Si parte: quali rifornimenti per Ganna? Tante borracce

13.04.2025
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Pronti per la Parigi-Roubaix. Ieri abbiamo visto la gara delle donne, oggi tocca agli uomini: da Compiegne a Roubaix, quasi 260 chilometri, 55,3 dei quali in pavé. Una prova così richiede massima attenzione sotto ogni aspetto, anche quello dei rifornimenti. Rifornimenti che sono gestiti da una “triade”: il nutrizionista, i direttori sportivi e i massaggiatori.

Tra i rappresentanti di quest’ultima categoria, ci siamo rivolti a Piero Baffi, massaggiatore, ma anche fisioterapista e osteopata della  Ineos Grenadiers e in particolare uomo fidato di Filippo Ganna. Baffi ci spiega come si gestisce la parte dei rifornimenti a terra in una gara dalla planimetria lineare come la Roubaix. Una gestione che parte sin dal venerdì… come vedremo.

Fare i rifornimenti alla Roubaix è un vero caos. Questi vengono effettuati quasi sempre all’uscita dei settori in pavè
Fare i rifornimenti alla Roubaix è un vero caos. Questi vengono effettuati quasi sempre all’uscita dei settori in pavè
Piero, dicevamo dei rifornimenti a terra. Come vi organizzate per la Roubaix?

Quest’anno con i rifornimenti fissi imposti dall’organizzazione c’è stato un grande cambiamento. Direttori sportivi e nutrizionista indicano se distribuire i sacchetti o le borracce. Se il diesse, studiando la tappa o la corsa come in questo caso, reputa che ci sia un tratto tranquillo, allora resta fedele al “vecchio sacchetto”, altrimenti si va sulle borracce…

Cioè l’alimentazione liquida…

Principalmente è così, ma anche borracce e gel, borracce e barrette.

Oggi, come accennavamo, ci sono tre figure che gestiscono i rifornimenti. Un tempo era quasi tutto nelle mani del massaggiatore…

Esatto, si parte dal nutrizionista, il quale decide cosa devono mangiare gli atleti. Poi tocca ai direttori sportivi. Loro decidono i vari punti in cui distribuire i sacchetti o le borracce. Infine ci sono i massaggiatori che preparano il tutto.

Per la Roubaix avete previsto dei sacchetti?

Per una corsa intensa e complicata come la Roubaix si privilegiano le borracce. Borracce di acqua, di sali, di malto e soprattutto borracce con il gel attaccato, come accennavo. Noi in Ineos abbiamo sostanzialmente due borracce: una di acqua e una con sali minerali e carboidrati.

Come diceva Baffi, Pippo ormai predilige sempre di più l’alimentazione liquida
Come diceva Baffi, Pippo ormai predilige sempre di più l’alimentazione liquida
Come vengono distribuite?

Di solito si fa un’auto per punto con due massaggiatori. La nostra regola è che il primo che trovano a bordo strada ha l’acqua, mentre il secondo ha i sali. Il lato è obbligatorio, ed è a destra. Solo al Tour dello Yorkshire era a sinistra ed era difficile. In Australia e in altre gare inglesi, dove ugualmente si guida a sinistra, il rifornimento era normale, a destra. Ma il vero problema oggi è un altro.

Quale?

Col fatto che sono stati stabiliti i punti fissi, in ogni punto di ristoro ci sono 50 persone più o meno (2 per team, ndr) in pochissimo spazio. Per carità, poi ci si abitua a tutto, ma all’inizio soprattutto i corridori non erano contenti. Prima invece ogni squadra mandava le proprie auto lungo la corsa a piacimento. Un altro problema è che a volte questi punti fissi di rifornimento sono posti in tratti impensabili, come una discesa… per dire.

Hai detto che darete preferenza alle borracce. Quante ne consuma un corridore alla Roubaix?

Partiamo dai punti fissi, che in una prova così lunga sono tanti: l’organizzazione ne ha decretati 28 più due feed zone ufficiali. Ogni massaggiatore ha almeno cinque borracce per punto. Noi copriremo 14 punti. Se pensiamo che se ne preparano sempre un po’ di più di quelle che serviranno, si fa presto ad arrivare a 150 borracce solo per il rifornimento a terra fra tutti. In più c’è il frigo nelle ammiraglie. Alla fine, quindi, ogni corridore tra rifornimenti a terra e ammiraglia ne consumerà non meno di 15.

Piero Baffi è osteopata e fisioterapista di Ganna, ma come tutti coloro che rientrano nell’ampia figura del massaggiatore aiuta nei rifornimenti
Piero Baffi è osteopata e fisioterapista di Ganna, ma come tutti coloro che rientrano nell’ampia figura del massaggiatore aiuta nei rifornimenti
Okay a privilegiare l’alimentazione liquida, ma in una corsa tanto lunga ci sarà anche qualcosa di solido. Cosa mangiano gli atleti?

Ora vanno molto di moda delle rice crispy con marshmallows. In corse così lunghe come la Roubaix questi si preparano in anticipo. Si mettono in un sacchettino, che sia a terra o in ammiraglia, prima del via. Di solito con questi cibi solidi ci partono, li mettono nella tasca. Prima del via noi massaggiatori li prepariamo e loro li prendono da un tavolo sul bus. A quel punto l’autista prende ciò che è avanzato e lo mette nella prima ammiraglia.

Piero, tu sei il massaggiatore di Ganna. Cosa ci puoi dire qualcosa dei suoi gusti?

Pippo non mangia quasi più cibo solido, ma in gare così lunghe è ancora “vecchio stile” e non disdegna un paninetto col prosciutto cotto. Lui e Puccio sono così, ma anche qualche spagnolo. Anche eventuali barrette, di regola, si mettono in tasca prima del via.

E con le borracce?

Pippo, come gli altri, cerca di stare sui 120 grammi di carboidrati l’ora, in ogni caso mai sotto i 90-100 grammi. Poi dipende anche da come va la gara. Riguardo ai gusti, da quest’anno con un nuovo sponsor questo “problema” non sussiste in quanto abbiamo un solo tipo di gel che tra l’altro è senza sapore. A Pippo piacciono le cose al cioccolato, specie per quanto riguarda i prodotti di recovery.

Ganna e i suoi durante la ricognizione. In queste fasi si testano anche i materiali e i portaborracce affinché tengano bene (foto Instagram)
Ganna e i suoi durante la ricognizione. In queste fasi si testano anche i materiali e i portaborracce affinché tengano bene (foto Instagram)
Quando preparate il rifornimento?

Il cibo, cioè le cose solide, si prepara il giorno prima, mentre le borracce si preparano già dal venerdì. Il solido che deve essere più fresco si fa la sera prima, anche perché con gare così lunghe si lascia l’hotel molto presto. Al Fiandre, per dire, siamo partiti dall’hotel alle 7, quindi al mattino non hai tempo di fare nulla.

E il tuo lavoro di “rifornitore” come funziona oggi? Al Fiandre la planimetria è un dedalo e si possono fare tagli, alla Roubaix invece è lineare…

Il direttore sportivo stabilisce i punti di riferimento da coprire. Non è detto che siano tutti quelli fissi prestabiliti, magari uno o due si saltano come abbiamo visto. Di solito ogni macchina, cioè due massaggiatori o comunque due persone dello staff, fa due punti a testa, mentre chi fa l’arrivo – i massaggiatori che vediamo in tv con lo zainone sulle spalle – ne fa uno. Alla Roubaix, che è molto lunga, i punti diventano tre. Io dovrò fare 4 punti e so che avrò 40 borracce pronte e altrettante il mio compagno in auto.

Quindi devi studiare bene le tue tappe?

La sera si guardano i vari punti da raggiungere. I diesse ti indicano su Veloviewer il punto con il numero della tua macchina e sai che devi andare lì. Ci si aiuta anche con Google Maps, anche per verificare eventuali chiusure stradali. Ma alla Roubaix per certi aspetti è più facile, essendo in linea. Al Fiandre magari il navigatore pretendeva di attraversare la strada dove passava la corsa. Alla Roubaix corri da un punto all’altro sfruttando l’autostrada. Magari su Google Maps metti la via prima del punto preciso, così sei sicuro di avvicinarti e poi prosegui a piedi o, se si può, con Veloviewer.

