Trasferta alla Philippe Gilbert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Florio Santin, Ivan Ravaioli, foto di gruppo

Quattro del Caneva alla Philippe Gilbert: Ravaioli racconta

12.10.2025
7 min
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Quattro ragazzi dal Friuli con il loro direttore sportivo si sono cimentati la scorsa settimana con la Philippe Gilbert Juniors. Due giorni di gara sulle strade della Liegi, volute dal campione belga che di recente è entrato con mani e piedi nell’organizzazione. E’ la storia della Gottardo Giochi-Caneva, che con il direttore sportivo Ivan Ravaioli è andata a toccare con mano le strade su cui il ciclismo scrive ogni anno pagine indimenticabili e ne è tornata con gli occhi che brillavano.

Niente di facile, ma una grande avventura. Soltanto due di loro l’hanno conclusa, gli altri hanno capito che su quelle cotés e con quel tempo da lupi, il ciclismo è un affare serio. A volerli al Nord è stato Florio Santin, italo-belga originario del Friuli, che fino a un paio di giorni prima della corsa era in giro per l’Italia con sua moglie e ha chiuso la vacanza bevendo spritz nella piazza di Sacile. Quello che anni fa fondò il club di Bettini, che poi fu ereditato da Visconti e ora da Busatto. Grazie a lui nel 2025 la VF Group Bardiani ha corso la Fleche Ardennaise U23. Il Team Tiepolo la Aubel-Thimister-Stavelot Juniors. La Gottardo Caneva è stata alla Philippe Gilbert Juniors. E per contro la VC Ardennes è venuta in Italia per la Quattro Giorni di Fiumane, in Friuli.

Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Florio Santin, Philippe Gilbert, Ivan Ravaioli
Philippe Gilbert è parte attiva nell’organizzazione della corsa per juniores che porta il suo nome. Qui con Santin e Ravaioli
Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Florio Santin, Philippe Gilbert, Ivan Ravaioli
Philippe Gilbert è parte attiva nell’organizzazione della corsa per juniores che porta il suo nome. Qui con Santin e Ravaioli

In cerca di squadra

Ravaioli racconta e le parole si sposano con quanto spiegato a inizio stagione. Ha appena recuperato l’ammiraglia e ha già la testa alla prossima corsa e alla squadra del 2026. Dei suoi corridori di quest’anno soltanto Cobalchini ha trovato un posto per il 2026, passando professionista alla MBH Bank-Ballan. Si sta lavorando per dare una chance a Portello, che ha vinto il Trofeo Sportivi di San Martino. Mentre Da Rios tornerà a fare cross sperando di farsi notare. E’ già difficile trovare una squadra negli juniores, quasi impossibile fra gli U23, perché ne sono rimaste poche e sono tutte a pieno organico. Andare all’estero significa alzare il valore dei propri atleti, ma le certezze sono davvero poche.

«Non vedevo l’ora di portare su i ragazzi – racconta Ravaioli – avremmo voluto farlo anche l’anno scorso. E’ chiaro che il Belgio è il Belgio. Però penso che correre in qualsiasi altro Paese, che sia la Francia, l’Olanda o la Repubblica Ceca, sia utilissimo. Vorremmo fare una trasferta del genere ogni anno, per misurarci con corridori stranieri e su percorsi di un certo tipo. Sapevo che le tappe gli sarebbero piaciute e il campo dei partenti era notevole. C’era anche il campione del mondo, che non ha vinto e ha dovuto accontentarsi del quarto posto nella seconda tappa. Per come ha vinto il mondiale, vuol dire che il livello alla Philippe Gilbert proprio scarso non era…».

Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Nicola Padovan indossa la maglia dei giovani dopo il 6° posto nella prima tappa
Prima tappa a La Gleize, Padovan centra il sesto posto. Per lui la maglia bianca dei giovani
Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Nicola Padovan indossa la maglia dei giovani dopo il 6° posto nella prima tappa
Prima tappa a La Gleize, Padovan centra il sesto posto. Per lui la maglia bianca dei giovani
Perché hai detto che i percorsi gli sono piaciuti?

Li ho visti contenti. Scendevano dalla bici e le prime parole che gli venivano fuori dalla bocca erano: «Che figata di percorsi! Che bello correre così, non mollano mai». Anche se avevano preso acqua, pioggia e freddo per 110 chilometri. Sicuramente sono stati contenti, sicuramente hanno imparato, sicuramente sono cresciuti, quindi l’esperienza è stata super positiva.

Che percorsi avete trovato?

Il primo giorno, da Aywaylle a La Gleize, c’era un percorso misto perché lassù, come sapete bene, di pianura vera e propria ce n’è poca. Gli anni scorsi era sempre finita con la volata di 40-50 corridori, anche se gli ultimi 8-9 chilometri, che si facevano tre volte, tiravano tutti in su. Era una salita da oltre 30 all’ora e sono arrivati effettivamente 50 corridori in volata. Nicola Padovan ha corso bene, ha tenuto duro perché quelle sono le sue corse. Ha fatto la volata e ha trovato il sesto posto che gli è valso la maglia dei giorvani del primo giorno.

La seconda tappa?

Ancora da Aywaylle (dove ha sede il fan club di Gilbert e dove è cresciuto, ndr) e fino a Remouchamps. Giù fino a Bastogne, poi giro di boa e sette cotés in fila. Nel finale si faceva una volta la Redoute, in cima si svoltava a destra nella discesa e poi si ripeteva, con l’arrivo a metà salita, dove c’è la lapide che la celebra. Sono arrivati uno per angolo, perché la Redoute dopo 120 chilometri e 1.300 metri di dislivello ha fatto il disastro. E ugualmente, dopo l’arrivo hanno detto: «Oh, non siamo andati bene, ma è stata una figata». La Redoute l’avevano vista solo in televisione ed era la prima volta che andavano in Belgio.

La Redoute è sempre stata la salita di casa di Gilbert, che qui la prova nel 2022 alla sua ultima Liegi
La Redoute è sempre stata la salita di casa di Gilbert, che qui la prova nel 2022 alla sua ultima Liegi
Gilbert si è fatto vedere?

E’ stato sempre presente. Si dà un gran daffare a livello organizzativo, cosa che fino a che correva (Gilbert si è ritirato nel 2022, ndr) non poteva e si occupavano di tutto i suoi due fratelli e i suoi genitori. Invece adesso la mattina era alle riunioni tecniche a prendere i numeri delle ammiraglie da consegnare ai direttori sportivi. Caricava i rifornimenti per gli addetti agli incroci. Ha seguito tutte le tappe facendo 7-8 tagli per vedere i ragazzi in più punti. Non è mancato a una premiazione. Diciamo che ha tempo e vuole essere presente per far crescere ancora di più la gara.

Tu da direttore sportivo che idea ti sei fatto?

Ho visto quello che sapevo già, nel senso che bisogna lavorare sull’adattarsi a qualsiasi tipo di condizione. Una situazione di gara, il meteo, gli imprevisti che succedono in corsa. Gli stranieri, da questo lato, sono un po’ più pronti dei nostri ragazzi.

Che cosa manca ai nostri?

Il corridore italiano ormai è molto schematico e ripetitivo nella sua routine. Ha i suoi allenamenti, il suo giretto del sabato o comunque del giorno prima della gara, il suo mangiare. Invece all’estero devi saperti anche adattare. Non è detto che trovi il ristorante italiano, anche se noi l’abbiamo trovato. Non è detto però che ti faccia la pasta De Cecco, con l’olio d’oliva e il grana. Devi mangiare quello che c’è e a volte fanno fatica. Ormai sin da esordienti hanno i loro rituali e quando arrivano negli juniores sono un po’ robotizzati. Quindi il fatto di farli vivere per qualche giorno anche fuori dal giardino di casa, pur senza fargli mancare niente, serve perché aprano gli occhi.

Senza fargli mancare niente?

Il sabato sono arrivato a cena mezz’ora dopo, perché ero in giro in un paesino a cercare una lavasciuga a monete per lavargli la roba. Io ho trovato la lavatrice il primo anno da professionista, ma nei quattro anni da under 23 mi lavavo tutto nel lavandino e poi stendevo fuori dalla finestra oppure arrotolavo nell’asciugamano, perché si asciugasse prima. Sono storie di 30 anni fa, se posso fargli risparmiare il tempo del bucato dopo una tappa sotto la pioggia, lo faccio volentieri. Però non siamo a casa e la routine viene un po’ a mancare. E per me non è una pecca, non è un danno, è una crescita per questi ragazzi che hanno 17-18 anni.

Eravate gli unici italiani?

Eravamo l’unica squadra italiana e in una mista con fra Team Cannibal e Bahrain, c’era Pietro Solavaggione del Team Giorgi.

C’era pubblico?

Pochissimo il sabato, poco la domenica durante la tappa. Invece c’era tanta gente sulla Redoute. Ero in ammiraglia con Florio e a un certo punto ha detto: «Cavoli, sembra di essere quasi alla Liegi, perché c’è davvero tantissima gente». E’ chiaro che vedendoli più volte ed essendoci l’arrivo, il richiamo è stato irresistibile.

Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Philippe Gilbert firma la maglia della Gottardo Giochi-Caneva
Non si poteva ripartire da Belgio senza l’autografo di Gilbert sulla maglia della squadra
Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Philippe Gilbert firma la maglia della Gottardo Giochi-Caneva
Non si poteva ripartire da Belgio senza l’autografo di Gilbert sulla maglia della squadra
Bilancio finale?

Torneremo, se lassù o altrove non lo so. Chi smetterà, perché sicuramente non tutti potranno continuare, avrà fatto un’esperienza che secondo me si ricorderà anche da grande. Chi proseguirà avrà arricchito il suo bagaglio.

Il grosso scoglio per certe trasferte sono i costi: siete stati ospitati oppure avete dovuto pagare tutto?

Tutto a costo del Caneva, chiaramente appoggiato dagli sponsor. Uno di loro ha contribuito maggiormente per questa trasferta, perché ha capito che era una cosa giusta da fare e che dava valore all’intera società. Ha pagato tutto il Caneva con gli amici sponsor al fianco.

Il Lombardia 2025, Tadej Pogacar, UAE Team Emirates-XRG

Pogacar fa 5 e saluta Majka, Evenepoel senza rimpianti

11.10.2025
5 min
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BERGAMO – Lo aveva detto Fausto Masnada ieri alla vigilia di questo Lombardia: «Il Passo di Ganda è il trampolino perfetto per Pogacar». Detto, fatto. Lo sloveno prende la rincorsa e spicca il volo verso il suo quinto Lombardia consecutivo, il record che tutti aspettavano è stato infranto e già c’è chi pensa al sesto. Quando si assapora il gusto dolce della vittoria è difficile pensare di smettere

«Ho battuto un record – racconta Pogacar in sala stampa – e ne sono felice. Dopo l’arrivo ho parlato anche con Ernesto Colnago ed è stato fantastico parlare con lui. Però continuo a sentire tanti paragoni con il ciclismo e i ciclisti del passato. Non è una cosa che mi fa sempre piacere, credo che nessuno sia felice di essere sempre accostato a qualcosa accaduto nel passato». 

Un cammino lungo 7 anni

Una mano aperta sull’arrivo, dal quale si intravede la fine della discesa che il campione del mondo affronta in totale controllo. Il maggior pensiero glielo hanno dato dei segnali spartitraffico che Pogacar ha schivato a gran velocità. Il pensiero è al suo quinto Lombardia, ma anche alla crescita che lo stesso Tadej e il UAE Team Emirates-XRG hanno avuto in questi anni

«Quando sono entrato in questa squadra nel 2019 – spiega il due volte iridato – era totalmente differente. Non dico che non fosse professionale, ma nelle ultime stagioni siamo cresciuti parecchio e in ogni dettaglio. Il primo grande obiettivo è stato il Tour de France, e lo abbiamo vinto per due volte nel 2020 e nel 2021. Poi la Visma Lease a Bike ci ha battuto nelle due edizioni successive, spingendoci a lavorare ancora più duramente. La UAE ha trovato i migliori materiali, corridori e ha scovato i giovani più promettenti».

«Dopo tanti anni – continua Pogacar – la motivazione arriva anche dal godersi la bellezza di un giro in bici. Trovare un bel posto dove allenarsi è qualcosa che dona una prospettiva differente. Anche queste sono vittorie, a modo loro, credo che nessun ciclista sia qui per vincere e basta».

Tutto come previsto

Il UAE Team Emirates ha controllato tutta la giornata, con l’aiuto della Decathlon AG2R LA Mondiale e della Red Bull-BORA-Hansgrohe nella parte iniziale. Nemmeno il vantaggio superiore ai due minuti con il quale Quinn Simmons ha approcciato la salita finale è sembrato impensierirlo. Anche se nel tratto di pianura prima della salita finale la Soudal-QuickStep ha preso in mano la situazione per chiudere il gap. 

È bastato il lavoro di Rafal Majka, all’ultima corsa della carriera, e di un immenso Jay Vine per riportare il gruppo (o quel che ne rimaneva) alla ruota di Simmons. Da lì l’assolo di Tadej Pogacar, ripercorrendo le stesse strade come due anni fa.

«Penso che questo Lombardia – dice ancora Pogacar – sia un po’ più speciale. Sapere che è stata l’ultima corsa di Rafal Majka l’ha resa unica e bellissima. E’ stato il mio mentore e il mio fratello nel ciclismo per gli ultimi cinque anni. Regalargli questa vittoria è un bel modo per salutarlo e credo che anche lui sia felice di questo grande risultato». 

Remco tra passato e futuro

Il secondo posto, come accaduto ai mondiali e agli europei è toccato a un sorridente Remco Evenepoel. Il belga quando Pogacar ha attaccato non si è messo alla sua ruota ma lo ha lasciato andare. Impossibile seguire lo sloveno, il suo distacco dal rivale, una volta superato il traguardo era di 1 minuto e 48 secondi.

«L’obiettivo a inizio giornata – spiega Evenepoel sorridente – era di avere un corridore in fuga, ed è stato bravo Pieter Serry a inserirsi. In questo modo noi altri siamo stati tranquilli in gruppo. Oggi non abbiamo sbagliato nulla, anche la mia posizione sul Passo di Ganda era corretta. Il ritmo era già elevato da alcuni minuti, quindi era questione di momenti prima dell’attacco di Pogacar. E’ stato impossibile reagire, ho trovato il mio passo e sono andato avanti. Alla fine posso solo essere felice di come ho corso nell’ultimo mese e mezzo e di come ho concluso la mia esperienza in Soudal-QuickStep. Sono felice di essere stato il capitano di questo team e di aver vinto tanto insieme. Volevo dare ancora il massimo per loro e ci sono riuscito. Gli ultimi sette anni sono qualcosa che porterò con me per il resto della mia vita. Ma penso che ora sia il momento di iniziare qualcosa di nuovo».

Simmons e il coraggio di provarci: stupito anche Tadej

11.10.2025
6 min
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Per vincere il suo quinto Lombardia di fila, questa volta Superman Pogacar ha dovuto sconfiggere Capitan America. In pochi, alla partenza da Como avrebbero scommesso che sarebbe stato il barbuto Quinn Simmons l’ultimo baluardo a resistere al supereroe sloveno, arrendendosi soltanto ai 33,7 chilometri dal traguardo, quando mancavano soltanto 2,6 km alla cima del Passo di Ganda. 

Solo a 82 km dall’arrivo

Tutti si aspettavano un monologo del bicampione del mondo e, invece, la lunga fuga di giornata che ha visto tra gli altri protagonisti anche un redivivo Michael Matthews e il nostro Filippo Ganna è stata l’azione che ha animato la classica delle foglie morte. Una giornata più estiva che autunnale viste le temperature sempre superiori ai 20 gradi. Con un vantaggio sempre attorno ai 3 minuti, gli attaccanti hanno tenuto viva la corsa e ai -82 chilometri da Bergamo. E’ stato proprio il ventiquattrenne del Colorado che ha lasciato la compagnia e ha provato l’impresa, facendo risplendere al sole la sua maglia a stelle e strisce. 

«Non mi aspettavo di arrivare così lontano – ci ha raccontato mentre si faceva largo come un funambolo tra i tantissimi tifosi che l’acclamavano sulla via del ritorno al bus della Lidl-Trek – quando sono scattato. Speravo di essere l’uomo di riferimento per “Skjel“ (Mattias Skjelmose, ndr), ma poi mi hanno detto alla radio che non stava bene e stava già soffrendo. Così ho deciso di provarci in prima persona e di vedere fino a dove avrei potuto spingermi».

Giro di Lombardia 2025, Quinn Simmons sul passo Gandia tra ali di folla
Simmons ha attaccato il Passo di Ganda con 2 minuti su Pogacar ed è stato ripreso a 3,4 chilometri dallo scollinamento
Giro di Lombardia 2025, Quinn Simmons sul passo Gandia tra ali di folla
Simmons ha attaccato il Passo di Ganda con 2 minuti su Pogacar ed è stato ripreso a 3,4 chilometri dallo scollinamento

Pogacar, qualcosa di disumano

Quando Tadej l’ha affiancato ai -34, il campione nazionale statunitense ha sbuffato e provato a resistere per 300 metri, ma ha subito capito che non era il caso. «La velocità a cui saliva Pogacar era qualcosa di disumano», ha risposto, prima di abbandonarsi all’abbraccio della futura moglie Sydney, alla quale ha fatto la proposta di matrimonio lo scorso luglio ai Campi Elisi al termine di un Tour de France all’arrembaggio.  Nelle interviste post-gara, lo stesso alieno sloveno ha ammesso di non aspettarsi Quinn come maggiore minaccia alla sua cinquina in serie da primato. 

Il terzo gradino del podio è sfuggito di appena 25 secondi, ma Simmons ci è salito lo stesso per ricevere il premio Pier Luigi Todisco, per il primo corridore che transitava in vetta al Ghisallo, la salita preferita della compianta firma della Gazzetta dello Sport. «Io però speravo di salire sul vero podio dei primi tre. Sarà per la prossima volta», ha ribadito prima di infilarsi all’interno del bus.

