Zamperini di forza, nuovo campione italiano degli U23

23.06.2024
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Si gira ancora una volta Edoardo Zamperini. Il chilometro finale verso il traguardo di Trissino sembra infinito per lui. Forse sente l’arrivo degli inseguitori, che tutto sommato gli hanno rosicchiato un bel po’ (in apertura foto Trissino 2024).

Ma il vantaggio è buono e alla fine la maglia tricolore è sua. Il corridore dell’UC Trevigiani prende l’eredità di Francesco Busatto. Classe 2003, Edoardo Zamperini è di Azzago, Verona, non troppo lontano dalla sede della gara. Ed anche per questo il tifo per lui era parecchio.

Al via 184 partenti. I favoriti? I nomi presenti anche al Giro Next Gen (foto Trissino 2024)
Al via 184 partenti. I favoriti? I nomi presenti anche al Giro Next Gen (foto Trissino 2024)

Il film in breve

Brevemente la gara. Trissino, paese nella provincia di Vicenza ospita il campionato italiano under 23. La corsa di fatto procede parallela a quella dei professionisti. Zamperini e Bettiol tagliano il traguardo in contemporanea. O al massimo con una differenza di pochi secondi.

La corsa va come da programma. Diverse fughe nei giri iniziali e poi la grande attesa per il circuito finale di 32 chilometri con la scalata maggiore verso Sella Trissino. La gara prende la sua fisionomia definitiva a circa 50 chilometri dal traguardo. Fuori c’è un drappello. Zamperini e altri rintuzzano da dietro e scappano. Scappano in cinque. Oltre a lui, anche Nicola Rossi, Pietro Mattio, Simone Gualdi e Lorenzo Masciarelli.

Appena inizia la scalata finale Zamperini balza in testa. Sui primi forcing non fa grande differenza ma poi cedono tutti e s’invola. Arriva a guadagnare 35”: quanto basta per percorrere gli ultimi 10 chilometri, tra discesa, pianura e strappo finale, che portano al traguardo in testa. E quindi al titolo nazionale U23.

Percorso davvero bello e tecnico sulle colline vicentine: 166 km e 2.400 metri di dislivello
Percorso davvero bello e tecnico sulle colline vicentine: 166 km e 2.400 metri di dislivello

Turbo Giro Next

«E’ un anno – dice Zamperini appena dopo il traguardo – che inseguo una vittoria importante. Ci sono andato vicino nelle internazionali in primavera, poi c’è stato anche qualche intoppo (leggasi la rottura della clavicola alla Ronde de Isard). Però sapevo di essere tra i favoriti e di stare bene, in quanto sono uscito dal Giro Next Gen con una buona gamba.

«Anzi, una gamba strepitosa. Oggi stavo davvero bene. Quando ho deciso di attaccare l’ho fatto. Ho recuperato sulla fuga, prima, e sono scattato in salita, poi. Ho provato ad anticipare un po’ chi poteva essere più forte di me in salita, come Florian Kajamini, ma al primo passaggio non ci sono riuscito, ma è andata bene la seconda volta».

Il tema di chi usciva dal Giro Next Gen era un po’ sulla bocca di tutti. Si sapeva che i favoriti erano coloro che uscivano dalla corsa rosa e non è un caso infatti che i primi cinque vengano tutti da lì. Come ci aveva detto in mattinata Amadori, alla fine si era vista una buona Italia al Giro Next, salita a parte.

Oggi però senza gli scalatori delle devo team delle WorldTour le cose sarebbero potute andare diversamente. E così è stato.

Zamperini ha parlato anche di una Trevigiani competitiva prima del via (foto Trissino 2024)
Zamperini ha parlato anche di una Trevigiani competitiva prima del via (foto Trissino 2024)
Prima di tutto, Edoardo, complimenti. Insomma, da quel che hai detto dopo l’arrivo la corsa è andata come ti aspettavi…

Sì. L’italiano è una gara strana, non facile da gestire. Sapevamo di stare bene, ma avevamo l’incognita di chi fosse il più forte in salita. Così volevamo fare corsa dura e ci siamo riusciti. Quando io sono entrato in azione i miei compagni avevano già fatto un lavoro assurdo.

Conoscevi il percorso?

Sì, ero venuto a provarlo in settimana e come l’ho visto ho capito che poteva venire fuori una corsa dura, ma anche interessante per me.

Hai corso con sicurezza e le tue parole lo hanno confermato. Invece quando sei partito cosa hai pensato? Cosa ti passava per la testa: paura? Adrenalina?

Ho pensato a menare e basta! Dietro, in quel drappello, c’era Mattio che non è certo l’ultimo arrivato. Anche al Giro Next è andato forte. Sapevo che su quella salita forse sarei stato un po’ più forte di lui, ma sapevo anche che la prima parte di discesa era da spingere e che lui è uno molto esplosivo, quindi dovevo guadagnare il più possibile.

Ultimissimi metri, Zamperini ormai affaticato si volta ancora. Ma è fatta
Ultimissimi metri, Zamperini ormai affaticato si volta ancora. Ma è fatta
Conoscevi i distacchi? Poco dopo lo scollinamento si è parlato di 35”…

Li sentivo dalla moto in corsa. Esatto, 35”, ma poi ho sentito poco dopo anche 19”, 15”… Immaginavo che in pianura e nel primo tratto non tecnico di discesa avrei perso qualcosa, che mi sarebbero tornati sotto, per questo ho spinto tutto il tempo e pensavo a dare il 110 per cento. Pertanto nessuna grinta in più, nessuna paura: solo la voglia di dare fino all’ultima goccia di energia, sperando che quelli dietro di me ne avessero di meno.

E anche per questo ti voltavi spesso nell’ultimo chilometro?

Esatto, perché se erano veri quei 15” su uno strappo tanto duro come quello del finale, uno esplosivo come Mattio ci avrebbe messo un attimo a riprendermi.

A proposito di discesa: un paio di curve le hai fatte davvero al limite…

Diciamo che la caduta alla Ronde de l’Isard non mi ha messo paura! Comunque sì, davvero al limite. Però come ho detto bisognava spingere.

Il podio finale con: Edoardo Zamperini (primo), Nicola Rossi (secondo) e Pietro Mattio (terzo)
Il podio finale con: Edoardo Zamperini (primo), Nicola Rossi (secondo) e Pietro Mattio (terzo)
Una curiosità: avevi il computerino sull’orizzontale e non sul manubrio: come mai?

Ah, ah – ride Zamperini – semplicemente perché in settimana mi si è rotto l’attacco del Garmin e non è arrivato in tempo quello nuovo. Nessun vezzo dunque. Ma presto tornerà al suo posto. Non è super comodo lì. Tra l’altro ho corso senza cardio e senza potenziometro. Andavo a sensazione. Ma la salita finale la conoscevo bene e sapevo come gestire le forze.

Ultima domanda, Edoardo: sai che questa maglia è un grimaldello per il professionismo. Si muove qualcosa in tal senso?

Qualcosa si è mosso questa primavera quando sono andato bene nelle internazionali, ma tra la caduta in Francia e un Giro Next non super, si era un po’ fermato tutto. Adesso spero che questa maglia sia un bel biglietto da visita per il professionismo.

