Dorelan ReActive Re-Veal, le stelle dello sport si raccontano

11.04.2022
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Si chiama Dorelan ReActive Re-Veal, ed è il primo progetto di “brand entertainment” di Dorelan, la nota realtà forlivese produttrice di sistemi letto, che vede come protagonisti le stelle dello sport. Una vera e propria miniserie in cinque episodi, della durata di 20 minuti ciascuno, condotta dal coach ed esperto di sport endurance Fabio Vedana. Una serie nella quale campioni e atleti del presente e del passato si raccontano nel salotto di Re-Veal. Facendoci entrare nel loro vissuto e accompagnandoci nei luoghi più intimi della loro mente, quelli in cui si custodiscono i sogni. 

Cinque incontri, a tu per tu con cinque fuoriclasse del mondo dello sport, provenienti da discipline differenti. I quali, attraverso il racconto della propria storia, rivelano al pubblico alcuni dettagli meno noti della loro vita che sono stati punti di svolta per la loro crescita. Ospiti della prima stagione sono Vincenzo Nibali, il campione italiano di triathlon Michele Sarzilla, il campione italiano di nuoto Marco Orsi, l’ex pallavolista Andrea Sartoretti e l’ultracyclist Omar Di Felice.

Uno degli ospiti della prima stagione della miniserie Dorelan Re-Veal è Vincenzo Nibali
Uno degli ospiti della prima stagione della miniserie Dorelan Re-Veal è Vincenzo Nibali

Un format originale

Attraverso questo interessante progetto, di ciascun talento vengono svelati alcuni aspetti poco conosciuti per permettere allo spettatore di percepire l’intimità creata nel salotto di Dorelan Re-Veal, proprio come potrebbe avvenire in un dialogo spontaneo aperto tra le mura di casa. Momenti di micro-storytelling alternati alla viva voce del protagonista che, accompagnati nel percorso narrativo del conduttore, consentono di conoscere più a fondo il campione.

«Con questo progetto – ha affermato Giulio Modanesi, il Direttore Marketing Dorelan – l’azienda conferma il proprio interesse per il mondo dello sport ed in particolare per il lato umano dei suoi protagonisti come emerge dalle interviste di Fabio Vedana. Ci auguriamo che queste testimonianze possano avvicinare i giovani allo sport, veicolo di valori quali solidarietà, impegno e sacrificio, valori in cui l’azienda stessa crede. Accanto a questi, siamo convinti dell’importanza della pratica sportiva per una buona qualità della vita. Per questa ragione partendo dagli studi forniti dal Comitato Scientifico Dorelan ReSearch abbiamo sviluppato ReActive, la prima linea di materassi e cuscini dedicata a chi pratica sport».

«Ho accolto con grande piacere l’invito di Dorelan – ha ribattuto Vincenzo Nibali – a partecipare al progetto ReActive ReVeal. Mi è piaciuta l’idea di raccontarmi andando oltre le gare. Sono certo che i tanti appassionati di ciclismo, e non solo, apprezzeranno questo format che ci dà la possibilità di condividere le nostre esperienze e ci presenta prima di tutto come uomini e poi come sportivi».

Reactive, la prima linea di materassi e cuscini dedicata a chi pratica sport
Reactive, la prima linea di materassi e cuscini dedicata a chi pratica sport

Qualità del sonno per gli sportivi

Fondata nel 1968 a Forlì da Diano Tura e Pietro Paolo Bergamaschi all’interno di un piccolo laboratorio realizzato in un garage, Dorelan è un’azienda specializzata nella produzione e vendita di sistemi letto. Con un fatturato che nel 2021 ha superato i 70 milioni di euro e con 280 collaboratori.

Oggi è guidata da Riccardo Tura, Luca Tura, Christian Bergamaschi e William Bergamaschi. Marchio di riferimento nel settore del bedding, opera in Europa, Stati Uniti d’America e Asia direttamente attraverso uffici commerciali regionali e indirettamente attraverso una diffusa rete di vendita.

Ruben Tullio, Sports marketing & partnership manager Dorelan
Ruben Tullio, Sports marketing & partnership manager Dorelan

Negli ultimi anni Dorelan ha concentrato i propri sforzi nella creazione di una linea di materassi e di cuscini dedicata agli sportivi: la linea ReActive. Una gamma prodotto pensata e studiata per migliorare le performance ed il recupero degli sportivi e per chi ama condurre una vita sana e attiva. Il progetto ReActive ha immediatamente conquistato il pubblico, divenendo uno dei fiori all’occhiello dell’azienda forlivese.

