesca.

«Sono molto contenta – afferma sempre al telefono mentre sta svolgendo le prassi aeroportuali – perché è il mio primo mondiale elite, essendo poi speciale visto che si corre per la prima volta in Africa. Sarà un’esperienza bellissima. Avevo smesso di sperarci quando avevano annunciato che le U23 non ci sarebbero andate. L’avevo messo come obiettivo, soprattutto perché ero al mio ultimo anno da U23. Invece alla fine la convocazione è arrivata per la gara delle “grandi” e mi fa molto piacere.

«Il mio lavoro – chiude prima di imbarcarsi – di aiuto alle compagne durante la stagione è stato riconosciuto e può portare a questo tipo di soddisfazioni. Anche al mondiale il mio compito sarà quello. Abbiamo una capitana come Elisa (Longo Borghini, ndr) che è fortissima e lo ha dimostrato una volta di più anche quest’anno. Ci conosciamo bene, ci alleniamo sempre insieme ed è sempre stata il mio punto di riferimento. Poter essere lì ad aiutarla significa tanto. Non potrebbe esserci una situazione migliore per me. E poi sono molto felice della fiducia che il cittì Velo mi ha dato. Spero di fare bene e ripagarlo».

Vuelta Espana 2025, vittoria Alto de El Morredero, Giulio Pellizzari

Quanto spinge Pellizzari? Lo chiediamo a coach Lorang

19.09.2025
7 min
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«Pellizzari si allena sempre al 100 per cento. Però è un corridore, vuole gareggiare ed è questa la sua grande passione. Vincere gare, avere successo. E sta facendo tutto il necessario per riuscirci, che si tratti di alimentazione, allenamento, recupero e così via. E’ già molto professionale nonostante la giovane età».

Parla Dan Lorang, head coach della Red Bull-Bora-Hansgrohe. Al ciclismo c’è arrivato su chiamata di Ralf Denk, dopo aver allenato Jan Frodeno e Anne Haug, colossali star del triathlon, vincitori di Olimpiadi e mondiali. L’intervista serve per entrare più a fondo nei due sesti posti di Pellizzari al Giro e alla Vuelta. Piazzamenti identici, ma con genesi e logiche diverse. Al Giro l’hanno portato per la grande condizione palesata al Catalunya e senza una pianificazione partita da lontano, la Vuelta invece faceva parte dei piani sin dall’inizio.

Ritiro invernale Red Bull Bora Hansgrohe, Dan Lorang, head coach
Dan Lorang ha studiato all’Università di Monaco di Baviera ed è il capo dei preparatori alla Red Bull-Bora-Hansgrohe
Ritiro invernale Red Bull Bora Hansgrohe, Dan Lorang, head coach
Dan Lorang ha studiato all’Università di Monaco di Baviera ed è il capo dei preparatori alla Red Bull-Bora-Hansgrohe
Due avvicinamenti diversi…

Soprattutto diversi tempi di preparazione. Al Giro siamo arrivati con poche settimane di lavoro, invece durante il Tour c’è stato un lungo periodo in cui la nostra squadra non ha gareggiato e abbiamo dato ai corridori il tempo di prepararsi per la seconda parte della stagione. Così è stato anche per Giulio. Per un corridore così giovane, partecipare a due Grandi Giri in un anno è impegnativo. D’altra parte però, sapevamo che sarebbe stato possibile a patto che avesse abbastanza tempo per recuperare.

Un tempo che a ben vedere c’è stato, dato che da fine Giro – fatti salvi i tricolori – ci sono state nove settimane fino alla Vuelta Burgos…

Esatto, un intervallo molto lungo. Abbiamo lavorato bene in quota e se anche si fosse ammalato o avesse avuto qualche piccolo problema, ci sarebbe stato tutto il tempo per compensare. Questo è stato il nostro approccio per rispettare la sua età e i tempi della preparazione. Se guardiamo anche a quello che ha fatto in passato, si è visto subito che è un corridore in grado di sostenere carichi elevati, ma bisognava comunque stare attenti.

Proprio per questo, si è mai pensato di non correre la Vuelta, avendo fatto il Giro?

L’opzione di andare anche alla Vuelta è sempre stata nella nostra testa. Prima di tutto si trattava però di vedere come sarebbe uscito dal Giro. Perciò prima di iniziare la preparazione, abbiamo fatto delle analisi del sangue e di tutti i parametri per vedere come si fosse ripreso e se avesse davvero senso andare avanti col piano. Conosciamo i grandi benefici di fare due Grandi Giri e non si limitano alla prestazione immediata, ma anche alla costruzione della carriera per gli anni che verranno.

Pellizzari è uscito bene dal Giro, con il trofeo di miglior giovane italiano
Pellizzari è uscito bene dal Giro, con il trofeo di miglior giovane italiano
E che cosa hanno detto le analisi?

Che era fresco. Si era ripreso mentalmente ed era anche a un buon livello atletico. Bisogna riconoscere che è un corridore cui piace molto quello che fa e questo rende tutto più facile. A volte i ragazzi più giovani hanno difficoltà, ma Giulio è sempre stato al 100 per cento e a quel punto non abbiamo avuto dubbi nel mandarlo alla Vuelta.

Che tipo di risposta ottiene dal lavoro in quota?

Molto buona. Gli piace l’ambiente e la possibilità di concentrarsi solo sul lavoro, ma anche la fisiologia risponde. Il miglioramento delle prestazioni è davvero ottimo. Siamo stati in quota per preparare il Giro e poi la Vuelta e in entrambi i casi si è trattato di un’esperienza davvero positiva. Non è mai successo che fosse troppo stanco oppure che, tornato giù, abbia avuto bisogno di più tempo per adattarsi.

Giulio ha detto più volte di essersi sentito più forte al Giro che alla Vuelta. Ci sono dati che lo confermano?

Possiamo considerare la cosa in due modi. Se guardiamo solo ai numeri puri sul carico totale, sono stati due Pellizzari abbastanza simili. Invece i numeri di picco erano più alti alla Vuelta, cosa che abbiamo riscontrato anche con altri corridori. Cioè il fatto che nella seconda parte della stagione, stando ai watt il livello di prestazione era ancora più alto. Ma di sicuro, al Giro era più fresco e lo sentiva. Si sentiva pieno di energia. Per cui anche se alla Vuelta spingeva più forte ed era capace di prestazioni migliori, non si è mai sentito fresco come in primavera. Penso che sia fondamentalmente questo ciò che ha provato. Ma in termini di numeri, alla Vuelta ha fatto un passo avanti.

Vuelta Espana 2025, La Farrapona, Giulio Pellizzari tira per Jai Hindley
Al Giro per Roglic, alla Vuelta per Hindley: Pellizzari in Spagna ha espresso valori ancora migliori
Vuelta Espana 2025, La Farrapona, Giulio Pellizzari tira per Jai Hindley
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Però ha anche avuto qualche giorno di difficoltà, come mai?

Stavo per dirlo. Al Giro è stato più costante, mentre alla Vuelta c’è stata più oscillazione nelle sue prestazioni, il che è normale per un giovane corridore. Ecco perché anno dopo anno si lavora per raggiungere questa costanza. Al Giro, non ha mai avuto una giornata davvero brutta come quella che ha avuto alla Bola del Mundo, ma come ho detto non ci ha stupito.

Dopo due Grandi Giri nello stesso anno, hai scoperto qualcosa di più su Giulio Pellizzari?

