Primo soccorso e defibrillatore: la Bahrain apre la strada

06.01.2024
4 min
Salva

Durante il training camp ad Altea la Bahrain-Victorious. non solo si è allenata, ma ne ha approfittato anche per fare una lezione particolarissima ai suoi atleti e non solo. Lo staff medico, guidato dal dottor Daniele Zaccaria ha organizzato un corso di primo soccorso per defibrillatore (BLS-D).

«Durante il corso – si legge nel comunicato della Bahrain-Victorious – i medici dell’équipe hanno fornito una lezione anche pratica sull’esecuzione della rianimazione cardiopolmonare (RCP) utilizzando il defibrillatore semiautomatico. L’obiettivo di questo corso era quello di fornire a tutti i membri del team le competenze necessarie per rispondere in caso di emergenza e assistere una vittima che subisce un arresto cardiaco improvviso o che affronta lesioni mortali».

Antonio Tiberi (classe 2001) è stato piacevolmente colpito dal corso BLS-D (foto @charlylopez)
Antonio Tiberi (classe 2001) è stato piacevolmente colpito dal corso BLS-D (foto @charlylopez)

Ragazzi catturati

Visto quanto accaduto in queste ultime stagioni al team di Milan Erzen, prima l’arresto cardiaco di Sonny Colbrelli e poi la caduta mortale di Gino Mader, la sensibilità verso certi aspetti è notevolmente aumentata all’interno della squadra. Anche se, ricordiamo, il caso di Mader non è direttamente collegato al tema dell’arresto cardiaco. Più generale però i problemi cardiaci dopo il Covid sono aumentati nel ciclismo.

«Direi che è stato molto interessante – confida Antonio Tiberi – è stato particolare il momento in cui è intervenuto anche il paramedico (Borja Saenz de Cos, ndr) che ha salvato Sonny Colbrelli dopo il suo incidente al Catalunya di due anni fa. Ci ha davvero catturato. Anche Sonny non è rimasto insensibile. E non solo lui…

«Ammetto che tante volte nei grandi meeting di squadra dopo 20′ iniziamo a dare uno sguardo ai telefonini, a parlottare, a svagarci un po’. Mentre questa volta nessuno ha estratto lo smartphone dalla tasca. Il tempo è volato».

Il terribile giorno dell’arresto cardiaco di Sonny Colbrelli (immagine da web)
Il terribile giorno dell’arresto cardiaco di Sonny Colbrelli (immagine da web)

Salvare una vita

La Bahrain-Victorious dunque sembra aver fatto centro. Ha arricchito i suoi ragazzi e ha dato loro una possibilità in più. In qualche modo il concetto di sicurezza è stato esteso.

«Noi – riprende Tiberi – stiamo spesso in giro, sia per il mondo che in bici, e certe situazioni come quella di Colbrelli possono capitare più frequentemente. In allenamento vediamo spesso certi simboli, quelli del defibrillatore e sin qui spesso mi ero chiesto: “Okay ma se dovesse succedere qualcosa, come si usa? Cosa ci devo fare?”. Appunto stando tanto in giro puoi dare una mano, puoi salvare una vita umana».

Il corso è stato strutturato in questo modo. Nei circa 60′ della sua durata, c’è stata prima una parte teorica e poi una pratica. Chiaramente quella che più ha catturato l’attenzione degli atleti è stata la parte pratica, anche perché sembra essere stata divertente.

«Dopo averci spiegato cos’è un defibrillatore – spiega Tiberi – è iniziata la parte più interessante, vale a dire il suo utilizzo e ancora di più la parte relativa al massaggio cardiaco. In pratica ci hanno dato dei manichini specifici, con dei sensori. Noi dovevamo arrivare ad una quota di efficienza del massaggio cardiaco pari al 100 per cento. Ognuno di noi ha eseguito questa simulazione di pronto intervento».

I ragazzi impegnati nella prova pratica di massaggio cardiaco (foto @charlylopez)
I ragazzi impegnati nella prova pratica di massaggio cardiaco. Qui, Mohoric (foto @charlylopez)

Gara a colpi di torace

I ragazzi dovevano attestarsi sui 120 colpi al minuto sul torace e una “profondità” di schiacciamento pari ad un terzo dello spessore del torace stesso. Serviva dunque una certa forza.

«Effettivamente serviva una certa forza. Questa azione durava un minuto e chi riusciva ad attestarsi al meglio sul ritmo dei 120 colpi al minuto e applicava la giusta pressione appunto si avvicinava di più al 100 per cento.

«Personalmente, oltre che utile – conclude Tiberi – l’ho trovato anche divertente. Io tra l’altro ho eseguito questo test per ultimo e tra di noi abbiamo fatto una gara a chi si avvicinava di più a questo 100 per cento. Ci sono riuscito! Ma devo dire che anche tutti gli altri sono rimasti su valori molto alti. Scherzi a parte l’idea di poter salvare un vita, non solo in un contesto ciclistico, mi è davvero piaciuta. Spero che questa iniziativa della Bahrain-Victorious possa essere ripresa anche da altri team».

Villa, è già tempo di europei su pista: siete pronti?

06.01.2024
5 min
Salva

Neanche il tempo di rimettere da parte albero di Natale e presepe, che già il ciclismo su pista inizia il suo calendario e lo fa con un evento dalla grande importanza, soprattutto perché darà punti pesanti nel cammino di qualificazione a Parigi 2024. Nel velodromo olandese di Apeldoorn da mercoledì prossimo si va a caccia dei titoli europei e un tale anticipo della manifestazione non può non condizionare il suo sviluppo: molte nazioni hanno dovuto fare delle scelte, anche perché neanche un mese dopo si sarà in Australia per la prima tappa della Nations Cup.

Come si presenterà la nazionale italiana? Quali le avversarie di riferimento proprio tenendo conto del periodo spurio di effettuazione? A queste e altre domande non si è sottratto Marco Villa (nella foto d’apertura con Milan e Ganna ai mondiali di Glasgow) già proiettato verso il primo passo di un cammino che porterà lui e i suoi ragazzi verso l’evento principe del quadriennio, la summa di tutto il lavoro effettuato in questi anni.

Davide Boscaro sarà uno dei nuovi ingressi nel quartetto azzurro ad Apeldoorn
Davide Boscaro sarà uno dei nuovi ingressi nel quartetto azzurro ad Apeldoorn

«Questi europei sono un appuntamento delicato – ammette Villa – proprio perché arriva così presto. Noi come tutti gli altri dobbiamo trovare un compromesso per non accelerare troppo la preparazione pensando che il culmine dovrà essere a inizio agosto. Resta però un evento importante perché dà punti per il ranking e soprattutto risposte utili proprio per l’estate».

E’ il primo atto della stagione, ma tu ci arrivi dopo una lunga serie di contatti con i team del WorldTour per impostare il cammino di avvicinamento olimpico. Che risposte hai avuto?

Ho trovato molta disponibilità da parte di tutti. Sono stato a Calpe, al ritiro della Lidl-Trek per parlare di Consonni e Milan, nuovi arrivi in quel contesto e abbiamo stabilito un programma che soddisfa sia l’esigenze del team che le mie. Lo stesso dicasi per la Ineos di Ganna e Viviani, ma con Cioni abbiamo una lunga collaborazione. Sempre a Calpe ho parlato anche della Balsamo, che punta a Parigi in doppia veste. Insomma, abbiamo gettato le basi.

Per Elisa Balsamo l’europeo sarà il primo appuntamento di una stagione ricchissima
Per Elisa Balsamo l’europeo sarà il primo appuntamento di una stagione ricchissima
Chi mancherà ad Apeldoorn?

