Bagioli tra una sfortuna e l’altra, la prima vittoria WorldTour

01.04.2022
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Nemmeno il tempo di festeggiare la prima vittoria nel WorldTour che Andrea Bagioli è stato fermato dall’influenza. Un inizio di stagione complicato per il corridore della Quick Step-Alpha Vinyl che, dopo aver superato il Covid, è stato costretto a fermarsi nuovamente.

«Dopo la Vuelta a Catalunya – racconta Bagioli – siamo partiti subito per Sierra Nevada per fare un ritiro in altura prima delle Ardenne. Tutto ad un tratto nella notte di martedì ho iniziato a sentirmi male e mercoledì sono tornato a casa. Ora sto un po’ meglio, ma dovrò restare fermo almeno fino a domenica. Ho fatto anche tre tamponi, tutti negativi, almeno sono sicuro che non si tratta ancora di Covid».

Per Bagioli una vittoria allo sprint senza esultanza all’ultima tappa del Catalunya, solo dopo il traguardo scoprirà di aver vinto
Per Bagioli vittoria senza esultanza al Catalunya, solo dopo il traguardò scoprirà di aver vinto
Partiamo dalla Vuelta a Catalunya e dalla prima vittoria WorldTour, raccontaci com’è andata.

Prima di partire per la Spagna avevo visto che la prima e l’ultima tappa erano adatte alle mie caratteristiche. Diciamo che mi ero segnato quelle tappe per provare a fare bene, anche se proprio nell’ultima tappa un po’ di sfortuna non è mancata…

In che senso?

Pronti via e dopo 10 chilometri ho forato, non un bel momento anche perché non era ancora partita la fuga ed è successo ai piedi della prima salita. Per rientrare ho fatto fatica doppia. Però ero molto motivato, ero partito con l’idea e con la voglia di vincere.

Il corridore della Quick Step era caduto anche alla prima tappa del Saudi Tour rimediando due punti di sutura al gomito destro
Caduta anche al Saudi Tour, con due punti di sutura al gomito destro
Previsione rispettata.

Direi proprio di sì, sono molto contento, ci voleva proprio. E’ stato un periodo complicato, tra il Covid e qualche caduta di troppo, era il momento di riprendermi tutto e con gli interessi. A dire il vero quando ho tagliato il traguardo non sapevo neanche di aver vinto.

Come mai?

Nell’ultimo strappo ero rimasto nel gruppetto dietro e siamo rientrati solamente ad un chilometro dall’arrivo. Infatti non ero sicuro di sprintare per la vittoria, poi appena tagliato il traguardo mi hanno avvisato dalla radio che avevo vinto.

Che emozione è stata?

Bellissima. Salire sul podio, festeggiare. Anche se abbiamo avuto poco tempo perché la sera abbiamo subito preso l’aereo per Sierra Nevada.

Per lui un buon inizio di stagione, con un secondo posto al secondo giorno di gara
Per lui un buon inizio di stagione, con un secondo posto al secondo giorno di gara
La stagione era partita bene, già al Saudi Tour, poi come hai detto tu la sfortuna si è messa di traverso.

Sì, avevo iniziato bene con un secondo posto nella tappa di Abu Rakah (la seconda, ndr). A dire il vero nella prima tappa, quella dello sterrato, ero caduto e mi avevano messo due punti al gomito. 

Quel secondo posto come ti ha lasciato?

Contento perché non mi aspettavo di essere in una buona condizione, soprattutto dopo la caduta. Poi, ovviamente, non potevo essere contento al cento per cento, il secondo posto mi ha dato anche un po’ di rammarico perché ero a pochissimo dalla vittoria.

Poi è arrivato il Covid.

Appena tornato dall’Arabia. Sono stato fermo 5 giorni, non pochi visto che eravamo in piena preparazione. Dopo la quarantena ho iniziato a pedalare sui rulli e pian piano sono tornato ai miei ritmi normali. Le prime gare dopo il Covid sono state Faun-Ardèche Classic e la Drome Classic, non sono andate male.

Per Bagioli il rientro alle corse dopo il Covid è avvenuto alla Faun-Ardèche Classic
Per Bagioli il rientro alle corse dopo il Covid è avvenuto alla Faun-Ardèche Classic
Prima del Catalunya hai corso anche la Sanremo…

In realtà non dovevo correrla, ma viste le defezioni dei giorni precedenti mi hanno chiamato all’ultimo. Arrivavo direttamente dall’altura per preparare al meglio il Catalunya.

Ora le Ardenne, ne hai qualcuna in particolare nel mirino?

Sinceramente no, in realtà non sono sicurissimo di correrle, vedremo come sto. Per il momento il mio programma non è cambiato e vorrei fare quelle gare per esperienza e per arrivare pronto alla seconda parte di stagione.

Cosa prevede il menù?

Il Giro d’Italia in primis, e lì punto a vincere almeno una tappa. Per prepararlo al meglio farò una settimana a Livigno dopo le Ardenne, per recuperare e per aumentare al massimo la concentrazione. Un altro obiettivo saranno i campionati italiani che si correranno in Puglia. Dalle prime indicazioni il percorso sembra adatto alle mie caratteristiche.

Zana, il cambio di programma e le gerarchie del gruppo

29.03.2022
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Filippo Zana, accento vicentino e voce sfinita, sta tirando il fiato dopo un avvio di stagione piuttosto intenso. Per i suoi 23 anni, questi primi 23 giorni di corsa, fra cui Oman, Gran Camino e Coppi e Bartali, sono un bello zaino da portare. Il tempo di rifiatare, però, e già da sabato sarà sul Teide in vista dell’Amstel. Andrà da solo, dice, poiché lassù troverà il suo preparatore Paolo Artuso.

«Abita a due chilometri da casa mia – racconta e sorride – ma non lo conoscevo. Ci ha presentato Moreno Nicoletti, il mio procuratore e adesso lavoriamo insieme. Mi ha trovato un posto lassù. Mentre forse un altro periodo di altura lo farò dopo il Tour of the Alps, ma sul Pordoi, prima del Giro».

All’Oman con Canaveral e Zoccarato, per Zana 7° posto nella classifica dei giovani
All’Oman con Zoccarato, per Zana 7° posto nella classifica dei giovani

Cambio di programma

Zana, che già nel 2019 aveva vinto il Gp Capodarco in maglia Sangemini, è salito agli onori della cronaca lo scorso anno con il terzo posto al Tour de l’Avenir. Nella Bardiani-CSF-Faizané che punta sui giovani e ha perso Visconti, il suo è uno dei nomi più spendibili. Il programma iniziale prevedeva, nell’ottica di una crescita progressiva, che a questo punto salisse sull’Etna e da lì andasse a giocarsi qualche carta al Giro di Sicilia. Un buon risultato (possibile) sulla strada del Giro d’Italia, sarebbe stato certamente un buon viatico e avrebbe accresciuto in lui la fiducia. Il cambio di programma lo porterà al Tour of the Alps, dove probabilmente le occasioni per mettersi in luce saranno minori.

