Un corso dai 14 anni in su, l’idea nuova dell’Us Carbonate

05.08.2024
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In questi giorni di grande frenesia sportiva, una piccola notizia ha richiamato l’attenzione verso l’impegno per la promozione del ciclismo. Qualcosa di inconsueto, un modo diverso di intendere le due ruote e soprattutto la ricerca di nuovi talenti. Gli artefici sono i responsabili dell’Unione Sportiva Carbonate, società lombarda fondata nel 1972 e che ha sempre lavorato con le categorie giovanili, le più piccole. Organizza un evento di prestigio per gli allievi (ma da qualche tempo è stata spostata al calendario esordienti) come il Gran Premio Industria e Commercio giunto quest’anno alla cinquantacinquesima edizione.

Il GP Industria e Commercio è giunto quest’anno alla 55esima edizione
Il GP Industria e Commercio è giunto quest’anno alla 55esima edizione

Un bando di Sport e Salute

L’iniziativa in questione è un corso riservato ai ragazzi dai 14 anni in su, per avviarli alla pratica del ciclismo. Qualcosa di davvero insolito, considerando che a quell’età si pensa che l’uso della bici sia stato già incamerato e ancor di più la pratica agonistica, in un’epoca dove si va alla ricerca spasmodica della velocità.

A spiegare le ragioni dell’iniziativa è Mauro Antognazza, dirigente del team e primo promotore di questa idea: «Noi abbiamo semplicemente risposto a un bando proposto dalla società governativa Sport e Salute che metteva a disposizione fondi per un centro di aggregazione per i giovani, rivolto a chi non fa abitualmente sport e a chi è in condizioni economiche disagiate. Ci siamo collegati con altre due associazioni, una che fa calcio e l’altra musica, proponendo la nostra idea legata all’utilizzo della bici. Abbiamo creato insieme un progetto con l’appoggio del Comune».

L’Us Carbonate è attiva fin dal 1972. Si occupa principalmente di giovanissimi ma è in espansione
L’Us Carbonate è attiva fin dal 1972. Si occupa principalmente di giovanissimi ma è in espansione
Ora il progetto a che punto è?

L’idea è stata accettata, ora dobbiamo pensare, per la nostra parte, a renderla eseguibile e per questo stiamo cercando istruttori che siano disposti, dietro un modico rimborso spese, a fare da insegnanti. L’idea è molto valida perché è rivolta a un target che normalmente non viene considerato, non trova riscontri. Può davvero diventare un centro d’aggregazione che metta insieme esperienze diverse.

Entrando nello specifico dell’argomento ciclistico, voi avete intendimenti agonistici con i vostri corsi?

Noi proponiamo l’utilizzo della bici come strumento di divertimento puro, insegnando a usarla nel modo migliore, come mezzo di spostamento, di passeggiata, magari a lungo termine anche agonistico, perché no, anche se noi siamo già impegnati da quel punto di vista continuando la nostra politica tesa alle categorie più giovani. Avevamo però l’idea di espanderci, di arrivare anche fino agli juniores con i ragazzi che già abbiamo, questa iniziativa parallela potrebbe anche dare nuova linfa ai nostri propositi.

L’originalità dell’idea è data dal fare corsi dall’adolescenza in su, un target poco considerato
L’originalità dell’idea è data dal fare corsi dall’adolescenza in su, un target poco considerato
Avete però sottolineato come il progetto si rivolga a chi vive una realtà disagiata. E’ presumibile quindi che siate voi a fornire tutto il necessario per la pratica ciclistica, bici compresa…

I fondi serviranno principalmente a questo, a fornire i mezzi a noi come agli altri per permettere ai ragazzi di effettuare le loro attività. Chissà, potrebbe anche nascere qualche sbocco lavorativo. A noi, e con noi intendo tutti coloro che sono coinvolti nel progetto, l’interesse è dare la più ampia varietà di scelta: si potrà pedalare ma anche fare corsi di filmaker, oppure di calcio. Siamo sicuri che ciò attirerà molti ragazzi invogliati a scegliere una strada per divertirsi e magari costruirsi un futuro.

Che cosa darete a chi si iscriverà?

Tutto: bici, abbigliamento, la tessera gratuita. Abbiamo firmato l’accordo proprio in questi giorni, già a settembre contiamo di avere i fondi per cominciare ad acquistare il necessario. Questo è un progetto pilota, nelle prossime settimane siamo estremamente curiosi di capire che risposta avrà anche attraverso una precisa campagna di promozione che faremo, principalmente sui social. Contiamo di attirare gente anche dalle zone limitrofe: i corsi andranno dai 14 ai 34 anni, ma sarà nella fascia più giovane che speriamo di raccogliere adesioni.

La società lombarda ha aderito a un bando di Sport e Salute, dedicato non solo allo sport
La società lombarda ha aderito a un bando di Sport e Salute, dedicato non solo allo sport
C’è comunque anche uno sbocco agonistico all’orizzonte?

Noi confidiamo di sì. Abbiamo una piccola pista a disposizione nel parco pineta di Appiano Gentile dove i ragazzi potranno impratichirsi e quelli che troveremo più preparati e pronti, faranno anche dei corsi di formazione tecnica. Se si appassioneranno li metteremo in condizione di continuare e magari di trovare una strada anche nel ciclismo agonistico. Intanto dal prossimo anno apriremo la nostra sezione agonistica dedicata agli esordienti, poi vedremo come si andrà avanti. Ora serve trovare gente che possa darci una mano, che possa rinforzare la nostra struttura tecnica. Noi confidiamo che sia un’idea innovativa e funzionante, ma solo il tempo darà le risposte.

Guillen e la Vuelta: poche stelle, ma spettacolo sicuro

05.08.2024
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Con la seconda medaglia d’oro di Evenepoel a Parigi si sono chiuse le Olimpiadi della strada e si aprono quelle della pista. Il circo del WorldTour ha riacceso i motori e si avvia verso la Vuelta, terzo Grande Giro di stagione dopo le meraviglie di Pogacar al Giro e al Tour. Lo sloveno l’hanno tirato per entrambe le maniche affinché corresse anche in Spagna, ma lui saggiamente è rimasto lontano dalla tentazione delle tripletta, spegnendo il sorriso sul volto di Javier Guillen, che della Vuelta è l’organizzatore. In realtà lui non ci aveva mai creduto, anche se i sogni costano zero e se si avverano ti svoltano la vita.

Raggiungiamo Guillen in un mattino di relax a due settimane della partenza della Vuelta, che quest’anno scatta da Lisbona e per tre giorni batterà le strade portoghesi, prima di affrontare quelle del Sud della Spagna, per poi salire al Nord: Galizia, Asturie e Paesi Baschi, prima del gran finale di Madrid.

Javier Guillen è il direttore della Vuelta España
Javier Guillen è il direttore della Vuelta España
Che cosa fa l’organizzatore della Vuelta a due settimane dal via?

