Oldani cambia “armatura” ed è pronto per entrare nell’arena

02.10.2023
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LISSONE – Stefano Oldani è l’ultimo corridore a scendere dal pullman della Alpecin-Deceuninck. Il 25enne nato a pochi passi da queste strade si nasconde dietro il nuovo modello di occhiali da sole e sotto al casco bianco di Canyon. Prende la bici con il numero 24 agganciato al tubo sella, e si dirige verso il foglio firma della Coppa Agostoni. Deve attraversare tutto il piazzale, lui in bici e noi accanto, trotterellando a piedi. 

Il passaggio alla Cofidis che avverrà il primo gennaio del 2024 è una notizia della quale abbiamo parlato con il suo nuovo diesse Damiani, ma mai con il diretto interessato. Le corse di fine stagione ci offrono questo spunto e noi lo cogliamo. 

Stefano Oldani si dirige verso il foglio firma della Coppa Agostoni, una delle ultime gare in maglia Alpecin
Stefano Oldani si dirige verso il foglio firma della Coppa Agostoni, una delle ultime gare in maglia Alpecin

Vincente

Nell’intervista di Damiani il tecnico aveva detto che Oldani deve correre per vincere, una bella iniezione di fiducia. Quel che serve per affrontare con la giusta motivazione il cambio di maglia, dimostrare di essere un vincente. 

«E lo sono – afferma Oldani sicuro di sé – la mia ambizione è quella di essere un vincente. Ho fatto qualche anno a mettermi a disposizione di capitani dal nome e dal palmares importante: come Van Der Poel e Philipsen. Ora andando in Cofidis e avendo la fiducia di Roberto (Damiani, ndr) potrò avere le mie occasioni».

A pochi passi da casa tanta gente che lo cerca e lo acclama
A pochi passi da casa tanta gente che lo cerca e lo acclama

Nuovo capitolo

Oldani parla con un tono di voce che non lascia dubbi riguardo le sue intenzioni. E’ nell’età giusta per provare a dare il massimo ed ottenere tanto dalla sua carriera, il momento di provare a scommettere su se stesso è ora. 

«Possiamo dire che tocca a me – conferma mentre continua a pedalare – assolutamente. Mi lancio verso questa nuova avventura ambizioso e da vincente, non vedo altri modi. Ho tanta voglia di iniziare, ma prima di tutto bisogna finire la stagione nel miglior modo possibile con le corse qui in Italia. Non vedo l’ora di cominciare questo nuovo capitolo, per avere ancor più possibilità di correre da vincente come ha detto Damiani e soprattutto con la fiducia della squadra. Avere l’aiuto e l’appoggio di una persona come lui, uno che nel ciclismo ha mostrato tanto, è sicuramente una spinta in più per me. Le nostre mentalità sono molto simili da questo punto di vista e sarà la combinazione perfetta».

Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia, battendo Rota
Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia, battendo Rota

Fiducia

Questa è la parola che emerge dalla chiacchierata con Oldani. La fiducia è quella cosa che serve ad un corridore per tirare fuori qualcosa in più, per emergere. 

«La fiducia della squadra è molto importante, se non fondamentale – spiega Oldani – è normale che a volte si debba lavorare per capitani che a livello pratico vanno più forte di te, ci sta. Ora penso che in Cofidis avrò le mie occasioni, probabilmente qualcuna in più».

Oldani nel 2022 ha ottenuto la sua prima vittoria da professionista e lo ha fatto nella tappa di Genova al Giro d’Italia. Una cassa di risonanza importante, che ha fatto riecheggiare il suo nome per tanto tempo. Nel 2023 alla corsa rosa non si è ripetuto, ma ha avuto maggior costanza, con cinque piazzamenti nei primi 10. 

«L’ambizione principale – dice ancora Oldani – è quella di togliermi l’etichetta di quello che ha vinto la tappa al Giro. Fin dalla tappa successiva a quella di Genova avevo l’obiettivo di non rimanere quello che ha vinto solo la tappa al Giro».

Al Giro del 2023 nessun acuto ma maggiore costanza: 5 piazzamenti in top 10
Al Giro del 2023 nessun acuto ma maggiore costanza: 5 piazzamenti in top 10

Giuste corse

Un’altra parola chiave è calendario, Stefano Oldani vuole alzare l’asticella e potrà farlo mettendosi alla prova in ogni gara. Sarà importante però seguire il corretto cammino di avvicinamento.

«Come dicevo prima – conclude – si tratta di avere fiducia e anche fare il calendario giusto per le mie caratteristiche. Sono un corridore che ha bisogno di fare tante gare al fine di trovare la condizione migliore. Quindi aver qualcuno che crede in me al 110 per cento e che mi metta a disposizione o lasciarmi un po’ decidere il calendario. Il ritmo corsa lo fai solo quando metti il numero sulla schiena, aggiungi quel pezzettino che ti manca per essere competitivo. Forse è proprio questo che mi è mancato quest’anno».

Lecerf col brivido: suo il Lombardia under 23

01.10.2023
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OGGIONO – I 170,6 chilometri del Lombardia under 23 si sciolgono nel caldo anomalo di questo primo giorno di ottobre e nelle polemiche dopo l’arrivo. La volata a due l’ha vinta William Junior Lecerf, della Soudal-Quick Step Devo Team. Il battuto di giornata, invece, porta i colori della Jumbo-Visma Development Team ed è Archie Ryan. 

I momenti che seguono l’arrivo sono concitati, con Lecerf che fa un’espressione strana e non esulta, come se sapesse che qualcosa non è andato nel verso giusto. Dall’altra parte il massaggiatore dei calabroni e l’esile irlandese Ryan si lamentano con tutti. Arrivano con voce alta fin sotto il palco delle premiazioni e parlano anche con i giudici dell’UCI. Il quale, però, non si fa smuovere dalle argomentazioni di casa Jumbo. 

A ruota dei più forti

E pensare che erano stati proprio i jumbo-Visma ad accendere la corsa, con lo stesso Archie Ryan ad attaccare sul Ghisallo, ennesima salita di giornata e sicuramente la più impegnativa. L’irlandese ha attaccato, prendendosi il GPM e il relativo premio, ma dietro non si sono scomposti, anzi. Una volta rientrati nel tratto di discesa uno dei più pimpanti è stato Francesco Galimberti. L’essersi mosso in anticipo probabilmente gli ha fatto spendere tanto, ma almeno il corridore della Biesse-Carrera è riuscito a rimanere con i primi conquistando alla fine il sesto posto finale, come nel 2021. 

