Tirreno, festa per due: brinda anche Milan. Che farà a Sanremo?

16.03.2025
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Non so se è troppo presto pensare di poter fare una bella Sanremo – dice Milan – so però che ci arriveremo con una squadra molto forte e unita, quindi vedremo. Io cercherò di dare il meglio, di tenere il più duro possibile sul Poggio e soprattutto sulla Cipressa. So che faranno un passo fortissimo. Come sempre, ci saranno degli attacchi. Per me sarà fondamentale scollinare nelle prime posizioni per poi magari giocarmela in volata. Però sono cose che si potranno capire solamente quando saremo là. Sarà fondamentale, durante questa settimana prima della Milano-Sanremo, recuperare bene, soprattutto dalle botte. Anche se non sto male, anzi. Va meglio di quello che pensavo e poi vedremo sabato…».

Il podio finale con due italiani – Ganna e Tiberi – come non succedeva dal 2010
Il podio finale con due italiani – Ganna e Tiberi – come non succedeva dal 2010

Dalla caduta alla volata

Con la vittoria di ieri a Frontignano, Juan Ayuso mette la firma sulla sessantesima edizione della Tirreno-Adriatico. Jonathan Milan ha vinto la tappa conclusiva dopo quella di Follonica, quarto successo italiano, dimostrando che se un velocista ha il richiamo dell’ultima volata, ha qualche incentivo in più a tenere duro. E Milan di motivi per andare prima a casa ne ha avuti anche parecchi, vista la caduta nel giorno di Colfiorito e le pene dei giorni successivi per superarne i postumi.

«Era importante portare a termine questa Tirreno-Adriatico – dice Milan – un po’ come chiudere il cerchio. Era un obiettivo, avremmo voluto cogliere qualche altro risultato durante la settimana, però non sono stato tanto bene ed è stato importante recuperare. Subito dopo la caduta ho pensato davvero di fermarmi. Ero veramente dolorante e avevo problemi soprattutto per il gomito e la caviglia. La botta sul fianco è uscita solo dopo, quando mi sono reso conto che non riuscivo a fare forza con la gamba sinistra.

«Ovviamente quando si cade, i momenti subito successivi sono quelli più dolorosi. Però essendo ripartito e avendo ancora qualche chilometro prima del traguardo – prosegue Milan – sono riuscito a sciogliere il tutto e non è andata nemmeno così male. Aver potuto pedalare mi ha fatto capire che non ci fosse niente di rotto, solo tante botte. Ed è andata veramente bene così. Da quel giorno, ho cercato semplicemente di sprecare meno energie possibili e fare gruppetto quando si poteva fare. Giorno dopo giorno, è stato fondamentale il lavoro della squadra. Quindi ringrazio i miei ragazzi per tutto quello che hanno fatto e sono contento per questo sprint».

I tanti treni di Milan

Sia Milan sia Ganna hanno evitato accuratamente di entrare nello specifico della collaborazione che proprio in questa ultima tappa li ha visti aiutarsi a vicenda. Milan per spianare la strada di Ganna nella volata al traguardo volante, che gli ha reso il secondo posto in classifica finale. Ganna nel tirare per arrivare senza scossoni alla volata finale. E’ stato come se sul gruppo fosse sceso lo spirito del quartetto azzurro. E l’assenza di Consonni nel treno di Milan è stata sopperita dall’aiuto dell’altro compagno di nazionale.

«Purtroppo Simone è andato a casa qualche giorno fa perché è stato male – prosegue Milan – anzi spero che si rimetta anche lui. Oggi è stato un po’ diverso, il suo lavoro l’ha fatto Teuns. Questi lead-out li abbiamo già provati nei training camp di dicembre e di gennaio, per essere pronti a cambiare nei momenti in cui qualcuno mancasse. Penso che sia anche una chiave che rende il mio treno molto forte. Tutti hanno fatto il loro grandissimo lavoro e spero che Jasper (Stuyven, caduto ai 150 metri, ndr) si rimetta per le prossime gare. Spero che non si sia fatto tanto male e che siano solo escoriazioni, dopo l’arrivo non l’ho visto tanto bene. Se ho parlato con Ganna? Gli ho fatto i complimenti per la sua settimana, quanto all’aver collaborato, penso che si siano sommate un po’ di cose fra loro».

Stuyven ha lanciato Milan poi è caduto: per fortuna per lui niente di rotto ed è in volo verso Monaco
Stuyven ha lanciato Milan poi è caduto: per fortuna per lui niente di rotto ed è in volo verso Monaco

Non solo Pogacar

La Sanremo torna come il rintocco di un pendolo nelle domande e nelle risposte. Il suo favorito è Ganna, per averlo visto andare fortissimo e averne offerto abbondante prova in questi giorni. Del suo ruolo ha già detto, ma è difficile che Jonathan Milan si lasci condizionare dalla posta in palio. Non fu così anche quando venne schierato alle Olimpiadi di Tokyo e a vent’anni trascinò il quartetto verso l’oro olimpico?

«Per me tutte le gare che faccio sono importanti – conferma Milan, rispondendo a una domanda sulla vigilia della Sanremo – da quella che sulla carta vale un po’ meno a quella più chiusa. Le prendo tutte in maniera molto seria, perché è bene concentrarsi e mantenere la routine di partire e dare sempre il 100 per cento. E’ quello che cerco di fare, per arrivare al risultato e anche per divertirmi. Anche per questo, dopo la Roubaix farò una settimana di stacco e poi vorrei andare un paio di giorni ad allenarmi in pista. Per fare qualche lavoro di forza, qualche sprint, lavorare sull’agilità e anche per allenarmi con i ragazzi.

«Non ho rituali, tranne essere concentrato e cercare di essere rilassato nei giorni prima della gara e anche in allenamento. Non parto mai battuto. Va bene che alla Sanremo ci sarà Pogacar, ad esempio, ma non sarà il solo. Ci saranno molti top rider e penso che un altro grande nome da fare è quello di Ganna. Oltre a Pogacar bisognerà guardare anche lui, ma io personalmente non parto mai per il secondo posto. Poi è chiaro che se si parla di una tappa di salita o di una corsa troppo dura per me, non posso farci tanto».

Le pedivelle cortissime di Hirschi, le gomme… Chicche da Siena

16.03.2025
6 min
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La Strade Bianche di Siena è sempre un laboratorio interessante per quel che riguarda scelte e soluzioni tecniche. Il percorso ricco di sterrati impone dei cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda le gomme. Qualche giorno fa, Gabriele Tosello, meccanico della XDS-Astana, ci aveva detto che la maggior parte del lavoro per questa gara si fa proprio sugli pneumatici.

