Gandin saluta con qualche rammarico e qualche… sassolino

10.01.2024
5 min
Salva

L’addio al ciclismo di Stefano Gandin non è passato inosservato, nonostante il corridore di Vittorio Veneto abbia messo alle spalle una sola stagione da professionista. Ha chiuso la sua esperienza con il ciclismo in maglia Corratec-Selle Italia. La decisione è stata annunciata qualche giorno fa, ma dentro di lui era arrivata ben prima. 

«Era un po’ che avevo preso questa scelta – dice Gandin – rimane un po’ di delusione, ma si guarda avanti. Avevo intuito fin da giugno che sarebbe stato difficile rimanere nell’ambiente. La botta morale, o almeno una parte, me l’ha data il Covid che mi ha fatto ritirare dal Giro d’Italia. Mi sono rotto la spalla ad agosto e una volta tornato a correre in Cina, a settembre, mi ero reso conto che la situazione era complicata. E’ stato un peccato, a ottobre c’erano delle belle occasioni per provare a mettersi in mostra, ma non è andata».

La stagione 2023 di Gandin è iniziata in Argentina ed è proseguita con il Trofeo Laigueglia (in foto)
La stagione 2023 di Gandin è iniziata in Argentina ed è proseguita con il Trofeo Laigueglia (in foto)
La Corratec era la tua unica opzione?

No. Ciò che mi ha fatto realmente stare male è stato il fatto che alcune persone nel mondo del ciclismo, che avrebbero dovuto fare i miei interessi, non hanno agito con trasparenza. Qualche squadra a giugno mi ha detto che avrei firmato, mapoi le carte in tavola sono cambiate ed eccomi qui.

Sempre professional o anche continental?

Mi hanno contattato anche delle continental, ma fin da subito ho detto che avrei continuato in squadre professional. Alcune mi hanno anche contattato, ma è andata come detto sopra. 

Con la Corratec c’è mai stato uno spiraglio di rinnovo?

Avevo capito fin da subito che non sarebbe stato possibile. La squadra avrebbe preso dei corridori dal WorldTour, con l’obiettivo di fare punti, e quindi i posti diminuivano. Altri ragazzi avevano un contratto di due anni, mentre il mio era in scadenza. La Corratec non mi ha mai dato parola per il rinnovo, su questo sono sereno: loro sono stati sinceri. 

Nel 2022, quando la Corratec era ancora continental, tre successi di tappa fra Romania e Venezuela (foto Espanalzola Group)
Nel 2022, quando la Corratec era ancora continental, tre successi di tappa fra Romania e Venezuela (foto Espanalzola Group)
Come mai nel 2023 avevi firmato per un anno solamente?

Con la Corratec ho sempre firmato il contratto minino, sia nel 2022 sia nel 2023. Il fatto di aver firmato per un anno solo è legato al fatto che anche se ero neo professionista non ero under 25. I corridori che passano professionisti e sono under 25 devono avere un contratto minimo di due anni. Quando io sono passato pro’, ero già oltre la soglia d’età. 

In che modo giudichi la tua stagione?

E’ stata complicata, si è trattata comunque della prima stagione da professionista. Ho fatto corse importanti come Tirreno-Adriatico e Giro d’Italia. In entrambe ho capito cosa vuol dire essere professionista. Ho fatto errori generali dovuti all’inesperienza e ho capito che il ciclismo è cinico

Facci un esempio…

Nel 2022 io e Rajovic siamo stati i corridori che hanno portato più punti alla Corratec. Io ora smetto e lui è nel WorldTour. Per me in sei mesi, dalla fine del 2022 a giugno 2023, è cambiato tutto, in negativo. Quello che avevo fatto prima era come se fosse stato cancellato.

La maglia dei GPM al Giro di Sicilia 2022. Lo scorso anno il salto tra i pro con la Corratec diventata professional
La maglia dei GPM al Giro di Sicilia 2022. Lo scorso anno il salto tra i pro’ con la Corratec diventata professional
Una sola stagione, anche se a 26 anni, è poco per ambientarsi nel ciclismo dei professionisti?

Sicuramente avevo un anno in meno di occasioni rispetto ai miei compagni, ma quando avevo firmato ero contento e convinto. Non ho rimpianti, sarebbe stato meglio se fosse andata diversamente ma così non è stato. Nonostante sia arrivato tardi al professionismo, ho comunque sofferto: un certo tipo di gare devi anche avere la possibilità di prepararle e di provarle

Come Giro e Tirreno?

Sogni di poter fare il risultato, ma la realtà è diversa. Bisogna partire da piccoli passi. Io per esempio alla Tirreno ho indossato la maglia dei GPM per un giorno. Non è molto, ma per essere la prima partecipazione non è andata male. Al Giro, invece, prima di ritirarmi per il Covid ero riuscito ad entrare in due lunghe fughe. 

Alla sua prima esperienza al Giro (chiuso anticipatamente per Covid) due lunghe fughe per Gandin
Alla sua prima esperienza al Giro (chiuso anticipatamente per Covid) due lunghe fughe per Gandin
Che consiglio ti senti di dare a chi, come te, entra nel professionismo non giovanissimo?

Per chi ha 19-20 anni forse è più semplice, si fa per dire, perché hai un contratto lungo sul quale lavorare. Al contrario, chi è più grande come me ha bisogno di esperienza e di una squadra che ti faccia crescere. Noi alla Corratec lo scorso anno avevamo solamente Conti come punto di riferimento. Quest’anno la cosa è già diversa con l’arrivo di Sbaragli, Mareczko e Bonifazio

Ora sai già cosa farai?

Ho ricevuto qualche proposta. Alcune nel mondo del ciclismo dal lato dell’abbigliamento o dei materiali, comunque fuori dalle gare. L’altra opzione che ho in mente è continuare gli studi e seguire quanto imparato all’ITIS, iniziando così una nuova vita. Vedremo…

Remco il saggio pensa al Tour, ma soprattutto alle Olimpiadi

10.01.2024
5 min
Salva

CALPE (Spagna) – Un leader. Vero. Formato. Affermato. Così ci è parso come mai prima Remco Evenepoel. Sensazioni avute da come si muoveva in seno alla squadra, al rapporto con i compagni e forse anche con i media. Sembrava più a suo agio. Più spontaneo. Non doveva fare il “duro” come magari aveva lasciato intendere altre volte. E senza Alaphilippe, in Australia, ancora di più ha fatto lui gli onori di casa.

Due giorni fa per Remco e compagni è andato in scena il primo grande lungo della stagione, oltre 200 chilometri, ieri invece giusto una sgambata. C’erano la presentazione della squadra e il successivo “media day”. Dall’alto dello Sky Bar del Suitopia Hotel il belga della Soudal-Quick Step si è concesso ai microfoni.

Con la maglia di campione belga, Evenepoel posa per la sua sesta stagione da pro’
Con la maglia di campione belga, Evenepoel posa per la sua sesta stagione da pro’

Remco il saggio

Una maturazione figlia forse della prima grande sconfitta della carriera, quella del Giro d’Italia, ma anche della caduta e rinascita della Vuelta e anche di successi importanti come la Liegi e il mondiale a crono. Ma forse c’è dell’altro.

E l’altro riguarda le tante voci che hanno coinvolto la sua squadra in autunno. La fusione con la Jumbo, poi quella con la Ineos-Grenadiers, le conseguenti incertezze.