Giro di Lombardia 2025, Quinn Simmons, podio per il Premio Todisco
Sul podio Simmons c’è salito per ricevere il Premio Todisco, essendo passato per primo sul Ghisallo
Giro di Lombardia 2025, Quinn Simmons, podio per il Premio Todisco
Sul podio Simmons c’è salito per ricevere il Premio Todisco, essendo passato per primo sul Ghisallo

Lottare per il podio

A raccontarci altri particolari di questo folle Lombardia in casa Lidl-Trek ci ha così pensato il diesse Maxime Monfort, che ha ricostruito i piani studiati il mattino alla partenza di Como.

«L’azione era pianificata a tavolino – spiega – perché volevamo mandare avanti un nostro uomo, ma non ci aspettavamo che avrebbe preso così piede. La composizione della fuga era perfetta con 14 uomini, esattamente come speravamo per poter piazzare uno dei nostri che avrebbe potuto essere una pedina importante ai piedi del Ganda. All’inizio della salita però, il vantaggio era di 2 minuti e mezzo, per cui ci siamo resi conto che Quinn poteva davvero lottare per il podio. E’ stato inaspettato, ma al tempo stesso fantastico».

In quegli istanti, in cui uno dei tre gradini era ancora alla portata, Monfort ha provato a galvanizzare il suo ragazzo. «Gli ho detto di non provare a seguire Pogi perché tanto in un modo o nell’altro l’avrebbe staccato e lui sarebbe esploso. Dietro c’era un bel gruppo e speravo che riuscisse a rimanere con Remco fino alla cima della salita, così avrebbe avuto ancora qualche chance sull’ultimo strappo verso Bergamo (la Boccola; ndr). Non è andata così, ma siamo comunque felicissimi per questo quarto posto». 

Dopo tutto il giorno in fuga, l’arrivo di Simmons a Bergamo è stato vissuto come un successo
Giro di Lombardia 2025, Quinn Simmons, arrivo sul traguardo di Bergamo
Dopo tutto il giorno in fuga, l’arrivo di Simmons a Bergamo è stato vissuto come un successo

Per la Liegi o il Lombardia

Di sicuro un piazzamento che apre nuovi orizzonti per la prossima stagione, anche perché già alle Tre Valli Varesine, Capitan America aveva provato a lasciare il segno. Oggi è stato, a detta di tutti, l’unico a provare a scompaginare un copione già scritto.

«Ha fatto più di 200 chilometri a tutta e anche sul Ganda – prosegue Monfort – ha tenuto un grandissimo passo al netto della stanchezza. Una giornata come questa ci obbliga a fare dei bei ragionamenti e riconsiderare tutto. Lui diceva di non riuscire a performare su salite superiori ai 10 minuti e, invece, oggi abbiamo come si è comportato su una da mezz’ora. Ci dimentichiamo sempre che è ancora molto giovane, forse perché è nel giro da tanti anni. A volte sembra un veterano di 28/29 anni, ma ha ancora tanto da migliorare e dobbiamo studiarci il calendario per bene. Può davvero dire la sua in corse come la Liegi o il Lombardia. Questo piazzamento ci permettere di terminare la stagione alla grande e non è un caso che chiuderemo l’anno al terzo posto nel WorldTour».

Giro di Lombardia 2025, Quinn Simmons, abbraccio con la sua ragazza
Alla fine di tutto, con il quarto posto in salvo, Simmons si condede all’abbraccio della futura moglie Sydney
Giro di Lombardia 2025, Quinn Simmons, abbraccio con la sua ragazza
Alla fine di tutto, con il quarto posto in salvo, Simmons si condede all’abbraccio della futura moglie Sydney

L’arrivo di Ayuso

Anche Jacopo Mosca, prima di imboccare la strada di casa, elogia il compagno: «Quinn ha fatto davvero un bel numero. Non era il nostro piano iniziale, ma quando hai una squadra così forte, puoi giocarti tutte le carte. In una giornata un po’ matta come questa, lui ha saputo inserirsi alla perfezione». Sul dominio Uae nelle corse di un giorno, il piemontese aggiunge: «Bisogna essere realisti. Pogi ha dimostrato quanto va forte, ma bisogna sempre trovare il modo di combattere. E penso che l’azione odierna di Quinn abbia dimostrato che un modo c’è, per cui andiamo in vacanza felice». 

Anche perché per il 2026, la Lidl-Trek ha ulteriormente rafforzato l’organico, con l’innesto di Juan Ayuso. In tanti hanno dubbi sull’inserimento a livello caratteriale dello spagnolo, come dimostrano anche le scaramucce verbali a distanza con Skjelmose, ma Mosca ha è di tutt’altro avviso.

«Arrivano corridori sempre più forti – dice – e intanto crescono quelli che abbiamo già in squadra. La prossima stagione si prospetta bene e non mi esprimo sul carattere di Juan perché quello che dicono gli altri non mi interessa affatto. Sono sicuro che sarà un ragazzo eccezionale, che si troverà benissimo nel nostro gruppo e ci penserà la strada a mettere a tacere le polemiche dei giornalisti. Sono pronto a scommettere su questo». E come già dimostrato con l’incredibile Simmons, la Lidl-Trek è pronta a stupire ancora.

mondiale gravel 2025 donne, Lorena Wiebes, Marainne Vos, Silvia Persico, podio

A Maastricht Wiebes regina, ma sul podio c’è anche Persico

11.10.2025
8 min
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MAASTRICHT (Olanda) – Shirin van Anrooij passa sotto al triangolo rosso dell’ultimo chilometro con 10” di vantaggio. Sembra fatta. Resta uno “zampellotto” di 150 metri e poi lo sterrato, più che altro un ghiaino su fondo in cemento, che scende fino all’arrivo. Il problema per lei è che in quei 150 metri Lorena Wiebes e Marianne Vos volano. Fanno il diavolo a quattro e alla loro ruota, come un francobollo, c’è Silvia Persico.

Quattrocento metri, trecento… Shirin è lì. Duecento metri ancora avanti. Cento metri: la prendono e la saltano a velocità quadrupla. E’ la dura legge del ciclismo. Sul traguardo spesso è tutto o niente. Per “noi”, e quel “noi” sta per Silvia Persico, è bronzo. Per Lorena Wiebes è oro, per Marianne Vos argento. La povera Shirin Van Anrooij è niente. Finisce addirittura quinta, scavalcata dall’altra orange Yara Kastelijn.

Per il Limburgo del Sud è stata una vera cartolina pubblicitaria. La zona si presta ottimamente al gravel (foto SWpix)
Per il Limburgo del Sud è stata una vera cartolina pubblicitaria. La zona si presta ottimamente al gravel (foto SWpix)

Pontoni? L’aveva vista giusta

Il cielo è plumbeo nel Limburgo del Sud. Non piove. Ed già è una notizia. La corsa parte e la selezione, come aveva previsto Daniele Pontoni, non arriva da subito ma da dietro. Per quasi due terzi di gara le ragazze restano compatte. Un paio di volte si muove Vos e Persico la segue. Solo a un certo punto si crea un buco…

«Un buco di 4 secondi», racconta Pontoni. Siamo a circa 50 chilometri dall’arrivo e deve succedere qualcosa., qualcosa che non vediamo bene neanche dai monitor. All’improvviso davanti si ritrovano in cinque. Persico è nel gruppo dietro, a oltre 40 secondi. Il tira e molla va avanti a lungo. Le fuggitive restano lì, ma il buco non si chiude. «La situazione non era facile. Nelle feed zone successive fortunatamente il distacco è sceso e le ho detto di provarci. Ai -15, persa per persa, le ho detto di tirare e chiudere, e Silvia l’ha fatto».

«Questo podio non è una maglia iridata ma vale come un titolo – aggiunge Pontoni – l’ho detto anche ad Amadio. Oggi di più non si poteva fare. Le ragazze sono state brave. Ne avessi avuta qualcuna in più… Alla fine era una corsa su strada, e lo sapevamo. E le olandesi non hanno corso da nazionale, e sapevamo anche quello. Abbiamo giocato benissimo le nostre carte».

Scelte tecniche differenti

Mentre le ragazze salgono sul podio e Van Anrooij, seduta in disparte, si tiene la testa fra le mani – la delusione cocente è comprensibile – abbiamo modo di osservare le bici del podio. Quante scelte diverse.

In particolare la Colnago G4X di Persico montava gomme Continental tassellate da 40 millimetri, mentre Wiebes optava per pneumatici da 45 ma molto lisci. Una via di mezzo per Vos: posteriore da 42 millimetri liscio al centro e tassellato ai lati, e 45 tassellato all’anteriore. Manubrio da strada per Persico e Wiebes, manubrio da gravel per Vos. Monocorona per Wiebes (48 denti) e Vos (46 denti), doppia 50-34 per Persico, che racconta di aver usato più del previsto quel 34. Tutte e tre, invece, con pedali da strada: esattamente come aveva suggerito Pontoni. Il tecnico si era studiato alla grande questo mondiale, curando ogni particolare.