«Il Tour de l’Avenir – dice – mi ha dato più consapevolezza nei miei mezzi. La squadra punta su di me e non è facile ripagarli, ma io do il massimo in ogni corsa e speriamo di andare forte. Il cambio di programma c’è stato e non nego che al Sicilia avrei trovato tappe e avversari più alla mia portata. Per contro, il Tour of the Alps potrebbe darmi un ottimo stato di forma in vista del Giro. Mi manca non correre per il risultato, ma del resto andare contro le WorldTour è dura, sempre di più. Noi facciamo quel che si può, sperando di stare con i migliori».

Prepotenza WorldTour

Torna un tema messo sul tavolo da Giovanni Visconti al momento di salutare il gruppo: la convivenza con gli squadroni non è per niente facile. Non solo per il notevole divario atletico, ma anche per lo scarso rispetto che viene riservato ai corridori delle professional.

«Far vedere la maglia per noi è importante – ammette – ma se ti metti davanti, vengono e ti tirano via. Si può resistere, ma si tratterebbe di lottare tutto il giorno, sprecando energie che è meglio utilizzare per andar forte. E’ chiaro che correndo davanti soffri di meno, penso soltanto ai rilanci dopo una curva. Sono tutte energie che risparmi e che ti trovi nel finale. Certo, dà fastidio, ma ugualmente ci proviamo a stare davanti. E magari capita anche la volta che ci riusciamo».

Non è facile correre fra le WorldTour: viene sempre qualcuno a reclamare il suo posto
Non è facile correre fra le WorldTour: viene sempre qualcuno a reclamare il suo posto

Una tappa al Giro

Dopo tre anni con Reverberi, anche Filippo dovrebbe approdare in una WorldTour dal prossimo anno: non quella in cui lavora il suo preparatore. Preferisce non fare nomi, tuttavia perché non si pensi che il suo impegno verrà meno.

«Cerco sempre di dare il massimo – precisa – non voglio sedermi. Il posto al Giro d’Italia voglio meritarmelo. Anche quella sarà una bella sfida. Cercheremo di tenere duro, magari non di fare classifica ma di andare in fuga e vincere una tappa. Per la squadra sarebbe il massimo, per me sarebbe un sogno. Ci potrebbe essere l’obiettivo della maglia bianca, provare a vestirla, non so se sarei in grado di portarla a Verona. Ho tante persone che mi seguono, che mi scrivono. Spero di dare qualche soddisfazione anche a loro».

Sarà curioso, quando anche lui correrà fra i grandi, vedere in che modo si muoverà nel gruppo. La strafottenza di spostare un avversario perché corre in una squadra più piccola devi averla in qualche modo dentro. Filippo Zana e il suo accento vicentino trasudano simpatia e umiltà. Forse nel suo caso sarà diverso.

Team assetati di punti. A “metà classifica” è caccia ai velocisti

21.01.2022
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Parlando con i manager, ma anche con i procuratori e vedendo il mercato, emerge sempre di più la ricerca del velocista o comunque del corridore dotato di un certo spunto. Del corridore che riesce a vincere corse, più o meno importanti, con una certa regolarità. Il che è abbastanza scontato visto che siamo in uno sport agonistico in cui ognuno cerca di conquistare il primo posto, il problema è che da quest’anno cambiano alcune cose. I punti derivanti da vittorie e piazzamenti assumono ancora maggiore peso.

Per restare nel prestigioso WorldTour infatti bisogna non più solo avere i conti finanziari in ordine (e non solo quelli), ma anche un certo punteggio e di conseguenza una certa posizione in classifica. Il regolamento dell’UCI dice che restano nel WorldTour le migliori 18 squadre che nel triennio 2020-2022 hanno conquistato più punti. “Retrocedono” a professional le altre.

Questo implica poi delle problematiche a livello di sponsorizzazioni. Un conto infatti è avere accesso alle gare più importanti e un conto è non avere questo diritto. Una bella differenza in quanto a visibilità e di conseguenza al reperimento di sponsor. Ma questo è un altro discorso.

A caccia dei velocisti

In tutto ciò quindi il ruolo del velocista assume più importanza. E lo abbiamo visto poi con il modello Alpecin-Fenix. Loro vanno alla ricerca di tappe o di corse di un giorno. Certamente Van der Poel porta un grandissimo pacchetto di punti, ma Jasper Philipsen e Tim Merlier non sono molto indietro. E così questa squadra professional spalleggia alla grande con le WorldTour.

Simbolico anche il caso dell’Arkea-Samsic. La formazione francese pur non essendo una WT è al 16° posto della classifica generale, quindi sarebbe dentro. Bouhanni, che appartiene a questo team, pur non figurando tra i migliori velocisti, con le sue “corsette” (termine non bello ma che rende l’idea), ha racimolato per la sua squadra oltre 500 punti UCI. E lo stesso ha fatto Danny Van Poppel per la Intermarché Wanty Gobert.

O i tantissimi punti raccolti dalla Groupama-Fdj lo scorso anno con le vittorie di Demare. Anche i treni, pensando in questo caso a Jacopo Guarnieri, quindi hanno il loro bel peso. E’ forse da questi, più che dal singolo velocista, che si evince l’impostazione di un team.

I 15 velocisti con più punti estratti dalla classifica UCI
I 15 velocisti con più punti estratti dalla classifica UCI

Squadroni al sicuro

Nella tabella sopra abbiamo elencato i migliori 15 velocisti, quelli con più punti. Abbiamo inserito anche Van Aert e Van der Poel in quanto in carriera hanno vinto volate di gruppo. Pertanto vanno presi in considerazione anche se chiaramente sono molto più che solo sprinter.

Van Aert porta un sacco di punti alla sua Jumbo-Visma che comunque non avrebbe problemi con Roglic, Vingegaard, Dumoulin e tanti altri. Stesso discorso per la Quick Step-Alpha Vinyl che addirittura potrà permettersi di far fare un calendario di “secondo piano” a Cavendish, il corridore che ha vinto più tappe al Tour nella storia. Lefevere ha detto che punterà su Jakobsen. Senza contare Alaphilippe e tutti i mostri sacri che hanno per le classiche del Nord.