Penso che il suo talento nelle corse a tappe non sia più una grande sorpresa. Anche se è molto giovane, in quelle di una settimana ma anche di tre, ha dimostrato di poter già fare bene. E’ stato bello anche vedere che sa vincere. Ci sono corridori da classifica, che possono arrivare tra i primi cinque, ma probabilmente non hanno mai vinto una gara né ci sono andati vicini. Finché sono giovani, vogliamo che i corridori mantengano l’attitudine per la vittoria. Vogliamo dargli l’opportunità di vincere anche le tappe o probabilmente anche una corsa più piccola per mantenere questa attitudine. Perché Giulio ha le capacità, ha una certa esplosività che gli permette di farlo. Quindi è sulla buona strada per crescere come corridore da classifica generale.

Questo voler tenere le porte aperte è il motivo per cui prima del Giro ha corso la Liegi?

Veniva dall’altura e, quando sei lassù, non puoi sempre fare delle sessioni davvero impegnative. Così abbiamo usato la Liegi per avere l’alta intensità e anche per fargli provare una grande classica. Con lui non ci limiteremo a programmare solo corse a tappe, è troppo giovane per questo. Partecipare a corse a tappe e corse di un giorno è utile per il suo sviluppo. Pogacar e Vingegaard sanno vincere anche le tappe e c’è bisogno di questa capacità.

Il giorno nero alla Bola del Mundo è costato a Pellizzari la maglia bianca, ma il calo non ha stupito i tecnici
Il giorno nero alla Bola del Mundo è costato a Pellizzari la maglia bianca, ma il calo non ha stupito i tecnici
Due settimane dopo la Vuelta, ormai fra nove giorni, Pellizzari correrà i mondiali. Come sta lavorando per arrivarci?

E’ un mix. Normalmente diresti che devi solo recuperare in qualche modo e poi essere sulla linea di partenza. Ma se avessimo fatto così, ci sarebbe stato anche un grande rischio di ammalarsi, perché lo stress va giù e poi il corpo si ammala. Per cui, finita la Vuelta, da un lato c’è stato un mix fra dare degli stimoli, quindi un po’ di intensità e prepararsi per il viaggio. Dall’altro lato, si tratta di lavorare per essere freschi sulla linea di partenza.

Pensate che possa fare bene?

Come squadra, non ci aspettiamo grandi risultati. Indossare la maglia azzurra è un suo desiderio e noi lo vediamo come uno sviluppo per la sua futura carriera. Quest’anno ha già fatto parecchio, quindi dovrebbe godersi l’esperienza e tutto quello che verrà in più sarà un bonus.

Giulio è uno scalatore, ma lo vediamo sempre in sella, anche sulle salite più ripide. Dovrebbe lavorare di più sulle azioni fuorisella?

Non credo, perché a pensarci bene, Pogacar si gestisce esattamente allo stesso modo. E’ passato dall’uscire spesso dalla sella, al rimanerci sempre di più. So che non è così facile (sorride, ndr), ma cerchiamo di far crescere i corridori offrendo loro un’ampia gamma di possibilità, in modo che possano alzarsi dalla sella e anche salire da seduti con cadenze diverse. E’ qualcosa che possiamo implementare nell’allenamento, ma al momento non è un fattore limitante. Anzi, riuscire a produrre quella potenza rimanendo seduti in sella è piuttosto un punto di forza. Perché puoi risparmiare un po’ più di energia. Quindi non lo vedo come un problema.

Appena arrivato in squadra, Pellizzari è diventato uno dei beniamini del team per il suo carattere solare
Appena arrivato in squadra, Pellizzari è diventato uno dei beniamini del team per il suo carattere solare
Ultima domanda: che cosa ti pare del nostro Pellizzari in mezzo ai suoi compagni di squadra?

Fin dal primo contatto, è parso davvero un ragazzo intelligente ben integrato nella squadra, ma capace anche di dire la sua. E’ un vero ciclista, porta con sé la tradizione e gli piace questo sport. Ha già la sua personalità. Accetta o assorbe l’esperienza che riceve dai più grandi, come Roglic o Hindley. Si guarda intorno e cerca di imparare da tutti. E penso sia quello che fanno i campioni quando sono giovani. Cercano di ottenere il più possibile dagli altri. E non si fa problemi se deve aiutare un compagno, agisce sempre a favore della squadra. Se gli assegnate un ruolo, lo svolgerà al meglio. Ecco perché ha già un’ottima reputazione in squadra. Ed ecco perché è una grande aggiunta per nostra squadra.

Pinarello si riaffaccia ai vertici, prima di andare all’estero

19.09.2025
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Si torna a parlare di Alessandro Pinarello. Appena 22 anni, eppure nel giro del ciclismo che conta già da un quadriennio che nel mondo delle due ruote, soprattutto di questi tempi frenetici, è tantissimo. Il corridore di Conegliano ha chiuso quarto all’ultimo Giro di Toscana, in un contesto importante, finendo a 18” dal nuovo “vincitutto” Del Toro.

Un piazzamento che rappresenta una sorta di rilancio per il corridore veneto, arrivato al professionismo molto presto e sul quale si ripongo molte speranze, soprattutto dopo le difficoltà vissute in stagione: «E’ stato un primo riscontro dopo tanta fatica – dice – a dispetto di tutto non ho mollato. Adesso sono in una buona condizione, quindi spero di andare avanti in questo modo».

Pinarello al centro, vince la volata per il 4° posto al Giro della Toscana
Pinarello a sinistra, vince la volata per il 4° posto al Giro della Toscana
Quanto è pesato l’infortunio al Giro d’Italia?

Sinceramente tanto, soprattutto all’inizio quando sono stato operato e vedevo le tappe del Giro in tv, coloro che solo pochi giorni prima erano miei compagni ed avversari lì sul piccolo schermo. Invece io ero a casa, è stato davvero pesante. Poi comunque mi sono allenato tanto sui rulli perché avevo il tutore al polso e non potevo andare in bici. E’ stata una ripresa lunga, le prime settimane sono state pesanti.

Come era stato l’infortunio?

Alquanto stupido a dire il vero. E’ stata una semplice frenata di gruppo, un’inchiodata e alla fine mi sono trovato per terra. Ho messo giù male la mano e ho spaccato lo scafoide sinistro, l’osso era ridotto male. Sono stato operato e mi hanno messo due chiodi. Ho un polso nuovo questo è vero…

Quattro anni per il veneto alla VF Group Bardiani: tanti punti portati e la vittoria al Recioto 2024
Quattro anni per il veneto alla VF Group Bardiani: tanti punti portati e la vittoria al Recioto 2024
Un infortuno complicato, visto che sei rimasto più di tre mesi fuori dalle gare…

Sì e significa perdere gran parte della stagione. Il primo mese avevo un tutore che bloccava il polso, potevo solo fare rulli. Non impiegare minimamente il polso mi ha fatto perdere tutta la forza sul braccio sinistro. Quando sono tornato su strada, all’inizio era molto faticoso perché comunque non riuscivo a fare più di 2-3 ore e quindi bisognava concentrare quelle poche ore di allenamento per fare il più possibile. A questo accompagnavo spesso anche sessioni di palestra all’inizio, quindi facendo doppi allenamenti, quindi mattina e pomeriggio, alternando bici e rulli. Spezzavo l’allenamento per fare un po’ più ore. Sono tornato su strada a metà luglio.

I chiodi te li hanno già tolti?

Sono riassorbibili, nel giro di un anno se ne andranno da soli e questa nella disgrazia è una grande fortuna perché non mi dovrò rioperare e fermare di nuovo.

La cronometro iniziale del Giro d’Italia a Tirana. La sua corsa rosa è durata solo 5 tappe
La cronometro iniziale del Giro d’Italia a Tirana. La sua corsa rosa è durata solo 5 tappe
In Toscana sei entrato nella fuga decisiva…

E’ scollinato per primo Del Toro. Poi c’erano gli altri due, che erano Storer e un altro ragazzo, io ero con gli altri quattro. Non eravamo tanto distanti perché ce li avevamo là davanti, a fine discesa abbiamo ripreso Storer e l’altro il gruppetto si era ricompattato ma ormai il messicano era andato via. Poi Storer è ripartito insieme a Cras della TotalEnergies, ancora adesso che non ho ben capito come sono andati via, di forza. Noi ci siamo trovati un po’ al vento e anche il podio era andato.