Il grande assente è stato il vento, dato forte alla vigilia ma quasi nullo in corsa. La media oraria di 33 all’ora conferma quanto il tracciato fosse scorrevole. Qui si stima che domani, nella prova maschile, gli uomini potranno arrivare a 42.

Coltelli che volano…

L’arrivo è posto in una zona ampia e periferica della splendida Maastricht. All’inizio non c’è molta gente, ma poi arriva il mondo. Quassù il ciclismo non tradisce mai. Gli olandesi si godono le imprese delle loro “orange”. Sono in netta superiorità numerica e anche in quanto a qualità non scherzano: Vos, Wiebes, Van Anrooij, ma anche Rooijakkers, Bredewold e tante altre.

Tuttavia lo spirito di squadra non è stato ideale, come ha sottolineato Van Anrooij dopo la gara, alquanto contrariata soprattutto con l’allungo di Kastelijn. Wiebes che ringrazia pubblicamente la compagna di squadra, ma non di nazionale, Kopecky. Vos che in mix zona, ma dice e non dice e si limita a commentare che allo sprint Wiebes era troppo più forte di lei. Il segreto di Pulcinella. Lorena è l’incubo delle velociste, figuriamoci di chi sprinter non lo è.

E il tecnico della nazionale olandese, Laurens Ten Dam che a Wielerflits ha detto: «Non dovevamo permettere che la situazione si riducesse a un problema di giochi di squadra. Mi dispiace per Van Anrooij, meritava lei il titolo per come ha condotto la gara. Capisco che 9 delle prime 12 sono tutte olandesi e tutte volevano vincere, ma non hanno corso come una vera squadra. Non hanno fatto domenica scorsa agli europei».

E un bronzo che brilla

Silvia, invece in mezzo a tutto questo tatticismo non si è fatta prendere dalla foga né dal panico. In zona mista la sua medaglia brilla come fosse oro, e quel mazzo di fiori si sposa benissimo con l’azzurro della maglia.

Silvia, per chi sono questi fiori?

Non lo so, per me! Non so neanche se li porterò sull’aereo stasera.

Come è andata? Un finale incredibile…

Ho dato tutto quello che avevo perché volevo davvero una medaglia. A circa 20 dall’arrivo ho chiesto un po’ di collaborazione perché le prime erano a 10-15 secondi. A quel punto ho chiuso io su Wiebes e Vos, poi sono tornate le altre e ha attaccato van Anrooij. Poi si è messa a tirare Julia Kopecký…

In effetti l’unica della Repubblica Ceca si è messa a tirare e guarda caso è compagna di club della Wiebes. Possiamo dire che le olandesi non hanno corso da squadra?

E per fortuna! Erano 26 al via, troppe. Noi in cinque e ho fatto quasi tutto da sola per stare davanti. Mi ha aiutato un po’ all’inizio Maria Giulia Confalonieri. Non abbiamo mai parlato in gruppo, ma nel finale era importante stare attente: dovevo solo rimanere a ruota. Nel finale hanno spinto in modo incredibile.

Ti abbiamo vista molto aggressiva in curva, “cattiva”. E’ così?

Le mie compagne mi dicono sempre che sono troppo buona, ma oggi, su questo tipo di terreno, un terreno sul quale mi trovo a mio agio, ho guidato bene. Insomma, dove potevo limare… ho limato.

Lo splendido bronzo di Silvia Persico, che è anche la medaglia numero 23 conquistata da Pontoni da quando è commissario tecnico
Lo splendido bronzo di Silvia Persico, che è anche la medaglia numero 23 conquistata da Pontoni da quando è commissario tecnico
Cosa è successo quando mancavano circa 50 chilometri all’arrivo e da gruppo pressoché compatto ti abbiamo vista nel gruppetto dietro?

Loro sono andate via. Hanno preso qualche secondo e poi nessuna voleva più collaborare. Ho provato un sacco di volte a rientrare, però alla fine nessuno voleva darmi una mano. Alla fine sono rientrata io sulle prime due, quando mancavano 15 chilometri.

L’altro momento chiave è stato il finale…

Nell’ultimo chilometro e mezzo si andava fortissimo, ma credo che van Anrooij fosse un po’ cotta, perché era fuori da tanto. Il timore di non chiudere c’era stato prima, quando davanti erano in cinque con dentro Wiebes e Vos. Nel finale, quando ho visto che dopo Kopecky che tirava è partita Kastelijn, ho detto: “E’ fatta”. E infatti…

In generale, Silvia, come stai?

Bene direi. Alla fine è stata una stagione lunga, sono molto stanca, non vedo l’ora di recuperare sinceramente. L’off-season è vicina. Prima però vediamo di vin… di fare bene mercoledì al Giro del Veneto Women.

Raccagni Noviero, chili in meno e tanta voglia di emergere in più

Raccagni Noviero, chili in meno e voglia di emergere in più

11.10.2025
5 min
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C’è chi le classiche italiane le colleziona, come Isaac Del Toro e chi le corre comunque da protagonista, come Andrea Raccagni Noviero. Non sono tanto i risultati colti dal genovese, che pure ha sfiorato il podio alla Coppa Bernocchi, quanto alla maniera autoritaria con cui le ha interpretate, dando seguito a una seconda parte di stagione nel complesso molto positiva, nella quale sta mostrando confortanti progressi.

In partenza per la Cina, dove disputerà il Tour of Guangxi con in tasca già il contratto per la prossima stagione, Raccagni Noviero ammette che qualcosa è cambiato: «Diciamo che rispetto soprattutto alla prima metà stagionale, adesso sono molto più nel vivo della corsa. Ho raccolto negli ultimi due o tre mesi un bel po’ di top 10, molto meglio rispetto a prima».

Andrea Raccagni Noviero è al suo terzo anno alla Soudal ed ha il contratto fino al 2027
Andrea Raccagni Noviero è al suo terzo anno alla Soudal ed ha il contratto fino al 2027
Ti sei sbloccato col quarto posto nella tappa al Giro di Polonia?

Io andrei anche oltre, a dopo la Roubaix. L’avevo finita anche se non come avrei voluto e poi ho avuto qualche giorno più tranquillo e un periodo un po’ più lungo per prepararmi. Avevo in mente già da un po’ di cambiare. Avevo sempre la sensazione che quel tipo di gare, le classiche dove tirare e fare l’ultimo uomo non fosse lo schema ideale per me, dove poter dare il 100 per cento e quindi anche parlando col preparatore, col nutrizionista, da lì abbiamo iniziato a lavorare su un altro tipo di caratteristiche. Quelle appunto delle gare italiane, delle corse a tappe di una settimana. Ho iniziato a maggio a perdere un po’ di peso, a fare intervalli un po’ più lunghi di allenamento, a lavorare più sulla soglia invece che sulle volate.

Questo a che cosa ti ha portato?

Innanzitutto ho avuto bisogno di tempo, sono andato in altura a San Pellegrino con la squadra e già vedevo che lavoravo meglio. Poi sono andato in altura da solo e sono arrivato al Giro di Polonia che ero già, rispetto alla Roubaix, un altro corridore, con qualche chilo in meno. Le sensazioni, soprattutto in salita, erano completamente diverse.

Il genovese si è messo bene in luce nelle classiche italiane, andando spesso in fuga, con 2 Top 10
Il genovese si è messo bene in luce nelle classiche italiane, andando spesso in fuga, con 2 Top 10
Tu hai mantenuto poi quel regime alimentare e quel peso da allora?

Sì, ho lavorato su quella base. C’è voluto un po’ di tempo. Ho avuto i miei periodi dove ero un po’ più tranquillo, ho perso peso ma non mi è mai pesato troppo. Anche ora che siamo a fine stagione ho sempre un’alimentazione molto controllata. Il mio peso forma ora è di 70 chilogrammi, almeno 5 meno di prima.

In questa seconda parte di stagione si sono visti due Andrea diversi. Il primo che faceva classifica e che si è piazzato bene anche nelle classifiche, come per esempio in Slovacchia, il secondo che attaccava a tutto spiano nelle classiche di un giorno. Qual è quello che ti rispecchia di più?

Diciamo che è ancora un po’ presto per dirlo perché sto lavorando su questi aspetti da pochi mesi. Sicuramente per fare classifica devo crescere ancora tanto, adesso posso limitarmi a farla in queste gare un po’ di secondo livello come appunto in Slovacchia, ma credo che se non se non fossi ritirato perché avevo il Covid anche in Polonia avrei potuto fare bene e già era un livello molto più alto. Comunque per il tipo di caratteristiche che ho, credo che gli sforzi un po’ più lunghi e controllati mi favoriscano un pochettino rispetto per esempio alle gare italiane che sono molto nervose e quindi a livello di muscolatura le soffro un po’ di più, soprattutto se sono tanti giorni attaccati come adesso.

