Una stagione persa, ma ora Toneatti punta tutto sul 2024

04.10.2023
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Che fine ha fatto Davide Toneatti? Molti se lo sono chiesti perché nelle cronache ciclistiche non compare da molto tempo. Precisamente dall’11 giugno, quando aveva preso il via al Giro Next Gen finendo addirittura 135° nella crono iniziale. Poi, più nulla. Con l’avvicinarsi della stagione del ciclocross, il suo primo amore, molti si sono ricordati del corridore dell’Astana Development Team: il mistero doveva trovare una soluzione.

Molti corridori dopo una malattia o infortunio fanno di tutto per provare almeno a riaffacciarsi all’agonismo, ma per il ventiduenne di Tolmezzo non era così facile: «La mononucleosi mi ha messo K.O. e mi ha cancellato tutta la stagione – afferma – una stagione che per me era molto importante, l’ultima da under 23. E’ stata la mia una ripresa molto complessa, molto più di quello che pensavo».

In stagione i migliori risultati per il friulano erano arrivati al Tour of Sakarya
In stagione i migliori risultati per il friulano erano arrivati al Tour of Sakarya
Quando ti sei accorto che qualcosa non andava?

Già due settimane prima non avevo buone sensazioni, così lo staff medico del team aveva deciso di farmi fare degli esami. Il giorno della cronometro sono arrivato i risultati con la dura sentenza. Chiaramente hanno deciso di farmi ritirare, ma il calvario era appena cominciato. La fase acuta è insorta dopo una decina di giorni, con linfonodi ingrossati, mal di gola fortissimo, una stanchezza terribile. Praticamente dormivo almeno 12 ore al giorno…

Quando hai cominciato a venirne fuori?

Dopo 3 settimane, ma è stata una ripresa lentissima, basti pensare che gli strascichi sono durati fino a due settimane fa. Io che ad esempio alle 7:30 sono già sveglio e attivo, dovevo mettermi la sveglia alle 10 per non dormire tutto il giorno e non riuscivo mai a riprendermi del tutto.

Per il corridore di Tolmezzo la ripresa è stata lenta, dopo un mese senza bici
Per il corridore di Tolmezzo la ripresa è stata lenta, dopo un mese senza bici
Quindi per quanto tempo sei rimasto lontano dalla bici?

Praticamente sono rimasto un mese intero completamente fermo, riprendendo ma in maniera molto molto blanda a inizio luglio. Il caldo non mi aiutava, anche con lo staff medico si vedeva che la temperatura non aiutava, così ho iniziato a mettere la sveglia sempre prima oppure a uscire la sera, ma la ripresa è stata molto lenta.

Che cosa hanno detto nel team non avendoti più a disposizione?

Ci sono rimasti male naturalmente, ma mi hanno detto di star tranquillo visto che le conseguenze erano così evidenti. Parlando con medico e diesse si sperava di riuscire a tornare almeno per la fine della stagione, fare qualcosa tra settembre e ottobre, ma i miglioramenti sono stati molto lenti, ancora oggi sono in una forma scarsa. Mi sarebbe piaciuto ad esempio fare qualcosa nel gravel di fine stagione, ma non ho assolutamente la tenuta per riuscirci.

Estate senza gare per Toneatti, che punta ormai direttamente alla prossima stagione
Estate senza gare per Toneatti, che punta ormai direttamente alla prossima stagione
L’anno scorso avevi preso parte alla Serenissima…

Sì, mi sarebbe piaciuto ripetere l’esperienza, ma avrei avuto un mese scarso per prepararmi e al team erano abbastanza contrari, temendo che mi sarei affaticato troppo in base alle mie condizioni attuali. Meglio recuperare e magari iniziare la preparazione per la prossima stagione con un certo anticipo, anche perché sono rimasto indietro rispetto agli altri.

Parlando di gravel, il discorso ricade giocoforza sul ciclocross: potrebbe essere un giusto approccio per riassaggiare l’agonismo?

Di regola ero abbastanza contrario, l’idea mia era di dedicarmi anima e corpo alla strada per preparare la stagione, ma magari qualche sortita a dicembre o gennaio potrei farla, più che altro per riassaporare l’agonismo, senza alcun obiettivo.

Nell’ultima stagione di ciclocross aveva fatto vedere belle cose, ma difficilmente tornerà a praticarlo
Nell’ultima stagione di ciclocross aveva fatto vedere belle cose, ma difficilmente tornerà a praticarlo
In tema di contratto che situazione hai?

La squadra mi ha dato la disponibilità a tenermi nel team Development anche se passo di categoria.

Di fatto, con soli 19 giorni di gara, hai perso una stagione che tu stesso ammetti essere importante, quella che doveva chiarire che tipo di corridore sei. Quei pochi giorni ti hanno lasciato qualche segnale?

Abbastanza pochi in realtà, per questo sono fortemente deluso per come sono andate le cose. Credo di essere un corridore adatto a corse abbastanza impegnative, quelle dove ci si gioca tutto avendo a disposizione poche energie e si finisce a lottare davvero alla pari. Io non sono veloce, ma in quei casi i valori vengono appianati e posso giocare le mie carte. Ripeto però che sono congetture, ho tutto da dimostrare e voglio fortemente farlo il prossimo anno.

Toneatti predilige le gare dure, dove fare selezione nel finale, ma vuole dimostrarlo sul campo
Toneatti predilige le gare dure, dove fare selezione nel finale, ma vuole dimostrarlo sul campo
Anche perché, proprio considerando che lasci la categoria, sarai chiamato a competere comunque con corridori più anziani e smaliziati, in un calendario che salirà di livello…

Questo sicuramente, ma in cuor mio ho la speranza di poter fare anche qualche esperienza con il team principale, disputare qualche gara contro le formazioni WorldTour in modo da accrescere la mia esperienza.

Hai particolari obiettivi per il prossimo anno?

Uno solo: avere una stagione lineare, tranquilla, senza strascichi e senza intoppi, per poter dimostrare finalmente chi è davvero Davide Toneatti…

Voeckler tecnico? La stessa fame di quando correva

04.10.2023
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Alzi la mano chi avrebbe mai immaginato che il Voeckler casinista e sempre in fuga sarebbe diventato un giorno uno dei tecnici più vincenti del mondo. I suoi scatti. Le smorfie quasi fastidiose. Le polemiche. Oggi il tecnico dei francesi che ha da poco vinto a Drenthe il campionato europeo con Laporte e con la staffetta mista, sfoggia un aplomb quasi britannico. Viene meno solo nei momenti ad alta intensità e quando commenta le corse dalla moto della televisione. In quel caso però non viene mai presentato come commissario tecnico, ma come ex atleta e opinionista.

«Mi sarebbe piaciuto – ammette Voeckler, 44 anni, professionista dal 2001 al 2017 – essere forte come i ragazzi di oggi. Il livello dei francesi non è lo stesso dei miei tempi. Adesso vanno in corsa atleti ai massimi livelli mondiali, quindi per me è meno complicato immaginare delle strategie. Invece quando andavo ai mondiali da corridore, l’unico modo perché potessero vederci era andare in fuga. Non eravamo alla stessa altezza, non so dire il perché. So che quando ho accettato di fare il tecnico della Federazione francese di ciclismo, mi sono messo in testa di dimostrare che non siamo secondi a nessuno».