Dorelan

Inverso e polarizzato: come cambia l’allenamento? Parla Slongo

01.04.2022
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Lo aveva detto Visconti l’ultima volta che l’abbiamo incontrato: «Ho vissuto tre generazioni di ciclismo, vedo come si lavora oggi. E’ finito il periodo dell’allenamento di quantità, ora si fa tanta qualità».

Le sue parole si sono sommate all’osservazione di abitudini diverse. Il rendersi conto che quasi più nessuno fa le vecchie distanze di sette ore. E che sempre meno corridori alla vigilia di una corsa importante aggiungono ore o chilometri alle gare precedenti. L’eccezione ovviamente c’è sempre, dato che dopo la tappa di San Marino alla Coppi e Bartali (di 147 chilometri), Van der Poel se ne è tornato a Riccione in bicicletta (40 chilometri), per poi vincere a Waregem.

Dopo la tappa di San Marino alla Coppi e Bartali, Van der Poel ha allungato di 40 chilometri fino all’hotel
Dopo la tappa di San Marino alla Coppi e Bartali, Van der Poel è tornato in hotel in bici

Un limite alle ore

Di questo e delle nuove tendenze parliamo con Paolo Slongo, una vita con Vincenzo Nibali e ora nello staff della Trek-Segafredo (in apertura Pedersen e Stuyven ieri in allenamento sul percorso del Giro delle Fiandre). Il progresso di cui parla Visconti si è verificato tutto sommato in un periodo limitato che il trevigiano ha attraversato adattando le metodiche di lavoro.

«Ho sempre detto – spiega – che all’inizio della carriera magari fai un incremento progressivo di ore. Poi arrivi a sommare tante stagioni di professionismo, com’è stato per Visconti e Nibali e chi ha qualche anno sulle spalle, e non puoi aumentarle di tanto. Comunque più di 25-30 ore al massimo per settimana non riesci a farle. Così vai ad aumentare la qualità».

Vincenzo Nibali sta seguendo un avvicinamento al Giro coerente con quello delle stagioni precedenti
Nibali sta seguendo un avvicinamento al Giro coerente con quello delle stagioni precedenti
Mantenendo il tempo di allenamento?

Siccome quello resta uguale, aumenti la qualità. In teoria un bravo allenatore dovrebbe aumentarla gradualmente. Se l’anno scorso il corridore faceva dei volumi, quest’anno ne farà un po’ di più. Quindi devi avere sotto controllo tutti questi aspetti. Anche 10-15 anni fa c’era questa attenzione, ma era meno esasperata. Se l’atleta ha l’attitudine mentale di vivere per un po’ di anni solo per la bici, tra preparatori, alture e nutrizionisti, se è in grado di… esasperare il suo lavoro, riesce davvero a fare la differenza. Ci sono vari modi di interpretare le cose. Quello che cambia è altro.

Che cosa?

Si è passati dall’allenamento classico a qualcosa di diverso. Lo schema di una volta rimane ancora come scuola di pensiero: un allenamento graduale, sia di qualità che di quantità. Due-tre giorni di carico e uno di scarico. Due-tre settimane di carico e una di scarico. Oggi oltre a questo ci sono altre opzioni.

Quali? 

Ho letto che Van Aert fa l’allenamento inverso, nel senso che inizia proprio d’inverno a fare qualità senza aver una base di lavoro, che farà in un secondo tempo. E’ quello che ho visto fare lo scorso anno da Nibali, anche se non lo seguivo più. E poi c’è un terzo modo di allenarsi, più vicino alle squadre anglosassoni ed è quello polarizzato.

Nel corso del ritiro di Alicante, Van Aert ha raccontato il suo allenamento inverso
Nel corso del ritiro di Alicante, Van Aert ha raccontato il suo allenamento inverso
In cosa consiste?

Fanno una settimana di qualità o potete chiamarla anaerobica o di VO2Max, prevedendo un blocco di lavoro di soglia, fuori soglia o magari capita anche la gara che sarebbe l’ideale. Nelle due settimane restanti fanno tantissimo volume di lavoro, tante ore quasi senza riposi, lavorando prevalentemente su frequenze aerobiche. Fai tanta sella, tanto medio, tanto lungo, quindi un lavoro più blando. E poi ricominci allo stesso modo.