Ferrand-Prevot, la strada dell’Inferno oggi luccicava

12.04.2025
6 min
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ROUBAIX (Francia) – Pauline Ferrand-Prevot arriva dopo aver vinto la corsa del pavé e si siede con la faccia fresca e allegra di chi ha passato una bella giornata, ma senza particolare trasporto. Forse si può spiegare col fatto che aver vinto le Olimpiadi sia al di sopra di ogni emozione sportiva, ma la spiegazione vera la fornisce lei ridendo spensierata.

«La Roubaix non era nel mio programma – dice divertita e un po’ stupita – normalmente a quest’ora sarei dovuta essere in altura per tre settimane. Dopo la Strade Bianche e la Sanremo, ho parlato con il mio coach e gli ho chiesto di fare il Fiandre. Loro hanno parlato e mi hanno autorizzato a farlo. Una settimana più tardi gli ho chiesto di lasciarmi fare la Roubaix ed è stata davvero una decisione dell’ultimo momento. Mi hanno accontentato di nuovo ed è quello che mi piace della squadra. Ho un ruolo libero e vado avanti come voglio. In questa prima stagione, ho dovuto scoprire cosa potevo fare. Anche se l’obiettivo principale è vincere il Tour de France, penso che Fiandre e Roubaix siano stati un’ottima gara di allenamento per imparare a tenere le posizioni in gruppo. Sappiamo infatti che le prime tre tappe del Tour saranno abbastanza tecniche e io voglio allenarmi per difendere la mia posizione. Penso che questa gara sia stata il migliore allenamento».

Vigilia con la febbre

Ci sono ragazze là fuori, affrante e sfinite sui loro pullman, che darebbero una mano per essere qui al suo posto, con il pavé e i fiori del vincitore. Invece lei che la Roubaix l’ha appena vinta al primo assalto ha l’atteggiamento quasi irriverente di chi è abituato a vincere su traguardi più importanti. Le domande si susseguono: dal racconto dell’attacco al dispositivo Gravaa per gonfiare e sgonfiare i tubeless sulla sua Cervélo che a sentirla le hanno salvato la vita.

«Non mi sentivo molto bene negli ultimi giorni – racconta – alla Strade Bianche ero caduta e ho dovuto prendere a lungo gli antibiotici. Non ho mai recuperato del tutto, tanto che ieri ho dovuto sospendere l’allenamento perché non mi sentivo bene. Questa mattina non avevo più la febbre, per cui ci siamo detti di provare soltanto per aiutare Marianne (Vos, ndr). Non ero sicura delle mie condizioni, ma in gara ho cercato di dare il 100 per cento. L’obiettivo era di rendere la gara più dura possibile per stancare le velociste e portare Marianne fino allo sprint. E’ ciò che ho fatto».

Nonostante la Roubaix sia il suo sogno, Vos abbraccia Ferrand-Prevot: un gesto di grande classe
Nonostante la Roubaix sia il suo sogno, Vos abbraccia Ferrand-Prevot: un gesto di grande classe
Il tuo attacco era funzionale alla vittoria di Marianne?

Così doveva essere. Mi ha chiesto lei se potevo attaccare sul settore di pavé. Le ho detto che erano tutte già a tutta, quindi forse era più intelligente aspettare un po’ e attaccare sull’asfalto. E’ ciò che ho fatto e ho approfittato del fatto che dietro non si siano organizzate. Ho cercato di far funzionare il piano, non avevo in mente di vincere la gara, ma volevo lavorare per la squadra.

Hai raccontato di aver usato il dispositivo per sgonfiare i tubeless sul pavé e rigonfiarli sull’asfalto: ne puoi parlare?

E’ stato davvero utile poter abbassare la pressione sulle pietre, mi sentivo più comoda, saltavo di meno e avevo maggiore aderenza nella ruota posteriore. Essere poi in grado di rigonfiarlo sull’asfalto è stato ugualmente utile. Tornavo a 4 bar e riuscivo a fare una buona velocità. Lo avevamo già provato al Fiandre, è 400 grammi più pesante e non mi era sembrata una buona idea, invece per la squadra non c’è stato da parlarne e alla fine credo che siamo stati fortunati ad averlo. Credo che dal prossimo anno tutti vorranno usarlo, ma forse noi per allora avremo più margine.

In azione solitaria: Ferrand Prevot ha messo a frutto l’esperienza da fuoristradista e tutta la tecnologia possibile
In azione solitaria: Ferrand Prevot ha messo a frutto l’esperienza da fuoristradista e tutta la tecnologia possibile
Come sceglievi i punti in cui cambiare la pressione?

Mi piace molto studiare il percorso, soprattutto su VeloViewer, dove puoi vedere tutto. Mi piace sapere dove passeremo e negli ultimi giorni ho studiato un po’, sono tornata a scuola. Per cui ho deciso che avrei sgonfiato in alcune curve, mentre nei tratti successivi su asfalto avrei rigonfiato. Siccome l’operazione richiede un po’ di watt, ho cercato di usarlo nei tratti più lunghi, per non sprecare troppe forze. Quindi bisogna studiare il percorso per sapere dove conviene avere meno pressione e dove riportarla in alto. Sicuramente negli ultimi 15 chilometri ci ha aiutato molto avere 4 bar, mentre sul pavé si scendeva a 2.1-2-2: una grande differenza.

Adesso il Tour?

E’ il prossimo grande obiettivo della mia carriera. Vincere le Olimpiadi a casa l’anno scorso è stata la più bella vittoria che abbia mai avuto. Ora mi sono divertita a tornare in su strada, a lavorare come squadra insieme alle miee compagne ed è stupendo. Sulla mountain bike vincevo solo per me, ora non ci sono solo io al centro. Non ho più pressione, mi sento così bene e sono felice. Però adesso dobbiamo rendere la squadra più forte per poter vincere su altri fronti e anche io devo lavorare per superare meglio le salite più lunghe. Questo sarà il prossimo passaggio.

Questa la Cervélo S5 con cui Ferrand-Prevot ha vinto la Roubaix: monocorona e i mozzi con il sistema Gravaa
Questa la Cervélo S5 con cui Ferrand-Prevot ha vinto la Roubaix: monocorona e i mozzi con il sistema Gravaa
Qualcuno può pensare che sia troppo facile. Vinci in mountain bike, vieni qui e vinci la Roubaix: è davvero così facile?

Se mi aveste visto l’anno scorso al mondiale su strada, avreste capito che non c’è stato niente di facile. Durante l’inverno c’è stato tanto lavoro da fare. Ho dovuto essere paziente, avere fiducia nel processo. Il ciclismo su strada è uno sport completamente diverso, quindi ho dovuto riabituarmi a tutto. Ora mi sento abbastanza comoda nel gruppo. Ma ad esempio al Fiandre non ho avuto la fiducia in me stessa per attaccare.

Mentre oggi?

Oggi l’ho avuta. Ogni settimana è un passo verso l’alto, è un bel processo. Sinceramente non ho mai pensato di vincere e non volevo mettermi in una situazione in cui mi chiedessero di vincere. Ho solo chiesto di poter lavorare al massimo. Quando sono entrata nel velodromo, ho pensato a quello che mi stava succedendo, a quello che dovevo fare. Ed è stata una sensazione piuttosto strana.

Niente da dire: la foto dell’arrivo è venuta proprio bene…
Niente da dire: la foto dell’arrivo è venuta proprio bene…
Tu nell’ultimo giro e il gruppo che entrava…

Sono andata in crisi (ride, ndr). Ho pensato che rischiavo di avere la foto dell’arrivo con loro dietro, mentre io volevo una bella foto. Però in realtà è venuta davvero bene. E ora pensiamo alle prossime corse, con la testa sono già alla Vuelta, più ancora che alle classiche delle Ardenne. Quella settimana in Spagna servirà per costruire la squadra del Tour. E la cosa mi incuriosisce molto.

