Lombardia 2025, Leo Bisiaux, Decathlon AG2R La Mondiale

Bisiaux e i Petite Diables alla scuola della Decathlon AG2R

20.10.2025
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COMO – Il talento di Paul Seixas è solamente la punta scintillante di un iceberg che da anni si muove silenzioso sotto il pelo dell’acqua, pronto ad emergere. La Decathlon AG2R La Mondiale lavora da anni per coltivare e far sviluppare una catena di enfant prodige. Giovani talenti scovati in maniera capillare sul territorio, che vengono portati all’interno della formazione juniores (Decathlon AG2R U19) e poi fatti passare nel devo team per una maturazione definitiva che avviene con l’approdo nel WorldTour. 

In questo modo la Francia fa crescere e preserva i suoi talenti, forte delle sue quattro formazioni che militano nel massimo livello del ciclismo mondiale: Decathlon AG2R La Mondiale, Groupama FDJ, Arkea B&B Hotels e Cofidis. Il prossimo anno rischiano di scendere a due, visto l’annunciata chiusura della Arkea B&B Hotels e la probabile retrocessione della Cofidis allo stato di professional. 

Lombardia 2025, Decathlon AG2R La Mondiale
Lombardia 2025, la Decathlon AG2R La Mondiale al foglio firma
Lombardia 2025, Decathlon AG2R La Mondiale
Lombardia 2025, la Decathlon AG2R La Mondiale al foglio firma

Sistema verticale

Tuttavia il sistema messo in piedi dalle due potenze del ciclismo francese, Decathlon AG2R La Mondiale e Groupama FDJ è ben chiaro: scovare i migliori talenti e portarli fin da giovani all’interno di un sistema che permetta di monitorarne la crescita. Non a caso tre delle ultime cinque edizioni del Giro della Lunigiana, la corsa a tappe di massimo livello per gli juniores, sono state vinte da atleti che arrivavano dalla formazione di sviluppo della Decathlon AG2R: Leo Bisiaux, Paul Seixas e Seff Van Kerckhove. Ai quali si aggiunge Lenny Martinez, atleta francese uscito dalla formazione juniores della Groupama FDJ.

Nella mattina del Lombardia siamo andati a curiosare nel mondo della Decathlon AG2R La Mondiale, per capire come lavorano e in che modo si vanno a scovare i talenti che andranno poi a creare una solida base in vista del futuro. Le domande le giriamo direttamente a Leo Bisiaux, 20 anni, uno dei primi talenti entrato nell’infornata della formazione francese, il quale ha vissuto da dentro la rapida e vertiginosa crescita del team. 

«E’ fantastico avere tanti corridori che entrano a far parte del progetto quando sono under 19 – dice – per poi passare nella formazione U23 e infine nel WorldTour. Possiamo crescere a gran velocità come lo si è potuto vedere con Paul (Seixas, ndr) ma anche con Jordan Labrosse, Noa Isidore e me».  

Come avviene la selezione?

Il team ha già tutti i nostri dati, quindi la selezione dei corridori avviene attraverso questi strumenti. Quando la squadra mi ha selezionato aveva a disposizione tutto su di me, oltre ad avermi visto in azione nelle varie gare. Ora non so come lavorano, perché il ciclismo è cambiato parecchio negli ultimi due anni, però credo che la base di lavoro sia la stessa. 

Com’è entrare in un devo team juniores?

Allenarsi e correre con i migliori atleti della categoria aiuta sicuramente dal punto di vista della crescita. Stare insieme, confrontarci e condividere questo cammino ci ha permesso di avvicinarci e unirci. Aspetto che è risultato importante anche una volta passati nel team U23, e lo è stato ancora di più nel WorldTour. Forse il segreto è proprio questo, creare un gruppo solido e capace di lavorare al meglio, fin da subito. 

Lombardia 2025, Paul Seixas, Decathlon AG2R La Mondiale
Lombardia 2025, al via anche Paul Seixas, rivelazione delle ultime stagioni
Lombardia 2025, Paul Seixas, Decathlon AG2R La Mondiale
Lombardia 2025, al via anche Paul Seixas, rivelazione delle ultime stagioni
Da juniores hai corso anche con selezioni regionali o miste…

In alcune corse sì, così come ho corso con la nazionale francese. Correre con le rappresentative regionali o miste all’estero è stato un passaggio importante in termini di esperienza. Ti ritrovi in gara contro i migliori atleti e cresci molto. 

Parlavi di un ciclismo che è cambiato parecchio in soli due anni.

Penso sia evidente. Ora ci sono mezzi ancora più efficienti anche nella categoria juniores, soprattutto rispetto a quelli che avevo io. Inoltre gli allenamenti sono più duri, o comunque efficienti, si vedono ragazzi junior che arrivano ai mondiali tra i professionisti e corrono davanti. Paul Seixas e Albert Whiten Philipsen sono un esempio

Vuelta a Burgos 2025, Leo Bisiaux, Decathlon AG2R La Mondiale
Leo Bisiaux, 20 anni, in azione alla Vuelta Burgos con la maglia Decathlon AG2R La Mondiale
Vuelta a Burgos 2025, Leo Bisiaux, Decathlon AG2R La Mondiale
Leo Bisiaux, 20 anni, in azione alla Vuelta Burgos con la maglia Decathlon AG2R La Mondiale
Per questo credi che alcuni passino direttamente da juniores a professionisti?

Siamo davanti a un nuovo ciclismo. Non so dove porterà ma ci sono tanti giovani che sono pronti. Io stesso ho corso solamente un anno da U23 e poi sono passato nella WorldTour. Ne ho parlato con la squadra e c’è un piano per vedere come posso crescere anno dopo anno. Avere un cammino lineare e continuo attraverso tutte le categorie, da quella juniores al WorldTour aiuta tanto. 

Quanto è importante per te che altri ragazzi francesi abbiano un gruppo solido e una squadra solida in cui poter crescere?

Importante ma non fondamentale, non ci sono solamente atleti francesi all’interno della formazione juniores. Ci sono tantissime nazionalità differenti, non saprei dire quante ma sono molte (l’unico atleta non francese passato nel WorldTour è l’australiano Oscar Chamberlain, ndr). 

Bastien Trochon, Tro Bro Leon 2025, Decathlon AG2R La Mondiale (foto Ronan Caroff/DirectVelo)
Tra i nomi usciti dal vivaio Decathlon c’è quello di Bastien Trochon, classe 2002 che ha vinto la Tro Bro Leon 2025 (foto Ronan Caroff/DirectVelo)
Bastien Trochon, Tro Bro Leon 2025, Decathlon AG2R La Mondiale (foto Ronan Caroff/DirectVelo)
Tra i nomi usciti dal vivaio Decathlon c’è quello di Bastien Trochon, classe 2002 che ha vinto la Tro Bro Leon 2025 (foto Ronan Caroff/DirectVelo)
La squadra vi permette anche di mantenere la doppia attività, molti di voi fanno strada e ciclocross. 

Sì, per me e anche per altri ragazzi entrambe le discipline sono molto importanti. Per il momento continuiamo così e lo staff ci ha sempre dato il massimo supporto, soprattutto da junior o under 23 dove è importante la multidisciplina. Anche se l’obiettivo principale è sulla strada, ovviamente. 

Tsarenko torna a casa con un nuovo successo e il contratto in tasca

20.10.2025
5 min
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La Japan Cup di ieri ha messo fine alla lunga stagione di Kyrylo Tsarenko. Una stagione foriera di belle soddisfazioni, ultima la conquista del Tour de Kyushu, una delle tante prove a tappe del calendario asiatico. Una di quelle corse che fanno da ossatura per una squadra come la Solution Tech-Vini Fantini, alla quale il corridore ucraino quest’anno ha portato un gran numero di punti, risultando decisivo per il suo ranking.

Gli ultimi giorni in terra asiatica, complice anche la lunghezza della trasferta erano stati un po’ pesanti, anche perché per quanto i moderni device siano un aiuto, è anche vero che la lontananza dalla “sua” Emilia la sente fortemente. Anche per colpa del clima: «So che in Italia è autunno, ma qui abbiamo incontrato molti cambiamenti: a sud era caldo, qua già verso nord, a Utsunomiya era già più freddo, ma molto cambiava in base alle giornate».

Il successo nella prima tappa è stato decisivo per Tsarenko, trovatosi solo con l'estone Taaramae a insidiarlo in classifica
Il successo nella prima tappa è stato decisivo per Tsarenko, trovatosi solo con l’estone Taaramae a insidiarlo in classifica
Il successo nella prima tappa è stato decisivo per Tsarenko, trovatosi solo con l'estone Taaramae a insidiarlo in classifica
Il successo nella prima tappa è stato decisivo per Tsarenko, trovatosi solo con l’estone Taaramae a insidiarlo in classifica
A Kyushu ti aspettavi di vincere la classifica generale?

Diciamo che sapevamo bene come tutto si giocasse nella prima frazione. Abbiamo corso per il risultato pieno e mi sono ritrovato alla fine a giocarmi la vittoria con una vecchia volpe come l’estone Taaramae, ma avendo vinto poi dovevo puntare a mantenere la leadership nelle due frazioni successive, più semplici ma solo in apparenza. E’ sempre una bella impresa quando riesci a portare a casa una classifica generale.

