Il manubrio di Pogacar e la gestione del tappone dei record

26.07.2024
5 min
Salva

Una foto del manubrio di Pogacar. Mancava un’ora circa alla partenza della tappa di Plateau de Beille, quella del record di Pantani e dei numeri pazzeschi. Era il 14 luglio, Festa nazionale francese. Tadej aveva già 1’57” di vantaggio su Vingegaard, accumulato nella crono vinta da Evenepoel e soprattutto il giorno prima a Pla d’Adet, quando era riuscito a staccare nuovamente il danese. Le schermaglie sugli sterrati di Troyes, ma soprattutto la vittoria di Vingegaard a Le Lioran avevano autorizzato qualche dubbio.

In particolare quest’ultima. L’attacco violentissimo dello sloveno sul Pas de Peyrol e il suo spegnersi progressivo a fronte del rientro di Jonas avevano fatto pensare a una crisi di fame. Troppo netta la differenza delle forze quel giorno. Invece alla partenza della tappa di Saint Lary Soulan, alla vigilia di Plateau de Beille, il nutrizionista Giorka Prieto l’aveva esclusa dalle possibilità, parlando di uno sforzo eccessivo al momento dell’attacco. Quasi si fosse trattato di un errore tattico e non di un problema alimentare. Per questo il cartoncino sul manubrio della bici col numero 11 ci era sembrato così interessante (foto di apertura). E ci siamo messi a studiarlo in relazione all’altimetria della tappa di giornata.

Ecco l’altimetria della 15ª tappa del Tour, da Loudenvielle a Plateau de Beille
Ecco l’altimetria della 15ª tappa del Tour, da Loudenvielle a Plateau de Beille

Sei salite in 199 chilometri

La 15ª tappa da Loudenvielle a Plateau de Beille misurava 197,7 chilometri e proponeva sei gran premi della montagna. Il Peyresourde in partenza, dopo 6,9 chilometri. Quindi il Col de Mente al chilometro 50, il Portet d’Aspet al 65,5. E a seguire il Col d’Agnes al chilometro 139, il Port de Lers al 147,5 e la salita finale, dal chilometro 181,3 al 197,7.

La tabella sul manubrio indicava i punti in cui mangiare, un utile memorandum per evitare qualsiasi imprevisto. Per dargli una forma che in qualche modo sia esplicativa per chi, come noi, va in bici ma non ha le gambe di Pogacar, abbiamo chiesto un commento a Paolo Calabresi, Direttore Marketing Sport & Fitness di Enervit.

«Questo è un classico esempio di tabella chilometrica – spiega – con alcune informazioni riguardanti lo schema di integrazione che deve seguire l’atleta, come da indicazione del suo nutrizionista. Utile per evitare che il corridore trascorra troppo tempo senza integrarsi e farsi trovare scarico nel finale della gara. Insieme ci sono alcune indicazioni utili sul percorso come salite, sprint intermedi, feed zone».

A un chilometro dal GPM

La collocazione dei punti in cui alimentarsi non è ovviamente casuale. Si nota ad esempio come Pogacar debba mangiare circa un chilometro prima della fine della salita: un passaggio invece non indicato per la scalata finale. Si suggerisce un gel poco dopo l’inizio dell’ultima salita e acqua a 10 chilometri dall’arrivo.

«Relativamente ai prodotti – spiega Calabresicon XX è contraddistinta la borraccia di Enervit Isocarb caricata con 60 grammi di carboidrati. Se ci fosse la X singola, sarebbero invece 30 grammi. In rari casi, alcuni atleti la chiedono anche la tripla X, ossia 90 grammi di carboidrati.

«Con la w è contraddistinta la borraccia di acqua. Ice sta ad indicare quando viene fornito il sacchettino di ghiaccio da posizionare sul collo. Il gel corrisponde al Carbo Gel Enervit C2:1PRO che nelle tappe più calde può essere la versione arricchita con sodio. Quando si legge caf, si intende il Carbo Gel Enervit C2:1PRO con caffeina. Là dove è indicato XX caf o XX gel oppure w caf vuol dire che hai una borraccia con nastrato un gel con o senza caffeina, quelle che solitamente si vedono passare dal massaggiatore lungo il percorso. Water gel o caf sta per borraccia di acqua con attaccato un gel con caffeina o senza».

Alimentazione continua

Ovviamente non si tiene conto in questo schema di ciò che Pogacar aveva in tasca alla partenza e che certamente avrà preso al rifornimento che il gruppo ha incontrato dal chilometro 92,5. Ciascun corridore ha le sue esigenze e spetta al nutrisionista individuarle e gestirle. Quel che interessa è il dato assoluto. Che si tratti di professionisti o amatori, nel momento in cui si è dotati di una strategia alimentare, quanto si deve essere precisi nel rispettare certi tempi e certe scadenze?

«Oggi i corridori sono sempre full gas – spiega Calabresi – iniziano ad alimentarsi fin dai primi chilometri. Non è tanto una questione di timing. Loro sanno che devono continuamente alimentarsi per mantenere un livello di carboidrati circolanti il più costante possibile, per non farsi mai trovare in carenza. Il ciclismo moderno non è a richiesta: non funziona più che prendo un gel nella fase finale per la volata. E’ un continuo alimentare il fisico con il carburante dei carboidrati, per mantenere e soddisfare la richiesta di performance per tutta la tappa. In modo da mantenere le riserve energetiche il più possibile costanti e stabili e salvaguardarle anche per il giorno successivo. L’evoluzione dei nuovi prodotti consente l’assunzione in grandi quantità, in termini di grammature di carboidrati, rispetto al passato».

Delle Vedove scalpita: ora vuole un progetto su misura

26.07.2024
5 min
Salva

La stagione di Alessio Delle Vedove lo ha rivisto riattaccare il numero brevemente verso la fine di giugno. Ha partecipato prima al campionato italiano under 23 e poi ad una corsa in Belgio: la SD Worx BW Classic. Una breve apparizione, nessun risultato rilevante visti anche i percorsi poco adatti e la lunga assenza dalle gare. In questi giorni il veneto della Wanty-ReUz-Technord, il devo team della Intermarché Wanty, è in ritiro in altura. 

«Sono qui da tre settimane – dice Delle Vedove – oggi (ieri per chi legge, ndr) ho fatto un lungo di 5 ore e mezza. Un bell’allenamento intenso con 3.400 metri di dislivello, sono andato fino a Tirano e poi sono risalito da l’Aprica e ritornato a casa. Ho deciso di prendermi un appartamento, mi trovo meglio, ho i miei ritmi e gestisco io il tempo».

Delle Vedove ha corso due gare a fine giugno, uno era il campionato italiano under 23 a Trissino (photors.it)
Delle Vedove ha corso due gare a fine giugno, uno era il campionato italiano under 23 a Trissino (photors.it)

Lenta ripresa

Il grande carico di lavoro fa intuire che la stagione di Delle Vedove stia per riprendere, per tuffarsi in un rush finale e poi vedere che aria tira. 

«Riprenderò a correre in Belgio – continua – poi affronterò il calendario di fine anno facendo un po’ su e giù tra professionisti e under 23. Sarò al Tour de Namur e al Flanders Tomorrow Tour, dove nel 2023 ho ottenuto due delle mie tre vittorie stagionali. Nel mese di settembre sarò con i professionisti, mi piace questa cosa di affrontare qualche corsa con i grandi. La squadra mi ha dato un mese per prepararmi al meglio».

Nel ritiro in altura anche il tempo per una pausa bar e godersi il meritato riposo tra un allenamento e l’altro
Nel ritiro in altura anche il tempo per una pausa bar e godersi il meritato riposo tra un allenamento e l’altro
Tu sei anche a fine contratto, sai già cosa farai nel 2025?

Vedremo, devo capire. Mi sono arrivate delle buone offerte da alcune squadre, ora aspetto la controproposta del team. E’ presto per dire se rimarrò qui oppure no.

Ma proposte per passare direttamente nel WorldTour?