Prima del Giro d’Italia, com’era stata questa annata?

E’ stata una stagione in sé positiva, la prima parte sicuramente. Ero partito dalle corse in Spagna a Maiorca e poi l’UAE Tour trovando anche un paio di Top 10  e lo stesso alla Tirreno-Adriatico, quindi nel contesto più qualificato. Poi alla Coppi & Bartali ero davanti, lo stesso al Laigueglia.

Europei juniores 2021, Pinarello insieme a Crescioli. Di lì a poco sarebbe saltato fra i pro’
Europei juniores 2021, Pinarello insieme a Crescioli. Di lì a poco sarebbe saltato fra i pro’
Tu hai 22 anni, però sei già al quarto anno con la VF Group Bardiani. Si era parlato tanto quando hai fatto questo salto che eri giovanissimo, forse troppo per passare. A distanza di tempo sei ancora convinto che sia stata la scelta giusta?

Sicuramente, per come mi hanno gestito il primo anno e secondo anno con la guida di Mirko Rossato. E’ stata una crescita molto graduale. Non mi posso lamentare, penso di aver imparato tanto in quel biennio, altrimenti mi sarebbe stato impossibile.

Rispetto ad allora, adesso a che punto sei, quanto pensi di dover crescere ancora?

Tantissimo, anche perché rispetto a quando sono passato mi sono sviluppato fisicamente, allora ero un po’ più piccolino, più magro. A livello di prestazioni penso ci sia ancora da migliorare, visto che comunque anche nelle ultime gare ho fatto dei buoni wattaggi anche essendo davanti, quindi c’è ancora da fare.

Il corridore di Conegliano è pronto a cambiare casacca, per la sua prima esperienza estera
Il corridore di Conegliano è pronto a cambiare casacca, per la sua prima esperienza estera
Qual è il tuo futuro?

Dopo quattro anni belli lascerò la Bardiani per fare la mia prima esperienza all’estero. Avendo già firmato sono più tranquillo, non devo affrontare le gare con l’angoscia di trovare la squadra. Sono comunque motivato, ma un po’ più tranquillo da quel punto di vista. Tra l’altro penso che sarà una buona esperienza di vita, confrontarmi con culture diverse, parlare un’altra lingua (diciamo che l’inglese lo parlo ancora poco, sarà un’occasione per migliorare).

Da qui alla fine dell’anno, quale gara hai messo come tuo obiettivo?

Il Giro dell’Emilia. Non ho mai fatto e vorrei di farlo bene. Poi il Lombardia dove vorrei andare più forte possibile per chiudere la mia esperienza alla VF Group Bardiani alla grande…

Coden e i suoi ragazzi in Spagna: tra vittorie e prove di futuro

19.09.2025
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Alessandro Coden e i suoi ragazzi sono tornati a casa dopo il viaggio che li ha condotti in Spagna per correre la Volta Ciclista a Galicia. A cavallo tra le verdi colline a picco sul mare i corridori della Campana Imballaggi-Geo & Tex-Trentino hanno raccolto una vittoria di tappa con Leonardo Volpato. Dopo 2.250 chilometri per riportare in Italia i mezzi, Coden è stanco ma felice: questa esperienza entra in un contesto più grande che prevede una crescita costante del team (in apertura foto Volta a Galicia). 

«Siamo partiti domenica alle tre del pomeriggio – racconta Alessandro Coden – e siamo arrivati lunedì mattina alle undici. Io in ammiraglia e il meccanico in furgone, un viaggio lungo ma siamo contenti di com’è andato. Abbiamo preso anche le misure con questo genere di trasferte: non è la prima fuori dall’Italia, ma la Spagna era davvero lontana. Ad esempio, per una questione di costi e trasporto, il massaggiatore l’ho preso direttamente sul luogo».

Per la Campana Imballaggi-Geo & Tex-Trentino la trasferta in Spagna è stata estremamente produttiva (foto Volta a Galicia)
Per la Campana Imballaggi-Geo & Tex-Trentino la trasferta in Spagna è stata estremamente produttiva (foto Volta a Galicia)
Come mai siete andati fino in Spagna?

Perché mi piace fargli fare certe esperienze ai ragazzi. La Volta ciclista a Galicia è una corsa a tappe nazionale ma c’erano squadre giovanili di alto livello e anche corridori elite di grande spessore. In Spagna è diverso perché si trovano anche ex professionisti di 30 o 32 anni in queste gare. Gente che ha corso e ha un certo tipo di esperienza. Mentre in Italia le corse a tappe di questo livello hanno per lo più atleti under 23.

Si corre in maniera diversa?

Diciamo che non c’è un meglio o un peggio. Tutte le gare sono importanti, noi siamo venuti in Spagna perché in gruppo ci sono corridori esperti che vedono la corsa in maniera differente. Si apprende un modo nuovo di vivere la gara, dal chilometro zero si va a tutta, senza rispiarmiarsi. Chi ha le gambe tiene il ritmo e vince.

I tuoi ragazzi come si sono comportati?

Bene, sono contento di quanto fatto. Abbiamo anche vinto una tappa con Leonardo Volpato. Per molti di loro questa era la prima esperienza all’estero, quindi era un passo necessario per la crescita e la maturazione. Le tappe erano impegnative, ma noi siamo stati sempre nel vivo della corsa. Il giorno in cui Volpato ha vinto, la squadra ha tenuto testa a tutti. Siamo andati in fuga, poi eravamo presenti nel contrattacco e poi abbiamo dato la stoccata finale. 

Esperienza che entra in un’ottica di crescere sotto tutti i fronti?

Dal 2026 vogliamo fare un calendario ancora più impegnativo con tante corse all’estero. Al 99 per cento saremo continental e questo è un salto importante, ma necessario. Terremo i migliori atleti, come Volpato, e ci saranno innesti interessanti. L’idea è di avere una decina di ragazzi e fare una formazione competitiva

Come mai fate questo passo?

Vogliamo vedere se cambia qualcosa, l’obiettivo è di risultare più appetibili per prendere atleti strutturati e ampliare il bacino d’utenza. La società e gli sponsor, tra cui ovviamente Campana Imballaggi, hanno deciso di fare degli investimenti. Non nascondiamo che l’impegno economico sarà maggiore, abbiamo già misurato la febbre con la trasferta in Spagna.

In che senso?

Parlo dei costi. In Galizia eravamo ospitati dall’organizzazione e questo ci ha dato una grande mano. I biglietti aerei, la benzina e tutto il resto lo abbiamo pagato di tasca nostra. Però siamo decisi e fiduciosi, dovrebbero entrare anche due nuovi sponsor. Quindi direi che siamo pronti.

Elia Viviani, Vuelta 2025

Viviani: «La Vuelta mi ha dato tanto, ora punto a un gran finale»

19.09.2025
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Quando lo intercettiamo, Elia Viviani è appena sceso dall’ennesimo aereo. Sta facendo la spola tra casa e il Belgio, dove correrà molte gare di un giorno, come il Memorial Schotte di qualche giorno fa e come sarà oggi per il Kampioenschap van Vlaanderen.

Il corridore della Lotto sta vivendo un buon momento, nonostante il futuro non sia così ben definito. Quel che invece non sembra intaccarsi minimamente, e lo si percepisce nel corso dell’intervista, è la sua testa. Viviani, classe 1989, è ancora uno schiacciasassi, corridore al 101 per cento. Dopo questo blocco di gare in Belgio, avrà due settimane in cui conta di andare in pista a Montichiari, prima del finale di stagione in Veneto.