Non è la prima quest’anno per te, perché tu avevi già vinto il Tour di Hainan. Ti stai trovando a tuo agio in questo tipo di corse, di pochi giorni?

Sì, soprattutto quando sono percorsi non facili, ma neanche durissimi, percorsi abbastanza impegnativi. Mi sto trovando abbastanza bene. Non posso dire di essere diventato un corridore da corse a tappe, ma penso di essere cresciuto da questo punto di vista e poter dire la mia in certi contesti.

In classifica il 25enne ucraino ha preceduto Taaramae di 4", terzo Garibbo a 49"
In classifica il 25enne ucraino ha preceduto Taaramae di 4″, terzo Garibbo a 49″
In classifica il 25enne ucraino ha preceduto Taaramae di 4", terzo Garibbo a 49"
In classifica il 25enne ucraino ha preceduto Taaramae di 4″, terzo Garibbo a 49″
Rispetto all’altra vittoria, questa aveva poi una partecipazione abbastanza importante. C’erano anche squadre del World Tour…

Non solo, c’era la TotalEnergies che comunque a tutte le corse che partecipa porta sempre una bella squadra ed è particolarmente specializzata in questo tipo di corse. Aver vinto con una concorrenza del genere mi ha dato molta soddisfazione, più che nel caso precedente, ma posso dire che è stato la ciliegina sulla torta di un’ottima stagione.

E’ stato difficile poi, nelle due tappe successive, difendere il primato? Hai corso in difesa o all’attacco?

In difesa, perché c’erano troppe squadre che erano vicine. Soprattutto mi aspettavo qualche colpo proprio dalle formazioni del WorldTour, anche con gente specializzata per questo tipo di corse. E’ stata abbastanza dura, soprattutto l’ultima tappa: dall’altimetria se guardi non sembrava niente di che, ma la gara dura la fanno sempre i corridori, quindi è stata bella impegnativa e devo dire grazie alla squadra, a come ha lavorato per riuscire a portarmi al traguardo e difendere quei 4 secondi che avevo.

Fondamentale per la sua vittoria è stato il supporto del team nel controllare la corsa nelle 2 tappe restanti
Fondamentale per la sua vittoria è stato il supporto del team nel controllare la corsa nelle 2 tappe restanti
Fondamentale per la sua vittoria è stato il supporto del team nel controllare la corsa nelle 2 tappe restanti
Fondamentale per la sua vittoria è stato il supporto del team nel controllare la corsa nelle 2 tappe restanti
Un corridore come te che vince corse a tappe diventa interessante anche per le squadre del World Tour. Qualche offerta ti è arrivata?

Durante tutto l’anno ho visto che tanti si sono interessati, ma è rimasto tutto nel vago. Arrivano a un certo punto, guardano i valori, vedono che non sono un fenomeno e il discorso si chiude quasi subito. Ormai neanche i risultati bastano più, è tutta questione di numeri. A dir la verità anch’io non ero poi così ossessionato: mi trovo bene nel team, ho già firmato per la prossima stagione, quindi non mi pongo il problema.

Ti trovi meglio nelle corse all’estero rispetto a quelle italiane? Perché anche nelle gare europee tu riesci a ottenere tanti ottimi risultati.

Non direi, non dipende tanto da dove le corse si fanno. Ci sono periodi quando magari vado più concentrato o magari ho la forma un pelino meglio ed emergo, ma anche alle classiche italiane che ho fatto sono andato bene, ad esempio la top 10 centrata al Memorial Pantani, che quest’anno è venuta durissima, abbiamo finito la gara in 30 corridori. Oppure la Coppa Sabatini. C’è un aspetto del quale si parla troppo poco: il problema del ciclismo d’oggi è che arrivare nei primi 10 o al sessantesimo c’è talmente poca differenza che spesso è solamente questione di testa. Non bisogna mollare neanche per un secondo…

Per il corridore ucraino sono arrivate 6 vittorie in stagione, con altrettante Top 10
Per il corridore ucraino sono arrivate 6 vittorie in stagione, con altrettante Top 10
Per il corridore ucraino sono arrivate 6 vittorie in stagione, con altrettante Top 10
Per il corridore ucraino sono arrivate 6 vittorie in stagione, con altrettante Top 10
Ora dove vai in vacanza?

Non ci vado, non è cosa per me, piuttosto vado a trovare i miei amici.

Da quanto tempo è che non torni a casa in Ucraina?

Io sono andato via da casa il 5 di gennaio 2022. La mia città è nel centro dello stato, geograficamente. Molti mi chiedono se è zona di guerra, ma è chiaro che ormai da anni tutto il mio Paese vive addosso la guerra. La mia città non è proprio teatro di battaglia, ma le incursioni non mancano, non manca la paura, la situazione è uguale ovunque…

Giro del Veneto 2025, partenza da Vicenza, foto del team VF Group-Bardiani

L’UCI cambia le carte e Reverberi chiude il gruppo giovani

19.10.2025
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Si fa fatica a capire se il ciclismo mondiale sia amministrato da gente inadeguata o se siamo piuttosto noi italiani a essere costantemente in equilibrio instabile. Fuori tempo e allineati a standard superati. L’ultima in tema di partecipazione alle corse è la norma che dispone il divieto per le squadre professional di partecipare alle corse internazionali U23. Una doccia fredda per la VF Group-Bardiani-Faizanè, che con il suo gruppo dei giovani ha conquistato quasi 500 punti anche nelle corse U23. Una doccia molto più fredda per la MBH Bank-Ballan, che nel passare da continental a professional ha ingaggiato fior di U23, immaginando di poter fare il calendario di sempre. E doccia fredda anche per il Team Polti che per seguire le impronte di Reverberi, ha ingaggiato a sua volta corridori molto giovani.

Pertanto, quando contattiamo Roberto Reverberi perché dia un voto ai suoi quattro anni di attività con gli U23, il tono non è dei più entusiasti e presto il motivo è spiegato. Nel fare le regole, qualcuno si è preoccupato di verificare i contratti in essere?

«In un primo tempo avevano detto che non potevano più andare in nazionale quelli delle professional e anche del WorldTour – dice Reverberi – dalla settimana scorsa è uscita questa nuova regola. Ho provato a sentire Brent Copeland (i team manager della Jayco-AlUla è presidente dell’associazione dei gruppi sportivi, ndr) e mi ha detto che la settimana prossima facciamo una riunione per vedere se si riesce a sbloccare la situazione. L’UCI  ti deve avvisare almeno un anno prima quando cambia un regolamento del genere, perché noi abbiamo tutti i contratti con i corridori e adesso dove li portiamo a correre?».

Per Reverberi, Pellizzari è il risultato più fulgido del gruppo giovani creato dal team reggiano (foto Filippo Mazzullo)
Per Reverberi, Pellizzari è il risultato più fulgido del gruppo giovani creato dal team reggiano (foto Filippo Mazzullo)
Che cosa succederà secondo te?

Va a cadere tutto il discorso che portiamo avanti da quattro anni. In pratica gli juniores andranno nelle devo e quelli un po’ peggio andranno nelle squadre dei dilettanti italiani. E alla fine noi non li prenderemo neanche più, come facciamo? Dovremmo portare ragazzi di 18 anni a fare subito le gare professionistiche? La nostra esperienza è stata positiva. Nella prima covata che abbiamo preso c’erano Pellizzari, Pinarello che va nel WorldTour con la Israel. Scalco va con la XDS-Astana. E vedrete che anche Paletti e qualcun altro nel giro di due anni faranno il salto. 

Una volta ci dicesti che due anni bastano per vedere tutto.

Pinarello ci ha messo un pelino di più e Scalco anche. Non è mica detto che tutti quanti siano come Finn, che arriva e va subito forte. E poi anche lui dovrà misurarsi con i professionisti e vedrà che la musica è diversa. Anche Turconi ad esempio è fortissimo, ha un motore incredibile, però gli serve un po’ più tempo. C’è chi ci mette un anno, chi ce ne mette due, chi ce ne mette tre. Come quando nei dilettanti, qualcuno passava a 21 anni e altri aspettavano i 24. Sapete piuttosto che cosa dovremmo fare forse? Me lo ha detto un amico preparatore…

Turconi quest’anno ha vinto il Trofeo Piva (foto Pederiva) e il Medio Brenta, arrivando 5° al Giro. Reverberi aspetta che cresca ancora
Turconi quest’anno ha vinto il Trofeo Piva (foto Pederiva) e il Medio Brenta, arrivando 5° al Giro. Reverberi aspetta che cresca ancora
Che cosa?

Dovremmo andare a ripescare tutti i corridori italiani che vanno nelle devo e che poi ritornano indietro, perché tanto tornano indietro e dopo fanno fatica a trovare una squadra. Non li portano tutti nel WorldTour, non è credibile. Per ora, guardando fra i giovani, abbiamo preso il fratello di Turconi, che si chiama Matteo. E poi Manenti dalla Hopplà. Adesso siamo a 20, vediamo se salta fuori qualcos’altro anche come sponsor. Stiamo facendo un po’ di ricerche, così vediamo se nel giro di 15-20 giorni cambia qualcosa. In giro ci sono elementi buoni, soprattutto dopo le varie fusioni.