Sono più che altro compiti di coordinamento interno, per essere certi che tutto sia pronto, soprattutto per Lisbona da cui partiremo. Ad oggi tutti stanno lavorando al 100 per cento per la Vuelta. Le vacanze dei pochi che hanno potuto farle sono finite e quello di cui abbiamo bisogno è che tutto sia a posto e il mio compito è assicurarmi che sia così, in modo che non vengano fuori problemi.

Il percorso è definito e pronto?

Tutto pronto. Abbiamo localizzato perfettamente e da tempo i punti sui quali potrebbe essere necessario qualche intervento, per problemi che possano verificarsi in questo periodo. Ma per ora è tutto a posto.

La Vuelta 2024 partirà dal Portogallo per concludersi a Madrid
La Vuelta 2024 partirà dal Portogallo per concludersi a Madrid
Proprio guardando il percorso, che Vuelta possiamo aspettarci?

Una Vuelta per arrampicatori, come ogni anno, ma un po’ più aperta. In questo momento non possiamo indicare un chiaro favorito. Penso che non ci sarà un dominatore come negli altri due Grandi Giri e penso che anche questo ci porterà ad una gara in cui tutto sarà possibile sino alla fine. Quello che noi organizzatori vorremmo avere tutti gli anni.

Si fa fatica a trovare un nome di riferimento?

E’ ovvio che se arrivasse Primoz Roglic, su cui in linea di principio contiamo, allora ci sarebbe in corsa il vincitore di tre Vuelta e penso che partirebbe con un certo vantaggio. Ma è anche vero che vedendo squadre come la Movistar o la stessa UAE Emirates, la corsa è sicuramente molto aperta. Un altro corridore che per me avrà molte opzioni in questa Vuelta è Carapaz, che penso arriverà in grande forma.

Roglic ha vinto tre Vuelta, potrebbe essere la star dell’edizione 2024
Roglic ha vinto tre Vuelta, potrebbe essere la star dell’edizione 2024
Cosa pensavi quando si parlava di Pogacar alla Vuelta?

Penso che per noi sarebbe una notizia straordinaria e per lui vincerla immagino che sarebbe un sogno. Ma è evidente che Tadej Pogacar non ha illuso nessuno, fin dal primo momento ha detto che il suo programma era fare Giro e Tour. Abbiamo visto tutti il grande livello che ha mostrato in entrambi ed è ovvio che certi risultati, oltre ad una gioia immensa, producano fatica mentale e stanchezza fisica. Per noi sarebbe stata una notizia straordinaria. Tanto più, adesso che ha il Giro e il Tour, per entrare nel club di chi ha vinto le Tre Grandi gli resta solo la Vuelta. Eravamo consapevoli che non sarebbe venuto, non è stata una sorpresa.

In Italia, dopo Nibali non abbiamo più trovato corridori da Grandi Giri. La Vuelta di quest’anno potrebbe essere un’opportunità per i corridori spagnoli?

Lo spero, perché quello che succede in Spagna è un po’ come in Italia. Abbiamo una così grande tradizione di corridori e vincitori, che quando non ne vediamo di nuovi, ci sembra di attraversare una siccità. Penso che quest’anno ci siano dei bravi spagnoli, che si sono comportati bene al Tour de France, come Enric Mas e Mikel Landa. Credo anche che ci sia un corridore come Carlos Rodriguez che, se venisse alla Vuelta, avrebbe grandi possibilità di fare una buona classifica generale. E ovviamente ad oggi il quartetto dei migliori sarebbe completato da Juan Ayuso. In questo momento però non ho la conferma che verrà, ma credo che tra Enric Mas, Mikel Landa e Carlos Rodríguez avremmo molte opzioni per lottare sino alla fine.

La presenza di Ayuso alla Vuelta non è ancora sicura
La presenza di Ayuso alla Vuelta non è ancora sicura
Come organizzatore, quale fra questi funziona di più come immagine?

Non lo so, devo essere cauto perché non posso mostrare preferenze. Credo che ognuno abbia il proprio stile. Penso che Ayuso sia un corridore molto aggressivo, che lotta molto e che usa un linguaggio che piace molto ai tifosi. Rodriguez è un corridore con molta classe e credo abbia un’intelligenza straordinaria in gara. Potremmo dire che sia un po’ più calmo e posato di Juan quando si tratta di esprimersi.

Invece Enric Mas?

Enric Mas è più esperto. Alla fine gli anni trascorsi in gruppo gli danno un certo vantaggio quando si tratta di leggere le gare. E poi ovviamente non si può dimenticare Mikel Landa, un corridore che piace a tutti. Perché è un uomo per la montagna, un corridore che va all’attacco. E’ un corridore che quando lotta, dà tutto. Alla fine, ognuno ha la sua personalità e per me che sono tifoso, mi piacerebbe che lottasse per il podio. Mentre come organizzatore non posso dire tanto di più.

Come ti aspetti l’accoglienza di Lisbona?

Incredibile. Troviamo una città molto preparata, molto moderna, esteticamente bella, che si colloca molto bene tra modernità e tradizione. In Portogallo è come essere a casa. Partiamo dall’estero, ma non smettiamo di sentirci in patria grazie alla collaborazione ricevuta da tutte le Istituzioni. Abbiamo accettato la sfida e affrontato il progetto con molta responsabilità, perché il Portogallo può essere una porta da mantenere aperta. Creare un buon legame ci aprirebbe una vasta gamma in termini di percorso. Possiamo ragionare su nuove proposte senza dover fare trasferimenti o grandi distanze come quando partiamo da altri Paesi. E questo in Spagna è importante perché, come succede in Italia, siamo nel Sud dell’Europa. Siamo il Paese più meridionale e questo fa sì che anche i nostri confini siano lontani dagli altri Paesi, non come accade nel Centro Europa.

Pensi che il caldo sarà un tema della Vuelta?

Lo è sempre stato. La verità è che il caldo è qualcosa di cui dobbiamo essere consapevoli. Il ciclismo ha sempre fatto i conti con il caldo, perché si svolge sostanzialmente in estate. E’ vero che andiamo in posti dove possiamo trovare temperature elevate, come in Extremadura o in Andalusia, ma non credo che troveremo qualcosa di diverso rispetto agli altri anni. Il caldo alla fine si combatte con l’idratazione e, a meno di temperature mai viste prima, non credo che influenzerà lo sviluppo della gara dal punto di vista organizzativo. Di certo ai corridori potrebbe costare più fatica. Alcuni faranno meglio col caldo, altri rimpiangeranno il freddo. E’ una circostanza che influisce sullo sport, ma non credo che possa impedire lo svolgimento delle tappe.

Enric Mas secondo Guillen potrebbe essere avvantaggiato dalla sua esperienza
Enric Mas secondo Guillen potrebbe essere avvantaggiato dalla sua esperienza
A proposito di partenze dall’estero: si parla molto della partenza 2025 da Torino…

Mi piacerebbe che questa possibilità diventasse realtà, stiamo lavorando. Non ho mai nascosto che abbiamo rapporti con la Regione Piemonte, ma voglio essere cauto e annunciarlo ufficialmente nel momento in cui ci sarà qualcosa. E’ evidente che il ciclismo richiami il ciclismo. La Spagna è un Paese ciclistico, l’Italia probabilmente è il Paese ciclistico per eccellenza. E noi vogliamo stare con chi parla la nostra stessa lingua e soprattutto siamo contenti quando possiamo farlo in un Paese così bello. Con così tanta tradizione, con così tanta storia e con tanti legami con la Spagna. Però permettetemi di essere un po’ cauto riguardo a ciò che dobbiamo ancora annunciare. Penso che lo sarà a breve, ma in questo momento non posso dire più di questo.