«In realtà – ha detto Remco – è stato un periodo folle, come folle è stato che tutte queste storie abbiano avuto grandi titoli. Dall’esterno la cosa è stata molto più grande di quanto non fosse in realtà. Quindi è stato sorprendente per me vedere così tanti dettagli che non erano nemmeno la verità.

«Poi è chiaro che cerchiamo di elevarci ad un livello superiore con tutti, staff incluso. E si pensi a come migliorare. Ma è così se vuoi essere lassù a combattere con UAE, Jumbo… per i grandi Giri».

Parole da veterano. Remco non nega, ma calma le acque. E se vogliamo si prende la situazione sulle spalle. Anche nella mimica è sempre rimasto tranquillo.

Ormai è un riferimento per i compagni. Eccolo in allenamento sulle strade di Calpe (foto Wout Beel)
Ormai è un riferimento per i compagni. Eccolo in allenamento sulle strade di Calpe (foto Wout Beel)

Tre obiettivi 

Ma poi c’è l’aspetto tecnico, quello più importante. Evenepoel ha detto senza troppi giri di parole che i grandi obiettivi del 2024 sono tre: una buona primavera, comprendendo non solo le Ardenne ma anche la Parigi-Nizza, il Tour de France e le Olimpiadi.

«Quanto è importante la primavera? Dipende, non è solo una scelta personale, ma anche della squadra. Se punti al Tour allora ha avuto ragione anche Vingegaard che ha perso la Parigi-Nizza da Pogacar e poi ha vinto il Tour. Dipende come vuoi arrivare alla tua forma migliore, se fare dei picchi o una progressione.

«Per quel che mi riguarda le classiche sono importanti e ce ne sono alcune che ancora vorrei vincere. Questo darebbe fiducia a me e farebbe stare tranquilla la squadra, vedendo che fila tutto liscio».

Si è parlato di Olimpiadi. Con così pochi corridori al via, la corsa si annuncia molto meno controllabile del solito e questo per un corridore come Remco, che attacca da lontano, senza fare troppi calcoli potrebbe essere un ulteriore vantaggio. Ma questo modo di correre non va sempre bene.

«Chiaro – ha aggiunto il classe 2000 – che è divertente vedermi attaccare, ma in un grande Giro di sicuro non posso correre in quel modo. Fino alle corse di una settimana posso ancora correre come mi piace, ma al Tour e credo anche al Delfinato non potrò fare così».

Remco (classe 2000) esordirà in Portogallo a febbraio con Figueras e Algarve
Remco (classe 2000) esordirà in Portogallo a febbraio con Figueras e Algarve

Ma le Olimpiadi…

Non è ancora chiaro come Remco vorrà affrontare il Tour de France. Di fatto un grande Giro lo ha vinto e se puntasse alla classifica generale non ci sarebbe nulla di strano. Certamente farà così, anche se lui ha detto che sarebbe un successo anche una sola vittoria di tappa. Ma poi afferma anche che la squadra sarà impostata per fare classifica. Fatto sta che in molti ancora pensano che non sia pronto per la Grande Boucle.

Non si tratta solo di watt. Si tratta di tenuta anche di nervi nelle tre settimane, di resistere alla pressione mediatica (e se i giornalisti belgi che erano presenti a Calpe sono il buongiorno, troppa ne avrà Remco in Francia questa estate). Si tratta di avere anche una squadra all’altezza. Ed ecco che, messo tutto insieme, di colpo l’obiettivo Tour diventa Tour più Olimpiadi. E non a torto…

«Ho vinto un grande Giro, dei monumenti, dei titoli iridati, manca la medaglia olimpica e il cerchio sarebbe completo. La cosa buona è che in Francia i due percorsi (crono e strada, ndr) dovrebbero essere adatti a me. Quindi spero di uscire dal Tour davvero bene, sentendomi in buona forma e dare assalto ai due podi olimpici.

«La cosa crudele è che nel ciclismo, il secondo e il terzo posto non contano troppo, il che non è proprio la mentalità olimpica. Ma proprio nella prova a cinque cerchi le cose sono un po’ diverse anche per noi ciclisti».

Nei suoi nove giorni al Giro, il belga è stato nove volte in maglia rosa
Nei suoi nove giorni al Giro, il belga è stato nove volte in maglia rosa

Quel conto aperto

Prima di congedarci dal campione belga, non potevamo non chiedergli del Giro d’Italia. Ha un conto aperto con la corsa rosa, con l’Italia e i tifosi italiani. In molti ancora non hanno digerito le modalità del suo ritiro lo scorso maggio, quando era in maglia rosa.

Il percorso del Giro 2024 è perfetto per Remco, due crono lunghe, nessuna pendenza estrema. Qualche tecnico era persino convinto che dopo la presentazione del percorso Evenepoel sarebbe tornato sui suoi passi e avrebbe scelto il Giro al posto del Tour.

«Non ho guardato bene il percorso del Giro – dice Remco – o almeno non alla sua presentazione, ma ho visto il tracciato successivamente. Sì, poteva essere un buon percorso ma avevamo già preso una decisione ed era quella di fare il Tour de France. 

«Di sicuro un giorno tornerò al Giro per provare a vincerlo perché quello era un obiettivo dell’anno scorso, ma mi è stato portato via in modo innaturale. Ripeto, è un percorso molto bello, ma è bello anche quello del Tour».

Con il Giro d’Italia Donne, RCS fa all-in. Sentiamo Vegni

09.01.2024
4 min
Salva

Manca ancora la presentazione della seconda edizione del Giro Next Gen, ma la cosa certa è che da quest’anno RCS Sport ha in mano il Giro d’Italia delle tre maggiori categorie: uomini, donne e U23. L’ultimo a fare il suo ingresso nel mondo di Cairo è stato il Giro D’Italia Women, mentre nel 2023 era entrato quello dei giovani. Un investimento importante, dettato dal fatto che il ciclismo non è più parallelo, ma trasversale. Queste tre categorie si toccano e si mischiano, soprattutto nei team WorldTour che hanno (quasi) tutti formazione maschile, femminile e development. 

Lo scorso 12 dicembre c’è stata la presentazione del Giro d’Italia Women
Lo scorso 12 dicembre c’è stata la presentazione del Giro d’Italia Women

Fil Rouge

Mauro Vegni, direttore del ciclismo di RCS Sport, ci guida in questo labirinto che sembra complicato, ma così non è. La parola d’ordine è organizzazione e programmazione, come vedremo.

«E’ normale – racconta Vegni – che crediamo di poter dare un significato maggiore a queste gare (in riferimento a Giro d’Italia Donne e Giro Next Gen, ndr). Il Giro U23 per anni si è fatto, poi è passato in mano alla Federazione e ad altri soggetti. Per alcune edizioni è saltato e successivamente se ne è incaricata ExtraGiro.

«Ora che abbiamo in mano tutti e tre gli eventi, dagli U23 ai professionisti, riusciremo a creare un fil rouge. L’idea è quella di portare il ciclismo ad un piano più alto, infatti questo per noi è un valore aggiunto che può alzare il livello del ciclismo italiano».