La storia insegna che anche gli elite di valore possono avere un futuro. Chi si sarebbe aspettato Fiorelli alla Visma?

Filippo ha iniziato a correre tardi. E’ un caso un po’ anomalo, perché prima correva con gli amatori. Poi lo ha preso Massini che lo ha tirato su, ma ha perso un sacco di tempo. Aveva sempre problemi con il peso, ha preso tante parole. Quando arriva a 67 chili va come una moto, se sale a 69-70 chili la caratteristica di andare bene in salita viene un po’ meno. Nel senso che se ha il peso giusto, riesce a scollinare con i migliori, altrimenti perde i 10-15 secondi che gli impediscono di arrivare alla volata. Ha vinto pochissimo solo per questo, invece quest’anno che si è messo in riga, ha fatto una stagione più costante, almeno fino al Giro.

Tarozzi al Giro d’Italia ha vinto il Red Bull KM, trofeo dedicato a chi è rimasto in fuga per più chilometri
Tarozzi al Giro d’Italia ha vinto il Red Bull KM, trofeo dedicato a chi è rimasto in fuga per più chilometri
Nella testa di Roberto Reverberi, chi prenderà il posto di Scalco e Pinarello?

Probabilmente Turconi e Paletti, i giovani da cui ci aspettiamo un po’ più continuità. Invece i corridori da cui vorremmo anche qualche risultato in più sono Marcellusi, Magli e quelli più esperti. Lo stesso Zanoncello, che deve un po’ migliorare. Tarozzi, che è un corridore particolare perché è un uomo da fuga e ne abbiamo bisogno. Quest’anno al Giro ha vinto il Premio Red Bull per i chilometri di fuga e a noi uno così fa gioco.

Non avendo più il gruppo dei giovani, la struttura tecnica rimane la stessa?

Sì, avremo ancora i soliti quattro direttori sportivi, cioè Rossato, Donati, Amoriello ed io. Gli stessi preparatori, cioè Borja e Andrea Giorgi. Sempre lo stesso medico. Qualcuno del personale si sposta, chi va alla UAE e chi alla Visma. Come vedete forniamo talenti al WorldTour anche per lo staff. Ce ne sono tanti sparsi nel gruppo. E poi avremo ancora le bici De Rosa, avevamo già prolungato il contratto.

Visite Jayco AlUla all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torin, Michael Matthews

Matthews e lo stop che gli ha allungato la carriera

19.10.2025
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TORINO – Dal buio dell’estate alla rinascita nella classica d’autunno per eccellenza. Il sorriso è tornato a splendere sulle labbra di Michael Matthews, dopo momenti in cui non solo la bici ma la stessa vita sembravano sfuggirgli dalle mani. 

All’immediata vigilia dello scorso Tour de France, tutte le certezze si sono sgretolate e un’embolia polmonare ha costretto la colonna portante della Jayco-AlUla a ripartire da zero e interrogarsi su tutto. Non sapeva quando e se sarebbe tornato, ma Bling, abituato a risplendere in sella proprio come ricorda il suo soprannome in gruppo, non ne voleva proprio sapere di scomparire in un tunnel. Col sostegno del team e della famiglia, l’estroso australiano si è ripreso la vita di prima e anzi, ammette di aver ancor più motivazione. La fuga al Lombardia, non proprio la sua classica prediletta, ne è la testimonianza e il sogno di lasciare ancora il segno alla Milano-Sanremo l’anno venturo è di nuovo vivido. 

Che cosa vuol dire essere tornato così competitivo come hai dimostrato al Lombardia?

Attaccare era il nostro piano sin dalla partenza. Sapevo che la miglior opzione per ottenere un buon risultato al Lombardia per me era di avvantaggiarmi subito e mi è andata bene perché mi sono trovato in una fuga davvero interessante. Bisognava avere buone gambe per far parte di quel gruppo, ma anche per rimanerci: per fortuna le mie erano ottime. A pensarci ora, sarebbe stato interessante anche usare una tattica più attendista e vedere come avrei potuto reggere se non fossi andato in fuga, ma sono felicissimo del piazzamento e delle sensazioni che ho provato. Sono sulla strada giusta per tornare al mio livello dopo i problemi di salute che ho avuto. Peccato che la stagione stia già volgendo al termine.

Ci racconti quanto è stato difficile superare il momento che hai attraversato e puoi ripercorrere quei giorni?

E’ stata una montagna russa di emozioni. Avevo appena finito il camp di tre settimane ed ero tecnicamente pronto per il Tour de France, quando è sopraggiunto questo problema. Aver lavorato così tanto per un obiettivo ed essere fermato da una diagnosi medica è stato complesso, anche perché non sapevo quali sarebbero stati gli strascichi di questo problema. Non avevo idea se sarei tornato in bicicletta e nemmeno se sarei sopravvissuto o sarei morto. Nessuno sapeva dirmi quali sarebbero stati i passi successivi sia nella mia carriera sia nella mia vita.

Quale è stato il passo successivo?

Una volta trovato il problema e la procedura per risolverlo, è cambiato tutto. Ho capito che sarei stato meglio e che non sarei morto, dopodiché ho voluto subito capire che cosa avrei dovuto fare per tornare al mio livello di prima in bici. Ho realizzato in quei momenti quanto amo questo sport e quanto mi piace il mio lavoro come ciclista professionista.

Visite Jayco AlUla all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torin, Michael Matthews, Alberto Dolfin
L’incontro con Matthews si è svolto all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino (foto Matteo Secci)
Visite Jayco AlUla all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torin, Michael Matthews, Alberto Dolfin
L’incontro con Matthews si è svolto all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino (foto Matteo Secci)
Come hai svoltato strada?

L’idea di perdere tutto per i problemi di salute mi ha motivato ancora di più a tornare più forte, con la fame di vincere ancora. Ci sono state giornate in cui ero smarrito, in cui non sapevo in che condizioni mi trovavo, ma grazie a mia moglie e alla mia famiglia sono riuscito a restare lucido mentalmente.

Ci sono stati tanti momenti difficili?

Ero depresso, mi chiedevo se la vita fosse finita. Sono stati quattro mesi della mia vita molto tumultuosi, ma sono qui ora e, grazie alla forma attuale e agli ultimi risultati, sono orgoglioso di quello che sto facendo. Cerco di vedere il lato positivo e penso di esser riuscito a superare una situazione molto difficile e ne sono uscito col sorriso sulle labbra e con gambe che mi permettono ancora di battagliare coi più forti al mondo.

Come hai capito che saresti tornato al tuo livello?

Difficile da dire perché ci sono stati tanti alti e bassi. Non riuscivo a essere costante, avendo perso molte corse. A Plouay era già andata molto bene visto che non gareggiavo da mesi e sono riuscito subito a cogliere il podio in una corsa così sfiancante. Ho capito che ce l’avrei fatta, ma poi mentalmente non è stato facile accettare le controprestazioni delle uscite successive. Per fortuna, dopo i mondiali, nelle corse italiane ho trovato continuità e sono riuscito a recuperare meglio tra una e l’altra.

La costanza è la parola che meglio ti descrive guardando i numeri della tua carriera: che cosa ti porti delle ultime settimane per la prossima stagione?

Il sogno si chiama sempre Milano-Sanremo, ma ora sono dieci volte più motivato di prima. La mia carriera poteva finire quest’anno per colpa della salute o dei problemi mentali che ho avuto in seguito allo stop, per cui il fatto di aver superato quegli ostacoli così insidiosi mi spinge a credere ancora in me stesso. Nelle corse italiane avevo la testa sgombra come non mai e anche i dottori dicono che ho il corpo di un venticinquenne. Il fatto che me lo dicano ora che ne ho dieci in più non è così male.

Quanto è cambiato il ciclismo?

La mia carriera è molto lunga e passa attraverso diverse generazioni. Ho cominciato ai tempi di Boonen, ho sfidato Sagan nel mezzo e ora sono nell’era di Tadej. Sfortunatamente, ho incrociato sulla mia strada questi alieni che in bicicletta sanno fare cose stellari. Io cerco di fare il mio meglio e sono orgoglioso di come nel corso del tempo mi sono adattata a diversi modi di correre. Mi manca ancora il sigillo in una Monumento o in una grande classica che ho sfiorato più volte. Poi, l’anno prossimo il Tour de France comincerà con una cronosquadre, per cui la mia esperienza può essere utile anche in quell’occasione. Per il momento, mi godo ogni secondo e il fatto di essere tornato il Michael di sempre. Voglio soltanto continuare a divertirmi.

Si può dire che quello che ti è successo ti ha allungato la carriera?

Penso proprio di sì. Mi ha fatto realizzare quello che ho e apprezzare ogni singola opportunità che mi sta capitando.