Seconda a Roubaix: Borghesi commossa, ma non incredula

12.04.2025
4 min
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ROUBAIX (Francia) – Dopo il sesto posto del Fiandre, il secondo della Roubaix. Poco prima di salire sul podio, Letizia Borghesi si è ritrovata al centro del prato accanto a Lorena Wiebes e Pauline Ferrand Prevot e per la prima volta da un po’ di tempo a questa parte non si è sentita fuori posto. Aveva da poco conquistato il secondo gradino nella classica del pavé, anticipando tutte le atlete più attese del gruppo. Le era sfuggita soltanto la francese, che ha dimostrato per tutto il giorno di avere una super gamba. E anche adesso raccontando il momento, la trentina dimostra una lucidità da grande e non da ragazzina impressionata per il grande piazzamento.

«A dire la verità – sorride – mi sono sentita più fuori posto in passato, quando sapevo delle mie capacità, però non riuscivo a concretizzare. E’ un circolo vizioso, perché quando vuoi veramente qualcosa e non arriva, accumuli sempre più stress, un po’ di nervosismo che ti porta a fare degli errori. Dopo il sesto posto del Fiandre mi sono sentita in pace, più tranquilla. Per cui sono arrivata alla Roubaix un po’ più spensierata. Ovviamente sempre nervosa perché è una gara importantissima, però più consapevole che se qualcosa fosse andato storto, avevo già dalla mia il risultato del Fiandre».

Aspettando di andare sul podio con Ferrand Prevot e Wiebes, Borghesi si è sentita al suo posto
Aspettando di andare sul podio con Ferrand Prevot e Wiebes, Borghesi si è sentita al suo posto

La ressa nella zona mista dopo il podio coinvolge ovviamente Pauline Ferrand Prevot e Lorena Wiebes e forse i giornalisti di quassù si chiedono chi sia l’italiana che ha conquistato il secondo posto. Lei si muove a suo agio e spiega che la EF Education-Oatly nel finale aveva la doppia opzione di Alison Jackson per lo sprint e lei per anticipare. E mentre si racconta con gli altri, la memoria scava nei ricordi e ci torna in mente la sua vittoria di tappa al Giro d’Italia del 2019 a Carate Brianza quando aveva appena 21 anni e l’anno dopo quel problema alla vista, che si pensò legato al Covid ed era invece un rarissimo virus dal quale è uscita se non più forte, di certo più consapevole. Poi arriva da noi e si passa a parlare in italiano.

Ci racconti l’emozione di salire su un podio così importante?

Oggi è stato veramente incredibile. Sapevo che avevo una condizione veramente grandiosa dopo le Fiandre. Già dalla Omloop Nieuwsblad ho avuto veramente delle buone sensazioni, ma questa era la gara a cui puntavo da inizio stagione. E’ la mia gara speciale, ce l’ho nel cuore già dall’anno scorso, quando ero arrivata tredicesima. Mi ero promessa che un giorno avrei vinto o perlomeno sarei arrivata sul podio, quindi oggi è stato veramente fantastico. Anche perché la gara era iniziata male…

La Roubaix di Letizia Borghesi era iniziata con un inseguimento dovuto a foratura
La Roubaix di Letizia Borghesi era iniziata con un inseguimento dovuto a foratura
Era iniziato con una caduta anche il Fiandre del sesto posto, che cosa è successo oggi?

Una foratura nel primo settore, per cui ho dovuto inseguire ed è stata veramente tosta. Però nel finale ho avuto ancora delle buone gambe e ho deciso di rischiare il tutto per tutto e provare a prendermi questo podio, invece di aspettare la volata. Eravamo d’accordo che io avrei provato ad anticipare sullo strappetto a quattro chilometri dall’arrivo. C’è stato un tentativo di attacco che ho seguito, ho provato a collaborare, ma non ha funzionato. Pensavo ormai che non si riuscisse più ad andare via, però a un chilometro e mezzo dall’arrivo ho visto l’occasione e sono andata a tutta. L’ultimo giro è sembrato veramente lungo, sono così contenta.

Perché hai detto che è la tua corsa?

Io vengo dal ciclocross, quindi il pavé è qualcosa che ho nel sangue. Mi piacciono tutte le classiche, il mio punto forte è quando le gare sono veramente a esaurimento. Tante salite o settori a tutta fuori soglia, perché ho una grande durabilità. Quindi nelle gare del Nord, le classiche in genere, riesco ad esprimermi al meglio. Potrei aggiungere che vado bene con il freddo, la pioggia e il vento, però oggi non è stato il caso. E’ stata una Roubaix in versione estiva.

Sul podio, Boghesi è commossa: l’attacco nel finale è riuscito benissimo
Sul podio, Boghesi è commossa: l’attacco nel finale è riuscito benissimo
Cambia qualcosa adesso nella tua percezione e forse anche nella tua carriera?

Sicuramente ho sempre creduto nelle mie capacità e sono sempre migliorata anno dopo anno, senza mai forzare le tappe. Ho rispettato i tempi della maturazione del mio corpo e quest’anno ho salito il gradino finale che mi ha portato a gareggiare alla pari delle big. Questo piazzamento mi dà tanta confidenza per le gare che vengono, sono consapevole di potermi giocarmi qualcosa di grande e anche che posso avere una posizione di leader nella squadra. E’ qualcosa di eccezionale e sicuramente è una bella conferma che siamo sulla giusta strada.

Il pavé tra ingegno e dita incrociate. Chicche dalla Roubaix

12.04.2025
7 min
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Stagione dopo stagione il pavé resta una fucina di soluzioni tecniche che prendono forma grazie all’esperienza ed all’ingegno dei meccanici, grazie ad un numero sempre maggiore di materiali a disposizione. Con il passare degli anni ne scompaiono alcune e compaiono altre, grazie anche a biciclette e componenti che hanno subito mutazioni importanti, vedi i tubeless, i freni a disco e la rigidità di mezzi che sono sempre più veloci.

Vediamo come si comportano i diversi player in questione, dai meccanici, fino ad arrivare ad alcune aziende coinvolte direttamente, o chiamate in causa per fornire supporto.

Il pavé è un banco di prova per atleti e mezzi
Il pavé è un banco di prova per atleti e mezzi

Expander maggiorati di Deda per le forcelle

«Diversi team, con bici differenti ci hanno chiesto i nostri expander lunghi 70 millimetri per le forcelle in carbonio – argomenta Davide Guntri di Deda – buona parte delle sollecitazioni, non solo sul pavé, passano dalla zona dello sterzo e dalla forcella, fattore che si è amplificato nella generazione delle bici disco.

«Avere un expander maggiorato, inserito nello stelo della forcella, offre garanzie maggiori nei termini di robustezza, tenuta del blocco dello sterzo e naturalmente in fatto di sicurezza. La lunghezza degli expander standard – conclude Guntri – varia in base alle scelte dei brand di bici, la media è 40 millimetri, alcuni li usano anche da 30».

Gomme larghe ed inserti sempre più diffusi

«Il denominatore comune è legato alle gomme larghe, principalmente la sezione da 32 – ci dice Tommaso Cappella, Project Manager e Team Liaison di Vittoria – e per ogni pneumatico ci sarà anche un inserto Air-Liner Road (gli Air-Liner sono utilizzati anche da altri team non supportati tecnicamente, ndr).

Come sempre – conclude Cappella – abbiamo messo a disposizione dei team le versioni tubeless Corsa Pro Control e Corsa Pro».

Ruote gravel e pressioni non troppo basse

«Le velocità sempre più elevate portano all’utilizzo di ruote con cerchio molto alto – racconta Stig Kristiansen, direttore sportivo del Team Uno-X Mobility – Il pavé della Roubaix è più impegnativo, rispetto a quello delle Fiandre, quindi alle ruote alte è obbligatorio associare pneumatici larghi. Alcuni corridori, in occasione della Roubaix, useranno le DT Swiss GRC, come ha fatto per esempio il Team Tudor alla Strade Bianche.