Alcune squadre mi hanno fatto delle offerte di questo tipo, ma non mi sono sentito di prenderle in considerazione. Non ho fretta di passare. Vorrei fare ancora un anno in un devo team con la possibilità di dividere il mio calendario con un 60 per cento di gare con i pro’ e il resto con gli under 23. E’ ormai diventata una mezza moda questa di offrire contratti che portano ad accordi del genere. 

Delle Vedove vorrebbe avere un programma di gare diviso così: 60 per cento tra i pro’ e 40 per cento U23 (Micheal Gilson)
Delle Vedove vorrebbe avere un programma di gare diviso così: 60 per cento tra i pro’ e 40 per cento U23 (Micheal Gilson)
Tu cosa vorresti?

Mi piacerebbe avere un progetto triennale. Un contratto con un anno nel devo team e due nel WorldTour. Nel 2024 mi manca ancora la vittoria, ma le squadre ora guardano tutte Training Peaks e non come ti comporti in corsa. Controllano gli allenamenti e i dati. Se hai valori di 7 o 7,5 watt per chilo nei 5 minuti non ti prendono in considerazione. 

Un approccio diverso…

Magari si avvicinano e ti dicono che sono interessati, poi però al secondo colloquio ti chiedono: «Ma possiamo vedere Training Peaks?». I progetti di crescita sono basati sui numeri e i dati degli allenamenti. Le squadre in questo modo sanno come lavori e hanno già un’idea di come potrebbero intervenire. Io in un progetto di due o tre anni penso di poter arrivare a determinati valori, ma non voglio bruciare le tappe. 

Nelle corse con i professionisti la gamba cresce comunque e si guadagna anche in esperienza (Photo Gomez)
Nelle corse con i professionisti la gamba cresce comunque e si guadagna anche in esperienza (Photo Gomez)
In che senso?

Mi piacerebbe arrivare nel WorldTour con delle certezze. Ora avrei paura di staccarmi e non essere competitivo. Che senso avrebbe fare un salto del genere se non lo puoi superare? Meglio fare un anno ancora dove corro tra gli under 23 per vincere. Poi tanto fare un calendario con il 60 per cento di gare tra i pro’ ti permette di crescere comunque. Il motore ne beneficia.

Meglio maturare ancora.

Ho 20 anni, l’anno prossimo 21, mica sono vecchio. Se nel 2025 dovessi andare nel WorldTour rischierei di collezionare minuti e DNF. Un progetto con un mix di gare come vorrei fare io mi permetterebbe di correre nelle categorie .Pro o .1. Poi tra gli under 23 avrei nel mirino gli appuntamenti più importanti: Roubaix, Gent, Giro Next Gen, Tour de Bretagne, Youngster…

Al Tour de Namur, nel 2023, era arrivata la seconda vittoria stagionale (foto DirectVelo)
Al Tour de Namur, nel 2023, era arrivata la seconda vittoria stagionale (foto DirectVelo)
Ne hai parlato anche con il tuo procuratore?

Sì. Vogliamo trovare l’abito su misura. Fino ad oggi sono stato dal sarto e ho visto tante cose che mi possono piacere, ora è il momento di ritagliarmi il mio. Non mi sono pentito della scelta di venire in Belgio, questo deve essere chiaro. Se dovessi tornare indietro rifarei tutto: freddo, pioggia, pavé, muri, ventagli e le gare. Devo capire qual è la cosa giusta per me e a breve lo saprò.

Domani la crono di Parigi, ma prima rileggiamo il Tour di Remco

26.07.2024
6 min
Salva

Nella sua giovane carriera da professionista, che a 24 anni lo vede vincitore di 56 corse fra cui due Liegi e due mondiali (uno in linea e uno a crono, foto di apertura), Remco Evenepoel ha concluso tre Grandi Giri. Uno lo ha vinto (Vuelta 2022), nel secondo è arrivato 13° (Vuelta 2023), il terzo – il primo Tour de France della sua carriera – lo ha chiuso al terzo posto. Gli è andata male solo al Giro d’Italia. Ne ha corsi due e in entrambi si è ritirato: nel primo per caduta (2021) e per la scelta assurda di schierarlo come prima corsa al rientro dall’infortunio al Lombardia, nel secondo per il Covid (2023). Il motivo per cui si sente spesso dire che il ragazzino (ha due anni meno di Pogacar e quattro di Vingegaard) non sia adatto per queste corse rientra fra le etichette social affibbiate col gusto di colpire e non di capire.

Abbiamo parlato del suo Tour con Tom Steels e Koen Pelgrim, questa volta lo facciamo con Davide Bramati, che con lui ha preparato ben più di una vittoria e anche i due sbarchi sfortunati al Giro.

«Come abbiamo sempre detto – racconta il tecnico bergamasco – e come ha detto più volte anche Remco, avevamo un obiettivo definito. Puntare a un posto fra i primi cinque e vincere una tappa. Ha vinto la crono, una grande crono. Mentre io, dopo la tappa nello sterrato, mi sono sempre più convinto che avrebbe fatto un grande Tour».

Bramati, classe 1968, è stato pro’ dal 1991 al 2006 e da allora è ds alla Soudal-Quick Step
Bramati, classe 1968, è stato pro’ dal 1991 al 2006 e da allora è ds alla Soudal-Quick Step
Quello che ha colpito da fuori è stata la tranquillità nel gestire ogni momento, duro e meno duro, sebbene fossimo al Tour.

L’ho già detto: passano gli anni, sta maturando e sta imparando tanto. Non dimentichiamoci che Remco ha saltato gli under 23 e penso che non sia stato facile. Sappiamo tutti che la pressione di tutti i giornalisti in Belgio è altissima, soprattutto avendo un corridore così e dopo tantissimi anni che uno di loro non saliva sul podio del Tour. Penso che sia stato bravo, si è gestito veramente alla grande. Anche nei giorni in cui si è staccato da Pogacar e Vinegaard, ha sempre gestito veramente bene tutte le situazioni.

E’ una maturazione che sta arrivando con i mesi oppure qualcosa su cui state lavorando?

Già l’anno scorso eravamo venuti al Giro d’Italia con il grande obiettivo di provare a fare i primi cinque e vincere una tappa. L’idea non confessata, se proprio si voleva puntare in alto, era di arrivare al podio, ma quello si poteva capire strada facendo. Penso che fino alla crono di Cesena si sia gestito tutto bene. Remco aveva vinto alla grande la crono iniziale. Avevamo lasciato andare la maglia per non sprecare energie tutti i giorni, andando al podio e alle conferenze stampa. Stava andando tutto bene e poi purtroppo è successo quello che è successo. Penso che la stessa situazione si sia vista quest’anno al Tour de France. Il Covid c’è e negli sport di resistenza come il ciclismo, non è facile andare avanti se un corridore lo prende.

Finalmente il Tour e il podio al primo colpo: non è un risultato banale.

Il Tour è il Tour e giustamente prima di arrivarci, ha fatto la Vuelta. Mi correggo, Remco ha vinto la Vuelta alla prima partecipazione. Forse si dimentica troppo spesso che Remco ha già vinto un Giro di tre settimane a 22 anni. Adesso ne ha 24 e abbiamo pensato che avesse la base per chiudere il cerchio con una grande esperienza. Mancava il Tour e penso che correndolo abbia imparato tanto. Si è gestito veramente bene in tutte le tappe. Anche se magari veniva staccato, non è mai andato veramente in difficoltà. Ha sempre fatto il suo, sapendo che Pogacar quest’anno era di un altro livello. Per adesso Tadej è di un altro pianeta. Sicuramente questo terzo posto fa ben sperare anche per il futuro.

Nella penultima tappa a Col de la Couillole, Remco ha attaccato Vingegaard, ma la risposta è stata inesorabile
Nella penultima tappa a Col de la Couillole, Remco ha attaccato Vingegaard, ma la risposta è stata inesorabile
Ha vinto tanto, ma resta sempre un giovane, no?

