Martina Fidanza vince e ci racconta il mondo Visma

23.05.2025
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Due vittorie in una settimana, il mese di maggio ha visto Martina Fidanza salire sul gradino più alto del podio prima in Lussemburgo e poi in Belgio. I primi mesi della velocista bergamasca alla Visma Lease a Bike hanno mantenuto le attese riposte in lei dal team olandese. Quando ci aveva detto del suo approdo alla Visma aveva raccontato di come il suo profilo fosse entrato nei radar dello squadrone. In lei la Visma cercava una velocista da affiancare a Nienke Veenhoven

«Vincere è bello – ci racconta Martina Fidanza – sono felice di averlo fatto presto. Dopo le Classiche ho avuto un calendario altalenante visto che alcune gare che avrei dovuto disputare sono state cancellate. Inoltre alla Dwars Door Vlaanderen ho preso un virus con il quale ho lottato un po’. Sono tornata in corsa il 3 maggio in Lussemburgo, al Festival Elsy Jacobs à Garnich e il giorno dopo al Festival Elsy Jacobs à Luxembourg (in apertura la foto del podio: al centro Martina Fidanza, a sinistra Valentine Fortin e a destra Barbara Guarischi».

Ti aspettavi di vincere?

Non subito dopo il rientro. Il secondo giorno in Lussemburgo avevamo tutte via libera per provare a fare la corsa. Io sono rimasta in gruppo e una volta arrivate nel finale le mie compagne si sono messe a disposizione e abbiamo lanciato la volata. Sono molto felice sia per il successo che per la fiducia riposta in me da tutti. 

Il team ha creduto in te…

In tutte noi, direi. Perché di velociste chiamate a mettersi in gioco siamo in due. Fin dai ritiri di gennaio e febbraio ho sentito molto l’appoggio dello staff e dei tecnici. Al momento Veenhoven e io siamo chiamate in causa in gare di secondo piano, ma l’idea è di creare un treno forte per provare a fare bene anche nelle corse WorldTour. Infatti già a inizio anno al UAE Tour ci siamo testate. Eravamo nella gara di riferimento per tutte le velociste e devo dire che siamo partite bene con un terzo posto nelle prima tappa. 

Martina Fidanza rientrava alle corse dopo un mese di stop forzato
Martina Fidanza rientrava alle corse dopo un mese di stop forzato
Cosa intendi dire che tutti hanno creduto in voi?

Nei primi mesi abbiamo fatto tanti meeting e ci siamo messe al lavoro in maniera mirata per avere un treno forte e funzionale alle nostre esigenze. Fin dai primi incontri la squadra ci ha chiesto quale tipo di treno volessimo e quale fosse la nostra idea di volata. Ci hanno lasciato lo spazio per esprimerci e ci hanno ascoltate. 

Entriamo nel tecnico, tu cosa hai chiesto, come ti piace lo sprint?

L’esempio perfetto arriva dalla seconda gara vinta: il Trofee Maarten Wynants. Quella è stata la volata ideale come approccio ed esecuzione. A me piace quando il treno prende la leadership e si tiene una velocità elevata, in grado di far soffrire il gruppo. Il lead out deve essere fatto ai 200 metri dall’arrivo, meglio se presi davanti a tutti. 

La Visma ha creduto molto nel nuovo progetto dedicato alle velociste lavorando su molti aspetti, in primis l’affiatamento tra compagne
La Visma ha creduto molto nel nuovo progetto dedicato alle velociste lavorando su molti aspetti, in primis l’affiatamento tra compagne
E’ cambiato qualcosa rispetto al passato?

Gli aspetti che stanno facendo davvero la differenza sono l’analisi e l’ascolto, sia prima che post gara. Parliamo, ci confrontiamo a riusciamo a migliorare subito. L’esempio giusto lo abbiamo avuto al UAE Tour. Era la prima volta che lavoravamo insieme, ma grazie agli allenamenti invernali siamo arrivate pronte. 

Come ti trovi a condividere il posto da velocista con un’altra compagna?

Ognuna ha il suo spazio e ci mettiamo a disposizione quando l’altra sta meglio o quando la squadra dà indicazioni precise. Al UAE Tour, era Veenhoven la velocista di riferimento. Mentre nelle ultime gare ci siamo divise bene i ruoli. 

Hai parlato di riunioni e analisi, ma in bici è cambiato qualcosa per quanto riguarda la preparazione?

Avendo cambiato preparatore, si è presa la sua linea di lavoro. Non si discosta troppo da quella precedente, anche se in qualcosa è cambiato. Ad esempio durante le uscite cerco di tenere una base di endurance a bassa intensità. A volte davvero bassa. Mentre dal punto di vista della nutrizione ho aumentato le calorie assunte. All’inizio sembrava quasi assurdo, ma mi sono fidata al 100 per cento e i risultati si vedono. 

Nonostante il cambio di maglia, la pista rimane un punto saldo per Martina Fidanza
Nonostante il cambio di maglia, la pista rimane un punto saldo per Martina Fidanza
Quanto bassa l’intensità della parte endurance?

Considerate che una volta, dopo un allenamento, mi hanno detto che avevo fatto una salita troppo forte. Dovevo abbassare ancora il ritmo. C’è anche un’altra differenza rispetto a prima: il doppio allenamento, ma personalmente sono già abituata a questo metodo facendo pista. 

A proposito, la pista riesci a mantenerla?

Assolutamente. Oggi (mercoledì, ndr) avevo in programma di andare a Montichiari, poi non sono riuscita perché il velodromo era chiuso per lavori. Però la squadra asseconda sempre le mie richieste quando si tratta di girare sul parquet. E’ vero che siamo nell’anno post olimpico, ma a me piace mantenere il feeling con la pista

Cosa ci fa Giada Silo in mezzo alle olandesi?

23.05.2025
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Leggendo la lista di partenza del Tour du Gevaudan Occitanie, una delle prove della Nations Cup femminile, ci siamo chiesti che cosa ci facesse la campionessa italiana Giada Silo, atleta di punta della Breganze Millennium, nella squadra olandese Mix Flying Freelancers-ZZPR.nl. In un contesto di altissimo livello, la veneta si è trovata a competere insieme a una inglese in una squadradi un altro Paese, una scelta un po’ curiosa.

Come si è arrivata ad essa? Il racconto della Silo è pieno di spunti, che caratterizzano un nuovo modo di intendere la propria evoluzione in questa disciplina: «E’ stata un’esperienza che mi ha arricchito molto, gareggiando e vivendo una settimana con ragazze e staff di una cultura diversa dalla mia, immergendomi in una realtà a me sconosciuta avendo la possibilità di gareggiare in una prova importante, una delle più prestigiose del calendario juniores».