Longo Borghini, peccato: il giorno storto nel giorno sbagliato

04.08.2024
5 min
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PARIGI (Francia) – Elisa Longo Borghini è la personificazione della delusione. Come tutti i più grandi, in ogni sport, punta sempre al massimo. E quando non lo raggiunge, come è successo a Parigi, il colpo è duro da digerire. Era arrivata in Francia con ben altre ambizioni e magari con l’idea di tentare il colpo grosso, dato che di medaglie olimpiche già ne aveva, ma mancava la più preziosa. Non lo dice, ma lo si intuisce guardandola negli occhi. Lo intuiscono anche alcune rivali che, passandole accanto, la consolano. E le ricordano il grande Giro d’Italia che ha fatto. Lei ringrazia, ma per il momento non può essere sufficiente per farle passare la tristezza.

Elisa, che cosa è successo?

Mi dispiace tantissimo. Non è il risultato che volevo, non è il risultato che speravo. E’ andata malissimo. Non ho scuse e non le cerco. Semplicemente, le gambe non andavano. L’avevo immaginato già nella prima parte, naturalmente ci ho provato lo stesso. Poi a un certo punto mi sono spenta in un attimo. Chiedo scusa a tutti. Ai tifosi che mi hanno seguito da casa, ai tanti italiani che c’erano sul percorso. Li ho visti, li ho sentiti, ho percepito il loro incitamento. In generale, è stata una bella corsa e con una bella atmosfera. Ma in questo momento passa tutto in secondo piano perché sono molto delusa.

Pensi che se la gara si fosse sviluppata in modo diverso avresti avuto più possibilità?

Non è questione né di sfortuna né delle avversarie, che sono state brave. Faulkner ha vinto e si è meritata la vittoria. La responsabilità sta solo nelle mie gambe. Non c’erano, tutto qua. E mi dispiace tantissimo perché avrei voluto onorare in ben altro modo una manifestazione importante come le Olimpiadi, la maglia azzurra e l’Italia, che meritava un altro risultato.

Le azzurre al via: Persico, Longo Borghini, Cecchini, Balsamo
Le azzurre al via: Persico, Longo Borghini, Cecchini, Balsamo
Sei comunque nona in una prova olimpica, pur in una giornata no. Non sei troppo severa con te stessa?

Il punto non è il risultato. Potevo essere quarta o ventesima. Mi dispiace non essere stata al meglio, perché questo significa non avere onorato la maglia che indossavo. Tutto sommato penso che abbiamo fatto la gara giusta e che ci siamo mosse tutte bene. Anzi, ringrazio le mie compagne di squadra per il lavoro fatto. Ognuna di noi ha dato ciò che aveva oggi, purtroppo non è bastato. Non so veramente cosa dire, né penso che si debba cercare chissà quale spiegazione, perché ho percepito chiaramente di essermi spenta. Un metro prima c’ero, un metro dopo non c’ero più.

E adesso? La stagione non è finita e ci sono ancora appuntamenti importanti da onorare. Dove magari cercare il riscatto.

Adesso andrò a casa e inizierò a pensare al Tour de France. Non c’è un attimo di riposo e forse è meglio. Questa è una botta che fa male e che continuerà a farmi male, ma non posso permettere che condizioni il resto della stagione, perché c’è ancora tanto da pedalare.

Emotivamente gli ultimi chilometri quanto sono stati difficili?

Negli ultimi chilometri non vedevo nulla. Dal punto di vista emotivo sono stati molto difficili. Cercavo di remare fino all’arrivo, non sapevo più nemmeno dov’ero. Non sono riuscita a godermi il percorso. Ma ringrazio ancora una volta i tifosi che c’erano sul percorso. Se sono riuscita ad arrivare sul traguardo è grazie a loro, che hanno continuato a incitarmi soprattutto negli ultimi chilometri, quando ormai era chiaro che non sarei arrivata da nessuna parte.

Sei riuscita a sentirli?

Sì tanto che un altro motivo di dispiacere è non essere riuscita a dare il meglio di me stessa in un contesto così bello. Oggi l’atmosfera era veramente speciale. Purtroppo capita, lo so, è già capitato, ma ogni volta è sempre molto dura da accettare.

Per Sangalli si tratta delle prime Olimpiadi da cittì azzurro, dopo quelle da collaboratore di Salvoldi
Per Sangalli si tratta delle prime Olimpiadi da cittì azzurro, dopo quelle da collaboratore di Salvoldi

Un black-out inatteso

Stremata, Elisa lascia la spianata del Trocadero e non alza nemmeno lo sguardo alla Torre Eiffel. Segno ulteriore che avrebbe voluto guardarla dal podio. La parola passa quindi al commissario tecnico Paolo Sangalli e alla sua analisi.

«Siamo stati protagonisti – dice – fino al momento in cui Elisa si è spenta. Può capitare nello sport e purtroppo è capitato oggi a lei. Fino a quel momento si era mossa bene. Era nel gruppo giusto, per quelle che sono le sue caratteristiche e le sue capacità. Non tutte le giornate sono uguali».

E il 4 agosto 2024 a Parigi era una giornata meno uguale delle altre. Peccato.

Wilier Verticale SLR, veloce, leggera e godibile ovunque

04.08.2024
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La nuova Wilier Verticale SLR va molto oltre la bici dedicata allo scalatore. Certo, è leggerissima, elegante e sfinata, ma è anche veloce ed è rapidissima nei rilanci dalle basse alle alte velocità. Le ruote Miche Kleos RD36 sono un bel prodotto che diventa il vestito ideale di questa bici. L'abbiamo portata alla frusta in diversi contesti, chiudendo il nostro test alla Maratona delle Dolomiti 2024, un'edizione segnata dalla pioggia.

CORVARA – Il test della nuova bici di casa Wilier si conclude con la una delle gran fondo più ambite, ovvero la Maratona delle Dolomiti, il contesto perfetto per una bici come la Verticale SLR. Eppure, dietro questo mezzo top di gamma in senso assoluto c’è tanto da raccontare.

A nostro parere è riduttivo limitarsi a descriverla come “bicicletta da scalatore”, perché la nuova Verticale SLR è anche molto veloce. In discesa è gratificazione pura e prende velocità in un amen se rilanciata partendo da velocità ridotte. Entriamo nel dettaglio della nostra prova.