Nei giorni precedenti, in allenamento, si effettuano test su test per scegliere la gomma adatta, cosa che comunque più o meno ormai si sa già in partenza, ma soprattutto per determinare la pressione ideale. Ecco dunque cosa abbiamo visto a Siena.

La BMC di Hirschi

Una bici sola, appoggiata al muro della Fortezza Medicea. Era quella di Marc Hirschi, che la Tudor ci ha consentito di esaminare a fondo. La bici è la classica BMC Teammachine. Lo svizzero aveva optato per gomme da 30 millimetri, le quali però sembravano ben più larghe di altre. Perché?

«Perché – ci ha spiegato Stefano Cattai, tecnico di BMC – le ruote DT Swiss GRC 1100 utilizzate da Marc hanno un canale interno da ben 24 millimetri». Questo fa sì che la gomma possa espandersi bene anche alla base della spalla e fare meno effetto goccia.

Altro elemento che ha catturato la nostra attenzione sono state le pedivelle. Hirschi usa le 160 millimetri, vale a dire più corte persino di quelle di Pogacar. Ha ereditato questa soluzione dalla UAE Emirates, ma addirittura è sceso a 160: 5 millimetri in meno.

Un altro aspetto interessante è la sella, tutta in avanti e anche un filo più bassa in punta. Ci sta che Marc abbia inclinato leggermente la punta. Sempre Tosello ci aveva detto che è una pratica relativamente comune per la gara di Siena. Ma soprattutto ci ha colpito il fatto che la sella fosse completamente avanzata al massimo lungo il carrello.

Tutti avanti

E qui si apre il capitolo sulle posizioni. Le abbiamo definite più volte estreme, ma in realtà sono ormai lo standard moderno. Si pedala più avanzati, più corti e si cerca la spinta dei due muscoli più grandi e forti del corpo: il vasto mediale (quadricipite) e il grande gluteo. Il tutto a scapito, però, della guida. E poco importa se a Siena ci siano gli sterrati: la forza prima di tutto.

Anche tra le donne abbiamo notato questa soluzione. Vollering, ma anche Van der Breggen, avevano la sella tutta in avanti e addirittura il reggisella con offset positivo, cioè girato in avanti per stare ancora di più sulla pedaliera.

Non tutti, però, hanno seguito questa impostazione. Un certo Tom Pidcock, guarda caso il migliore in assoluto nella guida, aveva una posizione più tradizionale, molto più equilibrata. Non solo, ma rispetto ad altri, fatte le debite proporzioni sulla sua statura, aveva un manubrio più largo. Abbiamo provato a sbirciare la misura nella parte inferiore della sua piega integrata, ma non c’erano scritte. A sensazione, potrebbe essere stato un manubrio da 38 centimetri (centro-centro, ovviamente). Se pensiamo che atleti più alti di lui usano anche il 36, fate le vostre considerazioni.

Pressioni su o giù?

Torniamo alla questione delle gomme. Lo standard da 30 millimetri ha dominato la scena e, soprattutto con i cerchi larghi, si sfruttava praticamente tutto il battistrada. Quello che invece ha messo un po’ più in difficoltà meccanici e atleti è stata la scelta delle pressioni.

Questa volta a Siena, gli sterrati erano asciuttissimi, secchi, polverosi e quindi scivolosi, con molto meno grip. Eppure, mediamente, la pressione è salita di mezzo bar rispetto ad altre volte. A Siena capita anche di scendere sotto le 4 atmosfere, ma qualcuno stavolta aveva gonfiato la posteriore a 5,5 bar. La maggior parte viaggiava sulle 4,5.

Un funambolo come Jakob Fuglsang, ex biker, alla vigilia ci aveva detto: «Lo sterrato o è scivolosissimo oppure è battuto quasi come fosse asfalto. Mi avevano proposto una pressione di 3,8 bar, ma alla fine ho scelto 4,5 all’anteriore e 4,6 al posteriore. Questo perché i punti tecnici davvero critici, almeno per me, erano due: le curve dello “sciacquone” in fondo a Sante Marie e un paio di curve nel settore nuovo di Serravalle. Ma poi bisogna pensare anche all’asfalto, che costituisce la maggior parte del percorso. Avere una bici scorrevole ti aiuta a risparmiare energie».

Pidcock senza parole: l’errore di una curva e addio vittoria

16.03.2025
3 min
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FRONTIGNANO – Seduto sullo sgabello della zona mista con la telecamera di Eurosport puntata in faccia, Tom Pidcock sembra davvero costernato. Pensava di essere in lotta per la vittoria, invece la corsa gli è scivolata di mano. Nel momento in cui Ayuso ha accelerato, il britannico del Q36.5 Cycling Team non è riuscito a rispondere o, a sentire lui, si è distratto. Per un po’ gli è rimasto a un soffio, poi è scivolato indietro, ma senza sprofondare. L’azione dello spagnolo non è stata irresistibile, non ha fatto il vuoto in modo definitivo. Poco rapporto nelle gambe, forse una condizione buona, ma non la migliore, anche se i dati intercettati qua e là parlano di 6,79 watt/kg per 19 minuti, contro i 6,06 di Ganna. Siamo così abituati alle progressioni di Pogacar, che uno scontro fra atleti di alto livello che si equivalgono ci fa storcere il naso. A Frontignano si è visto il confronto fra atleti di prima fascia, che faticano anche per guadagnare solo 10 secondi. Il ciclismo dei normali.

«Sono andato abbastanza bene – dice Pidcock – credo che sia stata la mia migliore prestazione su una salita come questa. Però in realtà pensavo che avrei potuto fare di più. E’ sempre difficile tenere il ritmo più elevato senza andare in rosso, ma credevo che la mia zona rossa fosse un po’ più alta di quanto abbiamo visto».

Dopo lo scatto di Ayuso, Pidcock ha dovuto vedersela con Hindley e Landa. E sullo sfondo, Scarponi…
Dopo lo scatto di Ayuso, Pidcock ha dovuto vedersela con Hindley e Landa. E sullo sfondo, Scarponi…

Una curva all’improvviso

Quasi si scusa, pensiamo ascoltandolo. Pidcock ha lasciato il team Ineos Grenadiers ed è rinato a nuovo entusiasmo. Ha vinto. E’ stato protagonista della Strade Bianche punzecchiando Pogacar. E ora che la sua squadra è in predicato di ottenere una wildcard per il Giro, lui è diventato un osservato speciale. Questa volta voleva vincere e non ne fa mistero.

«Ayuso mi ha messo molta pressione – dice – con i suoi attacchi e le accelerazioni. Ho risposto, ma ho mollato appena la spinta in una curva a sinistra perché ho pensato che subito dopo si sarebbe lasciato riavvicinare. Invece lui ha continuato a spingere. Ha preso un po’ di vantaggio e io avrei dovuto colmare il divario. Avrei dovuto chiuderlo. Non è un peccato, ovviamente, perdere contro Ayuso. E’ forte, ma avrei preferito perdere diversamente».