Infatti penso che questo podio gli dia tanta convinzione anche per i prossimi anni. Ha già un palmares notevole, ma sono convinto che non sia finito lì. Già domani e poi la settimana prossima ci saranno le Olimpiadi, la crono e la strada, e penso che lo vedremo lottare per una delle tre medaglie.

A proposito di crono, l’ultima vi ha un po’ deluso oppure si capiva che era sarebbe stata una prova di gambe e quindi il terzo posto va bene?

Si è fatto tutto quello che si doveva per provare a vincerla. Sapevamo che non era una cronometro facile, anche perché arrivava dopo due tappe molto impegnative e abbiamo trovato nuovamente Pogacar su un altro livello. Vingegaard era già più vicino, però siamo contenti così. Penso che tutti abbiano visto l’emozione che aveva dopo l’arrivo. Tanti continuavano a dire che non avremmo mai potuto portare qualcuno sul podio del Tour. Per noi è il frutto di un lavoro di squadra iniziato da anni e che ci ripaga tutti. Ci abbiamo sempre creduto, siamo sempre stati coi piedi per terra, abbiamo lavorato giorno dopo giorno. Nessuno mai è uscito dicendo che fossimo in Francia per vincere il Tour, nemmeno lui. Tutto quello che veniva sarebbe stato un’esperienza molto importante. Penso che questo sia un passaggio importante da far capire.

Nella tappa di sabato, sembrava che voleste attaccare a fondo.

Abbiamo provato ad andare per il secondo posto. Il giorno prima ci era sembrato che Vingegaard fosse arrivato al limite e ci siamo detti: «Perché non provare?». Non si sa mai e poi il giorno dopo c’era la cronometro. I corridori erano tutti molto motivati, si è fatto quello che si è potuto, ma abbiamo trovato Pogacar e Vingeegaard che sicuramente erano ancora in giornata di grazia. E’ stato giusto provarci e comunque abbiamo imparato qualcosa.

Si temeva che la squadra non fosse all’altezza, invece nonostante le defezioni, se la sono cavata bene. Cosa possiamo dire?

Niente di negativo. Moscon ha fatto il suo. Landa ha lavorato ed è arrivato quinto al Tour a 34 anni. Magari alcune tappe per velocisti sembra che si siano vissute tranquillamente, ma in gruppo c’è sempre stress, paura di cadute, paura del regolamento dei tre chilometri, con certi giorni in cui lo hanno spostato ai 4 e ai 5 chilometri. Tutto sommato è stato un Tour di livello altissimo, ma con poche cadute. I corridori sono sempre rimasti concentrati e la nostra squadra ha fatto la sua parte. Hirt è stato chiamato in extremis e nell’ultima settimana si è fatto trovare pronto. Purtroppo abbiamo avuto le due defezioni di Cattaneo e Masnada che da italiano mi sono dispiaciute. Abbiamo dovuto fare delle scelte e per vari motivi non erano pronti. Credo sia stato per tutti un Tour utile per il futuro, che ci ha dato tante certezze in più.

Il futuro è un’incognita. Già lo scorso anno si era parlato prima della fusione con la Ineos Grenadiers e poi in modo più concreto con la Jumbo Visma. Evenepoel ha il contratto con la squadra belga fino al 2026, ma non è un mistero che nei giorni del Tour sia stato legato già per il prossimo anno alla Red Bull, con cui la Soudal-Quick Step condivide il marchio delle bici. Abbiamo visto passaggi di maglia pagati con sacchi di euro, al punto che per blindare Pogacar, il UAE Team Emirates ha innalzato la sua clausola rescissoria a 150 milioni di euro. Quel che si può osservare è che nel gruppo Quick Step, Remco stia seguendo una crescita coerente e progressiva, con le tutele che i suoi 24 anni rendono necessarie. Siamo sicuri che finire in uno squadrone che da lui si aspetterà certamente il risultato sia la scelta più giusta?

Pronostici olimpici: previsioni azzurre, ma non troppo…

26.07.2024
5 min
Salva

La vigilia dei Giochi Olimpici è sempre contraddistinta dai pronostici. Si ammucchiano le virtuali medaglie per stilare il medagliere in anticipo sui tempi. C’è chi lo fa di mestiere, come la Nielsen specializzata in lavori statistici dal più alto profilo. Tramite la sua affiliata Gracenote sin da un anno a questa parte ha messo insieme tutti i risultati probabili, tracciando una linea guida in vista delle prove di Parigi.

Va detto che il lavoro di Gracenote è tanto articolato quanto semplice. L’algoritmo che stila i pronostici è infatti generato dai risultati ottenuti nel corso del triennio, mondiali e prove continentali in primis, mettendo poi una variabile dettata alla casualità. Tuttavia nel computo finale si vede come i risultati scaturiscano principalmente dal confronto di ordini d’arrivo.

Evenepoel, con Tarling e Ganna, è fra i più pronosticati per la crono
Evenepoel, con Tarling e Ganna, è fra i più pronosticati per la crono

La defezione di Pogacar

Ecco così che nelle prove su strada si ripete quasi pedissequamente il copione degli ultimi mondiali, con Van der Poel oro in linea davanti a Philipsen. Prima che annunciasse il forfait, accreditato per l’argento c’era Pogacar, rientrato prepotentemente in gioco a furia di vittorie. Agli inizi della stagione, le proiezioni non lo accreditavano del podio e la cosa, come si ricorderà, fece adirare non poco il suo ex cittì e attuale diesse alla Uae Andrej Hauptman. Nella crono comanda Evenepoel su Ganna e, non senza sorpresa, lo svizzero Kung, fra le donne oro in linea a Kopecky (con Balsamo seconda) e crono all’australiana Brown.

Su pista l’Italia viene accreditata di due argenti, con entrambi i quartetti. Rivincita danese al maschile, oro britannico al femminile, ma le albioniche, prime anche nella madison, in queste proiezioni avevano ancora fra loro l’infortunata Archibald, quindi la situazione è un po’ cambiata. Per il resto l’Olanda svetta nel medagliere specifico con 4 ori, 3 dei quali per merito di Lavreysen.

Pronostici di parte

Il gioco dei pronostici appassiona tanti, anche in Italia dove il sito multidisciplinare Oasport ha avuto occhi un po’ più accondiscendenti verso il colore azzurro. Anche se Ganna viene ritenuto inferiore a Evenepoel e Tarling e la Longo Borghini viene accreditata del terzo podio in 8 anni, dietro Wiebes e Kopecky. Su pista ancora Danimarca vincente sugli azzurri, ma al femminile svettano le nostre ragazze su britanniche e neozelandesi. Intanto Thomas fa doppietta in casa, nell’omnium e con Grondin nella madison con Hayter due volte secondo.

C’è poi chi, come il gruppo Facebook Fratellanza Olimpica ha messo insieme non solo i risultati ma ore e ore di discussione tracciando alla fine un bilancio per ogni specialità. Se si avverassero le loro previsioni, ci sarebbe davvero da festeggiare, stanti gli ori di Ganna a cronometro e dei due quartetti. Come contorno ci sarebbero gli argenti nella prova in linea femminile e il bronzo nell’omnium sempre femminile. VDP comanda nella prova in linea, Kopecky torna a svettare fra le donne, Dygert è la cronowoman più veloce.

Kopecky è la favorita della crono e della strada donne, Elisa Longo Borghini è attesa alla medaglia
Kopecky è la favorita della crono e della strada donne, Elisa Longo Borghini è attesa alla medaglia

Parliamo però di pronostici molto condizionati dall’appartenenza nazionale. Se valichiamo le Alpi le cose cambiano un po’, anzi forse troppo se si pensa che il sito specializzato Le Comptoir du Sports dà il medagliere generale azzurro accreditato di appena 7 ori e quindi fuori dalla Top 10. Nel ciclismo in particolare gli azzurri dovrebbero prendere l’argento con il quartetto maschile dietro i rivali danesi, e l’argento di Ganna dietro Evenepoel. E basta… In compenso, per i francesi ci sono 4 medaglie fra cui l’oro di Thomas.

