Marcello Massini, 83 anni, è un tecnico toscano dal grande intuito

Il ciclismo dei giovani dell’ottantenne Massini

03.10.2023
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Nicolò Garibbo è l’ultimo talento sul quale Marcello Massini ha messo le mani e i suoi successi continuano a inorgoglirlo. Ufficialmente, passati gli 80 anni, Massini ha messo da parte l’ammiraglia, ma resta nello staff del Gragnano Sporting Club e continua a vivere di ciclismo, ma alla sua maniera. Quella imparata quando correva ai tempi di Gimondi e di Bitossi. Con l’amore di un artigiano del ciclismo.

E’ pur vero che, parlandoci, non sembra proprio di avere a che fare con un ultraottantenne perché lo spirito è più giovane di quello di tanta gente ben più giovane di lui. Nell’ambiente Massini è famoso proprio perché sa cavare il meglio dai corridori quando il tempo scorre e c’è il rischio che rimangano incompiuti, che non approdino sul palcoscenico principale.

Per Garibbo la speranza che tanti risultati portino anche attenzione da parte di qualche team pro’ (foto Federazione Kosovo)
Per Garibbo la speranza che tanti risultati portino anche attenzione da parte di qualche team pro’ (foto Federazione Kosovo)

«Con i giovani ho lavorato tanto – spiega il diesse toscano – ma il ciclismo è cambiato, oggi i grandi team vanno direttamente a cercare gli juniores e se li prendono, a noi che cosa resta? Abbiamo dovuto cercare una via alternativa e secondo me lavorare con ragazzi un po’ più grandi, ma che possono ancora dare tanto è una gratificazione ancora maggiore».

Chi sono questi ragazzi?

Corridori che nel corso della loro carriera giovanile hanno avuto problemi. Chi è maturato tardi, chi è rimasto per un periodo al palo magari per qualche infortunio, chi non ha trovato l’aggancio giusto per passare. In questo progetto però devo dire grazie a tutta la società, dal presidente Carlo Palandri ai diesse Alberto Conti e Andrea Marinai che supportano queste idee. Si prestano per venire incontro alle esigenze dei ragazzi, spesso mettendo da parte anche le legittime aspirazioni della società.

Il Gragnano Sporting Club ha ottenuto molti risultati quest’anno, non solo grazie a Garibbo
Il Gragnano Sporting Club ha ottenuto molti risultati quest’anno, non solo grazie a Garibbo
Garibbo ne è un esempio…

Ha avuto una stagione fantastica, senza mai un calo, sempre sul pezzo. Nella società ci sono tanti che possono avere una buona carriera, lui già adesso ha un valore intrinseco che ne fa un professionista fatto e definito, deve solo trovare chi creda in lui.

E’ più difficile lavorare con simile materiale, proprio in considerazione del ciclismo attuale che consuma tutto a grande velocità?

Sì, ma è anche più gratificante. Un esempio è Fiorelli: non aveva risultati, noi abbiamo sempre creduto in lui e nelle sue possibilità e in due anni è cresciuto esponenzialmente, ha trovato posto alla Green Project Bardiani CSF Faizané e sta avendo una buona carriera, addirittura con qualche estemporanea uscita in mountain bike (è stato terzo all’ultima Etna Marathon, ndr). Anche lui ha sofferto, anche lui quando ha superato la soglia U23 rischiava di rimanere a piedi, ma il lavoro ha pagato. Non sarà l’ultimo…

Massini insieme a Filippo Fiorelli, a lungo suo corridore poi approdato alla Green Project Badiani
Massini insieme a Filippo Fiorelli, a lungo suo corridore poi approdato alla Green Project Badiani
I team professionistici vi danno retta?

Con fatica, con tanta fatica. Si guarda ai giovani e li si vuole subito vincenti, basta che da junior vincono un paio di volte che ecco che trovano l’ingaggio. Ma la gavetta dov’è? Il problema è che noi dobbiamo trovare il modo di far risaltare i nostri.

E quindi vi trovate quasi costretti a fare anche attività all’estero…

Quando un corridore diventa Elite, scopre che non tutte le gare del calendario italiano sono open. Andare all’estero è quasi obbligatorio, ma devo dire che è anche utile. Noi siamo stati in Kosovo e lì abbiamo sviluppato contatti importanti per avere ulteriori inviti il prossimo anno. Le gare estere sono una vetrina essenziale, anche perché la concorrenza è molto più qualificata.

Quando Massini era sull’ammiraglia Magniflex, qui col compianto Riccardo Biagini
Quando Massini era sull’ammiraglia Magniflex, qui col compianto Riccardo Biagini
C’è un altro Garibbo all’orizzonte nel vostro team?

Abbiamo tanti giovani validi, ma che stanno maturando piano piano, per questo dico che Nicolò Garibbo invece è pronto, ha tutto per fare una buona carriera anche fra i professionisti.

Dall’alto della sua esperienza, era quindi più facile portare un corridore a essere professionista?

Prima sì. C’era più quantità, più scelta fra i corridori giovani, si aveva anche più pazienza nell’aspettare che maturavano. Nel 1986 alla Magniflex avevamo 10 ragazzi, di loro 8 sono passati pro’ e hanno avuto anche carriere importanti, come Tafi, Lelli, Baronti… Ora invece si cerca il Pogacar a tutti i costi dimenticando che magari vinci il Tour a 21 anni, ma chi ci dice che fra dieci anni sarà ancora lì e ancora a quei livelli?

Rinaldo Nocentini, in giallo al Tour 2009, uno dei tanti talenti scoperti dal tecnico toscano
Rinaldo Nocentini, in giallo al Tour 2009, uno dei tanti talenti scoperti dal tecnico toscano
Preferirebbe un ciclismo più tranquillo?

Preferirei un ciclismo meno esasperato, che rispetti l’età di ragazzi di 19-20 anni che devono ancora maturare e non parlo solo dal punto di vista ciclistico, ma come uomini. Rischiamo così di avere atleti di 27-28 anni che sono spremuti, che hanno già dato tutto. Cresceranno o finiranno come Sagan? A 19 anni vinceva già, ma anche se ha un curriculum lunghissimo è da qualche anno che è sul viale del tramonto. Io ho un’altra idea di ciclismo, un po’ diversa…

La Bernocchi in volata con Van Aert: Albanese racconta

03.10.2023
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«Sono felice e anche un po’ emozionato di essere sul podio accanto a un fenomeno come Van Aert. Arrivare secondo dietro di lui è quasi come vincere». Parole di Vincenzo Albanese, secondo ieri alla Coppa Bernocchi, che si è ritrovato al fianco di un mostro sacro come Wout Van Aert.