La UAE Team Emirates si tiene stretta Trentin e Gaviria e sta facendo crescere Molano, ma con Pogacar e Almeida viaggia tranquilla. La Ineos-Grandiers ha richiamato Viviani. Ma certo questo discorso della caccia al velocista non riguarda gli squadroni. Sia per una questione di organico in generale, sia perché hanno moltissimi punti che li tengono in sicurezza.

Dylan Groenewegen è passato dalla Jumbo-Visma alla BikeExchange-Jayco (foto Instagram)
Dylan Groenewegen è passato dalla Jumbo-Visma alla BikeExchange-Jayco (foto Instagram)

Terra di mezzo rischiosa

Chi si muove dunque? La Lotto-Soudal, una delle due WT che sarebbero fuori stante così la classifica, punterà ancora di più su Caleb Ewan. Il fatto che l’australiano non sarà al Giro d’Italia vorrà dire che correrà molte più corse di livello inferiore tra una classica e l’altra per fare man bassa di punti. In più è stato preso il tedesco Selig dalla Bora-Hansgrohe, buon apripista.

La Cofidis, l’altra esclusa, ha affiancato Cimolai a Consonni. Ed ha messo sotto contratto un corridore come Ion Izaguirre che da sempre a fine stagione incassa molti punti. La Israel-PremierTech, invece, ha puntato su Nizzolo.

Discorso un po’ diverso per la Movistar e ancora di più per la Bora. Loro in pratica non hanno quasi più ruote veloci in rosa. Per la Movistar la cosa è abbastanza tradizionale, per la Bora orfana di Sagan un po’ meno. Qui si punta forte sulle corse a tappe. Anche se un paio di velocisti sono stati presi, Van Poppel e Sam Bennett. La Wanty per sostituirlo ha puntato su Kristoff (il quale però non è dato in grande condizione).

Un’altro team che non naviga in acque troppo tranquille è la BikeExchange-Jayco che non a caso ha ingaggiato Dylan Groenewegen.

Taco Van der Hoorn ha vinto una tappa al Giro: vedremo ancora queste azioni con il regolamento relativo ai punti?
Taco Van der Hoorn ha vinto una tappa al Giro: vedremo ancora queste azioni con il regolamento relativo ai punti?

Nuove tattiche?

C’è chi dice che questo nuovo regolamento influirà anche sulle tattiche di corsa. Difficile da dire, alla fine tutti i team hanno sempre cercato di vincere. Forse sarà meno scontata qualche fuga, perché a questo punto anche il velocista piazzato può portare un certo punteggio.

Ma attenzione, i velocisti conteranno sì, ma non saranno i soli, chiaramente. Per redigere la classifica infatti l’UCI prenderà in conto i 10 migliori corridori di ogni squadra. Quelli con più punti. Quindi è vero che solitamente nelle primissime posizioni ci sono le ruote veloci (basta dare un’occhiata ai numeri) ma chi fa bene nelle corse a tappe conterà eccome.

Non a caso se si va a vedere la classifica annuale, Ineos-Grenadiers e UAE Team Emirates, rispettivamente con Bernal e Pogacar sono parecchio avanti, pur non avendo vinto un gran numero di corse. E questo non riguarda solo i vincitori. Un decimo posto nella generale del Giro vale più o meno la vittoria di una gara 1.1, cioè una Paris-Camembert o una Veneto Classic.

Come è fatta la nuova Valcar? Ne parliamo con Arzeni

14.01.2022
6 min
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A forza di dire che dalla Valcar-Travel&Service se ne sono andate tutte le più forti, si potrebbe pensare che la squadra sia allo sbando. Invece così non è. Incontrando Davide Arzeni ai campionati italiani di ciclocross vinti dalla sua Persico, è parso chiaro che nella testa del Capo ci sia un ribollire di scenari perché la squadra rimanga al livello che occupava alla fine del 2021. Con lui perciò abbiamo ragionato di questo e, proseguendo lungo il cammino già iniziato con altre continental, abbiamo cercato di capire l’impatto del WorldTour sulla loro realtà.

«Al netto di tutto – dice il tecnico del team bergamasco – siamo la sola squadra in Italia, fra uomini e donne, che ha diritto a partecipare a tutte le corse, compresi Tour de France e Roubaix. Faremo più gare WorldTour delle stesse squadre WorldTour e andremo sempre con la mentalità di vincere. Quella davvero non cambia».

Valcar
Con la partenza di Balsamo e la squadra sulle spalle di Consonni, si è chiusa una grande fase. Arzeni spiega…
Valcar
Balsamo è partita, Consonni sarà la nuova leader della Valcar. Arzeni ci spiega

La squadra ha concluso domenica scorsa un ritiro a Cecina. Al momento alcune ragazze sono ad allenarsi in Spagna e altre sono con la nazionale. Dai primi di febbraio e fino al 20 ancora la Spagna vedrà tutto il team in ritiro preparando il debutto nelle corse di Valencia, dove difenderà la vittoria ottenuta lo scorso anno da Chiara Consonni (la bergamasca è ritratta nella foto di apertura).

Come è andata in ritiro?

Molto bene. Ho avuto conferme interessanti. Si è parlato tanto delle atlete che sono andate, ma anche le nuove non sono niente male. Sono molto, molto, molto contento. Certo abbiamo perso la più forte del mondo: non lo dico io, ma la maglia che indossa. Però abbiamo nuove ragazze con cui lavorare bene.

Ad esempio?

La canadese Olivia Baril, che secondo me nelle corse dure è a un ottimo livello. L’ho vista in fuga all’Alto de Jaizkibel a San Sebastian e stava bene in mezzo alle più forti. E’ una professionista seria. Poi c’è Karolina Kumiega, la polacca. Ha 22 anni, ma ci ha già chiamato il tecnico della sua nazionale per ragionare di europei e mondiali, in ottica crono e strada. La Gasparrini ha un anno in più ed è una delle U23 più forti al mondo. La Cipressi mi ha molto impressionato per la sua serietà fra studio e bici. E poi c’è anche Anastasia Carbonari

Quanto vale?

Secondo me ci sta dentro alla grande, ma deve credere di più nelle sue potenzialità. Se fa la vita da atleta anche solo al 90 per cento, può arrivare anche lei a livello WorldTour.

Balsamo, Guazzini, Alzini e Malcotti nel WorldTour ci sono già andate…

Barbara (Malcotti, ndr) aveva già firmato con noi, ma se arriva una WorldTour che offre di più, è giusto che sia andata.