Dalle previsioni alle quote

Perché tanta attenzione ai pronostici? Perché essi segnano anche le quote che le varie agenzie di scommesse stabiliscono e qui l’affare si fa interessante. Tanto scetticismo infatti porta a quote molto invitanti e a una situazione molto precisa. Nella cronometro maschile, ad esempio, molto difficilmente si esce dal trio degli scorsi mondiali con Tarling che secondo Eurobet si fa preferire a Ganna e Evenepoel, ma Van Aert, quarto favorito, è già a 36. Per la prova in linea VDP favorito, ma Pedersen è una valida alternativa a 7, Van Aert è già a 13 come Evenepoel, Bettiol viene dato addirittura a 51.

Secondo i francesi, Thomas fa doppietta in casa, nell’omnium e nella madison
Secondo i francesi, Thomas fa doppietta in casa, nell’omnium e nella madison

In campo femminile, nella crono quote bassissime per la Dygert su Van Dijk e Brown, la Longo Borghini è data a 21. Più ottimismo per la gara in linea con 9 per lei e 11 per la Balsamo, ma Kopecky e le olandesi hanno più appeal. E volendo, le quote più intriganti riguardano la pista e il quartetto femminile, poco accreditato e quindi con quote molto invitanti…

Con Anastopoulos nel backstage di Progetto 35

25.07.2024
6 min
Salva

Al netto dello strapotere di Tadej Pogacar e della sua strabiliante doppietta, l’altra grande news di questo Tour de France è stato il record di vittorie di Mark Cavendish. Vincendo a Saint Vulbas l’inglese dell’Astana Qazaqstan ha portato a termine “progetto 35”, come il numero di vittorie nella Grande Boucle. Ma per certi traguardi l’atleta da solo non basta: serve una squadra dietro e persone di fiducia totale, come Vasilis Anastopoulos.

Anastopoulos è il preparatore che lo ha seguito in questa sfida ambiziosa, sarebbe più corretto dire che lo segue da anni. Della squadra ci aveva detto già Stefano Zanini. Il direttore sportivo ci parlò di un team compatto attorno a Mark, di una disposizione totale nei suoi confronti, di una ricerca capillare dei materiali… Dopo la caduta dello scorso anno e il ritiro rimandato, l’obiettivo era solo questo. Ma serviva di più e in questo di più c’era il lavoro a stretto contatto con il suo coach storico.

Ex pro’, Vasilis Anastopoulos è oggi un preparatore affermato. Da anni lavora con Cav (foto Instagram)
Ex pro’, Vasilis Anastopoulos è oggi un preparatore affermato. Da anni lavora con Cav (foto Instagram)

Da corridore a coach

Originario del Peloponneso, Vasilis Anastopoulos oggi vive ad Atene, con la la moglie e i suoi due figli «Che – dice lui – sono i più grandi sostenitori miei e di Mark! Oltre al ciclismo seguo il calcio e sono un tifoso dell’Olympiakos. Il mio cognome è molto popolare in Grecia, poiché uno dei giocatori di calcio più famosi degli anni ’80, Nikos Anastopoulos, ha giocato per l’Olympiakos e anche in Italia, nell’Avellino». 

Non è cosa consueta vedere un greco al ciclismo di alto livello. In qualche modo Vasilis è stato un pioniere in tal senso. E’ stato infatti il primo ciclista greco a diventare professionista. Era il 2000 e firmò per la squadra austriaca, Vorarlberg. Ha corso fino al 2006 e nel 2003 ha vinto il Giro di Grecia. Dopo aver terminato la carriera Anastopoulos ha concluso i suoi studi all’Università, laureandosi in Scienze Motorie. Da lì è diventato coach della nazionale e man mano l’approdo nei team professionistici.

Saint Vulbas, ore 17,39 del 3 luglio 2024, Cavendish ottiene la 35ª vittoria al Tour de France e stacca Merckx
Saint Vulbas, ore 17,39 del 3 luglio 2024, Cavendish ottiene la 35ª vittoria al Tour de France e stacca Merckx
Vasilis, missione compiuta: ora che l’obiettivo è stato raggiunto: quanto credevi davvero fosse possibile? Oggettivamente era davvero difficile… 

Da novembre, da quando abbiamo iniziato a lavorare su Progetto 35, non potevo immaginare che Mark avrebbe ottenuto questa vittoria, era davvero lontana! Da allora abbiamo lavorato davvero tanto e non abbiamo mai smesso di credere che sarebbe stato possibile. Anche se in primavera abbiamo dovuto superare alcuni momenti difficili.

Ed è stato quello secondo te l’ostacolo più difficile in quest’ultimo anno?

Proprio la sua malattia a marzo. Quello è stato un periodo difficile che abbiamo dovuto gestire con molta attenzione, ma alla fine abbiamo modificato il suo programma di gare e siamo riusciti a rimetterlo in carreggiata.

Dopo tanto tempo, qual è secondo te un punto di forza e un punto debole del Cav?

I punti di forza sono il suo approccio mentale, la sua velocità, la sua potenza assoluta e la resistenza alla fatica. Per quanto riguarda una debolezza, direi il suo sistema aerobico, come per la maggior parte dei velocisti del resto.

Dopo la sua vittoria hai analizzato i suoi dati: com’è andata?

Quel giorno ha fatto uno dei suoi migliori sprint vincenti.

Come è iniziato il vostro rapporto di collaborazione?

Abbiamo iniziato a lavorare insieme nel dicembre 2020 quando lui si è riunito al gruppo Quick Step. La nostra collaborazione è continuata fino alla fine del 2022, quando poi lui è andato all’Astana e abbiamo ripreso a lavorare insieme in questa stagione, quando anche io sono arrivato in Astana (su richiesta di Cav, ndr).

Vi è mai capitato di litigare sui programmi o su alcune scelte? E se sì, quali?

Abbiamo iniziato la stagione con un ritiro in quota in Colombia e poi abbiamo fatto il Tour of Colombia, che è andato molto bene, dato che lì ha vinto una tappa. Successivamente si è ammalato, quindi abbiamo dovuto modificare il suo programma di gare, saltando alcune corse di un giorno in Belgio. Abbiamo aggiunto il Giro di Turchia nel suo piano, come parte della sua preparazione, ma abbiamo mantenuto il suo piano originale, come stabilito già a novembre, fino al Tour.. 

È insolito che un atleta, soprattutto uno di punta come il Cav, decida di venire in Grecia: perché? E quando tutto questo è iniziato?

Nell’aprile del 2021 gli ho chiesto di venire per un training camp ad Atene, così ha fatto e gli è piaciuto molto. Lì nessuno lo riconosce perché il ciclismo non è così popolare in Grecia e possiamo allenarci sulle strade che io conosco molto bene. Da allora è venuto in Grecia altre quattro volte e ogni volta organizziamo dei camp davvero di ottima qualità. C’è una serie su Netflix che rende bene l’idea…

Ad Atene spesso a fine allenamento Cav era stremato, voleva mollare, ma Vasilis insisteva (foto @nassostphoto)
Ad Atene spesso a fine allenamento Cav era stremato, voleva mollare, ma Vasilis insisteva (foto @nassostphoto)
Tecnicamente come hai impostato tutto il lavoro?

A seconda del periodo e delle esigenze del corridore modifico il mio programma ma mi piace mescolare le sessioni (base, potenza, sprint) e le componenti del fitness. Ad esempio lavoro sulla massima potenza e sugli sprint per tutto l’anno e non solo in periodi specifici. 

In queste bellissime storie ci sono sempre aneddoti particolari: qual è il tuo? 

Abbiamo trascorso molto tempo insieme in allenamento, sicuramente ci sono stati momenti in cui era stanco e non riusciva a finire una sessione di allenamento difficile. In quelle occasioni  ho dovuto spingerlo al limite, perché sapevo che poteva farcela. E lui si arrabbiava con me, ma poi era felice che avessi insistito per completare la sessione. 

Puoi raccontarci della giorno di Saint Vulbas?