La stessa bici usata da Tejada al Tour (ruote a parte)
La stessa bici usata da Tejada al Tour (ruote a parte)

Una bici da 6,6 chilogrammi

In tutto 6,6 chilogrammi, rilevati e senza pedali, una bici sul filo dell’illegalità. Illegale, un aggettivo che piace tanto ai ciclisti amanti dei numeri, dei pesi ridotti che collimano con una efficienza tecnica che non viene mai meno, in nessun frangente che si incontri sulla strada. 6,6 chilogrammi con i portaborraccia montati ed il supporto per il computerino, il supporto per la luce posteriore (che all’occorrenza diventa anche porta numero) e con tutta la componentistica di serie, tubeless da 30 millimetri di sezione compresi, pignoni 11-34 inclusi. Quindi si può limare ancora qualcosa.

Ma quello che più ci ha colpito è il rapporto che esiste tra il valore alla bilancia e la stabilità della bici, la giusta rigidità percepita e una precisione di tenuta delle traiettoria degna di nota (anche con pneumatici più piccoli da 28, una sorta di standard attuale). Wilier Verticale SLR, la migliore Wilier di sempre.

In salita

Nasce per la salita, è il terreno dove eccelle e anche quando non si ha la gamba, la stessa bici è in grado di dare qualcosa. Cosa significa? Significa che la nuova Wilier è una di quelle bici che funziona bene quando si pedala da seduti, quando ci si alza in piedi sui pedali e quando ci si scompone.

Offre un buon sostegno sull’avantreno (bisogna però abituarsi alla forma del manubrio) e permette di caricare molto i pesi del corpo proprio sulla porzione anteriore. Al contrario di molte superleggerissime non trasmette nessuna flessione che arriva dalla forcella e non da mai quella sensazione di “tirare indietro” nel punto dello sterzo. La stessa cosa arriva dalla scatola centrale e dal carro. Il reggisella è più confortevole e fa percepire una certa elasticità, utile nel lungo periodo e quando si affronta un tratto con asfalto malmesso.

In discesa

Non ci ha sorpreso, ci aspettavamo una bici precisa e stabile. E’ migliore se paragonata alla Zero SLR ed è più precisa. In parte ricorda la Filante SLR, che tanto ci era piaciuta in questi frangenti. E’ bene sottolineare che la Verticale SLR è una bici da corridore agonista. Non è la bici da mandare a briglia sciolta, va tenuta ed in parte assecondata, ma non è una di quelle bici leggere che si imbizzarriscono quando la velocità sale. Permette di correggere qualche errore in fase di inserimento e quando viene rilanciata è superlativa.

E’ una bici da portare alla frusta e che al tempo stesso diventa anche esigente in alcuni frangenti, perché invita a spingere sempre. Non è un fattore da far passare in secondo piano, anche nella scelta dell’allestimento più adeguato e per sfruttare al massimo le potenzialità del mezzo.

Profilo medio, il vestito perfetto

Per la maggior parte del tempo (il test è durato circa un mese e mezzo, con oltre 1.800 chilometri percorsi) abbiamo utilizzato le Miche Kleos RD36. Abbiamo sconfinato anche verso ruote da 50 e con profili differenziati 58/48 (posteriore e anteriore), in modo da avere una panoramica più ampia del comportamento della Verticale SLR.

Con le ruote altissime è veloce, ma perde qualcosa in agilità e nella perentorietà che la contraddistingue nei cambi di ritmo alle basse andature. Le 50 millimetri sono il compromesso ottimale per una bici del genere e oltre alla performance c’è anche un vestito che gratifica gli occhi al 100%. Ma con le ruote medie resta la leggerezza al pari della capacità di sopportare i cambi di ritmo secchi, le sparate secche e fasi di rilancio che in salita fanno godere anche chi salitomane non è.

La confidenza con il manubrio

Abbiamo utilizzato la misura di manubrio più estrema: quella larga 37 sopra e 40 sotto. Provenendo da manubri tradizionali, la presa stretta sopra può non essere immediata ed è necessario prendere un po’ di confidenza, anche in discesa. Cambia la dinamica della guida. Quando si impara e ci si adatta (diventa importantissimo capire dove e come tenere i gomiti, i polsi e gli avambracci) i vantaggi ci sono e sono alla portata di watt e schermo del computerino. Si è veloci e si risparmia qualche watt. Quando ci si alza in piedi sui pedali non è un problema e si tira facile.

Il vantaggio vero e proprio arriva dal disegno che c’è al centro della curva. E’ una sorta di gomito che rende la presa corposa e riempie tutto il palmo della mano. Ha il suo perché nel tenere arpionato il manubrio in volata, in pianura quando la velocità è alta, sui vallonati ed in discesa. Il lavoro che è stato fatto in questa zona della bici è importante e a nostro parere anche la sicurezza in vari frangenti ne guadagna.

La stabilità di una bici si misura anche grazie a gesti, ad esempio mollare il manubrio per chiudere la giacca
La stabilità di una bici si misura anche grazie a gesti, ad esempio mollare il manubrio per chiudere la giacca

In conclusione

La Verticale SLR è la bici che fa venire voglia di montare in sella e pedalare. Disegno e forme Wilier, elegante e sfinata, senza eccessi, una bici che paga l’occhio. La sua eleganza è condita dalla ricerca di tanti dettagli che si riferiscono anche alla componentistica utilizzata. Ad esempio il movimento centrale Miche, tutto il manubrio integrato e molto altro.

E’ l’utilizzo a fare la differenza, perché se è vero che la Verticale SLR è una bici da corridore vero, è altrettanto vero che non mostra eccessi: non è un cavallo pazzo. Questo è un aspetto tecnico che merita tanta considerazione, soprattutto nell’ottica di un utilizzatore “normale”, che oltre a fare prestazione deve pensare anche allo stare bene in sella e godersi qualche pedalata senza spingere a tutta. La nuova Wilier è anche questo, ovvero una bici non eccessivamente impegnativa, fluida e scorrevole in ogni situazione.

Wilier Triestina

Balsamo solo per lo sprint? Eppure Parigi ricorda Leuven…

04.08.2024
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VERSAILLES (Francia) – Campionessa del mondo e d’Europa su strada e su pista, Elisa Balsamo ha tutte le carte in regola per essere protagonista della competizione olimpica. Vittima di quella brutta caduta nella Vuelta a Burgos, dove ha sbattuto violentemente contro le transenne, sembra essersi ripresa. Lo dicono il rientro alle corse e il fatto di essersi buttata senza paura nella mischia delle volate.

«Sicuramente sto molto meglio – racconta – ma l’avvicinamento non è stato dei migliori. Ho fatto il massimo per poterci essere e sono molto contenta di essere qui. Darò sicuramente il massimo».

Il percorso di Parigi ricorda quello dei mondiali del 2021, in cui Balsamo vinse allo sprint dopo corsa dura
Il percorso di Parigi ricorda quello dei mondiali del 2021, in cui Balsamo vinse allo sprint dopo corsa dura
Che ruolo avrai? 

Sono una ruota veloce, quindi dovrò essere pronta nel caso in cui fosse un arrivo in gruppo. Io credo che non succederà. Di certo sono la più veloce della squadra e quindi il mio ruolo è questo. Però siamo in quattro, quindi dovrò stare attenta anche a eventuali fughe pericolose. Ma siamo un’ottima squadra, tecnicamente ci completiamo e stiamo bene insieme. Quindi siamo pronte per una bella prova di squadra.