«Difficilmente – conclude Kristiansen – scenderemo sotto le 4,5 atmosfere di pressione, in modo da minimizzare il rischio di pizzicature. Nei mesi scorsi abbiamo inoltre testato l’utilizzo di un inserto sulla ruota anteriore, è efficace e sicuro, assorbe un solo watt, rispetto alla configurazione con il solo tubeless ed in caso di foratura permette al corridore di proseguire la marcia. Dare assistenza dall’ammiraglia nelle corse del pavé è sempre molto complicato».

Inserti Air-Liner Road, sempre più usati, anche da team non sponsorizzati
Inserti Air-Liner Road, sempre più usati, anche da team non sponsorizzati

Il nastro manubrio doppio è quasi scomparso

«Qualche soluzione molto gettonata in passato è scomparsa, o quasi, ad esempio il doppio nastro manubrio non lo chiede più nessuno – ci racconta Gabriele Tosello, responsabile dello staff dei meccanici del Team Astana – mentre si cercano di fissare le parti mobili della bici. Nello specifico applichiamo della tela vetrata sul reggisella, per evitare spostamenti ed abbassamenti indesiderati.

«E poi un rinforzo al nastro tubeless dei cerchi. Di norma sono due giri di nastro, per il pavé diventano tre. Si aumenta la quantità di liquido sigillante, fino a 50 cc – conclude Tosello – e si predilige una tipologia di liquido più denso, capace di chiudere eventuali forature in un lasso ridotto di tempo. Per quanto concerne gli pneumatici, tutti avranno i tubeless Continental con gli inserti Vittoria Air-Liner. Per il resto dita incrociate».

Alla Sanremo tutte le Trek sottoposte al controllo tecnologico UCI
Alla Sanremo tutte le Trek sottoposte al controllo tecnologico UCI

Ruote gravel, inserti e bici standard per Lidl-Trek

«Trek Madone per tutti i corridori che saranno al via della Roubaix – ci racconta Mauro Adobati, meccanico del Team Lidl-Trek – nessuno userà la Domane e tutti hanno scelto di montare le ruote gravel Bontrager 49V con il canale interno da 25 millimetri. Tubeless da 32 millimetri ed inserti tra cerchio e pneumatico. Aumenteremo la quantità di liquido sigillante a 60 cc per ogni tubeless – prosegue Adobati – rispetto ai 40 che sono previsti nella normalità. Molti dei nostri corridori useranno un nastro manubrio con spessore maggiorato, rispetto al modello da crono, sottilissimo, usato normalmente.

«Qualche particolarità è legata ai comandi satellitari Sram Blips – conclude Adobati – che monteremo sulla sezione orizzontale del manubrio in modo da poter cambiare marcia anche con presa alta. Rispetto al passato nessuno ha chiesto di fare delle variazioni al bikefitting e di alzare la battuta dell’attacco manubrio. A parte qualche variazione dell’ultimo istante, tutti dovrebbero correre con la trasmissione 1×13 XPLR».

Il mozzo con il compressore per le donne Visma

Marianne Vos e la Ferrand-Prévot, entrambe della Visma-Lease a Bike, al Fiandre hanno utilizzato il mozzo anteriore Gravaa, quello con il regolatore di pressione per il tubeless.

Gli uomini invece non hanno utilizzato questo dispositivo, come non hanno usato il monocorona. Vedremo cosa adotteranno gli olandesi in ottica Roubaix.

Cornacchione ha qualche idea non banale

«Anni addietro andare alla campagna del pavé era un impegno enorme, soprattutto per lo staff dei meccanici – racconta Matteo Cornacchione, meccanico del Team Ineos-Grenadiers – ora le bici sono uguali tutto l’anno. Qualche corridore cambierà semplicemente il nastro manubrio, optando per uno più spesso, ma nulla più.

«La grande differenza, come si usa dire, la guerra si farà con la gestione degli pneumatici e loro pressioni. A mio parere – prosegue Cornacchione – sarà interessante vedere le combinazioni delle trasmissioni. Non meravigliamoci se vedremo corone da 60 denti. Soprattutto chi ha ufficialmente disponibile il monocorona. Non escludo soluzioni mono anteriore anche per chi ha Shimano. Ormai tutto è possibile».

Quale setting utilizzerà Pogacar?

«Qualche piccola variazione sulla Colnago V4Rs, ma nulla di eclatante – ci dice Maurizio Da Rin, meccanico che gestirà la bici di Pogacar in vista della Roubaix – 55-40 le corone anteriori e 11-30 i pignoni posteriori, sempre pedivelle da 165 e setting biomeccanico senza cambiamenti. Pogacar ha chiesto di aumentare la superficie nastrata del manubrio – prosegue Da Rin – di solito lui utilizza pochissimo nastro, oltre ad una piccola aggiunta anche sotto le leve, per proteggere le dita.

«Sulla bici monteremo i tubeless da 32, davanti e dietro i Continental GP5000 TR in versione classica. la pressione di gonfiaggio verrà definita poco prima della partenza, anche in base al meteo».

Masciarelli e i ragionamenti di un ragazzo diventato uomo

12.04.2025
5 min
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Sono passati poco più di due anni dal ritorno in Italia di Lorenzo Masciarelli, l’abruzzese emigrato in Belgio per seguire il sogno del ciclocross. Il volto giovane sorridente è rimasto tale, solo che ora sui lineamenti di Masciarelli si è fatto largo un primo accenno di barba. Insomma, il ragazzino sta diventando grande e si è fatto uomo. Per questo all’inizio della terza stagione in maglia MBH Bank-Ballan-Csb siamo andati da lui per parlare a quattrocchi. La vita ha messo Lorenzo davanti a tante scelte e innumerevoli esperienze. Sicuramente queste hanno creato un bagaglio difficilmente replicabile dai suoi coetanei, ma per Masciarelli è arrivato anche il momento di guardarsi indietro a fare un primo bilancio (in apertura foto Jacopo Perani).

«Quando sono tornato pensavo di essere più maturo». Racconta Lorenzo Masciarelli mentre dalla sua Pescara si dirige a San Vendemiano per la corsa di domenica. «Ma non è stato così, dovevo trovare serenità e un modo diverso di vivere la vita qui in Italia. Sinceramente è stato difficile riallacciare il filo con tutto».

«Gli ultimi due anni – prosegue – sono serviti a questo. Arrivavo dal Belgio con molta pressione addosso, che mi ero messo io stesso. Penso che il 2025 mi sia servito per fare uno step mentale importante da questo punto di vista. Mi sento più sereno e tranquillo».

Lorenzo Masciarelli è giunto al suo terzo anno in maglia MBH Bank-Ballan-Csb (foto Jacopo Perani)
Lorenzo Masciarelli è giunto al suo terzo anno in maglia MBH Bank-Ballan-Csb (foto Jacopo Perani)
Una pressione che arrivava da te?

Ce l’ho sempre un po’ avuta. Quando sono andato in Belgio ero piccolo, avevo appena terminato la categoria allievi ma andavo forte e mi sentivo pronto. Nei due anni da junior volevo dimostrare di essermi guadagnato quel posto e di meritarmelo. Senza dimenticare che la mia famiglia mi aveva seguito trasferendosi lì, non me lo hanno mai fatto pesare ma dentro di me c’era questa voglia di dimostrare il mio valore anche per loro. 

Come a non deluderli?

Mi dicevo: «Cavolo sono venuti fin qui per seguirmi, ora sta a me fare il massimo per diventare professionista, lo devo anche a loro». La mia famiglia non mi hai mai fatto questo tipo di ragionamento, lo voglio precisare. Però è chiaro che nella mente di un ragazzino si crei questo meccanismo.

Masciarelli si era trasferito in Belgio alla Pauwels Sauzen – Bingoal al primo anno junior per correre nel ciclocross
Masciarelli si era trasferito in Belgio alla Pauwels Sauzen – Bingoal al primo anno junior per correre nel ciclocross
Quest’inverno sei tornato a fare cross, hai mai pensato che saresti potuto rimanere in Belgio e seguire la tua passione?