“Alba” ha tenuto testa al grande campione belga. Quella sul rettilineo di Legnano è stata una volata lunga, di potenza, fatta da gente veloce, ma non da velocisti puri. E sì perché per arrivarci allo sprint, quei bestioni bisognava tenerli anche sul Piccolo Stelvio. E il corridore della Eolo-Kometa, ma anche il bravo Andrea Bagioli, ci sono riusciti.

La Jumbo-Visma voleva corsa dura e ha impostato un ritmo alto per tagliare fuori i velocisti puri… e non solo
La Jumbo-Visma voleva corsa dura e ha impostato un ritmo alto per tagliare fuori i velocisti puri… e non solo

Secondo, ma…

La Coppa Bernocchi si conferma gara selettiva e infatti davanti arriva un drappello di corridori che, come accennato, non sono proprio dei velocisti. Van Aert, lo stesso Albanese, Bagioli, Hirschi… E ci arrivano per merito soprattutto del forcing della Jumbo-Visma.

«Ho fatto questa gara nel 2016 – ha detto Albanese – e posso dire che siamo andati fortissimo. Qui si arrivava sempre in volata. Un gruppo di 50-70 corridori si giocava la corsa. Si apriva il gas per davvero negli ultimi due giri. Ieri invece siamo andati forte sin da subito.

«Io ho i miei riferimenti e vedo che le gare durano sempre 20′-30′ in meno. La Bernocchi era una gara che superava le quattro ore e mezza, ora si va di poco sopra le quattro ore… E il percorso è lo stesso».

La volata

Ma veniamo al nocciolo della questione: la volata a ruota di Van Aert. Una volata lunga, che ha visto Benoot tirare forte per Van Aert. Wout alla sua ruota. E dietro Bagioli e Albanese che facevano a spallate per prendere posizione alle spalle del belga.

«Non c’era molto da fare con quella gente lì – ha spiegato Albanese – con Bagioli abbiamo fatto a spallate. Magari in quel momento se fossi stato più tranquillo e gli avessi lasciato la posizione, avrei preso meno vento, avrei risparmiato qualche energia. In questo modo avrei avuto quel 2-3 per cento di forza in più e chissà che non lo avrei impensierito un po’ di più. Ma sia chiaro: Wout è più forte. Perché vinca io, o sbaglia qualcosa lui o… sbaglia qualcosa lui!».

Però è anche vero che, proprio perché è Van Aert, se fra te e lui c’è un altro avversario, parti con una bici di distanza in più. Senza contare che poi lo devi anche rimontare e saltare! La grinta di Albanese, ma anche di Bagioli, nel contendersi quella ruota era dunque più che giustificata.

«Esatto – ammette Albanese – l’idea era proprio quella di non lasciargli ulteriore spazio. Ma come ho detto, con gente così c’è davvero poco da inventarsi. Benoot ha tirato fortissimo, non so di preciso a quanto andasse, ma di sicuro eravamo ben sopra i 60 all’ora. Poi Van Aert è partito ed è andato via di forza, di potenza pura. Ha fatto una progressione mostruosa.

«In quei casi per un attimo, tra te e te, pensi che stai facendo una volata con Van Aert, poi torni concentrato su ciò che devi fare. Pensi a come batterlo, anche se è difficile, e che finisca tutto il più presto possibile».

A Legnano, la 104ª Coppa Bernocchi vede: 1° Van Aert, 2° Albanese, 3° Bagioli
A Legnano, la 104ª Coppa Bernocchi vede: 1° Van Aert, 2° Albanese, 3° Bagioli

Mai mollare

Albanese lascerà la Eolo-Kometa a fine stagione, ma i rapporti sono buoni, tanto è vero che continuerà a cercare la vittoria per ringraziare il team per la fiducia di questi tre anni. Vincenzo continua ad inanellare piazzamenti. E lo fa sia in gare più piccole che in quelle più grandi come Bernocchi ieri. Segno che il corridore c’è. E’ l’italiano con più top 10…

«Quest’anno è così – ha detto Albanese – non ho fatto moltissime gare, credo che chiuderò a 44, poche… Dopo l’italiano sono stato tre mesi lontano dalle corse e uno intero senza bici. Ma quando ho corso, ho corso per fare bene. Ora prenderò parte alle Tre Valli Varesine, poi Gran Piemonte e le ultime due in Veneto a metà ottobre. Spero di regalare una vittoria alla squadra».

L’altro De Marchi tra gare e passione: domenica il mondiale

02.10.2023
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Una birra e un sorriso. Si era chiuso così il mondiale gravel 2022 di Mattia De Marchi, pochi minuti dopo aver tagliato la linea del traguardo. Alzata al cielo e rivolta verso il cugino Alessandro che prima di un abbraccio dal sapore fraterno gli ha mostrato un sorriso di stima. Si potrebbe racchiudere in questi pochi secondi la filosofia con cui Mattia affronta il ciclismo. 

L’anno scorso era amatore, quest’anno è elite. «Ho semplicemente cambiato il tesserino, ma sono sempre io». Secondo al campionato italiano di Fubine, convocato per l’europeo in terra belga e tra meno di una settimana sarà al via del secondo mondiale gravel della storia. Il suo progetto Enough Cycling (foto in apertura di Bastien Gason), rivolto a portare sempre più ciclisti ad andare in bici per divertirsi, prosegue ma le sue prestazioni dimostrano che i De Marchi non sono proprio mai banali quando salgono in sella.

Qui De Marchi dopo l’arrivo del mondiale gravel 2022 a Cittadella, con la sua birra in mano (foto di Chiara Redaschi)
Qui De Marchi dopo l’arrivo del mondiale gravel 2022 a Cittadella, con la sua birra in mano (foto di Chiara Redaschi)

Italiano a sorpresa

«Non dovevo nemmeno correrlo». Così Mattia ci ha risposto alla domanda su come fosse andato il campionato italiano gravel. Il suo secondo posto in effetti ha un po’ stupito chi segue il movimento. Non per la prestazione, ma perché De Marchi è un ciclista che venera le due ruote in ogni declinazione senza aver mai posto la competizione come obiettivo primario. Ultra ciclista, biker, ex stradista, il ritorno con il numero attaccato sulla schiena in gare internazionali è sicuramente qualcosa su cui porre la lente di ingrandimento. 

«Non era nei programmi – spiega Mattia – il sabato ero in Spagna a fare la finale di Gravel Earth Series, alla quale non potevo mancare, perché era la prima volta che organizzavano un circuito così importante in Europa. Ero in testa alla classifica, l’organizzatore ha sempre creduto nel nostro progetto e non potevo non andare. Fatto sta che all’ultimo ho visto che c’era un volo per riuscire a fare anche l’italiano. Così un mio amico è venuto a recuperarmi in aeroporto e alle 3,30 del mattino sono arrivato a Fubine per poi presentarmi alla partenza alle 10,30. Poche ore di sonno, tanta sofferenza nei primi chilometri e tanto rammarico alla fine, quando ho trovato delle energie inaspettate che mi hanno permesso di chiudere secondo. Sono soddisfatto, ma ora mi mangio un po’ le mani».