Alaphippe, uno-due

La storia inizia nel 2020, proprio agli europei. La corsa va a Nizzolo, fresco campione italiano, ma alle sue spalle si piazza Picard, a sua volta campione di Francia. A Imola, poche settimane dopo, Alaphilippe vince il mondiale. A volte si tende ad attribuire tutto il merito al campione, ma la Francia spaccata degli anni precedenti di colpo sembra una corazzata.

L’anno dopo l’europeo si corre a Trento, con Colbrelli che resiste a Evenepoel in salita e poi lo batte in volata. Terzo arriva un francese, Benoit Cosnefroy. Poche settimane dopo, ai mondiali di Leuven, fa festa ancora Alaphilippe.

«Francamente Julian non aveva bisogno di me – sorride – innanzitutto perché non ero io a pedalare. Il mio ruolo è stato quello di formare un gruppo unito attorno a lui, come pure per Cosnefroy agli europei di Trento, quando tutta la squadra ha lavorato per lui senza fare domande. Certo avere un rapporto di fiducia con il leader mi ha facilitato. E’ successo a volte che Julian non capisse una mia scelta, ma io sono rimasto fermo e me ne sono preso la responsabilità. A parte questo, Julian non è mai esigente, a volte la sua mitezza è quasi imbarazzante visto il suo status di campione».

Alaphilippe Imola 2020
L’attacco decisivo di Julian Alaphilippe a Imola 2020: primo mondiale francese dal 1997
Alaphilippe Imola 2020
L’attacco decisivo di Julian Alaphilippe a Imola 2020: primo mondiale francese dal 1997

Due argenti che bruciano

Si prosegue a Monaco 2022, con un europeo piatto per velocisti. Sembra disegnato per Fabio Jakobsen, che infatti vince. Tuttavia alle sue spalle si piazza Arnaud Demare, che coglie l’argento. Quando a settembre si vola in Australia, il piano di Voeckler sarebbe anche garibaldino, ma l’attacco di Evenepoel fa saltare ogni punto di riferimento. Per fortuna del cittì, ci pensa Laporte che coglie il secondo posto.

«Quel giorno Evenepoel era ingiocabile – ricorda con una metafora tennistica – e io ci ho messo un po’ a capire che non sono io a pedalare. Non riesco a scaricare lo stress, per questo il mattino prima del mondiale andai a correre per 8 chilometri, perché ero sveglio molto presto. I ragazzi sono con me, si fidano. Sicuramente mi vedono ancora come un corridore e il fatto di essere presente a molte gare anche per la televisione aiuta nelle relazioni. Sono giovane per essere pensionato, parliamo come fra corridori, tutti insieme nella stanza. Anche se ci sono momenti solenni, non sono al di sopra di loro e loro ovviamente lo sentono».

Il guizzo di Laporte

A Glasgow non è andata un granché, eppure Voeckler è tornato a casa con l’argento del Mixed Team Relay alle spalle della Svizzera e l’ha trasformato in oro agli europei di Drenthe. In più nella sfida olandese è arrivato l’oro inaspettato nella prova su strada, grazie a Laporte che non si è piegato alla rimonta di Van Aert.

«Costruire la squadra giusta – spiega Voeckler – è come un puzzle, un processo lungo. Più si avvicina la data, più cerco di convincermi che la prima idea sia quella giusta. Non bisogna cedere alla tentazione di cambiare tutto all’ultimo momento, meglio pensarci prima, in base al percorso e ai programmi dei corridori. Alcuni sanno da tempo che conterò su di loro, altri invece vengono informati molto più avanti, in modo che si avvicinino serenamente. Ho la stessa malizia di quando correvo, tentare di essere più furbi dei rivali fa parte del gioco. E poi, tirate le somme, si studia la tattica. Non chiederò ai miei corridori di correre allo stesso modo se Van Aert e Pogacar ci sono oppure no. Il percorso è una cosa, lo scenario di gara è un’altra…».

Pesenti vince ancora e aspetta la chiamata giusta

04.10.2023
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Quattro vittorie in stagione, più una decina scarsa di top 10. Il 2023 di Thomas Pesenti può essere giustamente considerato più che positivo, ma… Quando arrivi all’età di 23 anni tutto quello che di buono viene fatto è un po’ inficiato dalla constatazione che potrebbe non bastare. E’ un’età che nel ciclismo d’oggi rappresenta una sorta di orologio biologico: arriverà la fatidica chiamata da parte di un team professionistico? Il tempo a disposizione non è più tanto, anzi è quasi finito…

Probabilmente è a questo che si deve una certa ritrosia da parte di Pesenti a parlare con i giornalisti. Eppure ce ne sarebbe da dire, non foss’altro per la bellissima rivalità che si è innestata con Luca Cavallo: non c’è gara dura, con arrivo in salita nella quale i due non si sfidino a duello, con esiti sempre incerti tanto che spesso si danno una mano per andare in fuga, per poi giocarsi tutto nel testa a testa.

Pesenti vittorioso al Giro della Franciacorta. Per lui stagione con 4 vittorie e dieci top 10 (foto Rodella)
Pesenti vittorioso al Giro della Franciacorta. Per lui stagione con 4 vittorie e dieci top 10 (foto Rodella)

Bene il 2023, meglio il 2022

A spiegare la particolare situazione di Pesenti è quindi il suo diesse Roberto Miodini, che più di altri sta seguendo la sua evoluzione e, insieme ai procuratori Fondriest ed Alberati, si sta dando da fare per trovare una strada giusta per farlo ulteriormente evolvere.

«Quella di Thomas è una stagione importante – ammette Miodini pronto però a sorprendere subito dopo – ma quella dello scorso anno lo era stata di più. Erano arrivate meno vittorie, ma in un consesso più alto. Si era piazzato spesso in gare pro’ e per me più che le vittorie valgono le prestazioni in relazione al contesto. Basti pensare che ha fatto una ventina di controlli antidoping, praticamente come un corridore del WorldTour».

Roberto Miodini, il diesse della Beltrami Tsa sta spingendo per far passare Pesenti in un team professional
Roberto Miodini, il diesse della Beltrami Tsa sta spingendo per far passare Pesenti in un team professional
A che cosa si deve questa crescita importante?

Il suo preparatore Giorgi all’inizio dello scorso anno gli chiese un sacrificio: perdere almeno 6 chili, per aumentare i watt per chilo. Pesenti è stato attentissimo a seguire le istruzioni e i risultati si sono visti. Se si guarda alla sua carriera, il suo rendimento è sempre stato buono, ma fungeva un po’ da spalla a gente come Baroncini e Parisini. Ora che ha trovato maggiore libertà e il suo rendimento fisico è cresciuto, gli effetti sono evidenti. Le sue gare le vince di forza, senza lasciare spazi a dubbi.

Come spieghi la sua diffidenza verso il mondo esterno, i giornalisti in particolare?

Qui è bene essere chiari e spiegare. Molti dicono che Thomas ha un carattere chiuso, invece è molto disponibile, c’è però un fatto alla base. Lo scorso anno sembrava tutto pronto per farlo passare all’Androni, Ellena aveva parlato con me ed eravamo tranquilli. Poi si sa che cos’è successo alla squadra e lui ci ha sofferto molto, anche perché da qualche parte era già uscita la notizia del suo passaggio. Le domande dell’ambiente, certi sguardi, tutte cose che gli hanno fatto male. Thomas semplicemente non vuole parlare fin quando non avrà certezza del suo futuro.