Elena Cecchini, Elia Viviani

Cecchini e Viviani: nuovi equilibri e vita un po’ diversa

19.10.2025
6 min
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Nemmeno il tempo di tornare dal Giro del Veneto che Elia Viviani ed Elena Cecchini hanno dovuto rifare le valigie per andare a Santiago del Cile. I mondiali su pista saranno l’ultimo appuntamento per Viviani, da lì la sua vita cambierà, così come quella di Elena Cecchini. Per l’atleta della SD Worx-Protime, fresca di rinnovo, il 2026 sarà l’ultimo anno in gruppo e il primo che dovrà preparare come unica ciclista di casa. Dopo dodici anni passati a condividere le fatiche della preparazione invernale e della stagione intera Elia ed Elena dovranno trovare un nuovo equilibrio

«Prima però – ci racconta la friulana – c’è tempo per l’ultimo viaggione della stagione. Domani (giovedì per chi legge, ndr) Elia ed io andremo a Santiago del Cile per i mondiali su pista. Mi farà piacere essere lì accanto ad Elia come supporto in quest’ultimo appuntamento della sua carriera, poi però non rientreremo in Italia. Ci fermeremo in Colombia perché ci sarà il matrimonio di Fernando Gaviria, oltre a essere un collega è un grande amico di Elia e ci teniamo a partecipare. 

Bredene Koksijde Classic 2025, Elia Viviani in curva
Viviani ha concluso la sua carriera dopo 15 stagioni da professionista
Bredene Koksijde Classic 2025, Elia Viviani in curva
Viviani ha concluso la sua carriera dopo 15 stagioni da professionista
Che effetto fa a fare le valigie per l’ultima trasferta?

Devo dire che di solito sono una che si emoziona facilmente, però questa volta no. Prima di tutto perché vedo Elia molto sereno della scelta che ha fatto, e poi perché secondo me non ho ancora realizzato totalmente. E’ come se fosse un normale fine stagione. Sarà più strano a metà novembre quando ripartirò in bici e ci saranno dei giorni in cui Elia non uscirà con me, come ha fatto negli ultimi dodici anni. 

Al Giro del Veneto c’è stato un primo grande assaggio di fine carriera…

E’ stato bello, un momento molto speciale. Firmerei anche io per avere l’ultima corsa della mia carriera sulle strade di casa. Si è trattato di un momento speciale, sia per l’affetto ricevuto dai colleghi ma anche per il saluto della squadra. Gli hanno fatto una sorpresa con questa bici dalla livrea speciale. E’ bello vedere come sia stato un esempio e un riferimento anche alla Lotto, nonostante ci abbia trascorso pochi mesi. Vuol dire che Elia è riuscito a lasciare il segno, ed è bello vederlo perché a volte nell’arco di una carriera non si ha il tempo di fermarsi e vedere cosa ci si lascia alle spalle. 

Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Viviani ha corso la sua ultima corsa su strada al Giro del Veneto lo scorso 15 ottobre
Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Viviani ha corso la sua ultima corsa su strada al Giro del Veneto lo scorso 15 ottobre
Secondo te cos’è che ha lasciato Elia?

Non perché sia mio marito, però ha un palmares invidiabile. Nello sport si tende a ricordare quello che si è fatto nell’ultimo anno o gara, ma credo che Elia possa essere davvero felice della carriera che ha fatto: tre medaglie olimpiche, innumerevoli corse su strada, mondiali su pista, gli europei e il titolo italiano su strada. Però secondo me ha lasciato tanto soprattutto alla pista.

Certo.

Ci siamo fidanzati nel 2012 e mi ricordo benissimo le Olimpiadi di Londra dove era l’unico rappresentate della nazionale italiana su pista. Da lì poi si è creato un gruppo, in questi dodici anni, che è diventato uno dei più forti a livello mondiale. Sicuramente non è solamente merito di Elia, ma credo sia stata quella persona capace di far scattare la scintilla dalla quale è nato un fuoco vivo

Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Il team Lotto gli ha riservato una livrea speciale della sua Orbea
Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Il team Lotto gli ha riservato una livrea speciale della sua Orbea
E’ bello che finisca su pista…

Penso che sia la chiusura perfetta con il mondiale che, dopo le Olimpiadi è la gara più importante. Correrà anche alla Sei Giorni di Gent, che è la corsa più importante legata a quel circuito. 

Cambieranno un po’ gli equilibri e le cose nella dinamica di coppia, ci hai già pensato?

Sì. Devo dire che uno dei motivi, non il principale, che mi ha spinto a continuare è stato proprio questo. Il cambiamento è una cosa che mi destabilizza sempre un pochino, soprattutto inizialmente. Penso che continuare un altro anno mi possa e ci possa dare una mano nel sistemarci, così da trovare l’equilibrio per iniziare un nuovo capitolo insieme quando anch’io avrò smesso. Non fraintendetemi, la convivenza in casa non mi spaventa, anzi Elia ed io siamo due persone che amano godere della vita. Anche nei pochi giorni che riuscivamo a passare insieme durante la stagione ci piaceva fare cose normali.

Elia Viviani, pista, mondiali 2012
Viviani è stato il precursore della pista azzurra, qui nel 2012 ai mondiali di Melbourne
Elia Viviani, pista, mondiali 2012
Viviani è stato il precursore della pista azzurra, qui nel 2012 ai mondiali di Melbourne
Quali?

Andare al ristorante, oppure una sera facevamo allenamento per avere la mattina libera, svegliarci con calma e avere quei trenta minuti in più per fare colazione. Anche fare una telefonata ai nostri amici, o fare un giro in città, andare al cinema. 

Pensare di iniziare la stagione e di andare ai training camp con Elia a casa come sarà?

Mi sembrerà strano però d’altra parte quest’anno sono serena perché la decisione di smettere è arrivata da Elia stesso. Mentre l’inverno passato era in quel limbo in cui cercava squadra ma non trovava il contesto giusto. Lì l’ho vissuta malissimo, il fatto di andare a dicembre al training camp mi pesava, dicevo: «No, voglio stare a casa con te ed essere in queste settimane al tuo fianco». Quelle sono state settimane e mesi difficili.

In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell'eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell’eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell'eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell’eliminazione
Avrete modo di stare più tempo insieme…

Quando ho deciso di continuare sapevo che ci sarebbero stati i ritiri e le settimane via da casa. Spesso negli anni facevamo fatica a incrociarci perché quando io ero a correre lui era a casa e viceversa. Queste sono le cose, come vi avevo detto anche nell’altra intervista, che più mi pesano negli ultimi anni. Invece la prossima stagione sarà più semplice gestire queste dinamiche. Posso dire una cosa?

Certamente…

Ho sempre pensato che avrei smesso prima io, perché tra i due è Elia quello a cui piace andare in bici. E’ appassionato dell’allenamento, dello stare in sella. A me piace il resto: il gruppo, stare in squadra, condividere. Elia è l’atleta che ama svegliarsi al mattino, vestirsi e uscire. Quindi ho sempre pensato che mi sarei stancata prima io. Chiaramente ci sono anche altri fattori, non ultimo il fatto che nel ciclismo maschile si guarda tanto ai giovani, al contrario nel ciclismo femminile siamo nel momento in cui le squadre hanno bisogno della veterana o comunque di quella con più esperienza. 

Elia Viviani si godrà ancora qualche allenamento insieme a Elena Cecchini durante la preparazione invernale
Elia Viviani si godrà ancora qualche allenamento insieme a Elena Cecchini durante la preparazione invernale
Questa sua passione della bici, dell’allenamento, ti sarà anche un po’ di supporto in questo anno un po’ diverso?

Sicuramente. Alla fine Elia mi è sempre stato di supporto nella mia carriera. Spesso uscivamo insieme, poi ognuno faceva i suoi giri e i suoi allenamenti. Però lui mi è sempre stato di supporto quando avevo bisogno di un consiglio per la scelta dei materiali, piuttosto che quando ero ai training camp avevo bisogno che mi controllasse le misure della bici. L’altro giorno parlavamo e gli ho detto che deve tenersi in forma, lui ha già detto che mi farà compagnia negli allenamenti questo inverno

Adesso potrete condividere un allenamento per intero…

Vero. Adesso si potrà adattare a me, ad esempio io odio gli allenamenti con le volate, magari in quest’ultimo anno mi potrà stimolare a fare qualche sprint in più (ride, ndr).

Non resta che augurarvi buon viaggio e in bocca al lupo.

Crepi. Ora ci concentriamo sul mondiale pista e poi ci godremo il matrimonio di Gaviria e una meritata vacanza. Alla bici abbiamo detto che ci penseremo da metà novembre. Anzi, ci penserò, non è più un suo problema, l’avevo detto che devo ancora farci l’abitudine

Arnaud Demare, ritiro

Guarnieri saluta Demare: «Leader silenzioso, pro’ fino al midollo»

19.10.2025
7 min
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E’ questo il periodo degli addii. Finisce la stagione e tanti salutano. Quest’anno, più di altre volte, sembrano essere numerosi gli atleti, anche importanti, che lasciano il gruppo. Sembra quasi esserci un cambio generazionale netto. E tra questi c’è anche Arnaud Demare, classe 1991, originario di Beauvais, nel Nord della Francia.