Ieri Mattia De Marchi ha corso l’europeo nelle Fiandre insieme alla nazionale maggiore
Ieri Mattia De Marchi ha corso l’europeo nelle Fiandre insieme alla nazionale maggiore

Mondiale di casa

Un anno fa era in maglia azzurra in veste di amatore. Quest’anno il CT Pontoni lo ha voluto all’europeo nelle Fiandre e tra una settimana sarà al via del mondiale italiano. Un cambio di casacca, anzi di categoria, che lo vede quest’anno convocato nella nazionale maggiore. «Io e il mio amico Francesco Bettini quest’anno siamo elite. Ad essere sinceri l’anno scorso l’UCI cambiava regole ogni giorno ed è stata un po’ una confusione. Ora sono pronto a correre questo mondiale che mi piace davvero tanto. Sia come percorso sia come contesto. 

«Saremo invasi dagli stradisti – dice De Marchi – ma penso di poter dire la mia. La corsa sarà di 5 ore e loro saranno ancora nella zona di comfort, vedremo. Per le mie caratteristiche preferisco gare più lunghe, sono un corridore di fondo. All’italiano ho iniziato a sentirmi meglio nel finale e se ci fosse stato un giro in più chissà… Per domenica prossima sono incuriosito anche perché so che quest’anno ci saranno anche gli americani. Il gravel loro lo conoscono bene. Vedremo anche le partenze: nelle ultime tre gare in Italia, sembrava che l’arrivo fosse dopo la prima curva».

Cugini in azzurro

In maglia azzurra già da questi campionati europei corsi in terra fiamminga, Mattia ha condiviso l’esperienza con il cugino Alessandro. «L’ultima volta che ho corso con lui era ultimo anno tra i dilettanti e io primo anno. Cercavo solo di imparare da lui qualsiasi dettaglio. Dopo anni ci ritroviamo insieme e con la maglia della nazionale. Beh, è la conferma che tutto torna e sicuramente ci divertiremo». 

Qualche giorno fa i De Marchi sono andati sul percorso iridato per fare la ricognizione, il rosso di Buja della Jayco-AlUla ha commentato così il tracciato: «Bello, nervoso e duro. Credo sia uno dei percorsi offroad più belli che abbia affrontato. Anche se è vero che non ne ho fatti tanti quanti Mattia. Equilibrato nella durezza e nei tratti tecnici. Rampe e discese impegnative non mancano, non basterà saper salire forte, ma bisognerà anche cavarsela nei tratti all’ingiù. La pianura c’è, ma il fondo non sarà sempre così scorrevole, anzi…Il finale tra le colline del Prosecco farà da grande cornice: già ora ci invidiano queste colline, lo faranno ancora di più dopo il mondiale!».

Progetto Enough

Quando Mattia ci risponde è la vigilia del campionato europeo. «Non sono abituato – dice – a qualcuno che mi pulisce la bici, mi dice quando mangiare, mi ritira il numero. Sono tutte cose che faccio io di solito. Quest’anno mi sono dato dei ritmi scanditi con un atteggiamento più da atleta. Ho fatto dei periodi di stacco, con un senso. Però ammetto che se dovessi fare anche solo un anno dedicato interamente alle corse mi sentirei un po’ perso. Il mio atteggiamento è quello del progetto Enough in cui ho sempre creduto. Se c’è qualcosa che mi piace, lo faccio. Gare estreme di ultra cycling, gare di MTB e così via, prendo e vado». 

De Marchi si è sempre dimostrato scettico nella declinazione totale del gravel all’insegna della competizione.  «Un giorno non potrò più essere competitivo – afferma Mattia – voglio godermi ogni momento. Il progetto Enough è sempre al primo posto. Siamo partiti tre anni fa senza niente e oggi ci ritroviamo a muovere persone con l’obiettivo di portarne sempre di più a godersi la bici per stare bene insieme. Sto pensando anche di rimettermi a studiare, per dire quanto tutto è in evoluzione».

Il cantautore romagnolo Samuele Bersani in Giudizi Universali diceva “troppo cerebrale per capire che si può stare bene senza complicare il pane… Togli la ragione e lasciami sognare in pace”. Questo concetto Mattia ce l’ha scolpito nell’anima e per il bene di questa disciplina, approcci come il suo vanno protetti e sottolineati. «Una cosa è certa – conclude De Marchi – come l’anno scorso, al termine del mondiale, mi vedrete con la mia birra in mano nel bene e nel male della corsa a godermi quanto fatto insieme a tutti». 

Giro di ciclocross, si parte col riscatto di Ceolin

02.10.2023
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La prima maglia rosa del Giro d’Italia di ciclocross è di Federico Ceolin e per certi versi questa è una sorpresa. A Tarvisio il corridore veneziano è venuto a capo di una gara molto complicata, lunga (ben 10 giri), dura e incerta sino alla fine. Per Ceolin esserci riuscito è un risultato che va al di là del successo, perché a differenza degli altri, da quando la stagione del ciclocross era finita, le sue occasioni agonistiche erano state talmente poche che si possono contare sulle dita di una mano.

Il veneziano ha dominato la gara nella parte finale, chiudendo con 4’15” su Folcarelli e 4’40” su Pavan (foto Billiani)
Il veneziano ha dominato la gara nella parte finale, chiudendo con 4’15” su Folcarelli e 4’40” su Pavan (foto Billiani)

Il tuttofare della bici

Ciclocross a parte, Ceolin è una sorta di tuttofare della bici: corre su strada e in mtb, ora anche nel gravel, ma… «Quest’anno su strada non ho mai gareggiato, salvo alla 2 Giorni Marchigiana. Sul perché preferisco sorvolare, l’importante è che è una pagina chiusa. Ora al Bibione Cycling Team ho trovato l’ambiente giusto per ripartire e recuperare il tempo perduto».

Una stagione vissuta quindi soprattutto allenandosi perché per Ceolin il ciclismo è tutto e l’ambizione di farne il suo lavoro è sempre presente, anzi ora resa ancora più forte dalla sua voglia di riscatto: «Mentalmente non è facile rimanere sul pezzo se non hai obiettivi a breve scadenza. Sembra di allenarsi inutilmente, ma ho avuto la fortuna di avere al mio fianco Enrico Licini, preparatore della 4Performance che mi ha aiutato a rimanere concentrato, sapendo che sarebbe arrivata la stagione invernale, quella della ripartenza. Così ho proseguito a fare l’attività ciclistica… pur senza farla».

