VF Group-Bardiani: le tante strade che portano al Giro

10.04.2024
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PESCARA – Il colpo di reni con cui Zanoncello ha infilato Malucelli sul traguardo è stato a dir poco chirurgico. Fino a un metro dalla riga, il romagnolo era davanti e poi di colpo si è ritrovato incredulo a chiedersi se fosse tutto vero. Il Giro d’Abruzzo si è aperto nel segno della VF Group-Bardiani e del velocista veneto, che ha così consacrato la sua presenza al prossimo Giro d’Italia. Anche se lì ci saranno altri clienti con cui fare i conti, la condizione è quella giusta. Anche per questo il veronese di 26 anni ieri sorrideva soddisfatto. Quella di Pescara è stata anche la prima vittoria in Italia da quando è professionista: l’ultima risaliva all’agosto del 2020 quando vestiva ancora la maglia della Zalf. Accanto a lui, dopo l’arrivo, anche Domenico Pozzovivo tirava il fiato e anche lui ormai ha gli occhi e i denti sulla corsa rosa.

Il Giro d’Abruzzo si era corso l’ultima volta nel 2007: torna quest’anno su iniziativa di RCS Sport
Il Giro d’Abruzzo si era corso l’ultima volta nel 2007: torna quest’anno su iniziativa di RCS Sport

Percorsi diversi

L’avvicinamento dei ragazzi di Reverberi al Giro prosegue seguendo binari diversi. E se ad esempio l’esperto lucano ha chiesto di non correre il Tour of the Alps, preferendo spostarsi sull’Etna subito dopo l’Abruzzo, c’è chi come Giulio Pellizzari non corre fra i professionisti dalla Coppi e Bartali e nel frattempo si è visto soltanto al Giro del Belvedere e al Palio del Recioto. Per fare il punto della situazione, abbiamo intercettato Roberto Reverberi, che dopo la tappa è partito alla volta dell’hotel con Pozzovivo accanto.

«Al momento – ha detto – ci sono cinque-sei corridori in procinto di andare in altura perché sono pressoché sicuri del Giro. Dobbiamo ancora trovarne altri due o tre per completare la rosa. Ne abbiamo diversi fra cui scegliere, osservando le varie corse che faremo: qui al Giro d’Abruzzo, come pure al Tour of the Alps che inizia la prossima settimana. Faremo anche tre corse impegnative in Francia nello Jura, mentre sarà difficile vedere al Giro i ragazzi che correranno al Turchia, perché tornerebbero a casa solo otto giorni prima. Zanoncello però era già in predicato di venire come velocista, perché dall’inizio dell’anno è sempre stato fra i primi. Chiaramente al Giro dovrà vedersela con altri avversari, però è comunque uno che l’anno scorso ha vinto le sue quattro corse. E’ un ragazzo serio e ha delle doti, non va piano neanche in salita: su quelle medie tiene bene. Non è il classico velocista che si stacca: alla Guardini, per capirci».

La tappa di ieri da Vasto a Pescara è stata il 13° giorno di gara di Pozzovivo nel 2024
La tappa di ieri da Vasto a Pescara è stata il 13° giorno di gara di Pozzovivo nel 2024
Per la volata di Pescara ha ringraziato Fiorelli: potrebbe essere il suo ultimo uomo al Giro?

Potrebbe, anche perché Fiorelli al Giro ha ottenuto qualche piazzamento, ma le volate di gruppo non le vince. Potrebbe dargli una mano a patto che anche lui trovi la condizione, perché ha avuto un po’ di problemi in avvicinamento a queste corse e non è proprio al 100 per cento. Speriamo che migliori, anche perché abbiamo bisogno di qualcun altro, magari uno Zoccarato o anche Tarozzi, che entrino in fuga nei giorni in cui gli attaccanti possono arrivare.

Quali sono i corridori sicuri del Giro che andranno sull’Etna?

Non sono sicuri al 100 per cento, tranne un paio. Però parliamo di Martinelli, Pozzovivo, Pellizzari, Covili e Marcellusi.

E qui veniamo ai vari avvicinamenti: in che modo avete differenziato l’attività dei singoli? Perché Pozzovivo è qui in Abruzzo, mentre ad esempio Pellizzari farà il Tour of the Alps?

Abbiamo concordato questo percorso con il dottor Giorgi e il suo staff. Come squadra, abbiamo dato indicazioni sugli appuntamenti in cui vorremmo avere i corridori pronti. Pozzovivo ha scelto da solo: ci ha chiesto di non fare il Tour of the Alps, ma di venire in Abruzzo e poi andare direttamente in altura. Pellizzari invece sarà in Trentino in funzione del Giro, poi andrà anche lui sull’Etna. In base a queste nostre esigenze, i preparatori hanno disegnato il calendario.

Dopo l’arrivo, scortato da Gianluca Mirenda, Zanoncello (26 anni, 1,70 per 64 chili) va verso il podio
Dopo l’arrivo, scortato da Gianluca Mirenda, Zanoncello (26 anni, 1,70 per 64 chili) va verso il podio
Uno come Pellizzari non avrebbe avuto più bisogno di correre fra i professionisti anziché andare alle corse under 23?

Abbiamo pensato che gli basti fare il Tour of the Alps. Al Giro tutti si aspettano chissà cosa, ma bisognerà partire senza stress. Nei primi giorni magari si vedrà dove può arrivare e se non dovesse essere impegnato nella classifica, potrà provare a far bene una tappa. Quando abbiamo avuto dei giovani che andavano in salita, abbiamo sempre fatto così. Ma non è detto che abbia le gambe per tenere duro, per cui vediamo…

Immagini di metterlo in camera assieme a Pozzovivo?

Potrebbe essere proprio così, in effetti. Non so ancora chi ci sarà al Giro, ma di solito mettiamo in stanza il più giovane con il più vecchio e probabilmente Giulio e “Pozzo” finiranno insieme. Sarà un bell’esempio cui guardare.

In effetti sul più anziano non dovrebbero esserci dubbi…

Aspettate che glielo dico, è qui accanto. Anche “Pozzo” dice di non avere dubbi, a meno che al Giro non venga Sevilla (ride, ndr). Ma non credo che verrà e poi comunque non nella nostra squadra…

La risata sommessa di Pozzovivo e poi i saluti. Mancano tre settimane e mezzo all’inizio del Giro. Zanoncello ha fatto la sua parte, oggi a Luco dei Marsi e più ancora domani a Prati di Tivo potrebbe esserci spazio per Domenico. Il mosaico si va componendo, a metà fra la voglia di conferme immediate e quel sogno rosa che si sveglia con i primi raggi della primavera.

Da Roubaix al Brabante, nel recupero di Pasqualon

10.04.2024
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Da Roubaix a Leuven ci sono 150 chilometri, ma per tutti i corridori che hanno corso sul pavé e oggi partono per la Freccia del Brabante sono molti di più. Ne abbiamo parlato con Andrea Pasqualon, migliore degli italiani nel velodromo francese. Se è vero che la Roubaix ti resta addosso per giorni, come ci si rimette in sesto per ripartire?