Prima dell’inizio abbiamo discusso della possibilità di vincere e il direttore ha fatto un piano chiaro che tutta la squadra ha eseguito al meglio. Durante quella tappa ho fatto la ricognizione e ho passato tutte le informazioni aggiornate sulla direzione del vento, i punti pericolosi sulla strada… a Zanini e Renshaw che erano i direttori sportivi in ammiraglia. Successivamente mi sono seduto sul bus della squadra insieme ad Alex Vinokourov e ad altri membri dello staff per guardare gli ultimi 20 chilometri della gara. Devo dire che eravamo tutti davvero in ansia perché sapevamo di avere buone possibilità di vincere. L’ultimo chilometro è stato davvero stressante ma dopo aver tagliato il traguardo eravamo al settimo cielo a festeggiare sull’autobus. Per me è stato un enorme sollievo dopo una stagione molto difficile e un grande premio per tutto il duro lavoro che abbiamo svolto insieme in questi ultimi mesi. È stato un momento di pura gioia!

E la sera?

Ovviamente eravamo tutti molto contenti. Più tardi in serata, durante la cena, Mark ha tenuto un discorso e ha ringraziato tutti i corridori e lo staff che hanno creduto in lui e in questo progetto a cui tutti lavoriamo da novembre. Abbiamo bevuto dello champagne, ma a parte questo si vedeva che tutti erano davvero felici e sollevati perché la missione è compiuta!

Sanguineti, un buon Baloise e tanta fiducia in Balsamo

25.07.2024
5 min
Salva

Qualche giorno fa sulle strade del Baloise Ladies Tour ha migliorato il proprio palmares stagionale grazie a due quarti posti di tappa piuttosto inaspettati. Rispetto all’ultima volta che l’abbiamo sentita, Ilaria “Yaya” Sanguineti ha il morale un po’ più alto per una serie di motivi, anche se adesso sta trascorrendo un periodo senza gare.

Alla gara belga Sanguineti ha fatto da “chioccia” ad una Lidl-Trek giovanissima, nonostante nei programmi iniziali avrebbe dovuto pilotare Elisa Balsamo nelle volate contro Wiebes e Kool prima delle Olimpiadi di Parigi. Invece una tonsillite ha obbligato l’ex iridata di Leuven ad abbandonare il Giro d’Italia Women, virando quindi su un avvicinamento diverso. E per come abbiamo imparato a conoscere Yaya in questi anni, sappiamo quanto abbia vissuto in modo intenso le vicissitudini fisiche della sua amica Balsamo. Le abbiamo chiesto come ha visto il suo ritorno alle gare.

Esperienza al servizio delle giovani. Sanguineti al Baloise Tour aveva tre compagne del 2005 ed una del 2002
Esperienza al servizio delle giovani. Sanguineti al Baloise Tour aveva tre compagne del 2005 ed una del 2002
Yaya al Baloise sei stata ancora orfana di Balsamo, ma il tuo ruolo non è cambiato di molto.

In Belgio avevamo una formazione composta da tre ragazze del 2005 (Moors, Sharp e Wilson-Haffenden, ndr) ed Elynor Backstedt che ha 22 anni. Ho trent’anni, in pratica ho fatto da zia a loro (sorride, ndr), che tuttavia sono andate molto forte. Moors ha curato la classifica, anche se il nostro obiettivo erano le vittorie di tappa. Io ci ho provato un paio di volte raccogliendo due quarti posti. Onestamente sono rimasta molto sorpresa.

Per quale motivo?

Dopo il campionato italiano non sono stata molto bene. Mi sentivo un senso di spossatezza generale che non riuscivo a giustificare. Ho fatto anche dei controlli per vedere a cosa potesse essere dovuto. Abbiamo ipotizzato la tiroide, ma non era. A dire il vero non abbiamo capito cosa fosse, forse solo una grande stanchezza. Dopo qualche giorno ferma, ho ripreso ad allenarmi e piano piano ho ritrovato un po’ di condizione. Alla luce di questo, considero quei due quarti posti allo sprint dietro Wiebes e Kool come ottimi risultati, fatti più di esperienza che di gambe.

Sanguineti ha corso solo il campionato italiano assieme a Balsamo, ma ne aveva colto subito la buona condizione dopo il brutto infortunio
Sanguineti ha corso solo il campionato italiano assieme a Balsamo, ma ne aveva colto subito la buona condizione dopo il brutto infortunio
E’ un buon segnale per la parte finale di stagione, giusto?

In teoria sì, in pratica così così. Ora è come se fossi in “off season” anticipata. Vorrà dire che avrò più tempo da passare con Stitch (sorride riferendosi al suo bulldog francese, ndr). Battute a parte, vedremo come sarà il mio calendario. Il Tour de France non dovevo correrlo già da inizio stagione, ma avrei dovuto fare il Tour de Berlin e lo Scandinavia che invece hanno cancellato ultimamente. Dovrei fare il Simac Tour, però prima ci sarebbero gli europei. Devo meritarmi la convocazione azzurra in quelle gare che farò. Diciamo che è stato un anno particolare come tutti gli anni olimpici.

A proposito di Olimpiadi, a Parigi ci sarà Balsamo. Come l’hai vista dopo il rientro?

Con Elisa ho corso solo il campionato italiano, dove è andata molto forte chiudendo sesta. Lì l’avevo vista già molto bene considerando la caduta della Vuelta a Burgos. Ecco, l’ho vista solo una volta, ma ci sentiamo tutti i giorni, lo sapete che siamo tanto amiche. Elisa è una atleta con la a maiuscola che sa arrivare bene ad ogni appuntamento. Oltre che riprendersi da quelle botte.

Sanguineti al Baloise Tour ha colto due quarti posti allo sprint. Il suo programma gare dovrebbe riprendere ad agosto inoltrato (foto Lidl-Trek)
Sanguineti al Baloise Tour ha colto due quarti posti allo sprint. Il suo programma gare dovrebbe riprendere ad agosto inoltrato (foto Lidl-Trek)
Parlando con lei, hai notato differenze di reazione tra la caduta del 2023 e quella di quest’anno?

Dopo quella dello scorso maggio, spero abbia finito con le cadute perché non può sempre farmi passare degli spaventi enormi (sorride, ndr). In realtà quella dell’anno scorso era stata più brutta perché non aveva potuto mangiare per tanto tempo e nonostante tutto aveva centrato un quinto posto in volata al Tour. Stavolta ha recuperato meglio, ammesso che si possa dire così dopo capitomboli del genere. E’ in credito con la fortuna, ma Elisa è davvero una dura, che non molla mai.

Anche al Giro Women stava andando bene, poi si è dovuta fermare.

Quello è stato un vero peccato perché so quanto Elisa ci tenesse a fare bene al Giro. Pensateci, una si prepara a dovere per una corsa e poi deve ritirarsi perché si ammala. In ogni caso a Volta Mantovana si è ributtata nella mischia in terza facendo terza. Sono d’accordo con quello che diceva il cittì Sangalli, è stato bello rivederla davanti e senza paura.

Dopo la caduta a Burgos, Balsamo si ributta in volata senza paura al Giro Women chiudendo terza dietro Consonni e Kopecky
Dopo la caduta a Burgos, Balsamo si ributta in volata senza paura al Giro Women chiudendo terza dietro Consonni e Kopecky
In conclusione Yaya Sanguineti come vede la sua amica Elisa Balsamo a Parigi?

Intanto mi sento di dire che lei merita di essere alle Olimpiadi. So che dovrà dividersi tra strada e pista. Non so come siano gli ingranaggi di quegli incastri e nemmeno quali prove disputerà in pista, però posso dirvi che Elisa sarà in forma e saprà gestire benissimo le situazioni, come ha sempre fatto in passato.

Red Bull-Bora, dalla debacle del Tour al piano per ripartire

25.07.2024
6 min
Salva

Il Tour de France, come tutti i grandi eventi, porta con sé un’onda lunga di considerazioni, bilanci, ricordi. E un bilancio, ma anche (e soprattutto) un discorso in prospettiva lo facciamo con Enrico Gasparotto, tecnico della  Red Bull-Bora-Hansgrohe, squadra che non ha avuto una Grande Boucle facile.