Quando sono tornato a correre da quelle parti a dicembre ho pensato a tutto questo. Sono contento della scelta che ho fatto. L’unica cosa che mi è dispiaciuta è aver fatto il secondo anno junior con il Covid, senza magari sarebbe andato tutto in maniera differente. Ne ho parlato con Mario De Clercq (coordinatore tecnico della Pauwels Sauzen-Bingoal, la squadra dove correva Masciarelli, ndr) e secondo noi l’errore è stato quello di trasferirmi troppo presto. 

In che senso?

Magari avrei dovuto fare la categoria juniores in Italia e andare in Belgio una volta diventato U23. Quando mi sono trasferito ero piccolo e lasciare gli amici mi è pesato molto. Inoltre lassù non avevo molti coetanei con i quali uscire e fare la vita di un diciassettenne. Se avessi aspettato magari sarei salito da solo, senza portare dietro tutta la famiglia e le cose sarebbero andate in maniera differente. 

Dopo due stagioni di pausa lo scorso inverno è tornato a correre nella disciplina che lo ha lanciato (foto NB Srl)
Dopo due stagioni di pausa lo scorso inverno è tornato a correre nella disciplina che lo ha lanciato (foto NB Srl)
Quando sei tornato in Italia questo sentimento del voler dimostrare l’hai abbandonata?

Tutt’altro. E’ sempre stato un mio punto debole. Alle gare volevo far vedere di essere forte quindi ero alla costante ricerca di conferme e risultati: podi, vittorie o piazzamenti. Questo aspetto mi ha portato spesso a sbagliare sia nella preparazione che nell’alimentazione. La squadra e la mia famiglia mi hanno sempre lasciato sereno però dentro di me avevo questo meccanismo. 

Che ti portava a stressarti?

Sì. Sentivo il dovere di passare professionista. Vedevo tanti ragazzi della mia età o più giovani entrare nel WorldTour e mi sentivo di doverlo fare anche io. Anche ora lo voglio ma è un aspetto che vedo con maggiore serenità e divertimento. 

Eri tornato in Italia perché tutti avevano intravisto le tue qualità su strada, ora tralasciando gli altri tu come ti vedi a distanza di due anni?

Devo ancora capire che corridore sono ma sento di essermi allontanato dall’aspetto delle corse a tappe. Mi piacciono le gare di un giorno dure ed esigenti, le sento mie. Sinceramente quando sono tornato dal Belgio pensavo di essere più esplosivo, invece è un aspetto che mi è mancato. Anche se con il ritorno al ciclocross ho ritrovato un po’ questa qualità

Dopo tanti anni a rincorrere qualcosa ora l’abruzzese vuole correre con serenità e per se stesso (foto Jacopo Perani)
Dopo tanti anni a rincorrere qualcosa ora l’abruzzese vuole correre con serenità e per se stesso (foto Jacopo Perani)
Sei al quarto anno U23, è un aspetto che ti pesa?

Se penso agli anni passati dico di no. Le stagioni precedenti le vivevo con molta più pressione. Il percorso che sto facendo mi piace, sento di essere cresciuto e di aver avuto la serenità per farlo. Non sono sicuro, con il senno di poi, che sarei stato pronto ad entrare in un devo team o a passare professionista. Nonostante sia l’ultimo anno da under sono sereno, sento che ho ancora dei margini e che posso migliorare.

Guardando solo a te stesso ci dici un obiettivo del 2025?

Voglio essere competitivo in tutte le gare. Sicuramente mi rimane la voglia di trovare una vittoria, ma con meno pressioni. Quest’anno ho lavorato un po’ su questo aspetto anche grazie a uno psicologo e sono riuscito a trovare la serenità che mi mancava. 

UAE Emirates, le regole per mangiare sul pavé

12.04.2025
5 min
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COMPIEGNE (Francia) – La presenza di Pogacar alla Roubaix, come spiegava Pino Toni un paio di giorni fa, significa spingere verso l’alto ogni dettaglio all’interno del UAE Team Emirates. Questo non vuol dire che senza il campione del mondo la squadra sarebbe andate a sfidare il pavé senza ambizioni, ma che certo avrebbe avuto una minore necessità di portare tutto al limite. Superiore attenzione ai sopralluoghi (in apertura foto Fizza/UAE Emirates) e ai settaggi della bicicletta. Una maggiore presenza sui social (anche se questo non inciderà minimamente sulle prestazioni). Superiore attenzione sulla supplementazione in corsa. Va bene garantire a tutti la base migliore, ma ritrovarsi al via con qualcuno che può puntare alla vittoria spinge ad andare oltre il meglio. Anche nel mangiare.

«In realtà – spiega Gorka Prieto, nutrizionista del team – le classiche del Nord e la stessa Roubaix sono diverse da una tappa piatta del Tour perché certo mangiano di più. Ci sono più punti in cui prendere il rifornimento, ma in compenso è più difficile prenderlo. Ci sono gare in cui mangiano le stesse quantità, ma meno punti in cui passargli il sacchetto».

Le barrette in allenamento: per mangiare in corsa nelle classiche si ricorre più spesso a gel e borracce
Le barrette in allenamento: per mangiare in corsa nelle classiche si ricorre più spesso a gel e borracce
I muri del Fiandre, ma anche il primo settore di pavé domani arrivano rispettivamente dopo tre e due ore di corsa: significa che si comincia a mangiare con calma?

Al contrario, iniziamo a mangiare dall’inizio perché altrimenti se ti dimentichi di farlo, puoi arrivare vuoto alle prime fasi impegnative. Quando poi si parla di classiche, mangiano sempre un po’ di più, perché parliamo di percorsi più impegnativi. Il Fiandre è durato 6 ore, mangiano più che in una tappa di 4 ore. Ma per il resto, non c’è niente di così diverso.

Si riesce a quantificare il consumo calorico tra muri e settori di pavé?

Alla fine noi guardiamo i watt, non c’è un modo diverso per guardare l’energia che si spende sul pavé rispetto all’energia che spende in una salita. Se guardiamo i watt, otteniamo le informazioni che ci servono. E dalla nostra osservazione, è venuto fuori che un settore di pavé può essere anche più impegnativo di un tratto in salita. Se si va a tutta, spingono oltre i 420, 450, forse 500 watt che quando sei in salita significa andare a tutta. Anche considerando i watt per chilo, le differenze sono minime.

Per la Roubaix avete studiato qualcosa di particolare da mettere nelle borracce?

Mangiano lo stesso di un’altra gara, non cambia niente. Anche se è cambiato il regolamento sui punti di rifornimento, si riesce a fare tutto lo stesso, perché alla fine mettono più punti. A patto che anche gli organizzatori imparino a sceglierli nel modo giusto. Nelle prime gare, ci siano ritrovati con il rifornimento in discesa e a quelle velocità prendere la borraccia è difficilissimo e anche pericoloso.

Impossibile per Pogacar trovare il tempo per mangiare o bere sui muri: alla Roubaix sarà lo stesso
Impossibile per Pogacar trovare il tempo per mangiare o bere sui muri: alla Roubaix sarà lo stesso
Al Fiandre c’è stato forse il primo caldo vero in gara, domani sarà coperto con rischio di pioggia. Come cambia il consumo dei corridori?

Con il caldo del Fiandre, sapevano di dover assumere ogni ora la quantità pattuita di sodio, che chiaramente è legata alla temperatura. Per questo, quando si dispongono i punti di rifornimento, abbiamo anche noi, come tutte le squadre, un’applicazione in cui si guardano il vento, il caldo, l’umidità, ogni fattore ambientale. Una volta che hai stabilito quali siano le variabili ambientali, puoi mettere più elettroliti oppure più sali o carboidrati.

Quanto tempo prima fate questo tipo di valutazione?

Io lo faccio il giorno prima, quindi oggi. Si può provare ad anticipare, ma mi è capitato di farlo tre giorni prima e di essermi ritrovato con tutt’altro tempo. E’ sempre bene arrivare più vicino possibile. Il giorno prima posso sapere con sufficiente precisione se domani sarà caldo oppure freddo.

Percorsi nervosi, strade strette, alimentazione prevalentemente liquida con aggiunta di gel?