Molti ragazzi del Giro Next Gen del 2023 avevano già contratti con le squadre WorldTour…

Vero. Semplicemente questi ragazzi correvano per team di sviluppo di squadre professionistiche. Ci sono corridori che da U23 hanno già risultati o comunque gare con i pro’. Per i corridori italiani (ai quali manca il team WorldTour, ndr) è comunque una vetrina per mettersi in mostra e cercare di entrare nel mondo dei grandi. 

Team WorldTour che sono entrati anche nel mondo del ciclismo femminile.

Il mondo del ciclismo femminile ha avuto una crescita incredibile. In questo RCS ha creduto ed investito. La richiesta di prendere in mano l’organizzazione è arrivata anche da qualche atleta. Voglio ricordare che comunque noi, già negli anni ‘90, avevamo organizzato la Primavera Rosa, che era la versione femminile della Milano-Sanremo. E’ la prima volta che prendiamo in mano un grande Giro ma abbiamo alle spalle l’esperienza di altri eventi.

RCS ha organizzato dal 1999 al 2005 la Primavera Rosa, l’equivalente femminile della Milano-Sanremo
RCS ha organizzato dal 1999 al 2005 la Primavera Rosa, l’equivalente femminile della Milano-Sanremo
Avere in mano tutta l’organizzazione permette di presentarsi al meglio all’UCI?

Certamente. Bisogna che si faccia un calendario ben strutturato. Non si possono più costringere le atlete a fare trasferimenti lunghi in brevi periodi. Questa è la cosa che ci preme maggiormente, perché uomini e U23 hanno un calendario già solido. Si deve pensare, anche per le donne, un mese o poco meno, di attività in zone ravvicinate. 

Che mondo è quello del ciclismo femminile?

Ha una sensibilità particolare, perché il movimento cresce ed è ambizioso e la volontà di arrivare sempre più vicini agli uomini si vede. Anche il semplice fatto che spingessero perché noi di RCS prendessimo in mano l’organizzazione fa capire le loro ambizioni.

Più recentemente è stata inserita nel calendario la Strade Bianche femminile, il movimento è in crescita
Più recentemente è stata inserita nel calendario la Strade Bianche femminile, il movimento è in crescita
La vostra esperienza dal Giro d’Italia uomini come la trasferite a quelli nuovi?

Sappiamo già quello che si deve fare, le necessità si conoscono e questo è importante. I personaggi chiave dell’organizzazione sono gli stessi. Non si può delegare nessun aspetto, ci deve essere la giusta sensibilità nel personale che lavora. Sicuramente aumentano le cose da fare ma se si vuole si può fare tutto. 

Come?

Lo staff è lo stesso, ma si deve programmare bene il lavoro, soprattutto in inverno. Da ottobre a gennaio ci sono tante cose da fare, a partire dai sopralluoghi e dal contattare le sedi di tappa. Inserire questi due nuovi eventi, prima il Giro Next Gen e poi Giro d’Italia Donne, in mezzo ai tanti che già abbiamo ci spaventava. Ma siamo riusciti a far quadrare tutto. Poi la verità uscirà solamente quando le gare saranno in corso. Ma per il momento siamo molto soddisfatti.

Puccio torna italiano: obiettivo Giro e la Ineos sulle spalle

09.01.2024
6 min
Salva

Dalla fine della passata stagione, Salvatore Puccio ha impacchettato tutto e se ne è tornato in Umbria, ad Assisi. La nascita del figlio e forse anche la voglia di normalità hanno riportato il corridore della Ineos Grenadiers a vivere sulle strade delle sue origini sportive e vicino alla famiglia. E dato che contemporaneamente il suo allenatore di sempre, l’australiano Leigh Bryan, ha fatto una scelta simile e se ne è tornato in Australia, Puccio ha iniziato a lavorare con Dario Cioni. La vicinanza aiuta, gli scenari sono simili fra ulivi e colline. E così, forte di questo bagno di italianità, “Salva” si affaccia sulla tredicesima stagione da professionista senza aver conosciuto altra maglia al di fuori di quella britannica.

«Siamo partiti da una tabula rasa – racconta – e ho iniziato la preparazione con lo stile di Cioni. L’obiettivo finale è sempre quello, il modo di raggiungerlo è diverso. Leigh Bryan lo chiamavamo Rok e partiva da una base di studi, Dario è stato corridore quindi alla competenza unisce l’esperienza. Magari farò le ripetute in modo diverso, ma devo comunque arrivare allo stesso livello di potenziamento. E devo dire che avere un nuovo coach dà nuovi stimoli, cambiare ogni tanto fa bene, per cui sono contento».

Puccio ha rinnovato il contratto fino al 2025. Classe 1989 è pro’ dal 2012. E’ alto 1,82 e pesa 68 chili
Puccio ha rinnovato il contratto fino al 2025. Classe 1989 è pro’ dal 2012. E’ alto 1,82 e pesa 68 chili

Cambio della guardia

La squadra ha cambiato dirigenza e facce in alcuni ruoli importanti. Tosatto ha ceduto l’ammiraglia e se ne sono andati anche il team manager Rod Ellingworth e Roger Hammond, coordinatore dei direttori sportivi. Al loro posto sono stati promossi Steve Cummings e Scott Drawer come direttore dell’area performance, mentre Imanol Erviti è subentrato come direttore sportivo. Cambiamenti piuttosto sostanziali, che però in questa fase della stagione poco hanno a che fare con la quotidianità dei corridori.

«In questa fase il mio unico contatto è con l’allenatore – ammette Puccio – il direttore sportivo subentra quando si va alle corse e con Rod non parlavo spesso e comunque non di allenamento, semmai del contratto o altri aspetti. Per cui ad ora la sensazione in noi corridori è che tutto segua allo stesso modo. Abbiamo fatto il ritiro di dicembre a Palma de Mallorca, che è volato. Ci sarebbe dovuto essere l’annuncio dei programmi dei leader per i grandi Giri, ma non è stato ancora fatto. Il prossimo ritiro darà dal 23 gennaio a Calpe, un po’ più avanti del solito. In pratica le altre squadre se ne vanno e arriviamo noi…».

La prima corsa italiana di Puccio del 2024 sarà la Strade Bianche: qui in azione nel 2021
La prima corsa italiana di Puccio del 2024 sarà la Strade Bianche: qui in azione nel 2021
Tredicesima stagione, solito programma italiano?

E’ quello che mi piace di più. Il Tour ormai me lo sono messo da parte e neanche avrei voglia di ritrovarmi nello stress di sgomitare per guadagnarmi il posto, superando la concorrenza interna. Forse dopo tanti anni, l’idea di farlo sarebbe anche bella, ma preferirei che mi chiamassero in extremis, piuttosto che dirmelo da ora e dover entrare in tutti quei meccanismi. Quindi il programma prevede l’apertura in Belgio e la Strade Bianche che è la settimana dopo. Tirreno e Sanremo. Quindi altura, Tour of the Alps e Giro d’Italia.

Avete vinto quelli del 2020 e del 2021, avete perso i due successivi e sempre alla fine, che effetto fa?

Uno con Carapaz e l’ultimo con Thomas, ma quando si perde all’ultima tappa le sensazioni sono le stesse. La differenza è che l’anno scorso con Geraint la situazione sembrava più sotto controllo e alla fine è andata come abbiamo visto sul Monte Lussari. All’inizio è duro da digerire, anche se nell’anno di Tao (il 2020, ndr) avevamo vinto all’ultimo giorno quindi sapevamo cosa si prova dall’altra parte. Diciamo che fa parte dello sport, no?

