Teide, Sierra Nevada, corse. Gli incastri della Polti e Marangoni

24.04.2025
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Quanto lavoro prima del Giro d’Italia e quanti incastri devono fare i preparatori, tra gare, ritiri, formazioni, recupero e la gestione di un gruppo sempre più disparato per nazionalità. Un esempio? La Polti-VisitMalta ad un certo punto si è ritrovata con alcuni atleti in ritiro a Sierra Nevada, altri sul Teide. E ovviamente altri ancora in gara e qualcuno a casa.

Di questo approccio “multitasking” al Giro d’Italia e di questi ritiri, in particolare, abbiamo parlato con coach Samuel Marangoni, uno dei preparatori ufficiali della squadra di Basso e Contador (in apertura foto @ajondiaz).

Samuel Marangoni allena i ragazzi della Polti-VisitMalta (foto Instagram)
Marangoni allena i ragazzi della Polti-VisitMalta (foto Instagram)
Samuel, prima di entrare nello specifico della preparazione e dei ritiri, una domanda più generale. L’arrivo tardivo della wild card vi ha complicato un po’ i piani?

Più che altro c’era attesa e paura, ma il lavoro è stato impostato come se si andasse al Giro. E se non avessimo fatto il Giro, avremmo cambiato le cose in corsa. La preparazione per un Grande Giro parte da lontano, quindi per forza di cose avremmo dovuto fare così.

Abbiamo visto che avete suddiviso il lavoro in due gruppi: chi a Sierra Nevada e chi al Teide. Come mai?

In realtà due ragazzi spagnoli, Fernando Tercero e Diego Sevilla, a Sierra Nevada erano più autogestiti. Inoltre il loro era un ritiro mirato principalmente per le gare di aprile. Con questo non dico che non possano fare anche il Giro, ma avevano staccato prima e avevano un avvicinamento diverso. Tanto è vero che hanno anche lasciato prima il training camp in quota: Tercero ha corso in Abruzzo e da domenica sarà al via per il Tour of Turkiye.

E i ragazzi sul Teide?

Erano tre ed erano Mattia Bais, Davide Piganzoli e Mirco Maestri. Loro invece hanno fatto un ritiro vero e proprio in preparazione al Giro d’Italia. Per prendere una decisione finale sulla formazione si aspettano queste ultime gare, ma è chiaro che “Piga” e Maestri sono due punti fermi… posto che anche loro devono dimostrare di pedalare forte!

Sevilla e Tercero erano ai 2.500 metri di quota di Sierra Nevada (con loro un trail runner spagnolo)
Sevilla e Tercero erano ai 2.500 metri di quota di Sierra Nevada (con loro un trail runner spagnolo)
Una domanda che poniamo spesso ai team nella vostra situazione: non è che per guadagnarsi il posto vanno forte prima e poi al momento del Giro sono un po’ in calo? Come la vedi?

E’ importante la corretta alternanza tra corsa e recupero. Si fanno dei bei blocchi di lavoro a casa, ma il recupero in tutto questo diventa ancora più importante, e sta a noi preparatori farli arrivare al Giro con la freschezza giusta. Ovvio che l’ideale sarebbe avere una squadra definita mesi prima, ma non siamo la UAE Emirates o la Red Bull-Bora… Noi abbiamo 20 corridori, non possiamo gestire così tanto le presenze alle corse o fermare un intero gruppo per preparare un appuntamento. Senza contare che ci servono punti. Insomma, non puoi lasciare fuori l’intera squadra dalle gare di aprile.

Quindi si è trattato di una questione logistica e non di gruppi distinti…

Sì, esatto. Come dicevo, Sevilla e Tercero sono andati in autonomia lassù. E poi bisogna considerare che gli spagnoli hanno agevolazioni particolari nell’andare a Sierra Nevada e infatti non erano i soli. Non è stata una divisione tra uomini veloci e scalatori, né una scelta tecnica. Nel loro caso si è trattato di una scelta personale, ovviamente condivisa con il team, tanto è vero che erano seguiti dal capo dei preparatori, Barredo.

Piganzoli dal Teide al Tour of the Alps: giusto ieri è arrivato per lui un incoraggiante quarto posto
Piganzoli dal Teide al Tour of the Alps: giusto ieri è arrivato per lui un incoraggiante quarto posto
Chiarissimo. Quando sono andati e quanto sono durati questi ritiri?

Sono tutti rientrati da poco, soprattutto gli italiani che ora stanno correndo il Tour of the Alps. Sono stati sul Teide per 20 giorni. “Piga” è partito 4-5 giorni prima, mentre Maestri è stato l’ultimo a rientrare, ma è anche vero che non è in Trentino, ma andrà in Turchia. Lì avevano tre coach differenti: io avevo Maestri, De Maria seguiva Piganzoli e Barredo seguiva Bais.

La Polti-VisitMalta ha corso “poco” sin qui, o comunque un filo meno di altri team: come mai?

Dovevamo fare qualche corsa in più a febbraio, ma poi alcune sono saltate per vari motivi. Antalya non è stata fatta e la trasferta in Rwanda proponeva problematiche igienico-sanitarie affatto comode (molte vaccinazioni, ndr), specie in questa fase della stagione. Tuttavia ci tengo a dire che il gruppo del Teide, in particolare, ha svolto il programma previsto. I ragazzi hanno corso alla Valenciana, al Gran Camino, hanno fatto la Tirreno… e sono poi andati sul Teide ad aprile. Avevano un calendario ricco. In generale abbiamo cercato di andare a tutte le corse e “coprire” chi era a casa perché potesse recuperare o lavorare.

Samuel, come arrivate dunque alla corsa rosa?

Direi che abbiamo fatto un buon avvicinamento. E’ stato fatto un bel lavoro anche da chi non ha preso parte al ritiro e sta correndo di più. Stiamo cercando di gestire al meglio recuperi e gare, come dicevo prima. A livello di risultati c’è la lotta per i punti. Una lotta fondamentale per il prossimo anno, per restare nelle prime 30 (che hanno possibilità di accesso ai grandi Giri, ndr). Abbiamo ottenuto diversi podi e piazzamenti, ci manca la vittoria. E questa ci farebbe comodo: spezzerebbe quell’inseguire il risultato a tutti i costi. Però ho visto dei ragazzi presenti e ci siamo fatti vedere in tutte le corse disputate.

Piganzoli, Maestri e Mattia Bais in ritiro sul vulcano nel bel mezzo dell’Atlantico fino a pochi giorni fa (foto Instagram)
Piganzoli, Maestri e Mattia Bais in ritiro sul vulcano nel bel mezzo dell’Atlantico fino a pochi giorni fa (foto Instagram)
Anche se è seguito da De Maria, cosa puoi dirci di Piganzoli?