Giada Silo in maglia tricolore con le compagne di squadra olandesi e l’inglese Isaak
Giada Silo in maglia tricolore con le compagne di squadra olandesi e l’inglese Isaak
Come è nato il contatto?

Io sapevo che la nostra squadra non poteva partecipare e che non era prevista la presenza di una squadra nazionale, così ho chiesto agli organizzatori se c’era modo di esserci magari inserita in un’altra squadra non a pieno organico. Loro hanno chiesto alle formazioni che avevano aderito e sapevano che c’erano alcune ragazze dei due club olandesi che avevano chiesto come me di esserci. Così hanno messo su una squadra mista.

Come ti sei trovata?

Molto bene con tutte, ma ho notato che affrontiamo questo sport in maniera differente. Un esempio è il cibo: io sono abituata a mangiare in maniera diversa rispetto a loro, che scelgono un altro tipo di alimentazione. Ma sono state proprio cose come questa che hanno reso la mia esperienza molto istruttiva.

La corsa ha premiato la canadese Sidney Swierenga, quinta nel 2024, sulle iberiche Ostiz e Neira (foto DirectVelo)
La corsa ha premiato la canadese Sidney Swierenga, quinta nel 2024, sulle iberiche Ostiz e Neira (foto DirectVelo)
Ti hanno lasciato mano libera nell’interpretazione della corsa o c’erano disposizioni specifiche pur essendo la vostra una squadra atipica?

A me era stato detto di rimanere abbastanza al coperto inizialmente, nella prima tappa per preservarmi per la seconda che era più adatta alle mie caratteristiche. In particolare, e questo mi ha colpito, mi hanno chiesto di impegnarmi nei traguardi intermedi, compreso il Gran Premio della Montagna. Noi li vediamo normalmente come aspetti secondari di una tappa, loro invece ci tengono molto.

Come sei andata?

Nella prima tappa avevo buone sensazioni, la gamba rispondeva. Sono rimasta nel primo gruppo, ma alla fine nessuna di noi è finita nella top 10 e alla fine eravamo tutte un po’ deluse, alla sera l’atmosfera era un po’ mesta. Il secondo giorno c’erano più salite, lo scorso anno ero andata piuttosto  bene con la nazionale e mi ricordavo il percorso, così nella prima parte sono entrata nel gruppetto di testa. In discesa siamo andate via in 5 e abbiamo preso anche un bel vantaggio, quasi un minuto. A metà corsa però una spagnola mi è caduta davanti e non ho potuto evitarla.

Le conseguenze della brutta caduta in Francia, costatele qualche giorno di stop. Con lei la diesse Van Gogh
Le conseguenze della brutta caduta in Francia, costatele qualche giorno di stop. Con lei la diesse Van Gogh
Hai riportato danni?

Mi sono fatta male, la botta è stata forte. Io sarei anche ripartita subito, ma la bici era finita dentro un fosso e si era danneggiata, l’ammiraglia era rimasta in fondo al gruppo, così ho perso molto tempo e mi sono ritrovata, io che ero in fuga, accodata all’ultimo gruppo. La corsa ormai era andata.

A fine manifestazione che cosa ti hanno detto i responsabili olandesi?

La nostra diesse, Natalie Van Gogh, era molto soddisfatta di come sono andata, mi ha detto che ha apprezzato particolarmente il fatto che non mi sono data per vinta dopo la caduta, ma che ho comunque ripreso e ho recuperato molte posizioni, dimostrando carattere. Mi ha anche detto che se voglio fare altre esperienze all’estero, loro sono disponibili ad accogliermi.

Per la tricolore Silo, 45esima posizione finale, ma buoni riscontri da parte del team olandese
Per la tricolore Silo, 45esima posizione finale, ma buoni riscontri da parte del team olandese
E’ un contatto importante. Ci sono anche i prodromi per vederti in futuro in un grande team?

Lei ha detto che mi raccomanderà a qualche squadra importante e questo mi ha fatto  molto piacere, ha reso la mia trasferta decisamente positiva al di là dei risultati venuti a mancare.

Fino ad allora com’era stata la tua stagione?

Un po’ sulla stessa linea di com’è andata la trasferta francese. La sfortuna sembra non voglia lasciarmi, lasciare questa maglia tricolore. Avendo strusciato sull’asfalto, quella caduta mi ha procurato ustioni di secondo grado su entrambe le gambe e mi ha costretta a fermarmi. Ma anche prima le cose non erano andate benissimo, tra crampi e condizione che faticava ad arrivare.

Per la veneta un inizio stagione difficile, con due sole Top 10 in cascina. Ma ora arriva l’estate a lei propizia
Per la veneta un inizio stagione difficile, con due sole Top 10 in cascina. Ma ora arriva l’estate a lei propizia
Uno stop che non ci voleva…

Io spero di ripartire da qui. Ora arriva l’estate, spero che succeda come lo scorso anno quando i risultati hanno iniziato ad arrivare a giugno, compreso il titolo italiano, spero che avvenga lo stesso, infatti guardo ora alla difesa della maglia. Dopodomani mi aspetta il Fiandre di categoria, già il fatto di esserci sarà importante.

Vendrame, la Decathlon-Ag2R e gli ingegneri che fanno le scelte

23.05.2025
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Incontro al Giro d'Italia con Andrea Vendrame, per parlare della sua Van Rysel da gara e le abitudini tecniche della Decathlon-AG2R con cui corre

DURAZZO – Girando per gli alberghi delle squadre nei giorni più calmi del Giro d’Italia, si ha la possibilità di parlare con gli atleti di aspetti tecnici che magari, durante la gara, per necessità e tempi ristretti, si danno per scontati. Così chiacchierando con Andrea Vendrame siamo venuti a sapere di un’abitudine radicata della Decathlon-AG2R, in cui due ingegneri, corsa per corsa, stabiliscono rapporti, profilo delle ruote e pressione delle gomme. La scelta di adottare tubeless da 29 all’anteriore e 28 al posteriore per ragioni aerodinamiche è stata dettata da loro.

L’occasione è stato un incontro per farci raccontare la sua bicicletta Van Rysel, con cui Vendrame corre per il secondo anno e su cui ha vinto la tappa di Sappada al Giro del 2024 e quella di Colfiorito all’ultima Tirreno-Adriatico.

«E’ il secondo anno che il team è diventato Decathlon – spiega il veneto – quindi dallo scorso anno utilizziamo bici Van Rysel. Mi piace, è molto reattiva. E’ una bici aerodinamica anche come disegno, lo si capisce anche solo guardandola. Da quest’anno poi abbiamo anche il modello RCR-F, che è uscito da qualche mese ed è ancora più reattivo. Ha un carbonio molto più rigido ed è particolarmente adatto per gli uomini veloci».

Bici aerodinamica e scattante, è anche guidabile?

Mi trovo molto molto bene anche in discesa. Quando devo rilanciarla al massimo, fuori da un tornante. Penso che sia davvero un mezzo da gara.