Una bici al cielo, la piazza esplode per Bettiol tricolore

23.06.2024
7 min
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SESTO FIORENTINO – Quante volte hai pensato ad Alfredo Martini durante la corsa? Bettiol si volta quasi di scatto e tira su col naso. Passa la mano destra nei capelli più di una volta, per qualche prurito dopo tutto il giorno col casco sulla testa e poi guarda fisso.

«Ci ho pensato veramente tanto – dice – prima quando ho fatto la ricognizione, perché praticamente lui abitava qua, dietro la piazza, e conosco molto bene le figlie e i nipoti. Poi quando sono partito sulla salita ed ero solo a cinque dall’arrivo, mi è venuto anche un po’ da piangere. Ho pensato ad Alfredo, ho pensato a Mauro Battaglini e pensavo a quanto sarebbe stato bello che anche loro fossero qua con me oggi, con noi. Insomma, ecco… un pensiero va anche a loro due».

Una settimana difficile

Alberto Bettiol ha appena vinto il campionato italiano, con un’azione da duro sul circuito che aveva provato con la Mastromarco appena era stato ufficializzato. Ha trovato collaborazione in Rota e Zambanini e in tre si sono sobbarcati la fatica della fuga, quando Zoccarato ha deposto le armi. Era il favorito, tutti lo indicavano come tale e nessuno – noi compresi – si era fermato invece a riflettere sulla caduta al Giro di Svizzera che lo aveva costretto al ritiro.

Racconta Gabriele Balducci – suo direttore sportivo da U23, amico e padre ciclistico assieme a Carlo Franceschi – che quando è tornato a casa dal Giro Next Gen, seguito con Shimano, ha trovato un Bettiol da mani nei capelli.

«Ho cercato di non buttare benzina sul fuoco – racconta commosso e senza voce – ma la situazione era veramente brutta. Grazie alla nostra famiglia siamo riusciti a riprendere la situazione. Parlo di famiglia, perché è un gruppo allargato. Ci sono delle persone che ci stanno vicine e ci hanno dato una grossa mano».

Non sappiamo se Bettiol percepisca sino in fondo l’amore di cui è circondato in questa parte di mondo, ma a giudicare dagli sguardi delle persone che lo hanno accolto sul traguardo e spinto idealmente in ogni metro della fuga, si tratta di un fuoco davvero potente. Quando ha attaccato ed è rimasto da solo, un boato ha scosso la piazza del mercato.

Sotto il palco l’abbraccio tra Carlo Franceschi e Gabriele Balducci: il cuore di Mastromarco batte sempre forte
Sotto il palco l’abbraccio tra Carlo Franceschi e Gabriele Balducci: il cuore di Mastromarco batte sempre forte
Eri messo davvero male?

E’ stata dura ragazzi, perché faccio una cosa bene e 10 male. Ho vinto la Milano-Torino, poi sono caduto ad Harelbeke. Stavo andando bene allo Svizzera, poi sono caduto. Però questa settimana è stato bello. La mia squadra, la EF-Easy Post, mi ha supportato dandomi tutto il materiale. Ma è stata soprattutto una settimana vissuta come quando ero dilettante. Con Carlo Franceschi, con Boldrini, con Balducci, con Luca Brucini, il mio massaggiatore toscano. E’ stato bello. Ci siamo uniti e abbiamo cercato di rimediare tutti insieme a questo danno. La mia famiglia mi ha supportato. La mia ragazza mi ha lasciato tranquillo, sapeva benissimo quanto ci tenessi a questa settimana. Forse è questo il mio segreto…

Quale?

La famiglia, la squadra di Mastromarco che non mi abbandona mai. C’era Giuba, c’era anche Tiziano il meccanico a darmi l’acqua sulla salita. C’era Luca giù in pianura e Balducci era sull’ammiraglia della Work Service, che tra l’altro ringrazio perché siamo stati loro ospiti. Ringrazio Bardelli e i quattro ragazzi di oggi. Sono fortunato e questa vittoria la dedico veramente a loro.

La gente di Bettiol? Eccone una bella fetta. E stasera si fa giustamente baldoria
La gente di Bettiol? Eccone una bella fetta. E stasera si fa giustamente baldoria
Che cosa succede adesso?

Sarà un’annata lunga. Devo onorare questa maglia e ce la metterò tutta. Ma ho anche bisogno di festeggiare, perché le vittorie vanno festeggiate. E poi mi voglio concentrare, perché tra una settimana c’è il Tour de France e spero di essere un degno campione italiano.

Eri il favorito, hai avuto sempre l’espressione molto concentrata…

Oggi è stata dura. Sapevo che era una delle corse più difficili da vincere, perché ero solo e avevo davanti squadre da 17 corridori. Non potevo fare altro che rendere la corsa dura. Fortunatamente ci hanno pensato la Lidl-Trek e l’Astana, ma sapevo che a un certo punto dovevo andare. Non avendo nessuno che potesse darmi una mano, dovevo muovermi. Ho rischiato anche un po’ a farlo tanto in anticipo, però oggi sapevo che bisognava rischiare. In generale mi piace rischiare, oggi bisognava farlo un po’ di più.

Dopo aver animato la fuga, Bettiol ha rotto gli indugi sull’ultimo passaggio in salita
Dopo aver animato la fuga, Bettiol ha rotto gli indugi sull’ultimo passaggio in salita
Sembri un altro Alberto: più preciso, concentrato, anche determinato.

Si invecchia, si matura, si impara dagli errori. Più che errori, direi semplicemente che il ciclismo adesso è diventato molto difficile, molto competitivo. Quest’anno, l’ho sempre detto, è una annata particolare. I Giochi Olimpici, i mondiali, i campionati italiani a Firenze, il Tour che parte da Firenze. Ero stato a vedere il percorso un paio di mesi fa, perché sapevo che sarebbe stato molto difficile tornarci, dato che partivo per Sierra Nevada, poi per la Francia e il Giro di Svizzera.

Come è stato correre senza radio?

Avevo Daniele Bennati (sorride, ndr) che dalla moto mi dava qualche consiglio, perché non avendo la radio e nemmeno la lavagna, non sapevo neanche bene i distacchi. E’ stata veramente una bella giornata. Devo ringraziare anche Lorenzo Rota e Zambanini, che sono stati veramente bravi. E’ stato un degno podio, perché alla fine ci hanno creduto come me. Ci siamo detti di rischiare, io non credevo di staccarli tutti. Credevo comunque di giocarmi qualcosa, scollinata la salita. Ho fatto uno sforzo notevole per balzare davanti, perché ero rimasto dietro. E neanche stavo tanto bene…

Per fortuna…

Avevo i battiti un po’ alti. Era una settimana che non correvo, poi ho fatto tre giorni senza bici e ho avuto un’infezione al braccio. Ho dovuto fare gli antibiotici. Insomma non è stato facile, però avevamo un obiettivo. Dico avevamo perché le persone di cui ho parlato prima si sono sacrificate come me, nella stessa misura. Hanno sacrificato le loro famiglie, i loro impegni, il loro lavoro per dedicarli a me. Luca, il mio massaggiatore, stasera doveva andare in ospedale a lavorare e non ci va perché oggi bisogna festeggiare. Anche questo è importante.

Avevi studiato il fatto di sollevare la bici sul traguardo?

No, dico la verità. Mi sono girato all’arrivo, avevo spazio e volevo fare questa cosa perché devo ringraziare anche Cannondale: sono 10 anni che mi dà le bici e me ne ha fatta una speciale, bellissima. Martedì sera festeggeremo la bici con un grande evento a Castelfiorentino e festeggiarla da campione italiano è una bella cosa.