Il podio della Coppa Varignana, con ai fianchi Chaussinand (FRA) e il rivale Cavallo (foto Ballandi)
Il podio della Coppa Varignana, con ai fianchi Chaussinand (FRA) e il rivale Cavallo (foto Ballandi)
Ha paura?

Un po’, com’è normale nel ciclismo odierno dove vedi che gli anni passano e temi che quella fatidica telefonata non arrivi. So che sul suo futuro si sta lavorando alacremente, i suoi risultati stanno favorendo un contatto importante, ma finché non c’è nulla di scritto…

Che cosa dici della rivalità con Cavallo?

E’ una delle pagine belle del ciclismo U23 di oggi, ma non è tanto che si mettono d’accordo loro due per fare selezione. La salita è impietosa, una volta come oggi, non puoi barare, è lei che stabilisce le gerarchie e quindi è naturale che salendo i due si ritrovino insieme e soli, sono i più forti. Poi anche Cavallo sa che in uno sprint a due, Thomas è più forte, quindi ognuno gioca le sue carte in base a questo. Sulla sua stagione c’è un aspetto però che non è stato sottolineato…

Quale?

Noi abbiamo cercato di preservarlo e non farlo correre troppo, Pesenti ha fatto 40 giorni di gara, la maggior parte dei quali confrontandosi già con i professionisti. Alla squadra avrebbe fatto comodo farlo correre di più, magari a un livello inferiore per ottenere più vittorie, ma abbiamo ragionato in funzione del suo futuro. Lasciarlo a casa non è stato semplice, ma doveva lavorare con calma, per questo tutte le sue gare sono state di qualità assoluta. Infatti con la Bernocchi ha chiuso la sua stagione di gare fra i pro’, ne restano un paio di categoria.

Nel 2020 Pesenti iniziò bene all’Etoile de Bessèges, ma il covid lo ha stoppato (foto SportParma)
Nel 2020 Pesenti iniziò bene all’Etoile de Bessèges, ma il covid lo ha stoppato (foto SportParma)
Senza fare nomi, hai un identikit del team ideale per lui?

Pesenti ha bisogno di un calendario continuativo ad alto livello, salire quel gradino che noi continental non possiamo garantirgli. Io credo che con le sue caratteristiche, continuando a progredire potrà far bene sia su certe classiche impegnative che nelle brevi corse a tappe. E’ un corridore che copre una vasta gamma di opzioni. Sarebbe un buon pro’ che sa fare il suo mestiere e prendersi soddisfazioni, ma serve che un dirigente illuminato vada al di là della data di nascita e capisca con chi può avere a che fare.

Quali sono i percorsi ideali per lui?

Per me sono quelli delle corse francesi perché è anche abbastanza veloce e su quei tracciati dove c’è sempre selezione si prenderebbe belle soddisfazioni. Negli anni ne ho visti tanti che avevano numeri per emergere, ma non avevano abbastanza grinta, lui ne ha in abbondanza. Ha solo pagato quel paio d’anni legato al Covid dove doveva farsi vedere. E’ arrivato con un po’ di ritardo, non per questo deve pagare un prezzo così alto…

Arianna & Martina, l’anno insieme delle “Fidanzas”

04.10.2023
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CARPI – La loro prima stagione assieme alla Ceratizit-WNT sta per finire e ce n’è un’altra che bussa alla porta dopo il riposo invernale. Quest’anno Arianna e Martina Fidanza si sono ritrovate ad essere compagne di squadra, come ai tempi dell’Eurotarget di papà Giovanni, anche se i loro cammini agonistici si sono incrociati (forse) meno del previsto.

Solo 15 gare (per un totale di 21 giorni) disputate assieme dalle “Fidanzas” (come le hanno ribattezzate nel team tedesco), che nonostante tutto sono riuscite entrambe a lasciare la propria firma in una particolare circostanza. Se a fine gennaio Arianna aveva aperto il 2023 col botto vincendo subito ad Almeria la prima gara del calendario europeo, l’apice famigliare viene toccato ad aprile il giorno di Pasquetta. Alla Ronde de Mouscron Martina vince praticamente per distacco la volata tirata dalla sorella (poi quarta) e dopo il traguardo scoppia la festa. Al Giro dell’Emilia ne abbiamo approfittato per rivivere quel momento con entrambe, così come per tracciare un bilancio e buttare uno sguardo al futuro.

Che annata è stata?

MARTINA: «Di alti e bassi. Ho avuto diverse cadute, con alcuni colpi alla testa che mi hanno sempre fermata qualche giorno in più del dovuto. Anche il nervo sciatico mi ha dato problemi. Tuttavia una vittoria su strada e due secondi posti sono riuscita ad ottenerli. In pista sono arrivata ad un passo dalle medaglie sia agli europei che ai mondiali (nello scratch, quinta e quarta, ndr) e mi è bruciato tanto. In ogni caso ho ancora alcune gare da fare. Dal 9 al 19 ottobre andrò in trasferta in Cina per il Tour of Chongming Island ed il Tour of Guangxi (entrambe corse WorldTour, ndr) e lì finirò la mia annata».

ARIANNA: «All’inizio una stagione super. Mi sono preparata bene, però non mi aspettavo di vincere alla prima gara. Il morale si è alzato subito tanto. Al UAE Tour ho provato a fare classifica, andando bene in salita. A giugno ho avuto qualche caduta di troppo. Seppur la squadra mi abbia fatto correre ancora tanto, non sono più riuscita a trovare il giusto colpo di pedale. Poi in estate di base io soffro sempre il caldo e anche questo mi ha condizionata. Adesso ho praticamente finito di correre. Quest’anno era anche il mio primo anno con tante corse all’attivo (55 giorni, ndr) quindi non sapevo nemmeno come gestirmi. Questa esperienza mi aiuterà a gestirmi meglio l’anno prossimo».

Com’è stato essere nuovamente in squadra con tua sorella a distanza di anni in un team più grande come la Ceratizit?

MARTINA: «E’ stato bello. L’ultima volta avevamo fatto il biennio 2018-19 assieme, ma ora c’è un sapore diverso perché siamo in una squadra importante che per il 2024 ha fatto richiesta di diventare WT. Sinceramente speravo di poter fare più assieme a lei, però il calendario si modifica sempre durante l’anno. In ogni caso devo ringraziare Arianna per ciò che ha fatto per la mia vittoria di inizio stagione. La sintonia in corsa si sente».

ARIANNA: «E’ stato emozionante, senza ombra di dubbio. Non abbiamo fatto tante gare insieme, ma quando è successo abbiamo corso molto unite. Riusciamo a trovarci molto bene nelle varie fasi di corsa. In realtà anche quando eravamo in squadre diverse, ho sempre avuto il pensiero di controllare Martina dove fosse in gruppo e cosa stesse facendo. Ora è diverso anche prima della gara per sostenerci a vicenda».

Stakanovista. Arianna ha iniziato a fine gennaio e finito ad inizio ottobre, raccogliendo 55 giorni di gare (foto Mill)
Stakanovista. Arianna ha iniziato a fine gennaio e finito ad inizio ottobre, raccogliendo 55 giorni di gare (foto Mill)
Com’è stato il successo di Mouscron visto da Martina e visto da Arianna?