Avete anche delle belle ruote Swiss Side: le cambiate in base ai percorsi?

Come anche per il telaio, i nostri due ingegneri prestabiliscono le guarniture giornaliere, le ruote, la pressione. Per cui noi corridori, tra virgolette (ride, ndr), non abbiamo più diritto di scelta.

Capita che le opinioni siano diverse?

Certamente. Infatti nella tappa che ho vinto alla Tirreno di quest’anno, dovevo partire con la RCR-F, invece mi sono impuntato e ho usato questa qui, la RCR, e alla fine ho vinto.

E’ anche una bici che va bene in salita oppure è un po’ pesante?

La RCR è molto leggera rispetto alla F. Sicuramente ci sono quei 500-600 grammi di differenza dovuti al tipo di carbonio. Possiamo dire, avendola usata da un po’, che questo telaio è stato realizzato per le sue performance sia in volata sia in salita. E’ multitasking, diciamo (sorride, ndr).

I rapporti vengono scelti dagli ingegneri, ti trovi sempre bene?

Abbiamo trovato le combinazioni giuste. Su tappe piatte preferisco il 55 o il 56, mentre in tappe di montagna, magari un po’ nervose tipo Colfiorito alla Tirreno, preferisco un 54. Dove le gambe fanno male, dopo 240 chilometri è meglio avere un rapporto che si riesce a spingere e non un 56. Inoltre mi piace fare le salite di forza, quindi preferisco restare con il 54 e giocare con la scala dei pignoni al posteriore.

Quindi?

Quindi penso che il 40-54 sia un rapporto ottimale per scalare i grandi colli del Giro. Ma se invece parliamo di una tappa che deve arrivare in volata…

Che cosa dovremmo dire in quel caso?

Che questa è reattiva, però una volta provato il nuovo modello, mi sono proprio innamorato. In volata è tutta un’altra cosa. E’ molto più rigida e molto più reattiva. Quando la lanci prende subito velocità. Non che questa non lo faccia, ma l’altra è molto più fluida.

Tour, rivoluzione a Parigi: 3 volte Montmartre, addio volata

23.05.2025
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«Quasi quasi – riflette Bennati sorridendo – per il corridore che ero e la gamba che avevo quell’anno, avrei vinto anche meglio se ci fosse stata anche allora la salita di Montmartre. Ma capisco che per come l’hanno disegnata adesso, l’ultima tappa del Tour non sarà più per velocisti. Non che prima fosse facile, tra il rettilineo che tirava e il pavé. E nemmeno sui Campi Elisi ha vinto sempre un velocista. Ma secondo me adesso uno come Pogacar potrebbe provare a vincere anche a Parigi…».

Tanto più che alle Olimpiadi, quale che ne sia stata la ragione, il campione del mondo non c’era e essersi perso quella scena così esaltante in qualche modo non deve essergli andato giù.

Il Tour a Montmartre

Qualcuno magari non lo sa ancora. Con un trafficare silenzioso e segreto, che ha avuto bisogno persino del benestare del governo francese, gli organizzatori del Tour hanno messo mano all’ultima tappa. Colpiti dalla baraonda delle Olimpiadi sulla salita di Montmartre, che Prudhomme ha definito l’immagine più potente di tutte le Olimpiadi di Parigi, i tracciatori di ASO sono riusciti a inserire tre passaggi sulla stretta salita in pavé

L’ultima tappa non sarà dunque la consueta attesa della volata finale, ma potrebbe addirittura incidere sulla classifica, qualora i distacchi fossero ancora minimi. Il gruppo infatti percorrerà 4 giri del classico circuito degli Champs Elysées. Nel corso del quarto cambierà direzione a Place de la Concorde e punterà verso Rue Lepic (con un attacco leggermente diverso da quello dei Giochi, a causa dei lavori stradali).

A questo punto i corridori avranno da affrontare un anello di circa 16 chilometri da ripetere per 3 volte. Dall’ultimo scollinamento all’arrivo mancheranno a quel punto 6 chilometri.

Daniele Bennati ha conquistato la tappa degli Champs Elysées al Tour del 2007
Daniele Bennati ha conquistato la tappa degli Champs Elysées al Tour del 2007

La delusione di Milan

Mentre il capo della polizia Laurent Nuñez ha garantito la fattibilità del cambiamento e ha detto che a suo avviso la modifica resterà anche in futuro, le reazioni dei corridori sono state altalenanti. Vale la pena annotare quella del nostro velocista di punta, Jonathan Milan, che il prossimo luglio farà la conoscenza del Tour.

«Gli Champs Élysées da velocista sono un sogno – ha detto il friulano della Lidl-Trek – quindi, per vari motivi, è un peccato vedere il percorso cambiato prima del mio primo Tour. L’aggiunta della salita di Montmartre avrà ovviamente un impatto sulla dinamica della gara, ma quanto complicherà le cose per noi velocisti dipenderà ovviamente da come verrà gestita e anche dalla situazione generale man mano che ci avviciniamo all’ultimo giorno. Ma non voglio pensarci ora, prima di Parigi ci saranno tanti altri obiettivi».

Parigi 2024, l’attacco di Evenepoel a Montmartre. Per un po’ Madouas resiste, poi deve arrendersi
Parigi 2024, l’attacco di Evenepoel a Montmartre. Per un po’ Madouas resiste, poi deve arrendersi

Minaccia Pogacar

Noi abbiamo pensato di affidare il commento a Daniele Bennati, ultimo italiano a vincere sui Campi Elisi e tecnico della nazionale che lo scorso anno sul circuito di Parigi partecipò alle Olimpiadi vinte da Evenepoel.

«Se non sbaglio – dice il toscano, attualmente al Giro come opinionista al Processo alla Tappa – alle Olimpiadi i chilometri dalla salita all’arrivo erano circa 10, quindi i 6 del Tour sono davvero pochi. Ovviamente cambia tutto. Se Van der Poel o Van Aert, come pure Pogacar decidono di farla forte, per i velocisti non c’è scampo. Se Tadej decide di fare un attacco sul terzo giro di Montmartre, può andare via. Anche perché all’ultima tappa non ci arrivi con tante energie e quelli di classifica ne hanno sempre più degli altri…».

Dopo aver dominato le volate del Giro del 2024, quest’anno Milan debutterà al Tour: la notizia lo ha spiazzato
Dopo aver dominato le volate del Giro del 2024, quest’anno Milan debutterà al Tour: la notizia lo ha spiazzato

Per i velocisti cambia

Non si è sempre arrivati in volata ai Campi Elisi, anche se trovare eccezioni recenti è un lavoro da archivisti. L’ultimo fu Vinokourov nel 2005, ma nel ciclismo di oggi scappare a velocità così esorbitanti è davvero un esercizio per pochi.