Io credo che Davide stia bene. In questi giorni è impegnato al Tour of the Alps, vediamo come va. Venendo dal ritiro non ci aspettiamo che sia già al top. Ma quel che conta è che sin qui non ha avuto intoppi, ha lavorato bene, ha messo nel sacco dei volumi importanti e per questo siamo fiduciosi che possa fare bene. Magari anche al Tour of the Alps, e ancora di più al Giro.

Piga è il vostro uomo di classifica. Sul Teide ha lavorato anche con la bici da crono?

Lui sì, ci ha fatto un bel po’. Mentre Maestri lo farà più in là, in vista del campionato italiano. E’ qualcosa che vogliamo curare un po’ meglio, visti gli ottimi risultati dell’anno scorso.

Che Polti-VisitMalta possiamo aspettarci al Giro? Sarà più o meno come quella del 2024 o tutti per Piganzoli?

Di certo ci sarà qualche attenzione in più per Davide, ma non possiamo certo comandare la corsa. Quindi sarà una squadra mista, con il velocista, gli uomini da fuga, quello per la classifica. L’idea è di essere la squadra che è sempre stata al Giro.

Pieterse, la biker che ha conquistato la Freccia Vallone

23.04.2025
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HUY (Belgio) – Spunta persino un raggio di sole quando sta per arrivare la Freccia Vallone femminile. A bordo strada la folla è calorosa come per gli uomini poco prima. Tutti già si fregano le mani per Lotte Kopecky, eroina belga. Invece, quando inizia il Muro d’Huy, l’iridata perde posizioni. Sta per vincere Demi Vollering, la rivale olandese, e invece chi ti spunta? Puck Pieterse, che è sempre olandese… ma non è Vollering, la rivale delle rivali per i belgi.

In tutto questo non va dimenticata la nostra numero uno indiscussa, Elisa Longo Borghini. Terza, di nuovo sul podio alla Freccia. Se abbiamo ben capito, quando ha tagliato il traguardo, mentre ancora il fiatone si impossessava dei suoi polmoni, per radio ha sussurrato alle ragazze: “Sorry”. Ed è arrivata terza. Come diceva Totò: “Signori si nasce”.

Al colpo di reni, Longo Borghini precede Niewiadoma
Al colpo di reni, Longo Borghini precede Niewiadoma

Una biker sul Muro

Ma veniamo alla protagonista di giornata. L’atleta della Fenix-Deceuninck non solo ha vinto, ma ha rilanciato con forza un tema che per l’assalto ai Muri circolava persino fra gli uomini, secondo cui biker e ciclocrossisti fossero favoriti da questo segmento così ripido.

Pensate che Remco Evenepoel aveva detto alla vigilia: «Non dobbiamo portare Thibau Nys in carrozza sotto al Muro». E in tantissimi davano per favorito, o comunque rivale numero uno di Pogacar, Tom Pidcock.

«Se sono stupita della vittoria di Pieterse? – spiega Elisa Longo Borghini – Fino a un certo punto. Sì, era più un’outsider, ma questi sforzi di tre minuti, perché tanto dura il Muro, sono molto adatti a chi fa cross o mtb».

E Puck Pieterse non si tira indietro. «In effetti le mie abilità di biker mi hanno aiutato sul Muro. Mi hanno aiutato su certe pendenze e anche a rilanciare la bici. A noi capita spesso di avere a che fare con sforzi violenti e salite così ripide. E’ stato uno sforzo in cui mi sono trovata bene, ma è anche vero che oggi mi sentivo particolarmente in forma. Stamattina mi è stato chiesto quale salita in mountain bike potessi paragonare al Mur de Huy. Ho pensato a una salita molto dura della Coppa del Mondo di Leogang. Mi sono detta: “Faccio finta di essere lì”».

Rivalità “orange”

Pieterse è una ciclista alla Pidcock, se vogliamo: una biker che poi è arrivata alla strada. E che va fortissimo anche nel ciclocross. Ma soprattutto è iridata in carica nella mtb.

«Oggi sono davvero felice. E’ il mio secondo successo su strada (aveva vinto una tappa al Tour de France Femmes, ndr) – ha detto Pieterse – come ripeto stavo bene. Sono partita con grande tranquillità. E lo sono stata per tutta la corsa. La tattica? Era semplice. Aspettare il passaggio finale sul Muro. Devo dire che sono state brave le mie compagne a mantenermi sempre coperta.

«Ho anche rivisto le ultime dieci edizioni. E in più ho ricevuto consigli da Annemiek Van Vleuten. In realtà quando le ho chiesto qualcosa mi ha riempito di dati e analisi. In pratica mi ha mandato un libro!». Lei forse ci credeva eccome.

Qualche giornalista olandese la incalza con il duello interno con Demi Vollering, ma Puck non fa una piega. «Con Demi non c’è una rivalità specifica. Ho pensato a prenderle la ruota, aspettavo che accelerasse di più ma non lo ha fatto. A quel punto, quando l’ho affiancata, ho pensato a dare tutto. E’ davvero incredibile questa vittoria».

Sara Casasola (seconda da sinistra) sotto al podio con le compagne. Tra queste si riconosce Ceylin Alvarado (terza da sinistra)
Sara Casasola (seconda da sinistra) sotto al podio con le compagne. Tra queste si riconosce Ceylin Alvarado (terza da sinistra)

Lo zampino di Casasola

Ma in tutto ciò c’è anche un bel pezzetto d’Italia, e questo pezzetto si chiama Sara Casasola. L’italiana è compagna di Pieterse e ha disputato un’ottima Freccia. Tra l’altro, pur lavorando per la capitana, è arrivata 19ª: non male per chi era all’esordio in queste gare.

«Direi che è andata molto bene – racconta Sara mentre si gusta il podio con le sue compagne – Puck ha vinto, quindi meglio di così! Che ce l’aspettassimo magari no, ma eravamo fiduciose, perché già all’Amstel era salita sul podio e aveva dimostrato una buona condizione. E poi come squadra abbiamo corso bene. Siamo sempre state davanti e compatte. Io dovevo cercare di coprire un po’ le fughe, ma non c’è stato poi questo gran movimento. Per il resto, dovevo assistere un po’ nel posizionamento Puck e infatti l’ho portata davanti all’imbocco del Muro d’Huy.
«Ogni tanto le parlavo e ogni volta mi rispondeva: “Bene, bene”. Ma Puck, quando è così davanti, vuol dire che ha davvero la gamba».

Anche con Sara si parla del discorso delle fuoristradiste su questo percorso, visto che anche lei è una specialista del ciclocross.