Viviani vince il Memorial Schotte e mette a segno la sua 90ª vittoria da pro’ (foto Bart Vandenbroucke)
Viviani vince il Memorial Schotte e mette a segno la sua 90ª vittoria da pro’ (foto Bart Vandenbroucke)
Elia, partiamo un po’ dalla fine, dalla Spagna al Belgio, al Memorial Schotte che hai vinto. Come ci sei arrivato? E’ stata una sorta di rivincita?

Sicuramente. Ho sofferto tanto la Vuelta, che era una corsa dura. So che esco sempre bene dai Grandi Giri perché il volume di lavoro che si mette insieme mi dà tanto. La gara di martedì era molto vicina, però con la domenica senza gara e il lunedì di riposo già avevo buone sensazioni.

Quindi l’obiettivo adesso è?

Correre e vincere il più possibile da qua a fine stagione con la Vuelta nelle gambe, sapendo che un Grande Giro mi dà sempre tanto. Sono felice di essere tornato a farne uno, nonostante la sofferenza e le poche occasioni, però un Grande Giro è sempre bello. Era dal 2021 che non ne disputavo uno.

Non poco, in effetti…

Infatti, un po’ di timore iniziale ce l’avevo. Sapevo di essermi preparato bene, però alla fine non era semplice. Sono contento. Le occasioni sono state poche: un quarto posto iniziale, poi il secondo (nella tappa di Saragozza, Elia è stato retrocesso per una deviazione, ndr). Peccato non aver sprintato a Madrid. Lì avevo bei ricordi: nel 2018 ho colto una delle mie vittorie più belle, l’ultima tappa in una città come Madrid è stata fantastica. Per questo non aver sprintato è stato brutto.

Com’è stato tenere duro sulle montagne… pensando a Madrid?

Sapere che c’era l’opportunità di Madrid ha aiutato non poco. Certo, la tappa è stata eliminata. Si sapeva già da Novara che le occasioni sarebbero state poche, ma la prima e l’ultima frazione erano ghiotte. La Maglia Rossa a Torino, in Italia, e l’ultima a Madrid: so cosa vuol dire vincerla, è qualcosa di grande. Per noi velocisti non aver potuto disputare l’ultima frazione è stata una grande mancanza.

Quanta fatica per Viviani sulle salite della Vuelta. Una grande motivazione per tenere duro è stata la tappa finale di Madrid. Poi annullata per le manifestazioni pro Palestina
Quanta fatica per Viviani sulle salite della Vuelta. Una grande motivazione per tenere duro è stata la tappa finale di Madrid. Poi annullata per le manifestazioni pro Palestina
Perché?

Soffri per venti giorni sapendo di avere quell’ultima occasione. Arrivare a Madrid e non sprintare non è stato bello. Ma non solo per noi velocisti: penso anche a Pidcock, al suo primo podio, o ai giovani in squadra al primo Grande Giro. Ti svegli la mattina con la soddisfazione di aver finito e invece ti ritrovi a pensare se i tuoi familiari all’arrivo sono al sicuro o se sono finiti nel caos dei manifestanti. E’ stato brutto, umore sotto i piedi. Rientrato in hotel, mi sono cercato immediatamente un volo e sono tornato a casa la sera stessa. Umore sotto i tacchi.

Umore sotto i tacchi: però sei stato bravo a switchare subito. Una reazione da campione…

Quella è la reazione che devi avere quando sai di aver fatto tanti sacrifici, di aver sofferto tanto, e dici: «Datemi qualche gara, datemi uno sprint!».

Raccontaci della tua vittoria al Memorial Schotte. Che corsa è stata?

Era una corsa in circuito, 145-150 chilometri. Non lunghissima, però le gare nazionali qui in Belgio, le chiamano Kermess Course, hanno sempre grande intensità. Noi eravamo in cinque, altri persino solo in due. C’erano corridori importanti, alcuni reduci dalla Vuelta come me. La prima selezione ci ha lasciati in una trentina, poi sul circuito, tra vento e curve, si è fatto il resto. Alla fine siamo arrivati in tre, io, Jonas Rickaert e Dries De Bondt. C’è stato un attacco di De Bondt, che quel giorno era indemoniato, e siamo arrivati allo sprint ridotto.

Uno sprint ridotto?

Sì, prima eravamo io e De Bondt, poi è rientrato Rickaert e l’ho battuto in volata. Mi ricordava un po’ la gara dell’Europeo che ho vinto: selezione dal vento e dalle curve, finché rimani in pochi. In pianura me la cavo ancora bene!

Per Viviani il feeling con la squadra è stato subito buono. Elia ha sentito la fiducia e ha ripagato la Lotto con un buon treno
Per Viviani il feeling con la squadra è stato subito buono. Elia ha sentito la fiducia e ha ripagato la Lotto con un buon treno
Sentirti parlare con entusiasmo fa piacere. Che dire: questi vecchietti vanno ancora forte. Okay l’esperienza, ma servono anche le gambe, no?

Sì, servono le gambe e l’energia. E’ stato bello vedere anche Alaphilippe vincere in Canada, è un bel segnale. Ho ricevuto tanti complimenti anche dai corridori che venivano come me dalla Vuelta e mi dicevano: «Non sappiamo come hai fatto». In effetti dopo solo due giorni dalla fine della Vuelta, la stanchezza si sente ancora. Ma ho sempre pensato che dopo un Grande Giro, se recuperi bene, riesci a far buone cose.

Questa è testa, Elia…

Alla fine di un Grande Giro puoi buttarti sul divano per due settimane e basta, ma perdi tutto. Se sei affamato, invece, aspetti qualche giorno e poi vuoi correre… E vincere.

Com’è correre in questa Lotto? All’inizio, quando è uscita la notizia “Viviani alla Lotto”, non sembrava la tua squadra. Invece?

Invece bene. E’ una squadra organizzata con tanti giovani. Anche alla Vuelta non è mai mancato niente, staff al completo: massaggiatori, fisioterapisti, nutrizionista, lo chef, i materassi portati ogni mattina, le vasche del ghiaccio dopo l’arrivo. Non ci è mancato nulla. Ho fatto i complimenti alla squadra. A tutti gli effetti è una WorldTour e io sono stato in squadre grandi come Quick Step o Ineos Grenadiers, squadre super organizzate. E poi la fiducia che mi hanno dato: era qualche anno che non trovavo qualcuno che credesse in me.

Cosa intendi?

Ho trovato uomini in grado di fare quel lavoro lì. Da Jasper De Buyst, una garanzia, a Milan Fretin, giovane motivato, passando per Segaert che in testa al gruppo tirava per chilometri. Gente che ti rende orgoglioso e ti permette di fare risultati.

Nella testa di Elia ci sono già i mondiali su pista
Nella testa di Elia ci sono già i mondiali su pista
Immaginiamo faccia piacere vedere che, pur arrivando in ritardo a stagione iniziata, ti hanno dato le chiavi del team…

Vero! La Lotto è una super squadra. Credono nel devo team e hanno tanti giovani talenti. Widar, Van Eetvelt, Segaert… tra qualche anno sarà un gruppo ancora più competitivo.

Visto come sta andando, ci puoi dire qualcosa sul futuro?

Come ho sempre detto, ero arrivato qui per restare. Adesso c’è questa situazione della fusione (con Intermarché-Wanty, ndr) e sto aspettando notizie sui nuovi incastri fra le due squadre.

Da come parli hai ancora fame. E’ così?

Al 100 per cento. Altrimenti mi sarei già fermato. Aspettiamo notizie, ma intanto voglio aggiungere vittorie e corse. Poi c’è il mondiale su pista, dove punto all’eliminazione e alla corsa a punti. Ho parlato con Dino Salvoldi e vedremo in base alla condizione dopo Montichiari. Ma vorrei fare quelle specialità che non faccio alle Olimpiadi o che non ho potuto fare in questi anni dovendo preparare l’omnium.