Prima del via della Tirreno, Pidcock e tutti i leader delle altre squadre
Prima del via della Tirreno, Pidcock e tutti i leader delle altre squadre

Le salite più ripide

Domina l’amarezza. Alla Strade Bianche ha visto andare via la schiena di Pogacar vestita della stessa maglia di Ayuso. Vittima per due settimane consecutive di uomini della stessa squadra.

«Sono un po’ frustrato con me stesso – ammette – ed è la sensazione peggiore con cui si esca da una gara. Non posso essere felice. La salita era lunga e pedalabile, ma penso che ormai preferisco quelle più ripide. Se me lo aveste chiesto l’anno scorso, avrei detto che questa era perfetta, ora invece mi piacciono le grandi pendenze. Me ne vado dalla Tirreno-Adriatico con due secondi posti. Sono contento anche per come ho visto lavorare la squadra. Manca ancora una tappa e io e David (De La Cruz, ndr) siamo nella top 10, dove vogliamo rimanere. Si vive e si impara, come si suol dire»

La legge di Ayuso piega il gruppo, ma Ganna non si spezza

15.03.2025
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FRONTIGNANO – Adesso che piove sul serio e ci tocca camminare a lungo fino alla macchina, con i Sibillini che intorno iniziano a sprofondare nelle nuvole e nell’oscurità, il punto è capire se l’impresa l’abbia fatta Ayuso vincendo tappa e maglia oppure Ganna che ha superato il test più severo, facendo meglio di Piganzoli, Ciccone e Adam Yates. Mentre lo spagnolo era già all’interno della tenda dei premiati, Pippo si è seduto per terra contro una transenna e ha bevuto, bevuto e poi bevuto ancora, respirando l’aria fredda di montagna. Ha dato tutto e adesso la classifica lo vede terzo a un secondo da Tiberi, da stasera secondo. Chissà se domani lo vedremo sprintare al secondo passaggio sul traguardo di San Benedetto del Tronto, quando il traguardo volante assegnerà 3 secondi al primo, 2 al secondo e 1 al terzo.

«Alla fine non è bastato – dirà appena giunto al pullman – e ora ho solo bisogno di riprendermi e di rilassarmi. E’ stato molto doloroso, ma abbiamo combattuto. Ho cercato di difendermi e di mantenere un buon risultato. Il podio per il momento è assicurato, ma vediamo cosa potrà succedere domani. Ho combattuto con tutto quello che avevo, quindi sono davvero felice per la prestazione. Ma adesso vado a farmi una doccia, perché fa davvero freddo».

La tattica di Ayuso

Quando Ayuso diventa raggiungibile, ha lo sguardo vispo di chi ha raggiunto il suo obiettivo e indossa una giacca nera e soffice nella quale ha trovato riparo dai cinque gradi che soffiano dalle fessure della tenda che sulla cima ripara dalla pioggia e dal freddo.

«La tattica è stata quella che abbiamo visto tutti – inizia il suo racconto – avevamo fatto un piano e ci siamo mossi per realizzarlo. Volevo una velocità molto alta e all’inizio il Bahrain si è messo a fare il ritmo, quindi abbiamo aspettato per capire quale passo volessero fare. Ma quando ho visto che non era sufficiente, ho detto a Del Toro che andasse avanti lui. Isaac ha fatto un lavoro straordinario, ha portato tutti al limite, anche me. Quando ha smesso di tirare e si è spostato, non ho nemmeno dovuto attaccare. Ho dovuto recuperare un po’ e ho visto che dietro erano tutti affaticati. Così quando ho iniziato a scandire il mio tempo, sono riuscito a fare il vuoto».

Ayuso si volta vede Ganna indietro e decide di andare via da solo
Ayuso si volta vede Ganna indietro e decide di andare via da solo
Stamattina tutti aspettavano te…

In questa Tirreno, la crono ha avuto un peso notevole, ma oggi si sono aperte delle belle differenze. La salita non era eccessivamente dura, ma grazie alla squadra siamo riusciti a renderla tale. Poi è toccato a me. Quando Del Toro ha finito, mi sono voltato e ho visto che Ganna inseguiva a 10-15 secondi. Quindi ho deciso di fare il ritmo in prima persona andando via da solo e facendo il massimo fino alla cima.

L’anno scorso vincesti la crono, questa volta la sfida con Ganna è stata in salita. Fa parte dei tuoi progressi?

Ne parlavo poco fa con Paco, il mio massaggiatore. L’anno scorso ho vinto la crono e alla fine sono arrivato secondo. Questa volta sono arrivato secondo e se domani non succede niente, mi porterò a casa la Tirreno-Adriatico.

La Tirreno è la tua vittoria più importante finora?

Ci sarebbero anche i Paesi Baschi dello scorso anno, anche se la vittoria è venuta a causa di alcune circostanze speciali (la caduta di Vingegaard ed Evenepoel, ndr). Alcuni hanno detto che è stata una vittoria falsata e lo accetto. A nessuno piace vincere perché gli altri cadono, soprattutto i favoriti. Ma io sentivo che avrei potuto vincere anche se loro fossero rimasti in gara. Questa vittoria ha un sapore diverso, perché ci ho lavorato molto. Era un grande obiettivo dall’inizio della stagione verso il Giro, è stato il primo test che volevo fare. Ho dovuto muovermi e dimostrare che ero pronto e penso di averlo fatto.

Con il quinto posto di tappa, Tiberi ha conquistato il secondo in classifica con 1″ su Ganna
Con il quinto posto di tappa, Tiberi ha conquistato il secondo in classifica con 1″ su Ganna
La vittoria serve anche a fare un punto sulla tua carriera?

Lo scorso inverno sono migliorato tanto, penso di aver fatto un grande passo in avanti, soprattutto rispetto al 2023 quando ebbi l’infortunio. Non direi che il 2024 sia stato un anno facile. Dopo essere andato a casa dal Tour per il Covid, non ho mai recuperato davvero. Fra corridori si dice che il tuo valore si misura in base al livello della tua ultima corsa. E l’ultima corsa della mia stagione, il mondiale, è stato orribile. Quest’anno è iniziato in modo diverso. Ho vinto tre gare e ho dimostrato a me stesso che i miglioramenti fatti nell’inverno sono stati confermati dalla strada. Anche in allenamento devi dimostrare di aver lavorato bene, ma io sono consapevole che se mi alleno bene, poi sono forte anche in gara.