«Diciamo che siamo una squadra quasi completamente di crossiste. La multidisciplina paga, a quanto pare. Sicuramente sono nella squadra giusta per fare questo. In generale mi trovo bene in Belgio. Il discorso degli sforzi esplosivi è giusto».

Sara sta davvero assumendo una mentalità belga. Alle prime gare classiche si trova a suo agio, non teme il maltempo, passa dalla bici da cross a quella da strada con grande naturalezza.

«Sono le prime volte che faccio delle classiche vere e proprie qua in Belgio. La squadra mi sta dando molta fiducia, mi ha messo in calendario molte gare importanti. Sto imparando molto, correndo sia il cross che la strada ad alto livello. Certo, bisogna trovare un equilibrio. A fine Ardenne riposerò un po’. Faccio ancora un po’ fatica con le posizioni alle alte velocità, ma so che stiamo facendo il lavoro giusto».

Tadej si volta ma è solo: 10 pedalate per riprendersi il Muro d’Huy

23.04.2025
5 min
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HUY (Belgio) – Gli è bastato guardarli in faccia e una mezza accelerata di Ben Healy (il solito, con le sue tattiche rivedibili) perché Tadej Pogacar si scatenasse. Apparentemente senza troppo sforzo, seduto sui pedali. Dieci, forse venti, pedalate ha aperto un vero baratro. Metri, non centimetri. E così si è preso la Freccia Vallone per la seconda volta.

Il meteo ha reso questa semi-monumento, già dura di suo, ancora più tosta. Incredibili le facce degli atleti all’arrivo: sembravano pugili presi a cazzotti. Occhi gonfi, borse tra guance e orbite, labbra alterate, gonfie e violacee. Pensate che persino la faccia di Pogacar non era bella come al solito, anche se era la meno stravolta di tutte. In realtà anche Tom Pidcock non sembrava stare male.

Il momento decisivo: Healy scatta, Pogacar non aspettava altro e apre il gas…
Il momento decisivo: Healy scatta, Pogacar non aspettava altro e apre il gas…

L’attacco d’Huy

Il meteo ha forse bloccato un po’ anche la decisione della UAE Emirates e dello sloveno di attaccare da lontano, come ci aveva abituato.

«Oggi – racconta Pogacar – è stata una corsa con condizioni davvero toste. Siamo arrivati in tanti sotto al Muro, oggi era importante andare forte nel finale. Tra l’altro anche la squadra di Remco ha tirato molto. Abbiamo deciso di rendere dura la corsa così e lo dimostra il fatto che di solito sotto al Muro d’Huy arrivano 60 corridori: stavolta eravamo molti meno». Come a dire: minima spesa, massima resa.

«Brandon McNulty e Jan Christen, talento eccezionale, hanno tirato fino a 600 metri dall’arrivo: due grandi lead out per la cote finale. Poi, quando sulla mia sinistra ho visto muoversi Healy, ho accelerato. Non mi sono alzato sui pedali perché in questo modo la ruota posteriore aveva più trazione. Ho deciso di spingere forte da seduto. E quando mi sono voltato, ho visto subito che nessuno teneva la mia ruota. Ma quando ho visto il cartello dei 200 metri ho pensato che sarebbero stati i 200 più lunghi della stagione. Ma sono contento. Questo era il nostro obiettivo e la squadra ha lavorato tanto».

Formolo e la mantellina

Il primo italiano, come all’Amstel, è stato Davide Formolo, sedicesimo. La sua faccia era tra le più provate, eppure ascoltare il suo racconto della Freccia è stato sensazionale.

«Mamma mia – racconta l’atleta della Movistar, ancora col fiatone – anche oggi durissima. Ho le occhiaie, vero? Con questa pioggia e questo freddo… Ci si aspettava sinceramente che attaccassero da lontano, invece è andata così, magari ci si sarebbe accodati. Comunque la Freccia resta una gara bellissima, durissima. Il fatto che abbia piovuto ha un po’ scombussolato le carte. Quando le giornate sono così fredde, le corse vengono dure a prescindere, perché devi limare, serve più attenzione, c’è più stress e soprattutto le discese sono veramente pericolose. Abbiamo visto più di una caduta. Sono energie psicologiche che non si vedono sui computerini, ma che presentano il conto».

Davide, oltre a essere ex compagno di squadra di Pogacar, è anche suo amico. E in più di qualche momento hanno pedalato vicini.

«Un po’ ci siamo parlati – riprende Formolo, al quale scappa anche un sorriso – a un certo punto l’ho visto in maniche corte e pantaloncini e mi fa: “Adesso Davide andiamo full gas”. Allora ho provato ad aprirmi anch’io la mantellina. Dopo 10 secondi mi sono venute le stalattiti sullo stomaco e mi sono detto: “Meglio richiuderla!”. Si vedeva che Tadej stava benissimo, che era in controllo».

Per Roccia si avvicina la Liegi, corsa alla quale è legatissimo e dove è già salito sul podio. Spera di fare bene, ma…

«Ma qui con questi giovani e questi fenomeni è dura. Da ragazzini battono i tempi di Pantani! A 21 anni mi dicevano che a 30 avrei trovato il picco. Ora che ci sono, questi ragazzi volano, nonostante io migliori ancora un po’ anno dopo anno. Diciamo che la Liegi è diversa: più lunga, più selettiva ma meno esplosiva. Cercherò di stare con lui fino alla fine, pensando anche ad Enric (Mas, ndr) che sta bene».

Dopo il successo del 2023 Pogacar si riprende il Muro d’Huy. Inflitti 10″ a Vauquelin e 12″ a Pidcock
Dopo il successo del 2023 Pogacar si riprende il Muro d’Huy. Inflitti 10″ a Vauquelin e 12″ a Pidcock

Tra recupero e Liegi

E’ vero, Pogacar ha dominato. E come ha detto Formolo, era in controllo. Sul Muro ha fatto impressione, specie per il distacco inflitto. Ma qualcuno tra giornalisti, tecnici… qui in Belgio, si chiedeva dello sforzo della Roubaix e del fatto che oggi non fosse partito da lontano. Se però avesse vinto l’Amstel – che ha perso per pochissimo – probabilmente certi dubbi non ci sarebbero stati. E’ la condanna dei numeri uno: non solo non possono permettersi di fare secondi, ma sono “condannati” a vincere anche in un certo modo.

Per carità, ci rendiamo conto che stiamo cercando il pelo nell’uovo, ma anche lui è umano. Di sforzi, sin qui, ne ha fatti molti. E più volte ha parlato di recupero in conferenza stampa. Ma questo, a nostro avviso, denota solo intelligenza. Oggi spesso Pogacar pedalava a bocca chiusa e quello che ha raccontato Formolo non è cosa da poco.