Sarà tutte contro Lorena Wiebes?

Secondo me sarà una gara molto aperta e molto impegnativa. Le squadre sono composte da poche atlete, quindi è impensabile di poterla controllare in quattro, non solo per noi. L’importante è stare sempre davanti. Sappiamo che ci sono delle grandi favorite, ma l’Olimpiade è un terno al lotto. E’ una gara secca, ogni quattro anni, alla quale tutti tengono. In tante proveranno ad attaccare e ci vorrà anche tanta fortuna.

Cosa cambia rispetto a una grande classica?

La differenza più grande sta nel fatto che la squadra è formata da solo quattro ragazze. Quindi il gruppo sarà meno numeroso rispetto a un europeo o mondiale. L’importante sarà dare tutto e finire senza rimpianti.

Tu sei attesa anche dalle prove della pista. L’hai già provata?

Siamo abbastanza affezionati a questa pista. Oggi mi sono allenata con le ragazze (venerdì, ndr). E’ stata levigata e stavano cercando di capire la situazione per quanto riguarda l’umidità, che potrebbe essere determinante per i tempi e per i rapporti. Nei prossimi giorni cercheranno di farsi un’idea più chiara. Ci siamo allenate, abbiamo fatto delle simulazioni di gara a Montichiari di cui siamo soddisfatte. A livello mentale la pista non è facilissima da affrontare.

Perché?

In quattro chilometri un minimo errore si paga. Su strada puoi sempre rimediare. Ma siamo un bel gruppo e sono fiduciosa. I tempi si abbasseranno, tutti hanno lavorato su materiali e aerodinamica per arrivare qui al top. Ma più o meno le squadre di riferimento saranno le stesse. 

A tanti chilometri lontano dal centro di Parigi, si vive il clima olimpico?

Ho avuto una fortuna-sfortuna. Quando sono arrivato all’aeroporto il mio pass non funzionava. Allora sono andata al Villaggio per riattivarlo e per un po’ ho respirato quell’atmosfera che a Tokyo ci era mancata, perché con la pista eravamo molto lontane. E’ così anche stavolta, per questo è stato bello, anche se per poco, vivere il clima unico del Villaggio.

Balsamo e le azzurre arrivano al quartetto olimpico dopo la vittoria degli europei 2024
Balsamo e le azzurre arrivano al quartetto olimpico dopo la vittoria degli europei 2024
Torniamo alla prova in linea. Ti piace il percorso?

E’ bellissimo. Non lascia tempo di respirare. Non ci sono salite lunghe, ma continui saliscendi. Di certo chi partirà da lontano accumulerà fatica nelle gambe e i veri valori verranno fuori alla fine. Come squadra siamo pronte, ci faremo rispettare. Di sicuro ognuna di noi ha ben chiaro qual è il suo ruolo. A un’Olimpiade però nessuno deve partire battuto, perché ognuno avrà almeno una possibilità. Sarà importante non subire la gara e non dover inseguire, questo dovrebbe darci grande carica.

Gara donne, ci siamo. Regia affidata a Cecchini e Persico

04.08.2024
4 min
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VERSAILLES (Francia) – Tre volte campionessa italiana, più di 20 medaglie internazionali. Elena Cecchini arriva alla prova olimpica senza ansie particolari.

«Gli ultimi mesi sono andati lisci – racconta – ho corso il Giro ed è stata una tappa importante in questa tappa di avvicinamento. Poi abbiamo fatto qualche giorno di ritiro in Val di Fassa (foto Instagram di apertura, ndr) con Silvia Persico. Ci ha raggiunti anche Elisa per qualche giorno. In questi giorni abbiamo rivisto il percorso in linea, che avevamo già visto a maggio e abbiamo rinfrescato la memoria. Penso che faremo una bella gara come squadra. Poi le gare secche possono andare in mille modi, ma l’obiettivo è fare il meglio possibile».

Il sopralluogo a maggio delle azzurre sul percorso di Parigi è stato il primo passo
Il sopralluogo a maggio delle azzurre sul percorso di Parigi è stato il primo passo
Ti aspetti alleanze trasversali, legate alle squadre per le quali si corre durante l’anno?

Il legame con le squadre è imprescindibile. Ieri abbiamo fatto la ricognizione, eravamo tutte insieme, è normale che ti cerchi con le compagne di squadra con cui corri tutto l’anno. Io sono stata con le mie compagne, Longo Borghini con le sue, ma da qui ad accordarci il passo è lunghissimo. La verità è che un’Olimpiade del genere potrebbe essere facile per Longo Borghini e dura per Balsamo. Altre Nazioni hanno una leader che potrebbe vincere. Noi siamo outsider, ma ho capito che per alcune delle avversarie questo è un grande obiettivo.

Quale sarà ilì ruolo in gara di Elena Cecchini?

Il mio ruolo potrebbe essere quello di dover leggere la gara, come è stato l’anno scorso a Glasgow, dove senza la Longo Borghini abbiamo provato a fare bella figura. E’ un bel ruolo, ma mi sentirei un po’ sprecata a fare questo. Per me e Silvia vedo più un ruolo dedicato a entrare nelle fughe. Certo, sono gare difficili da interpretare. Le squadre non sono mai così piccole. Ci sono molte ragazze che sarebbero adatte a questo tipo di percorso, ma non hanno la squadra. Bisognerà essere per 160 chilometri con la testa lì. Oltre che con le gambe, naturalmente.

Lo scorso anno ai mondiali di Glasgow, Elena Cecchini in fuga: un copione che rivedremo?
Lo scorso anno ai mondiali di Glasgow, Elena Cecchini in fuga: un copione che rivedremo?
Ti piace gareggiare in un contesto diverso dal solito?

Mi piace. Ci sono almeno 40 ragazze che possono aspirare al podio. E questo è bello. A Rio sapevamo già con che ruolo partivamo, per esempio. Così sarà più aperta, più tattica.

Percepisci il clima olimpico?

Siamo stati in una bolla ultimamente. Ci troviamo bene, abbiamo il cuoco italiano, stiamo tranquilli. Del Villaggio Olimpico ho bellissimi ricordi a Rio, ma sono certa che per la prestazione sia meglio stare qui in hotel, dove appena usciamo abbiamo strade per poterci allenare.

Ti sei mai immaginata con una medaglia olimpica al collo?

Più che immaginare, ho sognato. Questa gara è bella perché tutto può succedere. Ho lavorato tanto, al Giro ho avuto in alcune tappe le risposte che volevo, in altre ho sofferto. So comunque che potrò contribuire e sognare non costa nulla.

Persico ha preso il Covid dopo il Giro d’Italia, ma ora è in ottima condizione
Persico ha preso il Covid dopo il Giro d’Italia, ma ora è in ottima condizione

Emozione Persico

Accanto a lei c’è Silvia Persico, abituata a indossare la maglia azzurra anche nel ciclocross e pronta per l’avventura a cinque cerchi, nonostante un imprevisto.