Prima parlavi della Ineos: Geraint Thomas ha smesso. Che ricordi hai di lui e del team?

Geraint Thomas è un grande amico oltre che una leggenda. Lo guardavo con ammirazione già nei velodromi, quando giravo le piste per il mondo da solo insieme a Marco Villa. Allenarsi insieme, vivere entrambi a Monaco, essere in squadra: è stato speciale vederlo crescere e vincere. Per lui massimo rispetto, anche per come ha affrontato gli ultimi anni di carriera e il Giro d’Italia in particolare: ci è andato molto vicino, ha indossato la maglia rosa…

Viviani è stato in Ineos per tre stagioni: 2022-2024 e in precedenza per altre tre al Team Sky (2015-2016-2017)
Viviani è stato in Ineos per tre stagioni: 2022-2024 e in precedenza per altre tre al Team Sky (2015-2016-2017)
Però ora questo squadrone è in transizione…

Devono ricostruire un’identità. Per i Grandi Giri servono quei tre o quattro corridori speciali, e ora non li hanno. Probabilmente devono concentrarsi più sulle tappe che sulla generale. Ma con atleti come Ganna, Tarling, Turner e un Bernal ritrovato, almeno per le tappe non credo per la generale, possono vincere tanto. E poi il ritorno di Brailsford e magari l’ingresso di Thomas nello staff potrebbero essere la chiave giusta.

Perché?

Perché Geraint è sempre in stato in quel team. Conosce ogni piccola cosa, lo staff ed è fresco di gruppo, cosa che conta moltissimo in questo ciclismo. Lui sa come prepararsi e come arrivare pronti agli appuntamenti

Torniamo a te, Elia. C’è qualche gara in Belgio o in Veneto che ti piacerebbe vincere?

In Belgio sono tutte piatte e non ho una corsa preferita. L’importante è che possa disputare lo sprint. Poi cosa dire: correre in Veneto ha un sapore speciale. Mi piacerebbe il Giro del Veneto. Correre in casa, con i tifosi, sarebbe bello. Pippo Pozzato le fa dure per i velocisti, ma è il Giro del Veneto e soprattutto è una corsa in cui vorrei fare bene.

Da atleta a riferimento per le giovani. Sangalli rivede la “sua” Marta

18.09.2025
6 min
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Il “pasillo de honor” che le hanno riservato compagne e colleghe al Tour de Ardeche è il meritato tributo che si è guadagnata negli anni di carriera. Sulle strade di una gara che l’ha vista vincente e protagonista nel 2023 in un tentativo del proprio rilancio, Marta Cavalli ha salutato il ciclismo come avevamo potuto intendere dopo averla incontrata all’Italian Bike Festival di Misano.

Possiamo solo immaginare quanto sia costato a Marta prendere una decisione simile in termini di sentimenti legati al suo sport e, aggiungiamo noi, anche in termini di risultati sottratti dopo l’incidente patito al Tour Femmes 2022. Le botte fisiche e morali conseguenti a quel brutto episodio sono state le sue “porte girevoli”. C’è un gran bel prima e un complicato dopo da quel pomeriggio vissuto in mezzo alla campagna a pochi chilometri da Provins.

Adesso però c’è un presente, anzi ci sarà un futuro tutto nuovo per la 27enne cremonese di San Bassano, come riporta una frase del suo messaggio d’addio pubblicato sui profili social: «E’ il momento di scoprire il mondo da un’altra angolatura e di vivere una vita sicuramente più “normale”».

Il “pasillo de honor” tributato a Marta all’Ardeche, l’ultima gara della sua carriera (foto Florian Frison)
Il “pasillo de honor” tributato a Marta all’Ardeche, l’ultima gara della sua carriera (foto Florian Frison)

Cruccio di Sangalli

Chi l’ha conosciuta bene e non è mai riuscito a convocarla per varie contingenze è l’ex cittì Paolo Sangalli. Abbiamo chiesto all’attuale diesse della Lidl-Trek di tracciare un ritratto del percorso di Cavalli.

«Nelle tre stagioni da cittì – racconta – il mio più grande rammarico è stato quello di non aver mai avuto Marta a disposizione per europeo o mondiale. Il 2022 lo aveva iniziato in modo incredibile con una primavera splendida vincendo Amstel, Freccia Vallone e la classica in vetta al Mont Ventoux. Al Giro Donne era stata protagonista, chiudendo seconda dietro Van Vleuten. Tutte quelle prove mi avevano ampiamente convinto a portarla al mondiale di Wollongong. Nei miei piani iniziali, lei e Longo Borghini erano le due punte su cui fare la corsa.

«L’avevo seguita da vicino al Giro – prosegue Sangalli – e sapevo, speravo che avrebbe fatto bene anche al Tour Femmes. Poi alla seconda tappa arriva quello che per me è stato un attentato più che un incidente. L’australiana Frain non ha frenato e ha travolto Marta che stava ripartendo da ferma dopo aver evitato una caduta. Se andiamo a rivedere le immagini, vengono ancora i brividi. Rispetto alla botta che ha preso, le è andata bene, l’ho sempre detto. Quello è stato l’anno zero di Marta».

Esultanza marchio di fabbrica. Cavalli vince il tricolore nel 2018 con un colpo da finisseur (foto Twilcha)
Esultanza marchio di fabbrica. Cavalli vince il tricolore nel 2018 con un colpo da finisseur (foto Twilcha)

Voglia di non mollare

Se il 2022 si era rivelato come l’apice, il cammino per toccare quel livello aveva attraversato fasi non semplici da cui Cavalli era sempre uscita.

«Conosco Marta – ricorda Sangalli, che è stato per tanto tempo il vice dell’ex cittì Salvoldi – da quando era allieva ed è sempre stata una ragazza che mi è molto piaciuta, sia in bici che giù dalla bici. Ho sempre avuto un bel rapporto con i suoi genitori, anche perché ci siamo sempre ritrovati nei momenti difficili. Già al secondo anno da juniores Marta era stata capace di superare le conseguenze di una brutta caduta in pista che l’aveva tenuta ferma per sei mesi (e più di venti giorni di ospedale, ndr).

«Nel 2018, a soli due anni da quel giorno – va avanti – e quindi al secondo anno da elite, seppe vincere il campionato italiano con un colpo da finisseur negli ultimi metri anticipando nell’ordine Bertizzolo, Bronzini e Bastianelli che erano pronte alla volata generale. Fu un numero da grande atleta. Questo è il ricordo più bello proprio perché aveva dimostrato un grande carattere dall’incidente in pista. Certo bisogna riconoscere che Marta è stata tanto sfortunata nell’arco della sua carriera».

Le Fiamme Oro, per cui è tesserata, sono nel futuro di Cavalli, ma per Sangalli la sua esperienza può essere utile per le giovani
Le Fiamme Oro, per cui è tesserata, sono nel futuro di Cavalli, ma per Sangalli la sua esperienza può essere utile per le giovani

Momenti sbagliati

Ha ragione Sangalli, il credito di Cavalli con la buona sorte è davvero alto. E naturalmente tutto ciò avrebbe minato la solidità mentale di qualunque persona, anche non necessariamente un’atleta.

«Dopo l’incidente al Tour 2022 – riprende il tecnico milanese – sembrava sulla via del recupero, invece è iniziato un mezzo calvario perché con una certa frequenza saltavano fuori nuovi problemi ed altre complicazioni. Nonostante tutto Marta nel 2023 era riuscita a ritrovare un buon livello vincendo quattro gare, per nulla semplici (tappa e generale sia al Tour des Pyrénées sia all’Ardeche, ndr), andando sul podio ai campionati italiani a crono e in linea e disputando sia Giro che Tour. L’anno scorso invece, un paio di giorni prima del Giro Women, è stata investita da un automobilista finendo all’ospedale.