Ora il tuo programma non dovrebbe cambiare: quindi il Catalunya, poi l’altura e il Giro?

Se analizzate le mie stagioni passate, potete vedere che al Romandia sono sempre andato bene, ma sempre in calando. Il Giro è solo una o due settimane dopo il Romandia, per cui se voglio arrivarci bene, la mia preparazione deve cambiare. Avrei anche potuto decidere di fare lo stesso programma di sempre, ma sarei arrivato al Giro troppo stanco. Così questa volta abbiamo deciso di iniziare la stagione più tardi e di anticipare il resto. Di solito riposavo dopo il Romandia, quest’anno riposo dopo il Catalunya. Questo mi permetterà di arrivare meglio al ritiro in altura con cui preparerò il Giro d’Italia. La base è di non avere troppi giorni di gara prima del Giro. Per cui dopo il Catalunya starò a casa per una settimana e mezza, quindi tre settimane a Sierra Nevada e poi direttamente al Giro.

Quanto è importante riuscire a vincere nelle corse in cui sei nominato leader?

Non si tratta di cogliere l’occasione, perché il team mi dà sempre queste opportunità, ma d’altra parte ho capito la domanda e so che devo riuscirci. E’ molto importante ottenere delle gratificazioni, perché noi corridori passiamo tanto tempo lontano dalle nostre famiglie ed è davvero difficile. Prima di venire qui, ho corso in Francia. Prima ancora ero stato in altura, poi ho fatto qualche sopralluogo del Giro e alla fine sono venuto in Italia senza ripassare da casa. E bello quando i miei vengono a vedermi alle corse e riesco ad averli attorno per 3-4 giorni. 

Per Ayuso visita parenti: la ragazza, i genitori e la cagnolina Trufa
Per Ayuso visita parenti: la ragazza, i genitori e la cagnolina Trufa
E’ un lavoro difficile…

La UAE Emirates ci dà tutto per rendere al meglio. Parlo per me ovviamente e posso dire che lavoro molto duramente. Due mesi e mezzo senza andare a casa. Peso tutto ciò che mangio. Mi alleno il più forte possibile anche se piove o nevica. Faccio ciò che devo fare e penso che l’ultimo sia stato l’inverno in cui ho lavorato il più. I sacrifici vengono ripagati, ma non è semplice. Al punto che quando finisco una gara ho bisogno quasi di crollare, mi serve un po’ di tempo per recuperare mentalmente. Per esempio, la mia ragazza è qui e quando domani finiremo la gara, ci regaleremo un giorno ad Ancona. E’ qualcosa di piccolo, ma prima di tornare a casa mi regalerò un giorno in un bell’hotel. Il giorno dopo la gara, non ho bisogno di allenarmi, quindi è un giorno che posso trascorrere con la mia famiglia. Queste piccole cose aiutano a rendere tutto più facile.

Sei al livello dei migliori uomini da corse a tappe, quanto è difficile essere nella stessa squadra del migliore di tutti?

Penso che essere in un team con il migliore sia più facile perché posso vedere cosa fa e cercare di copiarlo. A dire il vero, copiare Tadej non è facile perché fa sembrare che tutto sia più facile di quello che sia in realtà. Qualcuno, per esempio, potrebbero dire che oggi ho vinto facilmente, ma bisogna soffrire molto anche solo per vincere con 10 secondi di vantaggio. Non c’è niente facile in questo ciclismo moderno, ma come ho detto, quando lavori duro e sei nella squadra migliore, forse è vero che le cose sono un po’ più facili.

La notte è scesa sulla montagna, non si vede niente. I lampioni in paese sono pochi, là dove c’era il centro, ora si intuiscono soltanto le sagome buie delle rovine. In compenso, le luci nelle casette luccicano come un presepe immutabile dal terreno di nove anni fa. Il governo studia di mettere soldi negli armamenti e dove altro non si sa, ma sarebbe utile che venisse a guardare questi elettori condannati a vivere in modo precario e senza riguardo per il loro dolore. A breve avremo finito di scrivere queste parole, chiuderemo e saluteremo, avviandoci verso casa. Noi che fortunatamente una casa ce l’abbiamo ancora.

Romele a scuola di Nord, prima lezione: “l’effetto lavatrice”

15.03.2025
5 min
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Fin da quest’inverno, da quando è passato alla formazione WorldTour della XDS Astana Team, Alessandro Romele è entrato di diritto nel roster delle Classiche. Un lavoro iniziato a dicembre e che ora entra nella sua fase calda e viste le prime esperienze messe alle spalle siamo andati direttamente dal ventunenne nato sulle sponde del Lago di Iseo per farci raccontare tutto. Lo raggiungiamo mentre sta lavando gli scarpini, di Romele negli anni abbiamo imparato a conoscere la sua meticolosità, caratteristica che riporta anche quando pedala.

«In questo periodo sto bene – racconta – abbiamo fatto un bel lavoro in altura con Vasily (Anastopoulos, ndr) il preparatore del team. Con i quattro ragazzi destinati a fare tutto il blocco delle Classiche: Ballerini, Bettiol, Bol, Teunissen e io. Dopo l’esordio all’AlUla Tour, che non era previsto, ci siamo diretti subito verso il Teide per preparare le gare del Nord.  

Prima dell’esordio al Nord Romele e compagni sono stati in ritiro tre settimane sul Teide
Prima dell’esordio al Nord Romele e compagni sono stati in ritiro tre settimane sul Teide

Lavori in corso

Tre settimane girando sulle strade dell’isola vulcanica costruendo la gamba per arrivare pronto all’Opening Weekend, il fine settimana di Omloop Nieuwsblad e Kuurne-Brussel-Kuurne. 

«Abbiamo fatto un bel incremento rispetto allo scorso anno – continua Romele – parlo soprattutto visto che sono passato dal team under 23 al WorldTour. Il più grande cambiamento è sulla qualità, con molta forza fatta in un modo molto più intenso con wattaggi molto alti a cadenza bassa. Si è lavorato molto sull’aspetto dello sprint e con tanti allenamenti specifici sul VO2Max, credo che tutto questo abbia fatto un po’ la differenza».

Ecco il giovane della XDS Astana durante la presentazione dei team nel velodromo Kuipke di Gand alla Omloop Nieuwsblad
Ecco il giovane della XDS Astana durante la presentazione dei team nel velodromo Kuipke di Gand alla Omloop Nieuwsblad
Sei stato a contatto con molti corridori esperti delle Classiche, come ti sei trovato?

Abbiamo iniziato ad anticipare quello che poi avremmo fatto alle corse con i vari diesse. In quelle settimane di ritiro ero in camera con Davide Ballerini, a mio modo di vedere uno dei corridori con più esperienza in quel genere di gare. Lui è uno che va sempre a cercare quel qualcosa in più, vi faccio un esempio. 