«Dopo il Giro ho preso il Covid – spiega – e non sono stata bene. Per 8 giorni sono stata positiva. Ora però sento di avere una buona gamba. Sono molto felice di essere qui e partecipare alle Olimpiadi. Siamo una squadra forte e possiamo giocarci le nostre carte».

Come ti trovi in gare del genere, spesso totalmente diverse da quelle cui siete abituate?

Sono contenta di partecipare a una gara del genere. Sarà dura nella prima parte e molto veloce nella seconda, in città, con il circuito. Siamo al massimo in 4 per ogni Nazione, quindi in poche, sarà una bella battaglia e sono molto contenta di esserci.

Il bronzo di Wollongong 2022 dietro Van Vleuten e Kopecky fa capire che una Persico in forma può lasciare il segno
Il bronzo di Wollongong 2022 dietro Van Vleuten e Kopecky fa capire che una Persico in forma può lasciare il segno
Cosa ti aspetti da te stessa?

Sia io sia Elena Cecchini dovremo coprire gli attacchi delle avversarie ed essere di supporto alle due Elise.

Che emozione senti?

La maglia azzurra mi emoziona ogni volta. Indossarla per le Olimpiadi è speciale. L’ho indossata anche nel ciclocross e dal 2022 sono nella Nazionale di strada. Di sicuro mi regala una grande carica. 

Doppio oro, Parigi ai suoi piedi: mai visto Remco così felice

03.08.2024
6 min
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PARIGI (Francia) – Sono i Giochi di Remco Evenepoel. Una settimana fa vinceva la cronometro, ora vince la prova in linea. E’ il primo, tra gli uomini, a vincere l’oro sia nella prova in linea sia a cronometro nella stessa edizione dei Giochi. Era capitato solo a Leontien van Moorsel nel 2000. Raggiunge Paolo Bettini, Hennie Kuiper ed Ercole Baldini nel ristretto gruppo di ciclisti capaci di vincere sia l’oro mondiale sia quello olimpico.

Sono i Giochi e così Remco gioca. «Qualcuno ha qualcosa da mangiare?», chiede appena si siede in una sala stampa che è un cinema. E cinema sia. Dalla platea gli arrivano due merendine che lui coglie al volo (non al primo colpo) e addenta famelico. Lo sforzo è stato grande, la gara è stata lunga e dura. «Ma non me ne lamento», preciserà alla fine. E ci mancherebbe.

Vittoria arrivata con lo scatto decisivo sull’ultima salita. Era questo il piano?

Sapevamo che quelle salite, nel circuito finale, potevano essere il punto in cui si sarebbe decisa la corsa. La pendenza mi ha ricordato quella di Wollongong (dove Evenepoel è diventato campione del mondo nel 2022, ndr). Leggermente meno ripida, ma più lunga. Ho subito visto che avevo un distacco serio e non c’è stata una reazione immediata nel gruppo dietro di me. Per fortuna, Wout e Jasper (Van Aert e Styuven, ndr) non c’erano, quindi si è creata immediatamente una situazione ideale. Sono partito nel momento tipico per me: quando la gara si fa dura. In quel momento la media si era alzata, ho pensato che potesse essere l’occasione giusta. Valentin (Madouas, ndr) ed io avevamo trenta o quaranta secondi di vantaggio, lui mi sembrava stare molto bene. Se lo avessi staccato lì, avrei vinto. Ed è andata così. Sì, il piano più o meno era questo.

C’è stato anche il brivido. Una foratura a 3,8 chilometri dall’arrivo che ti ha costretto a cambiare la bici.

Ho preso un ciottolo di pavè e ho subito messo piede a terra. Per fortuna la macchina era dietro di me, dato che avevo un minuto di vantaggio. In quel momento sono diventato un po’ nervoso. Soprattutto perché pensavo che il vantaggio potesse diminuire molto. La situazione non mi era molto chiara. Poi mi hanno detto che avevo un minuto. E mi hanno anche confermato che non era successo niente e che dovevo semplicemente godermi il momento. Ma non potevo esserne abbastanza sicuro.

E’ un anno incredibile per te.

Si, molto speciale. Questa vittoria è il punto più alto, ha un sapore particolare. Sono molto felice di aver vinto l’oro olimpico per la mia Nazione, per i tanti tifosi che c’erano oggi sulle strade. Un ambiente veramente incredibile. E’ stato bello farlo davanti alla mia famiglia e con le persone che mi vogliono bene. Loro sanno quanto era importante per me questa stagione. Penso di aver raggiunto i miei obiettivi sia al Tour sia con queste due vittorie olimpiche. E’ stato qualcosa di straordinario: credo che questo sia stato il mese più bello della mia carriera (sorride, ndr).

Prima di salire sul podio eri commosso. 

Era troppo per me. Soprattutto quando mi è stata data l’altra medaglia d’oro da appendere al collo da mia moglie Oumi. Se l’è portata con sé tutto il giorno e così abbiamo potuto fare questa foto con entrambi gli ori. E’ stata una sua idea. Bellissimo, mi sono sentito come Michael Phelps!

La gioia sul gradino più alto del podio: caro Remco, è tutto vero
La gioia sul gradino più alto del podio: caro Remco, è tutto vero
Il piano gara qual era?

La gara doveva essere resa dura. Ecco perché ho chiesto a Tiesj Benoot di accelerare. Forse all’inizio il suo forcing è parso eccessivo, ma ripensandoci oggi non ho nulla di cui lamentarmi.

E l’attacco di Van der Poel?

Non l’ho visto. Stavo ancora lottando con il freno anteriore e avevo bisogno di un po’ d’acqua in più. Non ero molto agitato. Poi ho visto che non era molto lontano, ho controllato Pedersen e ne ho approfittato andando al massimo. E’ lì che ho messo in tavola la mia prima carta vincente.

Van der Poel non è parso all’altezza della sua fama. Qui con Van Aert, davanti alla gente di Montmartre
Van der Poel non è parso all’altezza della sua fama. Qui con Van Aert, davanti alla gente di Montmartre
Si tornano a fare paragoni con Eddy Merckx.

Sono stato molto contento che sia venuto a salutarmi e ad abbracciarmi. Ma non voglio fare paragoni, sono epoche differenti, mondi differenti. Lui è stato il numero uno, non solo per il ciclismo. E’ tra i più grandi nello sport. Ha vinto tantissimo, io penso alla mia carriera.

Com’è stata la settimana dopo la cronometro?

Molto rilassata. Domenica non ho pedalato, lunedì e martedì pochi chilometri, mercoledì un giro più lungo, poi solo cose tranquille, per essere sicuro di essere al meglio in questa occasione.

Sull’arrivo ti sei fermato e hai allargato le braccia…

Volevo godermi il momento. E così mi è venuto da fare questo gesto, proprio sotto la torre Eiffel. Non sono certo il primo ad aver fatto cose del genere, spero vi sia piaciuto. Volevo godermi al massimo questo momento. Me lo sono meritato e sono contento di festeggiarlo con il mio team, la mia famiglia, con chi mi vuole bene. E ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato, oltre che la mia squadra. Ognuno ha fatto la sua parte, siamo stati tutti molto bravi.