«La Roubaix è una corsa davvero dura – spiega il corridore della Bahrain Victorious – penso la più dura delle classiche, per cui arrivare cinquantesimo è un piacere. Vuol dire che a 36 anni sono stato competitivo in mezzo a ragazzi di 20: 15 anni meno di me. Sono ancora competitivo e questo mi fa solamente piacere. In più alla Roubaix ci sono tanti inconvenienti possibili e questa è stata un’edizione particolare…».

Quasi 10 chilometri con le come a terra: così la Roaubaix di Pasqualon ha cambiato faccia (@charlylopez)
Quasi 10 chilometri con le come a terra: così la Roaubaix di Pasqualon ha cambiato faccia (@charlylopez)
In che modo?

Proprio ieri sera stavo parlando di questo con i miei compagni. Una volta di solito la Roubaix iniziava da Arenberg, quasi mai prima. Invece questa volta la corsa è esplosa subito e al secondo settore di pavé eravamo sparpagliati in vari gruppetti. D’altra parte, quando si corre con atleti di classe come Mathieu Van der Poel o Van Aert o Pogacar, che hanno veramente una o due marce più di tutti noi, possono crearsi scenari come quello di domenica. Per noi che abbiamo un motore più piccolo, è difficile reggere il passo.

Quand’è così si allargano le braccia o si pensa al modo di tirare fuori qualcosa di più dal proprio motore?

Cosa dire… Se le gambe arrivano fino lì, non hai da inventarti tante cose. Questi ragazzi stanno in gruppo con la sigaretta in bocca rispetto a noi. E’ brutto da dire, ma è la verità. Quando ci si affianca a loro, si capisce che hanno una zona o anche due di differenza. Quando noi siamo al medio, loro sono al lento. Quando uno attacca a 60 chilometri e arriva con 3 minuti di vantaggio, poi ha il tempo di guardare gli altri che fanno la volata per il secondo posto, vuol dire proprio essere di un altro livello.

Finché sono 3-4 del loro livello, c’è un po’ di confronto. Quando sono da soli la differenza sembra anche maggiore, no?

Sì, fanno sembrare tutto molto facile. Ieri ho guardato la corsa in televisione, perché domenica ero dietro e non avevo visto niente. E guardandola, mi sono detto: «Cavolo, ma quanto riesce a spingere questo sul pavé?». Sembra che sia tutto molto facile, ma in realtà di facile non c’è niente. Noi che l’abbiamo corsa sappiamo quanto sia faticoso uscire dalla Foresta di Arenberg, dal Carrefour de l’Arbre o da Mont Saint Pevele. Invece Van der Poel riesce ad andare a 60 all’ora sul pavé, vuol dire che Madre Natura gli ha donato qualcosa che a noi non ha dato.

Per quanto tempo ti rimane addosso una Roubaix così faticosa?

Domenica sera non stavo male, lunedì ero un po’ dolorante. Martedì invece ero ancora malconcio, più che altro perché ci vogliono due o tre giorni per recuperare davvero. Alla fine è stata una Roubaix devastante, corsa a una media mostruosa. Siamo partiti a tutta e siamo arrivati a tutta. E’ vero che i materiali hanno inciso tanto, ma penso che la vera differenza l’abbiano fatta corridori come Mathieu e la sua squadra. I ragazzi della Alpecin sono andati veramente fortissimo. Vermeersch è arrivato sesto, nonostante il lavoro che ha fatto: secondo me è andato più forte di Mathieu.

In che modo hai passato i due giorni fra la Roubaix e il Brabante? Gambe per aria e riposo assoluto?

No, assolutamente. Si fanno delle uscite di un’ora e mezza, al massimo due, in tranquillità. Si fanno girare le gambe, perché il riposo totale non ci fa bene. Magari si può fare lontano dalle corse, ma durante la stagione non è il massimo. Quindi si fa una sgambata per far circolare il sangue ed eliminare le tossine di una corsa lunga come domenica. Poi si fanno i massaggi e il trattamento con l’osteopata, la routine più o meno è questa.

Il primo massaggio l’hai fatto la sera della Roubaix oppure hai aspettato il giorno dopo?

No, ho aspettato lunedì ed è stato un massaggio davvero pesante. Si sentiva (ride, ndr) che c’era ancora qualche… pietra all’interno dei miei muscoli! E’ stato un massaggio profondo, perché bisogna eliminare veramente le tossine e soprattutto le aderenze. Non scherzo quando dico che è una corsa massacrante. Parliamo di schiena, braccia e mani. Ho le mani ancora gonfie per i colpi della Roubaix, anche perché ci si è messa anche la sfortuna…

In che modo?

Ho forato e ho avuto la sfortuna che la seconda ammiraglia non fosse vicino a me. Perciò sono andato avanti per parecchi chilometri con le ruote bucate. Poi ho trovato dei massaggiatori e le ho cambiate entrambe. Però non avevano le gomme da 35 millimetri con cui ero partito e me ne hanno passate due da 28, gonfiate anche abbastanza alte. A correre la Roubaix con i 28, mi è sembrato di tornare indietro di 10 anni, però alla fine sono arrivato ugualmente nel velodromo.

Si riparte dopo il cambio delle ruote, la Roubaix è ancora lunga (@charlylopez)
Si riparte dopo il cambio delle ruote, la Roubaix è ancora lunga (@charlylopez)
Con quelle gomme, la bici e la guida cambiano completamente?

Cambia tutto. Ognuno ha la pressione con cui si trova bene in base al proprio peso. Tutte le marche hanno dei parametri per trovare la giusta pressione e posso assicurarvi che anche 0,1-0,2 bar di differenza possono veramente cambiare tantissimo sul pavé. Per questo, in base alle ruote e al tubeless che si usa, cambiano anche le pressioni. Per questo motivo avevamo optato per un 35, perché abbiamo visto che c’è una grandissima differenza sul pavé, anche se sull’asfalto si ha la sensazione che la bici scorra di meno.

Come è andata a livello di vibrazioni con quelle ruote sottili?

Le vibrazioni sono il vero problema. Proprio per evitare di riceverne troppe, alcuni hanno usato ugualmente il manubrio aerodinamico in carbonio, mentre tanti hanno optato per quelli più classici. Magari in alluminio o anche in carbonio, ma comunque tondi per avere meno vibrazioni nelle braccia. Qualcuno ha utilizzato il doppio nastro, chi il gel all’interno del nastro stesso. Io ho utilizzato dei guantini fatti da Prologo per il pavé e alla fine ne sono uscito senza neanche una vescica e questo fa la differenza. Se succede che a 50-60 chilometri dall’arrivo sei pieno di vesciche, diventa difficile anche guidare la bici.

Dal punto di vista dell’alimentazione, come hai recuperato le forze?