Per Ceolin un’estate difficile, priva di impegni agonistici e vissuta in un perenne allenamento (foto Billiani)
Per Ceolin un’estate difficile, priva di impegni agonistici e vissuta in un perenne allenamento (foto Billiani)

La sfida con Pavan

Per il veneto è stato un periodo davvero duro, che però non ha intaccato la sua passione per il ciclismo su strada: «So benissimo quanto sia importante anche per chi come me mette il ciclocross al primo posto. La preparazione è stata svolta principalmente lì, facendo anche lavori specifici che si attuano solo pensando alla gara. Mi è comunque servito per acquisire una certa mentalità: il prossimo anno conto di gareggiare più su strada che in mtb proprio per i vantaggi che dà».

Tornando alla gara di Tarvisio, per lui era una vera incognita: «Avevo già gareggiato in Svizzera dove avevo risentito della lunga inattività. Quella di Tarvisio è stata una gara bellissima, che non finiva più. Buon per il pubblico, per le mie gambe un po’ meno… Pavan ha lanciato la gara nei primi giri, io mi sono accodato e poi anche Folcarelli. Dopo metà gara Pavan ha portato un altro attacco, io sono tornato sotto e poi sono partito a tre giri dalla fine. Sono particolarmente contento proprio perché dopo una corsa simile ho più coscienza di me stesso e di quel che posso fare».

Il veneto seguito da Pavan, poi calato nel finale. La sfida si ripeterà domenica a Osoppo (foto Paletti)
Il veneto seguito da Pavan, poi calato nel finale. La sfida si ripeterà domenica a Osoppo (foto Paletti)

L’importanza del gravel

Ceolin però, anche se su strada non ha gareggiato, si era già fatto vedere nel gravel, prendendo parte a campionato italiano e Monsterrato: «Ho preso bastonate storiche… Il gravel è tutt’altra cosa, sembra quasi di disputare una gara su strada ma con la bici da ciclocross. Si parte fortissimo, è come essere in fuga tutto il giorno, applicando wattaggi enormi. Dopo la Monsterrato ero sconvolto, ma mi sono accorto che dà grandi benefici. Devo comunque dire grazie al cittì Pontoni che solo sulla base della conoscenza reciproca mi ha permesso di gareggiare alla Monsterrato con la nazionale, è stato molto importante per me».

Con la maglia rosa indosso, Ceolin ora deve pensare a che cosa fare nel prosieguo della stagione: «Alla prossima tappa a Osoppo ci sarò sicuramente, poi valuteremo. Quest’anno vorrei alzare l’asticella, gareggiare in Coppa del mondo, migliorare il ranking anche per raggiungere il mio obiettivo che è la convocazione per l’europeo. Darò tutto per questo, anche se so che è difficile».

Ceolin con la nazionale di gravel alla Monsterrato, chiusa al 26° posto a 16’57” da Vakoc (foto Instagram)
Ceolin con la nazionale di gravel alla Monsterrato, chiusa al 26° posto a 16’57” da Vakoc (foto Instagram)

Nessuna rinuncia alla strada

Il team è pronto a supportarlo anche se non sarà un compito semplice. Non tanto per il discorso ciclocrossistico, che pur nella sua evoluzione resta una disciplina individuale, ma su strada.

«Non mi preoccupo, – dice – so che dovrò correre da cane sciolto, ma almeno avrò la possibilità di partecipare alle prove regionali, prima essendo tesserato per una continental (l’Overall Tre Colli, ndr) non potevo farlo. D’altronde nel mio caso non è necessario essere supportato da una squadra, non cerco particolari risultati ma solo il giusto cammino di preparazione verso il ciclocross, che è il mio mondo».

Francesca Baroni seguita da Bramati e Borello. Già a Illnau si era vista la buona forma della toscana (foto Paletti)
Francesca Baroni seguita da Bramati e Borello. Già a Illnau si era vista la buona forma della toscana (foto Paletti)

Il ritorno di Baroni

A Tarvisio c’era grande attesa anche per la prova femminile, che ha avuto come protagonista assoluta Francesca Baroni, in forza al team belga Hubo-Remotive ma che quest’anno torna a avere un baricentro di attività più spostato dalle nostre parti. Neanche una foratura a inizio gara l’ha fermata, dopo un paio di tornate era già in fuga senza più essere ripresa, con la figlia d’arte Lucia Bramati a oltre mezzo minuto.

Dietro la sorpresa arriva dalla categoria junior dove la spunta l’emiliana Greta Pighi (Alé Cycling Team), anche se il pubblico ha parteggiato per Martina Montagner (DP66) che per la rottura della sella si è fatta oltre mezzo giro correndo e spingendo la bici. Tra i pari età è emerso l’atleta di casa Stefano Viezzi (DP66), accolto al traguardo da tutta la famiglia, nonni compresi…

EDITORIALE / Baci e abbracci, Roglic se ne va

02.10.2023
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Che la grande fusione fra Soudal-Quick Step e Jumbo-Visma avvenga o meno, resta il senso di malinconia per il cinismo dei due attori e la gestione miope da parte di chi dovrebbe scrivere le regole. In gruppo se ne parla. La fusione di due grandi team mette sul piatto i destini degli atleti e ancor più del personale, che oggi potrebbe ricevere la lettera di licenziamento. E si parla anche della volontà delle squadre del Nord Europa di contrastare lo strapotere economico di quelle arabe. UAE Emirates, Bahrain e AlUla stanno infatti formando un blocco importante. Il primo a prenderne atto e andarsene è stato Roglic, altri seguiranno?

Plugge è il manager della Jumbo-Visma che nel 2023 ha vinto Giro, Tour, Vuelta e altre 60 corse
Plugge è il manager della Jumbo-Visma che nel 2023 ha vinto Giro, Tour, Vuelta e altre 60 corse

Sport e quattrini

Sport e quattrini vanno da sempre a braccetto. Ma se i quattrini diventano dominanti rispetto allo sport, allora il giocattolo si rompe e il sistema smette di essere interessante. Lo dicono gli analisti di Buzz Radar, che hanno messo sotto la lente il crollo di interesse della Formula Uno per lo strapotere Red Bull. Il calo è del 70 per cento sul fronte delle menzioni social nei primi cinque mesi del 2023 rispetto al 2022. Il calo di nuovi follower è del 46 per cento. Il ciclismo non c’è ancora arrivato, ma il malcontento per lo strapotere Jumbo-Visma è ricorrente. E se nelle corse di un giorno i discorsi sono ancora aperti grazie ad attori come Van der Poel ed Evenepoel, nei Giri la situazione è imbarazzante. Soprattutto quando la Jumbo schiera il “dream team” del Tour, riproposto poi alla Vuelta.

Il meccanismo del Draft nel basket USA permette la distribuzione dei giovani talenti secondo criteri precisi (foto NBA)
Il meccanismo del Draft nel basket USA permette la distribuzione dei giovani talenti secondo criteri precisi (foto NBA)

Il salary cap

Nonostante i budget di questi grandi team, il ciclismo non è uno sport ricco e forse proprio per questo viene gestito da dirigenti più propensi all’inchino che all’autorità. Certo questo è il punto di vista di un italiano che assiste da anni al saccheggio dei vivai nostrani da parte dei devo team WorldTour. Resta il fatto che nel più ricco basket NBA, le regole perché i budget non sviliscano la competizione esistono da anni.

