Prima è finita la scuola e questo ha permesso a Federica Venturelli di pensare soltanto allo sport. Ora che invece è finita la stagione e ha portato con sé il consueto carico di medaglie, la cremonese ha appeso la bici al chiodo e si è rifugiata sulle montagne della Valtellina, a Campodolcino sulla strada dello Spluga, dove ha casa sua nonna. Non si può dire che l’estate non sia stata intensa e che, al netto delle tante tutele di cui ha parlato il suo tecnico Daniele Fiorin, l’attività di Federica non sia stata pesante. Forse anche troppo da un certo punto di vista, quello dei suoi 19 anni, ma questo sarà semmai la storia a raccontarlo nel modo giusto.
Intanto il 16 ottobre inizieranno i corsi all’Università, facoltà di Farmacia, anche per raccogliere un domani il mestiere di suo padre. Sarà un inverno meno infuocato del solito, con meno impegni nel ciclocross, alla vigilia della prima stagione da under 23. Federica si racconta, le parole confermano i piedi per terra, anche se i risultati delle ultime settimane potrebbero far girare la testa. Tre ori agli europei juniores su pista. Il bronzo ai mondiali della crono e i due ori su pista. E poi l’oro e l’argento, a crono e su strada, ai campionati europei. Più sei vittorie su strada.
E’ stata una stagione di grandi sorprese o di grandi conferme?
Sono state grandi conferme per quanto riguarda la pista, grandi sorprese per le gare su strada. Dopo aver vinto i mondiali dell’inseguimento individuale l’anno scorso, quest’anno speravo di replicare il titolo. Invece è stata una sorpresa la madison (in coppia con Vittoria Grassi, ndr), perché è una specialità in cui agli europei ho fatto per due anni quarta, quindi vincere il mondiale è stato qualcosa di incredibile.
Invece su strada?
Sono state delle belle sorprese. Ho imparato ad adattarmi a diversi tipi di percorsi e quindi sono felice di come sono andate le gare, sia il mondiale che l’europeo e anche le altre gare internazionali, come quelle di Nations Cup, in cui sono riuscita a raccogliere delle vittorie internazionali.
La vittoria della crono agli europei nasce dal bronzo dei mondiali?
Sicuramente sono cambiate le avversarie. La prima e la seconda classificata dei mondiali non hanno partecipato all’europeo, dato che erano un’australiana e una britannica. Però secondo me c’è stato anche un salto di qualità grazie agli allenamenti specifici che ho fatto per arrivare in forma all’appuntamento e soprattutto nella gestione dello sforzo. Al mondiale ho sbagliato la gestione della gara: ero partita troppo forte e poi avevo finito in calando. Invece all’europeo, sapevo che la gestione sarebbe stata più difficile perché era una crono lunga e proprio per questo mi sono convinta di dover partire più piano, per avere energia nel finale. Per questo sono riuscita a gestire meglio lo sforzo.
Si impara molto dalle gare che si fanno?
Alla fine forse è il solo modo, soprattutto quando si perde. La volta dopo ci si ricorda di gestirsi un po’ meglio o comunque di giocarsela in modo diverso.
Perché il secondo posto nella gara su strada degli europei è stato una sorpresa?
Più che un discorso fisico, sapevo di avere la squadra giusta per arrivare davanti. Però ovviamente arrivare lì, riuscire a fare la differenza su uno strappo così corto e portare via appunto la fuga di due negli ultimi 500 metri è stato qualcosa che non mi aspettavo. Poi è andata così, però sono contenta della mia prestazione. E’ quello che ho detto a tutti: non sono andata piano io, ma è la belga (Fleur Moors, ndr) che è andata forte. Quindi sono comunque soddisfatta, non ho rimpianti.
Ai mondiali ti sei detta serena perché lo staff della nazionale continuerà a seguirti anche nel passaggio di categoria e di squadra.
Avere delle persone di riferimento, che sono sempre vicine quando serve e a cui chiedere semmai consiglio, è qualcosa di importante nella crescita. Cambiare squadra (andrà nel devo team del UAE Team ADQ, ndr) può sballare molto, magari anche cambiare preparazione. Invece di avere degli obiettivi comuni serve a organizzare la stagione e anche a sentirsi fermi mentalmente.
A livello psicologico tutte queste competizioni di altissimo livello pesano? C’è una componente di ansia, di pressione che va gestita?
Diciamo che in questi due anni ho imparato abbastanza a gestire l’ansia. Prima di questi campionati europei ero abbastanza tranquilla, più di com’era la Federica di due anni fa. Più che ansia, parlerei di tensione nell’essere sempre a tutta, sempre sotto sforzo. Non poter mai mollare di testa per la presenza di tanti appuntamenti, però ci ho quasi fatto l’abitudine. Però adesso è arrivato il momento di staccare e ricaricare le pile per i prossimi appuntamenti.
Hai mai pensato, davanti al troppo stress, di mollare tutto?
No, mai. Anche se sono sotto stress o stanca, la bici rimane qualcosa che mi fa sentire bene, quindi abbandonarlo non sarebbe una soluzione per nulla. Se anche la mettessi via, dopo un paio di giorni cambierei subito idea e mi prometterei di continuare. Dopo i momenti difficili, c’è sempre qualcosa che funge da ricompensa per gli sforzi che faccio.
Il momento di mollare, significa davvero che sacrificherai il ciclocross?
Non mi sono sentita di accantonarlo completamente, ma il programma prevede una stagione ridotta solo a un paio di mesi: dicembre e gennaio. Dopo le vacanze riprenderò ad allenarmi in vista della prima stagione da under 23 su strada, voglio farmi trovare pronta a questo grande salto. Lavorerò già anche per quello, non solo per il ciclocross, che sarà un modo per divertirmi e rimanere in forma in inverno. E anche per avere obiettivi a breve termine che mi permettano di valorizzare la preparazione che starò facendo.
In cosa consistono le tue vacanze?
Farò tre settimane senza toccare la bici. Ho iniziato con cinque giorni in montagna in provincia di Sondrio, a casa della nonna, e poi dieci giorni al mare, in Egitto, sul Mar Rosso.
E a Campodolcino un giro in bici non si fa? Magari in mountain bike?
No (ride, ndr), neanche la mountain bike. Un po’ di camminate in montagna, oggi abbiamo fatto quattro ore e mezza. Riposo dalla bici, mettiamola così. Non starò tre settimane sul divano senza fare niente, però questo stacco dalla bici serve soprattutto a livello mentale, per non stare 365 giorni all’anno facendo sempre la stessa cosa.