Per quanto riguarda il quartetto maschile non avremo Ganna e Moro come anche Viviani, ma loro li avrò a disposizione in Australia a inizio febbraio. Fra le donne invece non ci sono defezioni, siamo quasi al completo.

Guardando alle altre Nazioni, vedi la stessa nostra situazione?

Questa è la mia quarta Olimpiade e so per esperienza che quello che si è visto finora ha un peso relativo. Tutti, quando si arriva all’appuntamento olimpico, sono al massimo. Noi a Tokyo non abbiamo certo vinto con vantaggi enormi, ma proprio sul filo e questo significa che tutti erano al limite e sarà così anche a Parigi. In campo maschile dei grandi team mancheranno solo Nuova Zelanda e Australia. Quindi in Olanda avremo contro la Danimarca nostro storico contraltare, ma io dico di fare attenzione alla Gran Bretagna, intanto perché hanno bisogno di fare punti dopo la debacle dei mondiali di casa e poi perché hanno un Tarling in più e sono curioso di vedere la sua incidenza nel team. Senza poi dimenticare la Francia che prepara le Olimpiadi di casa.

Joshua Tarling sarà il nuovo motore del quartetto britannico, uno dei motivi d’interesse degli europei
Joshua Tarling sarà il nuovo motore del quartetto britannico, uno dei motivi d’interesse degli europei
Quanto inciderà l’assenza di Ganna e Moro?

Io sono fiducioso, perché i ragazzi sanno che mi aspetto un buon risultato per molte ragioni: innanzitutto perché anche se non è in discussione la nostra qualificazione, abbiamo bisogno di punti per avanzare nel ranking e quindi partire più avanti nella gara olimpica che ho sempre detto essere un vantaggio. Questo significa che dobbiamo sì puntare al massimo risultato, ma facendo attenzione a non creare disastri: per dirla in parole povere, una presenza in una finale agli europei è comunque un buon risultato, altrimenti perdiamo terreno. Poi so di avere una rosa ampia nella quale dovrò fare scelte dolorose, ma voglio che chi gareggia mi metta in difficoltà. Chi corre deve dare il suo meglio, instillarmi dubbi positivi.

Dalla Guazzini ottimi riscontri in allenamento, il suo europeo sarà un test importante in ottica Parigi
Dalla Guazzini ottimi riscontri in allenamento, il suo europeo sarà un test importante in ottica Parigi
E fra le donne?

Qui la Gran Bretagna ha un certo margine, ma noi possiamo giocarcela. La Francia sarà anche qui uno spauracchio, vedremo poi se la Germania dopo il ritiro di metà quartetto olimpionico sarà riuscita a trovare i giusti innesti, come lo scorso anno non era riuscita a fare. Come si vede, i motivi d’interesse a questi europei così fuori dell’ordinario non mancano…

Le ragazze come si presentano all’appuntamento?

C’è chi è più avanti nella preparazione e chi un po’ indietro, ma questo è normale. Fra le prime c’è sicuramente la Guazzini, che dopo il 2023 così sfortunato ha iniziato prima e questo l’ha portata ad avere già ora una buona forma, mi aspetto molto da lei.

Federica Venturelli potrebbe essere la grande novità del quartetto femminile, da Apeldoorn in poi
Federica Venturelli potrebbe essere la grande novità del quartetto femminile, da Apeldoorn in poi
Hai già in mente come si schiereranno i quartetti? Quando manca Ganna, come cambia la disposizione degli uomini?

Devo certamente rivedere lo schieramento e gli impegni, ma ho più opzioni a disposizione. Posso ad esempio spostare Milan dal 3° al 4° vagone e far fare a lui le veci di Ganna, Consonni in questi giorni lo sto provando come 3°, con Lamon al lancio e Boscaro come 2°. Ma posso anche lasciare Milan al suo posto, mettere Lamon come 4° e Boscaro al lancio. Valuteremo come sfruttare al meglio la condizione di ognuno. Lo stesso dicasi fra le ragazze: in partenza posso schierare Guazzini o Fidanza, come seconda Paternoster o Consonni, come terza Balsamo, Alzini o Venturelli, in chiusura la stessa Venturelli oppure Guazzini. C’è forse ancora più abbondanza, il che può anche mettermi in difficoltà, ma averne di problemi simili…

Giaimi, 6 anni di contratto: strada, pista, Parigi e i mondiali 2029

05.01.2024
6 min
Salva

Seduto da solo a tavola nel giorno in cui la stampa ha preso d’assalto il ritiro del UAE Team Emirates, Luca Giami osservava curioso e forse anche frastornato il movimento attorno a sé. Per questo ci siamo seduti con lui iniziando una chiacchierata che ci ha permesso di aprire la porta sulla sua situazione, più unica che rara, di un lunghissimo contratto di sei anni. Il primo a esserne sorpreso è parso proprio lui. Infine, lo abbiamo risentito anche ieri, durante il ritiro con la nazionale a Montichiari. E Giaimi ha fatto con noi il punto della sua situazione.

«Sicuramente – sorride Giaimi, in apertura in azione agli ultimi europei juniores – un contratto così lungo comporta meno stress legato alla scadenza, ma sento un po’ la pressione di dimostrare che me lo sono meritato. Addirittura me lo avevano offerto di 8 anni, ma ho scelto di firmare per 6. Sono contento e spero nei primi due anni di fare più esperienza possibile per arrivare pronto ai quattro successivi nel WorldTour. Abbiamo iniziato un bel percorso con diversi obiettivi e per arrivare a costruire il corridore che voglio essere: questa è una delle tipiche frasi di Matxin».

Il suo inverno è un continuo viaggiare. Prima il ritiro di Noto con la pista, poi quello spagnolo con la UAE Emirates GenZ (questo il nome del devo team). Due giorni a casa e subito a Montichiari fino a Natale. Tre giorni a casa e di lì nuovamente a Montichiari preparando gli europei che inizieranno mercoledì prossimo.

Luca Giaimi, classe 2005, è con la UAE Emirates da quest’anno con un contratto di 6 stagioni (foto Fizza)
Luca Giaimi, classe 2005, è con la UAE Emirates da quest’anno con un contratto di 6 stagioni (foto Fizza)
Cosa ti intriga di più in questo momento, la pista o la strada?

Non vedo l’ora di iniziare la stagione su strada a Le Samyn con la squadra WorldTour. L’ho sempre sognato. Probabilmente sarà dura, ho un po’ di soggezione, però non vedo l’ora. Immaginavo una situazione come questa, ma credevo che avrei iniziato con il devo team e semmai più avanti avrei provato con i pro’. Invece farò l’esatto contrario.

Come è andato il ritiro?

Purtroppo ho avuto un grosso problema con l’inglese, fortunatamente nel team si parlucchia italiano. Alla fine però riuscivo a capire cosa dicevano e a volte anche ad esprimermi. Non vedo l’ora di tornare in gruppo per imparare ancora. Per il resto, l’esperienza di un ritiro con la squadra WorldTour è nettamente diversa da qualsiasi altra a livello di allenamenti, preparazione e gruppo. La UAE Emirates ricorda molto una squadra italiana a livello di socialità. Al contempo trasmette la serenità e la familiarità dei grandi team.

Hai raccontato di aver dovuto modificare la posizione in bici per il cambiamento delle regole sulle leve dei freni…

Vero, la mia posizione è cambiata abbastanza, perché sul fronte delle leve interne io ero uno di quelli più estremi. Col biomeccanico abbiamo scelto di cambiare il manubrio, mettendone uno molto più stretto. Da 37 nella parte alta e 42 nella parte bassa, come uno da gravel. Hanno fatto così anche altri corridori della WorldTour, con la parte bassa dell’impugnatura più larga rispetto alla parte alta. E’ l’ideale. Quando sei con le mani in alto, spingi in presa più areodinamica e riesci a guadagnare parecchio. Invece nelle fasi di spinta massimale, come nelle volate, hai una presa migliore e guadagni in guidabilità anche in discesa. Facendo così, sono riuscito a mettere le leve in asse rispetto al manubrio. Inoltre ho avuto qualche correzione della posizione, visti la nuova sella e il fondello.