Il salary cap (tetto salariale) per la stagione 2022-23 è stato previsto in 123,65 milioni di dollari e potrebbe aumentare fino a 134 nella prossima stagione. Il valore viene stabilito dal contratto collettivo di lavoro della NBA in percentuale rispetto alle entrate delle squadre. Il tetto agli ingaggi ammette eccezioni, ma serve a impedire che le squadre con superiore capacità di spesa schiaccino le altre. Le squadre che sforano il tetto, sono penalizzate con la “luxury tax”. Il totale delle multe a fine anno viene ridiviso fra le squadre che sono riuscite a rimanere sotto la soglia. A ciò si aggiunga il sistema di reclutamento del Draft, attraverso cui le squadre hanno accesso regolamentato ai talenti provenienti dai college. La differenza rispetto al nostro mondo, in cui gli agenti vendono i corridori al miglior offerente, salta agli occhi.

Il salary cap non è facile da attuare e soprattutto non conviene ai grandi team. Qui Gianetti
Il salary cap non è facile da attuare e soprattutto non conviene ai grandi team. Qui Gianetti

La resistenza dei team

Cambiare non è semplice, ma è possibile. Quando in seguito alle critiche di Marc Madiot ne parlammo con Gianetti, ovviamente lo svizzero fu piuttosto scettico, vedendo limitato potenzialmente il proprio potere sul mercato.

«Non si può ridurre la discussione al salary cap – disse il manager della UAE Emirates – senza che pensiamo a costruire le infrastrutture per introdurlo. Ad esempio bisognerebbe rimettere completamente mano al calendario di corse, ai roster delle squadre da ridurre drasticamente».

Probabilmente sarebbe scettico anche Richard Plugge, boss della Jumbo-Visma che ha appena salutato Roglic, ma le regole non le fanno le squadre: spetta all’UCI, che invece resta ancorata a schemi superati.

Evenepoel accetterebbe di correre accanto a Vingegaard?
Evenepoel accetterebbe di correre accanto a Vingegaard?

La ribellione di Roglic

Il primo a ribellarsi è stato Roglic, fresco vincitore al Giro dell’Emilia. Con schiettezza pari a quella di Simoni, lo sloveno ha chiesto alla Jumbo-Visma di rompere il contratto che lo legava alla squadra fino al 2025. Primoz si è sudato la vittoria del Giro con una squadra meno potente rispetto a quella del Tour. E quando poi si è trattato di giocarsi la Vuelta, gli è stato messo il bavaglio perché lasciasse vincere Kuss. Non si discute l’amicizia, ma quando un campione lavora per vincere, certi regali fa fatica a concederli, soprattutto quando le cose si svolgono seguendo un copione così imbarazzante. E se anche Kuss è servito a non far litigare Roglic con Vingegaard, il problema di abbondanza si fa ancor più evidente.

Conosceremo la destinazione di Roglic dopo il Giro di Lombardia, inutile mettersi qui a ricordare le varie ipotesi di mercato, mentre aspettiamo di capire se Evenepoel sarà il prossimo a declinare fastidiose convivenze. In questo Risiko di milioni e assenza di regole, c’è da sperare che siano i campioni a rimettere le cose a posto. Tutto ha un prezzo, ma il talento merita rispetto.

SD Worx imbattibile? Cecchini ci spiega come lavorano

02.10.2023
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Elena Cecchini ci ha portato di nuovo nel mondo della SD Worx, lo squadrone WorldTour del ciclismo femminile. Se quest’anno il faro tra gli uomini è stata la Jumbo-Visma, la stessa cosa ha fatto il team olandese fra le ragazze: 63 vittorie tra cui il Tour de France Femmes, tante classiche e da ieri hanno primeggiato persino nel gravel! Prima Wiebes, terza Cecchini nel campionato europeo in Belgio.

«Di questo europeo gravel, me lo aveva chiesto a luglio Daniele Pontoni – ha detto Cecchini – che conosco da quando sono una bambina. Alla fine è stata un’esperienza interessante e un modo anche per non concludere troppo presto la stagione, visto che la squadra aveva chiuso col Romandia (metà settembre, ndr). Io ero un po’ scettica, ma poi anche Barbara Guarischi ci andava e allora ho colto questa occasione. In allenamento, nei giorni prima dell’europeo mi sono divertita. Le sensazioni erano buone, ma non mi aspettavo di andare così».

I risultati, tanti ed importanti, che hanno portato a casa le ragazze della SD Worx sono frutto di grandi atlete chiaramente, di tanto lavoro ma anche di tanta meticolosità come tra l’altro ci diceva qualche giorno fa Barbara Guarischi, che giusto quest’anno si è unita alla compagine olandese. Lei ha così potuto notare questo cambiamento. Con Elena già avevamo fatto un viaggio nel mondo SD Worx, ma era più un viaggio a tutto tondo, stavolta parliamo di preparazione.

Elena Cecchini (classe 1992) in azione ieri all’europeo gravel di Oud-Heverlee in Belgio
Elena Cecchini (classe 1992) in azione ieri all’europeo gravel di Oud-Heverlee in Belgio
Elena, partiamo proprio dalle parole di Guarischi, circa la meticolosità che c’è in SD Worx. Barbara ha parlato anche di carichi di lavoro importanti. E’ così?

Non penso che ci siano carichi maggiori, ma sicuramente da noi c’è un’intensità media più alta che in altre squadre. Siamo 14 atlete il cui valore è alto e magari negli allenamenti si fa di più. E non mi riferisco tanto agli specifici, che sono liberi anche perché ognuna di noi ha il proprio coach, quanto alle andature medie.

Il passo è sempre buono insomma…

Esatto. Penso non tanto al ritiro di dicembre quanto a quelli di gennaio e febbraio che sono volutamente impegnativi. Il fisico si adatta a tutto, ma serve consapevolezza sui carichi da fare. Io non posso fare gli stessi lavori di chi ha più talento di me. Bisogna conoscersi e trovare il proprio limite. E questo per me è un aspetto chiave di questa squadra: ci lasciano libertà, appunto con il preparatore, e per me è qualcosa che funziona.

Quindi preparatore personalizzato, però poi andate tutte forte allo stesso momento quando serve. I coach personali si coordinano con quelli della squadra?

Se c’è bisogno sì. Poi oggi con TrainingPeaks accedono ai tuoi dati sia i tecnici della SD Worx che quelli personali. Funziona così: prima della stagione io atleta dichiaro gli obiettivi che vorrei centrare, il team li valuta, si tira giù un calendario e poi la palla passa al preparatore per far sì di essere al meglio per quegli obiettivi. Che poi solitamente sono due picchi intervallati da una parte di scarico nell’arco della stagione. Questo ti aiuta moltissimo nel responsabilizzarti.