Ancora Tadej: «Domani è un giorno di recupero, poi ci sarà una piccola ricognizione (pensando alla Liegi, ovviamente, ndr). Alla fine ho fatto molte corse, ne ho saltate poche. Gareggio dall’UAE Tour e tutte le ho fatte al massimo. Ogni domenica è stato fatto un grande sforzo, non solo alla Roubaix. Tra una gara e l’altra abbiamo recuperato bene. Io vorrei fare ogni corsa o provarla, anche quelle in mezzo alla settimana. Ma questo è il calendario che avevamo deciso.

«Credo che tre giorni di recupero prima della Liegi siano sufficienti e che il meteo di oggi non avrà ripercussioni sulla gara di domenica».

Tour of the Alps: la firma di Frigo, sempre più forte e convinto

23.04.2025
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SAN CANDIDO – La calma e la tranquillità del carattere di Marco Frigo rischiano di farci prendere sotto gamba quella che oggi è stata a tutti gli effetti un’impresa. Un’azione alla quale ci hanno abituato nomi ben più importanti e grandi rispetto al giovane veneto, il quale oggi però ha dimostrato di valere tanto. Cinquanta chilometri da solo, salutando la compagnia in cima al Passo Furcia. Poi la vallata con il vento che soffiava in faccia, cattivo e gelido pronto a spingerlo indietro. Invece il passista veneto, appassionato di sci di fondo, lo ha infilato posizionandosi sulla sua bici in maniera aerodinamica e pedalando a fondo. All’arrivo di San Candido le guance sono rosse nel segno di uno sforzo intenso, il Tour of the Alps ha incoronato un giovane promettente che oggi ha avuto il coraggio dei grandi.

«Alla partenza – racconta dietro al palco delle premiazioni – immaginavo potesse essere la giornata giusta per una fuga. Mi sono detto di provarci e così mi sono buttato nel primo tentativo buono. Si è trattato di una vittoria arrivata dalle gambe ma anche con un po’ di fortuna, dietro il gruppo ha lasciato spazio».

Dopo l’arrivo i segni della fatica sul volto di Frigo e anche qualche accenno di crampi
Dopo l’arrivo i segni della fatica sul volto di Frigo e anche qualche accenno di crampi

Prova di forza e carattere

Nel tratto di fondovalle che portava a San Candido si notavano le bandiere che sventolavano nel senso opposto a quello della corsa, con la strada che sale e scende in maniera irregolare. Non è facile in queste situazioni trovare il ritmo giusto che permette di avere la giusta costanza per poi imboccare l’ultima salita con ancora le forze per resistere agli attacchi dei migliori. Nel gruppo dei migliori mancavano forse le forze per imporre un ritmo alto, sottovalutando magari le caratteristiche da cronoman di Frigo.

Sul Passo Furcia per il corridore della Israel Premier Tech le sensazioni erano buone e ha provato l’allungo
Sul Passo Furcia per il corridore della Israel Premier Tech le sensazioni erano buone e ha provato l’allungo
Cosa hai pensato negli ultimi chilometri?

Ero davvero stanco e provato, quei venticinque chilometri nella valle li ho sofferti tanto. Tuttavia quello sforzo mi ha permesso di arrivare all’ultima salita con quasi quattro minuti di vantaggio sul gruppo dei migliori. La dedica va a tutti coloro che mi hanno accompagnato fino ad adesso, è la prima vittoria da professionista e quindi un pensiero a chi c’è sempre stato è giusto. 

Azioni del genere sono sempre più nelle tue corde?

Sento che è il mio modo di provarci e di correre. Nelle scorse tappe ho sofferto le salite brevi e intense dato che arrivavo da un periodo in altura. Oggi mi sono sentito meglio sul passo, la scelta di impostare la gara sul ritmo e non sull’esplosività. 

«Una vittoria – ha detto Frigo – costruita con le doti da cronoman e gestita in salita»
«Una vittoria – ha detto Frigo – costruita con le doti da cronoman e gestita in salita»
Quando hai capito che la tappa era chiusa?

In cima alla salita finale, sapevo che anche scollinando con pochi secondi, sarei comunque riuscito ad arrivare al traguardo. Quando poi ho saputo dell’attacco del mio compagno di squadra Riccitello mi sono sentito sollevato. 

Hai già realizzato di aver raggiunto la prima vittoria da professionista?

Ci penserò. Fa parte del processo di crescita, sono un corridore che non vince molto e devo godermela. Ho un carattere abbastanza freddo, non sono uno che fa festeggiamenti particolari. Me la godrò e si va avanti. Sono andato vicino anche al successo in una tappa di un grande giro, nel 2023 al Giro d’Italia e l’anno scorso alla Vuelta. Anzi, proprio dal secondo posto a Yunquera ho imparato qualcosa

Marco Frigo, Davide Piganzoli, Tour of the Alps 2025
Marco Frigo, Davide Piganzoli, Tour of the Alps 2025
Cioè?

Ho perso quella tappa nello stesso identico modo con il quale oggi ho vinto. O’Connor aveva attaccato da lontano e non lo abbiamo più visto fino all’arrivo. 

Abbiamo visto le tue doti da cronoman, sei andato forte in salita, a quale punto sei arrivato nel processo di crescita?

C’è ancora da lavorare, riesco a esprimere il mio potenziale quando riesco a mettere insieme tutti i mattoncini e credo di esserci riuscito nell’ultimo periodo. La vittoria di oggi ne è una prova e mi dà confidenza nel mettere insieme queste prestazioni.

Frigo questo inverno si allenato spesso con gli sci da fondo
Frigo questo inverno si allenato spesso con gli sci da fondo
Cosa ti manca per tentare di vincere la classifica generale in gare di questo tipo?

E’ un processo sul quale stiamo lavorando insieme al team. Nelle gare principali non ho ancora quel ruolo di capitano, ma la squadra mi sta supportando parecchio per provare a dire la mia in qualche corsa minore e gestire le mie ambizioni personali. Capiterà, penso dopo il Giro, di provare a fare qualcosa in ottica classifica generale in appuntamenti di secondo piano. Cosa manca? Ci stiamo arrivando. Il lavoro è sempre lo stesso, ci si sveglia la mattina per puntare a migliorare sempre.  

Devi tornare qui per festeggiare la vittoria con una bella sciata. 

Vero, sono venuto qui lo scorso inverno ma non ho mai provato i percorsi, tornerò.

