Domani Andorra dirà chi comanda fra Almeida e Ayuso

27.08.2025
6 min
Salva

SUSA – Almeida o Ayuso, questo è il dilemma. Mentre tutti si interrogano su chi sarà l’avversario principale di Jonas Vingegaard, in casa UAE Emirates si parla sempre di coppia di leader e di responsabilità condivise, sin da quando la squadra è stata annunciata ed è stata confermata l’assenza di Tadej Pogacar, fresco del poker giallo.

Già dalla prima conferenza stampa congiunta al J-Hotel nel giorno della presentazione delle squadre a Torino, il gioco di carte è diventato provare a capire chi dei due bluffasse e chi, invece, nascondesse l’asso nella manica. «La mia forma è un’incognita perché ho pochissimi giorni di gara nelle gambe dopo il Giro, mentre Joao va davvero forte», spiegava Ayuso, uscito con morale e fisico a terra dalla Corsa Rosa e a caccia di riscatto nella Vuelta che, ironia della sorte, è scattata proprio dall’Italia. «Mi sento bene, ma sono certo che anche Juan andrà forte e la cosa più importante è che vinca la squadra. Noi, senza dubbio le proveremo tutte», gli faceva eco Almeida.

Tutti contro Vingegaard

Il primo arrivo in salita, con l’allungo di Soler sulle ultime rampe che portavano all’arrivo di Limone Piemonte, è stato fin troppo esplosivo per il tandem UAE. I due però si sono difesi con gli artigli, sfruttando anche il lavoro di Soler: quinto Almeida, ottavo Ayuso, che si è preso la maglia bianca. Lunedì, invece, nel tortuoso finale di Ceres, con il tornante ai -75 metri, il portoghese ha chiuso 28° e lo spagnolo 35°. Qualche chilometro prima del finale della terza tappa, trovandoci accanto a Mauro Gianetti ad attenderne l’esito, ci siamo fatti raccontare come procede la convivenza dopo queste prime tappe italiane. 

«Stanno bene entrambi – ci ha detto – e l’hanno già dimostrato nell’arrivo di Limone Piemonte. Abbiamo questa opportunità di avere due leader e quindi bisogna giocarseli bene. Anche perché per provare a battere Jonas Vingegaard bisogna essere veramente forti. Essere in due è un piccolo vantaggio. Certo, rimane il fatto che Jonas è fortissimo e ha una squadra di altissimo livello ma, con due carte a disposizione, c’è qualche chance in più. Quindi, è importante proprio avere questa coppia perché, nei giorni più difficili, la superiorità numerica può girare a nostro favore».

Di certo, non è una situazione abituale per la UAE, che di solito fa la parte del leone con Pogacar e che, stavolta, è costretta a raddoppiare le forze per contrastare il “solito” rivale danese. Gianetti replica: «E’ chiaro che Tadej è il numero uno al mondo, ma Almeida è un corridore straordinario, così come lo è Ayuso. Entrambi possono sfruttare la presenza dell’altro a proprio vantaggio e dividere le responsabilità».

Ayuso ha conquistato la maglia bianca e per ora corre in posizione di attesa
Ayuso ha conquistato la maglia bianca e per ora corre in posizione di attesa

Chi va e chi resta

Al netto dei tatticismi però, l’incerto futuro di Ayuso per il 2026 (persistono le voci che lo danno in uscita con la Lidl-Trek in pole position) fa propendere la tesi che sia Almeida l’uomo di punta per queste tre settimane a cavallo tra Italia e Spagna con la breve parentesi francese di ieri. Oltre alla preparazione non ottimale sbandierata a più riprese, il ventiduenne catalano è per la prima volta al via di due Grandi Giri nella stessa stagione e questo rappresenta un ulteriore punto interrogativo. Il portoghese, invece, prima del ritiro nella nona tappa del Tour de France, aveva impressionato facendo filotto tra Paesi Baschi, Romandia e Svizzera. Senza dimenticare che era stato l’unico, oltre a Pogacar, a battere Vingeegard in salita, con l’acuto nella quarta frazione della Parigi-Nizza.

Sul portoghese, Gianetti aggiunge: «Ha dimostrato negli ultimi due anni di riuscire ancora a crescere, poco alla volta. Grazie alla sua costanza nelle tre settimane può impensierire Vingegaard che, dal lato suo, ha un Tour de France sulle gambe, molto impegnativo sia dal punto di vista fisico sia mentale». Al punto da convincere anche un alieno come Pogacar a rifiatare. Il doppio impegno potrebbe pesare sulle gambe del danese. A questo si aggiunge, l’indole della Vuelta degli ultimi quindici anni, ovvero di prestarsi spesso a sorprese e colpi di scena: in casa Uae si è pronti a più scenari. 

Matxin è da sempre il mentore di Ayuso, qui parla con Almeida: è importante che regni l’equilibrio
Matxin è da sempre il mentore di Ayuso, qui parla con Almeida: è importante che regni l’equilibrio

Pogacar da tutelare

Sul mancato nuovo atto del dualismo Vingegaard-Pogacar, il team manager risponde così: «Tadej ci aveva pensato a venire alla Vuelta, sin da inizio stagione, perché è una corsa a cui tiene. Non si può però pensare di fare le classiche, il Tour e la Vuelta, perché le prime tolgono parecchie energie. In una corsa a tappe di una settimana, hai tempo magari per rifiatare. Nelle corse di un giorno come Strade Bianche, Milano-Sanremo, Fiandre sei sempre a tutta e richiedono una preparazione ad hoc e complicata. Tra le classiche e il Tour, Tadej ha staccato soltanto 2 giorni. Se avesse fatto la Vuelta, ne avrebbe avuti altrettanti di riposo prima della Corsa spagnola e sarebbe stato un po’ troppo poco per essere al top fisicamente e mentalmente».

Anche perché poi nel finale di stagione ci sono tanti altri appuntamenti che fanno gola al cannibale sloveno come mondiali, europei e Lombardia. E per un’altra ragione più a lungo termine a cui Gianetti tiene: «Vogliamo che il pubblico possa godersi il suo talento cristallino più a lungo possibile. Ovvio, in una Vuelta disegnata così, Tadej avrebbe potuto vincere parecchie tappe, ma bisogna fare delle scelte e preservarlo».

A ruota di Vingegaard, Ayuso vuole rifarsi dello smacco del Giro
A ruota di Vingegaard, Ayuso vuole rifarsi dello smacco del Giro

Ayuso guarda avanti

Gianetti poi rimescola le carte e dà ancora una carezza ad Ayuso, che vede in crescita di forma e non distratto dalle voci di mercato: «Purtroppo al Giro è andata com’è andata, malgrado la sua volontà, ma questo gli ha permesso di essere qui in corsa oggi alla Vuelta. Bisogna guardare avanti e lui non è certo un corridore che guarda indietro. Al massimo, lo fa per analizzare se c’è stato qualche errore o qualcosa nella preparazione che non ha funzionato. Senza dimenticare poi la caduta e la puntura dell’ape che l’hanno costretto al ritiro. Questa è una grande occasione per lui ed è concentrato soltanto su quest’obiettivo».

Dunque, la strana coppia Ayuso-Almeida continua a braccetto. Almeno fino all’arrivo in quota in Andorra di giovedì 28, quando potrebbe essere già la strada a svelare l’arcano, costringendo l’Uae a giocare a carte scoperte. 

Ciccone-Pedersen: Moser, due sconfitte tanto diverse?