La partenza è stata data da Piazzale Michelangelo a Firenze: qui fra cinque giorni sbarcherà il Tour
La partenza è stata data da Piazzale Michelangelo a Firenze: qui fra cinque giorni sbarcherà il Tour
Sarai alla partenza del Tour da Firenze e per giunta in maglia tricolore…

E’ una cosa che non avrei immaginato neanche in un sogno. Essere l’unico fiorentino alla partenza era già qualcosa di speciale. Ma sfilare con la maglia tricolore non me lo so neanche immaginare. Ho fatto cinque partenze del Tour e sono state una più bella dell’altra. Però ecco ho fatto la ricognizione del trasferimento, ho fatto dei servizi per ASO e ho capito da dove passiamo. E insomma, con tutto il rispetto per le altre città, Firenze sarà Firenze…

E’ il ritratto della felicità. La sua gente lo aspetta. Il fratello, la ragazza, Balducci, Franceschi. Un sacco di gente che non conosciamo. Una famiglia allargata che da anni lo protegge, lo coccola e a volte lo ha giustificato invitando a volergli bene quando le cose non andavano. Per tutti loro stasera sarà il tempo della commozione, della felicità sfrenata e dei brindisi. Fra meno di una settimana saremo nuovamente a Piazzale Michelangelo. E il viaggio tricolore di Alberto Bettiol prenderà ufficialmente il largo.

Il taccuino di Amadori: cosa ha detto il Giro Next Gen?

23.06.2024
4 min
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Il capitolo chiuso con il secondo Giro Next Gen ha lasciato delle tracce di qualcosa che già si sapeva, ma ora risulta confermato. C’è un ciclismo giovanile che viaggia a due velocità diverse, se non tre. Nella carrozza numero uno ci sono i devo team del WorldTour, squadre in cui gareggiano i corridori più forti e pronti al mondo dei grandi. Con maglie degli stessi colori delle squadre maggiori, per far capire che i cammini sono, in parte, già intrapresi.

Nel secondo vagone viaggiano le continental, non tutte meriterebbero di avere questa nomenclatura, ma il problema è da rimandare in altre sedi. Infine ci sono le squadre di club, invitate e mai protagoniste, divorate da ritmi che le hanno decimate giorno dopo giorno. 

Kajamini (a sinistra) è stato l’unico italiano che ha provato a reggere il ritmo in salita (foto NB Srl)
Kajamini (a sinistra) è stato l’unico italiano che ha provato a reggere il ritmo in salita (foto NB Srl)

Gli occhi di Amadori

In questa edizione il cittì della nazionale under 23 ha guidato una selezione di sei ragazzi, tutti provenienti da squadre escluse dal Giro Next Gen

«Dal lato tecnico si sapeva che sarebbe stato un Giro Next Gen con un bel lotto di partenti – spiega – di conseguenza c’era da aspettarsi questo divario. Avrei voluto vedere qualcosa in più in salita, ma si era visto alle prove di Coppa delle Nazioni che in questo campo eravamo indietro. In Polonia e Repubblica Ceca avevamo fatto due quindicesimi posti con Scalco e Crescioli. Un plauso va fatto a Kajamini e Pinarello, che sono entrati nei primi dieci e ai livelli visti al Giro Next Gen non è facile». 

Qualcuno è mancato…

Crescioli è stato male tutti gli otto giorni praticamente, si è ripreso solo alla fine. Mosca che era in squadra con me e lo avevo portato per testarlo è caduto subito. Il suo Giro Next Gen è durato solamente cinque chilometri. Quindi c’è stata anche un pochino di sfortuna.

Esclusi gli arrivi in quota gli italiani si sono fatti vedere.

Nei percorsi misti abbiamo fatto vedere che ci siamo, i ragazzi sono stati spesso presenti e competitivi. Anche nelle volate ci sono stati sprazzi di Italia con Conforti che si è lanciato con coraggio. Chiaro, non abbiamo vinto, ma essere lì a giocarsela è comunque incoraggiante.  

In volata la bandiera tricolore è stata difesa da Conforti (Vf Group-Bardiani) che si è sempre piazzato
In volata la bandiera tricolore è stata difesa da Conforti (Vf Group-Bardiani) che si è sempre piazzato
Forse il miglior giorno a Zocca, con Privitera terzo?

Non solo lui, quel giorno c’erano tanti ragazzi in fuga: Privitera per l’appunto ma anche Romele, Borgo e Peschi. Non era una giornata semplice per gli attaccanti, perché il gruppetto è uscito di forza a velocità assurde. 

Ora arrivano gli appuntamenti importanti per la nazionale: Avenir, mondiali ed europei.

Su quelli dovremo lavorarci. Dopo il Valle d’Aosta andrò in altura a Sestriere come ogni anno. Cercheremo di fare la squadra migliore per l’Avenir in primis e poi per europeo e mondiale.

Privitera in maglia Hagens Berman, classe 2005, ha fatto vedere sprazzi di talento (foto LaPresse)
Privitera in maglia Hagens Berman, classe 2005, ha fatto vedere sprazzi di talento (foto LaPresse)
Un Giro Next Gen che ha fatto vedere come i primi anni siano già forti.

I primi due (Widar e Torres, ndr) sono giovanissimi, ma anche i nostri si difendono bene, tra tutti Borgo e Privitera. C’è da dire che i corridori che arrivano dalla categoria juniores sono già bravi, preparati e all’altezza. Poi noi abbiamo anche tanti ragazzi 2005, oltre a Borgo e Privitera ci sono anche Gualdi e Turconi ad esempio. 

Poi ci sono stati anche alcuni assenti illustri tra i nostri…

I primi anni da noi soffrono del fatto che hanno la scuola e la maturità da affrontare. Però chi è venuto ha messo alle spalle una bella esperienza, in una corsa che non regala nulla. Ci è mancata la vittoria, ma a questi livelli non è mai facile imporsi.

Il talento di Chantal Pegolo, a quota quattro fra le juniores

23.06.2024
5 min
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Ha già 4 vittorie in carniere e quando sei appena entrata nella dimensione junior non è cosa da poco. Di Chantal Pegolo si sente parlare da tempo, già da allieva era emersa come un talento puro, un diamante grezzo che aveva solo bisogno di essere lavorato e le prime avvisaglie sono davvero più che positive.

Non è solamente questione di risultati. La sensazione che si ha parlandoci è quella di una ragazza che a dispetto della giovanissima età sia già davvero sul pezzo, concentrata su quel che potrà fare e soprattutto conscia delle grandi possibilità in suo possesso, se saprà lavorarci sopra nulla è precluso.

Già da allieva Chantal Pegolo si era messa in chiara evidenza come ciclista fra le più complete
Già da allieva Chantal Pegolo si era messa in chiara evidenza come ciclista fra le più complete

«Non mi aspettavo certamente di iniziare così, già alla prima gara ho chiuso seconda e da lì ho sempre avuto risultati buoni. Quando mi sono avvicinata alla nuova categoria pensavo che dovevo imparare, che avrei dovuto avere pazienza, invece è venuto tutto molto naturale. Mi sono ambientata in fretta, anche, anzi soprattutto dal punto di vista tecnico».

Rispetto alla tua attività da allieva che differenze hai trovato?