Suola rigida, tomaia morbida e fitting ampio: Trek Velocis la risposta

23.04.2025
5 min
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Le nuove Trek Velocis sono l’esempio perfetto di una gamma media che eredita alcune caratteristiche dalle alto di gamma. Sono calzature che puntano alla comodità e rispetto alla versione precedente aumentano (di molto) la resa tecnica, ma senza le estremizzazioni delle RSL.

Suola in carbonio OCLV e tomaia MetNet (senza Knit). Due rotori Boa L6 perfettamente in linea e una linguetta imbottita in modo funzionale che protegge dall’azione potente dei cavi (il collo del piede ed i tendini non sono mai sotto pressione). C’è una calzata comoda con una sezione mediana/frontale che offre un alloggio confortevole a piedi (anche) dalla pianta larga. La talloniera non stringe. Le abbiamo provate.

Nuova Trek “Velocis”, una scarpa con un design pulito e “classico”
Nuova Trek “Velocis”, una scarpa con un design pulito e “classico”

Pro Last, geometria della calzatura

Trek Pro Last è una vera e propria geometria della calzatura sviluppata per la categoria RSL (quella top di gamma) e mutuata per la Velocis (medio di gamma). Mira ad ottimizzare lo sfruttamento totale del volume interno, minimizzando gli spazi vuoti, sfruttando appieno il potere fasciante della tomaia. Nel concetto rientra anche una sorta di arcuatura della scarpa con la punta che tende (leggermente) verso l’interno. Quest’ultimo aspetto facilita anche il posizionamento della tacchetta.

Tornando al volume interno della nuova Trek Velocis, abbondante, lascia spazio ad eventuali plantari customizzati oppure solette con uno spessore maggiore, rispetto agli standard. Non è da dimenticare la talloniera esterna di rinforzo che è stata aggiunta rispetto alla versione più anziana, più bassa e meno “invasiva” rispetto alla Trek RSL.

Passanti dei cavi in tessuto

Ecco un dettaglio che ci piace e non è un dettaglio scontato per una calzatura inserita in una media gamma (comunque ambiziosa). I passanti in tessuto dove scorrono i cavi (sono stati eliminati i ponticelli in plastica) contribuiscono ad aumentare il comfort (anche sul lungo periodo), azzerano le pressioni e non influiscono in modo negativo sulla termoregolazione.

Un’ottima scelta, davvero apprezzabile, anche nell’ottica di minimizzare (quasi azzerare) le frizioni tra tessuto interno, calza e piede.

Suola OCLV, un gradino sotto la RSL in termini di rigidità
Suola OCLV, un gradino sotto la RSL in termini di rigidità

Suola tutta in carbonio, gestibile, non estrema

Dal punto di vista dell’impatto estetico la suola OCLV della nuova Trek Velocis è praticamente uguale alla RSL. Cambia il valore della rigidità: sulla Velocis è di 10 nella scala Trek. Non è troppo rigida ed è uguale dal retro verso la punta, collima alla perfezione con una talloniera ampia, non stringe.

La suola offre un super sostegno durante le fasi di spinta, di uscita di sella e anche durante i rilanci. Ancora una volta una suola OCLV di Trek conferma di essere un ottimo prodotto.

In conclusione

Il prezzo: 249,99 euro di listino non sono pochi. E’ giusto sottolineare che si tratta di una calzatura del tutto paragonabile (nei termini di una resa tecnica) a molte scarpe top di gamma. La nuova Trek Velocis è ben fatta, non è estrema ed è comoda, tutto sommato non è troppo calda, nonostante una colorazione nera (quella del test) che non aiuta la termoregolazione nel suo complesso.

E’ buona l’azione di contenimento della talloniera, davvero apprezzabile la neutralità della suola nella zona dell’arco plantare, considerando un utilizzo e sfruttabilità per diverse tipologie di utenza. Morbida e plasmabile la tomaia, in base alle esigenze/preferenze, sia di chiusura dei Boa che alla forma del piede.

Trek

Namur, parte la Freccia. Alla Lidl-Trek si scommette su Nys

23.04.2025
5 min
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«Da bambino, quando andavo lì con mio padre e la sua squadra di ciclocross – racconta Thibau Nys ai microfoni della Lidl-Trek – ancora prima di diventare uno junior e di pensare di intraprendere una carriera su strada, ho sempre pensato che ci fosse una sola gara in cui avrei avuto una possibilità di vincere ed era la Freccia Vallone. Non so se sia possibile, ma la penso ancora allo stesso modo. Questa è la gara che più si avvicina al tipo di corsa che faccio, al tipo di gare che mi piacciono. Quindi forse ci sono delle possibilità, anche se sarà sicuramente molto dura».

Subito dopo la vittoria al GP Indurain, Nys accolto e festeggiato dal massaggiatore (ed ex corridore) Alafaci
Subito dopo la vittoria al GP Indurain, Nys accolto e festeggiato dal massaggiatore (ed ex corridore) Alafaci

L’investitura di Skjelmose

Thibau Nys, belga e figlio d’arte, arriva alla Freccia dei suoi sogni dopo aver vinto il GP Indurain in Spagna, aver lavorato sodo al Giro dei Paesi Baschi e dopo il dodicesimo posto all’Amstel, vinta dal compagno Skjelmose. E proprio il danese, che ha messo nel sacco Pogacar ed Evenepoel, subito dopo il trionfo olandese, ha avuto per lui parole di grande fiducia.

«L’ho già detto e lo ripeto – ha profetizzato Skjelmose – c’è una persona al mondo che può battere Pogacar sul Mur de Huy ed è Thibau. Partiremo per fare la corsa in due, ma se lui avrà uno dei suoi giorni migliori, allora credo che sia quello di cui abbiamo bisogno».

Il cross e la strada

Dopo la stagione del cross che lo ha visto vincere gli europei a novembre, poi duellare con Van Aert e Van der Poel conquistando il podio ai mondiali e vincere in tutto cinque trofei internazionali, Nys ha staccato la spina per otto giorni, andando a sciare a Val Thorens. In ogni intervista ha ribadito che il cross aiuta la strada e viceversa, dandogli l’intensità e l’esplosività che lo stanno rendendo un corridore migliore. Tuttavia ha anche ammesso che le ore dedicate al fuoristrada sono una rinuncia in termini di allenamento su strada. Ma un domani potrebbero essere una risorsa cui attingere nel momento in cui decidesse di lasciare il cross un po’ in disparte.

«Voglio solo essere la versione migliore di me stesso – dice – e sono pienamente consapevole che alla Freccia potrei anche correre la migliore gara possibile ed essere comunque staccato. Va bene qualunque risultato da cui potrò imparare qualcosa per i prossimi anni. Sento di aver fatto tutto il possibile. Nei ritiri abbiamo avuto una preparazione impeccabile e penso di essere pronto per dimostrarlo. Sono davvero in ottima forma e ne sono molto felice».