26.08.2025
5 min
Salva

Se il commentatore è acuto, spaccare il capello in due può risultare un gioco molto stimolante. Per cui quando raggiungiamo Moreno Moser e gli proponiamo di confrontare i due secondi posti di Ciccone e Pedersen nella seconda e nella terza tappa della Vuelta, il gioco riesce subito alla grande. Il trentino sta affiancando Gregorio e Magrini nelle dirette integrali della corsa su Eurosport, mentre dalla prossima settimana il posto di Magrini sarà preso da Wladimir Belli.

Ciccone è stato battuto da Vingegaard a Limone Piemonte, quando credeva di avere ormai vinto. Pedersen è stato infilzato da Gaudu ieri a Ceres, quando anche lui credeva di averla portata a casa. Ci sono dei punti in comune, secondo Moser?

«Secondo me entrambi non hanno sbagliato nulla – riflette Moser – semplicemente ogni tanto ti battono. Ciccone sicuramente è partito un po’ lungo, ma non lunghissimo. Se non fosse partito lui, sarebbe andato Vingegaard. Jonas, semplicemente, l’ha battuto. Abbiamo visto più volte anche al Tour che in questi arrivi Vingegaard è diventato pericolosissimo. Dopo Tadej, c’è lui. E ovviamente, mancando l’imperatore… Quella di Ciccone mi sembra una sconfitta onorevole».

Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Facciamo un appunto nato guardando la televisione, che quindi può lasciare il tempo che trova. Ciccone sembra troppo duro (lo ha detto anche lui) e forse perde una pedalata voltandosi a guardare indietro.

Si è girato, sì. Ci sta che in quel momento abbia perso qualcosa. Probabilmente non pensava che ci fosse ancora qualcuno con la forza per poterlo passare. A mio avviso, se avesse saputo che Vingegaard era già così vicino, non si sarebbe girato. Pensava di averli a ruota, non di averne uno già al fianco, che stava venendo su.

Si può dire che gli abbia quasi tirato la volata?

Sicuramente gli ha tirato la volata, però c’è sempre qualcuno che parte prima e non vuol dire che per questo la perda. Gli sono mancate un po’ di gambe. Anche lui ha parlato del rapporto, però ha anche detto che non vuole cercare scuse. Secondo me è assolutamente onorevole come secondo posto. Ovvio che quando ci arrivi così vicino, con la possibilità di fare tappa e maglia, brucia di più. Però erano i due favoriti e se la sono giocata. Ovviamente a Cicco manca una vittoria, però in questo momento Giulio non mi delude in nessun modo.

Dici che Vingegaard è diventato pericoloso su questi arrivi: ci ha lavorato per duellare con Pogacar?

Secondo me sì, è diventato più esplosivo e si era già visto al Delfinato. L’ha detto lui stesso di aver messo più massa rispetto all’anno scorso e in fin dei conti la massa serve esattamente a questo.

A ben vedere, al Tour del 2024 aveva già battuto Pogacar in un testa a testa a Le Lioran…

Effettivamente aveva già fatto quel numero. Forse l’abbiamo semplicemente sempre sottovalutato anche da questo punto di vista. Avendo di fronte uno come Tadej, che ti fucila sempre con facilità, dai per scontato che Vingegaard non sia adatto per questi arrivi. Se ci fosse stato Pogacar, avrebbe vinto con 20-30 metri. E probabilmente avrebbe vinto anche ieri a Ceres.

Ultima curva della tappa di Ceres: Gaudu entra in accelerazione, Pedersen sembra appesantito
Ultima curva della tappa di Ceres: Gaudu entra in accelerazione, Pedersen sembra appesantito
Ieri però non abbiamo visto il super Pedersen del Giro, altrimenti non avrebbe vinto Gaudu…

Infatti anche secondo me non è il solito Pedersen. L’ho detto anche facendo la prediction prima della cronaca: non mi sembra Pedersen al suo massimo splendore. Nella prima volata s’era perso. Ieri nello sprint intermedio ha perso la ruota del suo compagno. Non so cos’abbia, perché in realtà arrivava dal Danimarca in grandissima condizione.

Di sicuro non si aspettava che a batterlo fosse Gaudu.

L’ha detto anche Vingegaard che il francese ha fatto un’entrata un po’ assassina in quell’ultima curva, però è il ciclismo e va bene. E’ entrato a quel modo perché veniva su molto forte prima della curva, mentre tutti gli altri erano un po’ piantati. S’è buttato in curva, ma nessuno ha frenato, perché si arrivava forti. Quindi Gaudu sta bene, l’aveva dimostrato già il giorno prima. Ma il Pedersen in forma, secondo me, sarebbe entrato in curva molto più forte e poi non lo avrebbe passato nessuno. Avrebbe iniziato la volata già prima della curva, invece era un po’ seduto.

Tu dici che era un arrivo adatto a lui, che pesa 13 chili più di Gaudu? Forse avrebbero dovuto tirare per lui fino alla curva?

Forse se Cicco avesse avuto le gambe per portarlo più avanti, a quel punto avrebbe vinto Mads, ma erano tutti a tutta. Forse era un arrivo al limite per lui e per le sue caratteristiche. Se vai a vedere, oltre a lui sono tutti scalatori.

Pedersen ha vinto la tappa di Vicenza al Giro, ma era un muro stile classiche…

Quel Pedersen ieri avrebbe dominato, avevo quasi dimenticato quel numero. Fece una roba stratosferica, però è anche vero che batté Van Aert. Era un finale da classiche, più che una vera salita, anche se terzo arrivò poi Del Toro. Per questo motivo non me la sento di affiancare i due secondi posti, per tornare alla domanda di partenza. Alla fine sono due cose diverse. Ciccone si è fatto battere da un super campione ed è stata una mezza beffa, che però ti tocca accettare.

La Lidl-Trek sta correndo compatta: Pedersen per Ciccone e viceversa, ma la vittoria ancora sfugge
La Lidl-Trek sta correndo compatta: Pedersen per Ciccone e viceversa, ma la vittoria ancora sfugge
Dici che Pedersen non l’ha vissuta come una beffa?

Si è fatto battere da un nome a sorpresa, perché probabilmente non è al cento per cento. Però è vero che ci è rimasto malissimo. Anche perché quando ci arrivi così vicino, ci rimani sempre male. Peggio ancora quando ti batte uno che non ti aspetti. Secondo me sono due secondi posti che sembrano simili, due mezze beffe, che però sono nati in modi diversi. Quando fai secondo per 10 centimetri, in fin dei conti rientra quasi nell’ambito della casualità.

Oppure, parlando di arrivi in salita, significa che c’è un livellamento incredibile verso l’alto e 10 centimetri diventano un vuoto incolmabile?

Anche quello, sì. Ma quel metro che ti manca non è fra le cose che puoi calcolare quando parti. E comunque, sempre una grande Lidl-Trek. Al Giro gli è andato tutto bene. Qui magari fanno le stesse cose, ma invece di fare primi, sono secondi. Quei 10 centimetri non bastano per dire che uno è andato più forte, diventa quasi un errore di misura. Anche se in entrambi i casi un po’ di gambe sono mancate.

Czech Tour vinto, ora la Vuelta: Lecerf cresce e intanto racconta

26.08.2025
6 min
Salva

TORINO – Tenacia da veterano, grinta da fuoriclasse e voglia di imparare da talento arrembante. Il successo al Czech Tour strappato coi denti ha fatto arrivare Junior Lecerf con morale e convinzione alla sua seconda Vuelta e lo si vede dal fuoco che arde nei suoi occhi mentre si racconta.