Il francese è stato un velocista particolare: capace di alti e bassi, spesso discusso sia all’esterno sia all’interno del suo team – basti ricordare il “non idillio” con Thibaut Pinot – ma resta il fatto che è stato un grande. Ben 97 vittorie, tra cui una Milano-Sanremo, una Classica di Amburgo, due Parigi-Tours, tappe al Giro d’Italia, al Tour de France e alla Vuelta, oltre a tre titoli nazionali. E se è stato così grande, una parte importante del merito va a Jacopo Guarnieri, il suo ultimo uomo per gli sprint.
Proprio attraverso i ricordi di Jacopo salutiamo Demare.

Arnaud Demare e Jacopo Guarnieri: i due hanno corso insieme per sei stagioni dal 2017 al 2002
Demare, Guarnieri,
Arnaud Demare e Jacopo Guarnieri: i due hanno corso insieme per sei stagioni dal 2017 al 2002
Jacopo, tu con Demare ci hai corso un bel po’. Avete condiviso insieme una parte importante delle vostre carriere…

Sei anni che, se ci pensi, su una carriera di sedici non sono neanche tantissimi. Però, come dici tu, sono stati anni fondamentali. Arrivavo da due stagioni piene di soddisfazioni con Kristoff, perché avevamo vinto 35 gare in due anni. Con lui avevo vissuto solo momenti positivi, ma è nelle difficoltà che si crea il legame più forte. Con Arnaud abbiamo affrontato momenti complicati e proprio quelli ci hanno uniti ancora di più.

Demare era un grande velocista anche dal punto di vista fisico. Aveva bisogno di un treno solido, di cui tu eri il macchinista. Come avete costruito quel treno negli anni?

Abbiamo avuto un triennio molto buono, poi dopo il 2020 le cose sono un po’ cambiate. Ma tra il 2017 e il 2020 siamo stati davvero un punto di riferimento. Arnaud con me è sempre stato molto aperto: mi lasciava carta bianca nell’organizzazione. Ma soprattutto mi portava quasi su un piedistallo. Quando Madiot mi prese, io avevo firmato prima del Tour, non ci credava. Ricordo un episodio curioso…

Racconta…

Al Tour del 2016 una sera noi della Katusha capitammo in hotel insieme all’allora FDJ. Marc Madiot, il team manager della FDJ, mi chiese di incontrarlo. Eravamo io, lui e il fratello di Pinot, che lo aiutava con l’inglese. Madiot mi fece una foto e la mandò ad Arnaud, scrivendogli: “Vedi che non ti sto prendendo in giro. Ho preso Guarnieri”. Démare non ci credeva, pensava fosse impossibile che fossi davvero io ad arrivare nel team. All’epoca, per un corridore non francese entrare in una squadra francese non era affatto comune. Rimase sorpreso, ma mi stimava molto. Da lì nacque la fiducia: mi lasciò organizzare tutto. Il primo anno c’era anche Cimolai, che conoscevo da bambino, e questo rese tutto più semplice. Già in Katusha mi occupavo del treno, quindi portai lo stesso metodo nella nuova squadra. E la prima gara insieme fu… memorabile.

Demare, Guarnieri, treno
Demare diede carta bianca a Guarnieri circa l’organizzazione del treno. Dagli allenamenti alla gara
Demare, Guarnieri, treno
Demare diede carta bianca a Guarnieri circa l’organizzazione del treno. Dagli allenamenti alla gara
In che senso?

Prima tappa dell’Etoile de Bessèges 2017: primo Démare, secondo Kristoff. Avevo lasciato la Katusha perché c’erano dubbi sugli sponsor e mi avevano fatto un’offerta minima, quasi a dirmi “puoi andare”. Kristoff era un ragazzo semplice, anche troppo per certi aspetti, e non disse nulla. Io ero il suo ultimo uomo, quindi la situazione era un po’ assurda. Poteva metterci lui la differenza, come avviene in alcuni casi… Ma non andò così. Al tempo stesso l’idea di lavorare con Demare mi piaceva. Aveva già vinto la Sanremo, un titolo nazionale e corse importanti. Gli mancavano solo le tappe nei grandi Giri e un po’ di continuità.

Che è quella che fa davvero la differenza per uno sprinter…

E’ fondamentale. Anche vincere solo due o tre gare in più cambia la stagione. Nel 2017 il treno si mostrò subito competitivo e nel 2018, con Sinkeldam, facemmo un ulteriore salto di qualità. Poi arrivarono Konovalovas e Scottson, e diventammo praticamente perfetti. Ognuno compensava le caratteristiche dell’altro, e questo ci rendeva molto efficaci. Non vincevamo sempre, ma eravamo sempre lì. E quella consapevolezza ci dava una forza incredibile.

Demare, vince Sanremo 2016
Nel 2016 Demare vince la Sanremo tra le proteste. Dopo una caduta sui Capi, fu accusato da alcuni corridori di essere rientrato attaccato all’ammiraglia. Tuttavia non ci furono proteste ufficiali
Demare, vince Sanremo 2016
Nel 2016 Demare vince la Sanremo tra le proteste. Dopo una caduta sui Capi, fu accusato da alcuni corridori di essere rientrato attaccato all’ammiraglia. Tuttavia non ci furono proteste ufficiali
Qual è stata la vittoria più bella?

La tappa del Tour de France 2018. Arrivammo a quel Tour carichi e motivati. Avevamo vinto al Giro di Svizzera, stavamo bene… ma i primi giorni furono durissimi. Faticavamo più del previsto. Arnaud non riusciva d essere veloce. E la seconda settimana fu ancora peggio: un calvario. Molti sprinter andarono a casa: Greipel, Cavendish, Kittel, Groenewegen, Gaviria… Arnaud spesso arrivava appena dentro il tempo massimo, da solo, senza aiuti.

A dir poco insolito. Vai avanti…

Poi arrivò la tappa numero 18, l’ultima vera occasione prima di Parigi. Ci credemmo fino in fondo. Su un ultimo strappo attaccarono addirittura Simon Clarke e Daniel Martin, e chiudemmo il buco io e un giovanissimo Gaudu. Quel giorno avevo una condizione eccezionale. Konovalovas mi lasciò ai 3 chilometri e condussi lo sprint fino alla volata: lo portai in posizione perfetta. Poteva solo vincere. E vinse. Dopo tanta fatica, fu una liberazione. Quel giorno ero intoccabile, avevo una gamba e una fame…

Anche gli anni successivi furono importanti. Al Giro ha vinto molto, ben otto tappe. E anche due maglie ciclamino…

Il periodo migliore è stato il 2020, ma non solo per il Giro. Quell’anno vincevamo ovunque. Era l’anno del Covid, e noi italiani e francesi in particolare fummo tra i pochi costretti a fermarci davvero. Paradossalmente fu un vantaggio: quando la stagione riprese, eravamo più freschi e motivati rispetto a tanti altri che invece si erano “brasati” a forza di allenarsi a tutta. Avevamo più energie.

Demare, Tour 2018, Pau vittoria
La vittoria di Pau al Tour 2018 raccontata da Guarnieri (che già festeggiava). Demare precedette Laporte
E come persona? Che tipo di leader era Démare?

Quello che si percepiva da fuori corrispondeva alla realtà. Non era il classico leader rumoroso, ma un punto di riferimento silenzioso. Non aveva bisogno di alzare la voce per farsi rispettare. Anche se poi a volte si arrabbiava eccome. Quando serviva, sapeva farsi valere, ma la sua forza era l’esempio. Credeva nel lavoro e nella costanza. Era un professionista impeccabile, fino al midollo. Io scherzavo sempre con lui dicendogli: «Tu sei un atleta, io sono solo uno che va forte in bici». Perché lui lo era davvero, nel senso più completo del termine. Aveva talento, certo, ma anche una grande etica del lavoro. E questo gli ha dato tanto.

A livello tecnico invece? Oggi per i velocisti la ricerca del dettaglio conta sempre di più…

All’epoca eravamo direttamente coinvolti nello sviluppo con Lapierre, e Démare partecipava molto attivamente. La Groupama-FDJ però è sempre stata una squadra molto attenta agli sponsor: tutto doveva essere fatto con i materiali ufficiali, senza scorciatoie. Per esempio: un trattamento alla catena si poteva fare sì, ma solo con i prodotti ufficiali. Non si usciva mai dal seminato… ed era così per tutti. Erano molto rigidi su questo: tutti avevano lo stesso equipaggiamento. Al massimo c’era qualche colorazione speciale per Arnaud o Pinot.

Demare, Guarnieri
Demare lascia dopo 15 stagioni: 12 e mezzo nel gruppo di Madiot e due e mezzo all’Arkea
Demare, Guarnieri, treno
Demare lascia dopo 15 stagioni: 12 e mezzo nel gruppo di Madiot e due e mezzo all’Arkea
Sappiamo che Démare testava direttamente i nuovi telai, specie quelli aero. Confermi?

Esatto. Se usciva un nuovo telaio, Lapierre gli forniva tre versioni con differenti tipi di carbonio. Lui li provava e sceglieva quello che preferiva. Quella diventava poi la bici definitiva per il team. Era un approccio molto professionale e Arnaud lo prendeva davvero sul serio.