MARTINA: «E’ una vittoria mia che va divisa per forza con Arianna ed anche Kathrin Scheweinberger, autrice di un grande lavoro. E’ come se sul gradino più alto del podio ci fossimo andate tutte e tre. Senza di loro non sarei nemmeno riuscita a centrare quel risultato. »

ARIANNA: «Era già successo qualcosa di simile quando facevamo le gare open ma stavolta è tutta un’altra cosa. E’ stata una grande giornata. E’ stato bello dare tutto quello che avevo per lei. Ho fatto tutta la gara a cercare Martina perché credevo in lei, più di lei. La gara è stata dura per il tanto vento e il brutto tempo. Il gruppo si continuava a spezzare. Cercavo di stare davanti e dare un occhio alla sua posizione. Ogni tanto nei punti più difficili la riportavo dentro. Le dicevo di non mollare, lei mi rispondeva che stava facendo fatica. Le ripetevo di crederci fino alla fine perché erano tutte stanche e ce la poteva fare. Gliel’ho ripetuto anche in malo modo perché io poi non ho mezze misure (ride, ndr). In generale credo molto in Martina perché penso sia una delle atlete più forti in volata. Deve crescere sulla distanza e concentrarsi di più sulla strada poi si toglierà belle soddisfazioni».

Quest’anno Martina e Arianna Fidanza hanno disputato 15 gare assieme per un totale di 21 giorni (foto Van der Schoot)
Quest’anno Martina e Arianna Fidanza hanno disputato 15 gare assieme per un totale di 21 giorni (foto Van der Schoot)
Cosa hai imparato da lei e cosa tu hai insegnato a lei durante questa stagione?

MARTINA: «Belle domande, diciamo che ci sosteniamo a vicenda (ride di gusto mentre guarda la sorella di fronte a lei, ndr). Battute a parte, da Arianna ho imparato a non mollare mai perché sa reagire nei momenti molto difficili. Questo però da lei lo imparo da sempre, non solo da quest’anno. Ho imparato anche ad avere tanta pazienza, con lei ce ne vuole parecchia (dice sorridendo, ndr). Insegnato invece non so, ve lo dirà lei fra poco».

ARIANNA: «Dice che le ho insegnato a non mollare, ma anch’io ho imparato la stessa cosa da lei. Penso a quando ha vinto il secondo mondiale nello scratch che arrivava da un periodo brutto, dopo il Covid e la rottura delle costole. Nessuno ci avrebbe scommesso. Mia sorella mi ha insegnato ad essere mentalmente meno sbadata e più precisa (sorride, ndr)».

Martina quest’anno su strada finirà con poco più di 30 giorni di gara (foto Hazen)
Martina quest’anno su strada finirà con poco più di 30 giorni di gara (foto Hazen)
Obiettivi futuri, anche a medio termine?

MARTINA: «Se guardo a breve, ora penso al riposo. Non farò tanto, ma dovrò staccare per forza facendo due settimane senza bici perché poi ci saranno gli europei in pista a gennaio. Per il resto sono sicuramente proiettata al prossimo anno. Ragiono step by step. Mi piacerebbe riuscire ad andare alle Olimpiadi ed esserne una partecipante a tutti gli effetti visto che nel 2021 a Tokyo ero riserva. Ecco, magari dopo Parigi mi piacerebbe guadagnarmi un posto su strada in nazionale. Vedremo come fare e lavorarci su di più».

ARIANNA: «Saremo assieme in Ceratizit anche nel 2024, ci tenevo a fare un altro anno assieme a Martina poi si vedrà. Di certo voglio riconfermarmi tornando ai livelli di inizio anno. Farò di tutto per tornarci ma prima riposerò dando tempo al mio fisico di recuperare. L’intenzione sarà quella di trovare una buona condizione fisica e mantenerla per tutta la stagione.

L’abbraccio di Mouscron. Tra le sorelle Fidanza ci sono molta sintonia e sostegno reciproco (foto Fellusch)
L’abbraccio di Mouscron. Tra le sorelle Fidanza ci sono molta sintonia e sostegno reciproco (foto Fellusch)
Capitolo nazionale?

MARTINA: «Col gruppo della pista siamo molto motivati. Il prossimo anno avremo grandi appuntamenti. Prima di pensare al posto per le Olimpiadi, bisogna essere certi della qualificazione. Siamo messe bene ma non possiamo abbassare la guardia. Dobbiamo fare buoni piazzamenti nelle prove di Nations Cup e agli europei. E’ tutto da costruire. Dopo le vacanze riprenderò piano piano, cercando di trovare una condizione adeguata per gli europei e cercare di dare il mio contributo».

ARIANNA: «L’anno scorso avevo corso Giochi del Mediterraneo, europeo e mondiale. Quest’anno sinceramente mi aspettavo un po’ più di considerazione, soprattutto ad inizio anno quando andavo bene, non c’è stato nessun contatto con la nazionale. Ci sono rimasta un po’ male, vedremo come sarà l’anno prossimo. Indossare la maglia azzurra e difenderne i colori è sempre bello. Questo è un obiettivo che arriva di conseguenza. Quello principale è fare risultato con la squadra nelle gare che contano e che mi piacciono, come le classiche belghe. Se farò bene lì, allora la nazionale potrebbe arrivare di conseguenza».

Ballerini porta da Zanini il tesoro della Quick Step

04.10.2023
6 min
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Tra fusioni ormai inevitabili e quel senso di mancanza di regole, per cui le squadre spariscono come se niente fosse senza che l’UCI dica qualcosa, c’è chi dalla Soudal-Quick Step s’è già affrancato. Davide Ballerini torna all’Astana, la “casa” da cui aveva spiccato il volo per inseguire i suoi sogni in Belgio. Quando parlammo con i quattro italiani della squadra di Lefevere durante la presentazione di gennaio, Cattaneo e Masnada dissero chiaramente che sarebbero rimasti anche per il futuro, Bagioli e Ballerini dissero che avrebbero valutato eventuali alternative. E alla fine entrambi hanno spiccato il volo: il primo alla Lidl-Trek, il secondo nel team kazako.

«Avere più spazio è una cosa fondamentale – spiega il canturino – in più quest’anno Patrick (Lefevere, ndr) mi ha tirato per le lunghe. Sono arrivato a un punto nel quale non potevo più aspettare, quindi ho preso una decisione. Da una parte mi è dispiaciuto lasciare la Quick Step, dall’altra sono contento perché so dove vado, in una squadra in cui mi sono trovato veramente molto bene. Quattro anni fa ero più giovane e volevo fare nuove esperienze. Diciamo che adesso le ho fatte, anche se non sono mai abbastanza. E torno in un gruppo che mi metterà nelle condizioni ottimali di lavorare bene».

Ballerini ha corso alla Astana soltanto nel 2019: proveniva dalla Androni e vinse i Giochi Europei
Ballerini ha corso alla Astana soltanto nel 2019: proveniva dalla Androni e vinse i Giochi Europei
Che differenza c’è fra Davide di oggi e quello di quattro anni fa?

Diciamo che ero quattro anni più giovane. Il mio sogno era quello di approdare alla Quick Step e appena ho ricevuto la loro proposta, ho subito accettato. Sono riuscito a realizzare il sogno. Ho visto come lavorano. Ho fatto tanta esperienza nelle gare del Belgio che mi interessavano di più. Ho imparato molto e adesso posso metterlo in atto.

Hai firmato per quest’aria di fusione o saresti andato via ugualmente?