Perché questa divisione?

Partono dal presupposto che la parte aerobica inizi a perderla in due settimane, invece quella anaerobica la mantieni per più di tre. Quindi da una volta che si aveva l’allenamento classico un po’ per tutti, adesso ci sono queste possibilità. Vi dirò che l’allenamento inverso lo faceva già qualche russo o negli anni della DDR, è una cosa già vista. Invece il polarizzato è più recente e secondo me è nato prevalentemente col ciclismo inglese.

Sono schemi cui gli atleti si adattano tutti allo stesso modo?

Il punto è questo. Qua secondo me la differenza sta nella bravura di conoscere l’atleta e fargli il metodo su misura. Van Aert ha dichiarato di allenarsi al contrario degli altri con il programma inverso, che con lui funziona. Altri hanno provato lo scorso anno, ma non hanno raccolto i frutti sperati. Ognuno deve assecondare le sue caratteristiche, anche perché quel metodo a Van Aert probabilmente va bene perché d’inverno vuole essere già brillante per il ciclocross.

La preparazione polarizzata si è diffusa fra i team anglosassoni (foto Ineos Grenadiers)
La preparazione polarizzata si è diffusa fra i team anglosassoni (foto Ineos Grenadiers)
Il polarizzato può funzionare anche durante la stagione?

Per chi lo fa a livello professionistico, direi proprio di sì. Se uno fa per esempio la Coppi e Bartali e Larciano, che si possono considerare come una settimana di lavoro, nelle due settimane successive comunque starà tanto in sella. Magari senza grande intensità, però farà 25-30 ore a settimana, che vuol dire quasi 5 ore al giorno. Vige il principio che l’intensità l’hai acquisita, recuperi e ti resta. E magari a casa ti dedichi alla parte che tendi a perdere, quella più aerobica.

Come cambia la situazione se l’atleta è molto giovane?

Il principio resta uguale, ma per i carichi di lavoro farà meno di un corridore che ha 5 anni di più. Come ad esempio la Balsamo sta facendo meno della Longo Borghini, perché la Longo Borghini ogni anno ha aumentato di un po’. La Balsamo che è più giovane e ha un’altra storia, fa molto meno, ma fra 5 anni dovrà anche lei arrivare a volumi superiori.

Questi carichi minori non li rendono però meno performanti…

No, perché ci sono altri fattori. Innanzitutto non hanno problemi di peso, perché hanno un metabolismo più veloce che consuma di più e quindi magari il chilo lo perdi più facilmente o non lo prendi neanche. Secondo punto, riescono a essere brillanti subito, prima degli altri, con meno gare e meno volume di lavoro. Gli atleti maturi diventano un po’ più diesel, hanno bisogno di più allenamento.

La misurazione del lattato (qui al ritiro della Alpecin a Benicasim) resta una necessaria fase di valutazione
La misurazione del lattato (qui al ritiro della Alpecin a Benicasim) resta una necessaria fase di valutazione

Resta dunque nella soggettività il ragionamento sull’opportunità di introdurre cambiamenti nella propria preparazione dopo anni di scelte sempre uguali. Difficilmente l’atleta si stacca dallo schema che gli ha dato i risultati migliori, rinunciando forse con questo a esplorare aspetti che potrebbero essere ugualmente redditizi. Visconti aveva ragione, anche se adesso più che mai, in questo ciclismo così capillare, l’imperativo è personalizzare.

Visconti si è ritirato, il Marine c’è ancora

22.03.2022
7 min
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A San Baronto, non per caso. E’ una mattina fresca di marzo, i dintorni sono silenziosi. Lungo la strada abbiamo incontrato ben più di un ciclista, la vallata in basso respira piano. Giovanni aspetta davanti al bar, la barba, i jeans e il giubbino nero. Sono passati venti giorni dall’annuncio del ritiro, prima non era tempo di venire. Serve tempo per chiudere la pagina, anche se la sensazione è che in cuor suo il viaggio si fosse già fermato prima. L’ultima volta si prese qui un caffè a dicembre 2020. Contratto con la Bardiani, tanta grinta e voglia di fare. Ma niente è andato come avrebbe voluto. Ora Visconti (in apertura nella foto di Alessandro Federico) ha lo sguardo sereno, il volto rilassato. Ma non è stato facile.