La sera si cerca sempre di reintegrare i carboidrati. Lunedì invece siamo stati abbastanza leggeri, mentre martedì abbiamo iniziato a integrare i carboidrati, in modo di averli per la gara. L’integrazione dei carboidrati inizia dalla colazione del giorno prima e prosegue con pranzo e cena. Il giorno prima si fanno le basi per avere la giuste quantità di carboidrati il giorno seguente. Con gli studi degli ultimi anni, si è visto che è meglio fare il carico di carboidrati dal giorno prima della gara.

Pasqualon ha concluso la Roubail al 50° posto, primo degli italiani (@charlylopez)
Pasqualon ha concluso la Roubail al 50° posto, primo degli italiani (@charlylopez)
A livello di sensazioni, secondo te nei primi chilometri di corsa della Freccia del Brabante sentirai ancora la Roubaix nelle gambe?

Può essere che nella prima ora senta un po’ di affaticamento, però confido che poi tutto vada a diminuire fino a sbloccarsi, come diciamo fra corridori. E comunque è sempre meglio partire bloccati e finire la corsa in gran forma che partire bene e spegnersi nel finale.

Dopo il Brabante tiri una riga o continui?

La Freccia del Brabante è l’ultima corsa di questo inizio di stagione, poi andrò direttamente ad Andorra e farò due settimane e mezzo di altura per preparare proprio il Giro d’Italia. Sarà una corsa importante per la squadra e io avrò da fare soprattutto per aiutare il nostro velocista Bauhaus. Essendo il suo ultimo uomo, dovrò recuperare e risparmiare un po’ di forze per il Giro d’Italia. Perciò che altro dire? Ci vediamo a Torino…

Nuova BMC Roadmachine: una piattaforma, tre bici diverse

09.04.2024
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GIRONA (Spagna) – BMC ufficializza la terza generazione della Roadmachine, ovvero il progetto che ha l’endurance come soggetto principale. La nuova piattaforma diventa ancora più funzionale, versatile e dedicata ad un’interpretazione ad ampio spettro della bici.

La famiglia comprende la versione classica stradale e la X: quest’ultima concepita per affrontare anche lo sterrato/gravel (comunque differente dalla bici gravel race Kaius). A queste si aggiunge AMP, ovvero la bici con assistenza alla pedalata con le unità elettriche TQ. Entriamo nel dettaglio con il contributo del capo ingegnere BMC Stefan Christ.

Stefan Christ, capo ingegnere BMC
Stefan Christ, capo ingegnere BMC

BMC formula endurance

«Formula endurance è il nostro punto di vista ingegneristico di questa categoria di biciclette – ci racconta Christ – anche se lo sviluppo di questa piattaforma ha origine nel 2013 con il modello Granfondo. Van Avermaet e altri atleti l’hanno utilizzata alla Roubaix. All’epoca il soggetto tecnico principale era il comfort, ma anche la volontà di far lavorare in combinazione il telaio con ogni singolo componente della bicicletta: un concetto innovativo per il periodo. Molto è cambiato, perché le bici sono diverse, le tecnologie si sono evolute, così come tutto quello che è legato alla componentistica e così le geometrie. La nuova Roadmachine – prosegue Christ – è assolutamente una bici endurance/performance, ovviamente diversa dalla Teammachine R e dalla SLR. Certamente è più comoda, ma anche molto più versatile e facile».

Aspetto inconfondibile

«Si chiama BMC visual identity ed è una sorta di DNA che permette di riconoscere una BMC sempre e comunque – dice Christ – anche quando le scritte sul telaio non si vedono. Impatto estetico a parte, il cuore della nuova Roadmachine è tutto diverso. La laminazione del carbonio è cambiata completamente, così come le geometrie e la possibilità di montare, in modo effettivo e non virtuale, pneumatici fino a 40 millimetri di sezione.

«Il rinnovato processo di laminazione – argomenta Christ – ci ha permesso di creare il vano nella tubazione obliqua e di ottenere al tempo stesso un elevatissimo rapporto tra rigidità e peso, decisamente superiore alla media della categoria endurance. Nella versione 01 e nella taglia 54 l’ago della bilancia si ferma a 7,2 chilogrammi.

«Taglia per taglia abbiamo aumentato lo stack – prosegue – la bici è più alta di un centimetro rispetto alla versione precedente ed è di qualche millimetro più corta grazie ad un reach più contenuto. La scatola del movimento centrale è stata alzata di 3 millimetri, un fattore di estrema importanza nell’ottica di un utilizzo gravel anche impegnativo della versione Roadmachine X».

Numeri in comune

«Tutte le taglie – continua Christ – hanno dei valori in comune e funzionali alla prestazione del mezzo meccanico. Il seat-post arriva ad avere una flessione anche di 2 centimetri, per un concetto che noi chiamiamo compliance da sempre e comprende gli obliqui, il piantone e l’orizzontale. Il componente è specifico, mutuato dai modelli Kaius e URS. I foderi bassi del carro posteriore sono lunghi 41,5 millimetri, relativamente corti per la categoria endurance, mentre il trail del triangolo principale è di 63 millimetri.

«Tutto questo – termina Christ – permette di avere una bici con un passo corto, quindi agile e facile da guidare, comunque comoda. La Roadmachine stradale e quella con il suffisso X hanno il medesimo frame-kit (predisposto al supporto dei parafanghi specifici), non cambia nulla se non l’allestimento».

Il nuovo integrato ICS Evo Carbon presente sulle 01
Il nuovo integrato ICS Evo Carbon presente sulle 01

Allestimenti e prezzi

Le taglie disponibili sono sei, dalla 47 alla 61. La terza generazione della BMC Roadmachine è prodotta nelle versioni Roadmachine 01 (carbonio con laminazione Premium) e Roadmachine (carbonio laminato in modo standard).

Per la prima gli allestimenti totali sono quattro: One a 13.999 euro, Two a 12.999 euro e si basa sulla trasmissione Shimano Dura Ace. Si passa alla Three e Four, rispettivamento a 8.499 con la trasmissione Sram Force AXS e 7.999 euro con Shimano Ultegra. Mentre la Roadmachine “standard” è disponibile in tre allestimenti, Two (con un listino di 5.499 euro sulla base dell’Ultegra), Four (4.199 euro sulla base dello Shimano 105 Di2) e Five (3.199 euro di listino con il 105 meccanico).

Tutti i modelli 01 Premium Carbon (stradali) sono dotati del nuovo cockpit integrato in carbonio ICS Evo Carbon, mentre le bici con il carbonio standard hanno lo stem e la curva in alluminio (separati tra loro). La luce posteriore è compresa nel pacchetto 01.

Gli allestimenti della AMP e X

In totale gli allestimenti AMP sono quattro, tre nelle versioni 01 e uno dedicato al segmento 01 X, ma tutti hanno in comune l’utilizzo dell’unità elettrica TQ da 360 Wh. Le AMP con allestimento “stradale” sono la 01 One con un prezzo di listino di 8.999 euro, sulla base della trasmissione Ultegra Di2. La 01 Two a 7.999 euro con la trasmissione Shimano GRX Di2 e la Roadmachine 01 AMP Three, sempre a 7.999 euro, ma con il pacchetto Shimano 105 Di2.