Silvia Persico ha vinto il tricolore del cross e dopo il mondiale tornerà su strada…

Avete visto con quanta sicurezza e concentrazione ha pedalato a Variano? Sta entrando in una nuova dimensione e se mantiene quel piglio anche su strada, ne vedremo delle belle. E dal cross verrà a fare più strada anche Alice Arzuffi. Quando aveva 18-19 anni era fra le prime 15 del Giro d’Italia, può fare ancora bene, come dimostrano Vos, Lucinda Brand e anche Kata Blanka Vas.

Cosa ti aspetti da Ilaria Sanguineti?

La Yaya ce l’abbiamo solo noi! A volte mi metto a risentire su Eurosport l’ultima vittoria di Elisa Balsamo al Womens Tour e mi viene la pelle d’oca. Sento tutta la preparazione fatta dalla squadra e alla fine il lavoro di Pirrone, Consonni e Ilaria è stato monumentale. Non passava più nessuno. In ritiro abbiamo visto un po’ di video. In Inghilterra contro la Wiebes ne avevamo già perse tre, ma voglio puntare a ritrovare la mentalità di non aver paura di nessuno.

E qui arriva il capitolo Consonni…

Che è una tra le migliori velociste al mondo e ha già studiato da leader. Non è una che si nasconda e abbia paura della responsabilità. E’ un’agonista nata e dà più in corsa che in allenamento. L’anno scorso ha vinto tre corse, ha già alzato le braccia in gare WorldTour. Non ho capito se il mondiale sia davvero per donne veloci, ma se c’è da giocarsi una volata, lei c’è. E il nostro treno è uno dei più forti al mondo, al punto che tante ragazze hanno ammesso che ci studiano e ci guardano quando si va ai finali.

Ilaria Sanguineti è fondamentale nel treno, ma sa anche vincere
Ilaria Sanguineti è fondamentale nel treno, ma sa anche vincere
Il WorldTour vi ha danneggiato?

Secondo me è una gran cosa per le ragazze. Quelle di livello possono guadagnare dei bei soldoni, le altre mettono via dei bei soldini. Sono contento per loro, ma credo sia un errore aver pensato solo alle atlete e non a società e organizzatori. Nonostante il nostro livello, facciamo fatica a trovare gli sponsor. Avremmo le capacità di essere nel WorldTour, ma servono i soldi.

Elisa Balsamo vede per voi l’ipotesi WorldTour o la possibilità di diventare un team U23 che recluta e fa crescere talenti…

Ci sono due possibilità, infatti. Si può provare a fare il WorldTour, oppure succede come fra gli uomini, in cui le continental diventano il serbatoio dei team maggiori. Ora che comincia la stagione, per noi si tratterà ugualmente di battere queste strade per costruire il futuro. Di una cosa sono certo, tutte le nostre ragazze nel corso dell’anno riceveranno offerte per andare nel WorldTour, anche da parte di squadre che si sono mosse tardi e devono rimpinguare l’organico. Sarebbe bello poterle trattenere.

Top Girls: il ritorno della Guderzo, il WorldTour e la Fci

12.01.2022
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La parabola del figliol prodigo ha contraddistinto le ultime ore della Top Girls Fassa Bortolo. Una storia nata in un periodo denso di allegorie. Il presidente Lucio Rigato che riabbraccia il ritorno a casa di Tatiana Guderzo, l’iridata del 2008 che aveva iniziato la carriera nella società trevigiana nel 2005 e che vivrà nel 2022 la 18ª stagione da elite.

«E’ nato tutto per scherzo – spiega Rigato, che ha iniziato la sua attività nel ciclismo femminile nel 1974 con la Ceramiche Zanette – quando ho chiamato Tatiana per gli auguri di Natale come faccio ogni anno. Tra le nostre famiglie c’è ancora un grande rapporto a distanza di anni. E così mia moglie ed io le abbiamo domandato tra il serio e il faceto se voleva tornare e chiudere la carriera da noi. Ecco, sono solo certo che ritorna, ma non se chiuderà da noi, questo lo deciderà lei».

Così sui social la Top Girls ha annunciato il ritorno di Tatiana Guderzo
Così sui social la Top Girls ha annunciato il ritorno di Tatiana Guderzo

Acqua in bocca

La telefonata con Rigato (che in apertura è con la sua squadra al Giro d’Italia Donne 2021, foto Facebook) l’avevamo concordata da qualche giorno per proseguire il giro di opinioni che stiamo facendo sulle formazioni continental femminili. Via messaggio non si era lasciato scappare nulla sulla Guderzo. Lo contattiamo in due momenti diversi, nello spazio di un paio di ore, a cavallo di impegni di lavoro già presi precedentemente. Lui è un tipo diretto. La prima parte della nostra chiacchierata fila via liscia parlando dei temi del suo mondo, ma qualcosa sta per sfuggirgli di bocca. La seconda si apre proprio con l’ufficialità di questo colpo di mercato last minute.

Lucio iniziamo da qua. Che ruolo avrà la Guderzo?

Abbiamo una squadra molto giovane e lei farà da chioccia. La sua esperienza sarà al servizio delle altre ragazze perché può insegnare davvero tanto. Tatiana è come una figlia per me. Non l’ho presa per i risultati che vuole fare, ma per la persona che è. Poi se li otterrà, tanto meglio per tutti. Probabilmente qualcuno mi criticherà per questo ingaggio, ma non mi interessa. Anzi, mi sembra di essere tornato indietro di 17 anni quando le feci firmare il suo primo contratto da elite. All’epoca non la voleva nessuno, l’ho scoperta io. Sono vecchio e all’antica, oggi sono molto soddisfatto del suo ritorno.

Qui la squadra al Giro Donne 2021: al via con Balducci, Bariani, Dalla Valle, Marturano, Silvestri e Vettorello
La squadra al Giro 2021 con Balducci, Bariani, Dalla Valle, Marturano, Silvestri e Vettorello
Con lei in squadra dovreste disputare più gare…

Sì, mi auguro che il suo arrivo possa servire per ricevere ulteriori inviti, specie all’estero. Una bozza di calendario l’abbiamo già fatta e il nostro esordio, salvo imprevisti o cancellazioni dovute al Covid, sarà il 27 febbraio in Belgio con la Omloop van het Hageland. Resta però il problema della partecipazione a tutte le gare che un paio di anni fa erano sicure ed invece ora con la riforma WorldTour è diventata un punto di domanda.

Anche tu non sei contento di questo cambiamento?