Cosa ti senti di dire ai giovani che vogliono iniziare a fare ciclismo?

Sognate. Se sognate, potete raggiungere i vostri sogni. Fate le cose giuste, circondatevi delle persone giuste. E’ molto importante avere intorno chi pensa solo al tuo bene.

E il futuro? 

Vedremo (ride, ndr). Probabilmente stanotte non dormirò. Per il momento mi godo “solo’ il mio terzo posto al Tour e queste due medaglie d’oro (ride ancora, ndr). La mia stagione è stata comunque un successo.

La medaglia di legno di Braidot e gli altri: la mtb azzurra a Parigi

03.08.2024
5 min
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Con il commissario tecnico della nazionale italiana di mountain bike, Mirko Celestino, ci eravamo lasciati a maggio. In quel momento il tecnico si aspettava degli squilli importanti dai ragazzi e dalle ragazze che avrebbe portato a Parigi. Sin lì in effetti non si erano visti molto, ma proprio dopo quell’intervista arrivarono le risposte che Celestino aspettava.

Risposte che, nelle gare conquistate da Ferrand Prevot e Pidcock, si sono trasformate nel complesso in una buona gara a cinque cerchi da parte dei ragazzi, con un bronzo sfiorato da Luca Braidot. O forse tolto dalla malasorte. Fatto sta che il friulano, Simone Avondetto, Martina Berta e Chiara Teocchi, chi più chi meno, hanno fatto bene.

Il cittì Celestino con Martina Berta
Il cittì Celestino con Martina Berta
Mirko, partiamo ovviamente da Braidot: alla fine non male, per come si era messa. Anche se la medaglia è stata “di legno”.

Visto tutto quello che Luca ha fatto per arrivare lì, siamo venuti via con un po’ di amaro in bocca. Alla fine si accettano anche queste cose, sappiamo che la mtb è uno sport che prevede con una certa frequenza questa problematica, la foratura o il guasto meccanico. E a volte oltre alle prestazioni serve un pizzico di fortuna.

Che foratura è stata? Ricordiamo che Braidot ha forato la gomma anteriore al secondo giro…

Nasce da un suo errore. Il che ci sta in certi frangenti. E’ avvenuta in un punto “stupido”. Ci siamo stati, soprattutto con le ragazze, tutta la settimana. Tutto il tempo a dire: «Metti le ruote lì. Fai questa linea qua…». Ma niente, se non entravi bene in quel punto erano guai. E infatti quella roccia ha “battezzato” parecchie gomme.

Chiaro, venivano fortissimo, erano ancora in tanti e non si ha sempre la possibilità di scegliere la propria linea…

Esatto. Erano ancora tutti in fila, la velocità era altissima ed è bastato pochissimo perché pizzicasse la ruota anteriore.

I biker azzurri a Parigi (da sinistra): Martina Berta, Simone avondetto, Chiara Teocchi e Luca Braidot (foto FCI)
I biker azzurri a Parigi (da sinistra): Martina Berta, Simone avondetto, Chiara Teocchi e Luca Braidot (foto FCI)
Poi cosa è successo?

E’ arrivato ai box e devo dire che i meccanici hanno fatto un bel cambio, e via. Merito a lui perché vista la situazione e i ritmi non pensavo proprio che riuscisse a reagire in quella maniera. E’ tornato vicino alla medaglia, è stato un grande per quello che ha fatto. Anche perché la sua foratura è avvenuta nel momento peggiore.

Cioè?

Proprio in quell’istante Pidcock stava attaccando. Mi hanno comunicato: «Luca ha bucato» mentre Pidcock mi passava davanti con Koretzky a ruota. Da lì si è accesa la gara e ho detto: «Addio, questa foratura la paga doppia». E invece si è è messo sotto ed è arrivato fino a 7” dal podio. L’ultimo giro lo vedevo che passava con i denti stretti. Luca ha cambiato faccia nell’ultimo giro: era trasfigurato, ma è normale. Non è mai riuscito a trovare un attimo per respirare. Ma non poteva fare altro. Si è detto: «Tiro dritto e se salto, salto…».

E degli altri, cosa ci dici?

Avondetto era contentissimo della trasferta, ma non della gara. Non era un percorso adatto alle sue caratteristiche, perché era un tracciato, come si dice in gergo ciclistico, da gente con gamba piena. Mentre lui preferisce anelli più tortuosi e tecnici, però ha finito a testa alta. La reazione che ha avuto alla fine mi è piaciuta tantissimo perché nonostante fossero le sue prime Olimpiadi, e nonostante il posto se lo sia guadagnato senza rubare niente a nessuno, all’arrivo aveva una faccia triste. Io gli ho detto: «Simo, deluso?» e lui ha risposto solo con sì. Un sì secco, senza dire altro o cercare scuse. E questa è una mentalità vincente. Sia lui che Luca sono stati due ragazzi splendidi. Luca lo conosco di più, sono ormai tanti anni che ci lavoro, ma gli si leggeva negli occhi quello che voleva fare. In otto anni da commissario tecnico non l’avevo mai visto così. Aveva la cattiveria negli occhi, la determinazione. Ogni tanto andavamo giù nel garage dove c’erano le bici e lui era lì da solo che guardava la sua. La controllava. Pensava. Poi tornava in camera. E di nuovo tornava giù.

Braidot a tutta, dopo la foratura è stato a lungo il più veloce in pista. Ma non è bastato…
Braidot a tutta, dopo la foratura è stato a lungo il più veloce in pista. Ma non è bastato…
Storie olimpiche…

Davvero un atteggiamento bellissimo, intenso. Quello per me è stata la vittoria. Mi piace vedere gli atleti così. E’ quello che voglio.

E le ragazze?

Da Chiara Teocchi alla fine non si poteva pretendere chissà cosa. Lei ogni tanto tira fuori il coniglio dal cilindro, come è visto in Brasile per esempio, ma ha fatto il suo. Pensavo ad una top 10 per lei, è arrivata undicesima. Siamo lì. Ha lottato molto. Un po’ più di delusione c’è per Martina Berta, ma la perdoniamo perché comunque è giovane. In realtà pensavo che tutta questa stagione riuscisse a fare qualcosa di più.

E’ arrivata 14ª, realisticamente la vedevi sul podio, oppure una top 5 sarebbe stata più alla sua portata?

Dai segnali che aveva dato in Coppa se fosse arrivata nelle cinque sarebbe stata una vittoria. Ma ripeto, è giovane. Martina ha fatto una bellissima partenza, poi però l’ha pagata giro dopo giro. Speriamo che queste gare così importanti facciano bene alle ragazze e che riescano ad arrivare all’appuntamento con la determinazione che avevano gli uomini. Ad Olimpiadi e mondiali ormai bisogna andare per vincere, non per partecipare. Tre anni fa a Tokyo si percepiva proprio nell’aria che c’era qualcosa che non andava. Sembravano tutti già appagati per il solo fatto di essere lì. 