Ogni volta che si vede il tempo perso da Thomas nel cambio bici della cronoscalata del Lussati, viene da pensare che il Giro l’abbia buttato…

Il cambio bici e del casco lo avevano studiato nei dettagli e avevano concluso che desse dei vantaggi. Il fatto che abbia impiegato tanto penso che lo abbiano valutato. La sensazione da fuori è che Geraint si sia ritrovato con un ritmo diverso e non abbia ritrovato il colpo di pedale. Ma va detto che Roglic su quela salita ha volato e ha pure avuto il guasto meccanico, sennò chissà come finiva.

Per la tredicesima stagione, Puccio correrà con la squadra britannica su bici Pinarello (foto Ineos Grenadiers)
Per la tredicesima stagione, Puccio correrà con la squadra britannica su bici Pinarello (foto Ineos Grenadiers)
La squadra è tanto cambiata, che effetto fa aver visto partire tanti compagni forti. Forse l’addio di Geoghegan Hart è quello più squillante…

C’è un cambio generazionale, possiamo dire così e ci vorrà un paio d’anni per rifare la squadra. E’ finito un ciclo, ne sta iniziando un altro, siamo in piena transizione. Però è anche vero che oggi per vincere, devi prendere quei pochi corridori che vincono. Magari quelli che avevi erano buoni, ma non ti permettevano di vincere. La fase in cui è andato via Tao è stata un po’ particolare, sembrava non ci fossero idee chiare. Magari gli hanno fatto un’offerta migliore o semplicemente gli hanno proposto un contratto e lui, di fronte alla carta, ha firmato e si è messo a posto. Poteva aspettare? Ha fatto bene? Lo vedremo, per ora brava la Lidl-Trek che ha colto l’attimo giusto.

Per il tuo ruolo ti trovi più a tuo agio a lavorare per un capitano da Giri o per chi punta alle classiche?

Visto il mio ruolo, forse sono meglio i Giri. Adesso siamo rimasti un po’ corti di capitani (ride, ndr), però se Egan recupera, ne ritroviamo uno ad alto livello. Sinceramente in ritiro l’ho visto bene, molto meglio dello scorso anno. E poi ho visto che si sta allenando tanto come prima. Cammina meglio, ha acquisito un po’ di muscolo che l’anno scorso gli mancava. Era magrissimo, lo avete visto, ma è normale perdere tutto dopo un infortunio come quello. Però per quest’anno sono fiducioso.

In questi anni sei stato anche testimone dell’arrivo e dello sviluppo di Ganna: cosa ti pare guardando il suo livello attuale?

E’ cambiato tantissimo. All’inizio era molto insicuro, ma arrivava con tanto talento e con buoni propositi, anche se ancora non aveva fatto nessun risultato. Con noi comunque ha vinto i due mondiali, ha vinto tante tappe al Giro e ha dimostrato il suo valore. E’ una persona completamente nuova ed ha attorno tanti buoni corridori che possono aiutarlo nel suo sviluppo, sia nelle classiche, sia nei giri di una settimana. 

Puccio sul Monte Lussari, partito ben prima di Thomas. Il vantaggio di 26″ su Roglic pareva rassicurante…
Puccio sul Monte Lussari, partito ben prima di Thomas. Il vantaggio di 26″ su Roglic pareva rassicurante…
Pippo e anche altri saranno impegnati con la preparazione olimpica e poi i Giochi, che impatto avrà questo sulla squadra?

Influisce sul programma gare, perché tutti vogliono fare o più o meno lo stesso calendario per arrivare al massimo a quei giorni. Avremo mezza squadra a fare le Olimpiadi e anche tre anni fa abbiamo vinto diverse medaglie. Sempre dei grandissimi risultati, che piacciono anche allo sponsor. Ratcliffe è un appassionato di bici, magari il Tour è sempre il Tour, ma le Olimpiadi sono una grande cosa. Sono degli appassionati, non lo fanno per lucro, con il ciclismo non guadagnano nulla.

Fulcrum Wind 42, una ruota con due anime

09.01.2024
6 min
Salva

Una coppia di ruote con un comportamento eccellente su strada e in ambito gravel? La risposta è Fulcrum Wind 42. La fluidità, la scorrevolezza e la silenziosità sono quelle Fulcrum, così come l’affidabilità ed una stabilità non comuni che fanno rima con sostanza.

Ma è la versatilità di questa coppia di ruote che fa la differenza, alla quale si aggiunge un’ottima capacità di smorzamento delle vibrazioni ed un valore alla bilancia molto interessante. Le abbiamo provate.

Le nuove Wind 42 sono una nuova generazione Fulcrum
Le nuove Wind 42 sono una nuova generazione Fulcrum

Fulcrum e la famiglia Wind

Se possiamo considerare le Wind 42 un esempio di trasversalità d’impiego e di fatto un prodotto adatto a tutti, è altrettanto vero che questa tipologia di ruota diventa anche il simbolo di un’intera gamma di prodotti che si è rinnovata completamente.

Non è solo una questione di design, perché il cambiamento riguarda soprattutto le tecnologie adottate e buona parte di loro sono mutuate dalle alto di gamma Speed. Il cerchio da 42 ne è un esempio.

Rigidità quando serve

Ci concentriamo sulle caratteristiche tecniche e sulle prestazioni percepite, considerando che abbiamo utilizzato queste Fulcrum, prima su strada e poi in ambito gravel. La Wind 42 non è una ruota estremamente rigida o meglio, ha un cerchio bello tosto che si fa sentire in diverse occasioni. E’ panciuto, ma non è ingombrante ed è assecondato da una raggiatura che smorza, stabilizza e fa diventare le nuove Wind uno strumento adatto a differenti tipologie di utenza. Per molti potrebbe essere la ruota definitiva, da usare sempre e senza limiti in fatto di planimetrie dei tracciati. Per altri è la ruota da allenamento (tanta roba) sulla quale montare qualsiasi tipologia di gomma e da usare con qualsiasi condizione meteo.

E poi c’è il mozzo in alluminio con i cuscinetti sigillati a cartuccia (non c’è il sistema cono/sfera). Il comparto è estremamente silenzioso e offre un senso di robustezza non secondario. Il cricchetto della ruota libera quasi non si sente (ci vogliono chilometri e ore di utilizzo, quasi come un rodaggio). Ha un’eccellente rapidità d’ingaggio, utile su asfalto, molto utile e particolarmente efficacie sullo sterrato.

Senza tubeless tape

Le ultime generazioni delle ruote Fulcrum hanno il cerchio full carbon che non necessita del nastro tubeless per sigillare ed impermeabilizzare il canale interno. I vantaggi sono molteplici. Si risparmia peso e la tenuta della pressione del tubeless (a prescindere dalla tipologia di pneumatico) è migliore, soprattutto nel lungo periodo.

Senza il nastro interno, il montaggio di uno pneumatico tubeless (ma anche del copertone con camera d’aria) è più facile, perché gli attritti tra gomma e cerchio sono minori e la gomma tallona in un amen. In caso di manutenzione e centratura del cerchio non è necessario smontare lo pneumatico.