No, anch’io dico che è stato troppo rapido. L’inizio della fine. Per me è come essere su un dirupo. Le realtà come le nostre, che erano il vivaio per le squadre più grandi, sono penalizzate. Negli anni ho passato tante mie ragazze ai team più forti e, ad esempio, sono contento di aver mandato l’anno scorso nel WorldTour la Tomasi in quello che ora è il Team UAE o la Masetti in Olanda in una formazione che ha grandi ambizioni di salire di categoria (al NXTG by Experza, ndr). Però se le migliori giovani ce le portano via subito e restiamo con ragazze inesperte, facciamo fatica a correre certe gare in Europa in cui serve un punteggio minimo. E facciamo fatica a crescere e trovare risorse. E’ tutto collegato.

Sei nel mondo femminile da quasi cinquant’anni. Questo non ti ha facilitato nel cercare sponsor?

Non basta più avere tanta storia o vittorie alle spalle, non a tutte le aziende interessa. Ne ho interpellate tante, ma molte non mi hanno nemmeno ascoltato forse perché non vedevano nel ciclismo femminile un ritorno mediatico. Le grosse aziende vanno dalle grosse squadre. E poi in Italia le nostre continental stanno pagando la situazione economica degli ultimi dieci anni. Finora sono sempre andato avanti grazie ad amici sponsor che mi hanno sempre aiutato tanto e creduto in me. E per questo non smetterò mai di ringraziarli.

Qualche gara internazionale in più la stanno mettendo in Italia.

Meno male. Erano già tanti anni che noi società lo richiedevamo restando inascoltati. Stavolta però la Federciclismo in questo senso ha rotto le scatole agli organizzatori pretendendo un calendario più corposo. Vi dirò che sembra che stia cambiando qualcosa, spero che sia così. Non solo per le gare ma anche per la nazionale…

Greta Marturano è del 1998, è arrivata 7ª all’Emilia. Qui alla Strade Bianche
Greta Marturano è del 1998, è arrivata 7ª all’Emilia. Qui alla Strade Bianche

Spiegaci pure…

Col nuovo cittì al momento c’è molto dialogo e ne sono contento. Prima no. Salvoldi aveva il suo giro chiuso di atlete. Ti chiamava solo se avevi una ragazza che andava forte o che gli poteva interessare, altrimenti non parlava mai con squadre tipo la nostra. Ora, ripeto, sembra tutto diverso. Sangalli mi aveva contattato per portare in ritiro in Spagna sia Bariani che Silvestri. Purtroppo le mie due ragazze hanno dovuto rinunciare per problemi col Covid. Spero che le chiami al prossimo ritiro. Perché oltre alle parole e la teoria, ci vuole anche la pratica.

Lucio torniamo alla tua squadra: da chi ti aspetti qualcosa?

Con Tatiana le ragazze saranno undici e da tutte voglio vedere qualcosa, ma faccio cinque nomi. Marturano, Michieletto, Vettorello, Bariani e Silvestri. Queste ultime due, come ho detto prima, mi auguro che possano entrare nel giro azzurro. Da loro mi attendo un ulteriore salto di qualità. E magari anche un pizzico di fortuna in più.

Cofidis, WorldTour a rischio e qualche rimpianto di troppo

08.01.2022
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Una conferenza stampa in un ristorante di Parigi: così la Cofidis ha raccontato le attese per la nuova stagione. WorldTour maschile, continental femminile, sport paralimpico: si è parlato di tutto. Ma soprattutto della situazione dei professionisti che, allo stato attuale, rischiano di perdere il loro posto nel WorldTour a partire dal 2023.

Dietro all’Arkea

Il bilancio è traballante. Se infatti il piazzamento 2021 vede la squadra francese al 15° posto, passando al calcolo sugli ultimi due anni, sul quale si baserà il sistema delle promozioni e retrocessioni, si scende al 19°. Le differenze non sono enormi (Cofidis ha 8.287 punti, Arkéa-Samsic, 18ª e ultima virtualmente qualificata, ne ha 8.697). Stando così le cose però, nel 2023 la Cofidis sarà fuori dal WorldTour.

Prosegue la collaborazione tra Damiani e il team manager Vasseur
Prosegue la collaborazione tra Damiani e il team manager Vasseur

«Non voglio che entriamo in uno schema matematico – dice Vasseur a L’Equipe – mi rifiuto di chiedere ai miei corridori di iniziare le gare solo per prendere punti. Chiedo che abbiano un atteggiamento vincente e non ci saranno domande da porre. Se oggi ci troviamo in questa posizione è perché nel 2020 e nel 2021 i nostri leader non hanno risposto presente. Abbiamo l’obbligo dei risultati, ma anche quello di monitorare la nostra classifica per non scivolare troppo indietro. Ma non siamo gli unici in questa situazione. Dobbiamo sentirci sotto pressione. Vogliamo guadagnare un posto stabile nel World Tour con il gruppo maschile e quello femminile. Ora tocca ai corridori ottenere i punti. Non riesco a immaginare di trovarmi dopo il Giro di Lombardia a non aver soddisfatto i criteri sportivi per l’ammissione».

Viviani, luci e ombre

Il riferimento ai leader che sono mancati porta sin troppo facilmente a Viviani, ingaggiato con squilli di tromba purtroppo nel momento meno fortunato della sua carriera.

Il 28 marzo, Viviani ha vinto a Cholet. Per lui 5 vittorie nel 2021
Il 28 marzo, Viviani ha vinto a Cholet. Per lui 5 vittorie nel 2021

«In termini sportivi – conferma Vasseur – Elia Viviani è stato un fallimento. D’altra parte, penso che ci abbia fatto crescere. Ha vissuto in grandi formazioni e ha instillato nella squadra un modo di lavorare che ci ha fatto andare avanti. Quando recluti un corridore come lui, speri che prenda 3.000 punti in due anni e non 1.200. Ovviamente ci sono stati diversi fattori per questo. C’è stata la caduta al Tour Down Under 2020. Così abbiamo cambiato il suo programma e sono arrivati i quattro mesi di lockdown. Al via del Tour de France il peso non era a posto e le cose non hanno funzionato. Con la partenza di Elia ci mancano 1.500 punti. Ha comunque avuto un 2021 soddisfacente con cinque vittorie, ma ad un livello che non era il suo. Ma non voglio nemmeno lapidarlo, perché so che ha dato il 100 per cento dei suoi mezzi. Solo che i suoi mezzi non erano quelli che aveva alla Quick Step».

Correre ai ripari

Resta l’amaro in bocca, adesso. Per la necessità di rimboccarsi le maniche e far girare al meglio una squadra ricostruita in pochi mesi. E davanti alla rinascita di Viviani che ora porterà le sue volate alla Ineos.