Dicci…

Se in gara c’è stato qualcosa che non è andato, lui ripercorre tutti i suoi passi: guarda la pressione delle gomme, oppure a livello di tattica cambia completamente. Non so, il punto cruciale era a 100 chilometri dall’arrivo? Lui analizza la gara e dice: «La prossima volta anticipiamo la mossa di altri 10 chilometri per evitare di rimanere chiusi». Tutte cose che poi anche durante la ricognizione della prima WorldTour, la Omlopp Nieuwsblad, ho riscontrato nuovamente. 

Cees Bol è uno dei riferimenti per il giovane Romele, qui alle sue spalle sullo sfondo
Cees Bol è uno dei riferimenti per il giovane Romele, qui alle sue spalle sullo sfondo
Che altri consigli ti ha dato?

In altura è stato uno che mi ha regalato tanti consigli, mi ha fatto capire a quali aspetti bisogna stare attenti. E’ vero che ho avuto la fortuna di fare tanti ritiri, anche con la nazionale U23, ma non si smette mai di imparare. Con “Ballero” ero una spugna che cercava di assorbire ogni singolo dettaglio. Un altro esempio: i primi giorni mi diceva: «Guarda che devi andare piano, guarda che devi stare tranquillo».

Quali consigli tecnici e tattici ti ha dato?

Quello che mi è rimasto più impresso è che per andare forte in quel tipo di corse devi spendere di più ed entrare in quel circolo che loro chiamano “effetto lavatrice”. Si ha quando il gruppo alza la velocità e i primi iniziano a girare senza mai fermarsi. Se rimani fermo vuol dire che sei fregato perché ti trovi nel retro del gruppo. Per assurdo ti trovi a spendere 10, 20 o 30 watt in più del previsto, ma rimani davanti e in altre parti riesci a gestire meglio le forze e non devi inseguire.

Al Nord rimanere nelle posizioni in fondo al gruppo vuol dire essere tagliati fuori nei momenti salienti
Al Nord rimanere nelle posizioni in fondo al gruppo vuol dire essere tagliati fuori nei momenti salienti
Difficili poi da mettere in pratica?

In queste corse, che si svolgono su strade strette con tanti dentro e fuori, spartitraffico e spazi ristretti si crea questo movimento che se non sei capace a gestirlo è dura. Anche se mi hanno dato tanti consigli quando poi vai in gara è tutto diverso perché ci sono altri 150 corridori che vogliono fare lo stesso. Nella Omloop Nieuwsblad era un continuo cercare di seguire, ma non riuscivo mai a stare nelle prime posizioni. avevo il compito di tenere davanti la squadra ma non sono stato in grado. Devo mettermi con ancora più meticolosità a guardare i dettagli del percorso su VeloViewer, ma l’esperienza fa tanto. Più corri, più impari. 

Poi a Le Samyn è arrivata una bella top 10. 

Segno che sto bene e le gambe girano. Però ho notato tanta differenza tra le gare WorldTour e quella che è una di categoria 1.1. A Le Samyn riuscivo a prendere le posizioni, a capire quando era il momento di stare davanti, ecc… Ho avuto anche la fortuna di correre con uno dei miei idoli a livello ciclistico, Van der Poel.

Com’è stato correre insieme? Sei arrivato anche nel gruppo a giocarti la volata con lui.

Anche solo aver fatto qualche metro a ruota è stato bello. In generale in quelle gare gli specialisti vanno forte, però sono sicuro che si possa lavorare su tante cose e provare a migliorare. 

Ora parte la Campagna del Nord?

Da mercoledì 19 marzo parte la tripletta con Nokere Koerse, Denain e Koksijde. Poi torneremo il 24 marzo per correre nei vari appuntamenti in vista del Fiandre: Brugge-De Panne, E3 Saxo, Gent-Wevelgem e Dwars door Vlaanderen. Gireremo spesso e vedrò tante volte tutti i settori, con la speranza di immagazzinare quante più informazioni possibile.

Binda e poi Sanremo: la settimana santa di Elisa Balsamo

15.03.2025
4 min
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Il 17 marzo del 2024, Elisa Balsamo aveva già vinto due tappe alla Valenciana e la settimana prima era arrivata seconda alla Ronde Van Drenthe. Le era arrivata davanti Lorena Wiebes e l’aveva per giunta staccata. Per questo il Trofeo Binda rappresentava il test finale in vista della campagna del Nord che si sarebbe aperta di lì a quattro giorni a De Panne.

Già due anni prima, la corsa di Cittiglio era diventato il metro di paragone per la carriera della piemontese da quando, passate le Olimpiadi di Tokyo, si era messa con più impegno sulla strada che sulla pista. Il suo diesse Arzeni, nonostante nel frattempo Balsamo avesse cambiato squadra, commentò che avesse ormai le attitudini per vincere proprio quella corsa. Il 2021 era stato amaro per l’esperienza di Tokyo, ma esaltante nel finale con la vittoria del mondiale di Leuven. Per questo, quando Elisa si presentò a braccia alzate sul traguardo di Cittiglio, mostrando a tutti la sua maglia iridata, il senso di aver trovato una campionessa completa si fece largo e non se n’è più andata.

E’ il 20 marzo 2022, la vittoria di Cittiglio dedicata al cugino scomparso nell’autunno precedente
E’ il 20 marzo 2022, la vittoria di Cittiglio dedicata al cugino scomparso nell’autunno precedente

La sfida con Kopecky

Il 17 marzo del 2024, si diceva, su quell’identico arrivo, la maglia iridata la indossava Lotte Kopecky, vincitrice del titolo a Glasgow. La belga del Team SD Worx veniva diretta dalla vittoria alla Strade Bianche e alla Danilith Nokere Koerse. Sembrava che avrebbe fatto un sol boccone anche del Binda, ma non aveva fatto bene i conti. E così quando Elisa Balsamo, aiutata da Shirin Van Anrooij, riuscì a non staccarsi sulla salita di Orino, nella lunghissima volata si scontrarono la troppa sicurezza e la grande esperienza. La belga infatti partì lunghissima, convinta di avere le gambe per quel rettilineo in salita. Balsamo invece le prese la ruota e saltò fuori in tempo per vedere l’altra che chinava il capo.

Il test andò alla perfezione. Di lì a poco avrebbe vinto a De Panne, salvo subire la legge della Wiebes alla Gand e la vendetta di Kopecky nel velodromo di Roubaix. La campionessa del mondo non fece passare troppo tempo per pareggiare i conti.

Trofeo Binda 2024, Balsamo lascia partire Kopecky e poi la salta approfittando del suo calo
Trofeo Binda 2024, Balsamo lascia partire Kopecky e poi la salta approfittando del suo calo

Un giro di troppo?