Thibau Nys, classe 2002, è pro’ dal 2023. E’ alto 1,76 per 64 kg. Suo padre Sven è una leggenda del ciclocross
Thibau Nys, classe 2002, è pro’ dal 2023. E’ alto 1,76 per 64 kg. Suo padre Sven è una leggenda del ciclocross

L’ossigeno nelle gambe

Nys non ha mai partecipato alla campagna delle Ardenne, che sono il suo principale obiettivo di questa stagione. La Freccia Vallone di oggi (il via alle 11,30 da Namur) è il sogno principale, ma nella sua fantasia di giovane corridore spiccano anche i campionati nazionali di giugno.

«Eppure – dice e un po’ ti spiazza – sento di non aver ancora bisogno di vincere certe gare per essere soddisfatto, perché so che il 2025 sarà un grande passo avanti verso il livello a cui correrò l’anno prossimo. Penso però che bisogna allenarsi e impegnarsi per vincerle, provare a farlo. Alla Freccia Vallone, hai bisogno della giornata migliore per avere una possibilità in quegli ultimi 30 secondi, forse un minuto, e anche per le salite prima del Muro finale. Se infatti ci arrivi già al limite, sarà davvero difficile far arrivare di nuovo un po’ di ossigeno alle gambe per gli ultimi scatti. E io non ho esperienza in questo genere di cose».

Sul Muro di Huy alla cieca

Di lui i compagni dicono tutti la stessa cosa: si percepisce il suo essere leader dalla calma e la lucidità con cui dice le cose. Non parla da sbruffone, riesce ad andare al cuore delle questioni con poche parole ed è molto lucido nel valutare se stesso. Per cui è molto interessante sentirlo ragionare ancora sulla sfida che si accinge ad affrontare per la prima volta.

«Conosco la salita, conosco la mia forma – spiega – so cosa posso fare in uno sforzo di questo tipo, ma non sono paragonabile agli altri corridori che lassù hanno già fatto ottime corse e addirittura le hanno vinte. Sarà come procedere alla cieca, ma con una certa sicurezza. Non dirò mai che mi sento pronto per vincerla, ma neppure che mi tiro indietro. Quello che voglio per questa stagione è tagliare il traguardo per primo il più spesso possibile e anche il più velocemente possibile. Solo pensarci o pensare che sia possibile mi fa sentire bene».

Tour of the Alps: è il giorno di Storer che ora sogna in grande

22.04.2025
5 min
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VIPITENO – La seconda tappa del Tour of the Alps porta la firma di Michael Storer, l’australiano della Tudor Pro Cycling che da tempo ha abbracciato l’Italia, dove si allena e vive. Il rapporto con il nostro Paese è così forte che Storer ha imparato a masticare la lingua, seppur con la timidezza che chi gli sta vicino gli ha sempre riconosciuto. L’australiano ha lasciato casa a diciannove anni per diventare un corridore professionista, prima trasferendosi a Varese e poi a San Marino.

L’arrivo a Vipiteno coincide anche con il ritiro di Antonio Tiberi il portacolori della Bahrain Victorious lascia la corsa per un problema di salute. Meglio fare un passo indietro ora, riprendersi e mettere sotto la lente i prossimi obiettivi. La gara prosegue e la giornata si incendia presto, con un finale che doveva essere semplice e invece si è aperto alla frecciata di Storer. Tappa e maglia di leader, con un’azione in salita arrivata dopo il lungo lavoro da parte della Decathlon AG2R La Mondiale. I francesi lavorano, l’australiano concretizza. 

«Il pensiero era di attaccare sulla seconda parte della salita – racconta ai microfoni della sala stampa – però prima dovevo capire come stessi. Al primo dei due passaggi ho capito di stare bene, al secondo gli altri hanno attaccato, ma avevo ancora energia. Così ho deciso di provare ed è arrivata questa bellissima vittoria». 

Solidità 

Il Tour of the Alps 2025 per il momento raccoglie ambizioni e speranze degli atleti che hanno lavorato in ottica Giro d’Italia. E’ sempre stato così, il percorso che dal Garda porterà il gruppo in Austria si presta agli scalatori, anzi ci sorride proprio. I sogni Storer sono passati da qui anche lo scorso anno, quando al Giro colse un ottimo decimo posto finale con una solidità da non sottovalutare. 

«Ho un bel legame con questa gara – prosegue Storer – perché nel 2022 ero arrivato secondo nella classifica generale, mentre nel 2024 ho sfiorato la vittoria. Per quest’anno mi sono detto che avrei potuto fare qualcosa in più e direi che ho iniziato bene facendomi vedere. Ci sono tanti fattori grazie ai quali sono riuscito a fare un ulteriore step che mi ha portato a vincere già due gare in questa stagione. Devo ringraziare la squadra per il supporto e per la fiducia nei miei confronti. Sono felice di lavorare con loro e di avere un allenatore come Sebastian Deckert. Ancora più importante per me è il sostegno di mia moglie e della mia famiglia in Australia, la quale nonostante il fuso orario non si perde mai una corsa. 

Oggi è arrivata un’altra grande prova di Seixas che ha anticipato Bardet e Piganzoli nella volata del secondo posto
Oggi è arrivata un’altra grande prova di Seixas che ha anticipato Bardet e Piganzoli nella volata del secondo posto
La passata stagione è stata positiva ma il 2025 è iniziato con un altro passo, in cosa può essere migliore?

Il primo obiettivo, il mio sogno è il Giro d’Italia: in questa stagione voglio fare ancora meglio. 

Stai dimostrando di essere un ottimo scalatore, dove ti posizioni nel confronto con gli altri? 

Con la forma e la condizione sono sempre più vicino ai migliori, ci sono alcuni atleti fuori dalla mia portata al momento come Pogacar e Vingegaard. Però sto bene, sento di avere la giusta fiducia in me stesso e credo di poter seguire i più forti in salita e perché no batterli, come successo oggi oppure alla Parigi-Nizza. 

Su cosa hai lavorato durante la preparazione, ti sei concentrato su qualcosa in particolare?

E’ stato un ottimo inverno, che mi ha permesso di iniziare bene la stagione e per questo devo ringraziare di nuovo il mio allenatore. Ci conosciamo da diverso tempo, siamo stati insieme tre anni al Team DSM. Mi conosce perfettamente e questo credo sia il punto fondamentale della mia crescita. 

Hai messo nel mirino la classifica generale al Giro, ti senti pronto per tre settimane di gara?