Stavolta insomma è stato diverso…

Una delle cose bellissime che mi ha detto Luca mesi fa è stata: «Mirko, se non avrò la gamba per competere ad alto livello alle Olimpiadi, lascio il posto ad un altro. Non voglio tornare a casa come a Tokyo perché è stata una delle sconfitte più brutte della mia carriera».

Chiara Teocchi in azione, la lombarda ha chiuso all’11° posto
Chiara Teocchi in azione, la lombarda ha chiuso all’11° posto
Ultima domanda Mirko, che è più una curiosità: era giusto questo percorso per un’Olimpiade? Secondo molti era troppo veloce. Tuttavia i valori in campo sono stati rispettati…

Ha vinto il più forte, secondo Koretzky, terzo Hatherly. Sapete una cosa? Durante la mattina stavo andando sul campo gara con gli altri dello staff e gli ho detto: «Ora che siamo lontano dai ragazzi facciamo i pronostici». Ho detto il mio: Pidcock, Koretzky, Hatherly e Luca nei cinque.

Preciso…

Questo per dire che nonostante il percorso non piacesse alla maggior parte dei ragazzi (non solo italiani, ndr), i valori sono stati rispettati. In effetti sembrava più una pista infinita di pump track molto scorrevole, con tutti appoggi e velocissima.

Viviani pensa alla strada, ma il cuore è in pista

03.08.2024
5 min
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VERSAILLES (Francia) – Con le Olimpiadi ha decisamente un bel rapporto. Oro a Rio 2016 e bronzo a Tokyo 2020, con l’onore di essere il portabandiera, nell’omnium. Elia Viviani è pronto a giocarsi le sue carte anche a Parigi. Il suo primo impegno però è stamattina su strada, insieme ad Alberto Bettiol e a Luca Mozzato. Con l’emozione di chi sa bene cosa sono i Giochi.

«Sono quei 15 giorni in cui guardi tutti gli sport – ha raccontato ieri sera – ti senti parte di una squadra molto più grande. Ho voluto esserci nella cerimonia di apertura dopo essere stato portabandiera a Tokyo. E riguardando i miei ultimi anni, l’ultimo risultato importante è stato proprio alle Olimpiadi. E allora ecco che il mio obiettivo più grande è diventato Parigi».

Si comincia con la strada e con un percorso già provato.

Abbiamo fatto una ricognizione controllata. Sulla salita del circuito finale ci venivano 2 minuti e 10 secondi. Evenepoel l’ha fatta in 1 minuto e 58 secondi… Vedremo. E’ un percorso pieno di cotes, non ha curve o rilanci tipo Glasgow lo scorso anno. La differenza la faranno gli strappi, ma secondo me solo nel finale. Sarà difficile individuare un punto in cui attaccare per vincere. Potrebbe succedere in qualsiasi momento.

Evenepoel, Pedersen, van Aert, Van der Poel: non se ne esce?

Il ciclismo attuale è dominato da questi fuoriclasse. Sono quei campioni che non sai mai quando possono attaccare. Possono farlo in qualsiasi momento. Credo che ci sarà un faccia a faccia tra di loro nel finale. Il nostro ruolo è avere un uomo che possa stare con loro, che è Bettiol. Luca ed io siamo due atleti veloci, dovremo essere da supporto nella prima parte e poi farci trovare pronti. E se ci stacchiamo, non mollare. L’esperienza insegna che molti attacchi possono anche tornare indietro e quindi dobbiamo farci trovare pronti.

Come vedi le altre nazionali?

Danimarca e Olanda hanno uomini che possono far diventare questa corsa una corsa un po’ più normale. Pedersen è in gran forma. Ma penso anche a Morkov e Bjerg o a van Baarle. Poi bisognerà vedere cosa faranno altre che hanno risorse immense. Il Belgio ad esempio ha portato quattro atleti da medaglia, perché anche Tiesj Benoot e Jasper Stuyven lo sono. La Gran Bretagna ha Tarling che può sempre inserirsi in una fuga. Occhio alla Francia che gioca in casa. Conosco bene Alaphilippe, emotivamente sarà coinvolto al cento per cento e sicuramente ci proverà.

La nazionale di ciclismo, uomini e donne, alloggia in un hotel di Versailles
La nazionale ci ciclismo, uomini e donne, alloggia in un hotel di Versailles
E l’Italia?

Bettiol ha dimostrato che può giocarsela. Non vedo tratti dove possano staccarlo. Lui è una nostra carta da medaglia importante. Noi siamo atleti veloci che non dobbiamo perdere il controllo della corsa e poi vedremo. Il percorso è su e giù, non è duro, ma lo diventerà con i chilometri che passano. Come una Sanremo, come una Gand-Wevelgem. Però allo stesso tempo sarà diversa, perché il gruppo sarà ridotto. Me la godrò, sarà lo sforzo più grande che farò in questi Giochi, perché quelli in pista saranno corti ma intensi.

La strategia qual è?

Dobbiamo farci trovare pronti fin da subito. Inizialmente sarà compito mio e di Mozzato non far scappare corridori buoni. Non potremmo poi tirare per inseguire. Siamo meno rispetto agli altri, non dobbiamo farci sorprendere e quando la corsa ha preso una piega poi vedremo. Alcuni attacchi si possono anche pagare. La gara finisce solo a Parigi. Peraltro con un arrivo spettacolare, come ho visto ieri nella marcia.

E, anche se è presto, la pista?

Ho lavorato tanto sulla pista, per l’omnium. Un po’ anche con il quartetto, sperando che i ragazzi non ne abbiano bisogno, ma intanto ho dato una mano. Nell’ultimo periodo ho fatto tre giorni di lavoro su pista, riposo, poi strada nei fine settimana. Quello che c’è da fare è stato fatto. Strada e pista ora diranno se ho fatto bene.

Viviani_Oro_omnium_rio2016
Elia Viviani, classe 1989, è oro olimpico dell’Omnium a Rio 2016, mentre a Tokyo ha centrato il bronzo
Viviani_Oro_omnium_rio2016
Elia Viviani, classe 1989, è oro olimpico dell’Omnium a Rio 2016, mentre a Tokyo ha centrato il bronzo
E’ una pista che ti porta fortuna. Qui nel 2022 hai vinto l’oro mondiale nella prova a eliminazione.

Sarà una pista veloce, come è sempre alle Olimpiadi. Gli atleti arrivano al top, gli organizzatori cercano di renderla il più veloce possibile. Il clima inciderà, come sempre. Questo di sicuro vale per l’inseguimento, il legno è stato levigato e vedremo quanto sarà scorrevole. Chiaramente nell’omnium tutto ciò è relativo. Qui ho vinto un mondiale, qui i ragazzi hanno perso un mondiale con la Gran Bretagna, che con Italia, Danimarca e Australia si giocherà la medaglia.

E il tuo omnium?

Conterà soprattutto la tattica. Devi star bene fisicamente, ma non sbagliare una mossa. Ci sono corridori di riferimento come Benjamin Thomas, ma anche possibili sorprese come Van Schip. Bisogna stare attenti a tutti. Se un outsider azzecca le scelte, rischi di non prenderlo più.