La corsa spagnola è stato il primo Grande Giro della sua carriera dodici mesi fa, ma sembra che di tempo ne sia passato ben di più vista la sua incoraggiante crescita. Non bastasse questo, l’atteso ma pur sempre fragoroso addio di Remco Evenepoel al Wolfpack costringe la formazione belga a ricostruire la sua strategia per il futuro. Avere già in casa il promettente corridore originario delle Fiandre e che compirà 23 anni il prossimo 15 ottobre senza dubbio toglie qualche grattacapo. Anche perché Junior ha una voglia matta di mostrare tutte le sue doti senza troppi fronzoli.

Czech Tour, La vittoria di Lecerf a Dlouhé Strane: alle sue spalle Fancellu. Il belga è alto 1,69 e pesa 54 chili
Czech Tour, La vittoria di Lecerf a Dlouhé Strane: alle sue spalle Fancellu. Il belga è alto 1,69 e pesa 54 chili
Junior, arrivi alla Vuelta dopo un Czech Tour in cui hai lottato fino all’ultimo centimetro: come ti senti?

E’ stata una vittoria molto importante per me e per tutta la squadra. Sono stato davvero felice di vincere la seconda tappa a Dlouhe Strane e poi di tenere la maglia fino alla fine. E’ stata una splendida esperienza.

Anche perché i rivali, come ad esempio il tuo connazionale Uijtdebroeks, non mancavano…

Lui è davvero fortissimo, per cui riuscire a batterlo aggiunge qualcosa in più alla mia vittoria.

Parlando coi direttori sportivi, sai dirci quale sarà il tuo ruolo in questa Vuelta?

Non so ancora esattamente come mi muoverò, ma senza dubbio l’obiettivo è di provare a vincere una tappa, come avevo già provato a fare scorso anno. Se le sensazioni saranno buone, penso che sia un traguardo realistico e alla mia portata. Mi sono sentito bene al Czech Tour, per cui spero di continuare così. Vedremo come risponderanno le gambe, giorno dopo giorno.

Con che approccio stai correndo rispetto alla Vuelta 2024?

Ora so già come funziona e cosa aspettarmi. Sarà un bell’aiuto avere già nelle gambe una corsa da tre settimane e ho molta più fiducia nei miei mezzi rispetto allo scorso anno, vista anche la mia forma attuale. Sono pronto come non mai.

Il debutto di Lecerf in un Grande Giro fu la Vuelta del 2024: qui verso Baiona con Van Aert, belga come lui
Il debutto di Lecerf in un Grande Giro fu la Vuelta del 2024: qui verso Baiona con Van Aert, belga come lui
L’idea è di continuare a essere un uomo da Grandi Giri anche in futuro?

E’ difficile da dire, perché sono ancora giovane e devo ancora mettermi alla prova in tanti contesti differenti. Mi piacciono anche le corse a tappe più brevi, da una settimana o meno come si è visto al Czech Tour. Soltanto col tempo si capirà che tipo di corridore diventerò. E’ dura essere un uomo da classifica perché non puoi distrarti mai per evitare di perdere tempo nelle tappe nervose. Al tempo stesso, devi essere molto forte anche nelle cronometro, oltre che in salita.

Lo scorso inverno hai lavorato su qualche aspetto in particolare per migliorarti?

Ho cercato di essere più esplosivo. E poi adoro le salite, per cui ho lavorato molto su quell’aspetto, per rafforzarlo ulteriormente. A cronometro ho ancora margine, ma ci lavorerò nelle prossime stagioni per diventare più completo.

Hai un modello a cui ti ispiri?

Non ne ho uno nello specifico. Potrei dire Pogacar, anche se è vero che è uno dei miei rivali in corsa, ma senza dubbio c’è tanto da imparare da corridori come lui. Guai a paragonarmi a lui perché è di un altro pianeta e lo dimostra vincendo sia i Grandi Giri sia le classiche. Per quanto mi riguarda, cerco di focalizzarmi soprattutto su me stesso, cercando di migliorare anno dopo anno.

Ci racconti che cosa vuol dire crescere nel Wolfpack?

Mi trovo benissimo perché hanno sempre creduto in me sin dall’inizio. Sono felice di continuare la mia crescita e mi sento circondato da grandi compagni e da un ottimo staff per cui ci sono le prospettive per fare sempre meglio.

Gli under 23 italiani ricordano bene Lecerf: nel 2023, a vent’anni non ancora compiuti, vinse infatti il Piccolo Lombardia
Gli under 23 italiani ricordano bene Lecerf: nel 2023, a vent’anni non ancora compiuti, vinse infatti il Piccolo Lombardia
Quanto è dura perdere Evenepoel a partire dalla prossima stagione?

Remco è un bravissimo ragazzo, c’è sempre stata un’ottima connessione tra noi due. E’ stato un grande leader per noi e per la squadra è senza dubbio una perdita enorme, ma è stata una sua decisione e non ci si può far nulla.

Hai imparato tanto da lui?

Assolutamente sì. Ho degli ottimi ricordi, come ad esempio all’inizio di quest’anno, durante un camp a Sierra Nevada, in cui ci siamo divertiti molto insieme. E’ stato davvero un piacere e un onore correre in squadra con lui.

Quali sono le istantanee che hai in mente dell’Italia?

Ho corso spesso qui, mi ricordo soprattutto le due edizioni del Giro Next Gen che ho disputato (Lecerf ha anche conquistato il Piccolo Giro di Lombardia del 2023, ndr). Poi tutte le volte che ho visto il Giro d’Italia in tv, con tutte quelle persone a bordo strada. Anche stavolta, l’atmosfera delle prime tappe sul vostro territorio è stata davvero fantastica. Spero di tornare presto in futuro per il Giro d’Italia.

La tua salita preferita?

Il Teide. L’ho fatto tantissime volte in allenamento a Tenerife. La adoro come salita perché puoi farla da almeno quattro versanti differenti ed è una delle più alte d’Europa. Poi mi piace molto lo Stelvio, una salita mitica del Giro.

Presa la maglia del Czech Tour il secondo giorno, Lecerf l’ha portata a casa con 7″ su Uijtdebroeks e 8″ su Fancellu
Presa la maglia del Czech Tour il secondo giorno, Lecerf l’ha portata a casa con 7″ su Uijtdebroeks e 8″ su Fancellu
Il ciclismo è sempre stato il tuo sport sin da piccino?

Sì, anche se all’inizio facevo tantissima mountain bike e ciclocross. Entrambe sono state discipline fondamentali per la mia crescita tecnica, ma ora sono contento di essere pro’ e di correre su strada. Quando ero piccolo guardavo tutti i tre Grandi Giri in tv, soprattutto il Tour de France e sognavo un giorno di essere alla partenza di una di queste corse. E bello che sia diventato realtà come mi è già successo due volte alla Vuelta. 

Hai qualche hobby?

Ho sempre pochissimo tempo libero perché, quando ce l’ho, mi piace rilassarmi e stare con la mia fidanzata Emma, senza pensare troppo al ciclismo. Quando può viene a vedermi in corsa o durante i ritiri a Tenerife. L’aspetto anche quest’anno in una delle tappe, per cui non vedo l’ora.

Paret-Peintre, il re del Ventoux ha fiutato l’Angliru

25.08.2025
5 min
Salva

TORINO – Se sei francese e arrivi a braccia alzate sul Mont Ventoux al Tour, la tua vita non sarà mai più la stessa. Valentin Paret-Peintre sa bene che quell’istantanea dello scorso 22 luglio rimarrà per sempre scolpita nella sua mente e nella storia dello sport transalpino. Però, al tempo stesso, non è nemmeno tipo da sedersi sugli allori e ha già nel mirino la prossima impresa.