«Milan è un velocista – prosegue Bennati – ma forse non solo. Quindi potrebbe avere nelle sue corde uno sforzo di 3-4 minuti fuori giri. Potrebbe anche pensare di provarci, però tutto dipenderà da come faranno la salita le prime due volte. In ogni caso è una scelta che per un verso capisco e per un altro toglie una tappa comunque storica. Sicuramente a livello di spettacolo si rivelerà una mossa vincente. A Parigi non è difficile creare spettacolo dal punto di vista televisivo ed è evidente che la tappa con Montmartre sia più bella, però è chiaro che per i velocisti cambia tutto».

Tappa esplosiva

L’unico appiglio che potrebbe impedire agli uomini forti di scavare un baratro è la distanza. La nuova tappa misurerà 132,3 chilometri (la distanza va ancora definita nei dettagli), la gara olimpica ne prevedeva 272.

«Remco arrivò da solo facendo davvero il vuoto – chiosa Bennati – ma c’è anche da dire che alle Olimpiadi c’erano 70 corridori e quasi 280 chilometri da fare. E’ vero che arriva dopo tre settimane, ma con 132 chilometri non ci saranno problemi di distanza. Però sarà una tappa esplosiva. E davvero se la classifica fosse ancora aperta, ne vedremmo delle belle…».

Capolavoro Visma, ma per Dainese il più forte era Van Uden

22.05.2025
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Oggi finalmente Alberto Dainese è riuscito a vedere la tappa dal divano della sua casa a San Marino. Fino a domenica ha corso a Dunkerque, invece questa volta è riuscito a seguire la volata che ha consegnato a Olav Kooij il traguardo di Viadana. Volata confusa, con il treno della Lidl-Trek in azione da troppo lontano, con Pedersen che alla fine ha dovuto accontentarsi del quarto posto. 

«E’ un sollievo – ha detto il vincitore della Visma-Lease a Bikeho dovuto aspettare un po’, ma oggi tutto è andato a posto. Siamo cresciuti, con la vittoria di tappa di Wout e Simon (Van Aert e Yates, ndr) che sta facendo bene anche in classifica generale. Le due volate precedenti non erano andate alla perfezione, ma ora tutto è andato per il verso giusto».

A tirargli la volata si è ritrovato Affini fino all’ultimo chilometro e Van Aert fino ai 200 metri, con l’ultima curva pennellata alla perfezione. Con due motori così ad aprirti la strada, il lavoro alla fine viene meglio.

Alberto Dainese, classe 1998 del Tudor Pro Cycling Team, è pro’ dal 2020. Ha corso 3 Giri, un Tour e 2 Vuelta
Alberto Dainese, classe 1998 del Tudor Pro Cycling Team, è pro’ dal 2020. Ha corso 3 Giri, un Tour e 2 Vuelta

Dainese, si diceva, ha corso a Dunkerque la scorsa settimana e tornerà in gruppo fra due settimane in Belgio, nella Elfstedenronde che si correrà il 15 giugno a Bruges. Le cose procedono nel modo giusto, anche se adesso un po’ di nostalgia del Giro sta venendo fuori, dato che domani il gruppo passerà da Galzignano e Vicenza.

Che cosa ti è parso della volata?

E’ stata una volata più per prendere quella curva nei primi 5 e poi a mio parere il più forte di gambe oggi era Van Uden. Forse gli è mancata un po’ di malizia quando è partito perché poteva restare più vicino a Van Aert, invece ha lasciato tanto spazio a Kooij di prendergli subito la ruota. Si è mosso un pelo prestino…

Se fosse andato dritto e non si fosse allargato, dove sarebbe passato Kooij?

In realtà difatti è stata anche una questione di scia. Se restava un po’ di più al fianco, aveva più scia e Kooij avrebbe dovuto aspettare che lo passasse, poi si sarebbe dovuto mettere a ruota prima di provare a uscire. Mentre così gli ha proprio lasciato un metro grazie al quale si è messo subito a ruota e di fatto la volata gliel’ha tirata lui. Però (ride, ndr), non trovi che sia facile parlare dal divano?

Quanto è stato importante secondo Alberto Dainese il lavoro di Affini e Van Aert?

In tivù sentivo che gli mancasse un uomo, ma in realtà è stato tutto perfetto. Kooij da quella posizione poteva decidere quando partire e Van Aert l’ha lasciato ai 200 metri. Se avessero avuto un uomo in più, rischiavano che qualcuno entrasse deciso nell’ultima curva e lo buttasse fuori. Mentre così sono arrivati giustissimi.

Forse un uomo in più avrebbe permesso a Van Aert di rialzarsi prima? Di fatto l’ultimo uomo di Kooij è stato Van Uden…

Per quello dicevo che se Van Uden fosse rimasto più a lungo a ruota, forse avrebbe vinto lui. Kooij sarebbe stato costretto a partire 10-20 metri più lungo e l’altro avrebbe potuto rimontarlo. Erano un po’ lunghi, in effetti. Avercelo comunque un Van Aert così, che ti tira la volata. Stiamo parlando degli ultimi 10 metri, ma si vede che tanti hanno fatto fatica anche solo per arrivare lì.

Pedersen è parso meno brillante?

Secondo me era una volata più da velocista puro, quindi da uno capace di uscire forte dalla curva ai 300 metri e poi partire. Pedersen è sì fortissimo, lo vedete quanto va forte in salita, però secondo me se Kooij gli battezza la ruota, lo può saltare.

Quanto era importante uscire davanti in quella curva?

Terzo, dovevi uscire terzo. Secondo o terzo dipende da quante gambe aveva il primo. Van Aert aveva fatto la tirata, quindi magari gli mancavano 10 metri. Però se esci secondo o terzo, almeno hai la chance di fare lo sprint. Invece se ti manca quella posizione, non riesci a fare la volata. Fretin veniva fortissimo, ma in curva era decimo e non ha fatto meglio del sesto posto.

Intanto Del Toro con la maglia rosa è sempre più a suo agio. A Brescello ha sprintato per i 2″ del traguardo Red Bull
Intanto Del Toro con la maglia rosa è sempre più a suo agio. A Brescello ha sprintato per i 2″ del traguardo Red Bull
Che effetto fa vedere le volate in televisione?

Ho scoperto che mi piace. Delle altre tappe faccio anche fatica a dire la mia, perché non saprei da dove cominciare, ma le volate mi piace analizzarle.

Peccato per i velocisti del Tour, con l’ultima tappa che non si conclude più in volata…

Prima ho trovato un francese qui a San Marino, un appassionato di bici. E mi ha detto che hanno messo Montmartre nell’ultima tappa e ci ha tenuto a dirmi che lavorava a Parigi, mi ha descritto la salita e mi ha detto che non si arriverà in volata. Hanno rovinato l’arrivo più iconico. Almeno per i velocisti, hanno tolto la ciliegina dalla torta.