«A inizio corsa non stavo molto bene – racconta con ancora la fatica addosso Galimberti – poi mi sono sbloccato proprio sul Ghisallo. Mi sono messo a ruota dei più forti seguendo in prima persona l’attacco del corridore della Jumbo (Ryan, ndr). Nel tratto che riportava a Oggiono, prima del circuito finale, ho anche provato ad anticipare ma non è andata bene

«Sapevo che quello del Ghisallo sarebbe stato un punto delicato per aggiudicarsi la corsa – continua – ma contro questi squadroni è difficile. Non penso di aver sprecato troppe energie, gli altri ne avevano semplicemente di più. Competere con certi avversari ti dà molta più convinzione e motivazione, alla fine essere lì è motivo di orgoglio perché vuol dire che hai una buona condizione. Il livello continua ad alzarsi e si va sempre più forte, sul Ghisallo abbiamo volato e la fatica è rimasta nelle gambe».

Jumbo beffata

Lecerf non si è mosso invece, ha atteso, risparmiato e alla fine l’ha spuntata lui. Sulle rampe di Colle Brianza il belga ha rimontato con grande passo su Ryan e poi insieme sono andati verso il traguardo. Mentre nel gruppetto all’inseguimento si arrancava e sbuffava davanti c’era ancora la lucidità di capire che non era il caso di provare a farsi male prima del dovuto, ovvero l’ultimo rettilineo. 

«E’ il modo migliore per finire il 2023 – racconta dietro il palco delle premiazioni Lecerf – cercavo da tanto tempo la vittoria in una gara UCI e ci sono riuscito. Ero già molto contento della mia stagione, perché ero riuscito ad ottenere tante top 10, anche in gare importanti come Liegi U23 e Flèche Ardennaise. Nelle gare nazionali in Belgio ero riuscito a vincere, mentre in questo genere di corse non ancora. E’ un grande passo per me, in questo 2023 sono cresciuto tanto, correndo spesso con i professionisti.

«Non so bene che tipo di corridore posso essere – dice – se uno scalatore o un puncheur, non sono ancora sicuro quale sia la soluzione migliore per me. Mi piacciono molto queste corse, così come la Liegi, ma sono molto bravo anche nelle salite lunghe. 

La Jumbo ha preso in mano la corsa nel momento decisivo rompendo il gruppo
La Jumbo ha preso in mano la corsa nel momento decisivo rompendo il gruppo

WorldTour, con chi?

Il 2024 vedrà Lecerf fare il salto di categoria, visto l’accordo già trovato e siglato per il WorldTour. Avrà modo di scoprire meglio chi è e quali tipo di corse gli piacciono, cercando una specializzazione per far decollare ufficialmente la sua carriera. 

«L’anno prossimo mi aspetta un grande passo avanti – continua Lecerf – ho firmato un contratto di 3 anni con il nostro team WorldTour (Soudal-Quick Step, ndr). Sicuramente mi piacerebbe mettermi alla prova con queste corse in formato “big” ma vedremo. Ci sono molte voci su una nostra possibile fusione con un altro team (la Jumbo-Visma, squadra messa oggi nel sacco dal Wolfpack dei giovani, ndr)».

Lecerf ha sfruttato il lavoro della Jumbo uscendo nel momento giusto, sulla salita di Colle Brianza
Lecerf ha sfruttato il lavoro della Jumbo uscendo nel momento giusto, sulla salita di Colle Brianza

«Non sappiamo nemmeno noi cosa potrà succedere – conclude – c’è tanta confusione sull’argomento (anche lunedì, domani, se ne dovrebbe sapere di più secondo le ultime dichiarazioni di Lefevere, ndr). Spero, in qualsiasi caso, di trovare una buona sistemazione per il prossimo anno, anche se per il momento non me ne voglio preoccupare».

Bici e valigia pronta per Malucelli, il ciclista giramondo

01.10.2023
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Mentre domenica si correva l’europeo, Matteo Malucelli stava affrontando la Paris-Chauny, classica del calendario francese adatta alle ruote veloci e nell’occasione ha chiuso al 9° posto. Potrà sembrare poco a uno sguardo superficiale, ma non è così. Per il ventinovenne forlivese è la continuazione di una stagione, la sua prima nella Bingoal dove ha colto ben 13 Top 10 e per una squadra come quella belga, affamata di punti Uci, è un bel bottino.

Quella fiamminga è solo l’ultima squadra nella carriera di Malucelli, diventato suo malgrado una sorta di giramondo. Basti pensare che dal 2020 ha girato ben 5 team e ognuno gli ha dato qualcosa, lo ha fatto crescere non solo come ciclista ma anche dal punto di vista umano. Tutto serve per la sua maturazione, anche gare come quella di domenica scorsa.

Jasper Philipsen vincitore in volata sui francesi Tesson e Penhoet, con Malucelli nono (Photo News)
Jasper Philipsen vincitore in volata sui francesi Tesson e Penhoet, con Malucelli nono (Photo News)

«Non era una gara qualunque, se si considera che a vincere è stato Jasper Philipsen e che sono arrivato a pochi centimetri da gente come Coquard e Girmay. Era la prima volta che la facevo: quand’ero all’Androni frequentavamo la porzione primaverile delle classiche franco-belghe, queste no e per me è stata una scoperta».

Che gara era?

Dicono che sia una corsa per velocisti e infatti si è conclusa con una volata di gruppo, ma lo sprint te lo devi guadagnare perché ci sono 2.300 metri di dislivello e infatti qualche pezzo grosso è rimasto indietro, come Groenewegen. A me quelle strade piacciono, più di quelle belghe perché ci sono meno spartitraffico e rotonde, il tracciato è più filante pur avendo le caratteristiche tipiche di quelle prove. Per me essere arrivato nei primi 10 vuol dire tanto, conferma che sto attraversando un buon momento.

Sui muri delle Fiandre, Malucelli si sta trovando a meraviglia e vuole emergere nel 2024
Sui muri delle Fiandre, Malucelli si sta trovando a meraviglia e vuole emergere nel 2024
Anche nelle prove immediatamente precedenti eri andato bene…

Sì, dal mio rientro in gara a metà settembre ho “bucato” solo la prima corsa, il Campionato delle Fiandre perché sono caduto a 200 metri dal traguardo sennò sarei sempre stato intorno alla decima-quindicesima piazza. La mia è stata una stagione abbastanza strana, con tante corse nella prima parte e poi una lunga pausa in estate perché non c’erano impegni nel mio calendario e che ho usato per allenarmi a casa, poi ho ripreso con il Renewi Tour che era poco adatto a me. Io sono uno che cresce di condizione correndo, per questo sono fiducioso per le prossime gare.

Come ti trovi nel team belga?

Non è facile, bisogna adattarsi a un sistema diverso dal nostro, per fortuna qui tra Spezialetti fra i diesse e Tizza nel team, c’è anche un po’ d’Italia che addolcisce il tutto. I risultati sono frutto anche del mio capire pian piano come stanno le cose. In primavera ho preso belle mazzate in gara, perché proprio non mi ci ritrovavo.