BMC Roadmachine 01 AMP X One è una sorta di endurance-gravel elettrica, proposta ad un listino di 8.999 euro con la configurazione Sram Force XPLR AXS, dedicata a chi ama affrontare anche tratti di sterrato.

Si passa alla Roadmachine X e anche qui le versioni sono due, 01 X e X, tutte con corona singola anteriore e tutte dotate di attacco manubrio ICS MTT, quello ammortizzato. In cima alla lista troviamo la 01X One a 7.999 euro che si basa sulla trasmissione Sram Force AXS XPLR. Gli allestimenti X Two (4.799) e X Three (4.299) si basano rispettivamente sui componenti Sram Rival AXS XPLR e Apex AXS XPLR.

BMC-Switzerland

Altro che Inferno del Nord, per Borghesi il pavè è un paradiso

09.04.2024
4 min
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ROUBAIX (Francia) – Forse il sorriso di Letizia Borghesi è anche più grande di quello di Elisa Balsamo, nonostante l’ex iridata abbia sfiorato la vittoria della Parigi-Roubaix Femmes. Nel velodromo gli occhi della portacolori della EF Education Tibco SVB la dicono lunga.

La prestazione di Borghesi è stata buona, eccellente se si pensa che si tratta di una classica  monumento: 13° posto, nel drappello inseguitore, ad appena 28” dalle ragazze che si sono giocate la vittoria. Il bicchiere è decisamente è mezzo pieno.

Letizia Borghesi (classe 1995) all’arrivo della Roubaix sabato scorso
Letizia Borghesi (classe 1995) all’arrivo della Roubaix sabato scorso

Feeling da crossista

«E’ stata una gara durissima – ha detto la trentina – Questo terreno, il pavé, mi piace veramente tanto. Quando c’è da spingere sulle pietre mi trovo a mio agio. Entravo bene nei settori. Sarà anche perché vengo dal ciclocross, ma sento che mi muovo con naturalezza».

Tutto facile? Neanche per sogno. La corsa delle donne, rispetto a quella maschile all’inizio muoveva verso Sud. E in quei giorni di vento caldo, nell’alta Francia, questo significava avere il vento contro o di lato, facendo aumentare lo stress della gara. 

E così succede che nella bagarre iniziale Letizia si difenda bene, ma poi nei primi settori di pavé incappa in una noia meccanica. Tutto quello di buono fatto sin lì, tutto quello fatto per restare davanti rischia di sfumare.

Di sfumare, ma non di svanire, perché la gamba c’è. Ed è anche bella piena.

«Mi è scesa la catena – racconta Borghesi – pensavo fosse tutto finito. Invece sono ripartita e ho continuato a lottare davvero duramente. Ho fatto uno sforzo enorme per rientrare nel primo gruppo. E poi sono riuscita a tenere le migliori».

Tra le grandi. Letizia ha detto che ama questa corsa, il pavè e che non vede l’ora di tornare (foto Instagram)
Tra le grandi. Letizia ha detto che ama questa corsa, il pavè e che non vede l’ora di tornare (foto Instagram)

Ritmi da leader

Borghesi è un fiume in piena. Ascoltarla mentre ci racconta di una Roubaix con il viso ancora impolverato e le tracce di sudore infangate è un contesto che esalta le emozioni.

Lei ha parlato di riuscire a tenere le migliori, ed è vero, ma ad un tratto il drappello in cui viaggiava stava quasi per riprenderle… le migliori. Andava più forte di Kopecky e compagnia bella. 

«Sì, sì – si accende Borghesi – ad un certo punto quasi abbiamo creduto di riprenderle. Andavamo davvero forte. Io però ero a tutta per restare attaccata. Si spingeva tanto e non c’era respiro. Non volava una mosca. Io almeno non dicevo nulla. Speravo solo di arrivare qui al velodromo».

«Mi spiace un po’ per il finale, perché nella volata mi sono ritrovata con i crampi». E poi, dopo una breve pausa, aggiunge: «Ma questa Roubaix per me è un ottimo punto di partenza per il futuro».

La trentina ha fatto molte classiche. Domenica chiuderà la sua Campagna del Nord con l’Amstel Gold Race
La trentina ha fatto molte classiche. Domenica chiuderà la sua Campagna del Nord con l’Amstel Gold Race

Sguardo in avanti

A 25 anni Borghesi ha tutte le carte in regola per poter continuare a crescere e a sognare in grande. 

Prestazioni del genere in gare simili ti danno qualcosa. Ti lasciano qualcosa: consapevolezza in primis, ma anche piccoli “ritocchi” al motore. Sai che se le cose vanno bene ci puoi essere. Così capisci dove limare, dove poter guadagnare quel qualcosa. E in più in queste gare spingi il tuo corpo un po’ oltre, spostando l’asticella dei parametri fisici.

Senza contare che sono occasioni di vivere in prima persona il ciclismo al massimo livello. Giusto l’altro giorno l’altra Letizia, Paternoster, ci spiegava come studiasse le grandi: nei movimenti in gruppo, nel mangiare, nei rapporti. Anche Borghesi non perde occasione di osservarle.

«Kopecky – dice – si è mostrata in grande forma e riesce ad essere competitiva su ogni terreno. Poi c’è Vos che è, e resta, una garanzia. L’obiettivo è quello di arrivare al loro livello. E di lavorare per farlo. Si cerca d’imparare dalle più forti.

«La cosa bella che ho notato è che riescono ad essere tranquille e a dare tranquillità alle compagne anche nei momenti più concitati della corsa. E questa credo sia una grande qualità».

La nuova vita di Plebani, ora a caccia del podio olimpico

09.04.2024
6 min
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Per Davide Plebani la notizia della prossima convocazione per i Giochi Paralimpici ha un sapore dolce come il miele. E’ già di per sé un riscatto dopo che la sua carriera da pistard si era chiusa senza essere riuscito a ottenere quel che voleva. Per anni parte della nazionale, sempre nel gruppo del quartetto anche se non titolare, nel corso del tempo Plebani era diventato l’esempio della grande speranza non concretizzatasi, di un corridore di grande talento ma con risultati inferiori a quelli che si attendevano. Il treno olimpico sembrava passato, invece…

La storia del suo connubio con Lorenzo Bernard, che l’ha portato al bronzo mondiale e quindi all’ammissione d’ufficio alla rassegna a cinque cerchi è un racconto che Davide fa con una gioia palpabile, che traspare dalla sua voce anche per il fatto che questo successo è condiviso.