«E’ ovvio – dice con amarezza Sangalli – che tutte queste circostanze ti destabilizzano, alla luce dell’attuale ciclismo. Marta è stata un corridore completo, ma ha dovuto sempre inseguire la migliore condizione dal 2022 in poi. Mi sento di dire, se mi concedete un gioco di parole, che la grande sfortuna di Marta è stata quella di essere sfortunata nel momento sbagliato. Nel ciclismo di adesso è molto difficile recuperare bene ed in fretta da un qualsiasi infortunio, a maggior ragione se pesante. Penso anche a Elisa Balsamo, ad esempio. Per tornare a livelli veramente alti ci vuole tempo e ora non si riesce a correre per prepararsi. Devi essere già pronta».

Nel 2017 a Sanremo arriva la prima vittoria da elite di Cavalli dopo un brutto incidente in pista avvenuto l’anno prima (foto Ossola)
Nel 2017 a Sanremo arriva la prima vittoria da elite di Cavalli dopo un brutto incidente in pista avvenuto l’anno prima (foto Ossola)

Tesoro da non perdere

Quando una persona smette presto di essere un’atleta, l’obiettivo potrebbe essere non sperperare tutto quello che ha imparato e che ha da insegnare alle giovani leve.

«Marta è estremamente intelligente e preparata – sottolinea Sangalli – e potrà fare ciò che vuole lontana dalle corse. Teniamo conto che essendo tesserata per le Fiamme Oro, quindi con la Polizia di Stato, sono certo che saprà portare avanti un certo ruolo. E’ per questo che il suo ritiro dalle gare mi lascia sereno e contento per lei. Ha saputo risolvere problemi molto seri da corridore e per questo penso che la sua vita sarà più in discesa.

«Magari – chiude Sangalli, facendo poi un augurio proveniente dal profondo – convertirà la passione per la cucina e la panificazione ereditata da sua madre in un lavoro (sorride, ndr). Battute a parte, auspico il meglio possibile a Marta, ma soprattutto mi piacerebbe che venisse presa da esempio per le categorie femminili giovanili. Ricordo che nei ritiri della nazionale e dopo le gare, mi confrontavo spesso con lei sulla sua visione. Era un riferimento anche sotto questo aspetto. Non so se qualcuno vorrà coinvolgerla in futuro, però la sua esperienza non deve andare persa».

Cattaneo alla Red Bull: costanza e versatilità a servizio dei giovani

18.09.2025
5 min
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SOLBIATE OLONA – Mattia Cattaneo è tra gli azzurri che arriveranno oggi a Kigali, i primi a vedere da vicino e prendere confidenza con le strade del mondiale rwandese. Il corridore bergamasco si appresta ad affrontare un triplo impegno non da poco, si parte con la cronometro individuale di domenica 21 settembre. Poi arriverà il mixed team relay mercoledì 24, insieme a Matteo Sobrero, Marco Frigo, Federica Venturelli, Monica Trinca Colonel e Soraya Paladin. Infine Cattaneo sarà anche al via della prova su strada di domenica 28 settembre

«Parleremo delle varie tattiche quando arriveranno anche gli altri corridori per la prova in linea – ci racconta ai piedi del pullman della Federciclismo – intanto pensiamo alle due prove contro il tempo. Il percorso, sulla carta, è abbastanza adatto alle mie caratteristiche. E’ una giusta via di mezzo che mi piace, l’obiettivo è il solito: piazzarsi tra i primi dieci. Speriamo il più avanti possibile, sarà difficilissimo andare a podio, se dovessi arrivare tra il settimo e il decimo potrei dirmi felice».

Mattia Cattaneo durante la conferenza stampa di presentazione delle formazioni per i mondiali di Kigali
Mattia Cattaneo durante la conferenza stampa di presentazione delle formazioni per i mondiali di Kigali

Il nuovo dietro l’angolo

Un mondiale che lo vedrà protagonista, prima di gettarsi a capofitto verso le ultime gare di stagione in maglia Soudal-QuickStep. Correrà fino al Lombardia, nel quale sarà a sostegno di Remco Evenepoel, poi sarà tempo di pensare al futuro. Infatti Mattia Cattaneo seguirà il campione olimpico alla Red Bull-BORA-hansgrohe

Le parole spese da Ralph Denk danno la dimensione di quanto la Red Bull conti sulle qualità del bergamasco: «Con Mattia continuiamo la nostra strategia di affiancare i nostri giovani talenti a professionisti esperti – ha detto il general manager – apporta consapevolezza ed esperienza nelle gare, oltre a una grande potenza che fornisce energia fondamentale alla squadra, dalle gare di un giorno ai Grandi Giri».

Cattaneo sarà impegnato nella cronometro individuale, nel mixed team relay e nella prova su strada
Cattaneo sarà impegnato nella cronometro individuale, nel mixed team relay e nella prova su strada
Mattia, parole importanti…

Sicuramente alla mia età, dopo la carriera che ho avuto, sentirsi così ben voluto da una squadra del genere è molto gratificante. Dove sono ora (Soudal-QuickStep, ndr) stavo bene, però per gli ultimi anni di carriera una spinta in più in una nuova realtà sicuramente non fa male. Sono davvero contento, credo di poter portare un bel bagaglio di esperienza a un gruppo giovane. Nella mia carriera ne ho viste di cose, sia positive che negative. 

Cosa senti di poter dare?

Vengo da un ciclismo che è un pochettino diverso da quello attuale. L’ho detto anche alla squadra, magari posso aiutare anche i giovani a trovare un equilibrio tra l’essere dei robot e l’essere più “umani”. 

L’arrivo di Cattaneo alla Red Bull-BORA-hansgrohe sarà importante per la crescita dei giovani
L’arrivo di Cattaneo alla Red Bull-BORA-hansgrohe sarà importante per la crescita dei giovani
Tra i giovani ci sarà un certo Pellizzari, che tra qualche giorno ti raggiungerà ai mondiali…

Credo e spero di poter essere una figura di riferimento per lui. Giulio lo conosco marginalmente, ma credo sia un ragazzo molto ambizioso ed è giusto che sia così visto quello che ha dimostrato. Credo di poter essere un buon punto di riferimento in determinate corse. Fermo restando che lui deve essere Giulio Pellizzari, non Mattia Cattaneo o chi per esso. Io, come sempre faccio con i miei capitani, dico la mia in modo onesto e sincero. Da lì mi limito a fare il mio lavoro, sta a loro poi decidere se ascoltarmi, cosa ascoltare e come usare i miei consigli.

Sull’aspetto tecnico si era dato tanto della tua costanza, che è quello che forse poi ha spinto poi Red Bull a credere in te?

Sì, negli ultimi anni ho trovato un equilibrio nel tipo di lavoro che faccio e questo mi permette anche quando non sono al 100 per cento di riuscire comunque a essere di supporto. Quando sto bene il mio lavoro dura magari cento chilometri, altrimenti mi concentro su un chilometraggio minore. Però il mio lavoro riesco sempre a farlo. Mi autoelogio…

Cattaneo continuerà a correre accanto a Evenepoel, il belga si fida ciecamente del bergamasco
E’ giusto ogni tanto…

Nella mia carriera sono stato bravo a trovare la mia dimensione che mi permette di riuscire a fare il mio lavoro nel migliore dei modi, penso sia la cosa più difficile nello sport in generale.

Qual è questa dimensione che ti senti di aver trovato?

Riesco a essere nel posto giusto e al momento giusto. Inoltre a cronometro sono uno costante, non un campione, ma sono sempre tra i primi. Quelli buoni diciamo. Anche questo aspetto fa parte della costanza che mi ha permesso di dare sempre il mio supporto ai capitani. Sono uno dei pochi corridori che può aiutare a tirare le volate e allo stesso tempo restare a fianco al leader in salita, credo che questa versatilità sia un po’ il mio punto di forza.