Veloce sempre, scomoda mai

Le Fulcrum Wind 42 sono il compromesso ottimale. Forse non sono veloci come delle ruote da 70 millimetri (che però devono essere lanciate), ma si guidano meglio con le andature regolari e quando si cambia ritmo senza l’obbligo di avere troppi watt nelle gambe. E poi nei tratti particolarmente tortuosi, che siano su strada o sterrati, non impegnano in modo eccessivo e copiano bene il terreno. Rispetto a ruote con il cerchio più alto vanno meglio in salita. Sono molto più veloci di una ruota bassa ed un valore alla bilancia rilevato 1,47 chilogrammi (senza valvole), non le rende pesanti.

Vogliamo parlare di scorrevolezza, quella vera, quella da valutare una volta che si è in sella alla bici? Le ruote devono “lavorare” bene quando sono su strada, con le gomme gonfiate nel modo corretto (in base a terreno e peso del ciclista) e con tutto il peso di chi pedala. La fluidità delle Fulcrum è proverbiale da sempre e anche le Wind 42 non sono da meno. In alcuni momenti sembrano galleggiare. Durante il test abbiamo usato dei tubeless road da 28 (il minimo) e dei gravel da 40 (il massimo).

In conclusione

Una ruota road prima di tutto? A nostro parere no e crediamo che categorizzare le Wind 42 “solo” road oriented sia una sorta di limite. La resa tecnica è molto elevata a prescindere dalla configurazione, ma la disciplina in cui queste ruote esprimono il loro picco prestazionale la sceglie l’utilizzatore. Non crediamo ci siano molti prodotti sul mercato che riescano a vantare questa caratteristica.

Se utilizzata in ottica asfalto è una sorta di tuttofare, in ambito gravel (anche race) è una top di gamma in senso assoluto. Infine il prezzo di listino di 1.415 euro (con il corpetto Shimano), una cifra che rende queste ruote ancora più interessanti.

Fulcrum

Il Grande Slam? Per Gilbert c’è chi può riuscire nell’impresa

09.01.2024
5 min
Salva

In questi giorni si torna a parlare di Grande Slam, visto che la prossima settimana partono gli Australian Open di tennis. Qualcuno dirà: «Che cosa c’entra questo con bici.PRO? Ho sbagliato sito?». No, perché anche il ciclismo ha il suo Grande Slam, anche se se ne parla poco. Troppo poco vista la sua importanza e soprattutto la sua difficoltà. Quasi ogni sport ha la sua “serie imperiale” di vittorie, il traguardo precluso a quasi tutti e nel ciclismo esso consiste nella collezione delle 5 Classiche Monumento.

Nella storia del ciclismo solo in tre sono riusciti nell’impresa del Grande Slam: il più grande vincitutto dell’intera storia sportiva, Eddy Merckx e gi altri belgi Rik Van Looy e Roger De Vlaeminck, campione forse troppo trascurato per quel che ha fatto. Chi ci è andato davvero vicino è stato Philippe Gilbert, altro corridore belga al quale la grande impresa è sfuggita davvero di poco, arenandosi contro la Milano-Sanremo corsa per ben 18 volte con due presenze sul podio.

Per Gilbert l’unico ostacolo rivelatosi insormontabile è stata la Sanremo: per lui, due terzi posti
Per Gilbert l’unico ostacolo rivelatosi insormontabile è stata la Sanremo: per lui, due terzi posti

Gilbert ha sempre avuto ben presente l’importanza e soprattutto la difficoltà di una simile collezione e vede oggi due corridori in grado di riuscire dove lui ha fallito: «Pogacar e Van Der Poel sono i più vicini, mancano ad ognuno di loro due tasselli per completare il mosaico, ma non è assolutamente semplice metterli insieme. Quello ciclistico è il Grande Slam forse più difficile da ottenere perché ogni gara ha caratteristiche proprie ed è davvero difficile riuscire a essere competitivo in tutte. Serve una completezza che quasi nessuno ha».

Fra i due chi ritieni abbia più possibilità?

Credo che Pogacar abbia tutto per realizzare il sogno, ma non subito. Lo sloveno ha già dimostrato di saper andare sul pavé, ma sa bene che gareggiare alla Roubaix è pericoloso e incide sulla stagione. Potrà riuscirci fra qualche anno, focalizzando questo impegno, preparandosi a dovere per esso. D’altro canto non è un caso se a vincerla sono per lo più corridori vicini o che hanno superato i 30 anni. Serve esperienza, è la caratteristica fondamentale per vincerla.

A Pogacar mancano Sanremo e Roubaix. centrare l’obiettivo il 16 marzo potrebbe voler dire tentare sul pavé nel 2025
A Pogacar mancano Sanremo e Roubaix. centrare l’obiettivo il 16 marzo potrebbe voler dire tentare sul pavé nel 2025
Per Pogacar ritieni che la Roubaix sia più difficile da vincere che la Milano-Sanremo?

No, al contrario. La Milano-Sanremo è difficile per tutti perché è impronosticabile. Non è una corsa dove si fa selezione, si arriva alla Cipressa tutti insieme e all’imbocco del Poggio tutti i favoriti sono ancora lì. Se guardate, avranno perso contatto solo i 2-3 con qualche acciacco fisico e un paio di pretendenti presentatisi all’appuntamento ancora in eccesso di peso, gli altri ci saranno tutti. Certo, dipende da che posizione si prende, ma poi fare selezione su quelle poche rampe è complicato, si lavora sul filo dei secondi. Alla fine è una corsa lunghissima, dove i tanti chilometri provocano tanta fatica ma senza grandi difficoltà.

Van der Poel può riuscire nell’impresa?

Per l’olandese è più difficile l’impresa. Io penso che la Liegi possa anche essere fattibile, se una serie di condizioni coincidono e non gli rendono la gara troppo dura. Il Lombardia però mi sembra troppo almeno nella sua forma attuale: il Muro di Sormano è una scalata sulla quale uno del suo peso (75 chili, ndr) paga pegno. Non è un caso se io ho vinto il Lombardia prima che introducessero questa nuova difficoltà. Per lui credo proprio che sia troppo.

Van der Poel deve vincere Liegi e Lombardia. La prima è già difficile, il Sormano resta forse troppo arduo
Van der Poel deve vincere Liegi e Lombardia. La prima è già difficile, il Sormano resta forse troppo arduo
Nel tennis solo Rod Laver è riuscito a completare il Grande Slam nello stesso anno, Djokovic ha sfiorato l’impresa per due volte. Nel ciclismo è possibile vincere tutte e 5 le classiche nello stesso anno?

Per me no, ci sono troppe varianti. Anche un fuoriclasse nella condizione ideale si troverà ad affrontare corse che richiedono caratteristiche lontane fra loro: potrai trovare la formula perfetta per la Sanremo, ma avrai il peso giusto per la Roubaix? E nel caso come riuscirai ad affrontare le salite della Liegi? E’ davvero impossibile. Io parlo per la mia esperienza: ho vinto Liegi e Lombardia che pesavo 69 chili, quando ho trionfato a Fiandre e Roubaix avevo un peso forma di 74 chili. E cambia tutto…

Proviamo a vedere se c’è qualcun altro che potrebbe riuscirci, ad esempio Van Aert…

Ha 29 anni e finora ha vinto solo la Sanremo, mi pare difficile. Le stagioni sono passate e Wout ha collezionato tanti piazzamenti, ma pochi centri. Uno che secondo me poteva riuscirci per le sue caratteristiche era Kwiatowski, se non avesse deciso di mettersi a disposizione degli altri. Se lo avesse programmato, credo che in qualche anno avrebbe anche potuto farcela, soprattutto dopo che nel 2017 aveva centrato la Sanremo che è un po’ il terno al lotto dell’intera collezione.