Appuntamento a San Baronto, nel bar di mille interviste
Appuntamento a San Baronto, nel bar di mille interviste

«La prima volta a San Baronto – pensa voltandosi indietro – fu uno di quei viaggi con mio padre e la Fiat Uno. Giravamo l’inverno per fare le gare di cross e un inverno ci fermammo nell’albergo qui accanto. Mio padre aveva portato un fornellino e mi fece la pasta. Avevo 15-16 anni e una bicicletta messa male. Ora San Baronto è la mia casa. Amo la mia terra, ma qui mi sento a casa. Non sono un siciliano di mare, dopo una settimana che sono giù mi viene la voglia di tornare. Non sono come Fiorelli, che senza il mare non ci sa stare…».

Da quanto tempo avevi capito che era finita?

Da un anno e mezzo, da quando cominciai a stare male. Al Giro del 2020 mi svegliavo e dicevo a Mirenda che avevo mal di testa. Pensavo fosse la cervicale, per cui andavo dall’osteopata. Poi scoprii di avere la tiroidite, scatenata dal Fuoco di Sant’Antonio, che è davvero una brutta bestia. La prima reazione fu una magrezza eccessiva, poi il tempo di andare alla Bardiani e mi diede l’effetto opposto. Presi peso e non riuscivo a buttarlo giù, avevo sensazioni tremende. Mi sono rasserenato quando ho capito che anche guarendo del tutto, non sarebbe cambiato niente. A 39 anni e con 17 stagioni da professionista sulle spalle, ho capito che non sarebbe bastato contro questi giovani che sgommano. Fosse stato per me, avrei smesso lo scorso luglio…

Accanto a Bettini nel Giro del 2008, quando tutto sembrava possibile
Accanto a Bettini nel Giro del 2008, quando tutto sembrava possibile
Invece decidesti di continuare.

La squadra mi è stata vicino. Reverberi mi ha invogliato a crederci e ho ripreso. Un nuovo allenatore (Alberati), il mental coach, sono anche dimagrito. Sono andato a Benidorm con Fiorelli, ero 63 chili, facevamo allenamenti bellissimi. Invece ho preso il Covid e quella è stata l’ultima batosta. A Mallorca il terzo giorno ho fatto 60 chilometri da solo fra le macchine. Sono arrivato che Valverde scendeva dal podio e neanche mi hanno classificato. A Laigueglia stessa cosa. Le ammiraglie mi passavano e io immaginavo i commenti su come mi fossi ridotto. Mi sono fermato, morivo dal freddo. Un cicloturista mi ha dato una mantellina mezza rotta e mi ha scortato all’arrivo. Volevo smettere, ma Reverberi ha insistito e sono andato alla Tirreno.

Cosa è successo?

Il secondo giorno siamo passati da Capannoli, dove avevo vinto la prima da dilettante. Poi siamo passati da Peccioli, la prima vittoria da pro’. Ho pensato che non fosse un giorno a caso, ho collegato quei due momenti. Ero staccato, ma sono stato zitto finché Roberto (Reverberi, ndr) non ha detto dove fosse il furgone del rifornimento. E a quel punto ho parlato alla radio. «Io finisco qui – ho detto – chiuso il discorso». Mi sono scusato con i ragazzi e li ho incitati a non mollare. E poi mi sono ritirato. Quando sono salito sul bus, mi sono sentito sereno. Ho scritto un messaggio a Roberto, per dirgli che sarebbero venuti a prendermi mio padre e mio figlio. Non era organizzata, la mattina era venuta a trovarmi mia moglie visto che poi la corsa passava sull’Adriatico…

Alla Per Sempre Alfredo, un premio speciale: gli appunti di Martini sul suo secondo tricolore
Alla Per Sempre Alfredo, un premio speciale: gli appunti di Martini sul suo secondo tricolore
La lettera d’addio?

Avevo già iniziato a scriverla durante il Gran Camino, poi di volta in volta l’ho corretta. Questo non lo sa nemmeno Alberati, l’avevo detto solo alla psicologa, Cristiana Conti, bravissima. Le dissi che io a certe cose non credo, invece mi ha aiutato tanto.

Cosa pensi della tua carriera?