I due in allenamento a Rio. Il loro bronzo vale direttamente la qualificazione olimpica
I due in allenamento a Rio. Il loro bronzo vale direttamente la qualificazione olimpica

«Io avevo smesso di correre per mia scelta, i mondiali del 2022 erano stati l’ultimo atto di una carriera comunque importante, considerando che ho dalla mia anche un bronzo mondiale ed europeo nell’inseguimento. Un mese dopo aver appeso la bici al chiodo mi ha chiamato il presidente della Fci Dagnoni, dicendomi che ha sempre creduto in me e che era un peccato mollare, ma che avrei potuto dare un contributo diverso. Mi ha suggerito l’idea del paraciclismo, fatto sta che a gennaio ero già in sella al tandem».

Una specialità completamente diversa, anche dal punto di vista tecnico…

Sì, serviva un po’ di tempo per abituarsi, ma d’altro canto la regola che vuole il decorrere di un anno di passaggio dal ciclismo olimpico a quello paralimpico mi dava il tempo per ambientarmi. Poi la mia esperienza nei velodromi mi consentiva di prendere presto confidenza col nuovo mezzo. Attenzione però, perché con Lorenzo il nostro impegno non riguarda solo la pista, ma anche le gare su strada, in linea e a cronometro. Io prima ero abituato ad affrontare le prove contro il tempo come un di più, ora invece sono un obiettivo vero e proprio.

Per Plebani e Bernard c’è anche la strada, con due occasioni di gara a Parigi 2024
Per Plebani e Bernard c’è anche la strada, con due occasioni di gara a Parigi 2024
Che cosa significa correre in tandem?

E’ diverso, non tanto e non solo per il gesto tecnico. E’ fondamentale trovare il giusto feeling con il compagno, conoscersi anche fuori dalla gara, entrare in sintonia. Soprattutto nel nostro caso dove per forza di cose abbiamo compiti diversi. Lorenzo, dietro, è fondamentale, perché deve spingere e trovare una grande sensibilità di gesto verso di me, seguire e assecondare la mia pedalata. In sella comunichiamo molto, io non sono solamente i suoi occhi, ma devo dargli i tempi. E’ importantissimo che ci sia sincronia e questa si acquisisce con il lavoro.

Accennavi al fatto che non sarete impegnati solo su pista, quanto cambia il vostro impegno passando alla strada?

Sono sforzi diversi. Le cronometro sono intorno ai 30 chilometri e anche qui bisogna trovare il giusto rimo di pedalata. Nelle gare in linea serve anche la sensibilità nel coesistere con gli altri, sono prove sui 100-120 chilometri, forse sono quelle dove il connubio è più forte. Resta il fatto che pista e strada sono connesse, ognuna è utile all’altra come per me è sempre stato, ogni specialità aiuta l’altra.

Ai mondiali hai ritrovato tanti corridori che erano con te nelle gare su pista e su strada da normodotati. Che effetto ti ha fatto ritrovarli in una situazione così diversa?

E’ particolare, tra una gara e l’altra a Rio spesso ci ritrovavamo, ci salutavamo, condividevamo le nostre esperienze e in tutti ho trovato la gioia di essere lì, di vivere questa nuova esperienza molto più profonda. E’ qualcosa che va al di là della pura competizione, è appagante già per il solo fatto di esserci. Ho trovato campioni della pista e anche della strada, è stato bellissimo.

Personalmente che effetto ti fa questa nuova esperienza?

Sono contentissimo, mi sento per la prima volta teso verso un obiettivo chiaro. Avevo chiuso la mia carriera insoddisfatto, mi era mancato qualcosa, soprattutto non sentivo fiducia intorno a me. Invece qui è tutto diverso. A gennaio avevamo gareggiato in Coppa del Mondo e le cose non erano andate bene, ma sapevo di poter crescere e avevo chiesto fiducia a Perusini. Lui me l’ha accordata, si è fidato. Io e Lorenzo abbiamo lavorato insieme trovando il giusto mix e ho potuto dare risposta a quella fiducia. Ora so che possiamo fare anche molto meglio, abbiamo ampi margini di crescita, quindi per Parigi sono molto ottimista.

Lorenzo Bernard, 27 anni della Valsusa, è già stato olimpico a Tokyo 2020 nel paracanottaggio
Lorenzo Bernard, 27 anni della Valsusa, è già stato olimpico a Tokyo 2020 nel paracanottaggio
Oltretutto avere già in tasca il biglietto olimpico è una motivazione in più…

Sì, perché possiamo concentrarci totalmente sulla preparazione, anche le tappe di Coppa diventano ora semplici test, non dobbiamo dannarci l’anima per qualificarci. Noi ci crediamo fortemente, possiamo davvero puntare al massimo risultato, l’importante è finalizzare l’obiettivo. Il mondiale era una tappa, il target è più in là…

Ti ritroverai a Parigi come la tua compagna Elisa Balsamo. Che cosa ha detto di questa tua seconda carriera?

Elisa mi aiuta e mi supporta in tutto, come io faccio con lei. Ci siamo sentiti durante i mondiali, ma lei era contenta per me già prima, mi diceva che da tempo non mi vedeva così felice, così concentrato verso qualcosa e per lei tanto bastava, i risultati venivano di conseguenza. Sarebbe stato bellissimo condividere la nostra esperienza olimpica, ma anche il fatto di viverla entrambi anche se con qualche settimana di differenza è esaltante.

Plebani con Elisa Balsamo: saranno entrambi a Parigi, ma in periodi diversi
Plebani con Elisa Balsamo: saranno entrambi a Parigi, ma in periodi diversi
Che impressione hai tratto dal mondo del ciclismo paralimpico?

Non credevo davvero di trovare tanta professionalità. Sono atleti veri. Il primo pensiero che mi è venuto in mente è che qui dovevo andare anche più forte di prima, se volevo emergere. Poi c’è il fatto che non si corre solamente per se stessi, si condivide l’esperienza con un compagno ed è bellissimo. Vorrei che Parigi fosse già domani…

Valoti raccontaci come procede la crescita di Masciarelli

09.04.2024
4 min
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NEGRAR DI VALPOLICELLA – Quando Lorenzo Masciarelli ha lasciato il Belgio e la Pauwel Sauzen-Bingoal, non sono mancati articoli e reazioni. Il ritorno in Italia del giovane abruzzese, vero talento nel ciclocross, ha spiazzato un po’ tutti. Masciarelli era finito nel mirino della Colpack-Ballan (dal 2024 MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb) per le sue doti da scalatore (foto apertura NB Srl). 

La stagione passata è servita per capire che ,al di là di qualche importante problema fisico, c’è ancora tanta strada da fare. Allo stesso modo in cui in Belgio doveva imparare a correre nel fango, ora deve imparare a correre su asfalto. Il processo di apprendimento non è semplice, ma la decisione presa sembra incontrovertibile. Chi si aspettava, fin da subito, un impatto forte e deciso può essere rimasto deluso. Ma quello del classe 2003 è un percorso che va fatto a piccoli passi e tanto passa dall’aiuto e dal supporto fornito dal team.