Con Tizza che per Matteo è stato fondamentale nell’ambientamento in Belgio
Con Tizza che per Matteo è stato fondamentale nell’ambientamento in Belgio
Tu sei quasi tuo malgrado un ciclista globalizzato: 5 diversi team in 5 diverse parti del mondo dal 2020 in poi. Proviamo a identificare ogni capitolo attraverso un particolare iniziando dalla Caja Rural

Ci sono rimasto due anni, ma praticamente il secondo, dove dovevo mettere a frutto quello che avevo imparato, non ho potuto correre per il Covid che aveva fermato tutto. Una cosa che mi è rimasta impressa? La cena alle 21,30, io sono abituato a mangiare alle 19,30, loro a quell’ora facevano merenda. Dicevo loro: «Ma non vi pesa andare a letto con la pancia piena?». Oltretutto alzandosi poi presto la mattina. Non riuscivo proprio ad abituarmi…

Nel 2021 sei tornato così all’Androni…

Se si parla di Androni si parla di lui: Gianni Savio. Gli devo tantissimo e proprio avendo girato il mondo ho capito a posteriori quanto valga, il suo modo di vedere il ciclismo, anche il suo carattere per certi versi particolare ma necessario per farsi rispettare in questo mondo.

Poi sei approdato alla Gazprom…

E dico la verità, mi ci sarei fermato a lungo perché era la squadra ideale per me, con una buona parte italiana, ma con una metodica russa, fatta di regole chiare, di programmazione, l’ideale per la mia mentalità da ingegnere, dove non si trascurava nulla. Tutti sanno com’è andata a finire e mi è dispiaciuto tantissimo.

Ad agosto dello scorso anno hai trovato posto al China Glory Continental Team

Non era certo facile, un team così lontano dalla nostra cultura, ma ho apprezzato quell’esperienza. Anche in questo caso, parlando di che cosa mi è rimasto impresso, mi viene in mente qualcosa legato all’alimentazione. Avevo corso spesso in Cina ma non mi ero mai fidato della cucina locale, avevamo sempre i nostri cuochi e nostri cibi. Mi sono dovuto adattare e ho scoperto una cucina tipica molto buona, oltretutto più salutare di quanto si possa pensare.

La volata finale del Saudi Tour con il forlivese beffato da Consonni
La volata finale del Saudi Tour con il forlivese beffato da Consonni
Infine l’approdo alla Bingoal…

Devo dire grazie a Tizza che mi ha dato una mano sia ad entrare che ad ambientarmi. Trovare una cosa bella? Devo dire il calendario che fanno, tutte gare franco-belghe con i classici muri e il pavé, qualcosa che avevo visto solo in televisione e dove mi sono trovato bene. Questa poi è davvero la patria del ciclismo: fai una gara neanche troppo conosciuta al martedì? Al mattino è pieno di gente alla partenza, c’è un clima unico, sono appassionati veri.

A proposito di viaggi, ti aspetta il Giro di Turchia.

L’ho già affrontato tre volte ed è una gara che mi piace molto, ci sono 4-5 occasioni per sprint di gruppo, in alcune tappe forse è scontato, in altre bisognerà guadagnarselo. Io vorrei sfruttare la buona condizione che ho anche per migliorare i miei risultati e per capire che cosa mi aspetta il prossimo anno.

La Rostese in Spagna alla Vuelta Hispania: com’è andata?

01.10.2023
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La Ciclistica Rostese è tornata da pochissimi giorni dalla trasferta in Spagna, dove ha corso la Vuelta Hispania. In Italia c’è il Giro Next Gen, in Francia il Tour de l’Avenir ed ora anche in terra iberica c’è una corsa a tappe dedicata agli under 23. La Vuelta Hispania è al suo secondo anno di vita, è giovane come gara, ma molto apprezzata e in grande crescita. I ragazzi della Rostese sono finiti a correrla grazie alla lungimiranza dei propri tecnici (foto apertura El Peloton).

«In Spagna, ad agosto, avevamo già corso la Vuelta a Zamora e la Vuelta a la Comunidad de Madrid – racconta Beppe Damilano, diesse del team – ed erano state esperienze molto belle. Proprio durante una di queste corse è nato l’invito per la Vuelta Hispania, così abbiamo colto l’occasione al volo. E’ una corsa a tappe meno famosa di quelle presenti in altri Paesi ma non si scherza».

«L’organizzazione ci ha trovato gli hotel mentre noi ci siamo arrangiati per il viaggio. I ragazzi in aereo e noi del team con i mezzi. 1.600 chilometri in macchina sono davvero tanti, fortuna che in Spagna e Francia il traffico autostradale non è come da noi. Anche se hanno una passione per le foto (dice ridendo in riferimento agli autovelox, ndr) speriamo che non ce ne abbiano fatte».

Corse a tappe

In Spagna di corse a tappe ce ne sono tantissime, il conto è davvero elevato, e se questo si paragona con quello delle gare a tappe italiane diventa tutto più estremizzato. 

«Da questo punto di vista – dice Damilano – sono davvero tanto organizzati, in Spagna ci sono tre o quattro gare a tappe ogni mese. E le squadre che partecipano sono spesse volte diverse. A Zamora, per esempio, c’erano tanti team continental con corridori elite. Mentre a Madrid la gara era dedicata agli under 23, così come alla Vuelta Hispania».

Alla Vuelta Hispania – riprende – i partecipanti non erano tantissimi: 109, considerando che due squadre, una inglese e una americana, non sono partite. Il numero di corridori sarebbe stato 120, il giusto a loro modo di vedere. Si tratta di una corsa privata, nel 2024 probabilmente entrerà a far parte dell’organizzazione anche la Federazione spagnola. Frequentare queste corse fa bene alla nostra squadra, considerato che ho conosciuto un esponente della Vuelta Portogallo U23 e abbiamo parlato di un invito per il prossimo anno».

Cinque tappe e tanto vento

La Vuelta Hispania conta cinque tappe, di cui una è una cronometro a squadre. Un numero ridotto di prove rispetto a Giro Next Gen o Avenir, ma anche da queste parti la strada si fa rispettare. 

«L’unica tappa piatta – racconta Damilano – doveva essere l’ultima e invece sono venuti fuori 1.500 metri di dislivello con un vento fortissimo in ogni tratto. Doveva essere la frazione più corta, con soli 109 chilometri, ed è uscita comunque durissima. In Spagna poi hanno questa passione per le salite, sono ovunque e molte non le segnalano nemmeno nell’altimetria, ma si sentono. Durante la prova della crono a squadre vedevo che i miei ragazzi facevano 40 di media in un rettilineo e ho pensato: “Se andiamo così prendiamo tanti minuti”. Invece una volta fatta la riunione mi hanno spiegato che la strada tirava all’insù ed il vento era costantemente frontale. Infatti poi una volta in corsa siamo arrivati quinti».