All’inizio magari si mangia più facilmente, ma poi viste le condizioni ambientali, è più facile prendere un gel e spremerlo in bocca. I gel Enervit che usiamo hanno 30-40 grammi di carboidrati e sono più facili rispetto a prendere una barretta, aprirla, mangiare un pezzo col rischio che ti cada. Anche per loro è più semplice mettersi in tasca più gel che barrette.

In che modo si compongono i fatidici 120-130 grammi di carboidrati per ora in una Roubaix?

Non esiste uno schema fisso dei prodotti con cui arrivare a quella quota. La fisiologia del corpo richiede che vengano assunti nella quantità prestabilita, non quale sia il mezzo di trasporto. Quello che importa è mangiare i carboidrati e per le caratteristiche di queste corse, in cui è molto facile cadere, è più semplice prendere borracce e gel e mangiare poi quello che serve.

A che temperatura sono le borracce che passate ai corridori?

Bel tema. Se è caldo, la temperatura giusta perché la digestione sia precisa è da 10 a 13 gradi. La borraccia troppo fredda è un rischio per l’ingestione, ma quando è caldo davvero gliela passiamo ugualmente, perché la usano per versarla in testa e abbassare la temperatura corporea. Ma di base, la borraccia da bere si aggira fra 10 e 13 gradi: non di più e non di meno.

In che modo riesci a gestire tutti questi aspetti se non sei presente alla gara?

Parlo ogni giorno con il corridore, quindi faccio tutto io con il cuoco. Loro hanno tutto su una app, in cui possono vedere la la quantità di cibo che indico. Io parlo con loro, con il cuoco e anche con il direttore. Alla fine, essendo organizzati così, non bisogna essere in tutte le gare. Abbiamo sviluppato questa app con la squadra che permette a me di non essere presente e a loro di verificare tutto nel telefono. In questi giorni ad esempio sono al Giro dei Paesi Baschi, ma credo che ormai in tutte le squadre si regolino così.

Prossima gara dopo i Baschi?

Il Giro d’Italia. Quello ad esempio lo seguirò tutto.

Parigi-Roubaix: i consigli per decifrare il percorso

11.04.2025
6 min
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Due giorni per gli uomini, appena uno per le donne. La Parigi-Roubaix suona al pari di un regolamento di conti per qualcosa che si è messo in moto alla Sanremo, ha fatto il punto al Fiandre e si ripeterà domenica. Sta succedendo quel che un tempo era la regola e che ultimamente si era perso: gli stessi corridori in tutte le corse, anche quelle che in apparenza non sono le più adatte.

Pogacar, Van der Poel, Pedersen, Ganna, Stuyven e poi una rosa che si va allargando, perdendo forse di peso specifico, ma componendo un quadro di altissima competitività. E allora andiamo a guardare come è fatta la terza Monumento del 2025 e in quale scenario si svolgerà la sfida di domenica. 

I tre di Sanremo si sono incrociati nuovamente al Fiandre e ora, assieme a Pedersen e Van Aert, si sfideranno ancora a Roubaix
I tre di Sanremo si sono incrociati nuovamente al Fiandre e ora, assieme a Pedersen e Van Aert, si sfideranno ancora a Roubaix

400 metri di differenza

La Parigi-Roubaix numero 122 misura 259,2 chilometri. Il via sarà dato alle 11,10 da Compiegne, l’arrivo è previsto fra le 17,03 e le 17,35 nel velodromo di Roubaix. Le previsioni del tempo sono da qualche giorno tendenti al brutto. Dovrebbe piovere e la pioggia su quelle strade potrebbe riscrivere verdetti già scolpiti.

Il chilometraggio complessivo dei settori in pavé sarà leggermente inferiore rispetto allo scorso anno. Partendo dal primo di Troisvilles (chilometro 95), si contano 30 settori per un totale di 55,3 chilometri (in calo rispetto ai 55,7 del 2024). Differenza di 400 metri che può dire poco come fare la differenza tra chi vince e chi perde.

Vinto il Fiandre, Pogacar è ora puntato sulla Roubaix. Poi per lui, Amstel, Freccia e Liegi.
Vinto il Fiandre, Pogacar è ora puntato sulla Roubaix. Poi per lui, Amstel, Freccia e Liegi.

I 31 settori di pavé e le loro stelle

Ecco a seguire i 30 settori di pavé che decideranno la Parigi-Roubaix numero 112. Il primo a Troisville, l’ultimo in quel breve tratto lastricato prima di entrare nel velodromo. Sono tre quelli a 5 stelle, salgono a sei quelli a 4 stelle. La numerazione è inversa rispetto all’avvicinamento al traguardo. Il settore numero 8 è composto da due tratti di pavé. Le donne affronteranno gli ultimi 17 settori.

N.Settore (km fatti – lunghezza)Difficoltà
30Troisvilles a Inchy (km 95,8 – 2,2 km)⭐⭐⭐
29Viesly a Quiévy (km 102,3 – 1,8 km)⭐⭐
28Quiévy a Saint-Python (km 104,9 – 3,7 km)⭐⭐⭐⭐
27Saint-Python (km 109,6 – 1,5 km)⭐⭐
26Vertain a Saint-Martin-sur-Ecaillon (km 116,7 – 2,3 km)⭐⭐⭐
25Verchaing-Maugré a Quérénaing (km 128 – 1,6 km)⭐⭐⭐
24Quérénaing a Artres (km 130,9 – 1,3 km)⭐⭐
23Artres a Famars (km 133,8 – 1,2 km)⭐⭐⭐
22Quérénaing a Maing (km 138,5 – 2,5 km)⭐⭐⭐
21Maing a Moncheaux-sur-Ecaillon (km 141,6 – 1,6 km)⭐⭐⭐
20Haveluy a Wallers (km 154,5 – 2,5 km)⭐⭐⭐⭐
19Trouée d’Arenberg (km 163,9 – 2,3 km)⭐⭐⭐⭐⭐
18Wallers a Hélesmes (km 170 – 1,6 km)⭐⭐⭐
17Hornaing a Wandignies (km 176,8 – 3,7 km) ⭐⭐⭐⭐
16Warlaing a Brillon (km 184,2 – 2,4 km)⭐⭐⭐
15Tilloy to Sars-et-Rosières (km 187,7 – 2,4 km)⭐⭐⭐⭐
14Beuvry a la Forét a Orchies (km 194,1 – 1,4 km)⭐⭐⭐
13Orchies (km 199,1 – 1,7 km)⭐⭐⭐
12Auchy lez Orchies a Bersée (km 205,2 – 2,7 km)⭐⭐⭐⭐
11Mons-en-Pévèle (km 210,6 – 3 km)⭐⭐⭐⭐⭐
10Mérignies to Avelin (km 216,7 – 0,7 km)⭐⭐
9Pont-Thibault à Ennevelin (km 220 – 1,4 km)⭐⭐⭐
8Templeuve – L’Epinette (km 225,4 – 0,2 km)
8Templeuve – Moulin-de-Vertain (km 226 – 0,5 km)⭐⭐
7Cysoing to Bourghelles (km 232,4 – 1,3 km)⭐⭐⭐
6Bourghelles to Wannehain (km 234,9 – 1,1 km)⭐⭐⭐
5Camphin-en-Pévèle (km 239,4 – 1,8 km)⭐⭐⭐⭐
4Carrefour de l’Arbre (km 242,1 – 2,1 km)⭐⭐⭐⭐⭐
3Gruson (km 244,4 – 1,1 km) ⭐⭐
2Willems to Hem (km 251,1 – 1,4 km)⭐⭐
1Roubaix, Espace Crupelandt (km 257,8 – 0,3 km)

L’ingresso nella Foresta

Di nuovo rispetto allo scorso anno, ma in continuità rispetto alla chicane del 2024, la deviazione prima dell’ingresso di Arenberg toglie dal mazzo la situazione potenzialmente più pericolosa. Parlandone con i media, il direttore di gara, Thierry Gouvenou, ha spiegato la logica alla base della scelta di disegnare un anello attorno a Querenaing con due nuovi settori di pavé, lunghi rispettivamente 1.300 e 1.200 metri.