Nel 2022-2023 Masciarelli ha passato un inverno da ciclocrossista
Nel 2022-2023 Masciarelli ha passato un inverno da ciclocrossista

Ancora margini

Il 2024 per lui è iniziato in maniera più decisa, con un quinto posto alla Coppa San Geo, prima gara elite e under 23 della stagione. I mesi di marzo e aprile sono stati e saranno impreziositi da impegni di livello maggiore. Prima Masciarelli è andato all’Istrian Spring Trophy, una corsa a tappe 2.2, poi alla Coppi e Bartali (2.1). Ora lo aspetta la corsa di casa: il Giro di Abruzzo. Durante i giorni di corsa tra Belvedere e Recioto abbiamo intercettato il suo diesse alla MBH Bank-Colpack, Gianluca Valoti, e con lui abbiamo fatto un punto sulla crescita di Lorenzo Masciarelli

«Lo abbiamo preso nel 2023 – ci spiega il diesse Valoti – ma per certi versi è come se questo fosse il primo anno. Solamente in questa stagione si è dedicato alla strada, curando tutto nei dettagli. E’ partito bene, è stato molto sfortunato in Croazia, dove una caduta gli ha impedito di performare al meglio. Tra pochi giorni correrà al Giro di Abruzzo, in casa, e da lì seguirà il programma per il resto della stagione. Ha ancora tanti margini di miglioramento».

Nel 2024 ha trascorso il suo primo inverno lavorando a pieno regime su strada (foto NB Srl)
Nel 2024 ha trascorso il suo primo inverno lavorando a pieno regime su strada (foto NB Srl)
In quali ambiti?

Come prima cosa gli manca un pochettino di esperienza per quanto riguarda le corse più lunghe e a tappe. Sta lavorando benissimo per recuperare questi piccoli problemi.

Dove lavorate di più?

Sulla distanza da percorrere in gara o per quanto riguarda l’alimentazione in corsa. Tante piccole cose che, sommate, portano ad un miglioramento importante.

Questo inverno, il primo interamente con voi, su cosa vi siete concentrati?

Abbiamo seguito il programma per la preparazione atletica. Ha lavorato molto bene, è un corridore meticoloso, ha bisogno di tante conferme. Nel ritiro invernale ha dimostrato di essere competitivo. E’ un ragazzo che si esprime meglio con temperature più alte, quindi con il proseguire della stagione ci aspettiamo qualcosa da lui.  

Dopo un primo periodo di gare tra U23 e pro’, l’abruzzese sarà al via della corsa di casa (foto NB Srl)
Dopo un primo periodo di gare tra U23 e pro’, l’abruzzese sarà al via della corsa di casa (foto NB Srl)
Dal Giro di Abruzzo in poi cosa prevede la stagione di Masciarelli?

Ora fino a inizio maggio abbiamo un programma delineato, poi vedremo in base al percorso del Giro Next Gen e sceglieremo la squadra. 

In vista del 2025 e del passaggio della MBH Bank-Colpack a team professional Masciarelli può essere un profilo interessante?

Sicuramente. C’è in programma di fare un salto nella categoria dei professionisti. Lui sarà uno di quelli che potrebbero essere con noi. 

Masciarelli lavora in maniera meticolosa ma senza perdere la serenità (foto NB Srl)
Masciarelli lavora in maniera meticolosa ma senza perdere la serenità (foto NB Srl)
L’obiettivo?

Quello di credere in lui e negli altri. Riuscire a portare una buona parte di questi ragazzi nel mondo dei professionisti per noi sarebbe una grande soddisfazione. I ragazzi sono giovani e devono crescere, non solo Masciarelli, anche se lui è uno sul quale puntiamo molto.

Roubaix, laboratorio della tecnica. Le chicche per il pavè

09.04.2024
7 min
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ROUBAIX (Francia) – La classica delle pietre è notoriamente una delle “gare laboratorio” dal punto di vista tecnico. La particolarità del percorso spinge a preparare bici ad hoc, molto più del solito. Una volta c’erano le ruote con i raggi più tirati e saldati nell’incrocio e il doppio nastro. Adesso c’è molto di più. Adesso non ci sono più “palliativi”, modifiche ai prodotti, ma prodotti nuovi o, per meglio dire, differenti. Qualcuno il doppio nastro lo usa ancora, ma di fatto siamo in un’altra era.

I telai moderni benché più aerodinamici, veloci e prestanti al tempo stesso sono anche più “versatili”, almeno alcuni di essi. Perché? Perché lasciano anche tanta luce per il passaggio degli pneumatici larghi. Pensiamo alla Cannondale della EF Education-Easy Post o alla Specialized Sl 8 che avevano quest’anno le atlete della Sd Worx-Protime.

Quali rapporti

Partiamo dai rapporti. La maggior parte dei corridori aveva il classico 54-40, tra questi anche sua maestà Van der Poel. Però si sono viste tante, ma davvero tante monocorona. E stavolta non le proponeva solo Sram, ma anche Vision.

Evidentemente il percorso pianeggiante e l’idea di un componente in meno che si potesse rompere o “incepparsi” (vedi il salto di catena), ha allettato non poco meccanici e corridori.

Usavano le mono Visma-Lease a Bike, Movistar, molti della EF e alcuni atleti individualmente. Tra questi spiccava e non di poco la 62 denti di Joshua Tarling, il “bimbo” fenomeno della cronometro. Al netto della sua squalifica per traino prolungato durante lo scambio di una borraccia dall’ammiraglia, il gallese ha avuto coraggio e gamba.

Gomme e ruote

Pianeta gomme… e ruote. Ormai la ruota in carbonio ad alto profilo è del tutto sdoganata: non è più una notizia. Però vedere le 60 millimetri con una certa frequenza per la Roubaix ci ha colpito un bel po’. La virata verso gli alti profili è strettamente legata anche alla disponibilità delle gomme che si possono montare. Gomme più larghe (e tubeless) consentono di osare di più con il profilo dei cerchi.

Posto che il tubeless l’ha fatta da padrone, grazie anche al “salsicciotto” che si può montare al suo interno e al liquido sigillante in caso di foratura, questa gomma è ormai prodotta in molti standard. Larghe, larghissime, rinforzate: i 28 millimetri erano davvero pochi, mentre hanno spopolato i 32. In certi casi montati proprio al limite. Pochissimi i tubolari avvistati.

Quando parliamo di pneumatici larghissimi pensiamo a Continental. Il brand tedesco ha proposto i 35 millimetri. Per questa Roubaix per esempio, li montava Andrea Pasqualon, che infatti non ha esitato ad usare ruote da 60 millimetri. 

Occhio poi alle ruote stesse. In apparenza erano identiche a quelle standard, ma in più di qualche caso si trattava di cerchi più robusti. In casa Soudal-Quick Step per esempio si è pensato ad un set misto: strada (anteriore)-gravel (posteriore).

I dati dei tecnici Specialized, fornitore del team, dicevano che dal punto di vista aerodinamico la perdita di efficienza al posteriore era inferiore rispetto al vantaggio che si aveva sul pavé, specie in termini di sicurezza, trazione e resistenza alle forature.