In Slovacchia Raccagni Noviero si è scoperto uomo da classifica, finendo 7° e 2° tra i giovani
In Slovacchia Raccagni Noviero si è scoperto uomo da classifica, finendo 7° e 2° tra i giovani
All’Agostoni e alla Bernocchi hai fatto due Top 10 attaccando da lontano e la cosa colpisce perché rispecchia un po’ il nuovo spirito che la Soudal dovrebbe avere dal dal prossimo anno…

Sì, la squadra perdendo Remco ha l’intenzione di tornare alle origini, anche con gli acquisti che hanno fatto, come Stuyven e Van Baarle. L’intenzione è quella di puntare forte sulle classiche, anche perché abbiamo Paul Magnier che è sicuramente uno dei più grandi prospetti per quel tipo di corse. Io cercherò di specializzarmi un po’ di più su questo tipo di percorsi, dove dobbiamo attaccare perché quando ti confronti con squadre come la UAE che hanno sempre un leader molto forte, devi inventarti qualcosina di diverso.

D’altronde il discorso classiche si sposa un po’ a te. Tu lo scorso anno sei stato addirittura sul podio alla Gand-Wevelgem di categoria. E’ un teatro di gara che a te piace?

Cercherò di valutare il prossimo anno perché quest’anno ho fatto tanto pavé a inizio stagione, ma era anche un periodo che non andavo fortissimo, per cui non mi sono trovato molto bene. Avrò l’occasione di riprovarci l’anno prossimo, spero con una gamba diversa come ho in questo finale di stagione, per capire appunto se posso dire la mia o magari provare anche qualche gara nelle Ardenne dove non ho mai corso.

Il ligure sarà impegnato al Tour of Guangxi, dove vorrebbe mettere a frutto la sua ottima forma attuale
Il ligure sarà impegnato al Tour of Guangxi, dove vorrebbe mettere a frutto la sua ottima forma attuale
Tu adesso parti per la Cina, vista la gamba che hai avrai libertà di movimento?

In Cina su sei tappe, almeno in quattro si prospetta la volata e noi abbiamo Magnier, per cui si lavorerà per lui, per provare a vincere più tappe possibili. Nelle due un po’ più impegnative dovrei avere la possibilità di muovermi come voglio. Sono in una buona condizione da tanto tempo, quindi spero di non calare e trovare degli altri risultati, ma se non dovesse accadere sono abbastanza tranquillo e non vedo già l’ora di potermi preparare al meglio per la prossima stagione.

Lorenzo Mark Finn, Red Bull-BORA-Hansgrohe

28 domande per scoprire il mondo di Lorenzo Finn

11.10.2025
8 min
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La prima stagione tra gli under 23 di Lorenzo Mark Finn si è conclusa sulle strade del Gran Piemonte giovedì 9 ottobre scorso. Trentotto giorni di corsa conditi da tre vittorie, tra le quali spicca il bis iridato di Kigali. Uno dei prospetti di maggior talento del movimento italiano ha terminato la sua prima stagione con la Red Bull-BORA-Hansgrohe, e noi non vediamo l’ora che inizi la prossima per vedere quanto ancora potrà crescere il giovane ligure. 

Il suo talento è esploso quando è entrato nella categoria juniores, prima con il CPS Professional Team, poi con la Grenke-Auto Eder. E’ stato il primo azzurro a lasciare l’Italia per correre all’estero, seguendo il programma della formazione juniores tedesca. Infine entrando nel devo team Red Bull. 

Lorenzo Mark Finn, Red Bull-BORA-Hansgrohe Rookies, Coppa San Daniele (Photors.it)
Alla Coppa San Daniele Lorenzo Finn ha messo il suo terzo e ultimo sigillo sulla stagione 2025 (Photors.it)
Lorenzo Mark Finn, Red Bull-BORA-Hansgrohe Rookies, Coppa San Daniele (Photors.it)
Alla Coppa San Daniele Lorenzo Finn ha messo il suo terzo e ultimo sigillo sulla stagione 2025 (Photors.it)

Racchetta e pallone

La storia sportiva di Lorenzo Finn non parte subito con la bicicletta, ma nasce con due sport totalmente differenti: tennis e calcio

«Ho iniziato a giocare a questi due sport fin da piccolo, non ricordo l’età esatta ma avrò avuto cinque o sei anni – racconta Finn – e ho continuato fino ai dodici. La scelta di giocare a calcio direi che arriva dal fatto che in Italia sia lo sport nazionale, quindi per un bambino è più facile guardare in quella direzione. Mentre il tennis non ricordo esattamente se fosse una passione mia o se volessi provare per curiosità. Poi mio padre ha sempre giocato a calcio, per cui guardandolo mi sono avvicinato a questo sport».

Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
Il ciclismo nella vita di Lorenzo Finn è arrivato all’età di 12 anni (foto Instagram)
Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
Il ciclismo nella vita di Lorenzo Finn è arrivato all’età di 12 anni (foto Instagram)
Il ciclismo com’è arrivato?

La bici è arrivata perché ho avuto un po’ di problemi al ginocchio, durante l’età della crescita ho sofferto del morbo di Osgood-Schlatter. Non riuscivo a correre bene a causa del dolore, mentre andando in bici non avevo alcun tipo di problema. A parte che andavo già in bicicletta, sempre insieme a mio padre. 

Senza il pensiero di gareggiare?

No, facevamo qualche giro il sabato o la domenica e passavamo il tempo insieme. Visto il problema al ginocchio ho voluto provare questo nuovo sport e me ne sono innamorato subito. 

Quale era la cosa che ti piaceva di più nel pedalare con tuo padre? 

Stare all’aria aperta, fare le strade dove non c’era traffico. Mi ha sempre affascinato la fatica della salita, comunque la solitudine che si prova in quei momenti è qualcosa di piacevole. Quella sensazione di smarrimento, sei lì con te stesso e pensi. Una volta che la provi la capisci subito.

Sei arrivato subito alla bici da strada?

Ho iniziato al Bici Camogli, dove facevano principalmente mountain bike e ho provato a fare qualche giretto ma non mi è piaciuto molto. 

Una volta al Bici Camogli cosa ti ha conquistato?

Pian piano ho conosciuto tutto il mondo delle gare. Seguivo già il Tour de France, comunque sapevo delle grandi corse, però ho scoperto i vari ambienti del ciclismo. Nelle prime gare ho iniziato a interessarmi anche un po’ della preparazione e dei vari impegni che richiede la bicicletta. 

Ti è piaciuta questa parte analitica?

Da subito mi sono interessato all’ambito tecnico e scientifico. Non i primi anni, lì mi allenavo con il gruppo del Bici Camogli senza guardare a questi aspetti. 

Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
In bici Lorenzo Finn ha subito scoperto la passione per il suo habitat naturale: la salita (foto Instagram)
Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
In bici Lorenzo Finn ha subito scoperto la passione per il suo habitat naturale: la salita (foto Instagram)
Cosa ricordi di quegli anni?

Ci trovavamo a Uscia, un paese vicino a casa mia, facevamo un giro e il nostro allenatore ci seguiva nel furgoncino e ci allenavamo un po’ a sentimento. Ci divertivamo sui percorsi che trovavamo e magari facevamo qualche gara sulle salite.

Hai sempre avuto questo aspetto della competizione? 

Mi è sempre piaciuta. All’inizio non ero troppo agguerrito, però con gli anni si è sempre più sviluppato. Sì, alla fine è venuta col tempo. Mi è sempre piaciuta la sfida nel mostrare il meglio che si è in grado di fare. Tirare fuori il massimo da sé stessi e dal proprio fisico, capire dove si può arrivare lavorando al massimo. 

La voglia di provare a vincere quando è arrivata?

Da allievo, quando ho iniziato a prendere il ciclismo più seriamente. Con il tempo è arrivata anche questa sensazione

Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
Le vittorie sono arrivate più avanti, ma la prima non si scorda mai (foto Instagram)
Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
Le vittorie sono arrivate più avanti, ma la prima non si scorda mai (foto Instagram)
Ti ricordi la prima volta che l’hai provata?

Con la prima vittoria in Toscana. E’ stata veramente una bella giornata, inaspettata. Ero un po’ sotto shock, però da quel momento ho sbloccato il concetto di voler vincere. 

Sul passaggio alla categoria juniores?

Vedendo come si stava evolvendo il ciclismo moderno ho capito subito quanto fosse importante, che era giunto il momento di fare le cose seriamente. Anche con la scuola e la difficoltà dello studio era comunque fondamentale mantenere la concentrazione al 100 per cento su questi due aspetti. 

Nel frattempo hai studiato al liceo scientifico?

Sì, quando ho scelto l’indirizzo di studio in terza media non sapevo che poi la mia vita sarebbe andata in questa direzione. A livello accademico volevo fare un percorso che mi permettesse di crescere e svilupparmi al meglio

Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
La bici per Finn è sempre stata un po’ il luogo dei pensieri (foto Instagram)
Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
La bici per Finn è sempre stata un po’ il luogo dei pensieri (foto Instagram)
Dall’esterno traspare questo tua parte analitica…

Sì è parte della mia natura, quindi anche a livello scolastico mi sono sentito più incline alle materie scientifiche

In bici emerge una parte meno razionale?

Quando pedalo i pensieri sono più sciolti, la mente è libera di svagare e a volte non sempre in maniera positiva. Sono ragionamenti tra alti e bassi, magari a volte mi fermo a pensare ai pericoli della strada o a varie vicissitudini. 