«Ho sperato fino alla fine di tenerlo – dice Vasseur – e devo ammettere che Elia è stato professionista fino alla sua ultima gara. Ci ha provato, ma aveva raggiunto i suoi limiti. Il tappeto rosso che avevamo srotolato non ha funzionato come speravamo. C’è anche da dire che Fabio Sabatini, il suo ultimo uomo ufficiale, ha dimostrato di essere in declino e di non poterlo aiutare. La sfortuna contemporaneamente è di non essere riusciti a trattenere Laporte. Davvero una grande perdita. Dobbiamo solo riprenderci da questa situazione e trovare rapidamente alternative».

Le alternative sono Coquard e un altro italiano: Simone Consonni, promosso al grado di capitano. Poi Davide Cimolai e Villella, ingaggiato per le prove più impegnative. Il WorldTour sta diventando qualcosa da conquistare anche a suon di risultati. Certi scenari presto potrebbero cambiare.

BePink: con Zini il punto sul futuro, da Zanardi al WorldTour

07.01.2022
5 min
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Nel 2020 l’avvento del WorldTour nel ciclismo femminile ha alzato progressivamente il livello qualitativo delle gare, delle formazioni ed ha garantito pure entrate economiche sicure alle atlete.

A differenza degli uomini, nelle donne esistono solo due tipi di status e ciò che si sta verificando è molto simile a quello capitato al movimento maschile. Bisogna dire che anche tra le squadre continental ce ne sono alcune… mascherate da WorldTour, però questo cambiamento ha accentuato la distanza tra i team delle due categorie? O tra gli stessi team continental? Ora che la UAE Team ADQ ha rilevato la licenza WT della Alè BTC Ljubljana portandola negli Emirati Arabi (pur mantenendo la stessa ossatura tra staff e roster), il ciclismo italiano femminile non ha più alcuna formazione nella massima serie.

Silvia Zanardi, qui proprio con Zini, ha scelto di rimanere per crescere nei giusti tempi
Silvia Zanardi, qui proprio con Zini, ha scelto di rimanere per crescere nei giusti tempi

E quindi come stanno le nostre formazioni? Le prime risposte le abbiamo cercate tra le parole della chiacchierata che abbiamo fatto all’ora dell’aperitivo con Walter Zini, team manager della BePink. La sua squadra quest’anno si presenterà ai nastri di partenza con un organico di 13 atlete, tra cui la campionessa europea U23 Silvia Zanardi, rimasta nonostante le sirene del WorldTour.

Partiamo da qui. E’ stato difficile tenerla?

Abbastanza, per una serie di cose. Dopo la vittoria di Trento tante squadre si sono fatte avanti per averla subito, altre invece per prenderla nel 2023. Inoltre le hanno proposto di entrare nelle Fiamme Azzurre, ma Silvia ha rinunciato. Per me lei è pronta per andare nel WorldTour, ma deve ancora finire la sua maturazione e da noi può farlo senza pressioni. Anche lei lo ha capito. Per noi è importante averla, perché ci siamo già assicurati una serie di inviti in gare all’estero.

Il 2021 è stato l’ultimo anno di Silvia Valsecchi, che si è fermata proprio all’inizio del nuovo corso del ciclismo
Il 2021 è stato l’ultimo anno di Silvia Valsecchi
Tante giovani italiane hanno lasciato l’Italia, alcune direttamente da junior. Pensi che sarà sempre più così?

Faccio un esempio legato alla nostra realtà. Finché squadre come le nostre hanno un talento, come Zanardi o Balsamo, riesci a trovare le giovani migliori, ad attirare sponsor e magari resistere per qualche anno. Dopo di che, quando non hai più loro come riferimenti, perché non puoi più trattenerle, si inizia a fare fatica perché ormai tutte vogliono andare nel WorldTour o negli squadroni. Tante però non hanno le potenzialità per correrci o essere ingaggiate. In più c’è stato lo sguinzagliamento dei procuratori che fanno firmare le junior senza conoscere veramente le ragazze o il ciclismo femminile. E vi dirò di più…

Spiega…

Attualmente ci sono quattordici squadre WorldTour. Però calcolando la quantità nei roster, non ci sono abbastanza corridori di qualità per queste squadre o per rimanere nelle prima 30 posizioni del gruppo. Negli ultimi anni in Italia i nostri talenti tra le junior hanno sì ottenuto risultati importanti, ma perché rispetto a quelle della loro età facevano già le professioniste. Quando passano elite o vanno poi nel WT che margini di miglioramento possono avere? Noi ci diamo da fare per fare crescere le ragazze e sperare che poi possano approdare nel WT. Tuttavia devono capire che sono loro a “morirci” sulla bici, non tutte quelle figure che hanno attorno, che saranno pure importanti, ma non pedalano al posto delle ragazze.

Matilde Vitillo ha trovato la forma a fine stagione vincendo il Giro di Campania
Matilde Vitillo ha trovato la forma a fine stagione vincendo il Giro di Campania
Insomma, ci sembra di capire che la riforma del WorldTour non ti piaccia molto.

Questa situazione l’avevo già preventivata tre anni fa durante una riunione dell’UCI in Svizzera. Se si guarda solo la punta della piramide anziché la base e se si va avanti così, nel giro di cinque anni non ci sarà più un ricambio di corridori e formazioni, soprattutto da noi in Italia come succede nel maschile.

Tornando al calendario. Gli inviti alle corse straniere sono un aspetto fondamentale della stagione per squadre come la vostra.

Sì assolutamente, ma rischia di non bastare. Mi spiego meglio. Stando al regolamento UCI, la partecipazione delle squadre WorldTour al loro calendario è ancora facoltativa e contemporaneamente nelle gare di classe uno e due (.1 e .2) c’è la partecipazione libera per loro fino ad un massimo di cinque squadre e per un massimo di tre corse. Quindi se le squadre WorldTour non corrono le prime, vengono a fare le seconde. Così facendo è ovvio che per gli organizzatori è meglio, ma per i team continental, specie quelli con budget non alto, può diventare un grosso problema

Si guarda fuori dall’Italia perché qui da noi ci sono poche corse, a parte quelle open?

L’estero diventa difficoltoso per una questione di costi, ma bisogna saper investire e rischiare, perché altrimenti mai ti vedranno e ti inviteranno. Il calendario di casa nostra ultimamente è sempre stato un po’ scarno rispetto ad altre nazioni ma qualcosa sta cambiando. Quest’anno ci sarà qualche gara in più, come il Gran Premio Liberazione e il Città di Meldola (in programma rispettivamente 25 aprile e 5 giugno, ndr), ma serve che continuino ad organizzarne, anche se stiamo vivendo un periodo storico difficile.