Come hai detto tu prima: serve consapevolezza.

Questo è buon modo di lavorare. Per me non esiste una preparazione migliore o peggiore, giusta o sbagliata, semplicemente devi credere in ciò che fai e perché lo fai. Credo sia questo un passaggio importante del nostro metodo di lavoro.

Elena, proviamo ad entrare un po’ più nel dettaglio. Facciamo una “settimana tipo” di un’atleta SD Worx a febbraio, quando i carichi di lavoro sono importanti.

La nostra settimana è fatta di due blocchi di lavoro di tre giorni intervallati da uno di scarico o riposo. Però, se si è stanche, il secondo blocco potrebbe diventare due giorni di carico e uno di scarico.

La SD Worx in allenamento a gennaio durante il ritiro. Vista la qualità delle atlete i ritmi sono sempre sostenuti
La SD Worx in allenamento a gennaio durante il ritiro. Vista la qualità delle atlete i ritmi sono sempre sostenuti
Lunedì?

Tre ore. Si tratta di un allenamento intenso con delle volate.

Martedì?

Quattro ore con lavori in soglia o sopra la soglia. Anche in salita può capitare.

Mercoledì?

Cinque ore, è il classico allenamento di endurance che comprende anche due o tre salite lunghe, quindi dai 20′ in su.

Giovedì?

Scarico o riposo. E’ una nostra scelta. Io solitamente faccio riposo assoluto, ma può capitare anche che faccia un’oretta facile, facile. Dipende dal livello di stanchezza.

Venerdì?

Di nuovo tre ore. E’ un giorno duro in quanto intenso. Facciamo degli sforzi corti che non sono proprio delle volate, ma ripetute un po’ più lunghe. Non so, 8×30” a tutta… magari senza un recupero fisso, ma nell’arco delle tre ore.

Sabato?

Quattro ore con ripetute in salita al medio o anche di più, dipende dal livello di stanchezza anche in questo caso.

Infine domenica?

Cinque ore: quindi di nuovo la distanza. Ma se si è stanche si anticipa il giorno di riposo.

Secondo Elena non si tratta solo di preparazione, certi risultati arrivano grazie al buon clima che c’è in squadra
Secondo Elena non si tratta solo di preparazione, certi risultati arrivano grazie al buon clima che c’è in squadra
Guarischi parlava di questa meticolosità, ma tu che di squadre importanti ne hai viste è davvero così? E’ questo il segreto della SD Worx?

Io credo che andiamo forte non perché siamo meticolosi come la Jumbo-Visma, per dire, ma perché nel complesso lavoriamo duro e siamo consapevoli. Io credo che conti moltissimo la sintonia del gruppo. Tra di noi siamo molto chiare. C’è una bell’atmosfera, ci sacrifichiamo l’una per l’altra e ci divertiamo anche. Mi rendo conto che la mia non è una riposta molto scientifica! Ma se la mettiamo su questo piano posso assicurarvi che ci sono squadre molto più meticolose della nostra

A questo punto non ti possiamo non chiedere quali sono queste squadre…

La Canyon Sram per esempio (squadra in cui Elena è stata per cinque stagioni prima di passare alla SD Worx, ndr). Lì sono molto più meticolosi nella cura della crono per esempio, nella programmazione che è più a breve scadenza e cadenzata. C’è una tipica mentalità tedesca. Anche loro vincono, ma anche perché hanno atlete fortissime.

Oldani cambia “armatura” ed è pronto per entrare nell’arena

02.10.2023
4 min
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LISSONE – Stefano Oldani è l’ultimo corridore a scendere dal pullman della Alpecin-Deceuninck. Il 25enne nato a pochi passi da queste strade si nasconde dietro il nuovo modello di occhiali da sole e sotto al casco bianco di Canyon. Prende la bici con il numero 24 agganciato al tubo sella, e si dirige verso il foglio firma della Coppa Agostoni. Deve attraversare tutto il piazzale, lui in bici e noi accanto, trotterellando a piedi. 

Il passaggio alla Cofidis che avverrà il primo gennaio del 2024 è una notizia della quale abbiamo parlato con il suo nuovo diesse Damiani, ma mai con il diretto interessato. Le corse di fine stagione ci offrono questo spunto e noi lo cogliamo. 

Stefano Oldani si dirige verso il foglio firma della Coppa Agostoni, una delle ultime gare in maglia Alpecin
Stefano Oldani si dirige verso il foglio firma della Coppa Agostoni, una delle ultime gare in maglia Alpecin

Vincente

Nell’intervista di Damiani il tecnico aveva detto che Oldani deve correre per vincere, una bella iniezione di fiducia. Quel che serve per affrontare con la giusta motivazione il cambio di maglia, dimostrare di essere un vincente. 

«E lo sono – afferma Oldani sicuro di sé – la mia ambizione è quella di essere un vincente. Ho fatto qualche anno a mettermi a disposizione di capitani dal nome e dal palmares importante: come Van Der Poel e Philipsen. Ora andando in Cofidis e avendo la fiducia di Roberto (Damiani, ndr) potrò avere le mie occasioni».

A pochi passi da casa tanta gente che lo cerca e lo acclama
A pochi passi da casa tanta gente che lo cerca e lo acclama

Nuovo capitolo

Oldani parla con un tono di voce che non lascia dubbi riguardo le sue intenzioni. E’ nell’età giusta per provare a dare il massimo ed ottenere tanto dalla sua carriera, il momento di provare a scommettere su se stesso è ora. 

«Possiamo dire che tocca a me – conferma mentre continua a pedalare – assolutamente. Mi lancio verso questa nuova avventura ambizioso e da vincente, non vedo altri modi. Ho tanta voglia di iniziare, ma prima di tutto bisogna finire la stagione nel miglior modo possibile con le corse qui in Italia. Non vedo l’ora di cominciare questo nuovo capitolo, per avere ancor più possibilità di correre da vincente come ha detto Damiani e soprattutto con la fiducia della squadra. Avere l’aiuto e l’appoggio di una persona come lui, uno che nel ciclismo ha mostrato tanto, è sicuramente una spinta in più per me. Le nostre mentalità sono molto simili da questo punto di vista e sarà la combinazione perfetta».

Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia, battendo Rota
Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia, battendo Rota

Fiducia

Questa è la parola che emerge dalla chiacchierata con Oldani. La fiducia è quella cosa che serve ad un corridore per tirare fuori qualcosa in più, per emergere. 

«La fiducia della squadra è molto importante, se non fondamentale – spiega Oldani – è normale che a volte si debba lavorare per capitani che a livello pratico vanno più forte di te, ci sta. Ora penso che in Cofidis avrò le mie occasioni, probabilmente qualcuna in più».