Vista la limitazione UCI nella rotazione delle leve, Giami usa un manbubrio largo 37 sopra, 42 sotto (foto Fizza)
Vista la limitazione UCI nella rotazione delle leve, Giami usa un manubrio largo 37 sopra, 42 sotto (foto Fizza)
In cosa è cambiata?

Mi sono abbassato e col manubrio più stretto, specialmente nelle volate, quando sono in posizione massimale di spinta e quando la velocità è alta, riesco ad essere anche più aerodinamico. Dato che mi hanno abbassato leggermente la sella, riesco a sfruttare meglio la muscolatura posteriore delle gambe e questo è sicuramente un vantaggio.

Il tuo preparatore è Giacomo Notari, cosa te ne pare?

Giacomo segue tutti noi del devo team. E’ un’ottima persona e fin dal primo giorno mi ha seguito al meglio anche per la pista. Inoltre ho scoperto che, oltre a fare gli allenamenti in bici, si intende molto anche di palestra e mi ha organizzato delle sedute specifiche per la pista. Col fatto che si allena parecchio in bici e anche in palestra, unisce le competenze teoriche e quelle sul campo. Sono uscito dal ritiro con una gran bella condizione, che mi è stata molto utile in pista. Infatti mi sono subito buttato con i più grandi e avere una buona gamba ha contribuito a non prendere troppe bastonate. Ora sto cercando di affinare la tecnica e allo stesso tempo di migliorare la condizione fisica in vista degli europei.

Avrai degli obiettivi precisi?

Sarà difficile, però era giusto iniziare il prima possibile, per arrivare pronti agli altri obiettivi che avrò in stagione. Vado agli europei per fare esperienza, ma soprattutto per avere dei punti di riferimento. Capire a che livello sono e da lì costruire le basi per i futuri lavori su pista, che rimarrà nel mio orizzonte ancora a lungo. Uno dei motivi per cui il mio contratto si prolunga così tanto, è che nel 2029 i mondiali su pista si terranno ad Abu Dhabi nel velodromo che stanno costruendo.

Quinto nella crono agli europei juniores di Emmen, Giaimi utilizzava già materiale della UAE Emirates
Quinto nella crono agli europei juniores di Emmen, Giaimi utilizzava già materiale della UAE Emirates
Prima hai parlato di Matxin, i rapporti con la dirigenza della WorldTour ci sono?

La nostra squadra è impostata diversamente dalle altre devo team. Non vogliono definirla team di sviluppo, ci hanno detto che siamo il reparto giovani della WorldTour. Anche il nome è UAE Team Emirates GenZ. Io inizierò il calendario con la WorldTour e lo stesso faranno i miei compagni durante la stagione, ad Almeria o alla Valenciana e Skelderpijs. Poi nella seconda metà di stagione non ci saranno stagisti, ma toccherà a noi fare esperienza.

Quali altre corse farai?

Dopo Le Samyn, andrò in Croazia a fare Porec e l’Istrian Spring Trophy. Poi dovrei tornare in pista per una Coppa del mondo, in modo da avere i punti per un’eventuale partecipazione olimpica. Ad aprile il Giro del Belvedere, il Palio del Recioto e il Trofeo Piva. A giugno il Giro Next Gen e a fine stagione corse con i professionisti, come il Giro della Toscana, la Coppa Sabatini, il Memorial Pantani, la Parigi-Tours e il Gran Piemonte, che magari per la WorldTour non sono corse grandissime, ma per noi sono davvero belle. E poi non so se ci saranno europei o mondiali su strada, perché quelli dipendono dalle convocazioni…

Bè, che dire, un grande calendario…

Di grossa qualità, anche se forse non quantità eccessiva. Tra un appuntamento e l’altro abbiamo anche periodi di stop e di preparazione. Ad esempio, tolto il Val d’Aosta, fra luglio e agosto abbiamo quasi un mese completo per allenarci in vista del finale di stagione. Capito perché non vedo l’ora di cominciare?

Negrente e Astana Development: un vero colpo di fulmine

05.01.2024
4 min
Salva

La rosa dell’Astana Qazaqstan Development Team ha visto l’ingresso di altri due italiani. Il primo è stato Alessandro Romele, che ci ha già raccontato il suo passaggio. L’altro, invece, è Mattia Negrente: si tratta di un altro ragazzo che, finita la categoria juniores, entra nel mondo dei Devo Team. 

Il suo 2023 è stato costante, con vittorie dall’inizio alla fine della stagione su strada. Risultati che gli hanno permesso di arrivare a vestire l’azzurro dell’Astana. Dal primo gennaio è ufficialmente un loro corridore, ma Negrente questo deve ancora realizzarlo, come ci racconta lui stesso. 

«Sono stanco – attacca subito a raccontare – oggi (ieri per chi legge, ndr) ho fatto un lungo. Mi sto allenando da casa, la squadra ci manda il programma e io lo seguo alla lettera. Oggi (sempre ieri, ndr) erano previste cinque ore e così ho fatto. Ho approfittato che la Assali Stefen Makro, la mia squadra fino al 31 dicembre, era in ritiro e mi sono allenato con loro. Poi le ultime due ore le ho fatte da solo».

Negrente, a sinistra, è andato in ritiro con l’Astana Devo in Spagna per dieci giorni (foto Instagram)
Negrente, a sinistra, è andato in ritiro con l’Astana Devo in Spagna per dieci giorni (foto Instagram)
Che cosa hanno detto vedendoti con la nuova maglia?

Erano contenti, vedono i progressi di quel che abbiamo fatto insieme. Per me è ancora strano guardarmi allo specchio con questa divisa. A volte quando pedalo mi giro verso le vetrine e non vedo più il verde e il nero, ma l’azzurro. Sono ancora nella fase dell’innamoramento, ho proprio gli occhi a cuoricino. Alla fine pedalo con la nuova maglia dal primo gennaio, quindi non sono ancora abituato. 

A dicembre sei andato in ritiro con l’Astana, com’è stato?

Sì siamo stati in Spagna dal 10 al 20 dicembre. Eravamo nello stesso hotel del team WorldTour. Era la prima volta che andavo a pedalare al caldo, devo dire che è stato bello tutto. Ci allenavamo con i pantaloncini corti e al massimo con la giacca primaverile. Anche se per un paio di giorni siamo andati in giro con il completo estivo perché c’erano picchi di 27 gradi. 

La vittoria del Buffoni è stata la certezza definitiva che serviva all’Astana per puntare su di lui
La vittoria del Buffoni è stata la certezza definitiva che serviva all’Astana per puntare su di lui
Eri abituato a prendere la bici fin da subito in inverno?

No, gli anni scorsi a inizio dicembre non pedalavo. Solitamente montavo in bici alla fine del mese, dopo Natale. Invece quest’anno sono arrivato in ritiro che la bici la usavo da un po’ di giorni. Anche perché gli allenamenti si sono intensificati, in Spagna abbiamo messo insieme tanti chilometri. 

Hai già un calendario?

Non ancora, ci sarà tempo per farlo. Dovrei iniziare a correre a fine febbraio. Durante il prossimo ritiro, che inizierà il 17 gennaio, avrò delle certezze. Penso che mi terranno tranquillo, essendo il mio primo anno tra gli under 23 e considerando che ho la scuola da finire. Sono stato io a chiedere alla squadra di non perdere troppi giorni di scuola, ho la maturità a luglio e mi piacerebbe finire bene il mio percorso accademico. Dal giorno dopo gli esami potrò stare via tutta l’estate, senza problemi (dice ridendo, ndr). 