Alla Strade Bianche, Elisa non c’era. Il Binda sarà questa volta il passo finale che la lancerà verso la Sanremo che a detta di tanti è fatta per lei, ma anche per Lotte Kopecky, Wiebes e tutte le più forti del gruppo. La differenza rispetto al Binda dello scorso anno è il sesto giro del circuito finale che porta i chilometri a 152 e renderà la corsa meno veloce. In ogni caso, nelle ultime tre stagioni, Balsamo ha vinto, è arrivata seconda e poi ha vinto ancora.

«Sono molto contenta di prendere parte al Binda – dice – ormai sono abbastanza affezionata a questa gara, perché negli ultimi anni sono sempre arrivati dei buoni risultati, per me e per la squadra (fra le sue due vittorie, nel 2023 è arrivata quella di Van Anrooij, ndr). Quindi sicuramente sarà una gara importante per la mia stagione. Devo dire che quest’anno hanno aggiunto un giro in più, quindi i metri di dislivello sono aumentati e per me non è proprio una notizia del tutto positiva. Però l’obiettivo è quello di andare con la squadra e cercare di portare a casa il miglior risultato possibile».

La Omloop Het Nieuwsblad è stato il primo assaggio 2025 di muri del Nord: la stagione entra nel vivo
La Omloop Het Nieuwsblad è stato il primo assaggio 2025 di muri del Nord: la stagione entra nel vivo

Il Binda e la Sanremo

La Sanremo è un richiamo troppo ghiotto per distogliere l’attenzione. Non è passato inosservato il sopralluogo fatto con Ilaria Sanguineti (troveremmo singolare non vedere accanto a Balsamo nella Lidl-Trek l’atleta ligure che l’ha pilotata nelle volate più belle). Perciò, allo stesso modo in cui ha corso il mondiale in appoggio a Elisa Longo Borghini, non troveremmo troppo strana una Balsamo al servizio di qualche compagna.

«Sicuramente so che dovrò tenere duro in salita – dice tornando al Binda – perché ci saranno tante atlete forti che vorranno attaccare per non fare arrivare una volata ristretta. Però penso che per me Cittiglio sarà anche un buon banco di prova per la Sanremo, che si correrà la settimana dopo. Per questo penso che sia davvero un’ottima gara. La preparazione sta andando bene e direi che col Binda inizia un periodo con le gare più importanti della prima parte di stagione. Sono contenta di essere arrivata a questo punto e non vedo l’ora di partecipare».

La prima di Greta Marturano, rinfrancata dalla UAE…

15.03.2025
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Dopo tre anni, per Greta Marturano venne finalmente il giorno della prima vittoria. Non è un caso che sia arrivata nella seconda semitappa della prima giornata della Vuelta a Extremadura. Per la ragazza di Cantù è stata il logico epilogo di una rincorsa iniziata alla fine della scorsa stagione, cambiando team dalla Fenix Deceuninck alla UAE Team ADQ, entrando in un ambiente completamente diverso.

Lo sprint vincente di Marturano contro la norvegese Haugset, il gruppo è lontano, arriverà a 25″
Lo sprint vincente di Marturano contro la norvegese Haugset, il gruppo è lontano, arriverà a 25″

E’ come se quella vittoria se la sentisse addosso anche prima, anche se non era ancora arrivata: «Diciamo che non è arrivata completamente inattesa, perché sapevo di essere tornata dalla lunga campagna australiana con una condizione decisamente in crescita. Sentivo di avere un colpo di pedale diverso. Alla vigilia della corsa spagnola non ero la leader della squadra, poi quel giorno, il 6 marzo, sono già andata oltre le aspettative nella cronometro e nella frazione della stessa giornata ho trovato l’azione buona provando ad andar via dopo il GPM».

Che cosa pensavi mentre ti giocavi la vittoria contro la norvegese Haugset?

Vedevo che il gruppo non rimontava e ho iniziato a crederci sempre di più. La volevo fortissimamente, sapevo che ero vicina a una svolta e questo successo può anche rappresentarla, appagando tutti quegli sforzi che ho compiuto negli ultimi anni. Avevo già vinto, ma quand’ero alla Fassa Bortolo, mai da quando sono entrata nel WorldTour.

La felicità della canturina dopo la vittoria in Spagna. A 26 anni è la prima vittoria da pro’
La felicità della canturina dopo la vittoria in Spagna. A 26 anni è la prima vittoria da pro’
Forse, più che la vittoria di per sé, ha stupito il fatto che sei arrivata sul podio della classifica finale…

Non era una corsa a tappe particolarmente dura, ma chiaramente dopo la prima giornata nel team hanno deciso di puntare su di me e correre in difesa del podio. Mi ha anche aiutato il fatto che la terza tappa, quella che sulla carta doveva essere la più dura, è stata accorciata, quindi ho potuto controllare le rivali di classifica con maggior agio. Il team ha lavorato bene, non mi era mai capitato di vedere le altre che correvano per me.

Venendo dalla Fenix che ambiente hai trovato?

La prima cosa che mi ha colpito è l’estrema serenità. Si vive tutto abbinando una profonda professionalità a un’atmosfera senza stress e questo per noi è importante. Dopo due anni posso finalmente parlare con i diesse ed essere ascoltata, vedo che si preoccupano di ogni piccola cosa, che ci mettono nelle migliori condizioni per correre e questo a me piace.

Il podio finale della corsa spagnola, vinta dall’olandese Van Dijk sulla norvegese Ottestad
Il podio finale della corsa spagnola, vinta dall’olandese Van Dijk sulla norvegese Ottestad
Suona come una critica al tuo team precedente…

No, non posso dire che mi sia trovata male, solo che era un ambiente diverso, molto “olandese”. C’è un modo di vivere questo mondo in maniera diversa, più rigido e freddo. Alla UAE ho trovato non solo compagne, ma anche amiche.

Si dice che molto sia cambiato da quando è arrivata Elisa Longo Borghini, con il suo carisma e la sua determinazione…

Io non ho ancora avuto occasione di correrci insieme, ma venendo da un altro team posso dire che c’è un fortissimo spirito di corpo, che non si estrinseca solo in corsa. Ci frequentiamo anche fuori, questo conta molto perché facciamo gruppo. Così accade che sono particolarmente contenta quando il mio lavoro si traduce in buoni risultati di squadra e magari nella vittoria di una mia compagna e ho visto che lo stesso è per le altre quando è toccato a me essere la “punta”.