Tanti arrivi in cima a brevi strappi, nessuna volata di gruppo (foto esCuellar)
Tanti arrivi in cima a brevi strappi, nessuna volata di gruppo (foto esCuellar)

Poca pianura

La Vuelta Hispania ha attraversato la penisola iberica partendo da Andorra e spostandosi verso il centro. Poi ha virato verso nord in direzione di Santander, per terminare nella parte centrale: tra Valladolid e Madrid. 

«Le tappe erano davvero impegnative – spiega ancora – nella terza frazione c’erano in 120 chilometri tre salite. Una breve di 5 chilometri, nemmeno segnata sull’altimetria, poi una seconda da 12 chilometri e dopo una breve discesa la scalata finale fino a Alto Campoo a quota 2000 metri: 19 chilometri. In generale anche nella zona centrale del Paese di pianura non ne abbiamo vista molta. Sono tutti continui sali e scendi che tolgono il fiato, con arrivi in cima a strappi o brevi salite».

Aimonetto è stato il migliore dei suoi con un quarto posto come miglior piazzamento di tappa (foto Inma Conesa)
Aimonetto è stato il migliore dei suoi con un quarto posto come miglior piazzamento di tappa (foto Inma Conesa)

Buon livello

I nomi delle squadre non sono quelli che circolano nelle principali corse internazionali, ma il livello è alto. Proporzionato soprattutto al fatto che la Rostese ha molti ragazzi giovani, alcuni addirittura di primo anno.

«Si correva in sei atleti per squadra, uno in più rispetto al Giro Next Gen – racconta Damilano – non ci sono molte squadre internazionali, ma il livello in Spagna è alto. Di stranieri eravamo: la Uno-X Development, un team portoghese, uno francese e noi. Per i nostri ragazzi è stata una gran bella esperienza e si sono divertiti molto, imparando qualcosa. Non sarà stato il livello più alto che si poteva incontrare, ma per una squadra under 23 come la nostra è importante fare esperienze e fare in modo che i ragazzi crescano.

«Mi piacerebbe tornare qui a farli correre e allenare – conclude Damilano – ho visto i prezzi e fare la preparazione invernale in Spagna non è proibitivo. Poi a febbraio da quelle parti c’è una corsa a tappe di cinque giorni che si può sfruttare come rifinitura. Insomma, il materiale per divertirsi c’è eccome».

Parisini, la prima in Croazia mettendo nel sacco Mohoric

01.10.2023
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«La prima cosa che ho fatto dopo l’arrivo – dice Parisini raccontando la sua vittoria alla CRO Race – è stata guardarmi intorno. E poi mi sono chiesto: non è che c’è da fare un altro giro? Proprio non mi rendevo conto. Poi quando ho visto la moto che si è fermata a riprendermi ho detto: ho vinto davvero. Ed è stato bellissimo».

Dopo l’arrivo è rimasto incredulo sul marciapede. La prima vittoria non si scorda mai
Dopo l’arrivo è rimasto incredulo sul marciapede. La prima vittoria non si scorda mai

Freddezza da cecchino

Tutto sommato il corridore di Voghera ha impiegato anche poco per prendere le misure al professionismo, che ha scoperto quest’anno con la maglia della Q36,5. Avevamo ancora nelle orecchie le parole di Moschetti sul suo conto, quando dalla Croazia è arrivata la notizia della sua vittoria sul traguardo di Opatija, a capo di una tappa magari breve, ma dura da morire, con due giri di un circuito parecchio duro nel finale. Alle spalle di Parisini sono finiti Andresen e Mohoric, a significare che il livello fosse davvero alto.

«Il tipo di tappe che mi piacciono – risponde compiaciuto e contento – infatti c’erano da fare questi due giri con uno strappo di 600 metri al 14 per cento e io ho scollinato terzo. Negli ultimi 10 chilometri non sono mai uscito dalle prime cinque posizioni, perché sapevo che il circuito era nervoso e dovevo restare davanti. La cosa che mi piace è che l’ho vinta come se avessi già vinto altre gare tra professionisti.

«Ho fatto passare Mohoric, perché sapevo che era rischioso essere secondo a 500 metri dall’arrivo. Mi ha aiutato essere passato la prima volta sotto il traguardo e aver visto che c’era vento in faccia. Perciò, quando ho visto Mohoric che mi passava, ho subito tirato i freni e l’ho fatto passare. Sapevo che uscendo terzo ai 250 metri dall’arrivo sarei stato perfetto. E oggi (ieri, ndr) in gara Matej è venuto a parlarmi. Mi ha detto bravo, mi ha fatto i complimenti. Che poi riceverli da lui, che ha vinto la Sanremo in quel modo…».

Al Tour of Britain i primi lampi d condizione. Parisini è pro’ da quest’anno, è alto 1,83, pesa 65 chili
Al Tour of Britain i primi lampi d condizione. Parisini è pro’ da quest’anno, è alto 1,83, pesa 65 chili
Un certo tipo di lucidità ce l’hai oppure no…

Credo anche io. Penso sia una roba che devi avere addosso, che non tutti hanno. Adesso non voglio dire che sono un vincente, però quando nell’ultimo chilometro arriva il momento di avere la freddezza giusta che ti fa vincere, riesco a non farmi prendere dall’euforia. A molti invece capita di emozionarsi e di partire troppo presto. Invece ho aspettato il momento giusto e sono felice più che per la vittoria, per come è stata costruita.

C’è chi ha aspettato anni per vincere, tu ci sei riuscito al primo.

La cosa più bella è che vado al riposo con una vittoria e tanto morale. E neanche si può dire che il fine stagione sia il mio periodo. Di solito ci arrivo sempre stanco, però quest’anno ne parlavo proprio con Moschetti. Siccome a luglio, dopo il ritiro in altura in cui mi ero preparato benissimo, ho fatto una settimana con la febbre a 39 e ho perso praticamente tutto, mi sono detto che quest’anno avrei tenuto duro fino all’ultima gara, che sarà la Parigi-Tours di settimana prossima. Voglio vedere se riesco arrivare nel finale di stagione e riuscire a fare qualcosa di buono. E così è successo.

Che rapporto c’è fra te e Moschetti? Lui parla di te un gran bene, dice che lo aiuti nelle volate. Si è creato un bel rapporto?

Diciamo che è dal ritiro di Calpe a gennaio che siamo in stanza insieme. Per me è proprio un punto di riferimento, è una persona d’oro, mi dà un sacco di consigli. E io lo ammiro molto per la sua dedizione e per la persona che è anche al di fuori della bici. Quest’anno mi stanno facendo provare nel ruolo di leadout per lui. L’ultima volata che gli ho tirato (al Gp Isbergues, con vittoria di Moschetti, ndr), è venuta proprio bene e sono contento che lui sia riuscito a finalizzarla al meglio.

Dall’inizio dell’anno Parisini ha legato molto con Moschetti, facendo spesso il suo ultimo uomo
Dall’inizio dell’anno Parisini ha legato molto con Moschetti, facendo spesso il suo ultimo uomo
Aiuti e fai la tua corsa: il giusto compromesso?