La prima volta che vi siete visti da nuovi compagni di squadra, in ritiro, come andò?

In realtà avvenne prima, ad agosto 2016. La prima volta l’ho incrociato all’Arctic Race, quando ero ancora in Katusha. Avevo appena iniziato a studiare francese, quindi non sapevo dire quasi nulla. E lui non parlava inglese. Si avvicinò ma fu molto imbarazzante. Eravamo entrambi a disagio. Quel giorno era anche il mio compleanno e la sera c’era una cena con tutta la corsa. Arriviamo per primi e vedo che i posti erano già assegnati, c’erano i nomi sui tavoli. Penso tra me e me: «Speriamo di non averlo vicino a tavola, non saprei cosa dirgli». Ci ritroviamo uno accanto all’altro! Per fortuna eravamo di spalle. All’inizio silenzio totale, poi grazie anche a un paio di brindisi la conversazione si è sciolta. Da lì è iniziata un’amicizia vera, oltre al rapporto professionale. Ho un bellissimo ricordo di quegli anni e l’onore di aver corso accanto a un campione come lui.

Il Lombardia 2025, Simone Petilli

Petilli dice addio: «Un viaggio incredibile che auguro a tutti»

18.10.2025
5 min
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COMO – Il Lombardia, come tutto il mese di ottobre in generale, ha visto la conclusione di tante carriere. Storie diverse legate insieme dalla passione verso il ciclismo, uno sport che ha donato tanto a ognuno di loro. A Como, al via dell’ultima Classica della stagione, il saluto del gruppo e del pubblico ha abbracciato diversi protagonisti che negli anni si sono messi alla prova sulle strade di tutto il mondo. Tra di loro c’è anche Simone Petilli

Per lui il Lombardia è stata una corsa speciale, l’ultima come per tanti altri, ma per un ragazzo che è nato sulla sponda lecchese del lago la Classica delle Foglie Morte acquista un significato differente. Profondo. 

L’abbraccio di parenti e amici

Il pullman dell’Intermarché-Wanty è nascosto dietro gli altri, in una vietta chiusa dove il pubblico fatica ad arrivare. A qualche metro da loro ci sono i mezzi del UAE Team Emirates e la folla attende che Tadej Pogacar e il suo ciuffo scendano quei pochi gradini. Così davanti al pullman della formazione belga ci sono pochi appassionati, ma tutti aspettano l’arrivo di Simone Petilli. Il lombardo nel frattempo è al foglio firma a salutare parenti e amici. 

«Insomma – ci racconta appena tornato – è l’ultima corsa della mia carriera. Fa uno strano effetto dirlo, però sono contento di terminare questo viaggio lungo dieci anni sulle strade di casa. Probabilmente me ne renderò conto con il passare dei giorni, però sono contento e soprattutto fiero di concludere la mia carriera dove tutto è nato».

Il Lombardia 2025, Simone Petilli
Ecco Petilli al foglio firma del Lombardia, pronto per le foto di rito alla sua ultima corsa in carriera
Il Lombardia 2025, Simone Petilli
Ecco Petilli al foglio firma del Lombardia, pronto per le foto di rito alla sua ultima corsa in carriera
Che viaggio è stato?

Bello, non mi sono quasi reso conto di quello che ho fatto in questi dieci anni da professionista, però ne sono più che orgoglioso. Auguro tutto ciò a qualsiasi ragazzo che inizi a correre in bici, auguro anche di vincere tante corse. Ho avuto la fortuna di conoscere tanti campioni in carriera e ognuno di loro mi ha dato qualcosa. 

Chi è quello che ti ha colpito maggiormente?

Tadej (Pogacar, ndr) avendo vinto insieme a lui la sua prima corsa alla Volta Ao Algarve nel 2019. Inoltre in questi anni siamo sempre rimasti in ottimi rapporti. Ma ce ne sono tantissimi altri, come Rui Costa, Diego Ulissi, Fabio Aru. 

Il Lombardia 2025, Simone Petilli
Petilli è stato uno dei due corridori dell’Intermarché a concludere il Lombardia, terminato all’87° posto
Il Lombardia 2025, Simone Petilli
Petilli è stato uno dei due corridori dell’Intermarché a concludere il Lombardia, terminato all’87° posto
Un aggettivo per ognuno di loro?

Dei campioni veri, direi: incredibili. 

E per Simone che viaggio è stato? 

Forse avrei augurato a me stesso sicuramente qualche risultato in più e qualcosa di meglio. Però se potessi tornare indietro non cambierei nulla perché grazie a questi dieci anni sono diventato quello che vedete oggi. Mi sono formato, ho accumulato tantissima esperienza e sono felice di questo

Vuelta Espana 2025, Simone Petilli, Fabio Aru
Vuelta 2025, Simone Petilli insieme a Fabio Aru, i due hanno corso insieme al UAE Team Emirates nel 2018 e nel 2019
Vuelta Espana 2025, Simone Petilli, Fabio Aru
Vuelta 2025, Simone Petilli insieme a Fabio Aru, i due hanno corso insieme al UAE Team Emirates nel 2018 e nel 2019
Cosa ti hanno donato questi dieci anni?

Tantissime persone, amici, campioni e soprattutto a non mollare mai. Non c’è un momento particolare, ho tantissimi ricordi piacevoli. Il ciclismo in questi anni è cambiato tanto, sono tutti più professionali e il livello medio si è alzato parecchio. D’altro canto devo ammettere che lo spettacolo che viene offerto agli spettatori sulle strade e a casa è aumentato parecchio. Ogni corridore merita dei sinceri complimenti, siamo tutti parte di questo progresso. 

Hai già pensato al post carriera?

Vorrei rimanere nell’ambiente. Ho studiato Scienze motorie e Scienze tecniche dello sport all’università, quindi mi vedrei bene in un ruolo di preparatore o coach. 

Volta ao Algarve 2019, Pogacar vince la sua prima corsa da pro’, l’abbraccio con Petilli è l’inizio della storia
Volta ao Algarve 2019, Pogacar vince la sua prima corsa da pro’, l’abbraccio con Petilli è l’inizio della storia
Qual è anche un po’ la filosofia che ti piacerebbe seguire?

Vorrei unire le mie esperienze da corridore a quello che ho studiato sui libri. Insomma, mettere insieme teoria e pratica, aspetto che nel ciclismo di oggi è fondamentale e che non tutti hanno. 

Com’è stato correre e studiare insieme?

Ho capito cosa c’è dietro un allenamento, una performance e questo mi ha dato una mano nel corso degli anni. Pedalare e studiare mi ha permesso di capire e di riuscire a distrarmi nei momenti in cui ero maggiormente sotto pressione. Capire quello che stavo facendo mi ha permesso di avere una prospettiva differente. 

Simone Petilli è stato un riferimento per i giovani italiani della Intermarché-Wanty, qui insieme a Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Simone Petilli è stato un riferimento per i giovani italiani della Intermarché-Wanty, qui insieme a Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Quando hai annunciato il ritiro tanti tuoi compagni, soprattutto i giovani come Gualdi, Busatto e altri hanno avuto parole di stima per te, che rapporto hai creato con loro?

Bellissimo. Ho sempre tenuto a trasmettere la mia esperienza ai più giovani, quindi sono fiero di quello che ho fatto e mi è piaciuto il ruolo che ho ricoperto in questi anni. E voglio continuare a trasmettere ai questa conoscenza, magari in un’altra veste. 

La corsa che ti porti nel cuore?

Giro d’Italia, Lombardia e Strade Bianche.

Moreno Biscaro è un mental coach trevigiano che lavora anche nel ciclismo dal 2021

Moreno Biscaro, il mental coach e le dinamiche del ciclismo

18.10.2025
6 min
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VICENZA – Cerca sempre di non mancare alle gare che ha vicino a casa, seppure non abbia una estrazione ciclistica di lunga data, a parte una normale passione per lo sport. Il ciclismo è arrivato nella vita del mental coach Moreno Biscaro da pochi anni e probabilmente questo suo essere “meno coinvolto” ha giocato e sta giocando a suo favore nel lavoro con i tanti atleti.

I giardini di Campo Marzo sono l’area deputata ad accogliere tutti i bus delle formazioni in gara al Giro del Veneto. Lungo i viali del parco vicentino incontriamo Biscaro intento a salutare alcuni corridori che segue o con cui ha lavorato. L’ottimo clima meteorologico autunnale sommato a quello tipico senza pressione di fine stagione sono il contesto migliore per scambiare impressioni, fare piccoli bilanci e fissare nuovi obiettivi. Intanto che attendiamo l’avanti-indietro delle squadre per il proprio turno di presentazione sul palco, approfondiamo il metodo del professionista trevigiano.

Biscaro assieme a Zana e De Marchi. Attraverso i ciclisti, ha visto il cambiamento e problematiche del movimento
Biscaro assieme a Zana e De Marchi. Attraverso i ciclisti, ha visto il cambiamento e problematiche del movimento
Biscaro assieme a Zana e De Marchi. Attraverso i ciclisti, ha visto il cambiamento e problematiche del movimento
Biscaro assieme a Zana e De Marchi. Attraverso i ciclisti, ha visto il cambiamento e problematiche del movimento
Prendiamo spunto da un tuo recente post instagram su Filippo Fontana che ci ha colpito. Su cosa avete lavorato?