Il team tedesco, lo ricordiamo, ha perso il suo leader Primoz Roglic, il quale aveva fatto quasi all-in sul Tour. E ha perso anche il suo braccio destro, Alexander Vlasov. Da lì sono saltati un po’ tutti i piani e anche chi doveva aiutare, o già aveva aiutato, non poteva raccogliere all’improvviso un’eredità tanto importante. Neanche se ci si chiamava Jai Hindley o Bob Jungels.

Enrico Gasparotto (classe 1982) è un direttore sportivo della Red Bull-Bora
Enrico Gasparotto (classe 1982) è un direttore sportivo della Red Bull-Bora
Insomma, Enrico, dicevamo di un Tour non facile per voi…

Penso sia stato decisamente così. Partivamo con l’ambizione di lottare per vincere e in seconda battuta di lottare per il podio e invece ci siamo ritrovati come ultima squadra nella classifica dei guadagni, dei premi elargiti, il che la dice lunga su come sia andata.

Crolla un po’ il castello?

Quando punti un obiettivo e il tuo leader viene meno, cambia tutto. Se poi anche il leader in seconda battuta, Vlasov, va a casa è ancora peggio. Faccio un esempio: prendiamo la Soudal-Quick Step che aveva in Remco e Landa i suoi due corridori principali. Mettiamo che per un motivo o per un altro loro due si ritiravano, che Tour avrebbe fatto la Soudal?

Chiaro, rispecchia la vostra situazione…

Noi abbiamo perso Vlasov nella tappa degli sterrati, dove ha riportato la frattura della caviglia. E tre giorni dopo abbiamo perso Roglic per una caduta. Era la peggior situazione che ci potesse capitare. Poi Jai è stato bravo ad entrare nelle fughe che potevano portare a qualcosa. In questi attacchi loro c’erano, ma anche in questo caso, di reali possibilità che la fuga arrivasse ce ne sono state poche. Se pensiamo che tre uomini (Pogacar, Girmay e Philipsen, ndr) hanno vinto 11 tappe e una dodicesima, la prima crono, è andata a Remco, alla fine per tutti gli altri restava veramente poco. 

Vlasov nella tappa dello sterrato poco prima della caduta che lo ha messo ko
Vlasov nella tappa dello sterrato poco prima della caduta che lo ha messo ko
E voi impostando la squadra in quel modo neanche avevate il velocista…

Ripeto, è stato un Tour difficile per tutti noi della Red Bull-Bora. Erano tre mesi che i ragazzi vivevano insieme praticamente tra gare, ritiri, altura… E quando il tuo leader viene meno anche mentalmente si fa dura. Ma si è fatta dura anche per i direttori sportivi, per lo staff: meccanici, massaggiatori… Noi abbiamo cercato di reagire e devo fare un plauso a Jai e a Nico Denz, che ci hanno provato nonostante anche loro in alcuni giorni non siano stati bene.

Come si fa ora? Come si riordinano le idee?

Come sempre, dopo i grandi eventi e i grandi Giri in particolare si fa il debriefing. Si analizza il tutto: preparazione, dinamiche di corsa, materiali, staff, logistica… In qualche cosa si poteva fare meglio, in altre si è fatto bene e si cerca di capire come migliorare ancora. Si fa un’analisi approfondita di tutto, specie dopo batoste così importanti, si va ancora di più nel dettaglio.

Come avviene questo debriefing: si fa con una call tutti insieme o ognuno invia il suo report?

Si riunisce il management e il responsabile di ogni reparto e si analizza il tutto. Per la nostra parte c’era Rolf Aldag, che era il responsabile Red Bull-Bora-Hansgrohe al Tour e quindi si sa già molto. Poi vengono coinvolti i coach, il responsabile dei materiali, della logistica, della nutrizione: si mette tutto sul tavolo. Credo che a fine settimana ci sarà un rapporto definitivo.

Se questo, Enrico, è quel che è successo, iniziamo a guardare avanti e la domanda diretta è: al netto del problema alla vertebra, vedremo Roglic alla Vuelta?

Dal primo giorno in cui un corridore torna a casa si pensa già al prossimo obiettivo. E questo vale anche per Vlasov. Entrambi erano già e sono nella lista lunga della Vuelta. Posso dire che Primoz è stato presso il centro Red Bull Athlete Performance Center vicino Salisburgo per i test e le analisi fisiche e può riprendere ad allenarsi bene. Attenzione però, con questo non dico che Primoz sarà alla Vuelta. Una decisione non sarà presa prima della prossima settimana.

Proprio in questi giorni Roglic può iniziare ad allenarsi bene
Proprio in questi giorni Roglic può iniziare ad allenarsi bene
Serve anche un certo tempo di riflessione, immaginiamo…

C’è un periodo di stand by, prima di dare la formazione della Vuelta, a prescindere dalle cadute o meno. Deve passare almeno una settimana dopo la fine del Tour de France, anche per vedere come recuperano i ragazzi. Quando si molla all’improvviso, dopo tanti giorni di adrenalina, spesso i corridori si ammalano, escono fuori dolori… servono alcuni giorni perciò per valutare il vero grado di stanchezza. Senza contare che ci sono stati anche casi di Covid, alcuni più seri e altri più lievi. In tutto ciò il lato positivo è che Roglic si può allenare bene e presto credo otterrà lo stesso via libera anche Vlasov.

Guardando oltre la Vuelta, per esempio tu, Enrico, direttore sportivo, cosa farai?

Ora un po’ di riposo. Ho fatto molte corse, tra cui Giro d’Italia e Tour. Rientrerò a Plouay e Renewi Tour, quindi farò la trasferta canadese e chiuderò con le gare italiane tra settembre e ottobre.

E per gli altri corridori come si programma questo post Tour?

Bisogna pensare che per otto atleti al Tour ce ne sono altri 22 a casa e lì si procede indipendentemente dal Tour. Su questo aspetto abbiamo lavorato prima della Grande Boucle: due settimane di programmi fatti nella seconda metà di giugno.

E cosa ne è emerso?

Che abbiamo una lista lunga di 12 nomi per la Vuelta e altri ragazzi assegnati a tutte le altre gare. Ma programmare non è facile. Perché spesso i programmi saltano. Penso per esempio a Buchmann che doveva fare un altro percorso e al Tour de Suisse si è fratturato la clavicola. O a Kamna che è  ancora fuori. Alcuni corridori sono impegnati alle Olimpiadi…

Intanto Aleotti (al centro) è in altura ad Andorra. Qui in un selfie di Schachmann
Intanto Aleotti (al centro) è in altura ad Andorra. Qui in un selfie di Schachmann
Daniel Martinez, secondo al Giro, dove lo vedremo?

Fa parte della lista lunga della Vuelta, ma non è detto che ci vada. Vista la su grande duttilità, Dani Martinez potrebbe essere anche dirottato sulle corse di un giorno come San Sebastian o brevi corse a tappe.

Come dicevi bisogna vedere anche come stanno gli altri e in tutto ciò di Sobrero cosa ci dici?

Matteo non farà la Vuelta. Ha fatto moltissimo quest’anno: tutta la parte del Tour e quindi gare e ritiri con Roglic, ma anche delle gare in Belgio nelle quali Primoz non era previsto. Rientrerà a Plouay.

Aleotti?

Giovanni invece è uno dei 12 della lista lunga per la corsa spagnola. Si sta allenando in altura e il suo ruolo alla Vuelta lui ce lo avrà. Dovrebbe riprendere a Burgos (i primi di agosto, ndr).

Insomma tutto è in divenire, ci si rialza continuando a lavorare. Al netto della Vuelta per un team come il vostro servono grandi obiettivi. Quindi si punta forte sul Lombardia?