Tre tipi di scelta

Infine c’è un aspetto che ci ha colpito nelle scelte tecniche: la genesi delle stesse scelte. Le varie opzioni percorrono tre vie principali: la soluzione di squadra, gestita dai team performance; la soluzione proposta dal costruttore (o brand) e la scelta lasciata all’atleta.

Facciamo esempi pratici. La Visma-Lease a Bike decideva per tutti, infatti i setup erano uguali per tutti gli alfieri schierati: telaio Cervélo Soloist, ruote Reverse da 40 millimetri, gomme da 32 mm, monocorona da 54. A discrezione del corridore la possibilità di montare il doppio comando (sulla piega) oppure no. Quello che abbiamo inoltre notato è una scelta sempre più ampia dei reggisella con zero off-set, una conferma di questo tipo arriva proprio dalle Soloist.

C’era poi la soluzione dei team di Specialized, per esempio. Il costruttore americano, che propone telai, ruote e gomme, forniva ai team il loro setup ideale. Poi stava al team e all’atleta avallare quelle scelte o virare sul personale. Infine la terza modalità: si parte dai materiali standard e il corridore faceva le proprie scelte sempre nel ventaglio di materiali a disposizione.

Casa Visma: non è ancora allarme, ma quasi…

08.04.2024
5 min
Salva

In un modo o nell’altro, i grandi cicli si somigliano tutti. Per questo quando la settimana scorsa è stato annunciato che Merijn Zeeman, numero uno dei tecnici Visma-Lease a Bike, passerà dal prossimo anno al calcio nelle file dell’Alkmaar, la mente è andata a quando Rod Ellingworth lasciò, sia pure per il solo 2020, il Team Ineos Grenadiers. In un modo o nell’altro quel passaggio di mano segnò l’inizio del ridimensionamento della squadra britannica, che vinse il Giro con Bernal e poi si mise in cerca di una nuova identità. Ellingworth fece in tempo a tornare e poi ad andarsene di nuovo e nel vuoto lasciato libero dagli inglesi si è infilata con prepotenza la squadra olandese di Vingegaard e Van Aert. Il loro ciclo avrà qualche ripercussione per la partenza di Zeeman?

Zeeman, capo dei tecnici della Visma, dal prossimo anno passerà al calcio
Zeeman, capo dei tecnici della Visma, dal prossimo anno passerà al calcio

Due cadute all’unisono

Il primo a saltare giù dalla nave è stato Primoz Roglic. La sua scelta non è legata alla partenza del tecnico, quanto piuttosto alla necessità di avere un proprio spazio al Tour de France. Nonostante ciò, la partenza dello sloveno ha aperto una voragine nell’organico del team che lo scorso anno ha vinto i tre grandi Giri e al momento rischia di non vincerne neanche uno. Chiaramente nel discorso entrano due cadute: quella di Van Aert a Waregem e quella di Vingegaard ai Paesi Baschi.

Già è parsa una forzatura la presenza del belga come uomo di classifica al Giro, ma adesso le incertezze sul suo recupero e quello del danese rendono il quadro ben più confuso. Al punto che la possibilità di Pogacar di fare la doppietta Giro-Tour, che fino a un mese fa sembrava irrealistica, adesso sembra meno remota. Con questi immensi campioni funziona così: se non hanno intorno rivali della loro grandezza, è difficile batterli. Come conferma il dominio di Van der Poel al Fiandre e ancor più alla Roubaix.

Anche Roglic coinvolto nella caduta dei Paesi Baschi, ma per una volta se l’è cavata con poco (foto Instagram)
Anche Roglic coinvolto nella caduta dei Paesi Baschi, ma per una volta se l’è cavata con poco (foto Instagram)

Linea verde per Roubaix

Proprio ieri, complice anche il forfait in extremis di Van Baarle, la presenza della Visma-Lease a Bike nella corsa del pavé è rimasta legata all’entusiasmo dei gemelli Tim e Mick Van Dijke e al talento di Per Strand Hagenes. Solo che quando si è varcato il muro dei 220 chilometri l’entusiasmo è stato scalzato dalla fatica, come è giusto che sia per atleti così giovani.

«Nel contesto dello sviluppo dei talenti – ha spiegato proprio Merijn Zeeman al belga Het Nieuwsblad – volevamo vedere fino a che punto potevano spingersi i nostri tre corridori più giovani. E loro hanno dimostrato di avere una prospettiva per il futuro. Naturalmente ci aspettavamo di più, sicuramente alla Roubaix, che per noi è un po’ più adatta rispetto al Fiandre. L’opening-weekend (vittorie di Tratnik e Van Aert, ndr) e la Dwars door Vlaanderen (vittoria di Jorgenson, ma caduta di Van Aert, ndr) sono state un sollievo per i risultati. Se avessimo avuto tutti i nostri leader lì, avremmo potuto lottare anche per la Roubaix, ma si è imposta la Alpecin-Deceuninck. E Mathieu era addirittura in una classe a parte».

Van Aert è convalescente in Belgio, sul mare di Knokke. Per ora la Visma non rivede i suoi piani (foto Instagram)
Van Aert è convalescente in Belgio, sul mare di Knokke. Per ora la Visma non rivede i suoi piani (foto Instagram)

Van Aert e il Giro

E adesso il gioco si fa spinoso. Manca meno di un mese all’inizio del Giro (4 maggio) e Van Aert si è fatto fotografare ancora fasciato e immobile sul balcone di un centro residenziale sul mare di Knokke. 

«Nove giorni dopo l’intervento chirurgico – ha scritto su Instagram, prima di ringraziare tutti quelli che lo stanno sostenendo – e inizio a sentirmi di nuovo un po’ me stesso. Spero di tornare presto in sella alla mia bici, ma in questo momento il recupero completo delle ferite e delle ossa rotte ha la mia priorità assoluta».

In realtà non è ancora dato di sapere quando potrà riprendere gli allenamenti e questo, in un ciclismo che vive di calcoli millimetrici, è un bel problema. Quel che fa onore alla squadra olandese è voler per ora mantenere fede all’impegno del Giro, che potrebbe in ogni caso diventare un buon rodaggio sulla strada eventuale del Tour. Il recupero per ora procede.

«Si tratta di una combinazione di costole e clavicole rotte – spiega Zeeman – un polmone contuso e una vasta ustione sulla schiena. Le cose stanno migliorando, ma non possiamo ancora dire quando potrà riprendere ad allenarsi sui rulli. Non dico che non possa accadere presto, ma al momento resta da vedere. Non so dire neanche di quanto lavoro avrà bisogno Wout per arrivare bene al via del Giro. Tutto dipende dal punto di partenza, dalla condizione che gli sarà rimasta. Il principio di base è che in corsa dovrà essere al 100 per cento. E’ uno dei nostri leader e non andrà al Giro solo per pedalare: questo è chiaro come il sole. Il tempo è poco, ma speriamo di ottenere informazioni dettagliate sulla situazione di Wout nelle prossime settimane».