Oldani nel 2022 ha ottenuto la sua prima vittoria da professionista e lo ha fatto nella tappa di Genova al Giro d’Italia. Una cassa di risonanza importante, che ha fatto riecheggiare il suo nome per tanto tempo. Nel 2023 alla corsa rosa non si è ripetuto, ma ha avuto maggior costanza, con cinque piazzamenti nei primi 10. 

«L’ambizione principale – dice ancora Oldani – è quella di togliermi l’etichetta di quello che ha vinto la tappa al Giro. Fin dalla tappa successiva a quella di Genova avevo l’obiettivo di non rimanere quello che ha vinto solo la tappa al Giro».

Al Giro del 2023 nessun acuto ma maggiore costanza: 5 piazzamenti in top 10
Al Giro del 2023 nessun acuto ma maggiore costanza: 5 piazzamenti in top 10

Giuste corse

Un’altra parola chiave è calendario, Stefano Oldani vuole alzare l’asticella e potrà farlo mettendosi alla prova in ogni gara. Sarà importante però seguire il corretto cammino di avvicinamento.

«Come dicevo prima – conclude – si tratta di avere fiducia e anche fare il calendario giusto per le mie caratteristiche. Sono un corridore che ha bisogno di fare tante gare al fine di trovare la condizione migliore. Quindi aver qualcuno che crede in me al 110 per cento e che mi metta a disposizione o lasciarmi un po’ decidere il calendario. Il ritmo corsa lo fai solo quando metti il numero sulla schiena, aggiungi quel pezzettino che ti manca per essere competitivo. Forse è proprio questo che mi è mancato quest’anno».

Lecerf col brivido: suo il Lombardia under 23

01.10.2023
5 min
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OGGIONO – I 170,6 chilometri del Lombardia under 23 si sciolgono nel caldo anomalo di questo primo giorno di ottobre e nelle polemiche dopo l’arrivo. La volata a due l’ha vinta William Junior Lecerf, della Soudal-Quick Step Devo Team. Il battuto di giornata, invece, porta i colori della Jumbo-Visma Development Team ed è Archie Ryan. 

I momenti che seguono l’arrivo sono concitati, con Lecerf che fa un’espressione strana e non esulta, come se sapesse che qualcosa non è andato nel verso giusto. Dall’altra parte il massaggiatore dei calabroni e l’esile irlandese Ryan si lamentano con tutti. Arrivano con voce alta fin sotto il palco delle premiazioni e parlano anche con i giudici dell’UCI. Il quale, però, non si fa smuovere dalle argomentazioni di casa Jumbo. 

A ruota dei più forti

E pensare che erano stati proprio i jumbo-Visma ad accendere la corsa, con lo stesso Archie Ryan ad attaccare sul Ghisallo, ennesima salita di giornata e sicuramente la più impegnativa. L’irlandese ha attaccato, prendendosi il GPM e il relativo premio, ma dietro non si sono scomposti, anzi. Una volta rientrati nel tratto di discesa uno dei più pimpanti è stato Francesco Galimberti. L’essersi mosso in anticipo probabilmente gli ha fatto spendere tanto, ma almeno il corridore della Biesse-Carrera è riuscito a rimanere con i primi conquistando alla fine il sesto posto finale, come nel 2021. 

«A inizio corsa non stavo molto bene – racconta con ancora la fatica addosso Galimberti – poi mi sono sbloccato proprio sul Ghisallo. Mi sono messo a ruota dei più forti seguendo in prima persona l’attacco del corridore della Jumbo (Ryan, ndr). Nel tratto che riportava a Oggiono, prima del circuito finale, ho anche provato ad anticipare ma non è andata bene

«Sapevo che quello del Ghisallo sarebbe stato un punto delicato per aggiudicarsi la corsa – continua – ma contro questi squadroni è difficile. Non penso di aver sprecato troppe energie, gli altri ne avevano semplicemente di più. Competere con certi avversari ti dà molta più convinzione e motivazione, alla fine essere lì è motivo di orgoglio perché vuol dire che hai una buona condizione. Il livello continua ad alzarsi e si va sempre più forte, sul Ghisallo abbiamo volato e la fatica è rimasta nelle gambe».

Jumbo beffata

Lecerf non si è mosso invece, ha atteso, risparmiato e alla fine l’ha spuntata lui. Sulle rampe di Colle Brianza il belga ha rimontato con grande passo su Ryan e poi insieme sono andati verso il traguardo. Mentre nel gruppetto all’inseguimento si arrancava e sbuffava davanti c’era ancora la lucidità di capire che non era il caso di provare a farsi male prima del dovuto, ovvero l’ultimo rettilineo. 

«E’ il modo migliore per finire il 2023 – racconta dietro il palco delle premiazioni Lecerf – cercavo da tanto tempo la vittoria in una gara UCI e ci sono riuscito. Ero già molto contento della mia stagione, perché ero riuscito ad ottenere tante top 10, anche in gare importanti come Liegi U23 e Flèche Ardennaise. Nelle gare nazionali in Belgio ero riuscito a vincere, mentre in questo genere di corse non ancora. E’ un grande passo per me, in questo 2023 sono cresciuto tanto, correndo spesso con i professionisti.

«Non so bene che tipo di corridore posso essere – dice – se uno scalatore o un puncheur, non sono ancora sicuro quale sia la soluzione migliore per me. Mi piacciono molto queste corse, così come la Liegi, ma sono molto bravo anche nelle salite lunghe. 

La Jumbo ha preso in mano la corsa nel momento decisivo rompendo il gruppo
La Jumbo ha preso in mano la corsa nel momento decisivo rompendo il gruppo

WorldTour, con chi?

Il 2024 vedrà Lecerf fare il salto di categoria, visto l’accordo già trovato e siglato per il WorldTour. Avrà modo di scoprire meglio chi è e quali tipo di corse gli piacciono, cercando una specializzazione per far decollare ufficialmente la sua carriera. 

«L’anno prossimo mi aspetta un grande passo avanti – continua Lecerf – ho firmato un contratto di 3 anni con il nostro team WorldTour (Soudal-Quick Step, ndr). Sicuramente mi piacerebbe mettermi alla prova con queste corse in formato “big” ma vedremo. Ci sono molte voci su una nostra possibile fusione con un altro team (la Jumbo-Visma, squadra messa oggi nel sacco dal Wolfpack dei giovani, ndr)».

Lecerf ha sfruttato il lavoro della Jumbo uscendo nel momento giusto, sulla salita di Colle Brianza
Lecerf ha sfruttato il lavoro della Jumbo uscendo nel momento giusto, sulla salita di Colle Brianza

«Non sappiamo nemmeno noi cosa potrà succedere – conclude – c’è tanta confusione sull’argomento (anche lunedì, domani, se ne dovrebbe sapere di più secondo le ultime dichiarazioni di Lefevere, ndr). Spero, in qualsiasi caso, di trovare una buona sistemazione per il prossimo anno, anche se per il momento non me ne voglio preoccupare».