Basilico Apeldoorn 2021
Valentina Basilico ha vinto il titolo europeo dello scratch: ora è attesa su strada
Basilico Apeldoorn 2021
Valentina Basilico ha vinto il titolo europeo dello scratch: ora è attesa su strada
Quanto è difficile reperire gli sponsor?

Noi siamo sempre andati dalle aziende proponendo loro progetti interessanti, compresa visibilità e comunicazione per i vari appuntamenti italiani e internazionali. Non è semplice però, perché qui da noi non ci sono incentivi ad investire. All’estero invece lo fanno senza problemi in qualsiasi sport, anzi nel ciclismo femminile lo fanno già da tanto tempo. Su queste cose noi italiani dobbiamo sempre inseguire. Poi mi permetto di dire che nel ciclismo in generale c’è un problema di avidità che condiziona la nostra attività.

Dai Walter, chiudiamo cercando di farti tornare un po’ più sereno parlando delle tue ragazze. Da chi ti attendi qualcosa quest’anno?

Dalla Zanardi mi aspetto una conferma nelle gare in cui è sempre andata bene ed un’ulteriore crescita nelle gare WT. Anche dalla Vitillo vorrei una conferma, magari nelle corse internazionali, però deve trovare la condizione giusta nel pieno della stagione e non alla fine come nel 2021. E’ arrivata la Brufani che l’anno scorso da primo anno elite nella GB Junior mi ha fatto vedere bei numeri. Abbiamo preso anche la francese Jade Teolis dall’A.R. Monex, è una scalatrice molto interessante. Infine Valentina Basilico, azzurra classe 2003, dovrà fare esperienza.

Miozzo, ci racconti com’era quando c’era posto per tutti?

17.11.2021
4 min
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E’ sembrato strano anche a voi, sfogliando il pezzo su Zoe Backstedt dopo gli europei di cross, vedere la foto di suo padre Magnus primo a Roubaix con la maglia della… piccola Alessio? Era il 2004, l’anno di Cunego contro Simoni al Giro, della tripletta ardennese di Rebellin e del maledetto 14 febbraio di Rimini. La stagione successiva avrebbe inaugurato il WorldTour e per quelle squadre orgogliose di essere italiane sarebbe iniziato il declino.

La Alessio era nata qualche anno prima assieme alla Ballan per mano di Flavio Miozzo. Poi dopo un paio di stagioni, come accade spesso, i due sponsor si divisero e con Alessio rimase Bruno Cenghialta. Anni diversi, quando per fare una squadra bastavano altri budget e anche gli squadroni erano sì ricchi, ma non certo fino ai livelli attuali.

Miozzo è stato corridore, poi ha avviato la carriera da dirigente e tecnico: dalla sua Ballan nacque poi la Alessio
Miozzo è stato corridore, poi ha avviato la carriera da tecnico: dalla sua Ballan nacque la Alessio

Regole e punteggi

Oggi Miozzo è direttore sportivo del Team Colpack e con lui come sponsor c’è ancora Ballan. Gli sembra quasi strano che si voglia parlare di quel periodo, ma dopo un po’ il discorso prende il via. Perché pur parlando di quindici anni fa, sembrano passate svariate ere geologiche.

«In quel periodo – dice – a livello economico era tutto a portata di mano. Le squadre erano divise in tre fasce. Le GS1 che valevano le attuali WorldTour, le GS2 che erano le professional e le GS3 che erano le continental. C’erano regole e punteggi in base ai quali potevi accedere alle corse, non comandavano i soldi. Non era male. C’era la Coppa del mondo, c’era la classifica individuale e noi italiani eravamo sempre importanti. Ma se devo dire, la grossa differenza è sul piano umano».

Sul podio della Henninger Turm 1999, Ongarato dietro Zabel e Van Bon
Sul podio della Henninger Turm 1999, Ongarato dietro Zabel e Van Bon

Rispetto per i giovani

Poche squadre avevano alle spalle delle multinazionali. C’erano banche, lotterie, grandi aziende: tutte costrette a fare i conti col budget.

«Le cose sono cambiate – annota Miozzo – non so se in meglio o in peggio, ma sono cambiate. Si è spostato tutto verso l’alto, sia in termini di aggiornamento, sia sul piano economico e quello della preparazione. Ci sono tanta tensione e tanto stress. Non dico che prima non ci fossero, ma avevamo ritmi meno esasperati. Nei due anni con la Ballan-Alessio scoprimmo Simoni, ad esempio, e anche Tosatto. Anche allora si cercava il giovane talento, ma li facevamo crescere rispettandoli. Era un gruppo unico, fra dilettanti e professionisti. Adesso attorno ai giovani c’è un vero e proprio business, li cambiano di continuo e c’è da capire poi quanto durano. Un po’ di equilibrio non guasterebbe».

Scapin e De Rosa

Anche le bici erano… piccole e italiane, frutto dell’artigianato e di lavorazioni su misura che ci invidiavano in tutto il mondo.

«Avevamo le bici Scapin – conferma Miozzo – perché ci tenevamo ad avere il meglio del made in Italy, tanto che poi arrivò De Rosa. Le bici artigianali italiane avevano un grande appeal internazionale. Eravamo avanti a livello internazionale e facevamo il massimo per stare al passo e alla fine gli stranieri venivano a correre da fuori e gli italiani erano gli atleti più rappresentativi».

Anche Baldato ha corso con la maglia della Alessio, nata dalla Ballan
Anche Baldato ha corso con la maglia della Alessio, nata dalla Ballan

Continental sì o no

Poi la curiosità si sposta sul presente e un confronto improbabile: che differenza c’è fra una grande continental come la Colpack del 2021 e la Ballan di allora? Miozzo un po’ ci pensa, poi però la risposta è quella che ci aspettavamo.

«A livello di organizzazione e mezzi – dice – la Colpack vale una professional di quegli anni. C’è da 30 anni, è ben strutturata e ha alle spalle un progetto solido. Ma c’è una grossa differenza. Le GS1 e le GS2 erano squadre di professionisti, seguivano le regole Uci, rispettavano la Legge 91 del 1981 sul professionismo e pagavano gli stipendi. Anche le GS3 erano professionistiche. La Mapei giovani di Pozzato era di professionisti con gli stessi minimi di stipendio. Oggi non è così. Secondo me tutte le squadre di dilettanti dovrebbero essere continental, ma con le stesse tutele che c’erano vent’anni fa. Non si può andare a peggiorare…».