Mi dispiace per come stanno andando le cose, non si sta capendo molto. Io spero che la fusione non avvenga, ma se così sarà, purtroppo sparirà un gruppo che per anni è stato di riferimento. Il ciclismo è anche questo, gira intorno agli sponsor. E fra quelli che entrano e quelli che escono, le situazioni non sono facili da gestire.

Hai detto di aver imparato il loro modo di lavorare, quindi il tuo approccio con certe gare sarà improntato a quella filosofia? In qualche modo, anche Zanini ha corso in quel gruppo…

Certo. “Zazà” è stato uno dei primi che voleva che tornassi. Con lui ho sempre avuto un ottimo rapporto, anche quando sono andato via. E’ una grandissima persona e tutti gli anni continuava a chiedermi quando sarei tornato. E alla fine gli ho detto di sì.

L’ultima vittoria di Ballerini è la Coppa Bernocchi del 2022
L’ultima vittoria di Ballerini è la Coppa Bernocchi del 2022
Cosa porti via da questi anni fiamminghi?

Ho imparato tanto. La cosa importante del Belgio, c’è poco da fare, è che devi conoscere la gara a menadito. Devi starci. Vedere come si svolge in base agli anni passati, anche se ultimamente sta cambiando molto anche il modo di correre. Però diciamo che i punti cruciali, bene o male, sono sempre quelli. Quindi la cosa fondamentale è conoscere il percorso, fare le ricognizioni, vedere se sono stati aggiunti nuovi tratti o nuovi muri. E poi c’è la preparazione.

Che va fatta su misura?

I lavori specifici. Cose che ho imparato, facendo in allenamento dei lavori che prima non avevo mai fatto e mi hanno dato la forza esplosiva che non avevo. Negli ultimi anni ho lavorato con il preparatore Quick Step. Sono andato da loro e mi hanno preparato loro. Non so ancora bene adesso da chi sarò seguito.

A Popsaland eri aperto all’ipotesi di partire, come mai?

Quando resti tanto in una squadra, vuol dire che ti trovi bene, questo è poco ma sicuro. Però arrivi anche a un punto in cui hai bisogno di nuovi stimoli. Purtroppo si è visto che da un paio d’anni, la Quick Step non girava come prima e questo non perché i corridori non fossero performanti.

Quest’anno prestazioni opache al Nord: qui alla GP E3 Saxo Bank
Quest’anno prestazioni opache al Nord: qui alla GP E3 Saxo Bank
Perché secondo te?

E’ tutto un insieme di cose, magari non si è fatta la preparazione dovuta o le cose non sono andate bene al 100 per cento. E’ una ruota che gira. Adesso c’è il colosso Jumbo-Visma, ma prima o poi finirà anche quella, come prima c’era Sky, che sembrava inattaccabile. Non so come andrà a finire con questa fusione, ma significherà mettere da un giorno all’altro un sacco di gente sulla strada. 

Hai parlato di problemi di preparazione?

Il problema è che oggi devi essere al 110 per cento in quasi tutte le gare della stagione. Devi prepararle nel miglior modo possibile e per i determinati gruppi di lavoro deve avere una programmazione. Fai il tuo ritiro in altura per due settimane. Scendi. Fai una gara di preparazione. E poi c’è l’obiettivo. La cosa che in questi anni non è mai stata fatta è stata quella di fare altura per le classiche. Loro magari per questo sono un po’ vecchio stampo, mentre tante volte è preferibile arrivare freschi alle gare cui si punta. E poi devi staccare che sei ancora in forma, per iniziare la fase di recupero. E anche questo è difficile da fare.

Non corri dalla caduta del Wallonie, come funzionerà il tuo inverno? 

A dire la verità, il 2023 preferisco archiviarlo così: è stato forse uno degli anni peggiori, ma si impara anche da questi. Ho fatto prima 20 giorni senza bici dopo questo infortunio di fine luglio. Pensavo fosse poca roba, invece non è risultato così. Dopo lo stop ho ricominciato e ho sempre avuto un fastidio al ginocchio. Ho cominciato a fare risonanze magnetiche varie, si è visto che c’era un’infiammazione sotto la rotula che si è accentuata continuando ad allenarmi e ha intaccato anche il tendine rotuleo. Ho sentito vari specialisti e fra i tanti ne ho scelto uno che mi ha aiutato. Ho fatto delle infiltrazioni di acido ialuronico che adesso stanno facendo effetto. Nel frattempo ho continuato ad allenarmi, le mie tre ore al giorno le ho sempre fatte.

Il 2023 si stava raddrizzando al Wallonie: 2° nella prima tappa, 5° nella seconda (qui con Ganna), poi l’infortunio
Il 2023 si stava raddrizzando al Wallonie: 2° nella prima tappa, 5° nella seconda (qui con Ganna), poi l’infortunio
Passerà continuando a pedalare?

Sta andando a posto. Più vado avanti, più vedo che riesco a spingere forte e il fastidio arriva sempre più tardi. Da tre o quattro giorni a questa parte, posso dire di essere recuperato quasi al 100 per cento. L’altro giorno ho detto a Bramati che se vuole posso correre per dare una mano ai compagni e mi ha messo fra le riserve. Però capisco anche che i corridori vogliano correre, anche perché vista la situazione, tanti saranno in cerca di una squadra. Quindi penso che la mia stagione sia finita qui.

Vacanze in vista?

Non mi piace mai programmare cose a lungo termine, magari vado con gli amici due o tre giorni da qualche parte. Per adesso, visto che le giornate sono belle, continuo ad andare in bici, anche senza particolari obiettivi. Meglio tenere una settimana in più adesso e ricominciare una settimana dopo, così se anche a novembre facesse una settimana brutta, non mi cambierebbe la vita.

Gavazzi smette: ecco i suoi consigli al giovane Piganzoli

03.10.2023
5 min
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LISSONE – Francesco Gavazzi si aggira tra i pullman delle squadre con la disinvoltura di chi ha passato una vita in questi spiazzi. Alla partenza della Coppa Agostoni, davanti al pullman della Eolo-Kometa, è pieno di gente: parenti e persone venuti a salutare i corridori. C’è anche la famiglia di Gavazzi, con uno dei due figli che gioca con la sua bici. Ricordiamo che lo stesso Francesco aveva detto di voler smettere con le gare, ma di non voler abbandonare l’ambiente. I giovani, ci aveva detto Ivan Basso, sono il miglior acquisto per la prossima stagione. L’essere riusciti a trattenere ragazzi promettenti permette loro di addolcire l’addio di corridori del calibro di Fortunato e Albanese

«Dopo l’Agostoni – dice – mi restano la Bernocchi (corsa ieri, ndr), il Piemonte e le due in Veneto, se non cambieranno i programmi. Avvicinarsi al finale di carriera mi rende tranquillo, me la sto vivendo bene. Non dico che è una liberazione, ma sapere di aver dato tutto quello che avevo mi fa sentire sereno. Sinceramente non vedo l’ora che arrivi in fretta il 15 ottobre, perché si è stanchi».

Gavazzi insieme a uno dei suoi due figli prima del via della Coppa Agostoni
Gavazzi insieme a uno dei suoi due figli prima del via della Coppa Agostoni

I consigli di “Gava”

Gavazzi ha messo alle spalle 39 primavere il primo di agosto di quest’anno. Dopo che in gruppo ha passato la maggior parte del tempo abbiamo provato a stilare quelli che sono i suoi consigli ai giovani che rimarranno in Eolo-Kometa.