L’Italia di Amadori riparte tra vittorie, nuovi innesti e regole diverse

22.05.2025
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L’Italia di Amadori è tornata a correre e ha ripreso a macinare chilometri e risultati. Come da consuetudine il primo appuntamento dell’anno arriva nel mese di maggio e coincide con l’Orlen Nations Grand Prix. La prima prova di Coppa delle Nazioni che vede protagonista la nostra nazionale under 23. Sulle strade polacche gli azzurrini mettono in fila una serie di ottime prestazioni, coronate da due vittorie di tappa. Oltre a ciò è arrivato anche il secondo e terzo posto in classifica generale, rispettivamente conquistati da Mellano e Turconi, alle spalle dell’austriaco Marco Schrettl (in apertura foto Tomasz Smietana) 

Gli azzurri di Amadori in Palonia, da sx: Mellano, Zamperini, Filippo Agostinacchio, Turconi, Belletta e Giaimi (foto Tomasz Smietana)
Gli azzurri di Amadori in Palonia, da sx: Mellano, Zamperini, Filippo Agostinacchio, Turconi, Belletta e Giaimi (foto Tomasz Smietana)

Nuove regole, gioco diverso

Andiamo con ordine e riavvolgiamo il nastro. La stagione 2025 vede un’importante novità dal punto di vista dei regolamenti. L’UCI ha infatti deciso di escludere i professionisti dalle prove che assegnano il titolo europeo e mondiale under 23. Una scelta importante, condivisibile o meno, ma che cambia le regole del banco. Chi tiene le carte in mano, il nostro cittì Marino Amadori, vede modificare un po’ il tutto. Come giocherà i suoi assi?

«Dovrò pianificare diversamente – racconta Amadori da casa mentre prepara la seconda trasferta dell’anno – mondiali ed europei. Penso l’UCI abbia preso una decisione corretta. Quello di Zurigo è stato un mondiale semi professionistico. Trovo giusto mettere delle regole, anche se competere con i ragazzi dei devo team sarà difficile per chi arriva da formazioni continental o di club. Ma questo fa parte del gioco».

Torniamo alla prima prova di Nations Cup per i nostri under 23, che punto hai fatto una volta tornato a casa?

Ero convinto di aver messo insieme una buona squadra e sono felice di quanto raccolto. Abbiamo programmato bene l’impegno e per questo devo ringraziare le squadre e i team. Da tempo sapevo quali ragazzi avrei portato con me e conoscevamo bene i percorsi. 

Due vittorie di tappa e una classifica generale vissuta da protagonisti…

Mellano e Zamperini hanno vinto e sono molto felice per loro. Sono agli opposti della categoria. Il primo è al suo esordio tra gli under 23, mentre l’altro era alla ricerca di conferme dopo il cambio di squadra. Abbiamo vinto, largamente, anche la classifica a squadre. Segno di una buona prestazione da parte di tutti e sei i ragazzi. 

Il primo successo di tappa in Polonia lo ha firmato Ludovico Mellano, alle sue spalle Turconi e l’austriaco Schrettl (foto Tomasz Smietana)
Ludovico Mellano, Filippo Turconi, Orlen Nations Cup 2025, Italia, Mellano, Turconi (foto Tomasz Smietana)
Una formazione divisa in due tra chi ha più esperienza e chi meno, ti aspettavi una prestazione ottima dai due più giovani. Mellano e Turconi?

Ormai tra gli juniores si va forte. La scelta libera dei rapporti, la preparazione e i mezzi permettono a molti ragazzi di arrivare tra gli U23 pronti. Anzi, alcuni passano direttamente nel WorldTour. Mellano e Turconi sono stati bravi, il primo ha vinto una tappa e indossato la maglia di leader. Entrambi sono stati protagonisti fino in fondo e si sono giocati la vittoria finale. 

Con una seconda tappa da assoluti protagonisti…

Esatto. Sono stati molto bravi correndo all’attacco e dando del filo da torcere a tutti. Purtroppo il giorno dopo l’austriaco Schrettl ha dimostrato di essere altrettanto forte e ci ha tolto il primato. Così l’ultimo giorno abbiamo cambiato un po’ le carte in tavola e siamo andati per la vittoria di tappa. 

Nella quarta e ultima tappa Zamperini ha fatto brillare la maglia di campione italiano U23 conquistata lo scorso anno (foto Tomasz Smietana)
Nella quarta e ultima tappa Zamperini ha fatto brillare la maglia di campione italiano U23 conquistata lo scorso anno (foto Tomasz Smietana)
Che è arrivata con Zamperini, come lo hai visto dopo i primi mesi nel devo team dell’Arkea?

Non benissimo, ma conosco le sue qualità e ho voluto dargli fiducia. Prima di venire in Polonia abbiamo parlato e lui è stato bravo a staccare e farsi trovare pronto. Mi auguro sia la vittoria che gli possa permettere di trovare la strada giusta. 

Tra poco arriva il secondo appuntamento di stagione con la Corsa della Pace, altra prova di Nations Cup. Chi porterai con te?

Dai devo team Gualdi e Savino. Dai team continental Gabriele Bessega e Tommaso Bosio. Mentre delle formazioni di club Dario Igor Belletta e Riccardo Lorello. Proprio per Belletta ho parlato con la Solme Olmo, crediamo molto nelle sue qualità quindi abbiamo realizzato un programma ad hoc in vista del Giro Next Gen. 

Se per mondiale ed europeo le scelte sono più “bloccate” in ottica Tour de l’Avenir ci sarà spazio per tutti…

Ad esempio Turconi è un ragazzo sul quale dovremo riporre molta attenzione. E’ già professionista visto che corre nella Vf Group-Bardiani: per la prova continentale e mondiale non potrà essere schierato. Ma in vista del Tour de l’Avenir è un profilo da attenzionare.

Piganzoli: «Il livello è salito, ma io vado più forte dell’anno scorso»

22.05.2025
6 min
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Oltre metà Giro d’Italia è alle spalle, ma il bello deve ancora venire. E in questo bello che ci si aspetta mettiamo anche Davide Piganzoli. Con il corridore della Polti-VisitMalta abbiamo fatto il punto della situazione più o meno al giro di boa della corsa rosa.

Sin qui ha corso bene. Si è fatto vedere il giusto ed è lì a ridosso della top ten della generale: 17° a 3’59” da Del Toro e la decima posizione a 1’26”. Bisogna dire anche che rispetto all’anno scorso, tolto Tadej Pogacar, il livello medio per la contesa delle posizioni di vertice è molto più elevato e più affollato. Eppure dopo ogni difficoltà si sfogliano le classifiche e “Piga” c’è.