Filippo è stato un grande. A giugno si è rotto tibia e perone in Austria in una prova di Coppa del mondo. Lui voleva tornare in bici in 26 giorni come fece Valentino Rossi dopo un suo infortunio. Ci siamo sentiti per telefono diverse volte e lui si era creato questa suggestione come ideale. Parte del mio lavoro è convincere le persone che possono perseguire quello che ci prefiggiamo. Filippo ed io abbiamo trovato fin da subito un linguaggio comune, ma in questo caso non è andato proprio così (dice sorridendo, ndr).

Per quale motivo?

Il paradosso è che quando ho visto Filippo dopo l’incidente l’ho trovato molto centrato sull’obiettivo di voler tornare entro quel termine che si era dato. Il mio ruolo è stato molto marginale e lo dico con un po’ di rammarico (sorride ancora, ndr). Non mi sono neanche sforzato di mettergli in testa certe cose. Significa che avevamo fatto un gran lavoro prima. Il segreto è stato solo di averlo aiutato ad allargare un po’ i suoi orizzonti e crederci ulteriormente. Mi prendo solo questo merito. Alla fine è tornato sulla bici a 28 giorni dalla frattura e ad inizio settembre ha portato a casa un ottavo posto al mondiale Mtb che se non somiglia ad un miracolo, non saprei come altro definirlo.

Dopo la frattura ad una gamba a giugno, Fontana chiude 8° ai mondiali Mtb grazie al lavoro con Biscaro (foto Radek Kasik)
Dopo la frattura ad una gamba a giugno, Fontana chiude 8° ai mondiali Mtb grazie al lavoro con Biscaro (foto Radek Kasik)
Dopo la frattura ad una gamba a giugno, Fontana chiude 8° ai mondiali Mtb grazie al lavoro con Biscaro (foto Radek Kasik)
Dopo la frattura ad una gamba a giugno, Fontana chiude 8° ai mondiali Mtb grazie al lavoro con Biscaro (foto Radek Kasik)
La tua esperienza con i ciclisti quando inizia?

Ho sempre pedalato per tenermi in forma e mi piaceva il ciclismo, tuttavia senza essere appassionato di gare. Ho cominciato a lavorare con questi atleti nel 2021, quando dopo l’Olimpiade è stata sdoganata maggiormente la figura del mental coach nello sport. Io ad esempio ho sempre lavorato con gli imprenditori. La prima con cui ho iniziato è stata Soraya Paladin, che abita a pochissimi chilometri di distanza e tutto è nato in modo simpatico. Lei mi seguiva sui social ed io stavo cercando atleti non tanto per lavorarci, quanto per intervistarli e capire come utilizzavano la parte mentale nello sport.

Com’è proseguito il rapporto di lavoro?

Avevo scritto a Soraya proprio per farle alcune domande e abbiamo iniziato a collaborare. Lei nel 2021 aveva perso la motivazione per continuare a correre, anzi era quasi convinta a smettere. Nel frattempo era riuscita a passare dalla Liv Racing alla Canyon//Sram (dove corre tutt’ora, ndr) e ricordo che alle prime gare del 2022 mi raccontava di aver ritrovato fiducia, voglia e soprattutto il divertimento. E’ diventata una ragazza importantissima per la squadra ed anche per la nazionale. Non è una che vince, ma contribuisce con un grande lavoro ai successi della squadra in tutti i sensi. Dall’anno scorso non collaboriamo più, ma siamo in buoni rapporti. E’ normale che talvolta certi percorsi giungano alla fine.

Tanti giovani collaborano con Biscaro: qui con Luca Paletti, con cui c'è un bel rapporto
Tanti giovani collaborano con Biscaro: qui con Luca Paletti, con cui c’è un bel rapporto
Tanti giovani collaborano con Biscaro: qui con Luca Paletti, con cui c'è un bel rapporto
Tanti giovani collaborano con Biscaro: qui con Luca Paletti, con cui c’è un bel rapporto
Invece con Sacha Modolo com’è andata?

Ho un grande rapporto anche con lui, con cui è nato tutto per caso. Una dichiarazione di Vendrame dopo una sua vittoria al Giro d’Italia aveva fatto venire a Valentina, la moglie di Sacha, l’idea rivolgersi a me. Sacha era entrato in una spirale negativa nonostante fosse alla Alpecin e anche lui stava pensando di smettere ad inizio 2021. Ho “corteggiato” Sacha affinché si affidasse e fidasse del mio ruolo. Lo faccio sempre quando riconosco un talento con cui si possono fare cose interessanti. Alla fine del nostro lavoro, andò alla Vuelta e ne uscii con una gamba incredibile tanto da vincere una settimana dopo una tappa al Giro del Lussemburgo. Quella fu la sua ultima vittoria, ma riuscii a trovare un contratto con la Bardiani nel 2022. Furono grandi soddisfazioni anche per me.

La tua rete si è ampliata molto?

Ho avuto un bel movimento di atleti in questi anni. Con le donne collaboro con Vitillo, Silvestri, Basilico, mentre tra i giovani ho Paletti, Matteo Milan, Olivo e in passato anche con Borgo. Tra i pro’ ci sono Zana e De Marchi. Mi fermo con i nomi perché ne ho tanti altri e non vorrei dimenticarmi qualcuno. La cosa che mi piace è che sono tutte gran brave persone ed è facile quindi instaurare un rapporto di lavoro sia professionale, sia più leggero quando è necessario. Con tantissimi di loro parliamo la stessa lingua e ci troviamo subito in sintonia.

Che idea ti sei fatto del mondo ciclistico? Te lo aspettavi meglio o peggio?

Dal 2021 ad oggi il ciclismo è cambiato tantissimo. Sono stati tutti anni molto intensi e pieni. L’emblema di questo cambiamento è stato proprio il “Dema” (Alessandro De Marchi, ndr). Con lui ho percepito quanto il cambiamento stia diventando sempre più faticoso e difficile. Ho capito quanto ci sia da gestire oltre al correre in bicicletta. E’ una opinione mia, ma secondo me questi atleti dovrebbero prevalentemente pensare a pedalare e divertirsi.

Paladin è stata la prima atleta a collaborare con Biscaro. Era il 2021, lei voleva smettere, lui le ha dato nuove motivazioni
Paladin è stata la prima atleta a collaborare con Biscaro. Era il 2021, lei voleva smettere, lui le ha dato nuove motivazioni
Paladin è stata la prima atleta a collaborare con Biscaro. Era il 2021, lei voleva smettere, lui le ha dato nuove motivazioni
Paladin è stata la prima atleta a collaborare con Biscaro. Era il 2021, lei voleva smettere, lui le ha dato nuove motivazioni
Gli altri aspetti sono difficili da arginare?

Adesso subentrano mille dinamiche a cui nessuno li introduce e che non sanno come gestire. Pressioni della squadra, degli sponsor, della famiglia, di altri fattori esterni. Sono un esperto di performance, anche nei rami di azienda, e so quanto queste influenze esterne incidano a performare meglio o peggio. Anzi, in alcuni casi se non si gestiscono in modo corretto, diventa tutto controproducente alla prestazione.

Per Moreno Biscaro è più facile lavorare con le donne o con gli uomini?

Non ci sono grandi differenze, ho sempre di fronte una persona in quanto tale. Non voglio nemmeno generalizzare, ma direi che le ragazze sono più emotive, si lasciano più trasportare. I ragazzi invece ascoltano meno le proprie emozioni e in molte situazioni sono bloccati da queste. A seconda dei casi, può essere un vantaggio, come uno svantaggio, l’importante è saper trovare il giusto punto d’incontro per le motivazioni necessarie per i propri obiettivi.

Tommaso Bosio, stagione 2025, General Store

La strada di Bosio è in salita e punta su vette importanti

18.10.2025
7 min
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Tommaso Bosio ha 18 anni e dopo i due da junior alla Trevigliese, la prima stagione da under 23 l’ha corsa con la General Store. Di lui ha parlato alcuni giorni fa Marino Amadori dopo averlo visto arrivare davanti alla Coppa San Daniele e da quel momento, andando a ritroso nella stagione, alcuni piazzamenti in gare di salita hanno richiamato ulteriormente l’attenzione. L’ottavo posto alla Bassano-Montegrappa, come il sesto alla Zanè-Monte Cengio. L’ottimo comportamento alla Fleche Ardennaise e anche sul traguardo di Oropa alle spalle dei professionisti. Segnali che meritano uno sguardo più attento e la conferma che anche al di fuori dei devo team si possano coltivare talento e voglia di fare.

Ieri Bosio ha chiuso al tredicesimo posto i 151 chilometri della Serenissima Gravel, uno dei pochi ad averla finita. E mentre tornava verso casa, abbiamo provato a conoscerlo un po’ meglio, mentre la stagione è ormai alle ultime mosse e poi si potrà staccare e cominciare a pianificare la prossima.