A cronometro, lo stesso giorno, la Marturano aveva già palesato un’ottima forma finendo 15esima
A cronometro, lo stesso giorno, la Marturano aveva già palesato un’ottima forma finendo 15esima
Quanto influisce in tutto ciò il fatto che una buona metà del team è italiano? E’ vero che la licenza è estera, ma la mano tricolore si sente?

Sì, anche se chiaramente considerando le tante ragazze straniere ci si parla tutte in inglese, ma il fatto che ci siano molte italiane nel team aiuta molto, ci unisce un po’ quello spirito latino che trascina anche le altre. Io credo che tutti questi fattori siano alla base dei nostri risultati, ma certamente non vogliamo fermarci qui.

Che cosa ti attende ora?

Per adesso non ho un programma definito, so solo che in teoria ci dovrebbe essere almeno un grande giro all’orizzonte e per me rappresenterebbe un altro traguardo raggiunto, anche solo per il fatto di poter lavorare per una leader della squadra. Mi sento molto più libera, anche mentalmente ora che mi sono tolta il peso di non aver ancora messo il mio marchio su una gara dopo anni di sacrifici. Ho dimostrato che ci sono anch’io…

Moschetti e Nizzolo, storia di una foto e un’esultanza

15.03.2025
5 min
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Una foto. Lo scatto di un attimo, un’istantanea nel mare di molte esistenze, che però ha il magico potere di raccontare una storia. Grand Prix Criquielion, a Lessines, una delle tante piccole classiche di primavera. La volata premia Matteo Moschetti, per la prima volta vincitore sulle strade belghe. Terzo arriva Giacomo Nizzolo, suo compagno di squadra, anche lui punta della Q36.5 per gli arrivi in volata. E quel gesto spontaneo che i due replicano inconsapevolmente dopo l’arrivo racconta non solo il presente, ma anche il passato di due corridori le cui strade professionali si erano già incrociate in passato, ma in maniera molto diversa.

Moschetti e Nizzolo sul podio belga, una gioia condivisa fra loro e con tutto il team
Moschetti e Nizzolo sul podio belga, una gioia condivisa fra loro e con tutto il team

Il primo incontro da stagista

Bisogna andare indietro di qualche anno. Era il 2017, Moschetti si stava affacciando nel ciclismo che conta, lo chiamarono per uno stage alla Trek-Segafredo come stagista, mentre Nizzolo era, anche allora, il velocista di punta: «Mi è spiaciuto, allora, non poter condividere qualche gara con lui, anche l’anno successivo quando mi richiamarono. Non avemmo modo di correre insieme, per me che ero ancora agli esordi era un riferimento. E’ uno che ha vinto tantissimo, il suo palmarés parla da solo. Poi siamo arrivati qui per strade diverse».

Nizzolo però quel ragazzo, milanese come lui, lo aveva notato: «Un’estate ci trovammo in ritiro insieme e anche le origini contribuirono ad avvicinarci. Si vedeva il suo interesse, la sua determinazione anche se Matteo non è uomo di tante parole. Poi io andai alla Vuelta e le nostre strade si divisero, non ci ritrovammo più insieme fino allo scorso anno, quando approdai alla Q36.5».

Giacomo Nizzolo aveva già incrociato Moschetti ai tempi della Trek Segafredo, nel 2017-18
Giacomo Nizzolo aveva già incrociato Moschetti ai tempi della Trek Segafredo, nel 2017-18

Uniti dalla sofferenza e il sacrificio

Oggi il diverso peso specifico di allora non c’è più, siamo in presenza di due corridori pienamente fatti: «Lui però è nel pieno della maturità, io ho ormai un po’ d’anni sulle spalle» afferma Nizzolo con Moschetti che rilancia: «Quel che ci unisce è che entrambi abbiamo avuto una carriera travagliata dagli infortuni. Ognuno di noi sa che cosa significa soffrire in bicicletta, affrontare la lunga risalita dopo una caduta. A febbraio abbiamo fatto un ritiro insieme, anche con Parisini e ci siamo confrontati sulle nostre storie trovando molti punti in comune. Non c’è rivalità, anche se siamo due velocisti diversi».

Fatte le debite proporzioni, potremmo rivedere quel che sta avvenendo all’Alpecin, con Groves al servizio di Philipsen? «Perché no – risponde Nizzolo – poi dipende molto da come si mettono le corse, dalle opportunità che si vanno costruendo avvicinandosi al traguardo. Ognuno di noi è disponibile, per far ottenere il massimo alla squadra».

Moschetti e Parisini. Il milanese è già alla sua seconda vittoria stagionale e mostra uno spirito diverso
Moschetti e Parisini. Il milanese è già alla sua seconda vittoria stagionale e mostra uno spirito diverso

Sprint diversi, puntando al massimo

«Quella belga è stata una volata strana – racconta Moschetti – avevamo una sola svolta, verso destra, negli ultimi 3 chilometri, una discesa su strada larga e rettilinea, poi gli ultimi 800 metri al 3-4 per cento di pendenza. Ho visto che Giacomo aveva perso posizioni per una caduta davanti a lui, ma un rallentamento ha permesso di recuperare anche se lo ha costretto a lanciare lo sprint da lontano. Io nel frattempo avevo trovato un varco sulla destra e ho potuto rimontare. Ognuno ha fatto il suo sprint, alla fine siamo stati entrambi bravi dando un bel bilancio al team».

Per Moschetti questa è la seconda vittoria stagionale. Che cosa è cambiato rispetto al 2024 quando tra tanti piazzamenti, il successo era rimasto sconosciuto? «Non è cambiato molto, neanche con l’avvicendamento del preparatore. Mattia Michelusi è andato alla Cofidis ma siamo rimasti in ottimi rapporti. Al suo posto è arrivato Theo Ouvrard che per ora non ha cambiato quasi nulla nella mia tabella, affidandosi ai lavori che sono solito fare già da qualche anno a questa parte».

Per Nizzolo finalmente un buon inizio stagionale, testimoniato anche dalla piazza d’onore dietro Kooij in Oman
Per Nizzolo finalmente un buon inizio stagionale, testimoniato anche dalla piazza d’onore dietro Kooij in Oman

Un podio in Belgio non si butta mai…

«Io credo che molto dipenda dall’atmosfera che si respira in squadra – sentenzia Nizzolo – è chiaro che lì davanti, come obiettivo c’è l’ingresso nel WorldTour, ma non ci poniamo l’assillo. Lavoriamo bene tutti insieme, anche la vittoria di Matteo sabato è stata frutto dell’impegno di tutti. Per ora andiamo avanti gara per gara, a giugno faremo il punto della situazione. Io da parte mia sono abbastanza soddisfatto di questo inizio stagione, in Oman ho colto una piazza d’onore dietro Kooij e un’altra Top 10, poi un podio in Belgio non si butta mai, perché il livello è sempre alto e un risultato simile non è mai banale. Tornando al dopo gara, mi è venuto naturale esultare per la vittoria di Matteo, per fortuna l’ho fatto dopo il traguardo…».