Mi stanno dando esattamente questa opportunità. E’ una giusta via di mezzo che mi sta aiutando molto a crescere. Se dovessi sempre lavorare per qualcuno, magari perderei il feeling con il provare a essere davanti nel finale. 

Quest’anno hai fatto dei bei piazzamenti nelle prime classiche del Belgio, poi però al Fiandre e all’Amstel ti sei ritirato. Come mai?

Sono andato forte al Gp Criquielion e al Monseré (11° e 14°, ndr). A quel punto la squadra ha visto che mi so muovere bene in Belgio e mi hanno proposto di fare il Fiandre, l’Amstel e tutte le altre classiche. Il problema è stato che alla Nokere Koerse eravanmo rimasti in 11 e agli 800 metri ero davanti, quando all’ultima curva sono caduto insieme a Hackermann e Thijssen, quello della Wanty. Mi sono fatto parecchio male, infatti il giorno dopo ho provato a ripartire, ma mi sono fermato. In più tre giorni prima del Fiandre mi ha preso un virus intestinale e così sono partito, perché ormai ero in Belgio. Ho fatto la ricognizione dei muri, però poi mi sono fermato.

E ti sei ritirato anche allo ZLM Tour, come mai?

Sono caduto nella prima tappa e l’ho finita. Poi sono andato al pronto soccorso perché non stavo bene e non mi hanno fatto partire il giorno dopo per il protocollo sulla commozione cerebrale. Si cade, ma non dipende da me. Soprattutto nelle corse in Belgio, nessuno tira i freni. Ragazzi, davvero non frena più nessuno e quindi nei finali in cui ti stai giocando una corsa, è una lotteria.

Parisini aveva corso il Tour of Britain anche lo scorso anno, quando correva con la Qhubeka U23
Parisini aveva corso il Tour of Britain anche lo scorso anno, quando correva con la Qhubeka U23
Nel frattempo hai capito che tipo di corridore potresti diventare?

Sicuramente sono molto esplosivo, il Belgio mi piace. Mi piacciono i percorsi nervosi che non ti danno recupero, in cui si arriva stanchi nel finale. Non posso competere nelle volate di gruppo, quelle dopo corse piatte, però quando si arriva stanchi nel finale dopo qualche salita, mi difendo. Riesco a rimanere davanti con 30-40 corridori. Mi piacciono le corse con dislivello.

Come avete festeggiato la sera dopo la vittoria?

Un bel brindisi con lo spumante, ci voleva. Mi è toccato anche fare il discorso. Li ho ringraziati tutti, perché non ci fanno mancare nulla. Credo che la Q36.5 sia una squadra all’altezza di entrare nel WorldTour. Ho detto grazie soprattutto perché mi hanno dato la fiducia nel provare a fare la mia corsa e poterli ricambiare così, è stato un bel segnale. Non è facile quando ti danno in mano la squadra, soprattutto al primo anno. Chiudo la stagione con una vittoria e sono convinto di fare un inverno migliore rispetto all’anno passato, quando ho finito rompendomi la clavicola (ride, fa giustamente gli scongiuri, ndr).

Emilia, derby sloveno a Roglic. Che saluta la Jumbo…

01.10.2023
6 min
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SAN LUCA – Le terribili rampe che dall’Arco del Meloncello conducono alla Basilica di San Luca sono come quelle delle scale di casa sua per Primoz Roglic. Le conosce a memoria e non sbaglia mai, o quasi. Il capitano della Jumbo-Visma vince il Giro dell’Emilia per la terza volta (su quattro partecipazioni) ed anche il derby sloveno, anticipando Tadej Pogacar poco prima del traguardo, mentre terzo arriva Simon Yates.

Con il successo numero 15 in quella che è già la sua migliore annata in termini di risultati, Roglic ha aperto il trittico di sfide al suo connazionale della UAE Emirates (rivincite martedì alla Tre Valli Varesine e sabato prossimo al Lombardia) e ha iniziato a chiudere i conti con la sua attuale formazione. Il vincitore del Giro di quest’anno, per sua stessa ammissione prima del via, lascerà la Jumbo-Visma dopo otto stagioni e vuole farlo nel migliore dei modi.

Terzo Emilia per Roglic dopo i trionfi del 2019 e 2021. Quindicesima vittoria stagionale, ottantesima in carriera
Terzo Emilia per Roglic dopo i trionfi del 2019 e 2021. Quindicesima vittoria stagionale, ottantesima in carriera

Testa a testa emiliano

La ristretta zona dietro al palco delle premiazioni è un porto di mare. Chiunque si infila oltre le transenne per strappare un autografo o un selfie con i primi classificati. C’è anche una ragazzina emiliana che nella notte ha fatto un cartellone in sloveno per il suo idolo Roglic. D’altronde con due campioni come lui e Pogacar diventa praticamente impossibile arginare questa ondata di persone con buona pace di massaggiatori, stampa e chaperon. Il botta e risposta a distanza lo inizia Pogacar che scende le scale del podio con in braccio la classica mega-mortadella ed un’espressione che tradisce delusione. L’impressione è che Tadej dal Tour in poi non riesca o non sappia come battere i Jumbo. Forse è più questo stato d’animo che lo affligge piuttosto che il secondo posto in sè.

«Ho provato ad attaccare – spiega Pogacar in mezzo alla folla – ma non è stato sufficiente. Avrei dovuto affrontare il pezzo più duro ad una velocità molto più alta, ma non sono ci sono riuscito. Alla fine eravamo tutti stanchi all’ultimo giro. Sapevo che si sarebbe deciso negli ultimi 400 metri perché eravamo in tanti. Però ci ho provato lo stesso e Roglic ci ha infilati nel finale. Sì, è stato un bell’uno-due sloveno ma preferivo a posizioni invertite».

Pogacar si avvia verso il podio-premiazioni con un pizzico di amarezza. Ma la gamba è migliore di quella dell’anno scorso
Pogacar si avvia verso il podio-premiazioni con un pizzico di amarezza. Ma la gamba è migliore di quella dell’anno scorso

«Vincere sul San Luca – racconta Roglic con un sorriso disteso mentre è anche lui circondato dalla gente – è sempre una sensazione incredibile. Amo tantissimo questa gara, credo che lo possiate capire. Questa salita è ricca di storia e rende la gara iconica, ecco perché mi piace. Il finale è stato comunque molto duro, San Luca è doloroso. Quindi se sei in grado di soffrire puoi vincere qua in cima. Quando ho sentito di stare bene, ho deciso di dare il massimo nell’ultimo chilometro. Se non ci provi non puoi mai saperlo. Così sono partito, ho visto che avevo preso margine ed ho tirato dritto. E poi sono felice di aver vinto anche per il tifo, che è sempre incredibile».