Velasco e il WorldTour, un matrimonio che era nell’aria

10.11.2021
5 min
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Dopo sei anni di professionismo Simone Velasco approda nel WorldTour. L’elbano ne ha fatta di gavetta e dopo queste due stagioni alla Gazprom-RusVelo eccolo giungere alla corte dell’Astana. La sua soddisfazione traspare già dal tono della sua voce.

In più arriva in un team che sembra essere super attrezzato per il 2022. I turchesi hanno fatto una campagna acquisti mica da ridere. Bastano tre nomi: Nibali, Moscon e Lopez. Gli obiettivi da perseguire di conseguenza non possono che essere importanti.

Velasco nella polvere dell’Adriatica Ionica Race, Simone con i suoi passati da biker è un ottimo pilota
Velasco nella polvere dell’Adriatica Ionica Race, Simone con i suoi passati da biker è un ottimo pilota

Un altro ciclismo

«E’ una bella soddisfazione – dice Velasco – passo in una grande squadra. Una squadra che si è rinforzata molto, anche nella sua componente italiana come ho potuto constatare nei tre giorni passati insieme a Montecatini».

Simone è rimasto colpito da questo primo suo approccio con il WorldTour. Parla di livello alto e cura dei dettagli.

«C’è un’organizzazione enorme e si dà attenzione ad ogni particolare. Per esempio, come mi hanno preso le misure per l’abbigliamento, al millimetro… Si vede che si parla di altri budget rispetto alle professional. E’ un’altro ciclismo e questo per me è motivo di orgoglio e uno stimolo per dare il 110%».

Velasco fa sua la 3ª frazione del Tour du Limousin. E’ la terza vittoria da pro’ dopo il Laigueglia 2019 e una tappa alla Coppi e Bartali 2019
Velasco fa sua la 3ª frazione del Tour du Limousin. E’ la terza vittoria da pro’ dopo il Laigueglia 2019 e una tappa alla Coppi e Bartali 2019

Il posto di Velasco

E in questo “altro ciclismo” Simone Velasco ci può stare? Che ruolo potrà avere? Simone è un combattente, ha un buono spunto veloce, tiene abbastanza in salita…

«Ci arrivo dopo sei stagioni da pro’ e conosco certe dinamiche e certi ambienti. Spero di poter dire la mia e non sfigurare. Cercherò di dare il mio contributo per i capitani e quando avrò le mie possibilità farò di tutto per sfruttarle al meglio».

In questi grandi team si tende a dividere i corridori in gruppi: i “giovani”, quelli da corse a tappe, quelli delle classiche. Oppure il “gruppo Tour” o il “gruppo Giro”. In linea di massima Velasco sarà nel drappello di Lutsenko, ma prima bisogna avere un calendario definitivo.

«Indicativamente dovrei essere con Alexey – conferma Velasco – per le classiche e questa tipologia di gare, ma per i programmi bisognerà aspettare il ritiro di dicembre anche perché poi da lì gestiremo la preparazione. Ho parlato con i diesse e con i preparatori, tra cui Cucinotta che già mi seguiva. Claudio sa che io sono un po’ “alternativo” e voglio metterci del mio. Vedremo… Vedremo a dicembre, ripeto.

«Ci sarà anche Shefer che sarà il supervisore e ne sono contento. Con lui ho avuto modo di collaborare già lo scorso anno alla Gazprom. Tra l’altro quando ho vinto la tappa al Limousin c’era lui in ammiraglia. E c’è anche “Maio” (Orlando Maini, ndr). Stando io a Bologna negli anni degli studi spesso mi ha fatto fare dietro motore».

Già integrato

Insomma Velasco trova già un ambiente familiare. Pare essersi integrato subito. Poi lui è un ragazzo che tende a farsi volere bene in gruppo. Pensate che dopo una breve vacanza in Grecia al rientro con alcuni amici se ne è andato nella Langhe e nel Monferrato e indovinate dove? Da Sobrero…

«Eh sì – racconta Simone – siamo andati ad assaggiare del buon vino: Barolo, Barbaresco, Nebbiolo… e siamo stati ospiti di Matteo. Di questi tempi si può fare».

«Sono arrivato all’Astana grazie al mio procuratore, Luca Mazzanti. Lui ha avuto un contatto con Martinelli. Il quale a sua volta ha chiesto a Cucinotta un parere su di me. E quando è arrivato il suo benestare ed è arrivata l’offerta non ci ho pensato due volte: ho colto la palla al balzo. Passare nel WorldTour credo sia il sogno che ogni ciclista abbia da bambino».

Eccolo con Conti. Anche Valerio è passato all’Astana
Eccolo con Conti. Anche Valerio è passato all’Astana

Tra capitani e amici

Un sogno che però chiamerà Velasco ad un grande lavoro, a grandi responsabilità. Quando corri con gente come Nibali, Moscon, Lutsenko, Lopez non è facile.

«Però è anche uno stimolo. Con Gianni Moscon non c’è stato neanche bisogno di parlarci. Con lui siamo amici e sappiamo tutto l’uno dell’altro. Abbiamo corso insieme alla Zalf e due volte addirittura siamo arrivati insieme: una volta primo lui e secondo io e una volta il contrario. E’ stato bello ritrovarci insieme dopo tanti anni. Possiamo raggiungere grandi risultati. Gianni, lo abbiamo visto, è fortissimo e all’Astana potrà fare bene. Avrà lo spazio che merita. Alla Ineos-Grenadiers ha dovuto tirare anche quando stava bene».

«Con Nibali ho avuto modo di parlare in questo primo mini-ritiro. Lo conoscevo già e sono convinto che le cose andranno bene. E lo stesso con Lutsenko, anche se lui lo conoscevo meno. Ci parlai una volta nella conferenza stampa della Coppa Sabatini che lui vinse e in cui io feci terzo. Però un mio ex compagno mi ha detto: vai con Lutsenko, quando esci con lui in allenamento fatti il segno della croce. Mi ha raccontato che quando si allenavano insieme a Tarragona, in Spagna, lui andava via fisso a 45 all’ora. Mi diceva che faceva dietro motore in pratica!».

«E poi ci sono tanti altri ragazzi con cui mi sono trovato bene ed è stato un piacere rivederli. Per esempio Riabushenko. Con lui ci conosciamo da quando eravamo juniores, ci rispettiamo, ma non siamo mai riusciti ad essere compagni di squadra. E infatti ce lo siamo detti: finalmente corriamo insieme. 

«Oppure Dombrovsky, davvero un bravo ragazzo. Lui è americano e io adoro gli States. Gli ho fatto un sacco di domande sul suo Paese ed è stato anche un modo per rispolverare l’inglese. E ancora Valerio Conti. Lui è già il comico del gruppo».