I percorsi sono sicuramente più impegnativi, ma soprattutto quello che mi ha impressionato sono le medie, si viaggia costantemente oltre i 40 all’ora quando nella categoria inferiore difficilmente ci si arriva anche in tratti brevi. C’è un cambio abissale, poi devo dire che è molto divertente poter correre con le più grandi, quelle della categoria superiore perché s’impara tanto.

L’ultima sua gara sono stati i tricolori a cronometro, chiusi al 25° posto (foto Frantz Riva)
L’ultima sua gara sono stati i tricolori a cronometro, chiusi al 25° posto (foto Frantz Riva)
Gareggiare con la categoria superiore sarebbe utile secondo te anche per le allieve?

Io penso proprio di sì, magari in pochi selezionati eventi per acquisire esperienza. Lo si vede quando ci confrontiamo con quei Paesi esteri dove una cosa simile viene fatta, hanno un background superiore che certamente aiuta molto. Sii acquisisce un altro modo di correre.

Che tipo di atleta sei, quali sono i percorsi dove ti trovi meglio?

Me la cavo un po’ dappertutto, in pianura come in salita, sono poi abbastanza veloce. Diciamo che mi devo ancora scoprire appieno, ma non dimentico mai che sono appena all’inizio del mio percorso di crescita quindi c’è tutto il tempo per capire quali sono le mie vere caratteristiche.

La volata vincente della friulana a Gossolengo, precedendo la Bulegato
La volata vincente della friulana a Gossolengo, precedendo la Bulegato
Sin da quando eri allieva però, di te si diceva già che sei un elemento molto duttile e soprattutto capace di fare squadra…

Questo mi fa piacere e vedo che si sta ripetendo anche nella mia squadra juniores dell’Uc Conscio Pedale del Sile. Siamo un bel gruppo, ci diamo una mano e abbiamo legato molto anche con lo staff, infatti ogni vittoria singola è una vittoria di tutto il gruppo.

Qual è stata finora la tua più bella gara?

Se devo essere sincera, al primo posto non metto una mia vittoria, ma la partecipazione al Tour du Gevaudan in Francia. Anche se non è andata benissimo o almeno non come io speravo: il primo giorno sono andata obiettivamente male, il secondo mi sono un po’ ripresa centrando la Top 10, ma avevo altre speranze. Tra quelle vinte metto al primo posto le due gare di Gossolengo, il Trofeo Burzoni a cronometro e il GP di Gossolengo dove, su un percorso che era davvero adatto alle mie caratteristiche, sono entrata nella fuga decisiva con una decina di atlete battendo la Bulegato allo sprint.

La friulana ha già fatto parte della nazionale juniores in due prove di Nations Cup
La friulana ha già fatto parte della nazionale juniores in due prove di Nations Cup
Come sei arrivata al ciclismo?

Ho avuto un esempio e un maestro d’eccezione in un mio vicino di casa, Manlio Moro. Lo vedevo vincere e volevo fare come lui finché a casa non si sono convinti e mi hanno portato a gareggiare, da lì non mi sono più fermata.

Hai seguito le sue gesta anche su pista?

Non proprio spinta da lui. Nel mio team tutte fanno la doppia attività proprio perché ritenuta utile per la strada, così anch’io faccio le gare nei velodromi, preferisco le specialità di endurance, quelle che fanno parte dell’omnium, tra le quali devo dire non ho preferenze particolari. Mi piacciono tutte…

Chantal con la Sanarini, oro agli Eyof 2023 e con l’altra azzurra Rapporti
Chantal con la Sanarini, oro agli Eyof 2023 dove la friulana ha chiuso sesta
Tu lo scorso anno eri con la Sanarini agli Eyof: che esperienza è stata?

Bellissima, davvero entusiasmante. Io sono portata a fare nuove conoscenze, a parlare e soprattutto mi era piaciuto potermi confrontare con le mie coetanee in inglese. E’ stata un’esperienza bellissima, ma a me piace molto poter gareggiare all’estero, infatti sono sempre contenta quando sono convocata in nazionale, poi vestire la maglia azzurra ha sempre un grandissimo valore che va onorato dando il massimo.

Magari potrai conquistarne un’altra nelle prove titolate…

Io lo spero e intanto conto di far molto bene ai campionati italiani di fine mese a Casella. Proprio per potermi guadagnare una maglia azzurra per i mondiali. Non è proprio il percorso ideale per me, troppo duro ma posso mettermi a disposizione delle compagne e lavorare per loro.

Hai una ciclista di riferimento?

Non proprio, il mio riferimento è Moro, non vedo l’ora di seguirlo a Parigi…

Balsamo, dai propositi di ritiro, al ritorno in grande stile

23.06.2024
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FIRENZE – Mentre Elisa Balsamo parla, la sua espressione ci sembra provata. Manca un’oretta al via del campionato italiano, la campionessa è venuta a sedersi sui gradini del pullman, per raccontare la sua storia. Chi l’ha vista allenarsi negli ultimi pochi giorni ci ha parlato di una gamba superba, pare che anche in pista abbia presto mollato ogni timore e ci abbia dato dentro. Ma quanto deve esserle costato riconnettersi con questo mestiere che tante soddisfazioni le ha dato, ma anche a dolore non ha mai scherzato?

Lei parla piano e, nell’ascoltarne le parole, la mente finisce a un verso di Bob Dylan: quante volte un uomo dovrà alzare lo sguardo, prima di poter vedere il cielo? E quando Elisa potrà vivere una stagione con l’anima finalmente leggera? Dove avrà trovato la forza per rialzarsi anche questa volta? L’anima è una corda che si può tendere a dismisura oppure a un certo punto dice basta?

«In realtà quando mi sono svegliata – mormora – ho detto che non volevo più andare in bici e per qualche giorno è stato così. Poi, poco per volta, il mio istinto di atleta è tornato fuori. E’ stata una cosa venuta esclusivamente da me, ogni passo. Nessuno mi ha mai forzato: la squadra, nessuno. E quindi se una persona si sente di fare le cose, allora è il momento giusto per ricominciare a farle. Non è stato semplice, sicuramente. Diciamo che adesso sono contenta di essere qua, per me è già una grande cosa partire oggi, essere qui con le mie compagne. Vedremo un po’ come va, più che altro come è il feeling a ritornare in gruppo. Non so bene cosa aspettarmi».

La condizione in salita è parsa soddisfacente: il Giro d’Italia potrebbe darle ciò che manca
La condizione in salita è parsa soddisfacente: il Giro d’Italia potrebbe darle ciò che manca

Dai rulli alla strada

Sono passati diciotto giorni dal ritorno in sella dopo la caduta della Vuelta Burgos, avvenuta pochi giorni dopo il viaggio con la nazionale alla scoperta del percorso di Parigi. In un battito di ciglia, è passata dall’adrenalina della grande sfida alla paura che fosse tutto finito. Un film purtroppo già visto, anche se questa volta rispetto allo scorso anno, la bocca non è stata toccata e ha sempre potuto alimentarsi senza problemi.

«Esserci già passata mi ha insegnato qualcosa – dice con una punta di sarcasmo – va così da due anni. Però adesso basta, vorrei evitare altre esperienze simili. Diciamo che sono state comunque due cose diverse. Non è stato facile né l’anno scorso e neppure quest’anno, ma fortunatamente ho potuto riprendere a pedalare un po’ prima. Ho fatto un po’ sui rulli e poi ho iniziato a uscire su strada, ovviamente col tutore alla mano sinistra. Non è la stessa cosa, però almeno ho iniziato a allenarmi».