Per Gilbert Kwiatkowski aveva tutto per riuscirci, ma ha fatto scelte diverse
Per Gilbert Kwiatkowski aveva tutto per riuscirci, ma ha fatto scelte diverse
E tra i più giovani?

Uno che potrebbe è Evenepoel perché va bene su ogni terreno. Ha vinto due volte la Liegi, al Fiandre ha dimostrato di potercela fare. Certo, dovrebbe centrare la Sanremo e preparare la Roubaix, che sarebbe per lui la corsa più ostica. Sicuramente per la corsa francese è ancora un po’ acerbo, ma può davvero completare la raccolta.

Tu sei arrivato a un passo: la Sanremo era diventata un’ossessione?

Non direi. Il Grande Slam è stato invece uno stimolo, la motivazione per andare avanti. Mi ha dato modo di sognare e questo è già un grande risultato. Io sono contento di quel che ho fatto, so che ci sono andato vicino e non è da tutti.

Evenepoel ha le caratteristiche per centrare il pokerissimo. Fiandre e Lombardia sono i primi passi
Evenepoel ha le caratteristiche per centrare il pokerissimo. Fiandre e Lombardia sono i primi passi
E’ più difficile collezionare le Classiche Monumento o i Grandi Giri?

Le prime, non c’è dubbio. In un grande Giro devi essere a tutta per tre settimane e superare indenne quelle 2-3 tappe fondamentali, poi è cosa fatta. Non è un caso se ad aver realizzato la tripletta nel corso degli anni siano stati molti più corridori che per le classiche. Il Grande Slam è quello, non ci sono dubbi né discussione…

Venturelli è diventata grande. Si parte subito con gli europei

09.01.2024
6 min
Salva

L’Università a Brescia. L’ingresso nel mondo delle pro’ poche settimane fa in ritiro in Spagna. Il suo primo evento ufficiale da domani in Olanda agli europei su pista. Tutto il resto più avanti. E’ diventata grande Federica Venturelli, che ha iniziato il 2024 subito calata perfettamente nella parte (in apertura foto K13/Luis Solana).

E questa settimana non si farà mancare nulla. Il fiato lo userà non solo per pedalare, ma anche per soffiare sulle candeline della torta di compleanno. La cremonese della UAE Development Team festeggerà i 19 anni venerdì nel velodromo di Apeldoorn, prima di potersi concentrare a fondo sulla disciplina che le ha assegnato il cittì Villa. Domenica 14 gennaio correrà l’inseguimento individuale, in cui è già stata campionessa continentale e mondiale in entrambe le stagioni da junior. Fra un impegno e l’altro, siamo riusciti a sentire Venturelli, ormai navigata negli incastri del suo personale “tetris”e sempre brava a spiegare tutto quello che fa.

Federica, nemmeno il tempo di realizzare di essere passata elite, che c’è già una corsa importante che ti attende.

Proprio così, anche se inizialmente non ero sicura di farli, non era nei programmi. Lo abbiamo deciso circa un mese fa. Quando sono rientrata dal ritiro con la squadra, sono andata a Montichiari per lavorare con le altre ragazze. Ho cercato di affinare la condizione ed anche l’intesa con le compagne nelle prove di quartetto, che però non farò.

Cosa ti aspetti da quella prova?

Intanto parto sapendo che sarà più lunga e più difficile da gestire. Da junior l’inseguimento individuale è di due chilometri, mentre da elite sono tre, quindi mezza gara in più da fare. Per me sarà un tipo nuovo di sforzo. Non se ne parla di medaglie o piazzamenti (sorride, ndr). L’obiettivo al momento è fare esperienza e cercare di realizzare una buona prestazione. Sono migliorata anche nella cosiddetta ansia da prestazione, perché ho capito che la gara è il solo momento in cui si mette in pratica il lavoro degli allenamenti. Credo di essermi preparata bene, pertanto sono serena e tesa il giusto. Sicuramente essere già agli europei elite nell’anno olimpico è un motivo di grande orgoglio per me. Poi ovvio che spero di andare forte e superare le qualificazioni per le fasi successive.

Agli europei di Apeldoorn Venturelli disputerà l’inseguimento individuale, dove da junior è stata campionessa continentale e mondiale
Agli europei di Apeldoorn Venturelli disputerà l’inseguimento individuale, dove da junior è stata campionessa continentale e mondiale
Come ti sei trovata col gruppo azzurro delle grandi?

Benissimo (risponde raggiante, ndr). Sono molto contenta di come mi hanno accolta. Pensavo che avrei fatto più fatica, invece si vede subito che è un gruppo affiatato. Con Chiara (Consonni, ndr) c’era un briciolo di confidenza in più perché eravamo assieme al ritiro della UAE, però tutte le ragazze mi hanno dato consigli.

Ecco, il training camp in Spagna con il tuo nuovo club invece com’è andato?

Molto bene anche quello. Sia la prima squadra che noi del devo team eravamo nello stesso hotel. Facevamo chiaramente allenamenti separati, ma per le riunioni e le cene eravamo assieme. Anzi a tavola ci siamo sempre sedute mischiate per favorire la conoscenza fra tutte. Lì abbiamo avuto modo di confrontarci con le atlete più esperte ed è un aspetto importante per potersi migliorare.

Tra le ragazze della prima squadra con chi ti sei rapportata maggiormente?

Come dicevo prima per Consonni, conoscevo già bene Silvia (Persico, ndr) per il ciclocross. Lei è sempre stata un mio riferimento, anche per il salto di qualità che ha fatto negli ultimi anni. Devo dire però che mi hanno colpito molto Bertizzolo e Magnaldi per la loro forte personalità. Quando mi ricapiterà l’occasione, vorrei approfondire la conoscenza con loro per avere i loro punti di vista.

Altri particolari?

Tutte le ragazze sono molto precise nell’alimentazione. Ho capito che una buona prestazione passa da qui. Nel complesso ho notato subito una grande cura dei dettagli, della grande organizzazione che c’è dietro e degli allenamenti più intensi. E poi mi ha fatto una buona impressione l’essere state valutate dalla fisioterapista della squadra. Non mi era mai capitato prima di avere uno screening di questo genere. Lo reputo molto interessante.

Il programma gare di Federica Venturelli cosa prevede?

L’agenda è fitta, contando anche l’Università dove ho l’obbligo di frequenza (è iscritta alla facoltà di Farmacia a Brescia, ndr). Lo studio non potevo lasciarlo perché mi piace e mi serve, ma a dire il vero non ho idea di come farò per conciliare tutto (sorride, ndr). Battute a parte, farò il calendario del devo team, ma potrebbero esserci anche le gare con la nazionale. Sia in Nations Cup su pista sia su strada con le U23. So che ci verrà data l’occasione di correre anche col team WorldTour, ma non saprei quando tra tutti questi impegni. Infine ci sarebbe ancora il ciclocross. C’è un’ipotesi-mondiale, sempre che arrivi la convocazione, ma prima ci sarebbe anche la prova di Coppa del mondo a Benidorm a metà gennaio.