Davide Piganzoli (classe 2002) incontrato in questi giorni della corsa rosa
Davide Piganzoli (classe 2002) incontrato in questi giorni della corsa rosa
Davide, come sta andando?

Sinceramente ho iniziato bene in Albania, penso di aver fatto delle buone prestazioni. Poi ho avuto una caduta il giorno della grande caduta che mi ha un po’ debilitato. Però dai, credo che mi sto riprendendo. Siamo riusciti a uscirne indenni dagli sterrati di Siena, quindi è già un buon segnale.

San Pellegrino in Alpe, ma anche Tagliacozzo e Siena sono state le tappe più importanti sin qui: come ti sei sentito?

A Tagliacozzo venivo dalla caduta del giorno prima. Avevo un po’ di dolore sui glutei. Sapete, dopo una caduta alla fine si è sempre un po’ debilitati però dai, mi sono staccato quando ho iniziato il tratto duro. A quel punto ho cercato di tener duro e di rimanere lì, appunto, senza perdere troppo. Sapevo che sarebbe stata una giornata difficile.

E a Siena con gli sterrati? Dalla tv ci è parso vederti rimontare un paio di volte…

Sono soddisfatto perché alla fine ero nel secondo gruppo dietro ai primi 15. E’ tutta gente di esperienza e anche molto forte, quindi credo di essermi difeso bene. E anche la squadra ha fatto un ottimo lavoro per prendere appunto gli sterrati.

Il lombardo sta migliorando molto a crono. A Tirana è andato molto bene: 18°. Ha pagato qualcosina in più invece a Pisa
Il lombardo sta migliorando molto a crono. A Tirana è andato molto bene: 18°. Ha pagato qualcosina in più invece a Pisa
Se dovessi fare un paragone con il Giro dell’anno scorso, dopo 9 tappe, come ti senti?

Sicuramente è cambiato il livello perché veramente quest’anno si va molto più forte rispetto all’anno scorso, perché c’è più gente che va forte in salita. Alla fine l’anno scorso c’era Pogacar, poi ce n’erano quattro o forse cinque dietro di lui. Quest’anno invece ce ne sono veramente dieci che possono giocarsi il Giro e sono tutti lì ogni giorno che vogliono stare davanti. Quindi ritmo più alto e c’è più concorrenza. Però io credo che come numeri sono messo bene, sono sopra i livelli dell’anno scorso, quindi penso appunto che ci sarà da divertirsi nell’ultima settimana e se staremo bene cercheremo un po’ di fare la differenza.

E parlando in modo più concreto: recupero, approccio alle tappe, stress… Come lo stai vivendo?

Sicuramente mi sento meglio, mi sento cresciuto sia per carico di allenamenti che ho fatto, che per tutto il resto. Io credo e sono fiducioso che possa essere un bel Giro, anche sulla crono ci ho lavorato molto. Anche sul Teide, dopo la Tirreno. Quel distacco può essere un nonnulla se si pensa agli ultimi giorni.

Da oggi iniziano tre tappe che in teoria dovrebbero essere un po’ più facili. Possono essere dei recuperi attivi? Frazioni in cui risparmiare il più possibile?

Avremo tre giorni meno difficili su carta ed appunto è importante cercare di spendere il meno possibile, di essere lì davanti per non prendere buchi, però appunto di cercare di rimanere in classifica senza spendere troppo.

Piganzoli è al suo secondo Giro d’Italia. L’anno scorso a Roma fu 13°
Piganzoli è al suo secondo Giro d’Italia. L’anno scorso a Roma fu 13°
E come saranno gestite anche da un punto di vista alimentare? Avete fatto un piano diverso per queste frazioni con così poco dislivello?

Abbiamo un nutrizionista che lavora con noi che valuta ogni giorno tutto il nostro dispendio calorico per poi impostarci appunto il successivo pasto di recupero. Il pasto di recupero, la merenda, la cena e lo snack prima di andare a dormire che varia appunto in base a quanto abbiamo consumato ogni giorno, pertanto sarà tutto calibrato a dovere.

Il tuo team manager, Ivan Basso, per esempio, avrebbe corso sempre davanti. È ipotizzabile rischiare un pochino meno e starsene un po’ più in coda, risparmiare un po’ di energia? Una volta si diceva che gli “appartamenti erano più larghi” dietro…

Di certo dietro si sta molto meglio, però ci sono anche veramente molti più rischi, perché sicuramente una caduta non avviene mai nelle prime cinque posizioni, ma sempre dalla trentesima, cinquantesima in poi. Se sei nei primi 30, la puoi schivare. Se invece sei dietro, rimani coinvolto anche se non cadi e sei obbligato a fare un rilancio per rientrare. O magari prendi un buco di cui avresti fatto volentieri a meno.

Chiaro…

Come ho detto prima, a livello alto ci sono tante squadre che vogliono stare davanti e questo crea nervosismo, crea velocità e questo penso sia il motivo per cui in questo momento le medie siano così alte. Se va bene, quando mancano 30-40 chilometri tutti iniziano a spingere perché i capitani vogliono stare davanti. Altrimenti succede sin dall’inizio della tappa come si è verificato più volte.

Ecco Piganzoli con Pellizzari, i due sono stati spesso compagni in azzurro tra gli U23
Ecco Piganzoli con Pellizzari, i due sono stati spesso compagni in azzurro tra gli U23
A proposito di stare davanti: tante volte parlando con gli altri atleti delle Professional, quando si va in queste grandi corse emerge il tema che le WorldTour si arrogano il diritto di stare davanti, quasi fosse una gerarchia prestabilita in gruppo. Ci viene in mente Pellizzari per esempio, quest’anno che è alla Red Bull-Bora, viaggia costantemente davanti. Tu come giudichi questo argomento?

Un po’ di gerarchia c’è. Io rispetto tutte le squadre, alla fine capisci che se ti passa davanti un corridore della UAE Emirates o della Red Bull-Bora, è quasi giusto che stia davanti lui visti i leader che hanno. Tuttavia ci sono momenti in gara che questo non deve accadere e bisogna saper qual è il momento esatto. Bisogna capire qual è il momento perché se un giorno noi ci vogliamo giocare una vittoria di tappa con Lonardi, è giusto che anche la Polti-VisitMalta stia davanti e tenga davanti il suo leader. Il giorno che io voglio provare a fare la tappa in salita è giusto che anche io possa avere la possibilità di prendere la salita con i primi.

A proposito di Pellizzari. Siete le speranze azzurre. Vi parlate mai in gruppo? Che rapporto avete?

Io e Giulio siamo veramente tanto amici. Parliamo di bici, ma non solo. Anche al di fuori del ciclismo ci sentiamo. Le nostre compagne sono amiche, andiamo a cena fuori… Noi ci confrontiamo in tutto e per tutto, non solo sul ciclismo. E’ bello il rapporto che si è creato.

Come lo vedi pedalare?