Gaia Realini si è scusata per non averla aiutata in finale, ma ha forato una gomma finendo in una buca enorme
Gaia Realini si è scusata per non averla aiutata in finale, ma ha forato una gomma finendo in una buca enorme

Senso di liberazione

Le foto di Balsamo sui rulli e poi su strada ci hanno fatto sorridere e subito le abbiamo mandato un messaggio per dirglielo. Quante volte un uomo dovrà alzare lo sguardo, prima di poter vedere il cielo? Elisa Balsamo è salita sui rulli il 4 giugno ed è poi uscita su strada il 10, in una sorta di liberazione che ci ha ricordato la prima uscita in bici dopo la chiusura del lockdown, quando tornammo a immaginare la libertà.

«Sì, più o meno è stato così – sorride – quel giorno mi sono piaciute anche le gallerie di Livigno. Ero su perché avevo già prenotato. Avevamo in conto di andare anche con la nazionale pista, per cui la prima settimana mi sono allenata sui rulli, dato che non potevo uscire su strada. Siamo andati lo stesso per stare tranquilli e non poteva essere altrimenti, visto che eravamo a Tre Palle. Abbiamo cercato di stare lontani da tutto e da tutti gli stress e poi avremmo visto come andava. Abbiamo messo una buona base, pur sapendo che al rientro avrei trovato ragazze che arrivano da gare e che hanno corso. Quindi indubbiamente la mia condizione non è delle migliori, ma mi preme soprattutto capire la mia reazione all’interno del gruppo. Non ho altri obiettivi per oggi».

Voglia di Giro

P.S. Il campionato italiano ha visto Elisa Balsamo sesta alle spalle della compagna Longo Borghini. Tutti gli sguardi che abbiamo incrociato dopo l’arrivo, mentre riprendeva fiato seduta per terra, stavano a significare la grande stima per il suo recupero. Ora il programma che vorrebbe comprende il Giro d’Italia per mettere insieme più lavoro e poi il doppio impegno alle Olimpiadi.

«Sono stata un po’ nervosa nel finale quando si andava verso lo sprint – dice – per il resto tutto abbastanza bene. Ma devo fare il Giro, credo che ne avrò bisogno».

La grossa differenza fra quella Balsamo seduta sui gradini del pullman e quella seduta sull’asfalto dopo la corsa sta nel lampeggiare dello sguardo. I suoi genitori la osservavano dalla transenna facendo battute per scacciare la preoccupazione, ma adesso Elisa è sulla strada giusta per fare grandi cose. E speriamo che a forza di puntare in alto, possa presto vedere nuovamente il cielo.

Longo Borghini, il quinto tricolore per scacciare i fantasmi

22.06.2024
7 min
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SCARPERIA – Ha attaccato poco prima del suono della campana, quando mancavano 26 chilometri al traguardo. La Lidl-Trek l’ha lanciata come si fa negli sprint col velocista ed Elisa Longo Borghini ha preso il largo. Dieci secondi. Poi venti. Poi quasi cinquanta. E quando alla fine il traguardo ha interrotto l’inseguimento, il gruzzolo di 13 secondi rimasti le ha permesso di alzare le braccia e inscenare una mimica che poi ci spiegherà.

Dietro inseguivano le ragazze delle Fiamme Azzurre, con Elena Cecchini e Chiara Consonni per Letizia Paternoster. Anche la UAE Adq sembrava voler lavorare per Eleonora Gasparrini (poi tricolore U23), ma non ha messo tutte le ragazze a tirare. E la Longo, voltandosi appena un paio di volte, ha ringraziato e portato a termine il quinto successo tricolore. Pensando allo smacco di due giorni fa, quando il titolo della crono le è stato tolto per una penalizzazione a causa dell’esigua distanza dell’ammiraglia alle sue spalle, si capisce che fosse super motivata.

«Me la sono ripresa!»

Raramente infatti abbiamo visto Elisa sorridere al limite della commozione. Quando scherzando, prima del podio, le abbiamo detto che almeno una maglia le è rimasta, ha cambiato sguardo e con tono minaccioso ha detto: «Non mi è rimasta, me la sono ripresa!». Ma ora che siamo occhi negli occhi e si parla un po’ più a fondo, il suo stato d’animo viene a galla e tutto si spiega. Si è seduta sugli scalini del podio, noi siamo qui davanti, in ginocchio ai suoi piedi. Scherza anche su questo, l’umore è comunque buono.

«Ero molto triste ieri – spiega – non tanto per aver perso il titolo italiano a cronometro, ma per il pensiero che qualcuno credesse che io vinca con il sotterfugio. Questo non mi appartiene, a me piace vincere e perdere correttamente. Ho accettato il verdetto della giuria. Io credo profondamente nella giustizia e andava bene così, però sono rimasta molto male. Devo dire che ho provato anche un forte senso di vergogna ieri nel fare la sgambata, indossando la maglia della Lidl-Trek…».

Perché?

Avevo paura che le persone mi guardassero e pensassero che io non voglia vincere correttamente. Però poi alla fine mio marito mi ha detto una cosa molto intelligente. Mi ha detto che era tutto nella mia testa e nessuno del mestiere pensa una cosa così. Ed ha aggiunto: «Domani fai vedere che tu vinci lealmente e che sei la più forte». Stessa cosa mi ha detto ieri la mia amica Audrey: «Corri col cuore e smentisci tutti anche quelli che pensano male, che sono molto pochi». E oggi per me è un sollievo e questa è la maglia tricolore del sollievo e della correttezza. Sapete cosa ho detto ieri a Jacopo?

Cosa?

Se domani vinco, mi giro e faccio il segno alla moto di stare dietro. E oggi l’ho fatto (sorride, ecco spiegata la mimica sul traguardo, ndr).

Il rientro di Elisa Balsamo è stato molto positivo: i numeri c’erano, come pure i dubbi
Il rientro di Elisa Balsamo è stato molto positivo: i numeri c’erano, come pure i dubbi
Un attacco preparato e messo a segno con la squadra…

Attacco preparato. Sapevamo che Elisa Balsamo era forte, però aveva anche il dubbio della prima corsa dall’infortunio. Ci siamo parlate e lei mi ha detto di attaccare. Ilaria Sanguineti e Gaia Realini mi hanno fatto una leadout galattico. A quel punto avevo solo da sparare il mio colpo e sono riuscita a staccarle tutte ed arrivare all’arrivo. Sapevo che non era semplice sopravvivere nei tratti controvento sulla strada grande. Però ho tenuto dei watt costanti e sapevo che se fossi salita ad un determinato wattaggio sugli strappetti, non mi avrebbero più presa. E’ stata un’azione lunga quasi come la crono di giovedì. E’ una bella soddisfazione avere questa maglia, sono felice.

Quanto è importante avere delle conferme di questo tipo prima del Giro d’Italia e delle Olimpiadi?

Molto! Ho lavorato tanto in altura, ma soprattutto sull’endurance e non su lavori più esplosivi. Adesso tornerò al Rifugio Flora Alpina, a San Pellegrino, con la nazionale e riuscirò a fare ancora un bel blocco di lavoro. Slongo verrà con me per fare determinati tipi di lavoro dietro moto. Cercherò di prepararmi al meglio.  Per ora è stata una bellissima stagione e spero di riuscire ad affrontare il Giro in un’ottima condizione. Altrimenti mi metterò l’anima in pace.