Campionessa in bici e a scuola. Ad ottobre Venturelli ha ricevuto l’onoreficenza di “Alfiere del Lavoro” da Mattarella
Campionessa in bici e a scuola. Ad ottobre Venturelli ha ricevuto l’onoreficenza di “Alfiere del Lavoro” da Mattarella
Ti sei posta degli obiettivi per questa stagione?

Premetto che la scelta di andare in un devo team è dovuta proprio anche per prendere meglio coscienza dell’impegno tra studio e ciclismo. Arrivando dalla categoria juniores, sapevo che erano due mondi totalmente differenti e l’ho visto subito. Fino all’anno scorso ero un’atleta che su strada faceva un po’ tutto, quest’anno invece non credo. Ad esempio farò gare a tappe più lunghe di quelle di due-tre giorni da junior. Avrò modo di capire quali sono i miei limiti ovunque. D’altronde sono una ragazza a cui non piace stare con le mani in mano…

Resistenza e intensità diverse: il piano di Giorgi per Fiorelli

08.01.2024
5 min
Salva

«Ho trovato un ragazzo generoso, disponibile e soprattutto un grande lavoratore», parole di Andrea Giorgi su Filippo Fiorelli, suo nuovo allievo. Da quest’anno coach e dottore, Giorgi infatti segue la preparazione dell’atleta siciliano in prima persona. 

E’ stato Fiorelli stesso nel ritiro della VF Group–Bardiani a dirci di aver cambiato strada e di essersi affidato al preparatore interno. 

Fiorelli è un talento in seno a questo team e anche uno dei corridori italiani con più potenziale. Questa potrebbe essere la sua occasione.

Andrea Giorgi, medico della VF Group-Bardiani, si è unito al gruppo dei Reverberi dalla scorsa stagione
Andrea Giorgi, medico della VF Group-Bardiani, si è unito al gruppo dei Reverberi dalla scorsa stagione

“Made in Bardiani”

«Il team – spiega Giorgi – voleva che da quest’anno si centralizzasse il più possibile il controllo degli atleti, anche per questo sono aumentati quelli seguiti internamente da me e Borja Martinez, altro coach dello staff medico, ed è stato preso anche il nutrizionista (Luca Porfido, ndr). C’è stata questa possibilità di cambiare e Filippo era propenso a fare un altro passo. Così dopo un anno di lavoro in cui comunque lo supervisionavo (era allenato da Alberati, ndr) abbiamo deciso di provarci».

Giorgi spiega che con Fiorelli si lavora bene, primo perché come detto è uno stakanovista e poi non si tira mai indietro di fronte alle novità. Tra i due c’è sempre un punto d’incontro. Se Filippo è troppo stanco, magari si aggiusta il tiro in corsa.

«Ci sentiamo quotidianamente – spiega Giorgi – Filippo vuole fare le cose per bene e per ogni cosa mi chiede consiglio. C’è un confronto costante. Siamo entrambi chiari. Se piove, se è stanco, se il rullo non funziona… come si aggiusta il tiro? Per esempio all’inizio ha avuto dei problemi con la nuova metodologia in palestra. “Con questi carichi mi serve la sedia a rotelle, altro che la bici”, mi diceva. Però si è adattato presto».

Filippo Fiorelli (classe 1994) da quest’anno è seguito dal dottore e preparatore Giorgi (foto Gabriele Reverberi)
Filippo Fiorelli (classe 1994) da quest’anno è seguito dal dottore e preparatore Giorgi (foto Gabriele Reverberi)

Obiettivo resistenza

Giorgi e Fiorelli stanno lavorando soprattutto su una direttiva: la resistenza. Arrivare meglio ai piedi delle salite, significa poterle affrontare meglio. E di conseguenza sfruttare lo spunto veloce di Filippo. 

«Non so perché, ma nelle professional la parte aerobica è meno curata rispetto che nelle WorldTour – dice Giorgi – poi magari ci sta che i più forti finiscono nelle WorldTour anche per doti fisiche naturali, ma è un dato di fatto, lo dicono i numeri, che nel WorldTour curano di più la componente aerobica.

«Nel caso di Filippo quindi ho insistito subito sulla resistenza soprattutto, ma anche sull’ipertrofia del muscolo. Ed ho inserito delle intensità più elevate. Questo anche perché volevo che arrivasse più pronto al primo ritiro. E così è stato. Anche col peso, il suo tallone d’Achille, era a posto. Alle misurazioni del caso e alla plicometria a ultrasuoni era perfetto. Tanto è vero che gli ho fatto i complimenti. Ed era è solo un mese e mezzo che lavoravamo insieme».

Anche i test fisici danno ragione al duo Giorgi-Fiorelli. La capacità aerobica del siciliano è migliorata.

«Certe intensità che lo scorso anno erano un problema adesso sono quasi il suo recupero – spiega il preparatore – io ricordo Masnada quando era all’Androni. In quei tre anni la sua capacità aerobica è andata sempre migliorando e infatti adesso guardate dove è.

«A 5 watt/chilo nel WorldTour ormai passeggiano, mentre i nostri fanno fatica. Dovevamo arrivare a questo standard perciò e ci stiamo avvicinando. Migliorando la capacità aerobica si è più freschi e quindi più resistenti quando la corsa entra nel vivo». Aspetto quest’ultimo, ancora più importante per le caratteristiche di un corridore come Fiorelli che deve sfruttare il suo spunto veloce nel finale.

Il siciliano non ha paura di buttarsi in volata, né teme i mostri sacri dello sprint come accadde lo scorso anno a Salerno
Il siciliano non teme i mostri sacri dello sprint come accadde lo scorso anno a Salerno

Corse mosse

Per Giorgi, Fiorelli non è un velocista puro. Secondo il toscano, Filippo fa le volate perché sa stare in gruppo, ha grinta e forza. Ma una volata di gruppo farebbe fatica a vincerla.

«Però – continua Giorgi – se resiste sullo strappo le sue possibilità aumentano notevolmente. Di Philipsen e Milan ce ne sono pochi, loro hanno anche un treno e wattaggi mostruosi. Filippo può vincere altre corse: quelle con i gruppetti ristretti o gli sprint dove si arriva dopo uno scollinamento».

«La sua corsa? Una tappa mossa, come del resto ha già fatto vedere, una Per Sempre Alfredo, una Coppa Sabatini o una Veneto Classic. E questa benedetta tappa al Giro d’Italia. In fin dei conti non ci è andato lontano neanche lo scorso, come a Salerno per esempio. Non dico la Sanremo solo perché la Classicissima è molto lunga e Filippo sta lavorando adesso sulla resistenza, ma in futuro…».

La VF Group-Bardiani è tornata a Benidorm (foto Gabriele Reverberi)
La VF Group-Bardiani è tornata a Benidorm (foto Gabriele Reverberi)

Evoluzione sì, rivoluzione no

Da qualche giorno la VF Group-Bardiani è tornata a Benidorm. Nel corso di gennaio Giorgi insisterà parecchio anche sull’intensità, caratteristica che comunque serve con l’avvicinarsi delle gare. E contestualmente sarà ridotta la palestra. Anche questo è stato un bel cambiamento per Filippo. Prima faceva la parte a secco con meno carico e non usciva in bici. Adesso invece quando fa la palestra i carichi sono ben più pesanti e al pomeriggio salta in sella.