Bene, va veramente forte. Nella tappa di Siena è andato come un aereo. Quando Roglic ha bucato l’ha riportato dentro e poi ha tirato per contenere un pochino il ritardo. Sì, sta andando veramente forte, quindi gli auguro il meglio.

Allora la prossima domanda la faremo a lui, vediamo che ci dice quando gli chiederemo: come pedala Piganzoli?

Speriamo che dica: forte!

L’Eroica incorona Proietti Gagliardoni. Che aveva capito tutto

22.05.2025
4 min
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L’Eroica Juniores ha incoronato Mattia Proietti Gagliardoni e a riguardare la sua corsa, quella dei suoi compagni ed avversari, considerando che la prova era stata effettuata sabato proprio alla vigilia della tappa del Giro d’Italia, viene da pensare che forse qualche indicazione, i vari team professionistici presenti potevano pure trarla. Perché si era visto subito che non era una corsa semplice, paradossalmente proprio a causa del bel tempo.

Lo si evince anche dal racconto del vincitore: «L’avevo già fatta lo scorso anno e gran parte del percorso me la ricordavo. Sapevo che è una gara tra le più dure, tecniche e con un dislivello non di poco conto, poi con quello strappo spaccagambe finale… Nella prima parte ho fatto fatica, ma con la squadra avevamo stabilito che dovessi rimanere sempre nelle prime posizioni per poter correre meno rischi possibile. E rischi c’erano davvero…».

L’arrivo a braccia… anzi a bici alzata di Mattia Proietti Gagliardoni, vero dominatore della corsa (foto Paolo Rinaldi)
L’arrivo a braccia… anzi a bici alzata di Mattia Proietti Gagliardoni, vero dominatore della corsa (foto Paolo Rinaldi)
Com’era il terreno? Molti il giorno dopo si sono lamentati per la sua scivolosità ancora maggiore proprio perché non c’era acqua…

E’ vero e noi ragazzi ce ne siamo accorti già dalle prove del giorno prima. Per questo avevamo stabilito di fare corsa di testa, per cercare di evitare la troppa polvere che si sollevava e soprattutto gli strati di ghiaia sul tracciato. Ci hanno detto che rispetto a marzo era molto più scivoloso perché il tracciato era stato meno lavorato e ripulito, ma faceva parte del gioco.

Quando si è decisa la corsa?

Subito dopo la discesa da Montalcino, quando sono stati ripresi i tre corridori stranieri che erano andati in fuga. Ho provato a partire con il solo Matteo Turconi che ha tenuto il mio ritmo, mancavano meno di 20 chilometri alla conclusione. In una curva però proprio la ghiaia gli ha fatto un brutto scherzo ed è caduto, così mi sono ritrovato solo. La parte finale l’ho gestita molto, sapevo che era fondamentale rimanere in piedi.

Alla prova toscana erano presenti 29 team, di cui 5 stranieri (foto Paolo Rinaldi)
Alla prova toscana erano presenti 29 team, di cui 5 stranieri (foto Paolo Rinaldi)
Quanto è contata la tua esperienza nel ciclocross?

Tantissimo, io credo che abbia fatto davvero la differenza. Mi è servita ancor di più che lo scorso anno, perché gli sterrati erano più polverosi e viscidi, c’erano più buche e avvallamenti. La guida era fondamentale, bisognava saper galleggiare sulla ghiaia, non fare troppa pressione, scegliere le traiettorie giuste e rilanciare. Tanto è vero che quando uscivo da ogni curva guadagnavo tanto.

Che scelte tecniche hai fatto?

Niente di particolare. La ricognizione del giorno prima ci ha convinto a mantenere il setup abituale della bici, quindi con il 52-39 davanti e il 34-11 dietro. Per le gomme però abbiamo scelto i tubeless da 28 mm per andare sul sicuro, infatti in gara ho visto che quasi tutti avevano fatto la stessa scelta, anzi alcuni avevano optato addirittura per quelli da 30. Era l’unica maniera per ridurre al minimo il rischio di forature.

Una foto emblematica della polvere levatasi sul percorso, reso così molto viscido (foto Rinaldi)
Una foto emblematica della polvere levatasi sul percorso, reso così molto viscido (foto Rinaldi)
E per quanto riguarda l’alimentazione?

Rispetto al solito, ho portato con me sempre una borraccia d’acqua e una di carboidrati, ma avevo un gel in più di quelli che abitualmente mi porto. Il problema, oltre al terreno, è stato il caldo, che all’inizio era davvero forte. Io non lo amo, non l’ho mai amato e infatti all’inizio sudavo abbondantemente, ma poi il mio fisico si è adattato. La temperatura si è sistemata intorno ai 21°C, si stava bene e non ne ho risentito quando ho portato il mio affondo.

E’ una corsa che ti si addice?

Sicuramente, l’avevo già “adocchiata” lo scorso anno e non nascondo che ci puntavo sin da questo inverno. Tanto è vero che alla vigilia mi sentivo un po’ il favorito o uno fra loro, sapevo che potevo giocare un ruolo importante e devo dire grazie alla squadra perché ha creduto nelle mie possibilità supportandomi al meglio. E’ stata un’esperienza importante al di là della vittoria, spero di correrla in un contesto ben più importante…

Proietti insieme all’altro umbro Giacomo Serangeli, giunto 2° a 1’02” (foto Rinaldi)
Proietti insieme all’altro umbro Giacomo Serangeli, giunto 2° a 1’02” (foto Rinaldi)
Un buon viatico per l’estate…

Sì, anche perché mi aspettano impegni importanti, intanto la due giorni in Franciacorta del fine settimana, poi il Giro del Friuli e l’FWR Baron che correrò con la nazionale. Io spero di continuare su queste basi e mettermi sempre più in vista che ci tengo tanto a convincere il cittì a convocarmi per europei e mondiali, dove so che posso fare davvero bene.

Niente altura: solo strada, sauna e rulli. Germani racconta

22.05.2025
6 min
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CASTEL DI SANGRO – Lorenzo Germani si è preparato per il Giro d’Italia pedalando, andando in sauna e facendo i rulli in bagno, con l’acqua calda che scorreva. Ha fatto ricorso all’Heat Training: l’allenamento al caldo. Non è una pratica nuova. Abbiamo raccontato di Alberto Dainese che lo seguì preparando la Vuelta di quattro anni fa, ne avevamo già esplorato i concetti con Giacomo Notari, mentre la EF Education-Easy Post gli ha dedicato un interessante approfondimento sul proprio sito. Diversi atleti lo hanno eletto a metodo sostitutivo per l’altura: perché la quota non dà loro gli esiti sperati o perché allergici ai ritiri interminabili sul Teide, a Sierra Nevada, sull’Etna o Livigno.