Parlavi di Elisa Balsamo: incredibile come sia rientrata forte già alla prima corsa, no?

Per me è una bellissima cosa. Elisa ha passato due anni veramente di inferno e ci ha sempre messo la faccia, nel vero senso della parola. Immagino la sua sofferenza e la stimo molto proprio per il modo in cui riesce sempre a tornare. Perché alla fine rinasce sempre e io sono una sua fan. La stimo tantissimo e mi ispira ogni giorno a fare meglio.

C’è una dedica particolare per questa maglia?

Oltre a mio marito Jacopo, la dedico a mio papà e mia mamma. E’ un evento più unico che raro che mio papà sia venuto a vedermi, perché adesso è la stagione del fieno e lui sta facendo il fieno, quindi è sempre un po’ preso. Però fortunatamente a casa piove e allora mi ha detto che sarebbe venuto. E sono contenta che mio papà fosse qua oggi.

A parte quello che deciderà Velo, quanto sarebbe importante per te fare la crono di Parigi, sia per la prova in sé e sia in funzione della strada?

Sicuramente la crono per me è importante e ci ho anche lavorato abbastanza. Migliorare era uno degli obiettivi della stagione, anche in chiave Grandi Giri. Penso di avere fatto un’ottima prova anche all’italiano, perché comunque su un percorso così poco adatto alle mie caratteristiche, sono riuscita a mettere giù dei buoni numeri, nonostante la stanchezza dello Svizzera dove non ci siamo per niente risparmiate. Alle Olimpiadi ci terrei veramente molto, poi la scelta non dipende da me. Accetterò qualsiasi verdetto, non muore nessuno. Sarebbe bello poterla fare per cercare un buon risultato, ma anche per sbloccarsi in vista della strada. E adesso andiamo. Stasera torno a casa e preparo la valigia per me e per Jacopo che domani corre. Viene anche lui in altura. Vedete che anche io faccio delle cose da brava moglie?

Si alza e si allontana con il dottor Daniele e con Elisabetta Borgia. Il sorriso che ha riscoperto in questo lungo periodo iniziato con il lockdown illumina le sue prestazioni e l’umore di chi la circonda. Non ci si abitua mai a vincere, l’ha appena detto, soprattutto se ogni vittoria costa tanta fatica. Quella di oggi non è stata banale, ma serviva un gesto come questo per scacciare gli ultimi fantasmi.

Gaviria a Parigi nell’omnium e in Colombia è polemica

22.06.2024
5 min
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La vicenda ha lati molto intricati, come solo i Giochi Olimpici sanno creare soprattutto quando la scadenza delle iscrizioni (fissata improrogabilmente per tutte le discipline per l’8 luglio) si fa imminente. In Colombia le scelte per la nazionale hanno destato grandi polemiche, non tanto per la strada, con Bernal impiegato nella prova in linea in coppia con il viceré del Giro d’Italia Martinez che correrà anche la cronometro, quanto per la pista. Qui infatti tornerà a sorpresa Fernando Gaviria, togliendo il posto a Juan Esteban Arango che non l’ha presa affatto bene.

Riassumiamo i fatti: Arango è un corridore di 37 anni che ha seguito lo sviluppo di tutto il periodo di qualificazione su pista, staccando alla fine un biglietto per la sua nazione per le prove endurance. Oggi nel ranking Uci dell’omnium Arango è numero 20 e vanta nel suo palmares un numero notevole di medaglie fra le varie manifestazioni omnisportive che si svolgono al di là dell’Atlantico (Giochi Panamericani, Centroamerican, Bolivariani e così via).

Juan Esteban Arango, numero 20 del ranking Uci per le prove endurance (foto Colprensa)
Juan Esteban Arango, numero 20 del ranking Uci per le prove endurance (foto Colprensa)

Un passato da iridato

Dall’altra parte c’è Gaviria che fino al 2016 si divideva fra strada e pista e con risultati importanti, tanto da laurearsi campione del mondo nell’omnium nel 2015 e 2016 e partire per favorito ai Giochi di Rio, dove finì ai piedi di quel podio sormontato dalla grandezza di Elia Viviani, che era al tempo il suo più fiero avversario, su pista come nelle volate in giro per il mondo. Poi il colombiano ha messo definitivamente da parte la pista, anche se…

In effetti Gaviria aveva capito che l’opportunità di tornare a competere ai Giochi era ghiotta, ma bisognava riprendere un po’ la mano. Dal 2023 ha ritrovato tempo e voglia di girare per i velodromi tanto da raccogliere medaglie d’argento ai campionati panamericani di San Juan (ARG) nell’omnium, nel quartetto e nella madison, proprio con quell’Arango a cui ha tolto il posto.

Il quartetto colombiano argento a San Juan, con Gaviria e Arango insieme (foto Colprensa)
Il quartetto colombiano argento a San Juan, con Gaviria e Arango insieme (foto Colprensa)

I privilegi del WorldTour

L’annuncio della squadra olimpica (su pista ci sono anche 4 qualificati per le prove veloci) ha destato molto scalpore. Arango non ha fatto mistero della sua delusione: «Ho ottenuto la quota olimpica per la Colombia con sacrifici e sudore – ha raccontato a Caracol Radio – seguendo tutto il percorso di qualificazione. Due mesi fa il cittì John Jaime Gonzalez mi ha chiamato annunciandomi che avrebbe scelto Gaviria. Forse far parte di un team del WorldTour dà un privilegio.

«Io sono un professionista e ho accettato la decisione continuando però ad allenarmi perché non si può sapere mai che cosa può succedere. Resto comunque come sostituto, per questo sono rimasto negli Usa a prepararmi e gareggiare. Ma non condivido la scelta che è stata fatta, se c’è un posto anche per la Colombia è merito mio».

Viviani e Gaviria nell’omnium di Rio 2016, con l’azzurro oro e il colombiano quarto
Viviani e Gaviria nell’omnium di Rio 2016, con l’azzurro oro e il colombiano quarto

Gaviria, bocca cucita pensando al Tour

Le parole di Arango sono molto dure e toccano lo sprinter della Movistar solo di striscio: «Gaviria è un corridore con molte qualità, non lo scopro certo io, ma in questo caso ci sono poche argomentazioni in suo favore».

Da una parte quindi c’è Gaviria, che torna al suo vecchio amore e ci arriverà presumibilmente seguendo la strada (nel vero senso della parola) di tanti colleghi, in quanto è probabile il suo ingresso nel team chiamato a correre il Tour de France. Bocche cucite fino alla partenza da Firenze, a maggior ragione toccando un argomento che nelle ultime ore è diventato scottante. Non si è invece potuto sottrarre al discorso il cittì Gonzalez che, chiamato in causa da As, ha detto le sue ragioni.

Il cittì colombiano Gonzalez ha risposto stizzito alle polemiche innescate dalle convocazioni (foto Coc)
Il cittì colombiano Gonzalez ha risposto stizzito alle polemiche innescate dalle convocazioni (foto Coc)

Gonzalez alza la voce

«Le quote sono numeriche e noi dobbiamo scegliere i migliori corridori a disposizione. Bisogna privilegiare chi sta facendo bene, chi può dare lustro al nostro Paese. Inoltre molti non tengono conto che ai Giochi possono andare solamente coloro che hanno preso punti e anche Fernando lo ha fatto, non solo Arango».