Suo fratello maggiore Aurélien ne aveva predetto l’ascesa quando ancora non si era affermato al Giro ed aveva ragione, forse perché conosceva bene la sua caparbietà. Dopo la fuga vincente di Cusano Mutri nel 2024 e l’apoteosi in cima al colosso provenzale, ora il ventiquattrenne della Soudal-Quick Step è alla Vuelta con un solo obiettivo: chiudere il cerchio e imporsi anche nella corsa spagnola. Diventando così uno dei corridori capaci di trionfare in almeno una frazione in ciascuna delle corse di tre settimane. E visto che ama sognare in grande, Valentin fa l’occhiolino a un’altra salita mitica di questa edizione.

Sul Mont Ventoux, Paret Peintre ha avuto ragione di Healy con l’ultimo scatto
Sul Mont Ventoux, Paret Peintre ha avuto ragione di Healy con l’ultimo scatto
Valentin, quanto è cambiata la tua vita dopo la vittoria in una tappa così iconica al Tour de France?

In Francia è stato qualcosa di pazzesco, ma forse ancora di più per Paesi come il Belgio. Lì magari conoscono solo il Mont Ventoux o poche altre salite del Tour, per cui per loro ha un significato persino maggiore. La mia vita è cambiata moltissimo. Mentre mi alleno, mi è capitato che alcune volte qualche macchina mi abbia superato e si sia fermata a bordo strada solo per fotografarmi e devo dire che è davvero folle.

Ora che è passato un po’ di tempo, ci racconti a freddo che cosa ha voluto dire per te?

Ho provato spesso a pensare ad altro e a non rimanere troppo legato a quel giorno o alle vibrazioni positive che mi ha lasciato l’ultimo Tour de France, ma a volte è impossibile. Mi capita di vedere qualche video sui social, magari per caso, e quello che provo è ancora speciale, pure a distanza di settimane. E’ stato dieci volte più grande rispetto a vincere al Giro, anche perché non dovevo nemmeno correre il Tour e poi ero lì per aiutare Remco. Dopo il suo ritiro, ho avuto maggiore libertà, ma non avrei mai pensato di vincere una tappa al Tour nella mia vita, tantomeno di riuscirci così presto. 

Tuo fratello aveva detto che saresti arrivato e così è stato. E adesso?

Ora il mio obiettivo è di vincere anche alla Vuelta, così da entrare nel club ristretto dei corridori che sono riusciti a lasciare il segno in tutti e tre i Grandi Giri. Vincere al Giro o al Tour è stato davvero stupendo, forse stavolta sarà persino più facile, se posso dirlo. Non mi aspettavo di vincere così presto al Tour de France, per cui ora sono davvero convinto di avere le carte in regola per chiudere la mia personale trilogia.

Giro d’Italia 2024, a Cusano Mutri il filiforme Valentin Paret Peintre vince con 29″ su Bardet
Giro d’Italia 2024, a Cusano Mutri il filiforme Valentin Paret Peintre vince con 29″ su Bardet
Oltre a puntare alla vittoria di tappa aiuterai anche il tuo compagno di stanza Mikel Landa?

Con lui siamo grandi amici. Vediamo come si sentirà nei primi giorni e valuteremo se potrà puntare a un piazzamento nella classifica generale o se anche lui metterà nel mirino qualche vittoria di tappa. La prima settimana sarà cruciale per capire quale sarà la miglior tattica da adottare.

Hai messo nel mirino qualche frazione in particolare?

Alla Vuelta è tutto molto più aperto e bisogna cogliere ogni opportunità che si presenta davanti. Certo, non sarebbe per niente male vincere al Ventoux e sull’Angliru nello stesso anno, ma sarà dura riuscirci. 

Trovi che la Vuelta sia molto diversa dagli altri due Grandi Giri?

Sì, decisamente e l’ho già notato l’anno scorso. Devi sempre attivare la “modalità attacco” perché non si sa mai cosa può succedere, anche nelle tappe più piatte. E’ una lotta ogni giorno e ogni tappa può essere quella giusta.

Sei pronto all’accoppiata Tour-Vuelta dopo aver corso Giro e Vuelta l’anno passato?

Adoro le corse di tre settimane, sono il mio pane. Sono convinto di recuperare molto più velocemente rispetto a tantissimi altri e mi sento sempre benissimo nelle ultime frazioni. Nei Grandi Giri, mi guardo attorno e vedo tutti che sentono la fatica, mentre io miglioro giorno dopo giorno e mi automotivo. Questa è la cosa che mi piace di più.

Valentin Paret Peintre, classe 2001, è pro’ dal 2022: 1,78 per 52 kg da quest’anno è alla Soudal
Valentin Paret Peintre, classe 2001, è pro’ dal 2022: 1,78 per 52 kg da quest’anno è alla Soudal
Sei pronto anche per indossare la maglia della nazionale francese sul finale di stagione?

Devo dimostrare nella Vuelta quanto valgo e mi piacerebbe partecipare al mondiale, ma anche all’Europeo, visto che correremo in Francia, a circa due ore da casa mia. Entrambi i percorsi si addicono alle mie caratteristiche, per cui farò di tutto per essere selezionato. Ho parlato con Thomas Voeckler e lui è curioso di vedere come arriverò all’ultima settimana della Vuelta.

In generale, come ti sei trovato con la nuova casacca?

Devo dire che tante piccole cose sono cambiate rispetto al passato. Nel Wolfpack si parte sempre per vincere, in ogni corsa, e adoro quest’attitudine, che si addice di più a me. Ci prendiamo anche dei rischi per inseguire il successo a tutti i costi, mentre alla Decathlon AG2R non accadeva così. 

Tornerai al Giro l’anno prossimo?

Spero proprio di sì, è una corsa che adoro. La mia fidanzata vive sul versante francese del Moncenisio, per cui mi alleno spesso anche sul versante italiano e mi piace molto. Dopo il Tour, sono stato in Italia per alcuni allenamenti e mi è piaciuto che quasi ogni ciclista che mi ha incrociato mi abbia gridato: «Ehi, Paret-Peintre, complimenti!». E’ un po’ la mia seconda casa. Inoltre, qui c’è una grande conoscenza del ciclismo e lo si vede anche con questa partenza della Vuelta da Torino. Sono felicissimo di avere tanti tifosi italiani così calorosi.

Vingegaard strozza l’urlo di Ciccone: Vuelta subito esplosiva

24.08.2025
6 min
Salva

LIMONE PIEMONTE – A un respiro dalla gloria rossa. Per qualche istante, la sagoma di Giulio Ciccone aveva fatto capolino nella nebbia e sembrava quella destinata a tagliare per prima il traguardo di Limone Piemonte, quassù dove di solito d’inverno si scia ed è di casa Marta Bassino. E, invece, con tutta la sua freddezza da killer, Jonas Vingegaard ha strozzato in gola l’urlo dell’abruzzese della Lidl-Trek, sfoderando il colpo di reni che in un sol colpo gli ha regalato tappa e maglia, la prima di leader della Vuelta della sua carriera.

Sul traguardo, Giulio è senza fiato, ma trova le parole per spiegare quanto lui davvero ci abbia sperato fino all’ultimo millimetro di asfalto: «Gli ultimi 500 metri c’è stato un po’ di casino e sono rimasto chiuso con Ayuso. Poi, sono partito con un rapporto troppo duro e infatti gli ultimi 50 metri ero troppo, troppo duro. Peccato perché oggi volevamo prendere la maglia e regalare una bella gioia a questo pubblico che mi spinge, ma ci riproveremo».

Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri

I dubbi di Vingegaard

E dire, che lo stesso Vingegaard non pensava più di ricucire sullo scatenato italiano: «A 100 metri dal traguardo – dice – non pensavo più di riuscire a vincere perché Giulio è andato fortissimo. Subito dopo la curva, credevo che lui fosse già vicino al traguardo, ma poi mi sono accorto che mancava più di quanto pensassi e così ho deciso di lanciarmi con tutte le forze e ce l’ho fatta».