«Devo dire che non posso lamentarmi più di tanto – dice facendo un primo bilancio – sono abbastanza soddisfatto di com’è andata la stagione finora. Credo di essere stato soprattutto molto costante. Sono mancati magari un paio di acuti eclatanti, però secondo me dove contava ho fatto vedere quello che valgo. Ho dimostrato di arrivare sempre a ridosso delle prime posizioni anche in gare di livello assoluto, quindi sono contento. Secondo me non bisogna vedere i devo team come qualcosa di appartenente ad un altro mondo. Bisogna lavorare in maniera ineccepibile e cercare di fare le cose nella migliore maniera possibile. Ovviamente è fondamentale avere una squadra che ti supporti in una certa maniera e io sono fortunato. Alla General Store ho un supporto di buon livello e poi lavorando nel modo giusto, anche a livello personale, si riesce a fare un buon lavoro. Non bisogna temere il confronto».

Team General Store, 2025, Tommaso Bosio
Nella General Store, la sua presenza ricorda quella del primo Francesco Busatto, con margini notevoli
Team General Store, 2025, Tommaso Bosio
Nella General Store, la sua presenza ricorda quella del primo Francesco Busatto, con margini notevoli
Quali sono i punti in cui il supporto della squadra è decisivo?

Sicuramente sui materiali, perché i devo team hanno gli stessi delle squadre WorldTour, quindi sicuramente questo può essere considerato il gap maggiore. E poi in termini di preparazione e gestione generale della squadra, a partire dal calendario. Aspetti che in generale, al giorno d’oggi, devono essere curati al meglio. Nelle devo lo sono, nelle altre squadre c’è chi prova a lavorare allo stesso modo. Si cerca sempre di fare il meglio.

Alla luce di questo, hai capito quali saranno i punti su cui lavorare perché il prossimo anno sia migliore di questo?

Credo di essere cresciuto molto nel corso dell’anno e i numeri migliori della stagione li ho fatti nella seconda parte. In generale la crescita è stata molto costante quest’anno e di questo sono contento. Sicuramente un aspetto su cui devo lavorare è l’esplosività. Quest’anno ho perso la possibilità di fare tanti piazzamenti nei primi 10 in corse internazionali proprio perché arrivavo in un gruppetto che si giocava ad esempio la quinta posizione e io chiudevo alle spalle di chi faceva il piazzamento. Questo sicuramente può fare una grossa differenza in termini di risultati. Un altro aspetto su cui mi piacerebbe lavorare in ottica del prossimo anno sono gli sforzi molto lunghi in salita. Alle fine è il mio terreno e per puntare alla classifica in gare come Giro Next Gen o il Giro della Valle d’Aosta serve essere performanti su quel tipo di prestazioni. Vorrei concentrarmi ancora di più su questo, che già è uno dei miei punti di forza.

Gran Premio Capodarco 2025, Tommaso Bosio, General Store, in azione sul muro (photors.it)
Tommaso Bosio, tortonese classe 2006. Qui in azione sul muro di Capodarco: la classica marchigiana del 16 agosto chiusa in 13ª posizione (photors.it)
Gran Premio Capodarco 2025, Tommaso Bosio, General Store, in azione sul muro (photors.it)
Tommaso Bosio, tortonese classe 2006. Qui in azione sul muro di Capodarco: la classica marchigiana del 16 agosto chiusa in 13ª posizione (photors.it)
A proposito di salite, abbiamo notato un bel piazzamento a Oropa, la scorsa settimana, alle spalle di WorldTour e professional.

Diciamo che quando si corre con i professionisti e, guardando la classifica, se si vede un corridore continental che arriva davanti, a mio avviso vale tanto. Bisogna considerare le dinamiche che si vivono in gruppo. Le squadre WorldTour per diritto stanno schierate nella prima parte, poi via con le squadre professional e in ultimo le continental. A Oropa ad esempio, sotto questo punto di vista è stata una cosa eclatante. Eravamo due o tre continental ed eravamo tutti costretti a stare nelle ultime 30 posizioni del gruppo. Il percorso era molto nervoso con tante curve secche e rilanci praticamente da fermi, per cui abbiamo preso una quantità incredibile di frustrate. Mi ricordo un rettilineo in cui si rientrava sulla strada principale, dopo un tratto con tante curve strette.

Che cosa è successo?

Noi eravamo in fondo al gruppo e rilanciavamo a tutta per tenere le ruote di quelli davanti e quando ci siamo riaccodati, abbiamo visto quelli delle squadre WorldTour che ripartivano dopo essersi fermati per fare pipì. Questo per far capire quanto fossimo svantaggiati. Per cui secondo me la prestazione finale ha un valore anche superiore. Poi è ovvio che quando si corre con certi corridori, bisogna fare i conti anche col livello della corsa. Però sono fiducioso che con la crescita e il miglioramento, anno per anno si possa arrivare a competere anche a quei livelli.

Continui ancora con il cross e la mountain bike?

Ho sempre fatto diverse specialità, poi negli anni ho seguito sempre di più l’attività su strada. Da quest’anno ho deciso di concentrarmici al 100 per cento, puramente per una questione di opportunità per il futuro. Nella passata stagione ho ottenuto tanti bei risultati nel mondo della mountain bike, ma le possibilità lavorative sono molto ridotte rispetto al mondo della strada, quindi ho voluto fare questa scelta. Forse un po’ anche audace, ma per ora sono contento di averla fatta e non ho grossi rimpianti.

Chi è il tuo allenatore?

Alla General Store abbiamo un preparatore comune a tutti i ragazzi. E’ Riccardo Bernabè, che io ritengo davvero molto bravo. Per questo dicevo di aver avuto una crescita importante nel corso dell’anno e sicuramente una grossa parte si deve anche a lui. Continuando a lavorare, spero di poter mettere fra gli obiettivi del prossimo anno il passaggio al professionismo, che è il principale per tutti quelli che fanno questo sport. Ma sul calendario ho adocchiato alcune gare su cui metterò dei cerchietti rossi. Corse che mi piacciono, vicine alle mie caratteristiche in cui spero di fare il meglio possibile. Voglio cercare di fare ancora un salto di qualità e secondo me nella prossima stagione si può fare davvero bene.

Il secondo posto nell’Eroica Juniores del 2024 è stato uno dei passaggi che ha fatto propendere Bosio verso la strada
Il secondo posto nell’Eroica Juniores del 2024 è stato uno dei passaggi che ha fatto propendere Bosio verso la strada
Cosa si può dire di Tommaso Bosio per chi non lo conosce?

Sono un ragazzo molto inquadrato, nel senso che mi piace concentrarmi su quello che faccio e ora nella mia vita il ciclismo viene prima di tutto il resto. Attualmente ho iniziato a fare la triennale in Scienze Motorie all’università, con l’idea di fare la magistrale in Scienza della nutrizione umana. Ho scelto questo percorso perché era l’unico, tra quelli che mi interessavano, che si potesse conciliare con l’attività ciclistica. La nutrizione è un aspetto fondamentale che riguarda tutti gli sportivi in generale e mi appassiona parecchio. Un domani potrebbe essere anche il piano di riserva o il modo di porre le basi per attività future. Per il resto ho interessi comuni, nel senso che esco ogni tanto con gli amici, anche se raramente.

Cosa pensano i tuoi coetanei di tanta dedizione?

Ho sempre la sensazione di essere parte di un altro mondo. Nel senso che ci sono le amicizie di sempre, però io sono comunque parte del mondo del ciclismo e gli altri non riescono a capirlo sino in fondo. Però devo dire che nella mia cerchia di amicizie questo non è un problema, non vengo tagliato fuori perché magari sono più impegnato di altri e questo dipende dagli amici che si hanno e io per questo sono fortunato. Poi ovviamente tanti amici li ho anche nel mondo del ciclismo, perché siamo via tantissimi giorni all’anno e alla fine le persone che vedo di più sono quelle che fanno la mia stessa vita.

La Fleche Ardennaise 2025, Tommaso Bosio
La Fleche Ardennaise ha visto Tommaso Bosio difendersi molto bene in mezzo ai più forti devo team d’Euoropa (immagine Instagram)
La Fleche Ardennaise 2025, Tommaso Bosio
La Fleche Ardennaise ha visto Tommaso Bosio difendersi molto bene in mezzo ai più forti devo team d’Euoropa (immagine Instagram)
La bicicletta è anche un oggetto divertente oppure solo uno strumento di lavoro?

Attualmente l’unica bici di proprietà che ho è una mountain bike. Purtroppo nel corso della stagione non riesco ad utilizzarla spesso, però in inverno cercherò di uscirci di più, magari nella casa al mare in Liguria, dove c’è più varietà per quanto riguarda i percorsi. Tra l’altro a breve, appena finita la stagione, partirò per un piccolo bikepacking in Costa Azzurra con la gravel. Quindi direi che il ciclismo non è solo un lavoro, ma anche passione e un divertimento. Saremo un bel gruppo di amici, fra alcuni ragazzi che corrono e altri che sono amatori. Come gli amici: non tanti, ma buoni.