«Io credo – conclude Giorgi – che il suo monte ore settimanale sia aumentato non di molto: il 10-15 per cento al massimo. Quel che più è cambiato è come sono distribuite le intensità nell’arco dell’allenamento. Non c’è mai un’uscita tutta uguale. Filippo sa che nella prima ora deve fare questo lavoro. Nella seconda questo e così via. Anche i recuperi sono variati parecchio: non sono mai troppo blandi.

«Ricordiamo poi che parliamo di un ragazzo di quasi 30 anni e non si poteva stravolgergli la vita, ma i suoi valori sono cresciuti un bel po’ e in Z2 siamo ben al di sopra dei 300 watt».

Chiuso il Regioni, Scotti rilancia con grandi progetti

08.01.2024
5 min
Salva

Su un inedito percorso disegnato nel parco del Divino Amore a Roma, si è conclusa la seconda edizione sperimentale del Giro delle Regioni di ciclocross. Attenzione all’aggettivo perché ha un forte peso nel progetto di Fausto Scotti, che chiude la sua stagione di impegni organizzativi e già si proietta verso un nuovo anno che si prospetta ricchissimo di sorprese.

Dopo le grandi sfide del Giro d’Italia, Scotti ha messo su due confronti nazionali, prima a Gallipoli in Puglia e poi a Roma, lasciando però da parte il tradizionale teatro delle Capannelle per scegliere un nuovo approdo: «Quando si fanno queste scelte si sa bene a che cosa si va incontro – afferma l’ex cittì della nazionale – avevamo un percorso tutto nuovo da disegnare, strutture da studiare e con il tempo che abbiamo avuto, con il fango che si è creato è venuto fuori un ciclocross di stampo belga. E’ un teatro ideale per un grande evento, dove c’è tutto anche se una struttura come Capannelle, dove tutto è davvero nello spazio di pochi metri, è molto più facilmente gestibile».

Grande giornata per la Cycling Café con le vittorie di Cominelli e Bulleri (foto Bit&Led)
Grande giornata per la Cycling Café con le vittorie di Cominelli e Bulleri (foto Bit&Led)
A conti fatti ti puoi ritenere soddisfatto dell’andamento della challenge?

Certamente sì, considerando che per il secondo anno consecutivo abbiamo potuto mettere in piedi un’edizione fortemente ridotta, solo due prove allestite soprattutto per dimostrare di esserci. In Puglia abbiamo avuto numeri leggermente inferiori alle nostre aspettative, ma a Roma sono arrivati in oltre 350 pur avendo il giorno prima un’altra importante prova nazionale in Friuli. Proprio il problema delle concomitanze è ormai improcrastinabile per la federazione. Non si possono dare concessioni di calendario nazionale a 50 gare quando solo un terzo rispettano davvero tutti i dettami e soprattutto non si può continuare su questa strada delle concomitanze che penalizzano tutti.

Che prospettive ci sono per questo circuito?

Molto buone perché già ho ricevuto richieste e penso che il prossimo anno avremo intanto due nuove prove, in Basilicata e Campania. Perché funzioni servono però soldi e infatti siamo in contatto con due grandi sponsor che hanno mostrato interesse, se entreranno potremo davvero mettere in pratica le nostre idee. Ma noi guardiamo all’attività complessiva: basti pensare che per il Giro d’Italia abbiamo ricevuto 15 nuove richieste. I nostri progetti però vanno ben oltre…

Al Regioni erano presenti tutte le categorie con spazio anche per i più piccoli per avvicinarli al ciclocross (foto Bit&Led)
Al Regioni erano presenti tutte le categorie con spazio anche per i più piccoli per avvicinarli al ciclocross (foto Bit&Led)
A che cosa puntate?

Oltre alle challenge abbiamo due grandi idee. La prima è allestire un grande weekend a inizio 2025 legato ai Campionati Italiani giovanili, con 4 e 5 gennaio per le prove tricolori e il 6 gennaio per un evento internazionale, il tutto nel bellissimo teatro di Follonica nostro storico partner per il Giro d’Italia. Il secondo è ancora più ambizioso: vogliamo portare la Coppa del mondo a Torino.

Un colpo di scena. Da che cosa nasce?

Grazie all’esperienza e alla collaborazione del gruppo di Cantoira possiamo mettere su una struttura e un tracciato che saranno pienamente all’altezza del massimo evento internazionale a tappe. Ho già parlato con Flanders Classics e c’è grande disponibilità in merito anche perché ho presentato un progetto molto meno economicamente oneroso di quello di Vermiglio. Avremo bisogno dell’ok di Comune e Regione dove c’è grande sensibilità verso le due ruote, sperando che il Tour de France non assorba tutte le risorse ma diventi anzi un volano per nuove iniziative. Poi avremo bisogno di un grande sponsor con il quale condividere questa grande opportunità.

La prima tappa era stata a Gallipoli con la nazionale italiana al via, qui Elisa Ferri (foto organizzatori)
La prima tappa era stata a Gallipoli con la nazionale italiana al via, qui Elisa Ferri (foto organizzatori)
Torniamo al Giro delle Regioni. Agonisticamente che cosa hai trovato?

Io guardo sempre le gare con occhio molto tecnico e sono rimasto letteralmente elettrizzato soprattutto dalle gare giovanili. Ci sono ragazzini che hanno una tecnica impressionante, c’è un livello generale che è molto alto e se questi ragazzi trovassero strutture adeguate che permettessero loro di fare regolare attività avremmo veri fuoriclasse polivalenti. Per farli maturare serve però una struttura che attualmente il ciclismo non ha, per questo dico che andrebbe rivisto tutto il sistema, legato a concezioni ormai vetuste. Fra tutti segnalo un nome: Nicola Carrer, pugliese vittorioso fra gli Esordienti 1° anno, mi ha davvero impressionato.

E nelle categorie assolute?

Si vede che ormai siamo in piena atmosfera Tricolori, c’è stato un bello spettacolo. Nella gara principale ha vinto Cominelli che è in grande forma battendo Antonio Folcarelli che mi stupisce sempre, lui che al mattino si alza quando è ancora buio per lavorare al mercato, eppure se guardate bene è il più costante di tutti, non esce mai dai primi 5. Fra le donne ha trionfato la Bulleri, completando la grande giornata della Cycling Café ma dietro è emersa la lucana Dalila Langone, ancora junior eppure capace di far sua la classifica generale.

Il podio femminile con a sinistra Dalila Langone, prima nella classifica generale e sorpresa della challenge (foto Bit&Led)
Il podio femminile con a sinistra Dalila Langone, prima nella classifica generale e sorpresa della challenge (foto Bit&Led)
Ora che gli impegni agonistici sono finiti, che farà Fausto Scotti?

Si rimette subito a lavorare perché c’è già da impostare la nuova stagione e come si è visto di carne al fuoco ce n’è davvero tanta. Oltretutto mi stanno arrivando anche molte offerte dall’estero, per allestire gare e non solo, anche da grandi team professionistici. Insomma, non c’è tempo per fermarsi…