Il primo tentativo di fare un risultato in una grande corsa a tappe risale al 2018 e con più convinzione al 2022, entrambe le volte ero alla Vuelta. Non è sempre andata bene, però posso dire che questi tentativi legati alla mia esperienza possono tornarmi utili. Tutto quello che ho fatto è arrivato con costanza e una crescita graduale, con il supporto della squadra sto riuscendo a fare ancora più mio questo ruolo. 

Tiberi ha alzato bandiera bianca, costretto al ritiro a causa di un fastidio intestinale
Tiberi ha alzato bandiera bianca, costretto al ritiro a causa di un fastidio intestinale
Hai parlato tanto della squadra, cosa ti ha dato la Tudor per migliorare e avere questa sicurezza nei nei tuoi mezzi?

E’ l’insieme di tutte le cose, dai compagni allo staff. Tutti sono delle ottime persone che mi danno fiducia e a volte serve solamente che qualcuno che creda in te. Diciamo che se quel qualcuno è il tuo allenatore allora tanto meglio perché il supporto diventa totale, anche mentale. Con la Tudor mi sembra più facile fare dei risultati, perché so di non essere mai solo. 

Per portare questa maglia fino alla fine cosa serve?

Attenzione. Tutti quelli che si trovano nella top 10 sono avversari pericolosi e temibili. Tutti i team vorranno attaccarci e prendere il simbolo del primato, questo renderà la corsa molto interessante. Sono pronto ad affrontarla, ed è sempre meglio farlo con quarantuno secondi di vantaggio. Per me sarebbe già un ottimo risultato lottare per vincere questa corsa.

La legge Pella e la burocrazia: parola all’organizzatore

22.04.2025
4 min
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«Il Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria – dice il suo organizzatore Marco Selleri – attraversava 30 Comuni e quando inizi a spedire tutte le istanze per il passaggio, devi aspettare che ciascuno di essi dia l’autorizzazione al transito. La legge Pella, infarinata da chi ha le beghe più grandi, vale a dire corse che attraversano un elevato numero di Comuni, serve a snellire questa fase preliminare. Ha qualche criticità, ma è una bella mano per chi organizza gare».

La legge Pella, dal nome del presidente della Lega Ciclismo che l’ha elaborata, ha di recente modificato l’articolo 9 del Codice della strada e nasce per snellire la burocrazia delle autorizzazioni per le gare su strada. Un intervento necessario e rapido, al punto da generare una riflessione su quanto sia agevole rimuovere certi ostacoli quando ci sono la volontà politica e gli agganci per farlo.

L’onorevole Pella è una presenza decisamente assidua alle corse: qui con Ciccone al Tour of the Alps
L’onorevole Pella è una presenza decisamente assidua alle corse: qui con Ciccone al Tour of the Alps

Gli interventi della legge

La legge Pella interviene su due aspetti. Viene assegnata alle Prefetture la facoltà di emettere l’ordinanza di sospensione temporanea del traffico per l’intero percorso della gara e non più soltanto per i tratti extra urbani. Non saranno pertanto più necessarie le singole ordinanze per l’attraversamento dei territori comunali: la competenza sarà del solo Comune se la gara si svolge unicamente nel suo territorio. Inoltre è abolito il nulla osta degli enti proprietari delle strade quale condizione per il rilascio delle autorizzazioni.

Come funziona oggi

Letta per come viene descritta nel comunicato sembra una grandissima invenzione, ma per verificarne l’utilità bisognerà aspettare di poterla applicare. Vale a dire non appena sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale: ad ora la legge è al vaglio della Polizia Stradale.

«Per come funziona ora – spiega Selleri – il Comune che riceve la richiesta di transito ha due settimane per esprimere il proprio diniego. In caso non lo faccia, in teoria varrebbe il silenzio/assenso, ma non è così. L’organizzatore infatti deve comunque chiamare e chiedere se abbiano ricevuto la comunicazione e se davvero siano d’accordo col passaggio. Meglio avere un nulla osta in mano che darlo per scontato».

Non solo gare U23, Extragiro di Selleri e Pavarini collabora con la Lega del ciclismo professionistico (foto M. Isola)
Non solo gare U23, Extragiro di Selleri e Pavarini collabora con la Lega del ciclismo professionistico (foto M. Isola)

Come funzionerà domani

La legge Pella sposta tutto in mano alle Prefetture e bisognerà capire se questo sarà sempre garanzia di velocizzazione. Spiega ancora Selleri che la Prefettura riceve le comunicazioni dei vari Comuni interpellati e se fra queste c’è un diniego, bisogna che venga comunicato tempestivamente all’organizzatore.

«Il buon senso – chiarisce – farebbe pensare che i Comuni mandino la risposta anche al soggetto che ha presentato l’istanza, ma potrebbe non accadere. Per questo, inviate le richieste 40 giorni prima della gara, sarebbe utile dopo 20 giorni fare una riunione tecnica in cui passare in rassegna ogni aspetto».

Quindi va bene la legge, ma la cosa migliore è sempre bussare a tutte le porte?

Quando organizzavamo noi il Giro U23, prima di rendere definitivo il percorso, adottavamo una procedura. Chiamavamo tutti gli uffici tecnici dei Comuni con cui avevamo già avuto problemi, chiedendo se a loro avviso ci fossero degli ostacoli per il passaggio della gara. In questo moto aggiravamo i tempi della burocrazia e loro impiegavano meno a dare il nulla osta. Sta al buon senso dell’organizzatore, legge o non legge, cercare di prevenire gli eventuali problemi. E per questo credo che si potrebbe fare un passo ulteriore…

Senza l’accordo ANAS-FCI si dovrebbe pagare il transito su ogni strada
Senza l’accordo ANAS-FCI si dovrebbe pagare il transito su ogni strada
Di cosa si tratta?

Negli uffici tecnici dei Comuni e fra i vigili urbani ogni due anni il personale cambia e non si può pensare che alla base di tutto ci sia il trapasso di nozioni. Allora proporrei all’ANCI (Associazione nazionale dei Comuni), alla Lega del ciclismo professionistico e alla Federazione ciclistica di realizzare un vademecum per i Comuni stessi. Dato che gli uffici sono diversi, ma il regolamento è uguale per tutti, sarebbe meglio avere una linea guida di tre pagine con scritto quello che si deve o non si deve fare se un organizzatore ti chiede di passare con la sua corsa.

Nella legge Pella si parla anche di accordo con i gestori delle strade.

Esiste una convenzione fra organizzatori, ANAS e FCI per cui, di solito a gennaio, ci arriva un modulo in cui trasmettere le corse che si fanno e in linea di massima i percorsi. Esiste un tetto massimo, ma rientra nell’accordo il fatto che inserendo nel backdrop delle interviste il claim di ANAS “Guida e basta”, si crea uno scambio di servizi. Ci si scambiano le fatture che alla fine si annullano. Una sorta di cambio merci, che ci evita di pagare circa 450 euro per ogni corsa. Come dicevo, esiste però un tetto massimo di corse, oltre il quale si paga.