Rivincite lombarde

I due sloveni sanno che ci sono ancora il secondo e terzo atto del loro personale derby, e che non sono corse semplici. Se Roglic ha vinto tre volte l’Emilia e Pogacar ha raccolto solo due secondi posti, è anche vero che Tadej ha conquistato due Lombardia mentre Primoz non è mai andato a podio. Ecco perché anche quest’anno la classica delle foglie morte sarà la portata principale con la Tre Valli Varesine (vinta da Pogacar nel 2022) a fare da gustoso antipasto.

Il cartello con dedica di una ragazzina emiliana scritto appositamente in sloveno per il suo idolo Roglic
Il cartello con dedica di una ragazzina emiliana scritto appositamente in sloveno per il suo idolo Roglic

«Sicuramente partirò per le corse lombarde – aggiunge Roglic – con più serenità sapendo di aver vinto una bella gara come l’Emilia. Però non posso rilassarmi più di tanto perché al Lombardia non sono mai stato altrettanto bravo come qua o come volevo (miglior piazzamento un quarto posto nel 2021, ndr). Adesso ho una buona condizione e stavolta ci terrei a fare una grande gara».

«Ogni anno al Giro dell’Emilia miglioro sempre un po’ di più – analizza Pogacar – ma non abbastanza per vincere. Anche se non è arrivato il risultato pieno la squadra ha dimostrato di andare forte facendo un gran lavoro, quindi sarà importante fare la stessa cosa anche prossima settimana. Tuttavia vedremo come andrà ora il finale di stagione. Chi arriva in forma quassù significa che sarà davanti anche alle corse lombarde. L’anno scorso sono arrivato stanco al finale di stagione. Quest’anno mi sento un po’ meglio ma sarà tutto da vedere».

Adam Yates e la UAE hanno lavorato molto per Pogacar, ma lo sloveno non è riuscito a fare la differenza
Adam Yates e la UAE hanno lavorato molto per Pogacar, ma lo sloveno non è riuscito a fare la differenza

Toto-squadra per Primoz

Forse non è un caso che Roglic abbia scelto il Giro dell’Emilia per annunciare che nel 2024 correrà per un’altra squadra. E’ la gara di fine stagione che preferisce di più e svelando questa notizia probabilmente è come se si fosse liberato di un piccolo peso. Ovvero, attirare le attenzioni su di sé con questa novità per nascondere eventualmente un cattivo risultato. Ed invece il leader della Jumbo-Visma è stato ben nascosto in corsa lasciandone il peso alla UAE per poi colpire come sa fare lui. Mentre lo accompagnano all’antidoping, ne approfittiamo per le ultime considerazioni sul suo futuro. I rumors lo hanno avvicinato a Ineos Grenadiers, Lidl-Trek, Bahrain, Jayco e negli ultimi giorni anche a Movistar. Tutti lo vogliono – e ci mancherebbe pure – ma lui glissa divertito.

«Quante squadre – conclude il 33enne sloveno arrivato ad 80 vittorie in carriera – che sento dire! Al momento posso solo dirvi due cose. La prima è che era giunto il momento di cambiare squadra. Lo abbiamo deciso assieme con i manager. Sono pronto per nuove sfide. La seconda cosa invece è che comunque davanti a me ci sono ancora due obiettivi importanti come Tre Valli e Lombardia. Voglio provare a centrarli per onorare fino in fondo un team come la Jumbo-Visma in cui ho trascorso un periodo fantastico. Dopo di che la stagione sarà finita e penseremo al resto».

Roglic è scattato nel finale alla sua maniera dopo che ci avevano provato Vlasov, Pogacar e Carapaz.
Roglic è scattato nel finale alla sua maniera dopo che ci avevano provato Vlasov, Pogacar e Carapaz.

«Primoz sarà sempre nel mio cuore come un nostro re – ha dichiarato il general manager Richard Plugge – gli siamo molto grati per aver trovato insieme la strada verso il trionfo. A livello personale lo ammirerò sempre. Sappiamo tuttavia che arriva sempre un momento in cui è meglio separarsi. Lui recentemente aveva chiesto il trasferimento. Abbiamo capito la sua richiesta e siccome abbiamo troppo rispetto l’uno per l’altro per ostacolarci a vicenda, gli abbiamo dato il via libera».

“AIR Turistica” salvata in extremis. Il punto con Pavarini

30.09.2023
4 min
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ExtraGiro aveva preparato l’evento cicloturistico ed enogastronomico che avrebbe “corso” parallelamente all’Adriatica Ionica Race. Come sappiamo la corsa organizzata da Moreno Argentin è stata annullata a poche ore dal via. Tuttavia la macchina organizzativa dell’AIR Turistica, chiamiamola così, era in moto e tutto sommato aveva una sua indipendenza.

Un’indipendenza grazie alla quale almeno questo evento si è salvato. Merito, va detto, principalmente di Alex Kornfeind, esperto di viaggi in bici e da anni leader della squadra Enit al Giro-E

Marco Pavarini, di ExtraGiro, sta lavorando molto sull’aspetto cicloturistico e della mobilità sostenibile
Marco Pavarini, di ExtraGiro, sta lavorando molto sull’aspetto cicloturistico e della mobilità sostenibile

Parla Pavarini

Marco Pavarini, che aveva curato con passione e mesi di lavoro il progetto cicloturistico della Adriatica Ionica Race, si è trovato a decidere tutto in poche ore.

Quella sera a Corropoli, mentre noi giornalisti nella sala stampa scrivevamo dell’annullamento, lui insieme alla sua squadra cercava, riuscendoci, di salvare il tutto.

«Cosa dire – afferma Pavarini – non è stato facile. C’è davvero poco da aggiungere, se non che noi di ExtraGiro lavoravamo da mesi a questo progetto. Avevamo fatto un grande studio dei territori toccati, parlato con Enti… Alla partenza e all’arrivo avevamo previsto dei presidi food: cibi e bevande tipiche. Due pulmini stampa. Inoltre avevamo individuato anche un paio di percorsi in Abruzzo e in Calabria».

«Appena la corsa è stata annullata, le Regioni con cui da mesi avevamo parlato, per vari motivi si sono tirate indietro. Ma il nostro programma, il nostro lavoro c’era».

Di fatto era stato coinvolto un ministro, nella fattispecie quello del turismo, Daniela Santanchè nella presentazione dell’evento, non poteva morire tutto così, come nulla fosse.

Senza più il supporto di Enti e società locali, guide e visite sono state programmate sul momento
Senza più il supporto di Enti e società locali, guide e visite sono state programmate sul momento

Non solo gare

A quel punto ExtraGiro che faceva da tramite fra la parte agonistica e quella turistica, ha passato la palla a Kornfeind, impegnato sul campo. A lui qualche dritta e tante gatte da pelare proprio perché gli Enti di riferimento si erano ritirati.