Per Negrente c’è ancora un senso di novità nel vedersi con la divisa della nuova squadra (foto Astana Qazaqstan Team)
Per Negrente c’è ancora un senso di novità nel vedersi con la divisa della nuova squadra (foto Astana Qazaqstan Team)
L’ultima volta che ci siamo sentiti accennavi che saresti andato in un Team Development, quando è arrivata l’ufficialità dell’Astana?

Mi avevano contattato prima del Trofeo Buffoni (corso e vinto da Negrente il 10 settembre, ndr). Da dopo la corsa abbiamo iniziato a parlarne seriamente, tenendoci costantemente in contatto. Ho parlato prima con Mazzoleni, che si è presentato e mi ha spiegato le intenzioni del team. Poi il mio procuratore ha portato il tutto a termine. 

Che mondo hai visto in casa Astana?

Pazzesco, arrivo da una realtà piccola e arrivare in una squadra così grande ha un effetto importante. Si nota che c’è un budget elevato e che la struttura è super organizzata. Fin dal ritiro siamo stati trattati come dei professionisti. Per mia fortuna poi è una squadra tanto italiana. Come compagni ho Toneatti, Zanini e Romele, sui quali fare grande affidamento. Mi hanno già dato dei consigli, tranquillizzandomi sul fatto che sono al primo anno e nessuno ha ambizioni troppo grandi. 

Il gruppo dei corridori è unito, si ride e si scherza insieme anche se si conoscono da poco (foto Astana Qazaqstan Team)
Il gruppo dei corridori è unito, si ride e si scherza insieme anche se si conoscono da poco (foto Astana Qazaqstan Team)
Gli altri compagni?

Era la prima volta che interagivo con compagni stranieri. Parlo bene inglese e spagnolo, quindi non ho difficoltà di comunicazione. Sono tutte persone simpatiche, ci scriviamo tutti i giorni. Abbiamo una chat seria con lo staff e una solo di noi ragazzi dove scherziamo e ci divertiamo. Sono davvero felice e sereno, senza alcuna pressione.  

Bertogliati fuori dal UAE Team Adq, ma ha qualcosa da dire

05.01.2024
7 min
Salva

Rubens Bertogliati è in vacanza sulla neve di San Bernardino. Lo svizzero, che sino a fine stagione è stato il team manager del UAE Team Adq, ha preferito non affrontare il tema del rinnovo del contratto in scadenza. Che qualcosa non andasse si era capito osservando il gigantismo del team in trasferta, capire il perché dell’uscita è un alto affare. E la cosa migliore in questo caso è fare domande.

Per chi non lo conoscesse, Bertogliati è nato a Lugano 44 anni fa. E’ stato professionista dal 2000 al 2012, correndo anche con Lampre e Androni. Fra i trofei più cari, spicca la vittoria di tappa al Tour del 2002 che gli valse anche la maglia gialla per due giorni. Dopo aver smesso di correre, è stato direttore sportivo e allenatore alla IAM Cycling, poi alla Cervélo Bigla femminile, infine è passato alla UAE Emirates. Prima nel 2019 come allenatore degli uomini, poi dal 2022 come manager della neonata squadra femminile (in apertura, lo vediamo in una foto Instagram con Erica Magnaldi a fine Giro 2023).

Nel 2023, secondo anno della gestione Bertogliati, il UAE Team Adq ha chiuso al 4° posto mondiale, nel 2022 era 7°
Nel 2023, secondo anno della gestione Bertogliati, il UAE Team Adq ha chiuso al 4° posto mondiale, nel 2022 era 7°
Come mai hai preferito uscire?

Il contratto scadeva e ho preferito non rinnovarlo. Ho anticipato una decisione che secondo me sarebbe arrivata dall’alto. I motivi sono tanti, forse anche troppi da raccontare in pubblico. Si può dire che non avevo la stessa visione della proprietà del team. Il loro riferimento è sempre stata la squadra maschile, che in 4-5 anni è arrivata a vincere il Tour e ad essere la numero uno al mondo. Penso che con le donne si vogliano bruciare le tappe.

Perché lo pensi?

Per crescere in modo sano e duraturo, il ciclismo femminile ha bisogno di una costruzione più graduale. Okay, arrivi a essere primo, poi cosa fai? Deve rimanerci e per farlo devi avere una struttura che te lo consenta. E struttura non significa andare al Tour con 16 persone di staff, quelle sono esagerazioni. Sappiamo tutti che si tratta di sport, tra fare primo e secondo è spesso una questione di attimi che sono indipendenti dall’investimento finanziario. Io mi sono scontrato molto su questa visione, eravamo su posizioni differenti.

Ci sono state discussioni?

Se prendi Bertogliati, prendi il pacchetto completo. Quindi quello che va sul mercato e prende le ragazze, ma anche la persona che poi ti metti di fronte alle problematiche. Sarebbe bello che non ci fossero problemi, ma non è la realtà delle cose. Noi lavoriamo con tante variabili da gestire giorno per giorno. Magari ho due atlete che vanno bene e devo forzatamente decidere chi tira per l’altra: qualcuno si deve prendere la responsabilità e io me la prendevo. Però giustamente, devo avere la fiducia dall’alto e a un certo momento ho capito che non c’era più.

Arzeni è stato portato nel team da Bertogliati. Oggi è uno dei cinque diesse in ammiraglia
Arzeni è stato portato nel team da Bertogliati. Oggi è uno dei cinque diesse in ammiraglia
Perché dici che il ciclismo femminile sta crescendo troppo velocemente?

Faccio due numeri. Il Team Alé-Cipollini nel 2021 ha partecipato a 88 gare. E’ vero che si veniva dal Covid, alcune gare non erano ripartite e c’erano state sovrapposizioni e cambiamenti di date. Nel 2022, il UAE Team Adq ha fatto 110 giorni di gara. Nel 2023, abbiamo chiuso a 130 con 16 ragazze. Abbiamo corso tantissimo e anche il development team ha fatto un centinaio di giorni. Questo fa capire che il ciclismo femminile sta crescendo in maniera molto rapida, soprattutto come impegno atletico delle ragazze, ma non tutte sono pronte. E poi i percorsi…

Distanze più lunghe e dislivelli superiori.

Fino a 4-5 anni fa, certe strade non erano prese in considerazione, ad esempio l’arrivo sul Tourmalet. Adesso le ragazze fanno percorsi da uomo e questo richiede un repentino cambiamento della preparazione e della professionalità. Fino a 5 anni fa, molte andavano a scuola o avevano un lavoro accessorio, perché solo col ciclismo non potevano andare avanti. Oggi invece sono giustamente trattate come professioniste, che però non è solo uscire in bici e andare a correre. C’è anche come gestisci la corsa, la preparazione e lo stress, il recupero, la nutrizione. Siamo passati in due anni dal dilettantismo a questo nuovo mondo. La decisione di fare il team di sviluppo è stata una delle poche che ho condiviso, perché è la chiave per il futuro e Valentino Villa ha fatto un ottimo lavoro con Linda Zanetti, con Carbonari, Biriukova e Lara Gillespie. Eppure ad esempio ho notato che la proprietà del team storce il naso se le ragazze giovani devono prima finire la scuola.

Gianetti ha un ruolo in tutto questo?