Tutti puntano sul Lombardia e anche noi ovviamente. Abbiamo diversi corridori che possono vincerlo. Penso a Primoz e a Vlasov che hanno concluso tra i primi anche nella passata edizione e lo stesso vale per Martinez e Hindley o Higuita. Per ora il Lombardia è l’ultimo dei miei problemi! Lì in teoria dovremmo avere problemi di abbondanza. Poi è chiaro che è uno dei nostri obiettivi. I Monumenti sono cinque: in questo momento un corridore per vincere Sanremo, Fiandre o Roubaix non ce lo abbiamo, però abbiamo ottimi atleti per puntare ad una Liegi e ad un Lombardia.

Oldani ingoia il rospo e mette nel mirino il finale di stagione

25.07.2024
4 min
Salva

Le energie fisiche e mentali che Stefano Oldani ha messo per prepararsi e migliorare la condizione per il mese di luglio sono state dirottate dal Tour de France ad altre corse. Il corridore della Cofidis sperava in una convocazione per la Grande Boucle, invece questa non è arrivata. Ma, al posto di scoraggiarsi, Oldani ha messo tutte le forze e la volontà in altri obiettivi. Voleva dimostrare di stare bene e far vedere che le ore spese tra ritiri e allenamenti avevano portato a qualcosa (in apertura foto Instagram). 

«La verità – racconta dalla Spagna tra una corsa e l’altra – è che mi sono preparato proprio bene nelle tre settimane passate a Livigno a giugno. La squadra ha deciso di non portarmi al Tour nonostante avessi una bella condizione, così ho cercato di sfruttarla il più possibile. Ho ottenuto tanti risultati, è mancata solamente la vittoria, ma penso di essermi superato. In alcune gare, specialmente in Francia al Tour de l’Ain, resistevo su percorsi duri e rimanevo davanti a giocarmi la vittoria».

Oldani (in seconda posizione) dopo il ritiro di giugno è rientrato alle corse al Giro di Slovacchia
Oldani (in seconda posizione) dopo il ritiro di giugno è rientrato alle corse al Giro di Slovacchia

Mancata occasione

Dalla mancata convocazione al Tour de France Oldani ha collezionato sette top 10 su nove gare. Il riscatto c’è stato, ma è mancata la vittoria, sfumata per poco in Francia e ancora inseguita.

«E’ mancato un po’ il momento tattico – spiega il lombardo – per usare un termine più edulcorato. Alla fine ho perso due occasioni importanti ma nel complesso mi sono comportato bene. Anche alla prima delle due gare qui in Spagna, la Castilla y Leon, ho provato ad anticipare ma c’era poco spazio. I velocisti hanno fagocitato la corsa. Oggi alla Prueba Villafranca le chance per me aumentano, il percorso si avvicina tanto alle mie caratteristiche».

Nella prima volata del Tour de l’Ain è arrivato sesto (foto Instagram)
Nella prima volata del Tour de l’Ain è arrivato sesto (foto Instagram)
Che sentimento ti ha smosso la mancata convocazione al Tour?

Ho voluto dimostrare di esserci. E’ stato un anno difficile il 2024, dalla caduta di gennaio a Marsiglia mi sono sempre trovato a rincorrere. Solo da dopo il Giro d’Italia ho ritrovato le sensazioni giuste. Crescevo e trovavo sempre più il mio livello e la gamba giusta per battagliare in testa alla corsa. L’esclusione dal Tour è diventata una sfida personale. 

Per dimostrare di esserci.

Far vedere che quando mi impegno e mi alleno bene posso dire la mia. Ora però mi serve staccare un attimo e ripartire. Devo capire con la squadra quando potermi prendere una pausa. E’ da gennaio che non riposo un po’ e mi serve recuperare, più per la testa che per le gambe. 

Fermarsi per poi ripartire più forte?

Voglio fare un bel finale di stagione con le gare del calendario italiano. Mi piacerebbe, dopo il periodo di riposo, ripartire e costruire di nuovo la gamba in altura. 

L’esclusione dal Tour ha portato dei buoni risultati in altre corse, alla Grande Boucle non sarebbe stato facile trovare le stesse occasioni…

Nel roster della mia squadra mi sarei visto bene, penso che ne avrebbero tratto un vantaggio dalla mia presenza. Con il senno di poi l’esclusione mi ha permesso di ritrovarmi e ottenere dei risultati importanti.

Oggi si chiude una breve parentesi spagnola con la Prueba Villafranca
Oggi si chiude una breve parentesi spagnola con la Prueba Villafranca
Niente Vuelta in programma?

No, con la squadra non era in calendario. Sarebbe diventato difficile prepararla al meglio. Dopo il Giro, che è andato come avete visto e l’esclusione dal Tour non ci sono altri grandi Giri in programma. Il focus è sul finale di stagione in Italia. 

Quale gare ti intrigano?

Ce ne sono tante: Peccioli, Toscana, Agostoni, Bernocchi e quelle in Veneto. All’Agostoni nel 2022 ho fatto decimo perdendo il momento giusto nel finale. Lo stesso anno alla Bernocchi sono arrivato terzo… L’obiettivo è vincere, come sempre, ma mi piacerebbe creare la giusta condizione per poi essere presente in testa alla corsa. Se corri davanti le probabilità di vincere si alzano.

Ultima crono (dura): specialisti in crisi, comandano le gambe

25.07.2024
8 min
Salva

Si avvicina a grandi passi l’appuntamento olimpico, ma prima di chiudere la porta sul Tour, vogliamo condividere con voi alcuni approfondimenti. Uno riguarda la cronometro di Nizza, che ha suggellato il podio francese e a ben vedere avrà riflessi anche sulle sfide olimpiche di sabato. E’ singolare e insieme indicativo che il podio dell’ultima tappa abbia ricalcato alla perfezione quello finale. Evenepoel è stato al di sotto dei suoi standard di specialista? Va bene Pogacar, ma Vingegaard così forte era prevedibile anche contro il tempo?

A Nizza c’era anche Marco Pinotti, allenatore del Team Jayco-AlUla, che in carriera ha vinto per due volte l’ultima crono del Giro. Nel 2008, battendo Tony Martin a Milano su un percorso velocissimo: 51,298 di media. Nel 2012, battendo Geraint Thomas ancora a Milano, a 51,118 di media. Proprio in quest’ultimo caso, la maglia rosa si giocò in quell’ultima tappa, con Hesjedal che recuperò i 31 secondi di ritardo da Purito Rodiguez e conquistò il Giro con vantaggio finale di 16 secondi. Ugualmente, nella classifica di tappa finirono 6° e 26°.

«Il percorso dell’ultima crono – dice Pinotti – era meno adatto a Remco, rispetto a quella che ha vinto nella prima settimana. Era una crono dura e lui è finito terzo, perché ha perso la maggior parte del tempo nella prima parte, quella in salita. Nella parte finale invece, sei minuti tutti in pianura, lui ha fatto il miglior tempo. Secondo Campenaerts, terzo Matthews. Sesto in quel tratto è stato Vingegaard, mentre Pogacar addirittura ottavo o nono, però lui negli ultimi due chilometri ha rallentato. Quindi un parziale in linea con quello che ci saremmo aspettati in una crono piatta, cioè Remco più veloce».

Pogacar ha vinto anche grazie alla forma superiore e la perfetta conoscenza delle strdae
Pogacar ha vinto anche grazie alla forma superiore e la perfetta conoscenza delle strdae
Invece nei tratti precedenti?

Dal secondo al terzo intertempo c’era la discesa e Pogacar ha fatto il miglior tempo, perché abita lì. Jorgenson il secondo. Almeida, Buitrago e Tejada hanno fatto una bella discesa perché si giocavano il piazzamento. Sono andati bene anche Ciccone e Matthews, gente che ci vive o che ci ha vissuto. Remco è andato come Yates, che era in ritardo ai primi intermedi ma sempre intorno all’ottavo, nono posto e nell’ultimo tratto è scivolato tutto indietro. Nel senso che era in ritardo in salita e una volta che si è reso conto di non poter vincere la crono, non ha preso rischi. Si è visto che in discesa non era proprio lineare nelle curve.

Quindi un risultato che si poteva scrivere anche prima che corressero?