Kornfeind ha cercato di seguire il canovaccio del programma originale, ma chiaramente tutto è stato rivisto e adattato, spesso sul momento, nonostante i ripensamenti perfettamente comprensibili delle località coinvolte. In Calabria ad esempio, gran parte del programma doveva essere gestito dallo Studio Ambrosetti, che cura la comunicazione del turismo calabrese. Niente più era attivo. Allora perché andare avanti?

Prosegue Pavarini: «E’ stato comunque importante dare continuità ad un lavoro e ad un progetto sui quali si era lavorato da tempo. Sapete quanto ExtraGiro stia cercando di lavorare su progetti che vadano oltre il ciclismo agonistico. Di lavorare sul territorio, sullo sviluppo della mobilità sostenibile…

«Questa quattro giorni della AIR turistica è stata una semina per il futuro. Un segnale forte. Per far vedere che si può fare del cicloturismo, che ci sono territori da scoprire e raccontare. E che noi ci siamo e ci siamo stati».

L’AIR Turistica offriva enormi potenzialità… che comunque siamo per gran parte riusciti a sfruttare
L’AIR Turistica offriva enormi potenzialità… che comunque siamo per gran parte riusciti a sfruttare

Come una semina

E allora i progetti vanno avanti e già si parla di Adriatica Ionica Ride e non Race, idea che supporta fortemente anche Kornfeind. E in effetti la polpa c’è.

L’Italia non lesina storia, cultura, paesaggi, percorsi. Come abbiamo scritto anche ieri, abbiamo toccato tre Regioni, ma molte di più sono state le regioni storiche. Siamo passati dall’Appennino alle colline del Teramano. Nel trasferimento abbiamo lambito la Costa dei Trabocchi. Più giù, in Puglia, i Colli Dauni, Alberobello. Quindi il Metaponto, la Piana di Sibari, volendo la Sila che avrebbe dovuto scalare la AIR agonistica, prima di scendere di nuovo lungo la costa, a Crotone, capitale della Magna Grecia.

«Quando con la mia squadra abbiamo scelto i giornalisti da portare – ha concluso Pavarini – la scelta è stata frutto di uno studio accurato. Su chi poteva divulgare in un certo modo questo evento parallelo. C’era chi veniva dall’altra parte del mondo. Chi ha scritto guide turistiche… Non è stato facile. Ringraziamo chi è rimasto, ringraziamo Alex che si è fatto carico di tutto. Come detto è stato un segnale importante andare avanti».

Problemi al soprasella: come lavorano le aziende?

30.09.2023
5 min
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Durante la Vuelta Cian Uijtdebroeks ha sofferto di problemi al soprasella, che lo hanno infastidito parecchio. Situazioni di questo genere potrebbero passare anche dai materiali utilizzati nell’abbigliamento: tutto si estremizza e anche in questo campo si sono fatti progressi e studi. Ma come lavorano i vari marchi in tema di protezione delle parti intime e più delicate? La nostra indagine parte da una curiosità e coinvolge quattro aziende: Elastic Interface, Alé Cycling, Q36.5 e Sportful

Il fondello dei pantaloncini gioca un ruolo di fondamentale importanza nella prevenzione. Tutto parte dalla scelta dei materiali per creare forme e schiume. Da qui si passa poi alla ricerca della giusta densità, per evitare dolori e sfregamenti. Quello che accomuna queste aziende è il costante lavoro con atleti professionisti: tester d’eccellenza. 

Elastic Interface parte dallo studio dei parametri antropometrici dell’anatomia maschile e femminile
Elastic Interface parte dallo studio dei parametri antropometrici dell’anatomia maschile e femminile

Il metodo Elastic Interface

Per Elastic Interface risponde Irene Lucarelli, Marketing & Communication specialist. «I materiali che utilizziamo, selezioniamo e sviluppiamo – spiega – rispondono a un mix di esigenze. In primis, la performance per il ciclista, intesa come comfort percepito durante la pedalata, ma anche come sicurezza e salubrità di un prodotto che va a contatto con zone sensibili. Garantiscono un’ottima gestione del sudore, oltre che essere morbidi al tatto. La combinazione di queste due caratteristiche permette di mantenere una sensazione di asciutto sulla pelle ed evitare sfregamenti e lesioni.

«Il design base, da cui parte lo sviluppo di tutti i fondelli, arriva dallo studio dei parametri antropometrici dell’anatomia maschile e femminile. Assieme allo studio delle varie posizioni in sella, a seconda della disciplina, abbiamo definito il giusto mix di materiali per ognuna di queste. Da sempre “giochiamo” con spessori e densità per creare la giusta ricetta, ovvero la migliore protezione per un determinato tipo di attività. Il nostro faro più potente è la massima protezione con il minimo ingombro. Tenere il ciclista il più possibile vicino alla superficie di contatto, la sella, per garantire la migliore stabilità».

L’esperienza di Alé

«In Alé i materiali usati – spiega Alessia Piccolo, CEO di Alé Cycling – sono microfibre anallergiche, traspiranti e a rapida asciugatura. Le forme anatomiche vengono sviluppate grazie ai test in bici, sono specifiche per uomo e per donna in quanto hanno conformità fisiche diverse. Le schiume hanno spessori e densità differenti a seconda del tempo di utilizzo, ad esempio le lunghe distanze, per proteggere dagli urti e dalle sollecitazioni della strada.

«Le imbottiture vengono sviluppate tenendo conto dei punti di maggior contatto con la sella. I fondelli sono testati da più persone, in più stagioni e su diverse distanze, al fine di trovare la giusta quadra tra tutte queste esigenze. Un valido alleato per evitare sfregamenti è il tipo di cucitura con cui il fondello viene applicato al pantalone. Le nostre cuciture tri-stitch donano una maggior elasticità e permettono al fondello di adattarsi al corpo durante la pedalata, senza rimanere rigido».

Per Q36.5 si inizia decidendo quale tipo di fondello inserire all’interno di ogni specifico pantaloncino
Per Q36.5 si inizia decidendo quale tipo di fondello inserire all’interno di ogni specifico pantaloncino

Q36.5 e i tanti test

«In Q36.5 – spiega Alberto Bianchi, Product Manager – il primo step è definire che tipologia di fondello intendiamo inserire in uno specifico pantalone, questo per poter ragionare in funzione dei tessuti e delle caratteristiche costruttive dello specifico pantaloncino. Partiamo sempre da un test empirico ricavando le imbottiture da dei pannelli di prova che intagliamo a mano e proviamo usando una forma base di fondello.

«Questi pannelli hanno densità e altezze diverse e determinano le effettive specifiche tecniche dei nostri modelli. Una volta stabilite quali schiume e imbottiture da utilizzare parte il processo creativo legato alla forma del fondello e alle specifiche tecniche costruttive. L’attività di studio e di posizionamento comprende dei test di laboratorio necessari a verificare punti di pressione e corretta funzionalità del prodotto.