Hai qualche percorso che preferisci?

Sì, vicino a casa c’è una bella salita che è quella del Monte Cornua. E’ una salita che mi è sempre piaciuta, sia per i ricordi del passato visto che la facevo anche con mio padre, ma anche a livello tecnico, è esigente ma una volta che arrivi in cima hai una vista su Recco e Sauri molto bella. 

Il passaggio tra gli juniores al CPS Professionale Team è stato il trampolino di lancio per la sua carriera
Il passaggio tra gli juniores al CPS Professionale Team è stato il trampolino di lancio per la sua carriera
Ti alleni solo o in compagnia?

Spesso da solo, però anche in compagnia non mi dispiace ma dipende dai lavori che ci sono da fare. 

Giornata lenta e tranquilla o ad alta intensità?

Un allenamento ad alta intensità se sto bene, passa più in fretta. 

Quando torni dagli allenamenti sei uno che ama cucinare o mangi la prima cosa che capita?

Se l’uscita è stata intensa e lunga mangio quello che trovo, altrimenti mi piace mettermi ai fornelli per fare qualcosa di più elaborato. Due dei miei piatti forti sono la pasta con zucchine e tonno e il risotto con i funghi

Nel 2024 Lorenzo Finn è passato al Team Grenke-Auto Eder per il secondo anno nella categoria juniores
Nel 2024 Lorenzo Finn è passato al Team Grenke-Auto Eder per il secondo anno nella categoria juniores
Una volta messa la bici nel box come passi il tempo?

Mi piace viaggiare, anche se non ho avuto ancora molto tempo per farlo. Però vorrei visitare l’America o l’Asia, insomma uscire dall’Europa e vedere il mondo. 

Viaggio preferito fino ad ora?

Ho un bel ricordo di alcune vacanze fatte insieme ai miei genitori e un’altra famiglia di amici quando avevo tra gli otto e gli undici anni. Siamo andati per diversi anni in giro per l’Europa e abbiamo visitato tanti posti in bici: Olanda, Spagna, Austria. Ho un ricordo piacevole di quel periodo e dei posti visitati.

Quando sei a casa?

Generalmente guardo film, serie su Netflix, ascolto podcast e inizio anche a interessarmi di politica e attualità.

The Office, Dwight Schrute
Dwight Schrute è il suo personaggio preferito della serie The Office (foto NBC)
The Office, Dwight Schrute
Dwight Schrute è il suo personaggio preferito della serie The Office (foto NBC)
Cosa guardi?

Film un po’ di tutto. Mentre tra mie serie preferite c’è The Office e Breaking Bad. La prima è comica e mi piace il senso dell’umorismo che c’è. 

Personaggio preferito di The Office?

Dwight (interpretato dall’attore Rainn Wilson, ndr) per il taglio comico. 

Quali podcast ascolti?

Quello di Geraint Thomas insieme al Luke Rowe mi piace molto (Watts Occurring, ndr). Parlano di cose molto interessanti, di com’è cambiato il ciclismo e toccano aspetti che mi piacciono. E’ bello sentire le differenze e gli aspetti che sono cambiati nel tempo.

Campionati del mondo Kigali 2025, U23, Lorenzo Finn con i genitori
I genitori di Lorenzo Finn hanno seguito i figlio in Rwanda, ma gli hanno sempre lasciato grande libertà
Campionati del mondo Kigali 2025, U23, Lorenzo Finn con i genitori
I genitori di Lorenzo Finn hanno seguito i figlio in Rwanda, ma gli hanno sempre lasciato grande libertà
Ti piace anche leggere?

Preferisco guardare, sono un po’ pigro fuori dalla bicicletta. Però dovrei riprendere a leggere qualche libro. 

Hai mai pensato di continuare gli studi?

Non ancora, la scuola è finita da poco e non ho avuto tempo di rifletterci. Però è anche una cosa che si può fare in futuro. Mi piacerebbe imparare qualche lingua nuova come il francese, l’ho studiato alle medie e sarebbe bello riprenderlo. 

Come vivi tutta questa attenzione mediatica nei tuoi confronti?

Il rischio è che sia impegnativo, per fortuna c’è la squadra che mi dà una mano a gestire il tutto. Se non è ogni giorno, mi piace come aspetto, soprattutto quando magari mi fanno delle domande diverse da solito. 

Ora riposo meritato?

Abbiamo ancora un incontro a Salisburgo, quello classico senza le bici. Poi un po’ di meritato riposo.

La forza del singolo è nel gruppo: la grande lezione di Amadori

10.10.2025
6 min
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Nella serata di festa a Kigali in cui Finn è stato chiamato a dire qualche parola per celebrare la maglia iridata, i cori degli altri tre azzurri (Borgo, Gualdi, Mattio, nella foto di apertura) trasmettevano il senso di un gruppo coeso e vincente. Le birre sul tavolo, la voglia di stare insieme. Lo stesso era accaduto a Leuven nel 2021, quando a vincere fu Baroncini e attorno a lui brindavano e cantavano Gazzoli, Frigo, Zana, Coati e Colnaghi. E’ facile cantare quando si vince, ma certo non si vince se il gruppo non è unito. E Marino Amadori, che sul gruppo ha costruito le sue squadre migliori, su questo è assolutamente d’accordo. Con lui riprendiamo i fili del discorso avviato in Rwanda.

Il cittì degli azzurri under 23 sta tirando le fila della stagione. Martedì era a San Daniele del Friuli, appena rientrato dagli europei. E questi giorni di autunno sono l’occasione giusta per fare il punto e guardare anche un po’ avanti. L’UCI con un colpo di spugna ha cancellato la Nations Cup della categoria, lasciando intendere forse manovre più ampie per il futuro.

Campionati del mondo U23, Kigali 2025, Marino Amadori, intervistato dopo la vittoria di Lorenzo Finn
Marino Amadori, romagnolo di 68 anni, pro’ dal 1980 al 1990, ha guidato al mondiale U23 Battistella, Baroncini e Finn
Campionati del mondo U23, Kigali 2025, Marino Amadori, intervistato dopo la vittoria di Lorenzo Finn
Marino Amadori, romagnolo di 68 anni, pro’ dal 1980 al 1990, ha guidato al mondiale U23 Battistella, Baroncini e Finn
Marino, quanto era bello quel gruppo di azzurri che cantavano al loro capitano?

Sapete come la penso, io vengo da una grande scuola e per me la squadra è fondamentale. Sono riuscito a fare un bel gruppo anche quest’anno. Anche se eravamo in quattro, erano veramente molto coesi. Così anche un leader come Lorenzo Finn, un bravissimo ragazzo tra parentesi, ha potuto dare qualcosina in più. E’ stato più sereno, più tranquillo, come è successo anche al Tour de l’Avenir, in cui aveva intorno ugualmente un bel gruppo. Quando fai il tecnico, devi anche cercare di mettere il corridore nelle condizioni migliori perché possa provare a fare risultato. Ho sempre lavorato in questo modo e cerco sempre di seguire questa linea. I quattro ragazzi che erano con Lorenzo ai mondiali sono bravi ragazzi e mi fa piacere che siano in orbita WorldTour. Questo vuol dire che abbiamo lavorato bene anche in questo contesto.

Quando Amadori ha capito che Finn fosse forte abbastanza per essere leader al primo anno?

Già alla prima corsa che ha fatto con la nazionale di Marco Villa giù a Reggio Calabria, arrivando terzo, anche se in un contesto di livello non altissimo. Però era comunque una gara di professionisti e lui un ragazzino al prim’anno da U23. Quel giorno mi si è accesa la spia, perché ho capito quanto ci tenesse alla maglia e quanto lo abbia spinto a dare qualcosa di più. Da lì siamo partiti. Dico la verità: volevo coinvolgerlo anche in una Coppa delle Nazioni. Però aveva un calendario molto buono con la sua squadra e così abbiamo deciso di puntare sul Tour de l’Avenir e da lì sul mondiale, che era adattissimo alle sue caratteristiche.

Campionati del mondo U23, Kigali 2025, Lorenzo Finn nella conferenza stampa del vincitore
Finn ha vinto il mondiale U23 al primo anno, dopo aver vinto quello juniores nel 2024. Secondo Amadori la sua gestione è molto azzeccata
Campionati del mondo U23, Kigali 2025, Lorenzo Finn nella conferenza stampa del vincitore
Finn ha vinto il mondiale U23 al primo anno, dopo aver vinto quello juniores nel 2024. Secondo Amadori la sua gestione è molto azzeccata
Avere dei devo team così ben strutturati fa sì che tu sia ormai un selezionatore, al pari di Villa, giusto?

Verissimo. Le squadre fanno già tutto alla perfezione, con il programma di preparazione dall’inizio della stagione e fino all’ultima gara. Io devo cercare di gestire al meglio gli obiettivi che mi interessano. Posso dire che con le devo si lavora benissimo: si sono visti i risultati di quello che abbiamo programmato. Anche le squadre ci tengono a fare bene al Tour dell’Avenir. Anche se qui è passato un po’ in secondo piano, il quarto posto ha dimostrato che Lorenzo sia stato molto forte anche lì. Sicuramente è un ragazzo che deve crescere, deve maturare, deve fare le sue esperienze, deve sbagliare e ci mancherebbe altro. Tramite gli sbagli si cresce, ricordatevi. 