Questo è vero solo in parte e va sottolineato, se infatti si guarda al ranking per le prove endurance, a fronte di un Arango che è nelle posizioni di immediato rincalzo al vertice, Gaviria non è neanche presente, quindi i punti utili non sono arrivati da lui. Resta però la facoltà del cittì di scegliere chi ha le migliori opzioni a suo giudizio.

Lo sprinter della Movistar ha ripreso a correre su pista nel 2023 pensando a Parigi
Lo sprinter della Movistar ha ripreso a correre su pista nel 2023 pensando a Parigi

Una decisione collegiale

«Non sono stato solo io a decidere – ha però sottolineato Gonzalez – la scelta è stata fatta da una commissione tecnica e io ho espresso il mio parere alla fine, per non influenzare nessuno. Reputo che Gaviria abbia più esperienza per poterci ben rappresentare. La scelta è stata difficile, ma doveva essere fatta con la testa e io sono più che mai convinto della bontà di quello che abbiamo deciso».

Che cosa potrà fare Gaviria a Parigi? Contro gente come Ben Thomas e Hayter (citiamo solo loro per scaramanzia…) il colombiano sembra avere perso qualcosa in fatto di smalto e abitudine al gesto: sappiamo bene quanto essa sia importante come va ripetendo quasi come un mantra lo stesso Villa. Quel che è certo è che nelle tre settimane del Tour non saranno pochi coloro che lo avvicineranno toccando l’argomento. Tanto per mettere un po’ di pressione in più.

Abbiamo provato il percorso del Gravel World Championships 2024

22.06.2024
6 min
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LEUVEN (Belgio) – Dopo l’esordio in Italia nelle prime due edizioni, il 5 e 6 ottobre di quest’anno il mondiale gravel si sposterà in un’altra storica patria del ciclismo, il Belgio. Più precisamente nelle Fiandre, più precisamente ancora nel Brabante Fiammingo, la provincia che circonda Bruxelles.

Il percorso del UCI Gravel World Championships 2024 – questo il nome completo – partirà dalla cittadina di Halle e arriverà a Leuven, la capitale della provincia fiamminga, che nel 2021 ospitò i mondiali strada. Qualche settimana fa abbiamo avuto la fortuna di essere invitati da Cycling in Flanders per andare a provare l’ultima parte del tracciato.

La città di arrivo del mondiale gravel sarà Leuven, che ospitò i mondiali su strada nel 2021 (depositphotos.com)
La città di arrivo del mondiale gravel sarà Leuven, che ospitò i mondiali su strada nel 2021 (depositphotos.com)

Lunghezza del percorso

Iniziamo col dare alcuni dati generali. L’ufficialità sui dettagli del percorso verrà data solo ad inizio settembre, ma da quello che abbiamo potuto capire, il grosso dovrebbe già essere delineato come segue.

Il tracciato si articola in una prima parte in linea di 87 km da Halle a Leuven, da cui inizierà il circuito finale di 47 km, per un totale di 134 km. Questo sarà il percorso che affronteranno le donne, sabato 5 ottobre. 

La gara degli uomini, il giorno successivo, dopo la parte in linea prevederà invece due giri del circuito di Leuven, per 181 km complessivi. In tutto ciò, la percentuale di strada non asfaltata che troveranno i corridori sarà vicina o poco superiore al 50 per cento.

Altimetria da classica fiamminga

L’altimetria dichiarata per la gara femminile è di 1.080 metri di dislivello, per gli uomini dovrebbe essere sui 1.500. Sia dai chilometri che abbiamo percorso in prima persona, sia dalla traccia generale che ci hanno fornito, possiamo dire che salite vere non ce ne sono, nemmeno qualcosa di simile all’Oude Kwaremont del Fiandre

Non si superano mai i 150 metri sul livello del mare e dalle informazioni in nostro possesso, la Cima Coppi risulta essere una collina nei pressi di Waterloo, coi suoi 136 metri di altitudine. Salite vere non ce ne sono, ma guardando l’altimetria si nota che non c’è mai nemmeno vera pianura, tranne forse una manciata di chilometri scarsi entrando a Leuven, prima di un breve muro in pavé che termina a circa due chilometri dall’arrivo, posto nella piazza antistante la stazione.

Com’era forse prevedibile per un mondiale gravel organizzato nelle Fiandre, l’altimetria è un susseguirsi ininterrotto di saliscendi, mangia e bevi, strappi e strappetti che da un lato potrebbero rendere la gara troppo poco dura per passisti scalatori, dall’altra alla lunga potrebbero risultare indigesti per i corridori troppo pesanti.  

Planimetria da gara di cross

E poi c’è la planimetria, tutt’altro che semplice da interpretare. Il tratto rettilineo più lungo saranno i circa 6 chilometri all’interno del Parco Nazionale Brabantse Wouden, a sud di Leuven, chilometri però completamente immersi nel bosco e sterrati. Per il resto sarà un continuo cambio di direzione con conseguenti rilanci che renderanno la gara – parere personale – molto più simile ad una prova di ciclocross che ad una su strada

A proposito di ciclocross, durante la nostra ricognizione abbiamo messo le ruote sopra praticamente ogni tipo possibile di superficie. Da ampie strade forestali a single track tra campi di grano e papaveri, da muri in pavé a sassose strade di campagna, fino a passaggi su radici, terra e fango. Il finale si snoderà nel centro cittadino su strade strette in selciato e asfalto, con l’ultima curva posta a un chilometro dall’arrivo che come già detto sarà posto a Martelarenplein, la piazza antistante la stazione centrale.

Tutto questo per dire che quello di Leuven sarà un mondiale gravel tosto, esigente per i mezzi meccanici come per i corridori, in cui probabilmente vedremo bici con coperture generose e passaggi molto tecnici in cui gli atleti dovranno giocoforza passare in fila indiana. Tutti ottimi ingredienti per un grande spettacolo.

Possibili favoriti (secondo noi)

E’ ancora presto per sapere quali corridori saranno al via del prossimo mondiale gravel, che ripetiamo è in programma il 5 e 6 di ottobre, una settimana prima del Giro di Lombardia. Detto questo, proviamo lo stesso a dire qualche grande nome che potrebbe trovarsi a proprio agio in un percorso del genere.

Facilmente ci sarà il campione uscente Matej Mohoric, che potrebbe dire la sua considerando le sue capacità di guida e l’altimetria non esagerata. Lo stesso vale per Thomas Pidcock, abituato a ben altre asperità nella mtb, come anche per Mads Pedersen, molto più pesante ma sempre protagonista nella campagna del Nord.  

Un altro nome che, se fosse presente, potrebbe fare bene dopo quanto dimostrato alle ultime Parigi-Roubaix è Jasper Philipsen, che inoltre risulterebbe quasi imbattibile in un possibile arrivo in volata. Ma poi, come sempre in questo genere di gare, si finisce sempre a parlare di quei due, Van der Poel e Van Aert.

Per l’olandese sarebbe la terza maglia iridata in altrettante discipline, e il percorso sembra davvero disegnato sulle sue caratteristiche. Per il belga invece sarebbe una grande occasione di diventare finalmente profeta in patria, dopo che allo scorso mondiale gravel in Veneto ha fatto segnare il miglior tempo, ma ha dovuto ancora una volta lasciare ad altri la vittoria a causa di un problema meccanico.