Una bell’agevolazione?

Aspettiamo di vederla a regime, ma potrebbe permetterci di risparmiare parecchio tempo e dedicarci alla sola cosa che conta davvero, vale a dire la sicurezza dei corridori.

Carboni e la rinascita alla Unibet Tietema: «Un punto di partenza»

22.04.2025
5 min
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La stagione di Giovanni Carboni è entrata nel vivo, il marchigiano doveva prendere parte alla Amstel Gold Race. Quello che poteva segnare il ritorno nelle corse di massimo livello, quello di categoria WorldTour, è stato però rimandato. Ora l’azzurro della Unibet Tietema Rockets ha cambiato rotta e sarà protagonista al Tour of Turkiye. Cambia la gara ma non l’obiettivo, confermare quanto di buono fatto fino ad ora.

«Non è stato il miglior momento della stagione – racconta – visto che nei giorni precedenti all’Amstel ho avuto uno sfortunato incontro con un’ape che mi ha punto sul labbro. Non ho potuto prendere medicinali a causa del protocollo antidoping, quindi mi sono armato di pazienza e ho combattuto il prurito pedalandoci sopra. Venerdì parto per la Turchia, una bella gara a tappe che ho già disputato in passato al secondo anno under 23 con la Trevigiani. Finalmente si va a correre al caldo e sarà comunque un bel banco di prova.».

Carboni in questo 2025 ha collezionato già 23 giorni di corsa e sei top 10 (foto Instagram)
Carboni in questo 2025 ha collezionato già 23 giorni di corsa e sei top 10 (foto Instagram)

Tornato a respirare

Entrare nel mondo della Unibet Tietema Rockets è stato come aprire un nuovo capitolo nella vita di Giovanni Carboni. In un libro fatto di tante buone qualità e altrettanta sfortuna la nuova avventura con la formazione professional sembra avergli ridato lo slancio dei giorni migliori. La vita dei corridori è sempre sotto i riflettori e ogni momento è registrato e trasportato sui social, ma questa è la parte che emerge dalla superficie. Però, come in un iceberg, quello che conta è sotto il pelo dell’acqua.

«A livello di preparazione e nutrizione – spiega Carboni – c’è uno staff dedicato che lavora in maniera semplice, ma estremamente efficace. Internamente è tutto suddiviso per settori: ci sono tre preparatori, un addetto ai materiali e un medico. Il mio allenatore è Boy Sanders, un ragazzo giovane molto bravo ad unire metodi di lavoro nuovi con quelli che ho sempre usato in passato. L’esempio concreto è che mi sto allenando con un metodo polarizzato e devo dire che i risultati sono buoni. Se paragono questo inizio di stagione agli anni passati mi rendo conto di star facendo i miei migliori risultati».

Per Carboni uno dei migliori risultati di inizio stagione è stato il quinto posto al Trofeo Laigueglia (foto Instagram)
Per Carboni uno dei migliori risultati di inizio stagione è stato il quinto posto al Trofeo Laigueglia (foto Instagram)
Ti sei rilanciato…

Ci tengo a dire che la squadra capace di rilanciarmi è stato il JCL Team UKYO l’anno scorso. Volpi, Boaro e tutto lo staff mi hanno accolto dopo due stagioni difficili e mi hanno permesso di tornare ad alti livelli. Con la Unibet sto facendo uno step successivo, ma senza la JCL non sarei qui. Pensare di aver corso il Laigueglia e la Vuelta Andalucia ha il sapore di una rivincita personale

Come materiali come ti trovi?

Molto bene, abbiamo tanti partner e sponsor italiani: Kask, Santini, Dmt, Prologo. Con alcuni di loro avevo già lavorato in passato. La novità dal punto di vista tecnico è rappresentata per me dalle bici Cannondale, non ci ero mai salito e devo ammettere che mi sto trovando molto bene. 

Carboni per la prima volta in carriera sta correndo con bici Cannondale
Carboni per la prima volta in carriera sta correndo con bici Cannondale
Hai trovato una nuova motivazione?

Con questa prima parte di stagione sono riuscito a mostrare che ho ancora tanta voglia di allenarmi e correre. Ho la giusta motivazione che mi spinge a cercare il risultato e il piazzamento. 

Sei stato tante volte in top 10, manca la vittoria come ciliegina sulla torta?

Sta diventando un po’ un pallino perché tante volte ci sono andato vicino ma per un motivo o per un altro è scivolata via. Intendo nel vero senso del termine visto che in un paio di occasioni una caduta nel momento sbagliato mi ha tagliato fuori dai giochi. Anche in Grecia (nell’ultima gara a cui ha preso parte, ndr) sono stato in lotta per vincere la tappa regina. Ha vinto un mio compagno: Adrien Maire. Io ho fatto quarto. 

A novembre, dopo la firma, avevi detto che il tuo ruolo sarebbe stato anche quello di portare esperienza, come sta andando?

Bene! Correre insieme a ragazzi giovani mi piace, riesco a mettere a disposizione quel che ho imparato. Anche in Grecia ho aiutato Maire a conquistare la vittoria, sentirmi dire «grazie» è stato bello, dà comunque tanta soddisfazione. Essere interpellato in una riunione tecnica mi fa sentire importante e apprezzato. 

Si parla inglese?

Certamente. Inizialmente avevo qualche “limite” ora sto facendo dei corsi extra per imparare la lingua. Credo sia fondamentale per il futuro in ambito lavorativo e non solo. 

Carboni in Grecia ha conquistato la classifica dei GPM (foto Instagram)
Carboni in Grecia ha conquistato la classifica dei GPM (foto Instagram)
L’impressione è che sia una squadra in cui ci si diverte molto. 

La squadra è giovane, si tratta di una realtà al suo terzo anno di attività. Qui si fa tutto con il sorriso ma c’è la consapevolezza di sapere quali sono i passi giusti da fare. Anche prendere parte a corse WorldTour come la Roubaix o l’Amstel fa parte del cammino, ricordiamoci che l’obiettivo del team è prendere parte al Tour de France. 

Che cosa hai provato nel tornare in una gara WorldTour?

Non ci ho pensato molto, complice anche l’incidente con l’ape. La verità è che mi piace pensare di essere arrivato a un punto di partenza e non di arrivo. Lo scorso anno è stato di transizione, nel 2025 voglio dimostrare che posso stare nel ciclismo che conta e di poter dire la mia.