Nonostante, il finale concitato, il danese della Visma-Lease a Bike si è subito reso conto di avercela fatta, alzando il braccio destro e baciando la fede nuziale. L’altro, sanguinante, non sembra preoccuparlo, così come il ginocchio sinistro, dopo la caduta occorsa per l’asfalto bagnato a una rotonda ai -25 chilometri dall’arrivo.

«Ho preso una bella botta, poi in realtà sono solo scivolato per parecchi metri. Il colpo più forte l’ha preso il ginocchio, ma subito mi sono reso conto che andata bene e per ora non sento particolare fastidio», ha aggiunto commentando il terzo successo di tappa nella Corsa spagnola dopo i due del 2023.

Ladri di biciclette

Peggio è andata al suo compagno Axel Zingle che, oltre a lussarsi la spalla sinistra e ad arrivare a più di 24 minuti, è rimasto anche a piedi per colpa di un ladro maldestro: «Mi sono slogato la spalla e ho dovuto rimettermela a posto da solo. Poi mi è successo una seconda volta mentre prendevo un gel, così mi sono dovuto fermare. Ho lasciato la bici a una persona che non parlava molto l’inglese, per tenerla quei 5/10 minuti mentre ero in ambulanza a farmi sistemare la spalla e questo tizio se n’è andato via. Per fortuna, sono arrivati con la bici di scorta dopo qualche minuto».

In realtà la versione di Zingle, evidentemente scosso, è stata più smentita dai fatti, dato che il suddetto tifoso aveva passato la bici agli addetti del camion scopa (tuttavia nella notte la Visma Lease a Bike avrebbe subito un furto ben più consistente in hotel).

In serata, come spiega anche Grisha Niermann, si valuterà se potrà ripartire domani da San Maurizio Canavese, in attesa che si sveli il mistero sulla bici sottratta: «Sono caduti sei su otto dei nostri e questo ha scombussolato un po’ i piani, ma per fortuna Jonas è rimasto concentrato e ce l’ha fatta. Devo dire che c’è stato anche grande fairplay in gruppo, al netto della situazione caotica che si era creata. La squadra si è comportata alla grande, ma sapremo solo dopo alcuni accertamenti se Axel potrà continuare la Vuelta».

Botte e risposte

Dunque, Vingegaard ha fatto centro al primo arrivo in salita, ma sottolinea subito che «se ci sarà una fuga, non sarà un problema perdere la maglia nei prossimi giorni». Niermann conferma: «A noi interessa che Jonas la indossi sul podio di Madrid, null’altro».

Fatto sta che le altre squadre dovranno inventarsi qualcosa per ribaltare tutto. La Uae Emirates ci aveva provato oggi, lanciando in avanscoperta Marc Soler ai 600 metri (subito dopo il forcing di Giulio Pellizzari). Almeida (5°) e Ayuso (8°) non hanno avuto però le gambe per seguire Ciccone e Vingegaard.

Lo spagnolo, comunque, è fiducioso: «Penso di aver superato questo primo test – dice Ayuso – e sono convinto di migliorare già verso Andorra, che sarà il momento chiave della settimana iniziale della Vuelta. Jonas e Ciccone erano favoriti, ma sia io e Joao abbiamo ancora tanta strada per dimostrare quanto valiamo».

Almeida gli fa eco: «E’ stata una giornata un po’ caotica, con la pioggia arrivata nei chilometri finali, le cadute e il nervosismo in gruppo. Per fortuna è andato tutto bene. Io, Juan e anche Marc siamo andati molto forte, gli altri sono stati più forti di noi, ma dobbiamo solo continuare a spingere. Il finale di domani presenta alcune curve insidiose, per cui cercheremo di stare davanti».

Il quarto posto di Bernal fa il pari con il sorriso del colombiano, che sembra molto in forma
Il quarto posto di Bernal fa il pari con il sorriso del colombiano, che sembra molto in forma

E la terza, breve frazione (134,6 chilometri) da San Maurizio Canavese a Ceres, sarà speciale per Egan Bernal, che tornerà sulle strade su cui è cresciuto agli ordini di Gianni Savio. Il quarto posto di oggi ha sorpreso lo stesso colombiano: «Non mi aspettavo di riuscire a lottare per il successo. Mi sono trovato là davanti e ci ho provato. E’ una bella iniezione di fiducia per il mio morale questo risultato e ringrazio Ben, Pippo e Kwiato (rispettivamente Turner, Ganna e Kwiatkowski, ndr) per avermi tenuto fuori dai guai».

Un record: dopo Giro e Tour, anche la Vuelta a casa di Sobrero

24.08.2025
6 min
Salva

TORINO – Una tripletta casalinga difficile da ripetere. Tutti i corridori sognano, almeno una volta nella vita, che un Grande Giro passi sulle strade di casa, quelle su cui si è imparato a pedalare e cominciato a sognare in grande. Difficilmente però qualcuno riuscirà a emulare Matteo Sobrero. Non contento di aver vissuto il primo Giro d’Italia della sua carriera nel 2020 e di aver bissato lo scorso anno con il passaggio del Tour de France, oggi verrà travolto dal bagno di folla ancora una volta nella sua Alba.

 «E’ un traguardo personale più unico che raro – comincia a raccontarci il ventottenne della Red Bull-Bora-Hansgrohe – ma davvero splendido. Il Giro 2020 è stato tutto strano e speciale. Ero all’esordio nel mondo dei pro’ e non nascondo che ero parecchio emozionato. In realtà, lo ero anche l’anno scorso al Tour, mentre stavolta mi sento più rilassato. Sono molto contento che la Vuelta parta dal Piemonte e passi da Alba e sto cercando di assaporare ogni momento».

Il primo assaggio

Un bell’assaggio c’è stato già giovedì con la presentazione delle squadre in Piazzetta Reale: «C’era tantissimo tifo, nonostante qualche goccia di pioggia ed è stato emozionante sentirmi incitare a gran voce e chiamare da tanti appassionati, grandi e piccini, oltre ad avere al mio fianco la mia famiglia e gli amici».

Nulla però in confronto a quanto accadrà oggi su tutto il percorso, come ci ha anticipato la sorella minore Francesca, che ogni anno organizza la festa del fans club a fine novembre.

«Abbiamo saputo della sua presenza soltanto domenica scorsa – racconta – per cui non abbiamo organizzato nulla di grandioso. Un po’ anche per scaramanzia perché quest’anno eravamo già pronti per il Giro e poi è caduto, per cui non abbiamo voluto bruciare le tappe. Noi siamo di Montelupo Albese, 10 minuti sopra Alba e sembra davvero che ultimamente i percorsi dei Grandi Giri siano fatti apposta per lui. A parte gli scherzi, cercheremo di sospingerlo su tutto il tragitto. Noi saremo in partenza e in arrivo, ma so che anche la squadra dei giovanissimi in cui è cresciuto Teo, l’Asd Alba Bra Langhe Roero, si schiererà a Pollenzo di fronte alla loro pista con tutti i bambini e striscioni dedicati per omaggiarlo. Tanti amici e parenti saranno disseminati nei primi chilometri». Poi aggiunge: «L’ho visto più tranquillo del solito, molto contento del calore e del tifo e davvero carico».

La seconda Vuelta

Ci pensa Matteo a raccontare come è nata la sua seconda campagna spagnola dopo quella del 2023: «Tutto è iniziato lo scorso inverno – spiega – quando abbiamo fatto i programmi con la squadra. Avrei dovuto fare Giro e Vuelta se tutto andava bene e avevo chiesto io di poter fare soprattutto quest’ultima perché partiva dal Piemonte. Poi, la caduta ha rimesso in discussione tutti i piani».