Sono fiero. Sono stato per tutta la vita un musone anche con me stesso, anche se con gli anni sono migliorato. Sono passato con l’idea, che mi hanno inculcato, di diventare il nuovo Bettini. Non ci sono riuscito e questo mi è pesato. Negli ultimi 2-3 anni ho cominciato a vedermi in modo diverso, più aperto, purtroppo però è coinciso con il momento in cui ho iniziato a stare male. Tanti però vorrebbero aver fatto la mia carriera…

Tante dimostrazioni di affetto e stima.

Mi ha scritto Quintana. Mi ha scritto Valverde. Anche Chiappucci, invitandomi a essere fiero di quello che ho fatto, perché di solito tendo a sminuirmi. Mi ha chiamato anche Stanga. «Sono Gianluigi Stanga, posso parlare con Giovanni Visconti che ho fatto passare professionista?». Mi ha spronato a fare qualcosa…

Già, cosa farai da grande?

La mattina mi sveglio, ma non ho un’idea ben precisa. Mi piacerebbe diventare un diesse importante. Ho vissuto tre generazioni di ciclismo, vedo come si lavora oggi. E’ finito il periodo della quantità, ora si fa tanta qualità. L’esempio di Guercilena, che è passato attraverso tanti ruoli, potrebbe essere quello da seguire.

Nel 2009, Visconti ha lasciato la Quick Step per tornare da Scinto
Nel 2009, Visconti ha lasciato la Quick Step per tornare da Scinto
Ti sei mai sentito il Visconti campione che tanti si aspettavano?

Ci sono stati dei momenti. Alla Quick Step, quando a 24 anni ho vinto il primo tricolore. Oppure quando ho vinto alla Sabatini con Bettini campione del mondo che lavorava per me. Poi ho fatto un passo indietro, passando in una professional. Ho vinto ancora, ma è calata la qualità. Già allora tra WorldTour e professional c’era tanto divario, ora tocca fare a botte.

Fare a botte?

Vanno bene le differenze, ma non c’è rispetto. Quando si affiancavano a me, vedevano le strisce tricolori sulla manica e si calmavano. A Laigueglia, è venuto un francesino e pretendeva che mi spostassi, perché lui doveva stare davanti e io no. I ragazzi oggi crescono così e i loro direttori hanno fatto tutta la carriera allo stesso modo. Il gruppo non è più composto di tante maglie, ma da blocchi di squadre. Davanti le WorldTour, dietro le altre. Mi ricordo quando ero alla Movistar che un paio di volte andai davanti a urlare perché facessero partire la fuga. Si fa tanta fatica a stare dietro e ottenere risultati, non avete idea quanto.

Nibali è un buon amico, ma in passato è stato la molla per migliorare
Nibali è un buon amico, ma in passato è stato la molla per migliorare
Che cosa ha rappresentato Scinto nella tua carriera?

Una figura importante, anche se a volte ha avuto dei comportamenti per cui abbiamo litigato. Anche per il Visconti del WorldTour sarebbe servita una persona come Scinto. Avendo accanto uno con la sua passione, avrei reso di più.

E Nibali?

Lo reputo un amico. Mi ha fatto crescere, è stato un bel guanto di sfida. Siamo partiti uguali, poi lui è andato su un altro pianeta. E’ stato bello correrci insieme, credo che ora siamo ottimi amici. Nel fine settimana è stato in Toscana, dovevamo andare in bici insieme, poi è saltata.

Hai più preso la bici?

La prima volta con mio padre: 31,5 chilometri in un’ora e 20′. C’era vento, me la sono goduta. Ho voluto ringraziare mio padre. Ci eravamo allontanati. La mia carriera ormai stava calando e lui è stato male anche perché mi vedeva soffrire. Ora si è liberato anche lui.

Suo padre Antonino è stato il primo a credere nelle possibilità di Giovanni
Suo padre Antonino è stato il primo a credere nelle possibilità di Giovanni
E tu sei contento?

Vedo i bambini felici. Prima ero un vecchio corridore, ora sono un giovane uomo. Anche in casa non ero sereno, tornavo sempre in condizioni pietose e mi svegliavo con le occhiaie. Avevo addosso la rabbia, un bambino se ne accorge. Ora mi alzo alle 6,30 per portarli a scuola e non ho altri pensieri. Ho voltato pagina, ma per un po’ continuerò a pensarci. Alla gente è piaciuto come sono uscito. Volevo chiudere con l’immagine del combattente. E quanto è vero Iddio, ho combattuto con tutto me stesso, ma vanno tanto forte che non mi vedevano neanche…

Resta in silenzio. Nello sguardo passano gli anni e i tanti romanzi che ciascuno di essi potrebbe raccontare. Ordina un altro caffè. Scherza con la barista. Il corridore ha dismesso i panni da gara. Il Marines lampeggia ancora nello sguardo.