Fa parte del processo di crescita…

Esatto. Mi dispiace che l’europeo non sia andato come volevamo, ma questo non significa che dobbiamo disperarci. Sapevamo quali sarebbero stato gli avversari. Widar è un buonissimo corridore, ha quei 3-4 minuti che fanno male davvero. Ti bruci a stargli a ruota. Eppure ha avuto la sua giornata storta ai mondiali, come Finn l’ha avuta agli europei.

Campionati europei U23, Ardeche 2025, Hector Alvarez, Simone Gualdi in volata per il terzo posto
Gualdi ha sfiorato il podio agli europei, aiutato da Finn. Secondo Amadori lo spirito di squadra degli azzurri è stato da applauso
Campionati europei U23, Ardeche 2025, Hector Alvarez, Simone Gualdi in volata per il terzo posto
Gualdi ha sfiorato il podio agli europei, aiutato da Finn. Secondo Amadori lo spirito di squadra degli azzurri è stato da applauso
Però, nonostante questo, ha lavorato per la squadra.

Avevamo impostato l’europeo in un certo modo. Non avendo la possibilità di comunicare, fatta la riunione e date le dritte, poi sono loro che devono gestire, capire come muoversi e cosa fare. Quando nel finale Lorenzo si è accorto di non avere la giornata migliore, si è messo al lavoro per cercare di prendere il bronzo di Gualdi (che ha dovuto accontentarsi del quarto posto, ndr) e questo mi ha fatto molto molto piacere. Vuol dire che ha riconosciuto il lavoro che i suoi compagni hanno fatto per lui all’Avenir e al mondiale. Senza dire nulla si è messo a disposizione, con la maglia da campione del mondo addosso: non è da tutti.

Approvi il fatto che abbia scelto di restare un anno ancora negli U23?

Condivido in pieno. Quest’anno ha fatto 38 giornate di gara, un numero limitato che gli ha permesso ugualmente di togliersi delle soddisfazioni. Il prossimo anno ne farà 50 con qualche corsa a tappe in più. E’ una crescita graduale e quando fra due anni passerà nel WorldTour, sarà già pronto per certi risultati. E’ un ragazzo intelligente, la squadra crede in lui e mi fa piacere quello che ha scelto di fare.

Campionati del mondo U23, Kigali 2025, le biciclette di Lorenzo Finn e Jakob Omrzel
Secondo Amadori, i materiali fanno la differenza. Qui le bici di Finn (Red Bull) e Omrzel (Bahrain) a Kigali, le stesse dei corridori WorldTour
Campionati del mondo U23, Kigali 2025, le biciclette di Lorenzo Finn e Jakob Omrzel
Secondo Amadori, i materiali fanno la differenza. Qui le bici di Finn (Red Bull) e Omrzel (Bahrain) a Kigali, le stesse dei corridori WorldTour
Lavorando con loro, si vede tanta differenza fra i ragazzi dei devo team e quelli delle nostre continental?

E’un insieme di cose. Potremmo scrivere un libro su quanto si è fatto negli ultimi 15 anni per avere delle continental anche in Italia, però il livello è diverso. Se la differenza la fai con i dettagli, avere materiali top scava un solco. Senza parlare dell’alimentazione, la preparazione, la programmazione delle gare e tutto quello che ne consegue. Al Giro Next Gen arrivano squadre che prima di quel momento non hanno ancora fatto una gara a tappe e che non hanno le bici da crono. Siamo nella stessa categoria, ma su due piani diversi. E questo fa sì che se c’è qualche ragazzino interessante fatica per riuscire a emergere.

A chi tocca aiutarlo?

Bisogna cercare di individuarlo e aiutarlo noi come nazionale a venire fuori.

Allora forse la cancellazione della Nations Cup non è a nostro favore in questo senso…

Purtroppo è così. Non so quali saranno le scelte della Federazione, però sicuramente è un problema. Come nazionale dovremmo cercare di tutelare il ragazzino interessante che non vada in un devo team o in una squadra estera. Dovremmo dargli un supporto, stargli vicino, per cercarli di farlo crescere nei migliori dei modi, ma si dovrà ragionare sul budget.

Gran Premio Capodarco 2025, Tommaso Bosio, General Store, in azione sul muro (photors.it)
Tommaso Bosio, classe 2006 della General Store, è uno dei talenti fuori dai devo team, già adocchiati da Amadori (photors.it)
Gran Premio Capodarco 2025, Tommaso Bosio, General Store, in azione sul muro (photors.it)
Tommaso Bosio, classe 2006 della General Store, è uno dei talenti fuori dai devo team, già adocchiati da Amadori (photors.it)
Ci sono davvero questi ragazzini interessanti?

Io penso di sì. A San Daniele ho visto Tommaso Bosio, che è arrivato undicesimo. L’ho già avuto con me in nazionale a fare la Course de la Paix Grand Prix Jeseníky in Repubblica Ceca. Un altro è Mellano stesso, anche se lui è già nella XDS-Astana. Però abbiamo dei ragazzini del 2006 che sono interessanti però purtroppo, per un motivo o per l’altro, non sono in queste grandi squadre. Sta a noi dargli l’occasione per emergere.

Lombardia 2021, Colle Aperto, Bergamo, Fausto Masnada, Tadej Pogacar

Lombardia con Masnada: «Ganda trampolino ideale per Pogacar»

10.10.2025
5 min
Salva

«E’ bello tornare a certi ritmi, rivedere la testa del gruppo. La fatica da fare è ogni anno più elevata e il livello in corsa si alza costantemente, l’ho visto alla Vuelta e al mondiale, ma anche al Giro dell’Emilia e giovedì (ieri, ndr) al Gran Piemonte. Avevo bisogno di una stagione del genere, con due Grandi Giri e senza intoppi. Fare risultato con questa UAE è difficile, vincono tutto e dappertutto. Domani sulle strade del Lombardia sarà complicato inventarsi qualcosa».

Fausto Masnada, XDS Astana Team, Gran Piemonte 2025
Masnada nel 2025 ha ritrovato una buona continuità disputando 65 giorni di corsa fino a prima del Lombardia
Fausto Masnada, XDS Astana Team, Gran Piemonte 2025
Masnada nel 2025 ha ritrovato una buona continuità disputando 65 giorni di corsa fino a prima del Lombardia

Sempre in viaggio

A parlare, a meno di ventiquattro ore dal Lombardia, ultima Monumento della stagione, è Fausto Masnada. Il bergamasco sta vivendo un finale di stagione intenso, partito a luglio con la preparazione della Vuelta e che terminerà in Cina. 

«Dal training camp di Livigno, a luglio – racconta – fino al Lombardia sono tornato a casa per un totale di quattro giorni. Però sono contento delle esperienze fatte, il mondiale è stato un qualcosa di unico ed entusiasmante. Non è stato affatto semplice riadattarsi al clima europeo. Il Lombardia è la corsa che conclude questo periodo intenso, andrò anche in Cina ma lì dovremo fare i conti con le energie rimaste in corpo».

Campionati del mondo, Kigali 2025, Marco Frigo, Matteo Sobrero, Fausto Masnada in allenamento
Il bergamasco ha fatto parte della spedizione azzurra a Kigali, un’esperienza di ciclismo e di vita
Campionati del mondo, Kigali 2025, Marco Frigo, Matteo Sobrero, Fausto Masnada in allenamento
Il bergamasco ha fatto parte della spedizione azzurra a Kigali, un’esperienza di ciclismo e di vita

Le strade di casa

Per Fausto Masnada il Giro di Lombardia si correrà sulle strade che lo hanno visto crescere ed allenarsi per gran parte della sua carriera. Nell’alternarsi tra Bergamo e Como quest’anno la Classica delle Foglie Morte arriverà in Città Bassa. Su questo arrivo, nel 2021 Masnada raccolse un prezioso secondo posto alle spalle di Tadej Pogacar. Lo sloveno era al primo successo al Lombardia, corsa che per gli anni successivi ha dominato in lungo e in largo. Domani, sempre a Bergamo, il campione del mondo potrà chiudere un cerchio e conquistare il quinto successo consecutivo

«Il percorso lo conosco a occhi chiusi – spiega Masnada – e inventarsi qualcosa sarà difficilissimo, se non impossibile. Quando in corsa c’è una squadra faro come la UAE, capace di fare il gioco che vuole, è tosta sorprenderli. Con quattro salite da venti o trenta minuti di percorrenza pensare di anticipare equivale a un suicidio sportivo. Nelle edizioni precedenti l’attacco decisivo è sempre arrivato sul Passo di Ganda, l’ultima prima di arrivare a Bergamo. Ma vedendo quello che Pogacar ha fatto al mondiale e all’europeo non è da escludere che possa muoversi prima».

Lombardia 2021, Tadej Pogacar, Alejandro Valverde
Lombardia 2021, il copione è uguale a quello degli anni successivi: Pogacar in testa e gli altri a ruota
Intendi dalla salita di Dossena?