No, non c’entra niente e forse sta volutamente alla larga. Avrei avuto piacere se fosse stato Mauro il mio referente, perché con lui si parla bene delle questioni e degli errori, si trova insieme la soluzione e il modo per non caderci nuovamente. Parliamo di atleti e anche di decisioni operative, come l’acquisto di un bus o prenderlo in affitto. L’acquisto del materiale fuori gara oppure la ricerca di uno sponsor che non è facilissima. Ho trovato nel team una visione diversa, che per me è totalmente sbagliata.

Silvia Persico stremata sul Tourmalet al Tour 2023: le ragazze sono tutte pronte per simili inasprimenti dei percorsi?
Silvia Persico stremata sul Tourmalet al Tour 2023: le ragazze sono tutte pronte per simili inasprimenti dei percorsi?
Parliamo di atleti: cosa intendi?

Linda Zanetti, svizzera di 21 anni. Ne avevo parlato con “Edi” Telser della nostra nazionale, che è un’eminenza del ciclismo femminile. Io la conoscevo, lui la raccomandava, abbiamo messo in due la mano sul fuoco. Aveva fatto dei buoni europei e dei buoni mondiali, così l’ho presa per il team WorldTour, dato che c’era un posto libero e all’inizio non avevamo ancora il devo team. La squadra era appena nata e la stavamo traghettando dalla realtà italana della Alé a quella più internazionale e Linda si sposava bene con il progetto. Veniva dalla mountain bike, le sue esperienze su strada le aveva fatte con la nazionale. Per cui l’abbiamo fatta passare e, a causa dell’indisponibilità di cinque ragazze, si è ritrovata a correre tantissimo anche in gare WorldTour, con le prevedibili difficoltà. Per cui nel 2023 abbiamo deciso di passarla nel team di sviluppo, che nel frattempo era nato. 

E come è andata?

Si è ritrovata in un ambiente più giovane in cui ha avuto più carte da giocare e ha fatto una grandissima stagione, con sei vittorie di peso. Al Tour de l’Avenir ha vinto una tappa e fatto meglio di ragazze come Eleonora Gasparrini e anche altre che uscivano dal Tour de France. A quel punto l’idea giusta era di riportarla nel team WorldTour, ma la proprietà ha bloccato l’operazione: volevano tenerla ancora nella development. Liberissimi di decidere, ma senza il mio nome. E alla fine è venuto fuori che Linda ha firmato con la Human Powered Health

Non le sarebbe servito crescere ancora?

Lo avrei capito se avessimo preso atlete di caratura gigante. Non so, si apre il mercato e prendo la Vollering. In quel caso dico a Linda Zanetti che è forte, la faccio firmare nel WorldTour, ma la tengo un anno ancora nella development. Ma non è stato questo il caso, sono state prese ragazze forti, ma del suo livello.

Linda Zanetti dal 2024 correrà alla Human Powered Health. Nel 2023 ha vinto 6 corse in maglia UAE Development
Linda Zanetti dal 2024 correrà alla Human Powered Health. Nel 2023 ha vinto 6 corse
Puoi fare un bilancio della tua esperienza?

Ho lavorato e fatto delle scelte. Sicuramente qualche errore c’è stato e me ne prendo la responsabilità, succede quando si prendono decisioni in tempi molto brevi. Sono contento dell’esperienza, perché mi ha fatto crescere come persona. E’ stata impegnativa, non solo dal punto di vista sportivo, ma anche amministrativo, perché la firma era mia e avevo la responsabilità della gestione finanziaria della squadra. Comunque nel 2022 abbiamo chiuso al settimo posto mondiale, nel 2023 siamo stati quarti e secondo me, se avessi potuto fare come dicevo io, avremmo fatto anche meglio.

E adesso cosa farà Rubens Bertogliati?

Sei anni fa, mi sono laureato in Economia Aziendale e nel frattempo ho cominciato il master in Business Administration all’Università di Lugano, che concluderò a fine gennaio, devo solo consegnare la tesi. L’ho fatta sul confronto fra i modelli di business di calcio e ciclismo. Sono due mondi diversi e la ricchezza del calcio e la possibilità di dividere i diritti viene dall’unione di tutti gli attori in gioco. Nel ciclismo ogni componente tratta per sé, per quello non ci si arriva. Cosa farò? Mi guarderò intorno. Ho dei colloqui da fare, non escludo per un po’ un lavoro fuori dal ciclismo. Ma se dovessi rientrare, penso che lo farei nel femminile. Nonostante tutto, è un mondo ancora a misura umana e credo di aver accumulato l’esperienza per dare la mia impronta.

La seconda vita di Gazzoli, forgiato dall’anno più duro

05.01.2024
5 min
Salva

ALTEA (Spagna) – Tre vittorie in 25 gare: la prima appena al secondo giorno in Norvegia. Il 2023 di Michele Gazzoli è iniziato al rientro dalla squalifica e si è concluso il 15 ottobre in Turchia, con l’indicazione di ciò che va migliorato e la conferma del buono che la pausa non è riuscita a spegnere. L’indole del vincente è tutta lì e sarà presto in viaggio verso l’Australia, dove troverà pane per i suoi denti e certo più di una volata. Il bresciano (foto Astana Qazaqstan Team in apertura) ha il tono pacato, ma una grande irrequietudine nel fondo degli occhi, probabilmente per la voglia di far sparire le ultime cicatrici di una storia difficile. Ritrovare la calma sarà la prima conquista.

Gazzoli è rientrato in corsa il 17 agosto in Norvegia. Il giorno dopo è arrivata la vittoria ad Hammerfest
Gazzoli è rientrato in corsa il 17 agosto in Norvegia. Il giorno dopo è arrivata la vittoria ad Hammerfest
L’anno scorso hai iniziato da metà stagione, senza ritiro né altro. E’ stato diverso quest’anno?

Finalmente, direi. Quando si è tutti insieme, si ha un feeling diverso. L’atmosfera del ritiro mi era mancata. Eppure su quel periodo lontano dal ciclismo faccio pensieri diversi rispetto a quello che la gente immagina. Mi hanno chiesto spesso che cosa abbia perso in quei mesi. Io dico che invece mi sono serviti per rinforzare me stesso.

Spiegati meglio.

Fare un anno fuori, dopo quella brutta cosa che è successa, mi ha insegnato a prendere i problemi come un’opportunità. Alla fine mi ha forgiato sotto tutti i punti di vista, quindi secondo me più che aver perso, ho guadagnato il qualcosa che mi serviva per salire lo scalino in più.

C’è stato il momento del clic oppure è venuto come somma di esperienze?

E’ difficile dirlo. E’ stato un percorso, l’ho seguito, sono maturato. Diciamo che subito qualcosa scatta, è inevitabile. Una cosa grossa come quella che ho vissuto influisce su se stessi, su tutto. Non tutti i mali vengono per nuocere e io l’ho capito veramente quest’anno.

Gazzoli è passato professionista nel 2022 con l’Astana ed è stato fermato per un anno fino al 9 agosto
Gazzoli è passato professionista nel 2022 con l’Astana ed è stato fermato per un anno fino al 9 agosto
Questo è Gazzoli uomo, invece Gazzoli corridore a che punto è?

Al momento sono all’80 per cento di quel che potrei essere, sono molto contento della mia condizione. Sono arrivato in ritiro abbastanza allenato, ma non troppo. In Spagna ho trovato subito un buon ambiente, un buon gruppo di allenamento e belle sensazioni. Anche i direttori si sono detti contenti della mia condizione. Sapevo di dovermi fare trovare pronto, perché l’Australia arriva subito.

Non sei un velocista, ma sei veloce. Cavendish è il più veloce di tutti, hai capito qualcosa allenandoti con lui?