Vingegaard ha riportato fratture e un pneumotorace: è ancora in ospedale (immagine Eurosport)
Per Vingegaard fratture e un pneumotorace: è ancora in ospedale (immagine Eurosport)

Vingegaard e il Tour

Il Tour per fortuna è più lontano, anche se neppure le condizioni di Vingegaard sono così tranquillizzanti. Il danese è sparito dai radar, come è giusto che sia, ma il bollettino relativo alla sua caduta è nettamente peggiore rispetto a quello di Van Aert. Per lui si parla di costole e clavicole fratturate, di un polmone contuso e un polmone collassato.

«C’è un po’ più di tempo per Jonas – chiude Zeeman – perché ovviamente punta al Tour. Solo che abbiamo deciso di non mantenere il ritiro in quota di Sierra Nevada che dovrebbe iniziare il 6 maggio. Troveremo un altro avvicinamento. Ogni giorno migliora un po’, ma è ancora in ospedale e questo ovviamente dice abbastanza. Tutto quello che possiamo fare ora è pensare a quanti più scenari possibili. Wout potrebbe non arrivare pronto per il Giro, come Vingegaard potrebbe non essere pronto per il Tour. Speriamo di poter concretizzare tutto questo nelle prossime settimane».

Ricordate Magagnotti? E’ già pronto a graffiare fra gli juniores

08.04.2024
5 min
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Quando arrivi fra juniores con le stimmate del campione per quanto fatto da allievo, è chiaro che ogni battito di ciglia ha il suo peso. Per questo non aver visto il nome di Alessio Magagnotti negli ordini d’arrivo delle prime prove della stagione aveva sorpreso più di qualcuno. La medaglia d’argento degli Eyof ha però risposto da par suo, cogliendo la seconda piazza al GP Festa del Perdono, non una classica qualsiasi visto che per correrla sono arrivati anche dall’estero, seguita poi dal 4° posto nel Trofeo Ristorante alla Colombera.

Per Magagnotti questo podio è stato un po’ una liberazione: «La prima soddisfazione dell’anno, che ha cancellato un inizio davvero sfortunato. Sono caduto alla prima e alla terza gara e questo mi aveva un po’ imballato. Ne avevo bisogno per ritrovare spinta».

Lo sprint per il secondo posto a Melegnano, con Magagnotti che beffa Fietzke (foto Instagram)
Lo sprint per il secondo posto a Melegnano, con Magagnotti che beffa Fietzke (foto Instagram)
Che cambiamenti hai trovato salendo di categoria?

E’ un altro mondo. Si vede quanto conta l’organizzazione dei team, quanto è importante nella gestione di certe corse. L’ho capito proprio al GP del Perdono, perché nelle gare internazionali si va sempre a tutta mentre in quelle prettamente nostrane si lavora in maniera diversa nella prima e nella seconda parte, quando ci si muove davvero.

Com’era stata la preparazione invernale, diversa da quella tua solita?

Abbastanza. Intanto ho iniziato molto prima, io che ero abituato a fare le cose sul serio da inizio dicembre ho invece cominciato ad allenarmi già un mese prima e poi a dicembre c’è stato il ritiro in Spagna. Io non ero mai stato all’estero, ad allenarmi così lontano da casa. E’ stata anche quella un’esperienza nuova. I carichi di lavoro sono diventati più intensi rispetto a un anno fa e soprattutto più frequenti.

Magagnotti è nato nel 2007 a Vo’ Sinistro (TN), sta mostrando grandi progressi. Ora correrà al Giro dell’Abruzzo
Magagnotti è nato nel 2007 a Vo’ Sinistro (TN), sta mostrando grandi progressi. Ora correrà al Giro dell’Abruzzo
Fisicamente sei cambiato?

Non mi controllo molto allo specchio, non so se ad esempio sono cresciuto in altezza. Ho messo un po’ più di muscoli grazie al lavoro in palestra che prima non era contemplato e devo dire che dei miglioramenti li ho notati soprattutto nella mia resistenza e potenza sulle salite lunghe.

Passando di categoria, è chiaro che molti si sono soffermati su di te visto il tuo curriculum da allievo. Senti questa pressione?

Un po’ sì, soprattutto nelle primissime corse avevo l’impressione che tutti si aspettassero da me qualcosa e quelle cadute avevano lasciato deluso me in prima persona. Poi ho cercato di vivere la mia attività con un po’ più di tranquillità e subito ho visto che andavo meglio, questo mi ha incoraggiato e il podio è stato anche figlio di questo nuovo atteggiamento.

Il team Autozai Contri quest’anno ha fatto grandi acquisti, con Contri anche Valjavec, 2° alla Roubaix di categoria
Il team Autozai Contri quest’anno ha fatto grandi acquisti, con Contri anche Valjavec, 2° alla Roubaix di categoria
Com’è l’atmosfera nel tuo nuovo team, l’Autozai Contri?

Molto positiva, il ritiro invernale è stato importante anche per stringere legami fra noi. Si è creato un bel clima e in gara si vede, ognuno sa quel che deve fare e punta alla vittoria di squadra. Finora sono arrivati tre podi, sono convinto che presto verrà anche il nostro momento di gioire per il risultato pieno.

Torniamo un attimo alla classica di Melegnano, che impressione hai avuto dal confronto con il Team Grenke Auto Eder, considerato da tutti un riferimento nella categoria?

Ho notato che hanno una straordinaria resistenza, partono cattivi e arrivano ancora più cattivi, agonisticamente parlando. In gara guardano tutti a loro e non si lasciano intimidire, tengono le redini della corsa. In salita hanno fatto selezione riducendo il gruppo a una ventina di unità con me che avevo già speso un po’ di energie per rientrare dopo una caduta. L’azione decisiva l’ha promossa il danese Clemmensen, io l’ho seguito, poi su di noi sono rientrati il tedesco Fietzke e Bosio, ma i tedeschi potevano far valere la superiorità numerica e infatti alla fine Clemmensen ha piazzato la botta a 3 chilometri dall’arrivo. Io sapevo che in quella situazione sarebbe stato molto difficile vincere, sono stato contento della mia piazza d’onore.

Il podio del GP Festa del Perdono con il trentino al fianco di Clemmensen (foto team)
Il podio del GP Festa del Perdono con il trentino al fianco di Clemmensen (foto team)
Con il cittì Salvoldi ti sei già sentito?

Sì, mi ha promesso che più avanti nella stagione mi chiamerà per qualche corsa internazionale, voglio farmi trovare pronto quando sarà il momento perché so che quelle prove sono un momento importante nella mia crescita.

Ora che cosa ti aspetta?

Il Giro dell’Abruzzo di categoria, per me sarà il primo impegno in assoluto in una corsa a tappe. Io spero che sia abbastanza duro e che ci siano occasioni per farmi vedere, ho visto il disegno delle tappe e sono con le caratteristiche giuste per me, ma quel che conta sarà il risultato del team, speriamo davvero di centrare il nostro primo successo. Se sarò io a farlo, tanto di guadagnato…