La versatilità di Cattaneo sarà fondamentale anche nelle prove a cronometro del mondiale
La versatilità di Cattaneo sarà fondamentale anche nelle prove a cronometro del mondiale
C’è stato anche lo zampino di Evenepoel per questo trasferimento alla Red Bull-BORA-hansgrohe, ne avete parlato?

Onestamente avevo già dei contatti prima che Evenepoel iniziasse a trattare, poi logicamente il suo arrivo ha portato un’accelerata alla contrattazione. Sicuramente ha giocato un ruolo importante anche il suo arrivo al Red Bull. Tra noi due c’è un ottimo rapporto, è già qualche anno che si fida parecchio di me nelle situazioni importanti di gara. 

Avete già parlato di calendario per il 2026?

No, onestamente no. Prima penso a finire bene questa stagione con i mondiali e poi le classiche in Italia fino al Lombardia. Una volta finito ci concentreremo sulla nuova avventura. Il primo appuntamento, per conoscerci e parlare, dovrebbe essere a fine ottobre.

Alla Jayco con Baronti per disegnare il nuovo Vendrame

18.09.2025
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Con l’approdo alla Jayco-AlUla, Vendrame ricomincerà la sua collaborazione con Fabio Baronti, conosciuto prima da corridore e poi ritrovato quando per farsi preparare si rivolse al CTF Lab di Martignacco, alle porte di Udine. Baronti da quest’anno ha lasciato la… nave madre del CTF Friuli, assorbito nel frattempo dal Team Bahrain Victorious, e ha intrapreso la via australiana. Da corridore a massaggiatore, questo il suo percorso, poi la laurea in Scienze Motorie e ora il ruolo di allenatore WorldTour nel gruppo di lavoro coordinato da Marco Pinotti.

Alcuni spunti nelle parole del corridore trevigiano hanno fatto pensare a piccole variazioni di rotta, che Baronti ci ha aiutato a decifrare, in attesa che il rapporto entri nel vivo e alle ipotesi si sostituiscano dei programmi tangibili.

«Conosco Andrea da una vita – conferma – abbiamo persino corso insieme, ma non siamo stati mai compagni di squadra. Lui è del 1994, io del 1995, abbiamo fatto le giovanili insieme. Quando era junior di secondo anno e io di primo, lui era al Veloce Club Bianchin, io alla Rinascita Ormelle. Ci siamo incrociati anche negli under 23, sfasati di un anno. Ma alla fine siamo della stessa zona, per cui è capitato che qualche volta ci allenassimo insieme. Finché nel 2022-2023, passato dall’Androni alla Ag2R, decise di cambiare allenatore e fu seguito dal CTF Lab. Non da me personalmente, però comunque dal centro e alla fine credo che si sia trovato bene».

Fabio Baronti è approdato alla Jayco-AlUla all’inizio della stagione 2025: proveniva dal CTF Friuli
Fabio Baronti è approdato alla Jayco-AlUla all’inizio della stagione 2025: proveniva dal CTF Friuli
E’ più facile iniziare a lavorare con un corridore che già si conosce?

Molto. Abbiamo già avuto in passato modo di conoscerci, quindi la fase iniziale di creazione del rapporto anche personale sarà molto più semplice, perché di fatto in tante componenti è già stata fatta. Il processo iniziale sarà più veloce.

Che idea ti sei fatto di Andrea Vendrame atleta, a questo punto della carriera?

Sicuramente un corridore versatile, dal punto di vista prettamente atletico. Tiene bene su salite di media lunghezza e ha un ottimo spunto veloce, per cui si comporta bene nei percorsi misti, dove magari c’è della selezione e poi bisogna far valere lo spunto veloce nel finale. In più, ha il vantaggio di essere molto intelligente.

Quindi?

Quindi uscendo dalla questione puramente legata alla performance, ha l’occhio per entrare nella fuga giusta, per fare l’azione nel momento giusto. Sono elementi che spesso sono difficili da quantificare, che però fanno la differenza tra giocarti una vittoria o rimanere tagliato fuori, anche se avresti le gambe per giocartela.

Giro d’Italia 2023, già dall’anno precedente, Vendrame è allenato dal CTF Lab alle porte di Udine
Giro d’Italia 2023, già dall’anno precedente, Vendrame è allenato dal CTF Lab alle porte di Udine
Secondo te c’è un fronte su cui può ancora migliorare?

Ogni allenatore ha le sue metodologie, per cui fatta la base, trova la chiave di lettura e il modo di lavorare sui piccoli dettagli. Dal punto di vista della performance, io credo che a 31 anni Andrea non possa avere cambiamenti macroscopici, la sua tipologia di atleta è quella. Credo che il miglioramento auspicabile sia legato a un piccolo margine a livello di rapporto potenza/peso, per essere ancora più resistente e avere un ventaglio di gare che si amplia leggermente. Resistere in gruppi ancora più ristretti di quelli in cui si trova adesso e questo chiaramente sarebbe positivo, senza però compromettere l’ottimo spunto veloce. E poi credo che l’altro risvolto della medaglia, che non è legato unicamente alla performance, sia il fatto di trovare un calendario adeguato che riesca a mettere in luce le sue qualità.

Anche Andrea ha parlato di calendario da rivedere…

Tante volte lo stesso atleta fa una progressione di gare, in cui si mette alla prova nel modo giusto e in cui trova anche la confidenza giusta, esprimendosi al miglior livello. Invece magari scelte sbagliate possono portarti a perdere un po’ di sicurezza o ti impediscono di esprimerti al meglio. Si tratta di unire i due aspetti. Farsi trovare nella forma giusta negli appuntamenti che verranno stabiliti insieme alla squadra.

Alla luce di questo, troveresti curioso sapere che Vendrame ha corso raramente la Sanremo e mai l’Amstel Gold Race?

Credo che in Italia ci sia più di qualche atleta che ha dimostrato di poter essere competitivo anche su questo tipo di palcoscenici, che invece a volte vengono visti come troppo grandi. Penso a uno come Velasco, che bene o male quest’anno si è portato a casa un quarto posto alla Liegi. Per quanto riguarda Vedrame, ancora non abbiamo parlato nello specifico di calendario e appuntamenti principali della stagione, però credo che quelle siano gare che gli si addicono. Anche quest’anno, con la forma che aveva alla Tirreno dopo aver vinto la tappa di Colfiorito, penso che alla Sanremo sarebbe potuto essere competitivo. Almeno avrebbe potuto provare a dire la sua.

Dopo un’ottima Tirreno-Adriatico 2025, Vendrame si è rassegnato a non correre la Sanremo. Meglio il Catalunya per fare punti…
Dopo un’ottima Tirreno-Adriatico 2025, Vendrame si è rassegnato a non correre la Sanremo. Meglio il Catalunya per fare punti…
Secondo te, il suo spunto veloce è altrettanto temibile dopo i 250 chilometri?

Sicuramente, anche per quello che ha dimostrato negli anni, Vendrame è un corridore resistente anche lungo le gare. Per capirci, al Giro d’Italia è uno che magari, senza avere numeri strabilianti o molto al di sopra della media, riesce ad esprimerli anche nella terza settimana quando gli altri sono più stanchi. Se becca l’azione giusta, è sempre uno molto pericoloso anche in queste gare più lunghe. Chiaramente nel momento in cui venisse deciso di puntarci seriamente con obiettivi chiari, è chiaro che ci sarà da lavorare sull’essere resistente anche dopo cinque o sei ore di gara e riuscire a fare gli stessi numeri che ha anche quando è fresco.

Si parla di lavoro da fare: che rapporto c’è fra Vendrame e l’allenamento?