«Nel ciclismo di adesso – racconta Gavazzi – non c’è tanto tempo di sbagliare, sia in corsa che fuori corsa. Sicuramente rimanere in una squadra come la Eolo che ti coccola e ti fa crescere senza stress in un ciclismo esasperato penso sia la cosa migliore. Si tratta di ragazzi di 20,21 e 22 anni, sono giovani: le pressioni sono forti. Rimanere in una squadra come la Eolo ti permette di prenderti il tuo tempo, crescere e inserirti nel gruppo. Senza però dimenticare le esperienze agonistiche, le corse a cui abbiamo partecipato sono importanti: Giro d’Italia, Sanremo e Lombardia per esempio».

Gavazzi davanti a Piganzoli, i due sono entrambi valtellinesi e buoni amici
Gavazzi davanti a Piganzoli, i due sono entrambi valtellinesi e buoni amici
Come ci si avvicina a questi appuntamenti da giovani?

A livello di professionalità non deve esserci alcuna differenza rispetto alle gare minori. E’ ovvio che a livello emotivo, invece, ha un peso e sono quelle emozioni che ti ricorderai anche negli anni futuri e che ti fanno crescere come ragazzo e corridore.

Questa estate, a Livigno, avete fatto un ritiro di squadra, un momento più leggero dove avete avuto modo di parlare?

Con “Piga” (Piganzoli, ndr) per esempio, siamo amici perché siamo anche vicini di casa, sono in confidenza. Io ho 39 anni, lui 21, quindi la differenza di età si fa sentire, però si parla delle mie esperienze passate, del ciclismo che era e che è. A tavola, in ritiro, si parla quasi sempre di ciclismo, ci sono tanti aneddoti, anche dei direttori. Sono spunti utili per i giovani per pensare ed essere consapevoli.

Le emozioni di un Giro d’Italia rimarranno sempre nel cuore di un corridore
Le emozioni di un Giro d’Italia rimarranno sempre nel cuore di un corridore
Qual è la curiosità principale che ha Piganzoli?

Chiede spesso come fosse il ciclismo quando sono passato professionista io, nel 2005. In 17 anni è cambiato tutto: non si pesava la pasta, non c’era TrainigPeaks, iniziavano ad esserci i potenziometri, mentre ora se non ce l’hai non vai nemmeno a letto. La curiosità è sapere come si è evoluto il ciclismo e come era prima. 

Essere curati è positivo da un lato ma può nascondere anche lati negativi…

Un ciclismo professionale e molto più stressante, sia in corsa che fuori. Sia come gestione che come preparazione, risulta davvero molto usurante. E’ giusto viverlo con un distacco e comunque dare il 100 per cento senza farne diventare una malattia. 

La stagione di Gavazzi è stata lunga, ora si gode le ultime gare prima del ritiro
La stagione di Gavazzi è stata lunga, ora si gode le ultime gare prima del ritiro
Tu che hai visto crescere Piganzoli, quest’anno com’è stato?

Devo dire che ha fatto tante esperienze di rilievo ma è stato anche preservato. Ha capito quali sono le gare del suo livello e ha capito come corrono quelli che vanno forte davvero. Sono convinto che questo 2023 sarà un anno che in futuro gli tornerà molto utile. Dal prossimo anno avrà un bagaglio importante.  

Hai notato qualche “difetto”?

Non lo chiamerei così, però vedo che c’è tanta fretta di crescere e di fare. Dopo la Coppa Agostoni, per esempio, era giù di morale perché non era andato come si sarebbe aspettato. Deve imparare a convivere con queste sensazioni, capita nel ciclismo, anzi sono più le volte che non vai come vorresti rispetto alle altre. Lui non si è fatto prendere troppo dallo sconforto e al Giro dell’Emilia è arrivato 16° che in una gara di alto livello come quella è un grande risultato. Senza dimenticare che lui si è preparato alla grande per il Tour de l’Avenir quest’anno, staccando dalle corse per più di due mesi. Sapete cosa?

Piganzoli (a sinistra) ha incentrato la sua seconda parte di stagione sul Tour de l’Avenir, chiuso in terza posizione (foto DirectVelo)
Piganzoli (a sinistra) ha incentrato la sua seconda parte di stagione sul Tour de l’Avenir, chiuso in terza posizione (foto DirectVelo)
Dicci…

Ora i ragazzi giovani sono abituati a vedere i loro coetanei super performanti appena passano professionisti. Ma non è sempre così, non tutti sono Evenepoel o Ayuso. Piganzoli ha tutte le carte per diventare un campione e questo primo anno da professionista gli risulterà fondamentale nella crescita.

Ha focalizzato tutta la sua seconda parte di stagione su quell’appuntamento…

E ha fatto bene, perché era l’ultimo anno in cui poteva partecipare, ed in più ha fatto un bel podio e tanta esperienza. Correre gare a tappe di alto livello come l’Avenir gli tornerà utile per il prossimo anno, quando gli obiettivi saranno corse come la Tirreno-Adriatico o il Giro d’Italia.

Come lo vedi in allenamento, abitando vicino qualche volta avrete pedalato insieme…

E’ molto tranquillo, si allena bene. E’ uno che si sa allenare, sta concentrato il giusto e questo mi piace, perché la gestione per i corridori è fondamentale, così da arrivare alle gare con la testa giusta. Ha una carriera davanti molto promettente. Poi lui, nonostante sia giovane ha capito cosa vuol dire fare il corridore, ha l’atteggiamento giusto.

Arianna Bianchi parte subito forte e ha fame di successi

03.10.2023
5 min
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Nel presentare la stagione del suo team, Alessandro Guerciotti era stato molto chiaro, sottolineando le ambizioni legate alla categoria junior femminile, con l’approdo dei migliori talenti in circolazione a cominciare da Arianna Bianchi. L’inizio della bresciana, campionessa europea allievi di mtb nel 2022 è stato più che promettente, non solo per la vittoria ottenuta nella prima importante gara svizzera a Illnau, ma per come essa è arrivata.

«Era la prima stagionale e sinceramente non sapevo come stavo – spiega la lombarda – oltretutto gareggiavo insieme alle elite, gente molto più smaliziata e pronta. Ho cercato di tenere il loro passo e per parte della gara ci sono riuscita, poi è emersa la loro maggiore preparazione e ho cominciato a pensare alla vittoria di categoria. C’era una francese che si stava avvicinando, ma non ho mollato e ho portato a casa un successo di buon auspicio per la stagione».

Su di te il team e tutti gli appassionati ripongono molte speranze in questa stagione. Come ci arrivi?

Con tanta voglia di far bene ma soprattutto di mettere presto da parte questo anno che non è stato fortunato come speravo. Subito dopo la stagione del ciclocross sono stata male a febbraio, mentre a marzo ho preso un citomegalovirus che mi ha ostacolato per tutta la preparazione. Nelle gare su strada e in mtb ho sofferto. Per questo sono rimasta particolarmente contenta della mia prestazione in Svizzera.

Sia strada che mountain bike?

Sì, con due team diversi, l’Isolmant Premac per la strada e la Ktm Protek Elettrosystem per la mountain bike. Dopo i problemi che ho avuto, ho visto che riuscivo a riprendermi meglio su strada, infatti ho chiuso la stagione discretamente. Ora nel ciclocross spero di proseguire su quell’onda. Il prossimo anno comunque credo che mi dedicherò di più alla strada, sia per emergere nella mia categoria in vista di un futuro a livello maggiore, sia per preparare al meglio in ciclocross che resta il mio grande amore.