Alla fine di un Grande Giro è sempre così, quelli di classifica sono più performanti. Primo, perché ultimamente dedicano anche loro tanto tempo all’allenamento e all’aerodinamica. E poi perché quel percorso ha penalizzato gli specialisti. Campenaerts nell’altra crono era arrivato 5° a 52″ da Evenepoel: a Nizza invece è finito 13° a 3’14” da Pogacar. La prima non era una crono piatta, però Evenepoel l’ha fatta a 52,587 di media. A Nizza, Pogacar ha fatto 44,521, vuol dire che è stata dura. Quindi è normale che siano arrivati davanti quelli di classifica, che avevano più riserva. Specialisti non ce n’erano, tranne Campenaerts e Sobrero. Matteo mi ha detto di averla fatta a tutta. E’ arrivato 19° e con le forze che gli erano rimaste si è preso quasi 4 minuti.

In conferenza stampa Remco ha detto che la discesa era troppo pericolosa e avendo l’obiettivo delle Olimpiadi non ha voluto rischiare.

Può essere, perché la discesa non era semplicissima. Se uno abita lì e va a farla cinque volte al mese, è un’altra cosa. Non era pericolosa, però c’erano tantissime curve, dove se sei sicuro di poter lasciare i freni, guadagni 13-14 secondi. Invece nell’altra crono, Remco aveva fatto una bella discesa, perché magari l’aveva vista 2-3 volte come gli altri. E poi a Nizza, una volta che non aveva il miglior tempo in salita, cosa aveva da guadagnare a rischiare? Il terzo posto era consolidato e il secondo irraggiungibile. Avrà visto negli intertempi dov’era rispetto a Vingegaard, ha capito che la crono non la vinceva e ha deciso di non prendere rischi.

Secondo te chi ha puntato al cambio di bici ha fatto un passo falso?

C’era una strategia alternativa possibile: partire con la bici da strada e cambiarla in cima alla seconda salitella. Però c’erano 3 chilometri piatti all’inizio e già lì, con la bici da crono rispetto a quella da strada, guadagnavi minimo 15 secondi. Poi speri di riguadagnarli in salita con la bici più leggera? Può essere, ma sulla prima salita andavano a 24 di media, Pogacar anche a 28. A quelle velocità la bici da crono è ancora vantaggiosa. Altra cosa: noi abbiamo avuto da poco la bici da crono con i freni a disco. E se c’è un feedback che tutti mi hanno dato è di trovarsi meglio come guidabilità anche rispetto alla bici da strada. L’unico svantaggio resta il peso, perché una bici da crono pesa mediamente un paio di chili in più.

Pinotti ha seguito Durbridge che con la bici da crono ha… piegato la resistenza di Dillier
Pinotti ha seguito Durbridge che con la bici da crono ha… piegato la resistenza di Dillier
Uno svantaggio che riesci a colmare con le velocità?

Vi faccio questo esempio. Io ho seguito Durbridge e avevamo davanti Silvan Dillier, che correva con la bici da strada e non andava certo a spasso. Vedendo come muoveva le spalle, si stava impegnando. Durbridge è andato regolare, eppure gli è arrivato sotto già sulla prima salita. Poi ha recuperato e in discesa Dillier con la bici da strada ci ha staccato perché noi siano andati prudenti. Ma quando siamo arrivati alla parte in pianura finale, si è messo a ruota irrispettoso delle regole, ma dopo un chilometro si è staccato. Lottavano per il 50° posto quindi non so neanche se avrà preso la penalità, però è stato divertente vedere questa differenza. Storia simile con Yates.

Cioè?

Ho seguito anche Simon e davanti a lui è partito Gall, che era 13° in classifica e ha scelto la bici da strada. Mi è sembrata una scelta assurda. Infatti, nonostante Yates avesse la bici da crono, lo ha preso sulla prima salita. L’ha passato in discesa e Gall non è più rientrato. E proprio a causa della crono ha perso una posizione. L’anno scorso a Combloux fu diverso, perché la crono era divisa in due: prima la pianura e poi quasi tutta salita. Però quando la velocità media è sopra il 23-24 all’ora, io prendo sempre la bici da crono.

I ragazzi ti hanno spiegato perché con i freni a disco la bici si guida meglio? 

Prima quando avevi i freni rim e le ruote lenticolari o in carbonio, la frenata non era lineare. Adesso con i dischi è come sulla bici da strada. Prima era un problema cambiare da un giorno all’altro. Adesso frenano allo stesso modo, è un passaggio naturale. Corridori come Sobrero avevano la sensibilità per passare senza problemi da una all’altra, però la maggior parte è contenta di questo cambiamento. Adesso usano la stessa forza, staccano alla stessa distanza dalla curva e la frenata è più lineare.

Cambiando argomento, in casa UAE Emirates hanno sottolineato l’importanza della doppia guarnitura 46-60 con 11-34 dietro: perché secondo te?

Partiamo col dire che a Nizza serviva la doppia corona, la mono non andava bene. Se avessi dovuto scegliere, avrei voluto un 60-44, che per noi non era disponibile. Noi avevamo il 58 come corona più grande, l’ideale sarebbe stato un 60 o un 62, perché gli ultimi chilometri erano proprio veloci. Perciò Pogacar con il 60 è andato bene e in salita con il 46×34 era giusto. Secondo me aveva il 46-60 perché il limite del salto tra le due corone sono 14 denti. Io ho chiesto di avere il 44-60: se riescono, siamo a posto perché avremmo una copertura più grande di percorsi. Il 46×34 lo spingi bene, ma idealmente sarebbe meglio avere il 44×30, così ho una scala più lineare. Se metto il 34, uno fra il 17 e il 19 devo tenerlo fuori, invece con il 30 potrei rimetterlo. Però comunque il 46-60 è stato una buona scelta.

Questa la guarnitura 46-60 di Pogacar, prodotta da Carbon-Ti. Dietro lo sloveno aveva pignoni 11-30
Questa la guarnitura 46-60 di Pogacar, prodotta da Carbon-Ti. Dietro lo sloveno aveva pignoni 11-30
Perché è stato giusto non usare la monocorona?

Si può usare quando c’è una strada molto veloce o una discesa. Però di solito, se c’è una discesa, prima c’è stata una salita. E se, come in questo caso, non è pedalabile, allora ti serve la doppia corona. Non puoi correre con il 62×38. Anche perché se usi il 62, già passare dal 13 al 14 è un bel salto rispetto a quando hai il 53. Se poi mi togli anche dei rapporti dietro e ne fai due ogni volta per montare il 38, finisce che ti serve anche una catena lunga un chilometro… Io sono più un fan della doppia corona.

Dipende anche dai percorsi?

Ormai mettono sempre sia la salita ripida che la discesa veloce, quindi devi avere l’opzione di due corone. La mono va bene nella crono di Desenzano al Giro, ma già in quella di Perugia secondo me non andava (Pogacar che ha vinto aveva la doppia, Ganna che ha fatto secondo aveva la monocorona, ndr). Le crono più belle in un Giro sono quelle dove ci sono salita e discesa. Diverso magari se si parla di una crono dei mondiali o delle Olimpiadi.

Se la crono finale è la prova delle energie residue, ha senso che Vingegaard sia arrivato secondo
Se la crono finale è la prova delle energie residue, ha senso che Vingegaard sia arrivato secondo
L’anno scorso ai mondiali, la salitella al castello di Stirling premiò Evenepoel e penalizzò Ganna…

Sono scelte che fanno in base ai posti che devono raggiungere, cercando di non favorire i passisti o gli scalatori. Le Olimpiadi ad esempio quest’anno strizzano di più l’occhio agli specialisti, ma non so con quale criterio l’abbiano disegnata così. Chi organizza fa una proposta. Poi c’è una commissione che approva e penso che scelgano un percorso che possa creare la massima indecisione nella vittoria. In un Giro invece è diverso. E soprattutto la crono finale, se la fai dura, sai già che arriveranno davanti quelli di classifica. Al netto di ogni ragionamento, è così che va a finire.