Coppi e Bartali, il pieno di stelle. Tutto pronto, Amici?

21.03.2022
3 min
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Con Nibali, Van der Poel, Froome e Thomas parte domani la Settimana Coppi e Bartali: corsa di cinque tappe che dalla Romagna porterà il gruppo nuovamente in Toscana, dopo la Per Sempre Alfredo di ieri, organizzata dallo stesso GS Emilia di Adriano Amici.

Lo scorso anno la vinse lo sconosciutissimo Vingegaard (foto di apertura), che poi per necessità della Jumbo Visma fu portato al Tour e arrivò secondo: quale vetrina migliore? 

Amici organizza anche il Memorial Pantani: qui con Tonina nell’edizione 2021
Amici organizza anche il Memorial Pantani: qui con Tonina nell’edizione 2021

«Non mi aspettavo una partecipazione così importante – conferma Adriano Amici, 79 anni – però diciamo che negli ultimi cinque anni c’è stato un parterre di tutto rispetto, per essere una corsa che non è storica, ma ha solo 22 anni. Però l’albo d’oro rispecchia i migliori di ogni periodo. Quest’anno ci sono 11 squadre WorldTour e una che non è potuta venire per motivi di salute. Quando sono arrivate le iscrizioni, fra le riserve della Alpecin-Fenix c’era anche Van der Poel. Speravo che sarebbe venuto, ma non ho chiesto nulla. Mi dispiace un pochino (dice ridendo, ndr) che sia partito anche alla Milano-Sanremo, perché avrei voluto che il boom ci fosse da noi. Però va bene, perché in qualche modo il suo podio ci farà da lancio. Abbiamo tanta attenzione di stampa e televisioni, richieste dal Belgio, dall’Olanda e dalla Francia».

Van der Poel correrà alla Coppi e Bartali dopo essere rientrato sabato alla Sanremo
Van der Poel correrà alla Coppi e Bartali dopo essere rientrato sabato alla Sanremo
Come mai la conclusione in Toscana?

E’ successo che la corsa di Larciano è stata compressa dalla Tirreno-Adriatico e non può non partire di domenica, perché il traffico industriale altrimenti la renderebbe impossibile. Allora ho anticipato di un giorno la Coppi e Bartali e sacrificato un weekend, dato che arriveremo di sabato. Così facendo, ho messo Larciano a chiudere. La cosa migliore per non fare un trasferimento era trovare due tappe in Toscana. Ho avuto assistenza di Baronti della Larcianese e alla fine si è creato un bel pacchetto. La corsa juniores per Ballerini e la nostra per Martini, per ricordare due grandi campioni della stessa zona. Due uomini inimitabili per la loro classe umana e anche molto competenti per il lavoro che hanno sempre fatto. Poi la Coppi e Bartali e domenica Larciano.

Con 11 WorldTour, che spazio resta alla professional?

C’è stato un po’ questo cambiamento. Effettivamente le WorldTour stanno crescendo, ma per noi è un privilegio, non certo un problema. Allo stesso modo vogliamo dare dignità e spazio anche alle squadre più modeste, anche le continental. Non possono lamentarsi. E se vogliono imparare a stare in gruppo, avere la possibilità di confrontarsi con i grandi fa crescere. La Coppi e Bartali si è elevata da sé, vincono spesso corridori importanti. Anche Vingegaard, che l’ha conquistata l’anno scorso, poi l’abbiamo ritrovato sul podio del Tour.

Da domani in gara anche Nibali, che rientra alle gare dopo la Milano-Torino
Da domani in gara anche Nibali, che rientra alle gare dopo la Milano-Torino
Servono accorgimenti particolari quando tutto cresce a questo modo?

Rispetto ad altri, noi siamo poveri, ma lo standard tecnico è quello che abbiamo sempre dato. Credo che nessuno possa dire che abbiamo trascurato il livello della sicurezza. Anzi, ne abbiamo fatto il nostro biglietto da visita. Poi diciamo che il pericolo è sempre dietro l’angolo e abbiamo visto che non ci sono differenze fra corse piccole e grandi. Bisogna seguire tutti i dettagli perché altrimenti per una sciocchezza vai a sciupare quello che hai fatto durante tutta la stagione.