Bici e valigia pronta per Malucelli, il ciclista giramondo

01.10.2023
6 min
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Mentre domenica si correva l’europeo, Matteo Malucelli stava affrontando la Paris-Chauny, classica del calendario francese adatta alle ruote veloci e nell’occasione ha chiuso al 9° posto. Potrà sembrare poco a uno sguardo superficiale, ma non è così. Per il ventinovenne forlivese è la continuazione di una stagione, la sua prima nella Bingoal dove ha colto ben 13 Top 10 e per una squadra come quella belga, affamata di punti Uci, è un bel bottino.

Quella fiamminga è solo l’ultima squadra nella carriera di Malucelli, diventato suo malgrado una sorta di giramondo. Basti pensare che dal 2020 ha girato ben 5 team e ognuno gli ha dato qualcosa, lo ha fatto crescere non solo come ciclista ma anche dal punto di vista umano. Tutto serve per la sua maturazione, anche gare come quella di domenica scorsa.

Jasper Philipsen vincitore in volata sui francesi Tesson e Penhoet, con Malucelli nono (Photo News)
Jasper Philipsen vincitore in volata sui francesi Tesson e Penhoet, con Malucelli nono (Photo News)

«Non era una gara qualunque, se si considera che a vincere è stato Jasper Philipsen e che sono arrivato a pochi centimetri da gente come Coquard e Girmay. Era la prima volta che la facevo: quand’ero all’Androni frequentavamo la porzione primaverile delle classiche franco-belghe, queste no e per me è stata una scoperta».

Che gara era?

Dicono che sia una corsa per velocisti e infatti si è conclusa con una volata di gruppo, ma lo sprint te lo devi guadagnare perché ci sono 2.300 metri di dislivello e infatti qualche pezzo grosso è rimasto indietro, come Groenewegen. A me quelle strade piacciono, più di quelle belghe perché ci sono meno spartitraffico e rotonde, il tracciato è più filante pur avendo le caratteristiche tipiche di quelle prove. Per me essere arrivato nei primi 10 vuol dire tanto, conferma che sto attraversando un buon momento.

Sui muri delle Fiandre, Malucelli si sta trovando a meraviglia e vuole emergere nel 2024
Sui muri delle Fiandre, Malucelli si sta trovando a meraviglia e vuole emergere nel 2024
Anche nelle prove immediatamente precedenti eri andato bene…

Sì, dal mio rientro in gara a metà settembre ho “bucato” solo la prima corsa, il Campionato delle Fiandre perché sono caduto a 200 metri dal traguardo sennò sarei sempre stato intorno alla decima-quindicesima piazza. La mia è stata una stagione abbastanza strana, con tante corse nella prima parte e poi una lunga pausa in estate perché non c’erano impegni nel mio calendario e che ho usato per allenarmi a casa, poi ho ripreso con il Renewi Tour che era poco adatto a me. Io sono uno che cresce di condizione correndo, per questo sono fiducioso per le prossime gare.

Come ti trovi nel team belga?

Non è facile, bisogna adattarsi a un sistema diverso dal nostro, per fortuna qui tra Spezialetti fra i diesse e Tizza nel team, c’è anche un po’ d’Italia che addolcisce il tutto. I risultati sono frutto anche del mio capire pian piano come stanno le cose. In primavera ho preso belle mazzate in gara, perché proprio non mi ci ritrovavo.

Con Tizza che per Matteo è stato fondamentale nell’ambientamento in Belgio
Con Tizza che per Matteo è stato fondamentale nell’ambientamento in Belgio
Tu sei quasi tuo malgrado un ciclista globalizzato: 5 diversi team in 5 diverse parti del mondo dal 2020 in poi. Proviamo a identificare ogni capitolo attraverso un particolare iniziando dalla Caja Rural

Ci sono rimasto due anni, ma praticamente il secondo, dove dovevo mettere a frutto quello che avevo imparato, non ho potuto correre per il Covid che aveva fermato tutto. Una cosa che mi è rimasta impressa? La cena alle 21,30, io sono abituato a mangiare alle 19,30, loro a quell’ora facevano merenda. Dicevo loro: «Ma non vi pesa andare a letto con la pancia piena?». Oltretutto alzandosi poi presto la mattina. Non riuscivo proprio ad abituarmi…

Nel 2021 sei tornato così all’Androni…

Se si parla di Androni si parla di lui: Gianni Savio. Gli devo tantissimo e proprio avendo girato il mondo ho capito a posteriori quanto valga, il suo modo di vedere il ciclismo, anche il suo carattere per certi versi particolare ma necessario per farsi rispettare in questo mondo.

Poi sei approdato alla Gazprom…

E dico la verità, mi ci sarei fermato a lungo perché era la squadra ideale per me, con una buona parte italiana, ma con una metodica russa, fatta di regole chiare, di programmazione, l’ideale per la mia mentalità da ingegnere, dove non si trascurava nulla. Tutti sanno com’è andata a finire e mi è dispiaciuto tantissimo.

Ad agosto dello scorso anno hai trovato posto al China Glory Continental Team

Non era certo facile, un team così lontano dalla nostra cultura, ma ho apprezzato quell’esperienza. Anche in questo caso, parlando di che cosa mi è rimasto impresso, mi viene in mente qualcosa legato all’alimentazione. Avevo corso spesso in Cina ma non mi ero mai fidato della cucina locale, avevamo sempre i nostri cuochi e nostri cibi. Mi sono dovuto adattare e ho scoperto una cucina tipica molto buona, oltretutto più salutare di quanto si possa pensare.

La volata finale del Saudi Tour con il forlivese beffato da Consonni
La volata finale del Saudi Tour con il forlivese beffato da Consonni
Infine l’approdo alla Bingoal…

Devo dire grazie a Tizza che mi ha dato una mano sia ad entrare che ad ambientarmi. Trovare una cosa bella? Devo dire il calendario che fanno, tutte gare franco-belghe con i classici muri e il pavé, qualcosa che avevo visto solo in televisione e dove mi sono trovato bene. Questa poi è davvero la patria del ciclismo: fai una gara neanche troppo conosciuta al martedì? Al mattino è pieno di gente alla partenza, c’è un clima unico, sono appassionati veri.

A proposito di viaggi, ti aspetta il Giro di Turchia.

L’ho già affrontato tre volte ed è una gara che mi piace molto, ci sono 4-5 occasioni per sprint di gruppo, in alcune tappe forse è scontato, in altre bisognerà guadagnarselo. Io vorrei sfruttare la buona condizione che ho anche per migliorare i miei risultati e per capire che cosa mi aspetta il prossimo anno.