«Non sono particolarmente difficili – ha spiegato – ma significa che avremo cinque settori consecutivi senza asfalto. A quel punto, prima di entrare nella Foresta, i corridori faranno una deviazione attraverso il sito minerario di Arenberg. Ci saranno quattro curve a 90 gradi nel volgere di 600 metri. L’approccio al settore dovrebbe essere quindi più fluido rispetto al tornante che avevamo disegnato lo scorso anno. La comunità di Porte du Hainaut ha fatto riasfaltare un piccolo tratto che necessitava di rattoppi».

L’ispirazione di Stablinski

Inserita nel percorso nel 1968 per l’insistenza del francese Stablinski, la foresta di Wallers-Arenberg è il passaggio più suggestivo della gara. Il vero nome del settore, per come riportato sulla guida tecnica, è Trouée d’Arenberg, mentre il nome della strada è La Drève des Boules d’Hérin.

Si incontra a 90 chilometri dall’arrivo e il colpo d’occhio è spettrale e affascinante, come una lama di 2,3 chilometri inizialmente in discesa, che taglia in due la distesa di alberi alti. Nel giorno della corsa, i bordi sono assaliti da una massa di persone che lasciano ai corridori a malapena lo spazio per passare. Il posizionamento in gruppo prima della Foresta è fondamentale ed è questo il motivo per cui i chilometri precedenti sono sempre stati teatro di volate, spallate e varie… cortesie.

Roubaix 2023, Van Aert fora nel Carrefour de l’Arbre, Van der Poel prende il largo
Roubaix 2023, Van Aert fora nel Carrefour de l’Arbre, Van der Poel prende il largo

Due settori a 5 stelle

Dentro e fuori in continuazione, con i massaggiatori all’uscita dei settori di pavé e gli uomini con le ruote che spuntano sul ciglio in ogni situazione critica.  Oltre alla Foresta, i settori a cinque stelle sono Mons en Pévèle e il Carrefour de l’Arbre.

Il primo (numero 11) è lungo 3 chilometri e si incontra a 48,6 chilometri dal traguardo di Roubaix. I corridori sono già oltre la fatidica soglia dei 200 chilometri e sanno che hanno davanti il settore più malconcio dell’intero menù.

Il secondo (numero 4) invece è lungo 2,1 chilometri e si trova 17 chilometri dal traguardo. Sarà per la fatica o per la sua durezza, è il pavé che decide la corsa, con il fondo scassato e curve tecniche che favoriscono chi è più bravo a guidare.

A quel punto non resta che il glorioso arrivo nel velodromo André Pétrieux: una pista in cemento lunga poco meno di 500 metri, sulla quale i corridori devono ancora completare due giri.

La Roubaix Femmes del 2024 è stata vinta da Lotte Kopecky in volata su Elisa Balsamo
La Roubaix Femmes del 2024 è stata vinta da Lotte Kopecky in volata su Elisa Balsamo

La quinta per le donne

La quinta edizione della Parigi-Roubaix Femmes partirà domattina da Denain, su una distanza totale di 148,5 chilometri, la stessa del 2024. Resta invariato anche il conteggio dei chilometri sul pavé: le donne affronteranno gli ultimi 17 settori del percorso maschile, per un totale di 29,2 chilometri. Per loro non è prevista la Foresta di Arenberg, ma sulla via della parità anche questo potrebbe essere un muro da abbattere.

I vincitori uscenti delle due Roubaix sono da un lato Mathieu Van der Poel e dall’altro Lotte Kopecky, entrambi iridati al momento del trionfo francese, come già accaduto nel recente Fiandre. Con Pogacar lanciato alla conquista del celebre blocco di pavé e la belga in grande spolvero, l’opzione è nuovamente sul tappeto.

Scalco vuole una stagione da protagonista tra gli U23

11.04.2025
4 min
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Matteo Scalco è uno dei ragazzi della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè che è entrato nella squadra di Bruno e Roberto Reverberi dalla porta del progetto giovani e ora si trova a bussare al piano superiore. Al suo terzo anno nella professional italiana il giovane di Thiene ha progetti ambiziosi, consapevole che il tempo di imparare c’è, ma è anche ora di mettere in pratica quanto visto. 

Scalco ha iniziato la stagione correndo tanto con i professionisti e alzando l’asticella della gare a cui ha preso parte
Scalco ha iniziato la stagione correndo tanto con i professionisti e alzando l’asticella della gare a cui ha preso parte

Altalena

Lo stesso discorso fatto per Turconi vale per Scalco e gli altri ragazzi che da un po’ militano nel progetto under 23. La stagione scorsa è servita per capire cosa serve per essere competitivi, ora è il momento di esserlo.

«Essere qui – racconta Matteo Scalco – è come essere in un devo team. Solo che noi l’abbiamo interna e siamo parte di un’unica formazione. L’obiettivo è quello di provare a crescere, fare esperienza al di là (tra i professionisti, ndr) dove c’è il vero ciclismo. Dopo quando torniamo tra gli under 23 lo facciamo per provare a cogliere il risultato, e fare la gara».

Gli impegni tra gli U23 rimangono centrali nella sua crescita
Gli impegni tra gli U23 rimangono centrali nella sua crescita
Com’è stato l’approccio con il ciclismo dei grandi all’inizio di questa stagione? 

Ho iniziato subito con la Valenciana e il Gran Camino, dopo sono andato alla Tirreno-Adriatico. Tutte gare di un livello alto, forse l’unica era il Gran Camiño, che era un po’ più semplice. Però alla fine sei sempre accanto a corridori dalle ottime qualità. 

Hai alzato la qualità delle gare rispetto allo scorso anno, come ti sei trovato?

Bene, devo dire. Già l’anno scorso ho fatto metà stagione con gli under e metà con i professionisti. Fa tutto parte di un “piano di avvicinamento” per arrivare a fare quei ritmi.  

Durante l’inverno hai lavorato in maniera diversa?

Ogni anno ho aggiunto un piccolo tassello. Rispetto alle stagioni passate durante la preparazione ho messo un po’ più di obiettivi specifici. Si cerca di fare sempre quel passo in avanti per poi subire meno la gara. La grande novità dell’inverno è che ho cambiato preparatore passando da Artuso a Cucinotta. Per motivi contrattuali non ha più potuto seguirmi ed è stato proprio lui a indirizzarmi verso Cucinotta. 

Da sinistra: Pinarello e Scalco, il progetto giovani inizia a dare i suoi frutti
Da sinistra: Pinarello e Scalco, il progetto giovani inizia a dare i suoi frutti
Come ti trovi?

Bene, abbiamo fatto dei piccoli passi per provare a salire quello scalino necessario alla crescita generale. Gli allenamenti sono gli stessi fondamentalmente. Però al posto che due salite fai un allenamento con tre, oppure allunghi i tempi delle ripetute. Tutti step brevi che messi insieme diventano grandi.  

E stai riuscendo a mettere insieme questi passettini? 

Ci proviamo. Le sensazioni sono positive, legate anche al fatto che non ho smesso di crescere e svilupparmi, quindi ogni anno c’è anche un incremento fisiologico. 

Con il Piva è iniziata la stagione U23, quali sono gli obiettivi?

Provare a vincere, tutti noi della Vf Group-Bardiani abbiamo questa ambizione. Non dimentichiamoci che anche andare alle gare per cercare di fare risultato è un fattore di crescita

Gli impegni con la nazionale di Amadori rimarranno centrali per Scalco (foto Tomasz Smietana)
Gli impegni con la nazionale di Amadori rimarranno centrali per Scalco (foto Tomasz Smietana)
Cosa senti di poter fare in più rispetto al 2024?

Il livello medio è molto alto, se si guarda ai primi dieci della classifica generale lo si capisce subito. Tutti, o quasi, sono diventati professionisti o comunque stanno facendo vedere grandi cose. Gli step si fanno anche in queste competizioni. Ad esempio l’anno scorso all’Avenir avevo l’obiettivo di stare nei dieci, nel 2025 l’asticella si alza inevitabilmente. 