Già, perché gli strascichi non sono stati semplici da cancellare e il ritorno alla normalità è stato ben diverso da quanto ipotizzato in un primo momento: «Non pensavo onestamente di metterci così tanto ed è stato forse il rientro più difficile da quando ho cominciato a correre in bicicletta. Nel letto d’ospedale, non avevo ben capito cosa fosse successo. Ricordo che all’inizio credevo di cavarmela con qualche giorno di stop, addirittura di potercela fare per la Sanremo o quantomeno per preparare con calma il Giro».

Con il 3° posto nella crono finale, Sobrero ha conquistato il podio del Polonia, confermando il ritorno ad alto livello
Con il 3° posto nella crono finale, Sobrero ha conquistato il podio del Polonia, confermando il ritorno ad alto livello

Al telefono con Ganna

Invece, è andata diversamente: «Non sono riuscito ad arrivare in forma nemmeno in ottica Tour de France e per ritrovare le migliori sensazioni in corsa c’è voluto il Polonia. Quando batti la testa ti sembra una cavolata, ma è una delle cose più difficili perché non riesci mai a capire se sei davvero tornato quello di prima.  Più che le fratture al naso o allo zigomo, è stata la commozione celebrale a richiedere più tempo. Dopo un mese dalla caduta, uscivo in bici e pensavo di sentirmi come prima, ma non era così. La mia condizione andava bene per un’uscita da amatore, ma c’era tutto da ricostruire, fisicamente e mentalmente.

«Ne ho parlato molto poi anche con Filippo (Ganna, ndr), che ha avuto un problema simile, anche se più leggero. I sintomi erano gli stessi e ci siamo sentiti parecchio per confrontarci e supportarci. Lui, sua sorella Carlotta che è la mia ragazza e tutta la mia famiglia sono stati davvero preziosi in questi sei mesi e ora mi sento finalmente in forma».

Ultima altura nel rifugio Umberto Maroli di Macugnaga, poi Sobrero e Ganna hanno raggiunto Torino (immagine Instagram)
Ultima altura nel rifugio Umberto Maroli di Macugnaga, poi Sobrero e Ganna hanno raggiunto Torino (immagine Instagram)

Fra squadra e sogni

E la Red Bull-Bora si è affrettata a inserirlo nel team per la Vuelta, perché la poliedricità del jolly piemontese sarà importante: «Diciamo che cercherò di ricoprire più ruoli – illustra Sobrero – in base alla giornata. Aiuterò Jai (Hindley, ndr) per la generale dove necessario. Darò il mio contributo fondamentale per la cronosquadre e qualche giorno spero di riuscire ad andare in fuga, visto che due anni fa ho sfiorato il successo col secondo posto dietro a Kamna nel mio ultimo anno in Jayco».

Per sognare la gloria personale però bisognerà aspettare il ritorno della Vuelta in terra iberica: «Più facile che abbia libertà nella seconda o nella terza settimana – spiega Sobrero – perché nella prima cercherò di dare una mano alla squadra. Conosco bene le strade che attraverseremo in questi giorni, visto che ci sono passato correndo nelle categorie inferiori. L’unica che conosco un po’ meno è la terza tappa, ma l’arrivo di Limone sarà senza dubbio scoppiettante e qualcuno proverà a muoversi per prendere la maglia. Comunque, cercherò di godermi per quanto possibile la giornata sulle strade di casa: al Giro e al Tour è passato tutto troppo in fretta».

Fermi tutti, per le tappe (e la classifica) c’è anche Ciccone

23.08.2025
4 min
Salva

Giulio Ciccone alla Vuelta per la classifica o le tappe? Probabilmente per entrambe, se la prima dovesse diventare conseguenza delle seconde. Lo ha spiegato Pedersen: l’idea di replicare quello che non è stato compiuto al Giro sarà completa solo se “Cicco” salirà sul podio di Madrid. Nel catalogo della squadra americana, che dal prossimo anno sarà tedesca ed è ben dotata di uomini veloci e per le classiche, con Tao Geoghegan Hart che non ha mai ingranato, manca l’uomo della sicurezza nei Grandi Giri. La sfida di Ciccone intriga proprio per questo ed è il motivo per cui accanto all’azzurro si concentrano tutti i compagni.

Saranno voci, infatti, ma intorno alla Lidl-Trek si respira aria di clamorose novità. Parlando con Pedersen due giorni fa, è emerso il fatto che la partenza di Stuyven e Declercq che smette (passano entrambi, con ruoli diversi, alla Soudal-Quick Step) sembrano indebolire il reparto delle classiche. Il danese non ha approfondito il discorso. Ha detto che altri verranno e ha lasciato sul tappeto una frase sibillina circa la sua partecipazione ai prossimi Tour. Un riferimento alla possibilità che la squadra decida di specializzarsi nelle classifiche generali e potrebbe non avere più spazio per i velocisti nella corsa (cosiddetta) più importante al mondo. Contemporaneamente si è diffusa la voce del probabile arrivo di Juan Ayuso, da poco corridore di Giovanni Lombardi, che sembrava promesso alla Movistar. I soldi freschi di Lidl potrebbero aver riaperto il discorso. In questo scenario di lavori in corso senza altri riferimenti, Ciccone si avvia alla partenza della Vuelta da Torino con ambizioni niente affatto ridimensionate. Si vive oggi per oggi e domani si vedrà.

Vuelta Burgos, terza tappa: vince Bisiaux, dietro (a 9″) Ciccone e Pellizzari, entrambi alla Vuelta
Vuelta Burgos, terza tappa: vince Bisiaux, dietro (a 9″) Ciccone e Pellizzari, entrambi alla Vuelta
Si parla di un tuo possibile attacco già domani nella tappa che arriva a Limone Piemonte, è una salita che già può fare un po’ di selezione?

E’ una salita che onestamente non conosco. Ho visto il profilo altimetrico e non sembra durissima, quindi onestamente non ci aspettiamo una grandissima selezione. Però sicuramente sarà fatta forte e per questo resta adatta a me che sono anche abbastanza esplosivo e veloce. Quindi domani può essere una giornata buona, per iniziare questa Vuelta col piede giusto. Diciamo che nella seconda tappa non si vince la Vuelta, però forse si può perdere.

La condizione è buona?

E’ molto buona, quindi vediamo. Non è la stessa che avevo prima del Giro, alla Liegi o all’inizio della stagione. Non ho cambiato niente. Ho solo avuto un buon recupero dopo l’incidente e mi sono allenato molto in altura per migliorare.

Il recupero è stato più difficile mentalmente o fisicamente?

Non è stato un periodo facile per me dopo la caduta al Giro. Certo, c’è stata molta delusione, ma una volta superata quella e vista la luce in fondo al tunnel, mi sono sentito motivato a tornare a correre più forte di prima. Non mi sarei mai aspettato di vincere subito, ma la vittoria a San Sebastian è stata davvero incredibile. Il fatto che poi sia venuta anche la tappa alla Vuelta a Burgos mi ha semplicemente confermato che la mia forma fisica è quella che voglio.

Fabio Aru, che giusto dieci anni fa ha vinto la sua Vuelta, ti ha consigliato di puntare alle tappe e lasciar stare la classifica.

In una corsa così dura, le tappe sono una priorità. Ma è anche vero che se sei in grado di vincere le tappe con degli arrivi così impegnativi, probabilmente la classifica può arrivare di conseguenza. Come ho detto già, la priorità è quella di vincere, senza altro assillo, ma senza chiudermi la porta sulla classifica prima ancora di essere partiti.