Solo qualcosa? Bisognerebbe rubargli il modo in cui fa… tutto. Da quando si sveglia la mattina a quando va a dormire la sera. Cavendish è veramente un gran compagno, un grande amico che ho conosciuto in Turchia, quando in teoria per lui erano le ultime corse della carriera. C’è stato subito un buon feeling e sono ovviamente orgoglioso di correre con lui. Probabilmente sono le stesse parole dette anche dagli altri, comunque Mark è tutta un’altra cosa.

Da cosa si capisce che è un campione?

Dalla sua classe. Mark ha proprio il mood da supereroe: si può usare questo termine? Alla fine, quello che fa sembra tutto giusto, bisogna solo imparare.

Gazzoli racconta di aver stretto un buon rapporto con Cavendish lo scorso anno in Turchia
Gazzoli racconta di aver stretto un buon rapporto con Cavendish lo scorso anno in Turchia
Che cosa vuoi per Gazzoli da questa stagione?

Sicuramente ho obiettivi grandi, medi, piccoli, pur essendo consapevole che sono giovane e devo crescere (Gazzoli è del 1999, compirà 25 anni il 4 marzo, ndr). Sono in Astana da due anni e mezzo. Ho sbagliato tanto e ho imparato tanto, quindi ho davanti un buon percorso di crescita con obiettivi ben definiti. Uno di questi è partire forte dal Tour Down Under, sempre però restando con i piedi per terra. Non mi tirerò indietro se ci sarà la possibilità, questo è sicuro. La voglia di alzare le braccia c’è sempre stata e sempre ci sarà.

Con l’arrivo di Vasil Anastopoulos, l’allenatore greco, la tua preparazione è cambiata?

Ha portato un po’ di scuola Quick Step, chiamiamola così,  una metodologia di allenamento un po’ differente. Sulla carta sembra di fare meno, ma alla fine i lavori sono sempre quelli. Cambiano intensità e volume. Si lavora un po’ più sulla soglia e un po’ più in zona 2 sull’endurance. Mi sto allenando così da quest’anno e sembra davvero la risposta al nuovo modo di fare ciclismo.

Che cosa intendi?

Il ciclismo non è più quello di pochi anni fa, senza nulla togliere a quei corridori. L’approccio alla corsa è differente, lo si vede anche in televisione. La gara inizia a 100 chilometri dall’arrivo, mentre quando sono passato alla Kometa continental nel 2018 e ho partecipato alla Valenciana con i pro’, c’era un atteggiamento completamente diverso. Andavi regolare fino agli ultimi 20, 30 chilometri e lì iniziava la gara. Oggi invece a 100 chilometri può scattare il campione di turno e decidere la corsa.

La volata dell’ultima tappa alla Arctic Race dimostra che Gazzoli tiene in salita, ma è costata la vittoria finale a Scaroni
La volata dell’ultima tappa alla Arctic Race dimostra che Gazzoli tiene in salita, ma è costata la vittoria finale a Scaroni
Non sei un velocista, come ti vedresti nelle classiche del pavé?

Non sono un velocista e l’ultima tappa dell’Arctic Race of Norway, con una salita di 4-5 chilometri tutta a gradoni, lo ha dimostrato (a quanto abbiamo saputo, quel giorno la squadra avrebbe dovuto sostenere Scaroni perché con l’abbuono avrebbe vinto la classifica, invece la volata di Gazzoli avrebbe fatto saltare il piano, ndr). Al Nord mi vedo bene, tanto che quest’anno ho in programma di fare tutte le classiche principali, a partire da Gand, Fiandre e Roubaix. L’obiettivo è fare una buona campagna con tutta la squadra, perché con gli uomini che abbiamo, possiamo dire la nostra. Da Ballerini, che ha un’esperienza esagerata, ho solo da imparare. Ormai quelle strade le conosco e quest’anno avremo le nuove ruote Vision che mi hanno stupito. Anche lì, il mondo cambia in fretta. Da strette e larghe siamo passati ai cerchi più alti. Il ciclismo va veloce, si vede da ogni cosa…

Allenarsi a mangiare. L’esempio della VF Group Bardiani

05.01.2024
4 min
Salva

BENIDORM (Spagna) – I sacchetti erano pieni. Pendolanti ai manubri delle De Rosa a loro volta pronte a partire per l’allenamento dei ragazzi della VF Group Bardiani – CSF. Ogni sacchetto conteneva un certo numero di barrette e di gel. I ragazzi di Roberto Reverberi dovevano seguire un preciso ordine: ingerire 90-100 grammi di carboidrati l’ora durante quella sessione.

E lo dovevano fare stando alle indicazioni di Luca Porfido, il nutrizionista salito “a bordo” del team proprio in questo inverno e già all’opera nel ritiro di Benidorm. Porfido ha un ambulatorio in quel di Reggio Emilia, quindi non troppo distante dalla sede della VF Group, da tempo collaborava con atleti di ogni calibro, persino nelle arti marziali, ma soprattutto di endurance. Eccolo dunque avvicinarsi a passi spediti e con approccio molto scientifico anche al ciclismo. 

Luca Porfido è il nutrizionista della VF Group Bardiani – CSF. Un altro tassello per la squadra di Reverberi
Luca Porfido è il nutrizionista della VF Group Bardiani – CSF. Un altro tassello per la squadra di Reverberi
Dottor Porfido, partiamo dal sacchetto…

Chiaramente dipende dal tipo di allenamento da svolgere e più l’intensità della seduta è alta, come quella a cui avete assistito voi, e più è ricco di gel e barrette con grande supporto di glucosio. Ma sempre entro quel limite da non avere problemi gastrointestinali, visto che i ragazzi dovevano assumere 90-100 grammi di carbo l’ora.

E li assumevano solo dal sacchetto?

No, anche dalle borracce. Ne avevano due: una di acqua e una con 80 grammi di carboidrati.

Mentre nel sacchetto cosa c’era di preciso?

Quattro gel da 40 grammi di carbo ciascuno e due caramelle da 46 grammi. Tutto era già ben bilanciato. Il rapporto glucosio/fruttosio era di 1/0,8. In questo modo quando si superano i 60 grammi, cioè una quantità che inizia ad essere importante, di carboidrati non si hanno problemi gastrointestinali, visto che glucosio e fruttosio hanno due trasportatori diversi e anche tempi di rilascio differenti.

Il contenuto dei sacchetti dei ragazzi per l’allenamento di oltre 5 ore in Spagna: per l’integrazione ci si affida quest’anno a Cetilar Nutrition
Il contenuto dei sacchetti dei ragazzi per l’allenamento di oltre 5 ore in Spagna: per l’integrazione ci si affida quest’anno a Cetilar Nutrition
Come venivano divisi i “pasti”, diciamo così?

Nel caso di questo allenamento intenso (riscaldamento, con qualche volata, una decina di ripetute a buon ritmo in salita, seguite da un medio e finale regolare, ndr) si è trattato quasi di una particolarità. Infatti hanno preso i gel nella prima parte e le barrette nel finale, nell’ultima ora, quando dovevano andare regolare. Di solito è il contrario. In certe situazioni che prevedono un finale tranquillo, si preferisce mangiare solido anche per una questione di gusto e non solo tecnica, quindi barrette o rice cake. Anche se queste ultime stanno ormai sparendo.

Perché?

Perché ormai l’alimentazione è sempre più liquida e perché le cose si fanno in modo sempre più preciso e con la rice cake non riesci ad essere super preciso nei calcoli di calorie e nutrienti specifici. Oggi anche pochi grammi di questo o quel cibo possono fare la differenza.

Più di altre volte i ragazzi della VF Group Bardiani – CSF hanno lavorato sull’intensità già a dicembre. Serviva un’alimentazione adeguata (foto Instagram)
Più di altre volte i ragazzi della VF Group Bardiani – CSF hanno lavorato sull’intensità già a dicembre. Serviva un’alimentazione adeguata (foto Instagram)
I ragazzi si sono sciroppati oltre 5 ore di sella con dei lavori in salita: quante calorie hanno bruciato in questa giornata?