Mi sembra uno che si conosce. Non è un esecutore, un robottino che fa e basta. E’ uno che riesce a relazionarsi nel modo giusto con le figure che ha intorno e a dare dei feedback super precisi sulle sue cose. Per quanto mi riguarda, parlando da allenatore, è sempre una cosa positiva. E’ il tipo di atleta che ti dà qualcosa indietro, il riscontro per essere ancora più a fuoco quando si va nello specifico e avvicinandosi agli eventi.

Parlando per un attimo di Fabio Baronti, com’è stato questo primo anno WorldTour lontano dagli amici del CTF?

Sono super contento dell’ambiente che ho trovato. Ho accettato la sfida di uscire dalla mia comfort zone e ho avuto la fortuna di trovare un altissimo livello di professionalità e di empatia dal punto di vista personale con tantissimi dei miei colleghi, a partire da Pinotti. Da un punto di vista professionale chiaramente è un bel salto, che mi ha messo nella condizione di dimostrare di essere all’altezza. Mi stimola a cercare cose nuove, a farmi delle domande in più.

La vittoria di Sappada al Giro del 2024 ha confermato la resistenza di Vendrame nella terza settimana
La vittoria di Sappada al Giro del 2024 ha confermato la resistenza di Vendrame nella terza settimana
Cosa ti pare del gruppo atleti?

Quest’anno tutta la squadra ha fatto un percorso, anche il gruppo performance si è messo in discussione. Abbiamo cercato di farci le domande giuste in modo da darci delle risposte che ci permettano di avvicinarci a chi al momento è un gradino sopra di noi. Io credo alle potenzialità in questo gruppo. Tante volte è chiaro che avere atleti forti aiuta, avere il talento è un bel vantaggio. Però è una bella sfida anche tirare fuori il massimo da un gruppo di atleti forti e motivati. Gente che abbia la maturità per ascoltare le istruzioni e metterci quel qualcosa in più, che permette di cogliere il risultato. Quello che Andrea Vendrame sa fare molto bene, per questo credo che il suo profilo sia adattissimo alla nostra squadra.

Chesini svetta in Romania. E non è stato un caso…

18.09.2025
5 min
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La vittoria al Giro di Romania è solo l’ultimo capitolo della bella estate di Cesare Chesini, il giovanissimo corridore di Negrar che sta portando un buon numero di punti alla MBH Bank Ballan. Un contributo importante per la squadra in procinto di diventare professional. Il veneto si era già messo in evidenza a luglio conquistando la classica in linea di Vysegrad, ma la vittoria nella corsa a tappe rumena sicuramente apre prospettive diverse.

Chesini sul podio del Giro di Romania, con lo svizzero Stussi a 8″ e lo spagnolo Sagrado a 54″ (foto Georgescu)
Chesini sul podio del Giro di Romania, con lo svizzero Stussi a 8″ e lo spagnolo Sagrado a 54″ (foto Georgescu)

L’andamento di questi mesi caldi ha anche un significato particolare per lui perché la stagione non era certo iniziata come avrebbe voluto: «Ero partito già dall’inverno con l’idea di far bene le gare internazionali di aprile, ma il bilancio alla fine era stato magro. Poi abbiamo preparato il Giro NextGen andando in altura, lì mi sono ammalato e ho perso 10 giorni. Nella corsa rosa non sono andato male, ho anche centrato un 5° posto ma non ci sono arrivato come avrei voluto».

Dopo però sei andato sempre in crescendo…

La condizione costruita al Giro è servita per il dopo, ho fatto buoni risultati, ho vinto a Vysegrad e accumulato chilometri al Valle d’Aosta, ho fatto bene qualche classica italiana come a Capodarco, fino all’impresa rumena.

Il veneto si era messo in luce in luglio a Vysegrad, beffando per 4″ Lucca (foto Melicher)
Il veneto si era messo in luce in luglio a Vysegrad, beffando per 4″ Lucca (foto Melicher)
Che corsa era questo Giro di Romania?

Per me era un po’ una corsa da scoprire, perché non c’ero mai stato. Sul computer avevo visto le tappe e avevo notato che la seconda era impegnativa ed interessante, allora abbiamo deciso di costruire una tattica con la squadra. Eravamo andati io e Novak per fare bene in classifica, che si decideva proprio alla seconda tappa, da lì in poi vedevamo un po’ come eravamo andati e decidevamo chi dei due puntava al bersaglio.

Fondamentale è stata la tua vittoria nella seconda frazione, poi le ultime tre hai corso in difesa…

Sì, poi mi sono difeso anche con l’aiuto dei compagni che mi hanno aiutato. Ma erano stati preziosi anche nella frazione decisiva. Sull’ultima salita c’era una fuga di una decina di corridori che però non avevano tanto vantaggio. Sapevamo che li avremmo ripresi sulla salita e appena si sono alzate le pendenze abbiamo iniziato noi a fare un bel ritmo. E’ venuta fuori una selezione naturale, sono rimasti davanti quelli più forti e poi alla fine ce la siamo giocata in tre allo sprint.

Strade senza grandi asperità in Romania, ma la seconda tappa è stata impegnativa (foto Georgescu)
Strade senza grandi asperità in Romania, ma la seconda tappa è stata impegnativa (foto Georgescu)
Tu avevi già vinto a luglio a Vysegrad, dai l’impressione di trovarti bene, soprattutto nelle gare all’estero. Perché?

Non me lo so spiegare, non so darmi un motivo. Diciamo che c’è un altro modo di correre che non si fa in Italia, meno controllato e più diluito lungo tutta la lunghezza della frazione. Può essere che mi adatto di più a quel modo di correre.

La tua crescita repentina in questa stagione estiva ti ha portato già alla riconferma per il prossimo anno, quando la squadra diventerà una professional, quindi cambia un po’ tutto, cambia anche il calendario…

Sì, la squadra sta lavorando per salire di categoria. Cambierà il calendario, cambieranno gli obiettivi, anche se terremo sempre in considerazione le corse internazionali under 23, dato che rientro ancora nella categoria.

Il veronese è da quest’anno alla MBH, dopo un biennio trascorso alla disciolta Zalf (foto Instagram)
Il veronese è da quest’anno alla MBH, dopo un biennio trascorso alla disciolta Zalf (foto Instagram)
Tu però entri in un nuovo mondo avendo dimostrato di essere un vincente, quindi ci saranno anche occasioni per cercare il risultato importante a un livello più alto rispetto a quest’anno?

L’importante intanto sarà avere più occasioni possibili per gareggiare con quelli più grandi avendo ancora molto da imparare, quello sarà il mio obiettivo principale. Poi dove avrò la possibilità di fare la corsa, oppure sicuramente nelle prove internazionali under 23, correrò con l’obiettivo del massimo risultato.

Sei al primo anno alla MBH Bank, che cosa hai capito di te stesso in questa stagione, che tipo di corridore puoi essere?

Prima pensavo di andare meglio sulle salite lunghe e invece quest’anno ho visto anche a Vysegrad e in Romania che vado meglio sui percorsi duri, ma senza salite lunghissime. Perché riesco a gestire meglio le forze e poter dire la mia in uno sprint ristretto.

Chesini insieme a Ulissi a Larciano. La sua ambizione è avere sempre più occasioni di confronto con i pro’
Chesini insieme a Ulissi a Larciano. La sua ambizione è avere sempre più occasioni di confronto con i pro’
Prossimi obiettivi che hai in questa stagione?

Vorrei sfruttare al meglio la buona condizione che ho costruito nell’estate, manca un mese circa alla conclusione della stagione e vorrei puntare a qualche risultato nelle prove che restano a cominciare dalla Milano-Rapallo e dal Piccolo Lombardia. Poi spero di avere qualche occasione per correre anche contro i professionisti nelle ultime classiche italiane.