Pedersen propone di ripetere lo schema del Giro…

E io sono d’accordo con lui. Abbiamo tutto quello che serve e siamo complementari. A fine stagione non è mai facile come all’inizio, ma entrambi, per un motivo o per l’altro, abbiamo grandi motivazioni.

Quindi pensi di aver messo in valigia tutto ciò che serve?

Sono davvero felice e parto con piena fiducia in me stesso e nella squadra. Questa corsa è sempre una sfida speciale, con un terreno difficile, ma il mio obiettivo è continuare a migliorare. Sappiamo che la Vuelta può essere imprevedibile, ma sono determinato a correre al massimo livello possibile e a sfruttare al meglio ogni opportunità in questo viaggio verso Madrid.

La vita è bella (anche senza Pogacar): Vingegaard vuole vincere

23.08.2025
6 min
Salva

TORINO – «Sono qui per vincere la Vuelta, direi che è abbastanza chiaro». Lo sanno tutti i suoi avversari che lo indicano come favorito numero uno nelle dichiarazioni della vigilia e ne è ben consapevole Jonas Vingegaard, da quando Tadej Pogacar ha cambiato i suoi piani. Ma il dualismo che ha accompagnato gli ultimi quattro Tour de France non si ferma neanche quando uno dei due contendenti è assente, perché il danese replica così sul fantasma che aleggia.

«E’ sempre bello correre contro Tadej – dice – ma al tempo stesso, qualche volta non è male anche non doverlo affrontare. Senza dubbio, è più bello vincere quando lui è al via però, in fin dei conti, la cosa più importante è vincere, al netto di chi c’è e chi no». Stuzzicato a chiarire meglio la stilettata un po’ ambigua, ecco che Jonas diventa di ghiaccio: «Penso di aver già detto abbastanza».

Le sfide contro Pogacar sono ricorrenti: non averlo intorno dopo le ultime sconfitte non è un male a detta di Vingegaard
Le sfide contro Pogacar sono ricorrenti: non averlo intorno dopo le ultime sconfitte non è un male a detta di Vingegaard

Favorito d’obbligo

A chi lo incalza sul fatto che, senza nemmeno Evenepoel, l’obbligo di vincere a tutti i costi possa diventare un peso, risponde sicuro.

«A dire la verità, non penso di avere più pressione in questa Vuelta, perché al Tour ci sono più media e più pressione, per cui non è la stessa cosa e sono abituato a ben di peggio. Certo, sono uno dei grandi favoriti, ma sono contento di essere qui e di poter puntare al successo finale. Possono sempre capitare delle brutte giornate, come al Tour, ma faremo di tutto per evitarlo. Abbiamo capito in parte cosa è successo in quelle circostanze, ma lo terremo come nostro segreto». 

Tutti per uno

La conferenza virtuale pre-Vuelta organizzata dalla Visma Lease a Bike è un attestato di fiducia al campione della scuderia, perché vicino al leader designato c’è il suo angelo custode, ovvero Grisha Niermann. Il diesse tedesco, reso una celebrità dalla serie di Netflix, mette in chiaro le cose rispetto alla Vuelta trionfale del 2023, in cui la squadra decise di premiare il gregario di lusso Sepp Kuss. Primoz Roglic e lo stesso Vingegaard dovettero così accontentarsi di far da scudieri sul podio. Lo scenario predefinito questa volta non ammette altre interpretazioni.

«Siamo qui per vincere con Jonas – spiega – e il fatto che al mio fianco sia seduto solo lui ne è la testimonianza. Per supportarlo abbiamo scelto ragazzi di grande valore come Sepp Kuss e Matteo Jorgenson, ma non solo».

Ci sono infatti anche le due novità Alex Zingle e Ben Tulett, che non avevano mai disputato un Grande Giro con la maglia giallonera né tantomeno la Vuelta in carriera. Il francese aveva corso due Tour con la Cofidis (2023 e 2024) e il britannico un solo Giro con la Ineos (2022). «Ognuno di loro sarà una pedina fondamentale per inseguire il successo con Jonas. Se li abbiamo selezionati è perché ci crediamo molto», ripete come un mantra Niermann, che stavolta non sarà in ammiraglia a supportare il suo pupillo come sempre avvenuto al Tour, ma avrà un ruolo più strategico e meno operativo. 

Il diesse Niermann, qui durante un allenamento con Van Aert nello scorso febbraio, è stato pro’ dal 1999 al 2012
Il diesse Niermann, qui durante un allenamento con Van Aert nello scorso febbraio, è stato pro’ dal 1999 al 2012

Morkov, diesse e… interprete

In corsa, infatti, ci saranno il danese Jesper Morkov e il belga Maarten Wynants. «Jesper – prosegue Niermann – mi ha fatto un’ottima impressione. Insieme a Maarten, si occuperà delle fasi di corsa, mentre io lavorerò più dietro le quinte: abbiamo molta fiducia in entrambi. Jesper è un ottimo allenatore, specializzato nello sprint, perché di solito lavora con Olav Kooij. E’ giovane, ma ha molta esperienza ed è anche bello che Jonas possa parlare danese con lui di tanto in tanto. E magari esprimersi senza filtri e senza che noi capiamo ogni sfumatura per forza». 

Il calendario all’osso

Vingegaard non ha paura che la Vuelta gli sfugga dalle mani, al punto da rivelare che, di fatto, rimane l’ultimo grosso obiettivo stagionale, fatto salvo per la corsa in linea degli europei in Francia. In un solo colpo conferma infatti l’intenzione di rinunciare sia alla sfida iridata sia ad altre importanti di fine stagione. Due appuntamenti che l’avrebbero messo quasi certamente ancora contro Pogacar.

«Non andrò al mondiale – spiega – perché quest’anno richiede davvero molto dal punto di vista fisico e ad oggi non so ancora dire come uscirò dalla Vuelta. Per questa ragione, punterò all’europeo, concentrandomi solo sulla corsa in linea e non sulla cronometro. Per il momento, l’idea è di non prendere parte nemmeno al Lombardia».

La moglie Trine e i bambini hanno seguito Vingegaard per tutto il Tour: questa volta non ci saranno
La moglie Trine e i bambini hanno seguito Vingegaard per tutto il Tour: questa volta non ci saranno

La famiglia resta a casa

Per le prossime tre settimane, invece, l’imperturbabile danese si sente al top: «Tra il Tour e la Vuelta ho potuto trascorrere un po’ di tempo con la mia famiglia. Al tempo stesso mi sono allenato ad Annecy, una bella zona, che mi piace e con delle salite stimolanti. Ho fatto tutto quello che volevo e credo sia stato il miglior avvicinamento possibile, al netto delle poche settimane a disposizione e di un piccolo stop perché non stavo bene, ma nulla di grave. Penso che la forma sia buona e sono pronto».

A chi gli chiede se la famiglia, suo grande caposaldo, lo seguirà nella cavalcata verso la roja, Jonas aggiunge: «Stavolta si riposeranno un po’ e mi tiferanno da casa».

Un ciclismo che logora

Sul tema burn-out causato dai ritmi eccessivi del ciclismo attuale, tirato fuori da Pogacar a fine Tour, Vingegaard è d’accordo.

«Il nostro sport è cambiato negli ultimi anni – dice – si arriva al top molto prima rispetto al passato. Io quest’anno compirò 29 anni e una volta questa era l’età in cui si cominciava a fare risultati nei Grandi Giri. In qualche senso è vero che è anche più logorante, per cui non si arriva più quasi fino alla quarantina come succedeva in precedenza. Si passa tanto tempo lontano da casa con i ritiri in altura e gli allenamenti in generale, ma fa parte del gioco».