Non mancherà certo il pubblico: questo è quel che accadde nel 2021 per i mondiali strada
Non mancherà certo il pubblico: questo è quel che accadde nel 2021 per i mondiali strada

Considerazioni finali 

Quello che possiamo dire dopo aver provato in anteprima gli ultimi chilometri dell’UCI Gravel World Championships 2024 è che definire “gravel” quei chilometri è riduttivo.

Il primo fine settimana di ottobre nelle Fiandre vedremo una specie di enciclopedia di tutto quello che può fare una bicicletta lontana dall’asfalto. E non poteva che essere così: siamo in Belgio, dove il ciclismo non ha confini.

Azzurra Ballan, crescita costante e obiettivi chiari

22.06.2024
6 min
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Quando si guardano le partenti ad una gara o si scorrono gli ordini d’arrivo, il suo nome non può non passare inosservato. Azzurra Ballan è l’ennesima figlia d’arte che si sta ritagliando spazio e considerazione a suon di risultati in vista del 2025.

E’ vero che siamo tra le allieve e non bisogna aggiungere pressioni, ma in un ciclismo che si evolve alla velocità della luce talvolta vale la pena conoscere meglio alcuni di questi giovani protagonisti durante la loro formazione. La veneta classe 2008 dell’U.C. Giorgione, al secondo anno nella categoria, tre giorni fa a Grosseto ha ottenuto il terzo posto nel campionato italiano a cronometro (in apertura con papà Alessandro) e lo scorso weekend aveva chiuso seconda al fotofinish in Puglia nella seconda prova della Coppa Italia per società. La stagione di Azzurra sta entrando nel vivo e lei appare determinata nel cerchiare di rosso gli appuntamenti più importanti.

Azzurra Ballan chiude terza nella crono tricolore di categoria dietro Acuti e Rapporti
Azzurra Ballan chiude terza nella crono tricolore di categoria dietro Acuti e Rapporti

Vista da papà Alessandro

Azzurra deve il suo nome di battesimo ad una maglia – quella della nazionale – che suo padre Alessandro avrebbe dovuto indossare nel 2008 all’Olimpiade di Pechino, prima di essere escluso, e che poi glorificò qualche mese dopo a Varese con quell’allungo iridato che manda ancora tutti in soglia a ripensarci. Nel mezzo Alessandro era riuscito a centrare la tappa di Andorra alla Vuelta dedicandola proprio alla figlia nata ad inizio agosto. Questi però sono ricordi che ritornano nel cassetto, adesso c’è il presente di Azzurra.

Vuelta 2008. Alessandro Ballan, padre di Azzurra da poche settimane, le dedica la vittoria di tappa ad Andorra
Vuelta 2008. Alessandro Ballan, padre di Azzurra da poche settimane, le dedica la vittoria di tappa ad Andorra

«Rispetto a quando ci eravamo sentiti a marzo – spiega Alessandro, riferendosi al suo insediamento come presidente del Giorgione – Azzurra ora mi ascolta di più, anche se devo dire che mi aspettavo che maturasse più in fretta a livello tattico. Si perde in cavolate (dice col sorriso, ndr), come in Puglia che ha preso l’ultima curva prima dell’arrivo in ultima posizione e ha dovuto fare una volata di rimonta perdendo di un niente. Tuttavia penso che serva tutto per crescere. Sta incassando le sconfitte mantenendo il morale alto e sapendo che la vittoria arriverà presto.

«A differenza dell’Alessandro ragazzino, Azzurra è più convinta nell’avvicinamento alla gara. In ogni caso, i miei sono solo consigli da genitore. Lei sa che deve seguire le indicazioni dei nostri diesse. Ad oggi ha diversi contatti per passare juniores, ma sa che può permettersi di valutare bene le proposte visto che i risultati e soprattutto le prestazioni ci sono. Vedremo più avanti cosa sceglierà».

Azzurra sappiamo che sei un po’ timida e rompiamo il ghiaccio. Quali sono le tue caratteristiche? In cosa ti senti forte e dove senti di dover migliorare?

Penso di essere una ciclista abbastanza completa. Mi piacciono tutte le tipologie di gare: da quelle in salita a quelle allo sprint, fino alle crono. Forse quelle che preferisco sono quelle più dure, con dislivelli elevati, perché mi sento forte nella gestione della fatica e nel mantenere un ritmo costante. Per la verità amo anche le discese perché mi piace sentire l’adrenalina che sale mentre affronto ostacoli o curve. Però sono ancora molto giovane e non conosco appieno i miei limiti e le mie capacità.

A parte tuo padre Alessandro, hai qualche atleta attuale di riferimento, maschio o femmina, a cui ti ispiri?

Mi ispiro a moltissimi corridori dai quali mi sforzo di imparare o applicare le loro strategie nelle mie corse. Ammiro molto Van Aert perché riesce a vincere su tutti i terreni, ma mi piace tanto anche Mohoric, che considero il più intelligente e abile del gruppo. E’ grazie a loro che trovo la motivazione per continuare a dare il meglio di me.

Una curiosità veloce. C’è qualche ex compagno o avversario di tuo padre che hai visto sul web, che conosci o che ti ha colpito in modo particolare?

A dire il vero no. Non mi è mai capitato di conoscerli personalmente. Tuttavia, ammiro molto alcuni corridori che hanno condiviso esperienze con lui e che hanno lasciato il segno nel mondo dello sport.

Azzurra preferisce le gare dure in salita, ma sa difendersi bene a crono ed anche allo sprint
Azzurra preferisce le gare dure in salita, ma sa difendersi bene a crono ed anche allo sprint
Sei una delle migliori allieve del panorama nazionale, fin dall’anno scorso. Qual è il tuo metodo per cercare di essere sempre competitivi?

Come accennavo prima, cerco di impegnarmi al massimo in ogni allenamento e in ogni gara, cercando di restare sempre concentrata nel perseguire i miei obiettivi. E poi cerco di imparare da tutte le esperienze positive o negative che siano.

Partire in gara tra le favorite ti pesa o non ci pensi?

Posso dire che inizialmente mi sentivo opprimere dal peso del cognome e di essere costantemente controllata durante le gare, Invece col passare del tempo e con l’aumentare dei piazzamenti ho realizzato che posso ottenere ottimi risultati nonostante questo marcamento stretto. E quindi ora non ci faccio più caso.

Te lo aspettavi di avere una crescita così importante nelle ultime annate? E di conseguenza, quanto ci pensi alla prossima stagione da juniores?

Onestamente no, vedendo come ero partita. Ora sono molto contenta dei risultati che sto ottenendo e fiduciosa per il futuro.

Azzurra Ballan è nata l’11 agosto 2008. Nel 2025 diventerà juniores
Azzurra Ballan è nata l’11 agosto 2008. Nel 2025 diventerà juniores
Giù dalla bici, quali sono i tuoi studi ed interessi?

Oltre al ciclismo non ho grandi interessi. La maggior parte del mio tempo la dedico all’allenamento e allo studio. Attualmente frequento un istituto alberghiero, scuola che mi appassiona molto e che mi permette di conciliare l’educazione e la mia passione

Quali sono gli obiettivi a breve e medio termine per Azzurra Ballan?

Ad oggi i miei obiettivi principali rimangono la vittoria del campionato italiano in linea di quest’anno (il 6 luglio a Capannori, ndr) e della Coppa Rosa (il 7 settembre a Borgo Valsugana, ndr), un sogno che nutro da anni.