Circa 5.000 in bici e 7.000 nell’arco della giornata. E questo apre un discorso ampio e delicato. Perché assumere 7.000 calorie non è facile e magari appesantirebbe anche troppo i ragazzi. Quel che è più importante della quantità delle calorie in totale è il loro timing di assunzione. Durante l’inverno e il ritiro in particolare è importante prestare attenzione al timing appunto e alla parte ossidante per recuperare al meglio.

E cosa si preferisce per questo?

Un’alimentazione molto semplice e bilanciata. Quindi riso o pasta a scelta, una fonte proteica con carne di pollo e poi della verdura cotta. I broccoli sono indicati in questo caso. E se ci sono da fare allenamenti più lunghi di tre ore magari aggiungere un po’ di sali minerali.

In generale come hai trovato i ragazzi?

Direi bene, sia i più esperti che gli under 23. La cosa che più mi ha colpito è che mi sembrano tutti piuttosto consapevoli. A gennaio (fra pochi giorni ormai, ndr) torneremo qui e mi aspetto giusto qualche ritocco di un chilo o due in meno. E neanche da parte di tutti.

In viaggio con Scandolara nel ricordo di Melissa Hoskins

04.01.2024
7 min
Salva

«Quando l’ho saputo – dice Valentina Scandolara – ho inviato un messaggio ad Annette Edmonson e a Carlee Taylor. Ho chiesto loro: “Ditemi che non è vero!”. Invece mi hanno mandato un video, ma la mia prima reazione è stata comunque di non crederci. Non c’è niente da dire, la morte di una persona così giovane è una cosa che non ci si aspetta mai. E tutto il resto ancora meno, ma non sta a noi parlarne».

Il ritiro in Australia

La veronese si sta allenando per la ripresa della stagione su pista, la strada appartiene al suo passato. Nel 2014 e 2015, quando approdò in Australia alla Orica-AIS, trovò ad accoglierla anche Melissa Hoskins. Il suo nome è balzato drammaticamente alle cronache alla fine dell’anno: la sua morte a 32 anni è una notizia che non va giù. Forse per questo abbiamo chiesto a Valentina Scandolara di ricordarla per noi. Perché non l’abbiamo mai conosciuta e non ci sembrava giusto lasciarla andare così. Per lei non è facile parlarne e per questo la ringraziamo sin d’ora.

«Uno dei ricordi che mi fa più ridere – dice – è di quando l’ho incontrata al primo ritiro della squadra a Melbourne. Arrivai la sera tardi e la notte non dormii per il jet lag. Al mattino le trovai tutte a colazione e non capivo cosa dicessero. Un po’ perché ero intontita, un po’ perché la pronuncia australiana è molto dura. Melissa assieme a Carlee Taylor cercò invece di farmi sentire più a mio agio. E poi era una burlona. In quel ritiro ad esempio si mise a farmi vedere un video con i 42 modi per morire in Australia. C’erano gli squali, i ragni, gli scorpioni… Mi raccontava storie assurde, esagerate, tutte quelle che si raccontano agli stranieri che vanno in Australia. 

Nel 2015 Melissa Hoskins conquista il mondiale del quartetto a Parigi (foto Instagram)
Nel 2015 Melissa Hoskins conquista il mondiale del quartetto a Parigi (foto Instagram)

«Una sera – prosegue e ride – per farmi sentire a casa, andò con Annette a prendermi una pizza. Io ero super felice. Aprii questa scatola e vidi che me l’avevano presa all’ananas. E gli dissi: “Ragazze no, bisogna fare una lezione di cucina italiana!”. Ma loro sapevano benissimo che avrei reagito così, perché chiaramente avevano il ritiro in Italia…».

Foto e ricordi

Parlare costa, è trascorso troppo poco tempo e il rischio di passare per qualcuno che vuole metterci sopra il nome l’ha tenuta a freno dal pubblicare ricordi sui social.

«Ci ho pensato – ammette – perché all’inizio ero indecisa se postare e dire qualcosa. Col tempo i contatti si allentano, ci si sente solo per gli auguri e non ero certa di essere la persona più adatta per dire qualcosa. Però dopo un po’ hanno iniziato a mandarmi le foto che avevano di noi e mi sono ritornati in mente tanti ricordi a cui magari non pensavo più. In questi giorni ho pensato bene a cosa ricordo di lei ed è vero, come si dice, che i migliori partono sempre troppo presto».

Hoskins, Cure, Edmondson, Ankudinoff: il quartetto australiano iridato a Parigi 2015 (foto Instagram)
Hoskins, Cure, Edmondson, Ankudinoff: il quartetto australiano iridato a Parigi 2015 (foto Instagram)

Il Tour Down Under

Forse il ricordo più bello, lo si capisce dalla voce che trema, è quello legato alla vittoria del Tour Down Under nel 2015. Fu il successo di un’italiana di 25 anni, davanti a un’australiana già molto nota in patria per le sue vittorie su pista.

«Quella corsa – conferma Scandolara – fa capire veramente chi fosse Melissa. L’anno prima a Ponferrada eravamo arrivate seconde al mondiale della cronosquadre e lei al Down Under arrivava in preparazione ai mondiali su pista, il suo obiettivo a fine febbraio. Si correva ad Adelaide, la sua città adottiva, dato che si era stabilità lì per la pista. In quel periodo volava, io andavo forte, ma la corsa non era un mio obiettivo. Invece vinsi la prima tappa e lei fece seconda. Chiaramente i giochi erano ancora apertissimi, invece Melissa si mise a disposizione per tutta la settimana, perché io potessi tenere la maglia. La foto che dopo la sua morte ha pubblicato anche la GreenEdge (immagine di apertura di Nikki Pearson, ndr) è l’abbraccio fra noi due dopo l’ultima tappa che vinse lei. Ero felicissima. Infatti nella foto dell’arrivo alle sue spalle, esulto anche io. Melissa aveva un talento straordinario, era fortissima e super competitiva. Però quando si metteva a disposizione, rinunciava a tutte le sue possibilità di vittoria. Era una persona veramente rara e la ricordo con tantissimo affetto. E’ stata una tragedia incredibile».

Argento a Ponferrada

Nei mondiali 2015 su pista, che si svolsero nel velodromo parigino che ospiterà le prossime Olimpiadi, Melissa Hoskins conquistò la maglia iridata nel quartetto facendo anche il record del mondo. Il ricordo dell’argento nella cronosquadre di Ponferrada (vittoria alla Specialized Lululemon), che ha fatto capolino nelle parole di Scandolara, merita a sua volta un racconto. 

«Melissa e Annette Edmondson – ricorda – erano in prestito nella squadra della strada, perché la loro attività era prevalentemente su pista. Nel 2014 condividemmo tanti momenti, ritiri e corse, ma l’obiettivo finale della squadra era il campionato del mondo della cronosquadre. Io fisicamente non sono mai stata un corridore da crono, però Melissa mi incoraggiò per tutto l’anno. All’inizio non avevo nessuna prospettiva di far parte della squadra, invece in ogni ritiro lei, Annette ed Emma Johansson, che erano le più esperte, mi sostenevano con i loro consigli. E alla fine, miglioramento su miglioramento, entrai di diritto in squadra e fui addirittura una delle quattro che sarebbero passate per prime al traguardo e su cui sarebbe stato fermato il tempo».

Ritiro e famiglia

Le loro strade si separarono alla fine del 2015. Scandolara passò alla Cylance Pro Cycling, mentre Melissa lasciò la strada per concentrarsi sulla pista e di lì a poco lasciò la carriera per dedicarsi a quella di suo marito.