La UAE potrebbe fare un forcing proprio li per sgranare il gruppo e arrivare in venti corridori ai piedi del Passo di Ganda. Oppure Pogacar potrebbe attaccare e portarsi dietro quattro o cinque atleti, in quel caso le carte si mischierebbero ancora di più perché servirebbe una squadra forte e in grado di chiudere il gap. 

Il problema è che quando Pogacar attacca nessuno gli sta dietro… 

Lo abbiamo visto al mondiale e all’europeo, se provi a tenere il suo passo rischi di esplodere definitivamente. Inoltre credo che la salita del Passo Ganda sia perfetta per lui, parte regolare e con pendenze comode per uno come Pogacar. Poi spiana leggermente, mentre gli ultimi quattro chilometri sono tosti. 

Sul traguardo di Bergamo non c’è storia, lo sprint è di Pogacar che vince il suo primo Lombardia
Giro di Lombardia 2021, Bergamo, Tadej Pogacar, Fausto Masnada
I momenti chiave quali saranno?

Si deve partire subito concentrati, perché più che alle salite iniziali del Ghisallo e della Roncola si dovrà fare attenzione alle discese. Sono strade strette e tortuose dove il gruppo si allunga sempre e il rischio di buchi o di subire la classica “frustata” è sempre dietro l’angolo. Stare davanti permette di risparmiare le giuste energie

Anticipare è impossibile?

Quello del Lombardia, per certi versi, è un percorso molto simile a quello del mondiale di Kigali. Non per le altimetrie ma per la velocità di percorrenza. Si va sempre forte e le velocità alte impediscono a qualcuno di uscire prima. Si può pensare di entrare nell’azione del mattino, ma serve gente di gamba. Magari qualche seconda linea dal nome importante può provare a fare questo gioco. Però è difficile.

Lombardia 2023, Tadej Pogacar
Lombardia 2023, stesso percorso di due anni prima, questa volta Pogacar fa il vuoto sul Passo di Ganda
Lombardia 2023, Tadej Pogacar
Lombardia 2023, stesso percorso di due anni prima, questa volta Pogacar fa il vuoto sul Passo di Ganda
Perché?

Lo abbiamo visto ieri al Gran Piemonte, i corridori nella fuga iniziale erano nomi forti e interessanti ma la UAE ha gestito perfettamente la corsa con due sole pedine. Quando si mettono in testa un obiettivo difficilmente sbagliano, hanno una squadra davvero forte con corridori che potrebbero fare i capitani in altri team.

Se Pogacar attacca sul Passo di Ganda poi non lo rivedi più, anche se il terreno per farlo ci sarebbe…

La pianura non manca, magari una decina di corridori potrebbero andare a riprenderlo. Tra la discesa del Selvino e lo strappo che porta in Città Alta c’è spazio. Solo che negli ultimi tempi nessuno è mai rientrato su Pogacar in pianura. Inoltre molte volte dietro, quando ormai è andato, si pensa al secondo posto. L’unico che può provare è Evenepoel. Si deve sperare che Pogacar non abbia una giornata super, certo che quando la UAE ha in testa un obiettivo

Mondiale gravel 2024, Brabante

Strappi, vento e medie elevate: chi vincerà il mondiale gravel?

10.10.2025
5 min
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MAASTRICHT (Olanda) – E’ il mondiale più giovane dell’UCI, ma anche uno dei più affascinanti. Il Campionato del mondo gravel si corre nel cuore del Zuid-Limburg, regione olandese al confine con Belgio e Germania, terra di colline dolci e strade bianche battute dal vento (in apertura, foto Sportograf).

Domani toccherà alle donne elite aprire le danze, domenica agli uomini. In questa culla del ciclismo olandese, teatro dell’Amstel Gold Race, la rassegna iridata promette un weekend di sport e spettacolo. Con tanti campioni al via, grandi aree vip attrezzate, tanto tifo e due cittadine che si sono del tutto votate all’evento. Tra l’altro, per favorire il pubblico è stato pensato un circuito ad anello da ripetere più volte.

gravel, mondiale 2025
Sui tratti scoperti in cima alle “colline” il vento si fa sentire. Di buono c’è che non dovrebbe piovere né sabato, né domenica
Sui tratti scoperti in cima alle “colline” il vento si fa sentire. Di buono c’è che non dovrebbe piovere né sabato, né domenica

Il percorso velocissimo

Il percorso presenta un anello di circa 50 chilometri attraverso Beek, Beekdaelen, Voerendaal, Meerssen e Valkenburg, passando per monumenti iconici come il castello di Wijnandsrade, la tenuta di Vaeshartelt e il mulino Sint Hubertus. Fra i tanti strappi, si suppone che quello decisivo sarà il Bronsdalweg: 1,4 chilometri con una pendenza media dell’8 per cento. Il finale poi è dentro Maastricht.

Da fare 180 chilometri per gli uomini e 131 per le donne, con dislivelli rispettivamente di circa 1.650 metri e 1.060 metri: numeri che non spaventano, ma richiedono continuità e capacità di rilanciare, quindi la gamba “sempre piena”. Di fatto è un copia e incolla di quello dello scorso anno a Leuven nel vicino Brabante. Qui ci sono forse 150 metri in più di dislivello, siamo lì… Per scendere nel pratico: Van der Poel vinse con una media che sfiorava i 39 all’ora.

Oggi, pedalando su queste colline, abbiamo provato dei segmenti anche noi: il vento sembra quasi che arrivi da ogni direzione. Ti costringe a restare coperti o a scegliere con intelligenza la posizione nel gruppo. Chi si troverà isolato, specialmente nei lunghi rettilinei in “cresta”, pagherà dazio.

Le carreggiate strette, le curve cieche e i continui cambi di ritmo: davvero ricorda molto l’Amstel Gold Race… le zone sono esattamente quelle. Serviranno insomma le caratteristiche da classiche del Nord, ma con un filo più di tecnica. Il fondo, per ora asciutto, promette scorrevolezza, ma se dovesse piovere nella notte tra sabato e domenica, il fango potrebbe cambiare completamente lo scenario e favorire i più tecnici.

Pidcock favorito?

Senza Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel, il mondiale gravel 2025 perde due grandi fari, ma resta una sfida di altissimo livello. Il favorito numero uno è Tom Pidcock, al via quasi a sorpresa. Il britannico, campione olimpico di MTB e iridato nel ciclocross, ha tutte le carte in regola per aggiungere anche il titolo gravel alla sua collezione. Cosa abbiamo appena scritto? Che sono le zone dell’Amstel e che servirà un filo più di tecnica… in pratica l’identikit perfetto dell’inglese che è un drago nella guida e che l’Amstel l’ha vinta nel 2024. Occhio però ad assegnare già la maglia iridata, perché 24 ore prima lo stesso Pidcock sarà al Giro di Lombardia: come reagirà alle fatiche e al viaggio?

Poi ci sono Florian e Gianni Vermeersch, tra i più esperti su questo tipo di tracciato, capaci di combinare resistenza e sensibilità sullo sterrato. Romain Bardet arriva in ottima condizione, galvanizzato dai recenti successi proprio nel gravel. Resta da capire se potrà reggere il ritmo di gara in un contesto così esplosivo.

Occhio a Tim Wellens, che ha preparato meticolosamente questo appuntamento, saltando le ultime corse su strada: un segnale chiaro delle sue ambizioni. Curiosa invece la presenza di Tim Merlier, più abituato alle volate asfaltate che agli strappi offroad. Ma la potenza del belga potrebbe tornare utile nel finale, se la corsa dovesse restare compatta.

Da non sottovalutare gli specialisti del fango: Laurens Sweeck, Tibor Del Grosso, assi del ciclocross, e Quinten Hermans, l’anno scorso bronzo, tutti pronti a inserirsi nella lotta per il podio. Infine, attenzione a Matej Mohoric, che sa come si vince un mondiale gravel (l’ha già fatto nel 2023). Lo sloveno si presenta sornione: non esce da una super stagione, ma potrebbe essere l’occasione per riscattarsi.

Donne, quante olandesi

Rispetto alla gara maschile, quella femminile promette uno spettacolo tecnico e tattico di livello assoluto. Le olandesi partono con il peso del pronostico e il vantaggio del terreno amico: Lorena Wiebes sarà la ruota da seguire, potente e sempre più efficace anche sui terreni misti. Subito dietro di lei Marianne Vos, eterna regina del ciclismo mondiale. A completare la corazzata orange, Mischa Bredewold, pronta a sfruttare la corsa di squadra.

Tra le avversarie più attese c’è Silvia Persico, che già ieri ha saggiato il circuito assieme alle compagne. Lassù, in qualche modo l’azzurra è di casa visto il suo passato nel ciclocross.

Merita una menzione speciale Rosa Kloser, tedesca che vive sul confine con l’Olanda. Bronzo europeo ad Avezzano, rappresenta la mina vagante di questo mondiale, tanto più che conosce il percorso e la tipologia del terreno.

Un percorso, e chiudiamo, che sembra scritto per le olandesi, ma con outsider come Silvia Persico pronte a a farsi sentire.