Frontignano, l’analisi di Pellizzari: per Ganna l’esame più duro

14.03.2025
6 min
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PERGOLA – «Vista la tappa che ci aspettava oggi – racconta Ganna – ieri ho sentito Geraint Thomas. Gli ho chiesto se secondo la sua altissima esperienza mi convenisse tenere ancora duro o se non fosse meglio cominciare a recuperare. Mi ha detto: “Filippo, con la condizione che hai, anche se fai una giornata di fatica in più, non ti cambia niente. Se poi la settimana prossima sei stanco, stai a letto un giorno di più. Non è che tenere ancora duro manderà via la condizione per la Sanremo”. Credo di aver lavorato bene per arrivare qua, non so quanti sull’ultima salita superassero gli 80 chili. Voglio ringraziare la squadra per tutta la settimana, anche “Kwiato” che si è fermato per problemi a un ginocchio. Siamo felici di aver onorato fin qua la maglia. Comunque ho visto l’Adriatico – ride – siamo partiti dal Tirreno, la mia parte l’ho fatta…».

La maglia mai a rischio

Per qualche minuto in realtà c’è stato il dubbio che Ganna potesse aver perso la maglia. Prima virtualmente, per tutti i chilometri in cui il vincitore di tappa Dversnes viaggiava con un vantaggio superiore al minuto. E poi all’arrivo, dove il leader della Tirreno-Adriatico è passato 41 secondi dopo. Fortunatamente la rilettura del finale ha permesso di stabilire che avesse perso terreno per un problema meccanico negli ultimi tre chilometri. Per cui, accreditato dello stesso tempo di Van der Poel che ha vinto la volata per il secondo posto, Filippo ha chiuso la quinta tappa con la maglia di leader.

«Come ho spiegato, ho preso una buca – spiega – la catena si è incastrata tra la corona e il telaio. Ho dato un colpo di pedale un po’ troppo forte e ho strappato il deragliatore posteriore. Fortunatamente ero entro i tre chilometri. Avevo già chiamato un giudice, ma non sapevo se mi avesse visto oppure no. Ho tenuto duro fino all’ultimo chilometro quando mi hanno passato tutti, ma credo che il problema sia stato evidente».

Lo stress della classifica

Dopo il traguardo, già da qualche giorno ci si guarda con stupore e si commenta quanto stia andando forte Ganna in salita. Lo attaccano e lui risponde. Un gigante dotato di forza e di una brillantissima frequenza di pedalata. Ieri ha rintuzzato Van der Poel a Trasacco, su uno strappo breve e ripido. Oggi sulla più dura scalata di Monterolo (3,9 chilometri al 6,7 per cento di media e punte al 10,5) ha risposto all’attacco di Ayuso e Pidcock. E’ un Ganna molto sicuro quello che viene a sedersi vicino, cercando di raccontare la giornata con la domanda delle domande che aleggia nell’aria: riuscirà a difendersi anche domani? La tappa avrà appena 50 metri di dislivello più di questa, ma si chiude sulla salita di Frontignano (7,7 chilometri al 7,9 per cento di media).

«Di sicuro abbiamo lavorato tanto quest’inverno – dice dietro la barba folta – mentre l’anno scorso è stato un anno un po’ particolare per i malanni che ho avuto. Quest’anno fortunatamente sono felice, per ora è tutto a posto, speriamo si possa continuare così almeno per un’altra settimana (sorride, il riferimento è alla Sanremo, ndr). Sono venuto alla Tirreno per fare bene la cronometro, eppure sono andato forte anche nella terza e quarta tappa, dove abbiamo fatto vedere che come squadra eravamo presenti. Sinceramente stimo tanto quelli che fanno classifica, perché è veramente stressante. Ieri siamo arrivati in hotel un’ora e mezza dopo rispetto ai piani. Fortunatamente avevo un buon autista che ha recuperato un po’ di tempo in macchina. Però rimanere con lo stesso sudore, il freddo e la pioggia per qualche ora di più non è piacevole. Però la corsa e la maglia vanno onorate e finché ce l’avrò, non mi tirerò indietro».

Frontignano, il kom di Pellizzari

La tappa di domani non sarà affatto semplice: 163 chilometri e una serie infinita di salite e strappi che si concluderanno sulla cima di Frontignano, nel comune di Ussita. Lassù dove fino a poco tempo fa ancora si sciava, la salita sulla carta non concede grandi voli pindarici. La ricorda bene Giulio Pellizzari, che raggiungiamo al telefono mentre è ancora sul Teide preparando il ritorno in corsa al Catalunya dopo il debutto a Mallorca. Domani la corsa passerà anche per la sua Camerino.

«Conosco bene Frontignano – dice – è la mia palestra estiva, però il versante che faranno domani io di solito lo faccio in discesa. Solo una volta l’ho fatto in salita e ho stabilito il record, che se non sbaglio è sui 25 minuti, ma tanto domani me lo rubano. E’ una salita vera, dal valico giri a destra e poi si sale ancora. Temo sia una salita per Ayuso. La tappa non regala niente, prima di arrivare al finale non c’è pianura. E poi con il meteo che avete ora in Italia, ragazzi, ma quanta fatica stanno facendo?».

Il miglior Ganna in salita?

E’ davvero la migliore versione di Ganna in salita? Lui ci pensa e forse non è convinto, pur rendendosi conto che finora si è difeso davvero bene in giornate gelide, bagnate e con tanto dislivello: oggi 3.499 metri.

«Il 2020 è un bel paragone – pensa – andavo davvero forte e ora sono 5 chili più di allora, perché ho messo più massa. Tutti mi dicono che sono troppo magro, però la bilancia è sempre a 86 chili e io sono felice così. Sono forse più tranquillo, più consapevole del fatto di essere in una squadra che mi vuole bene e vuole farmi continuare a crescere e puntare forte. Cerco di fare tutto il meglio per me e per la squadra, assieme ai compagni che oggi, ieri, l’altro ieri e anche martedì hanno fatto veramente tanta fatica. Puccio è caduto, però è qua a lottare. Connor Swift, Brandon Rivera: tutti stanno facendo il massimo per portare me e la squadra a fare il meglio possibile. Devo dire grazie a loro e a chi c’è in macchina che ci sta dirigendo».

Solo l’ultima domanda non avrà una risposta: visto che farai la Sanremo e poi la Roubaix e vai così bene sugli strappi, gli chiediamo, perché nel mezzo non fare anche il Fiandre? «Non lo so – dice – non so cosa risponderti».