LAIGUEGLIA – Il campione italiano under 23, Edoardo Zamperini, ha iniziato da qualche mese la sua nuova avventura nella formazione di sviluppo dell’Arkea B&B Hotels. Per questa prima parte di stagione il veneto ha disputato dieci giorni di gara, tutti con la formazione WolrdTour. L’ultimo appuntamento di questa breve serie è stato il Trofeo Laigueglia, nel quale si è messo a disposizione dei compagni. Dopo tanti anni in Italia anche Zamperini ha deciso di tentare la strada dell’estero, rispondendo alla chiamata del team francese (in apertura foto GettyImages).
«La prima gara con la formazione continental – racconta Zamperini a pochi minuti dal via – sarà il Circuit des Ardennes. Quest’anno lo sto vivendo come un periodo di transizione, la stagione scorsa è stata tosta sotto tanti aspetti. Ero partito con molte aspettative e carico di responsabilità fin dall’inverno, volevo far bene a tutti i costi. Non ero disposto a fare un eventuale quarto anno da under 23 in Italia e quindi già da gennaio mi sono messo sotto pressione. La caduta di maggio poi mi ha causato un altro periodo di tensione ed è stato tutto un inseguire. Non ho raggiunto l’obiettivo di passare professionista ma ho fatto un bel passo in questo senso. Quindi il 2025 vuole essere un anno in cui fare le cose al 100 per cento ma con meno stress. Voglio accumulare esperienza».
Stai trovando un modo diverso di correre, in appoggio ai compagni…
Negli anni passati ho spesso indossato i panni del capitano però ero sempre pronto a mettermi a disposizione. Anche nella scorsa stagione qualche volta ho dato supporto ai miei compagni, sapevo che arrivando in una formazione più grande questo sarebbe stato il mio “destino”.
Come ti stai trovando in queste nuove vesti?
Bene. Ad esempio alla Classic Var gran parte del lavoro era riuscire a imboccare l’ultimo strappo nelle prime posizioni. Io avevo il compito di portare Vauquelin in testa e ci sono riuscito. Fa parte dell’esperienza che voglio fare, perché un giorno se e quando sarò il capitano so cosa chiedere ai compagni.
Sei già entrato in certe dinamiche?
Sì, anche perché in una realtà così grande come una squadra WorldTour, nonostante io sia nel devo team, le cose non le spiegano mille volte. Tutto è organizzato e si lavora al meglio, ma una volta detto come funziona una cosa è meglio capirla subito. Fuori c’è la fila di corridori che vogliono prendere il tuo posto.
Tu come ti senti?
Sono uno che capisce subito come muoversi in gruppo e tatticamente mi ritengo bravo. La squadra mi ha già dato dei compiti delicati (come scortare il capitano fino all’ultimo strappo, ndr) e ho mostrato le mie capacità.
Per raggiungere la miglior condizione cosa manca?
Un po’ di ritmo. Per questa stagione mi sono messo l’obiettivo di entrare nel target, non sto pensando ai risultati ma a far vedere che posso stare con i grandi. Poi dove non si arriva con le gambe lo si può fare con la tattica. In alcune occasioni sono arrivato a prendere le salite finali davanti e poi non ho avuto le gambe per tenere il passo dei più forti. E’ un fattore che da un lato mi rende tranquillo, perché in questo ciclismo è importante essere astuti e sapersi muovere. La condizione poi arriva.
Stai imparando il francese?
Ho iniziato a capire e padroneggiare i termini riferiti alla bici e alla corsa, però voglio impararlo bene, sia per socializzare con i compagni sia per parlare con i tecnici. Sono una persona estroversa, quindi mi piacerebbe entrare maggiormente in certe dinamiche del gruppo.
Raccontaci anche di questa parte, del rapporto con lo staff.
Mi sto ambientando anche in questo senso. Anche se sono nel devo team stiamo lavorando in modalità WorldTour, ovvero a blocchi: allenamento, corse, riposo. E’ un nuovo modo di fare e devo prenderci la mano. Fino a qualche mese fa ero abituato a correre tutte le domeniche, quindi il modo di lavorare era diverso. Piano piano troviamo il modo corretto di fare tutto e anche io capisco cosa è meglio fare.
Con il preparatore ti trovi bene?
Anche questo è un punto sul quale sto lavorando. Negli anni scorsi ho sempre lavorato con Rocchetti ed ero abituato a un rapporto molto stretto. Mi conosceva bene e almeno una volta a settimana mi seguiva durante gli allenamenti. Ora questo non è più possibile, si lavora a distanza e con i file. Però è così che si fa nelle grandi squadre, quindi sto imparando a gestire la cosa.
Rispetto a una formazione continental italiana cosa è cambiato nell’organizzazione?
E’ tutto da paura e molto più internazionale. La squadra mi aiuta tanto ma allo stesso modo entra in gioco la responsabilità personale. Fino all’anno scorso gli spostamenti e le trasferte venivano organizzati dal team che poi mi passava a prendere a casa o lì vicino. Ora mi mandano i biglietti aerei e il trasporto all’aeroporto o il pranzo lo devo gestire io. Anche da queste cose si impara a essere dei ciclisti professionisti.