Vuelta 2023: Kuss vince, Vingegaard e Roglic sono costretti a frenare. Anche per questo lo sloveno lascerà la squadra
Vuelta 2023: Kuss vince, Vingegaard e Roglic sono costretti a frenare. Anche per questo lo sloveno lascerà la squadra

Visma contro UAE?

C’è chi prova a scucire qualcosa sulle tattiche di squadra, ma Niermann fa catenaccio: «Ho una strategia ben chiara in mente, ma sarei uno stupido se vi rivelassi qualcosa. Dovremmo essere sempre pronti perché ci sono tanti arrivi interessanti, già dalla seconda tappa di domenica, fino ad arrivare alla penultima».

La sfida al tandem Uae è lanciata e a chi gli dice che nei Grandi Giri i sigilli per i rivali hanno portato tutti la firma di Pogacar, non si fa ingannare: «E’ vero che siamo stati bravi a vincere con corridori diversi di recente e siamo convinti di poter confermarci sul gradino più alto del podio, ma non penso che Ayuso e Almeida non siano in grado di vincere un Grande Giro. E lo stesso vale anche per Del Toro».

Una risposta che fa sorridere Vingegaard e invertire i ruoli, visto che è lui a complimentarsi con il suo diesse con una battuta: «Bravo, ti sei salvato!». Anche se non saranno fianco a fianco in corsa, il feeling si sentirà pure a distanza: il gruppo è avvisato.

Il Tour non è tutto. E ora Pedersen si avventa sulla Vuelta

22.08.2025
5 min
Salva

Che il 2025 sarebbe stato per lui un anno giusto si era capito sin dalle prime corse di stagione. E se le vittorie e il buon umore del Giro d’Italia avevano offerto di Mads Pedersen un’immagine burlona e più solare del solito, non c’è dubbio che lo strapotere messo in mostra nel Giro della sua Danimarca lo proietti sulla Vuelta con credenziali d’eccezione. Il danese della Lidl-Trek sarà l’uomo da battere sin da domani sul traguardo di Novara.

Ieri Mads ha incontrato la stampa e la sensazione di solidità e serenità che ha… raccontato per tutto il tempo conferma un livello che anno dopo anno si fa più solido. Se ne è accorto Jasper Stuyven, che per scavarsi un po’ di spazio, alla fine dell’anno passerà alla Soudal-Quick Step. Fra Pedersen e Milan, per lui si stavano chiudendo troppe porte. 

Pedersen arriva alla Vuelta forte di tre tappe vinte e la classifica del Giro di Danimarca
Pedersen arriva alla Vuelta forte di tre tappe vinte e la classifica del Giro di Danimarca
Sei d’accordo sul fatto che al Danimarca hai messo in mostra doti e numeri al livello del Giro?

Sto bene e i numeri sono abbastanza buoni. Non sarebbe possibile vincere come abbiamo fatto, senza avere i numeri tutti a posto. E’ stato un buon test per la Vuelta, ho capito di essere nella forma giusta e sono pronto per le prossime tre settimane.

Viviani ha raccontato di aver lavorato tanto in salita, viste le tappe che vi attendono. Tu hai cambiato qualcosa?

No, non ho fatto niente di diverso. Mi sono allenato normalmente, ho affrontato lo stesso numero di salite e così via. La preparazione non è stata incentrata sulla montagna, ma sull’essere in ottima forma ed essere in grado di spingere al massimo per il tempo necessario.

Cosa ha significato per te l’aggiunta di Jasper Phillipsen alla lista di partenza?

Non è un segreto che vorrei la maglia roja di leader nella prima tappa e la presenza di Philipsen lo renderà più difficile. E’ uno dei migliori velocisti al mondo e lo ha dimostrato al Tour vincendo la prima tappa e vestendo la maglia gialla. Sarà più difficile, ma niente è impossibile. Ho corso contro di lui in Danimarca e in passato l’ho anche battuto in uno sprint di gruppo. Questo mi dà fiducia in me stesso e nella squadra. Spero che possiamo iniziare questa corsa con un buon risultato.

Tour de France 2023, Limoges: Pedersen batte in uno sprint di gruppo Philipsen, Groenewegen e Van Aert
Tour de France 2023, Limoges: Pedersen batte in uno sprint di gruppo Philipsen, Groenewegen e Van Aert
Hai già un’idea di treno?

Guardando solo gli ultimi ad entrare in azione, ci sarebbe Sergeant davanti a me e Dan Hoole davanti a lui. Ma tutto cambierà di giorno in giorno e ovviamente anche da come verrà fatta la tappa. Quindi non so elencare il treno completo, ma spero che questi due ragazzi saranno lì tutte le volte che dovremo fare uno sprint. Ma non siamo qui soltanto per me. Puntiamo anche alla classifica con Ciccone e alla maglia a punti con me.

La squadra ha dato delle priorità fra questi due obiettivi?

Penso che possiamo gestire le due priorità e condividere il lavoro, la pressione e i risultati. Lo stavamo dimostrando al Giro, dove abbiamo fatto un lavoro quasi perfetto. Fino alla caduta di Ciccone eravamo in un’ottima posizione e crediamo di poter fare lo stesso, altrimenti uno di noi sarebbe rimasto a casa. Giulio ed io pensiamo davvero che insieme potremo aiutarci a vicenda.

Hai detto che il Giro è stato quasi perfetto, cosa servirebbe perché la Vuelta lo fosse completamente?

Cicco sul podio di Madrid, facile!

Cosa puoi dirci del tuo programma di quest’anno, con Giro e Vuelta e niente Tour?

Mi ha fatto capire che il Tour de France non è tutto. Abbiamo tante gare in calendario e se il Tour de France è l’obiettivo principale, allora potresti non rendere al 100 per cento nelle altre. All’inizio di questa stagione, non sono stato selezionato per il Tour perché volevamo andare con Johnny (Milan, ndr) per i suoi sprint. Io da parte mia volevo ottenere il massimo da ogni opportunità che mi si presentava, comprese le classiche. Ho voluto mettermi subito pressione, iniziare a vincere e ottenere il maggior numero di vittorie possibile. Poi è venuto il Giro e ora la Vuelta. E mi sono chiesto: perché non affrontarla con le stesse ambizioni che avevamo al Giro? Anche perché metà della squadra è la stessa di due mesi e mezzo fa. Così abbiamo alzato la posta per ottenere il massimo.

Nelle prime tappe del Giro, Ciccone ha aiutato Pedersen. Poi l’abruzzese è caduto e questo ha impedito a Mads di ricambiare il favore
Nelle prime tappe del Giro, Ciccone ha aiutato Pedersen. Poi l’abruzzese è caduto e questo ha impedito a Mads di ricambiare il favore
Sembra di capire che dietro ci sia anche un ragionamento molto approfondito sulla preparazione…

In realtà, faccio solo quello che mi dice il mio allenatore, è un tipo intelligente: dovreste parlarne con lui. Quando corro, cerco solo di avere la mente lucida per cercare di vincere quando è possibile e finora ha funzionato. Se anche la Vuelta dovesse andare a rotoli, penso che la stagione sia stata comunque positiva.

Questo significa che comunque vorresti tornare al Tour?

E’ la gara più importante, non ho ancora finito con il Tour. Il mio obiettivo è vincere un giorno la maglia verde. E poi perché dovrei metterlo da parte? Solo perché non lo faccio per una stagione? Non sto ancora pensando al ritiro o cose del genere, quindi le squadre possono avere piani diversi che l’anno successivo magari cambiano. E allora magari al Tour ci tornerò l’anno prossimo, chi può dirlo?