Arianna Bianchi con la maglia Isolmant Premac: pochissime gare ma un buon 21° posto al Giro della Lunigiana
Arianna Bianchi con la maglia Isolmant Premac: pochissime gare ma un buon 21° posto al Lunigiana
Com’è nato il contatto con Guerciotti?

Mi hanno chiamato a metà estate, ma al tempo non sapevo se potevo passare con la formula del prestito dalla società su strada. Poi è stato risolto tutto a livello burocratico e a quel punto ho accettato. Per me il team Guerciotti è sempre stato un riferimento nel mondo del ciclocross, volevo assolutamente approdare a quella che per me è la squadra principale.

E come ti sei trovata alla tua prima uscita?

Ho visto subito che si tratta di un team altamente professionale, che fa di tutto per metterci nelle migliori condizioni. Il clima in squadra è sereno e il livello è superiore agli altri, so di aver fatto la scelta giusta.

Il nuovo acquisto della Guerciotti in mtb corre con la Ktm Protek, ma ha avuto un’estate ridotta
Il nuovo acquisto della Guerciotti in mtb corre con la Ktm Protek, ma ha avuto un’estate ridotta
Sai che su di te come sulle tue coetanee pesa il passaggio di categoria della Venturelli che vi lascia “orfane”…

Ci mancherà un po’ perché Federica è stata un riferimento per me e le altre che lo scorso erano al primo anno. Con la nazionale abbiamo corso insieme, con lei devo dire che pur in poche occasioni ho avuto modo di imparare tanto. Ma non solo da lei, anche da Valentina Corvi. Ora sta a noi raccogliere la loro eredità soprattutto nelle gare internazionali, cercherò di mettere in pratica quanto ho imparato.

Per te che cosa è cambiato rispetto a un anno fa?

Fisicamente non molto, nel senso che sono rimasta della stessa altezza, non ho avuto grandi mutamenti legati allo sviluppo. In gara però mi accorgo che molto è cambiato, ora mi sento più pronta e avvezza a gareggiare su 50 minuti quando invece era stato un piccolo choc. Un altro elemento è che parto nella stagione del ciclocross con molti più chilometri nelle gambe dopo l’annata su strada, anche se l’ho vissuta a mezzo servizio per varie ragioni. Inoltre essere al secondo anno è un vantaggio, perché posso sfruttare i punti Uci accumulati per partire più avanti: lo scorso anno nelle gare internazionali mi trovavo sempre in fondo al gruppo, ora sarò molto più avanzata nelle griglie di partenza.

Nel 2020, Bianchi aveva vinto a Schio il titolo tricolore Esordienti (foto Soncini)
Nel 2020, Bianchi aveva vinto a Schio il titolo tricolore Esordienti (foto Soncini)
La cosa curiosa di quest’anno è che con te, la Ferri e la Kabetaj (che gareggia per l’Albania ma è a tutti gli effetti italiana) il meglio della categoria è nella stessa squadra…

Secondo me questo è un vantaggio perché ognuna cerca di fare il meglio, avere il confronto in casa non può farci che bene. In questo modo gli stimoli non mancano mai. La nostra è una rivalità sana: ci siamo ritrovate insieme in trasferta e abbiamo subito legato fra noi. Non ci sono invidie, ognuna è a disposizione dell’altra proprio come avviene su strada.

Che cosa ti aspetti ora?

Non posso negare che le mie ambizioni rispetto allo scorso anno siano aumentate. Vorrei far bene soprattutto nelle gare internazionali, agli Europei: lo scorso anno partendo dal fondo sono arrivata a sfiorare la top 10, se tanto mi dà tanto partendo davanti dovrei essere fra le prime. Per questo però bisogna puntare a migliorare il ranking.

Il punto di vista di Viel sul gravel (e sul mondiale)

03.10.2023
4 min
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CAMPAGNOLA CREMASCA – Il gravel un’opportunità di ciclismo visto in modo diverso. Abbiamo incontrato Mattia Viel alla Gera60, una pedalata tra amici promossa da Deda e con un lui abbiamo scambiato due battute. La nuova vita lavorativa, il gravel e la bici, ma anche un occhio sul prossimo mondiale gravel.

L’atleta piemontese ci illustra il suo punto di vista sul gravel in genere, con un occhio attento sulla prossima rassegna iridata di categoria. Viel è tutt’ora in attività, anche se il ciclismo praticato è sceso di un gradino nella scala delle priorità, perché ci sono diversi progetti è un ruolo nello staff marketing di DMT.

Viel ha pedalato la Gera60 in compagnia
Viel ha pedalato la Gera60 in compagnia
Ci sarai al prossimo Mondiale Gravel?

Si ci sarò, ma grazie ad una wild card e comunque l’approccio personale è completamente differente rispetto a quello del 2022. L’anno passato invece è stato diverso, perché ho gareggiato con l’obiettivo di indossare la maglia azzurra alla prima edizione dei mondiali di categoria.

Cambia il tuo approccio?

Assolutamente, ma era già cambiato nel 2022, che è stato il primo anno da non professionista. Ero piuttosto libero, lavorativamente parlando. Mi sono allenato, ma è pur vero che ho vissuto di rendita con tutto quello che ho fatto nelle stagioni da pro.

Mattia Viel in veste DMT alla recente Sea Otter (foto Mattia Viel)
Mattia Viel in veste DMT alla recente Sea Otter (foto Mattia Viel)
Invece quest’anno?

Quest’anno invece sono coinvolto al 100% nelle attività di marketing del gruppo Diamant, DMT e MCipollini. L’attività in bici è importante, ma sono concentrato su altro.

Una tua fase di crescita in cui il gravel ha un peso?

Il gravel mi ha aperto un sacco di opportunità ed io continuo a crederci. La porto avanti, non solo come attività personale, ma in parallelo ad altri progetti. Sono nel gruppo marketing Diamant, ho un progetto personale che si chiama Alive Cycling per l’abbigliamento e sono coinvolto nell’organizzazione della Erattico Gravel, nel territorio del canavese.

In maglia azzurra al Mondiale Gravel 2022
In maglia azzurra al Mondiale Gravel 2022
Ti ritrovi ancora nell’ambito race?

Bisogna essere iper specializzati per fare qualsiasi cosa, farla al meglio ed essere credibili in quello che si fa. Per fare le gare gravel è necessario essere preparati, non si può improvvisare e a mio parere è giusto così. Mi ritrovo nel gravel race e mi piace vedere alcuni grandi nomi che arrivano dalla strada, portando lustro e visibilità, fattori che aiutano ad allargare la conoscenza verso questa categoria.

Gli uomini immagine, un biglietto da visita anche per noi italiani?

Direi proprio di si. Abbiamo la fortuna di avere il mondiale in Italia per il secondo anno consecutivo, nonostante i diversi problemi organizzativi, ma è una vetrina che dobbiamo sfruttare al massimo. Pensare che un Van Aert sarà il faro della manifestazione a mio parere è motivo di orgoglio.

Hai pedalato nel nuovo percorso?