«Le imbottiture vengono sviluppate seguendo due criteri: forme e densità. Utilizziamo tecniche di applicazione diverse in considerazione delle differenti imbottiture e testiamo differenti configurazioni di schiume e altezze fino a trovare la miglior formula di utilizzo. Sempre verificando che le tipologie utilizzate rientrino appieno dei nostri rigorosi parametri di asciugatura e deformazione.

«Qualità dei tessuti e modelleria del capo possono cambiare sostanzialmente la resa di un fondello, anche la cura del singolo dettaglio è importante. Anche solo la posizione di un’etichetta viene pensata sempre guardando all’utilizzatore finale per garantire il massimo benessere.

Ogni pantaloncino ha caratteristiche e risponde ad esigenze diverse, a seconda dell’utilizzo
Ogni pantaloncino ha caratteristiche e risponde ad esigenze diverse, a seconda dell’utilizzo

La soluzione di Sportful

«Le forme dei fondelli – ci spiegano dal centro ricerche – sono state studiate in base alla forma necessaria per avere il giusto fit con la sella. La schiuma viene iniettata all’interno di uno stampo che permette di produrre il padding che in un secondo momento sarà incollato alla parte di tessuto pre-tagliata.

«Le imbottiture e i fondelli sono il risultato di numerosi test nel corso degli anni con atleti professionisti e tester aziendali. Inoltre, grazie alla nostra collaborazione con fornitori di fiducia, siamo stati capaci di evolvere i materiali e ricercare la miglior soluzione possibile. Utilizziamo imbottiture a diversa densità e con diverso spessore. E’ molto importante cercare di fornire il miglior servizio possibile, ad oggi Sportful può contare su 5 differenti tipi di fondelli da uomo e 5 fondelli esclusivamente per donna; tutti con differenti strati di densità e diverse combinazioni di materiali. Lavorare insieme agli atleti è da sempre un plus di Manifattura Valcismon e di Sportful. Grazie ad atleti di alto livello siamo riusciti ad avere i giusti riscontri per accontentare tutte le esigenze».

In Lussemburgo un grande Ulissi, “bandiera” del team UAE

30.09.2023
4 min
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Nel Giro del Lussemburgo vinto da Marc Hirschi, il Uae Team Emirates ha fatto davvero la voce grossa, con McNulty appena dietro lo svizzero e nel complesso ben 5 atleti tra i primi 10. Fra loro anche Diego Ulissi, apparso davvero in ottime condizioni di forma e perfettamente a suo agio in quel ruolo misto nel quale si contraddistingue: uomo al servizio degli altri ma pronto anche a prendersi le sue responsabilità e soddisfazioni. Un quinto posto finale in classifica che ha un suo peso specifico.

Ulissi insieme al vincitore finale Hirschi. Nei primi 10 anche McNulty e Grosschartner
Ulissi insieme al vincitore finale Hirschi. Nei primi 10 anche McNulty e Grosschartner

In Lussemburgo il corridore di Donoratico ha sempre fatto piuttosto bene: «Nel 2020 l’ho anche vinto, ma aveva una conformazione diversa – dice – non c’era la tappa a cronometro. Conosco però bene quelle strade, alcune tappe non erano diverse da quelle che avevo affrontato e questo mi ha aiutato. Sto bene e ho raggiunto un buon stato di forma per questo finale di stagione, anche se continuo a convivere con un problema al naso che dovrò risolvere quanto prima. Infatti chiuderò con la prima corsa in Veneto per poi operarmi».

Il quinto posto finale, al di là della classifica particolare con il dominio del tuo team, conferma comunque che nelle brevi corse a tappe, fino a una settimana, riesci sempre a emergere…

E’ sempre stata la mia caratteristica e negli anni sono andato migliorando sotto questo specifico profilo, ma ormai ne ho 34 e credo che il mio massimo l’ho già raggiunto. Correre in uno dei team più forti al mondo è una continua sfida, nella quale cerco di ritagliarmi i miei spazi. Ad esempio, in questo Tour of Luxembourg sono contento di com’è andata la cronometro, un terzo posto finale che non è di poco conto, significa che sto bene e l’ho dimostrato in una corsa di alto livello.

Per il toscano un’ottima prestazione a cronometro, 3° a 20″ da Campenaerts
Per il toscano un’ottima prestazione a cronometro, 3° a 20″ da Campenaerts
Tu hai già la conferma per il prossimo anno…

Per me è un titolo di vanto aver sempre militato nello stesso team, sin dal 2010. In questa fase della mia carriera aiuto gli altri, cerco di fare un po’ il regista in corsa, ma ci sono anche occasioni, nelle quali sono chiamato io a fare da capitano e finalizzatore, a mettere a frutto quello spunto vincente che mi è rimasto. Mi si chiede di portare punti alla causa, a me come a tutti, infatti era questo l’obiettivo nella corsa lussemburghese e credo che alla fine abbiamo portato a casa un bel bottino…

Pensi che sia il frutto anche di una squadra dove sono tutti capitani che lavorano insieme, quindi senza più ruoli ben definiti e i classici gregari di una volta?

Sì, ma non siamo i soli, un po’ tutte le grandi squadre sono ormai costruite in questa maniera, bisogna essere duttili. Guardate quel che è successo alla Vuelta con Vingegaard e Roglic. E’ il ciclismo attuale che lo richiede e le squadre si stanno man mano adeguando.

Lo sprint della prima tappa, vinta da Strong (Israel) con Ulissi quarto
Lo sprint della prima tappa, vinta da Strong (Israel) con Ulissi quarto
Tu sei arrivato a 34 anni: cos’altro è cambiato rispetto a quando sei approdato al ciclismo professionistico?

Oggi i corridori che passano professionisti sono molto più pronti rispetto ad allora. Non c’è più gavetta, non c’è più attesa, passano e sono già pronti per vincere. Non devi più insegnargli niente, hanno già appreso quello che serviva. Ci sarà un rovescio della medaglia? Avranno una carriera più corta? Solo il tempo potrà dirlo.

Ti è pesato vivere il giorno dell’europeo da un’altra parte?

Non era una corsa per me, servivano corridori esplosivi, pronti a rilanciare di continuo. Il sogno europeo non l’ho mai avuto, tra l’altro gareggiando non ho neanche visto la corsa, ho saputo tutto dopo.

Per il corridore di Donoratico la prossima sarà la quindicesima stagione nel team Uae, prima Lampre
Per il corridore di Donoratico la prossima sarà la quindicesima stagione nel team Uae, prima Lampre
A proposito di sogni, te ne è rimasto qualcuno per la prossima stagione?

Non ho sogni, ormai sono vicino alla conclusione e quello che dovevo fare l’ho fatto. Voglio solo dare il meglio per la mia squadra e stare bene, avere la condizione giusta per farlo. Vorrei però concludere la carriera qui dove ho iniziato, sarebbe nel suo piccolo un record al giorno d’oggi. Se nel calcio le “bandiere” non ci sono più, qui lo sono stato e voglio esserlo ancora.