Poi c’è un conto in sospeso con il Giro Next Gen…

Lo scorso anno mi sono dovuto ritirare per una faringite e non sono mai riuscito a dimostrare le mie qualità. Ora la voglia è di riprendermi quel che mi è mancato

La nuova Ferrand Prevot, pronta per l’Inferno del Nord

11.04.2025
6 min
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Il secondo posto di domenica al Giro delle Fiandre rappresenta per Pauline Ferrand Prevot la risposta che cercava. Non è arrivata la vittoria, ma essere stata lì, a lottare per una Monumento fino all’ultimo centimetro, dimostra che la sua scelta di mollare la mountain bike dopo il trionfo olimpico è stata quella giusta. Molti, al momento del suo annuncio, erano scettici: dopo  5 anni di pressoché totale lontananza dalla strada, sarebbe mai riuscita a tornare quella che era, quella che nel 2014 vinse la Freccia Vallone e poi conquistò addirittura il titolo mondiale? Ora la risposta c’è ed è positiva.

Come la stanno gestendo in casa Visma-Lease a Bike? Se la scommessa è stata vinta è grazie a loro, che hanno creduto nella transalpina anche se a 33 anni poteva sembrare un azzardo. Rutger Tijssen, direttore sportivo del team olandese, però non ha mai avuto dubbi e in vista della Parigi-Roubaix è pronto a rilanciare perché ormai manca un solo scalino, in fin dei conti.

La Ferrand Prevot nella decisiva fuga a 4 del Fiandre, chiuso al secondo posto
La Ferrand Prevot nella decisiva fuga a 4 del Fiandre, chiuso al secondo posto
Come avete trovato Pauline all’inizio della preparazione, quali differenze c’erano rispetto alle altre?

Difficile dirlo. Ho incontrato Pauline a ottobre e l’ho trovata davvero motivata per tornare ad avere successo nel ciclismo su strada. Si è rimessa in discussione, ha scelto di ricominciare lasciando una comfort zone per rimettersi in discussione. E da quel momento in poi, ha fatto tutto il necessario per diventare una brava ciclista.

Lei veniva da 5 anni dedicati solo alla mountain bike. Questo a tuo giudizio ha rappresentato un problema?

No, non è assolutamente un problema, ma è più una sfida che stiamo vivendo con lei giorno dopo giorno. Portarla da gare di un’ora e mezza, diciamo 2 ore, a gare come il Fiandre, di circa cinque ore è stato il nocciolo del discorso, la transizione che abbiamo dovuto fare partendo dall’allenamento. Lei si è adattata, ha accettato di ricominciare e di faticare, per raggiungere questo risultato.

Già alla Strade Bianche si era visto come l’olimpionica avesse raggiunto il livello delle migliori
Già alla Strade Bianche si era visto come l’olimpionica avesse raggiunto il livello delle migliori
Quando hai capito che la vecchia Pauline, la Pauline che ha vinto campionati del mondo e classiche, stava tornando?

A quel tempo non la conoscevo. Io mi posso basare su quel che vedo ora. L’elemento principale è che i suoi dati di allenamento, in uno o due mesi, erano già allo stesso livello delle ragazze che gareggiavano ai massimi livelli da anni. Quindi ha davvero fatto un passo avanti, può sembrare un passo abbastanza facile, ma non è così: è costato tanta fatica e applicazione mentale.

L’età può essere un problema o fisicamente e mentalmente la vedi più fresca, proprio per la lontananza da quest’ambiente?

Sì, credo che si possa dire così. Fisicamente, il corpo umano è molto forte. Soprattutto l’aspetto mentale è quello che si vede quando si hanno atlete più mature come lei, che ora ha 33 anni. Si vede che sono mentalmente più preparate a lavorare, si mettono davvero in discussione. Sei pronta a fare tutto il necessario per vincere? Per Pauline, ovviamente, la risposta a questa domanda è sì. Ha fatto e sta facendo tutto.

Per la Ferrand Prevot ben 12 titoli mondiali fra strada (qui a Ponferrada 2014), mtb, ciclocross e gravel
Per la Ferrand Prevot ben 12 titoli mondiali fra strada (qui a Ponferrada 2014), mtb, ciclocross e gravel
Lavorandoci insieme, quali sono le sue caratteristiche principali?

Quello che mi piace davvero di lei è che mi sfida sempre. Mi porta ogni volta a portare il limite un po’ più in là. Lei vuole migliorare, e con questo mi sfida. Mi fa domande. Discute con me quando si tratta di gare. Quando si tratta di allenamento. Quando si tratta di confrontarsi con cicliste straniere. Come allenatore, è bello lavorare con lei.

Lei ha detto lo scorso anno di sognare la maglia gialla al Tour de France: secondo te può raggiungerla già quest’anno?

Oh sì, penso che possa. Non sto dicendo che lo farà, ma penso che ci siano le condizioni per provarci. Se vedi come sta gareggiando ora, nelle ultime gare è arrivata terza alla Strade Bianche e quarta alla Sanremo. La giuria ha detto che è stata una volata irregolare a Sanremo: accettiamo la decisione, ma ci sarebbe molto da discutere. Poi è arrivato un secondo posto al Fiandre. Se riesci a tenere questo livello, oserei dire che puoi competere con le migliori anche nell’arco di un grande giro. Certo, dobbiamo confrontarci con gli avversari, fare i conti con la fortuna, ma ci siamo, questo è sicuro.

Nella gara olimpica di Parigi la Ferrand Prevot ha completato il suo palmarès sulla mtb, dove ha vinto tutto
Nella gara olimpica di Parigi la Ferrand Prevot ha completato il suo palmarès sulla mtb, dove ha vinto tutto
Viste le sue caratteristiche, meglio per lei la Roubaix di domani o le Ardenne?

A dire il vero, penso entrambe. Penso che possa emergere ovunque. Lei sa “sentire” il pavé e leggerlo, allora può essere molto brava. Tecnicamente è brava in bici, mentalmente è forte ed è quello che serve per vincere, ma d’altra parte è anche molto brava in salita, quindi direi che è molto completa e può emergere ovunque. Il punto è che vogliamo vedere dove è più adatta, ma per ora penso che sia così completa da poter fare entrambe le cose.

La francese ha detto di volersi concentrare solo sulla strada. Da quel che sai, la mountain bike è parte del passato o potrebbe tornare a correre entrambe, magari per le prossime Olimpiadi?

Non credo. Penso che la mountain bike sia qualcosa del passato. E il motivo per cui lo dico è che nella mountain bike lei ha conquistato tutti gli obiettivi, mentre ne ha raggiunti alcuni anche nelle gare di ciclismo su strada. E’ diventata campionessa del mondo. Ha vinto le classiche. L’unica cosa che le manca nel palmarès è il Tour de France. E’ per questo che sta lavorando: ci siamo dati tre anni per raggiungere l’obiettivo. Fino a quel momento non gareggerà più in mountain bike.

Rutger Tijssen, direttore sportive del team femminile della Visma-Lease a Bike
Rutger Tijssen, direttore sportive del team femminile della Visma-Lease a Bike
La sua esperienza che peso può avere nel vostro team e che legame c’è con le giovani più in vista come Wolf e Bunel?

Quello che porta con sé è la sua grande esperienza, ovviamente. Quello che si nota è che, come una biker, è davvero ben preparata quando si tratta di affrontare una gara. Quindi vuole fare una ricognizione. Vuole conoscere il programma di gara in tempo. E’ metodica. Discute e stabilisce una strategia di gara. E questo è qualcosa che si può davvero trasmettere ai giovani ciclisti, nella loro mente: se vogliono diventare dei buoni atleti, devono essere ben preparati per tutto ciò che li aspetta. E più lo si fa prima delle gare, meglio è. Ti racconto un aneddoto…

Dì pure…

Per 2 giorni ha percorso il tracciato della Roubaix su Strava. Due o tre settimane prima della corsa. Per accumulare sensazioni, esperienza, farsi un’idea. Ed è questa la differenza tra la mountain bike e le gare su strada: nella mountain bike vai a un evento. Vedi il percorso, lo riempi, analizzi i salti, analizzi tutti i rock garden e poi vai in gara. Su strada sta portando la stessa filosofia, anche attraverso i mezzi virtuali a disposizione. Nella nostra squadra è un esempio molto prezioso.