L’obiettivo è tirare fuori il meglio dal proprio fisico e farlo in modo lecito. Dall’allenamento all’alimentazione. Di qualsiasi acrobazia vi capiti di leggere in questo senso, prendetela con un sorriso e la consapevolezza che una volta certi risultati si conseguivano col doping. Lo studio di metodologie lecite, ancorché insolite, testimonia di un ciclismo sano, curioso e proiettato verso la ricerca.

Così se ci sono atleti che trascorrono interminabili periodi in altura e altri che preferiscono hotel con camere ipobariche al livello del mare o tende ipossiche in casa, c’è anche chi punta ad aumentare il volume del plasma e ottenere adattamenti fisiologici favorevoli, ricorrendo al calore. Come appunto Germani, corridore di 23 anni della Groupama-FDJ, che al Giro d’Italia sta svolgendo un lavoro oscuro, ma potente e prezioso per la squadra (in apertura con David Gaudu). E forse, ora che il francese è uscito dalla classifica, avrà più spazio per sé. Intanto però gli abbiamo chiesto di raccontare la sua esperienza.

Germani, 23 anni, è alto 1,79 per 62 kg ed è professionista dal 2023. Il suo agente è Manuel Quinziato, con lui nella foto
Germani, 23 anni, è alto 1,79 per 62 kg ed è professionista dal 2023. Il suo agente è Manuel Quinziato, con lui nella foto
Perché puntare sull’adattamento al caldo? E’ stata un’idea tua oppure della squadra?

Avevo sentito di altri che lo facevano. Ho approfondito la questione e ho voluto provarla. Mi sono reso conto di avere notevoli benefici rispetto all’altura, che in realtà non mi ha mai dato grossi vantaggi. Così ne ho parlato con la squadra e già l’anno scorso per la Vuelta avevamo messo in pratica dei protocolli analoghi. Anche loro si sono trovati ad approfondire il tema e ci hanno fatto dei piani di allenamento mirati.

A cosa serve e quali sono i benefici di cui parli?

Ti alleni affinché nel giorno della gara la temperatura corporea risulti più bassa a parità di intensità dello sforzo. Si crea uno stato di beneficio generale. In più si perdono meno elettroliti quando si suda. Infine aumenta il volume del plasma, una cosa che normalmente si insegue nelle preparazioni in altura.

Come funziona?

L’ho suddiviso fra sauna e allenamento sui rulli. Preparando il Giro, l’ho fatto per tre settimane, un paio di volte a settimana. Uscivo in bici e dopo l’allenamento mi cambiavo e andavo diretto nella sauna. Ci stavo per mezz’ora a 80, 90 gradi. Poi uscivo e lasciavo che la temperatura rimanesse alta. Non mi gettavo acqua fredda sulle gambe come fanno alcuni, devi lasciare che il corpo impari da sé ad abbassare la temperatura. In alternativa facevo i rulli.

Diverse squadre praticano Heat Training. La EF lo documenta molto bene nel suo sito (foto Ef Pro Cycling)
Diverse squadre praticano Heat Training. La EF lo documenta molto bene nel suo sito (foto Ef Pro Cycling)
Sempre dopo l’allenamento?

Esatto. Rientravo, mettevo la bici sui rulli in bagno e aprivo l’acqua calda. Mi vestivo come un eschimese e mi mettevo a pedalare. Nella prima parte cerchi di spingere un po’ di più per far salire subito il cuore e poi guardi soltanto i battiti. Diciamo che in questo caso tra watt e cuore è inversamente proporzionale.

Perché vestirsi pesante? E basta aprire l’acqua calda oppure si usano stufette?

Basta l’acqua calda, che produce calore e umidità. Perché coprirsi tanto? Più ti vesti e meno devi spingere, perché la temperatura sale facilmente. L’importante è coprire bene le estremità del corpo, come le mani o la testa, perché ci sono più capillari e terminali nervosi.

Durante questa fase si può bere?

No, vietato. Bevevo prima e dopo, ma non durante, per ottenere il massimo vantaggio. Stessa cosa quando finivo, lasciavo che la temperatura rimanesse più alta possibile e il più a lungo possibile. La doccia ad esempio la facevo calda.

Quanto dura la seduta di rulli, mezz’ora come la sauna?

Un po’ di più, fra i tre quarti d’ora e l’ora.

In fuga verso Valona con Mark Donovan. Il Giro di Germani cambia faccia ora che Gaudu è uscito di classifica?
In fuga verso Valona con Mark Donovan. Il Giro di Germani cambia faccia ora che Gaudu è uscito di classifica?
Quale delle due modalità è più redditizia?

In teoria dovrebbe essere lo stesso. Io preferivo la sauna, perché magari quell’oretta dedicata ai rulli avrei dovuto sottrarla al tempo per fare i lavori in bicicletta. Facendolo in attivo, quindi pedalando sui rulli, si crea ancora più fatica. Mentre in passivo, quindi in sauna, dovresti avere benefici, senza creare ulteriore stress al fisico.

Si hanno benefici progressivamente oppure alla fine delle tre settimane ti accorgi che qualcosa è cambiato in meglio?

Qualche cambiamento lo percepisci subito nell’adattamento al calore. Io ad esempio ho sempre sofferto la sauna, per cui inizialmente dopo un quarto d’ora dovevo uscire, prendermi un attimo di recupero e poi rientrare. Le ultime volte invece facevo 30 minuti filati. Stessa cosa con i rulli. La prima volta avevo tot battiti a tot watt, alla fine avevo gli stessi watt ma con meno battiti. I parametri sono questi.

Perché ricorrere a questi sistemi e non andare in altura?

L’ho fatta negli ultimi due anni e non ho visto grossi vantaggi e quindi ho preferito allenarmi di più, anche perché quando si va in quota ci si allena sempre un filo di meno.

Dallo scorso inverno, Germani convive con la compagna Martina, futuro avvocato (immagine Instagram)
Dallo scorso inverno, Germani convive con la compagna Martina, futuro avvocato (immagine Instagram)
Visto che sei andato da poco a vivere con la tua compagna, lei come ha preso i rulli e la temperatura tropicale nel bagno?

Ecco questa potrebbe essere la nota dolente (ride, ndr). Una volta aveva bisogno del bagno, ma ha dovuto aspettare che finissi e non era molto contenta. Invece un giorno avevo bisogno io di aiuto, ero disperato. Mi mancavano 20 minuti, ero proprio al limite della mia vita. E le ho chiesto di venire a darmi supporto morale e lei mi ha risposto che stava studiando e non poteva muoversi.

E tu?

Quando poi ci siamo ritrovati a tavola, le ho detto che ci ero rimasto male e che mi sarebbe bastata la sua compagnia. E lei ridendo ha detto di aver pensato che la volessi in bagno solo per scaldarlo ancora un po’, perché con un corpo in più la stanza sarebbe stata più calda…