Non ho avuto occasione, ma ho ricevuto diversi feedback da fonti diverse. Più gravel rispetto al 2022, duro ed esigente, molto spettacolare. Sono contento di questi aspetti tecnici, visto che ho creduto fin da subito nella disciplina e penso che un percorso gravel deve avere le giuste caratteristiche, non troppo stradistico e neppure esageratamente mtb. Il gravel deve avere un propria identità.

Nel futuro di Viel c’è anche una veste di organizzatore
Nel futuro di Viel c’è anche una veste di organizzatore
Servono delle regole?

Io sono a favore delle regole, servono per mettere ordine anche nel settore dei materiali. In questo momento ognuno di noi ha un pensiero proprio verso il gravel. Chi è più race, chi è rivolto al bikepacking, chi un po’ di più verso l’avventura e forse in questo momento è giusto così. Ma sono necessarie delle regole per il futuro e queste devono essere scritte con cognizione.

Ti manca la vita da pro’?

Sicuramente sì, anche se ho trovato in fretta una nuova identità. Non ho chiuso la mia carriera come avrei voluto, considerando che ho iniziato nel 2018 con la Androni grazie ad uno stage. Mi sarebbe piaciuto giocarmi qualche carta in più. Al tempo stesso sono gratificato nel vedere tutto quello che costruisco in questa fase della mia carriera lavorativa.

Marcello Massini, 83 anni, è un tecnico toscano dal grande intuito

Il ciclismo dei giovani dell’ottantenne Massini

03.10.2023
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Nicolò Garibbo è l’ultimo talento sul quale Marcello Massini ha messo le mani e i suoi successi continuano a inorgoglirlo. Ufficialmente, passati gli 80 anni, Massini ha messo da parte l’ammiraglia, ma resta nello staff del Gragnano Sporting Club e continua a vivere di ciclismo, ma alla sua maniera. Quella imparata quando correva ai tempi di Gimondi e di Bitossi. Con l’amore di un artigiano del ciclismo.

E’ pur vero che, parlandoci, non sembra proprio di avere a che fare con un ultraottantenne perché lo spirito è più giovane di quello di tanta gente ben più giovane di lui. Nell’ambiente Massini è famoso proprio perché sa cavare il meglio dai corridori quando il tempo scorre e c’è il rischio che rimangano incompiuti, che non approdino sul palcoscenico principale.

Per Garibbo la speranza che tanti risultati portino anche attenzione da parte di qualche team pro’ (foto Federazione Kosovo)
Per Garibbo la speranza che tanti risultati portino anche attenzione da parte di qualche team pro’ (foto Federazione Kosovo)

«Con i giovani ho lavorato tanto – spiega il diesse toscano – ma il ciclismo è cambiato, oggi i grandi team vanno direttamente a cercare gli juniores e se li prendono, a noi che cosa resta? Abbiamo dovuto cercare una via alternativa e secondo me lavorare con ragazzi un po’ più grandi, ma che possono ancora dare tanto è una gratificazione ancora maggiore».

Chi sono questi ragazzi?

Corridori che nel corso della loro carriera giovanile hanno avuto problemi. Chi è maturato tardi, chi è rimasto per un periodo al palo magari per qualche infortunio, chi non ha trovato l’aggancio giusto per passare. In questo progetto però devo dire grazie a tutta la società, dal presidente Carlo Palandri ai diesse Alberto Conti e Andrea Marinai che supportano queste idee. Si prestano per venire incontro alle esigenze dei ragazzi, spesso mettendo da parte anche le legittime aspirazioni della società.

Il Gragnano Sporting Club ha ottenuto molti risultati quest’anno, non solo grazie a Garibbo
Il Gragnano Sporting Club ha ottenuto molti risultati quest’anno, non solo grazie a Garibbo
Garibbo ne è un esempio…

Ha avuto una stagione fantastica, senza mai un calo, sempre sul pezzo. Nella società ci sono tanti che possono avere una buona carriera, lui già adesso ha un valore intrinseco che ne fa un professionista fatto e definito, deve solo trovare chi creda in lui.

E’ più difficile lavorare con simile materiale, proprio in considerazione del ciclismo attuale che consuma tutto a grande velocità?

Sì, ma è anche più gratificante. Un esempio è Fiorelli: non aveva risultati, noi abbiamo sempre creduto in lui e nelle sue possibilità e in due anni è cresciuto esponenzialmente, ha trovato posto alla Green Project Bardiani CSF Faizané e sta avendo una buona carriera, addirittura con qualche estemporanea uscita in mountain bike (è stato terzo all’ultima Etna Marathon, ndr). Anche lui ha sofferto, anche lui quando ha superato la soglia U23 rischiava di rimanere a piedi, ma il lavoro ha pagato. Non sarà l’ultimo…

Massini insieme a Filippo Fiorelli, a lungo suo corridore poi approdato alla Green Project Badiani
Massini insieme a Filippo Fiorelli, a lungo suo corridore poi approdato alla Green Project Badiani
I team professionistici vi danno retta?

Con fatica, con tanta fatica. Si guarda ai giovani e li si vuole subito vincenti, basta che da junior vincono un paio di volte che ecco che trovano l’ingaggio. Ma la gavetta dov’è? Il problema è che noi dobbiamo trovare il modo di far risaltare i nostri.

E quindi vi trovate quasi costretti a fare anche attività all’estero…

Quando un corridore diventa Elite, scopre che non tutte le gare del calendario italiano sono open. Andare all’estero è quasi obbligatorio, ma devo dire che è anche utile. Noi siamo stati in Kosovo e lì abbiamo sviluppato contatti importanti per avere ulteriori inviti il prossimo anno. Le gare estere sono una vetrina essenziale, anche perché la concorrenza è molto più qualificata.

Quando Massini era sull’ammiraglia Magniflex, qui col compianto Riccardo Biagini
Quando Massini era sull’ammiraglia Magniflex, qui col compianto Riccardo Biagini
C’è un altro Garibbo all’orizzonte nel vostro team?

Abbiamo tanti giovani validi, ma che stanno maturando piano piano, per questo dico che Nicolò Garibbo invece è pronto, ha tutto per fare una buona carriera anche fra i professionisti.

Dall’alto della sua esperienza, era quindi più facile portare un corridore a essere professionista?

Prima sì. C’era più quantità, più scelta fra i corridori giovani, si aveva anche più pazienza nell’aspettare che maturavano. Nel 1986 alla Magniflex avevamo 10 ragazzi, di loro 8 sono passati pro’ e hanno avuto anche carriere importanti, come Tafi, Lelli, Baronti… Ora invece si cerca il Pogacar a tutti i costi dimenticando che magari vinci il Tour a 21 anni, ma chi ci dice che fra dieci anni sarà ancora lì e ancora a quei livelli?

Rinaldo Nocentini, in giallo al Tour 2009, uno dei tanti talenti scoperti dal tecnico toscano
Rinaldo Nocentini, in giallo al Tour 2009, uno dei tanti talenti scoperti dal tecnico toscano
Preferirebbe un ciclismo più tranquillo?

Preferirei un ciclismo meno esasperato, che rispetti l’età di ragazzi di 19-20 anni che devono ancora maturare e non parlo solo dal punto di vista ciclistico, ma come uomini. Rischiamo così di avere atleti di 27-28 anni che sono spremuti, che hanno già dato tutto. Cresceranno o finiranno come Sagan? A 19 anni vinceva già, ma anche se ha un curriculum lunghissimo è da qualche anno che è sul viale del tramonto. Io ho un’altra idea di ciclismo, un po’ diversa…