«Dopo allora – ricorda Scandolara – capitò di vedersi qualche volta in Australia, magari al Tour Down Under. Lei si stabilì fra Girona e Andorra e andava spesso vedere le gare maschili. Quando si è ritirata, mi è dispiaciuto molto, perché aveva ancora tantissimo da fare. Era giovanissima, aveva appena 25 anni. Però so che voleva una famiglia e supportare la carriera di suo marito. E così adesso di lei mi restano questi ricordi e una bandierina dell’Australia, di quelle di scarsissima qualità che ci diedero sul podio dei mondiali. Pensate che in questo momento sto vestendo una felpa dell’Orica. Mi ricordo anche del soprannome che mi diedero, forse perché Valentina Scandolara era troppo difficile da pronunciare senza storpiarlo. Mi chiamavano Brumby, come il cavallo selvaggio australiano…».

Melissa Hoskins ha partecipato alle Olimpiadi di Londra 2012 (4° posto), poi a Rio 2016 (5°), prima di ritirarsi
Melissa Hoskins ha partecipato alle Olimpiadi di Londra 2012 (4° posto), poi a Rio 2016 (5°), prima di ritirarsi

La morte e i giornali

Adesso Valentina sorride e prima di salutare ha un sassetto da togliere dalla scarpa, qualcosa che abbiamo pensato anche noi nei giorni immediatamente successivi alla tragedia di Adelaide.

«Mi è dispiaciuto – dice – vedere anche delle testate prettamente sportive che hanno dedicato i loro articoli a Rohan Dennis, il campione di ciclismo, accusato di aver ucciso la moglie. A Melissa invece hanno dedicato tre parole. Ebbene anche Melissa Hoskins era una campionessa di ciclismo ed è stata protagonista di questa brutta storia. E in ogni caso, anche se non fosse stata Melissa con i suoi risultati sportivi, penso che le parole vadano pesate bene. Capisco che il marito sia più conosciuto, ma sarebbe servito più rispetto anche per Melissa. L’ho detto a chi mi ha cercato per parlarne: se volete scrivere qualcosa, tenete conto anche di questo aspetto. Sarebbe assurdo fare il contrario».

Verso l’Australia: rulli al caldo per abituarsi prima

04.01.2024
4 min
Salva

Otto giorni per le donne, dodici per gli uomini e dall’Australia scatterà la nuova stagione del WorldTour. E il tema caldo… è proprio il caldo. Si passa dall’inverno europeo all’estate australe. E’ vero che sin qui, da noi, non sono mai state affrontate temperature super rigide, ma è anche vero che il solleone aussie è feroce.

La parola adattamento è quindi fondamentale. Nel ciclismo che cura ogni “millimetro” ecco che si viene a sapere persino di gente che fa i rulli in sauna. E non sarebbe la prima volta. Tempo fa adottarono questo protocollo i corridori della Dsm. Ma anche della Alpecin-Deceuninck in vista del Tour e della Vuelta. Di recente ce ne ha parlato Manlio Moro.

Per l’heat adaptation i rulli sono fondamentali in questa fase dell’anno
Per l’heat adaptation i rulli sono fondamentali in questa fase dell’anno

Rulli al caldo

Giacomo Notari, che da qualche giorno è ufficialmente uno dei preparatori del gruppo giovani della UAE Emirates Gen Z e che prima era stato in casa Astana-Qazaqstan, ci aiuta a comprendere meglio certi aspetti di tale adattamento, comunque necessario.

«Solitamente – dice Notari – in Australia c’è un caldo incredibile. Forse questa volta paradossalmente la sua morsa dovrebbe essere leggermente meno dura, ma resta il fatto che le squadre vanno giù 8-10 giorni prima proprio per una questione di adattamento climatico. E chiaramente anche per questioni di fuso orario».

In effetti nella zona del Santos Tour Down Under si stanno accarezzando i 30 gradi centigradi, per di più con qualche piovasco. Ma proprio questi acquazzoni estivi fanno aumentare vertiginosamente l’umidità. E le temperature sono comunque previste in aumento per i giorni successivi.

Alberto Dainese, Felix Gall che si fasciava persino con dei sacchi di plastica e, come ricorda il dottore stesso, Tony Martin, sono o erano soliti eseguire la pratica dei rulli in condizioni di caldo.

«Oltre alla sauna – prosegue Notari – per eseguire una sessione di adattamento al grande sbalzo termico, e non solo al caldo estremo, è sufficiente già una stanza chiusa a 20-21 gradi. Se infatti non c’è ricircolo di aria la temperatura corporea sale molto di più rispetto ad una pedalata all’esterno o ventilata. Quindi bastano un termosifone acceso, una giacca invernale addosso e puoi iniziare la tua “heat adaptation”».

Una sauna finlandese come quelle utilizzate dalla Dsm tempo fa. Ma molti altri atleti, specie quando sono nei ritiri e ci sono le saune negli hotel, cercano di sfruttarle
Una sauna finlandese come quelle utilizzate dalla Dsm tempo fa.

Heat adaptation

S’inizia quindi questa sessione particolare. Secondo Notari, senza dover andare per forza in sauna, cosa che poi non è così facile da avere a portata di mano, si possono ricreare certe situazioni ambientali. Appunto con la stanza calda, l’abbigliamento invernale e la totale assenza di ricircolo d’aria. Muoversi in queste condizioni “crea” il caldo australiano.

«Solitamente – spiega Notari – il protocollo di heat adaptation si fa a fine allenamento. L’atleta rientra a casa e passa direttamente ai rulli. Trova la sua stanza già pronta e ci pedala per un tempo che va dai 30′ ai 50′.

«Sostanzialmente non si eseguono lavori. Basta pedalare in modo non troppo blando, ma si possono inserire delle sessioni di 3′-4′ al medio intervallate da brevi recuperi. Questo per aggiungere stress all’organismo e creare le condizioni di surriscaldamento».

Il sensore Core è uno dei sistemi per monitorare la temperatura corporea. E’ molto utile per l’heat adaptation (foto da web)
Il sensore Core è uno dei sistemi per monitorare la temperatura corporea. E’ molto utile per l’heat adaptation (foto da web)

Maneggiare con cura

Chiaramente sono pratiche particolari e da eseguire con criterio. Bisogna seguire le indicazioni sia del coach che del medico. I rischi sono dietro l’angolo.

«Questo protocollo – dice Notari – si fa per adattarsi al grande sbalzo termico. E per adattarsi ad un clima estremo bisogna mettere il corpo sotto stress, ricreargli situazioni simili. Con l’aumento della temperatura e la disidratazione si perde performance: riprodurre queste situazioni fa sì che una volta in Australia il gap di questa perdita di efficienza sia ridotto. Il corpo infatti ci è abituato o comunque riconosce meglio certe situazioni».

«Però bisogna stare attenti. Già quando si sale sui rulli in condizione di normalità i battiti aumentano, in super over heating questi aumentano ancora di più. E più si va avanti con la seduta e più aumentano, al pari della temperatura corporea. Anche per questo si utilizzano quei sensori grazie ai quali i corridori possono monitorare la temperatura sul computerino al pari di watt e frequenze cardiache».

«E’ poi chiaramente importante idratarsi, anzi è fondamentale. Si beve sia durante la sessione sui rulli che dopo. C’è un piano di reintegro che prevede anche l’assunzione di sali minerali. E questo aspetto è affidato al nutrizionista».

Insomma “maneggiare con cura”: rulli al caldo sì, ma con una grande attenzione ad ogni aspetto perché quella lama tra beneficio e danno è davvero sottile.