Nibali dribbla acciacchi e sfortune e punta il Giro d’Italia

21.03.2022
6 min
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«Visto che Mohoric ha vinto col reggisella telescopico? Anche noi lo provammo ai tempi con Fsa, ma pesava tantissimo. Oggi con 300 grammi te la cavi e puoi anche pensare di montarlo». Parte in tromba Vincenzo Nibali. Lo Squalo è guidato dalla passione, specie quando si parla di tecnica, e commenta con noi la Sanremo.

Lo avevamo raggiunto quando la Classicissima era finita da poche ore e lui stesso se l’era gustata in tv. Non aveva perso un metro. E magari il corridore dell’Astana Qazaqstan avrà ripensato a quando fu lui ad alzare le braccia in Via Roma, con un’azione altrettanto spettacolare a quella di Mohoric.

Vincenzo come va con i tuoi problemi di salute? Prima il Covid, poi l’influenza…

Diciamo che sono alle spalle. Oggi (sabato scorso, ndr) ho fatto l’ennesima visita alle tonsille: ce n’è una che è ancora gonfia e credo che me la dovrò tenere così. Se mi opero perdo due mesi, tantissimo. Cercherò di starci attento, di tenerla a bada in qualche modo e di non ammalarmi. E’ come avere una cicatrice che dà fastidio.

E in merito alla condizione, dove pensi di essere?

Sinceramente non lo so bene. Ho fatto solo la Milano-Torino e le sensazioni neanche erano male, però il ritmo gara non c’è e quello lo fai o con tanto dietro motore o gareggiando. Adesso si andrà avanti per piccoli passi. Vediamo un po’ come andrò da questa gara, la Coppi e Bartali (22-26 marzo), in poi.

Come si può fare per recuperare?

Facendo un’attenta selezione di gare. L’obiettivo è crescere gradualmente. Farò la Coppi e Bartali e poi andrò in altura sul Teide con il gruppo del Giro.

Però perché fare l’altura? Non sei un più un ragazzino, hai pochi giorni di corsa nelle gambe: non sarebbe meglio correre di più?

Fare l’altura è la base per i grandi Giri. Non si può fare una grande corsa a tappe senza passare dall’altura.

Ma magari cambiare approccio alla preparazione è anche una questione di stimoli…

Negli ultimi 15 anni ogni campione, e non solo, è arrivato ad un grande Giro dall’altura. Non si tratta solo di allenarsi. L’altura è tutto: è fare la vita da corridore al massimo, è concentrarsi, è non avere distrazioni e chiaramente è anche allenarsi bene. In gara fai l’alta intensità, curi la parte anaerobica, ma per un grande Giro serve soprattutto una grande base aerobica, servono i grandi volumi di allenamento.

Per lo Squalo solo 6 giorni di corsa sin qui. La Valenciana ad inizio febbraio (in foto) e la Milano-Torino pochi giorni fa
Per lo Squalo solo 6 giorni di corsa sin qui. La Valenciana ad inizio febbraio (in foto) e la Milano-Torino pochi giorni fa
Sono tanti anni che sei un pro’, hai anche vinto tantissimo, che emozioni si provano nell’arrivare ad un grande Giro?

Emozioni: è un qualcosa di collaudato ormai, non c’è un’emozione particolare. Quando ti avvicini al momento del via cerchi sempre di capire come stai, hai le tue paure, le tue preoccupazioni.

Preoccupazioni…

Eh sì. Anche quando stai bene e senti di avere una buona condizione ti poni delle domande. Sarò davvero pronto? E’ tutto apposto? Poi il più delle volte questi dubbi spariscono in gara… Almeno quando riesci a fare ciò che vuoi. Discorso diverso se invece manca qualcosa per davvero. In quel caso lo puoi raggiungere in corsa, tappa dopo tappa, ma ci sta anche che non lo raggiungi proprio il tuo top di forma.

E sono problemi…

Eh – sospira Nibali – la prendi così com’è. C’è poco da fare, se non dare il massimo.

E sapendo anche che coi ragazzini terribili di oggi è sempre più difficile…

Quello che sono riuscito a fare non è poco e per quello che posso ancora fare cerco di dare il meglio di me stesso. I giovani oggi arrivano già pronti, si adattano subito. Non penso però che abbiano ancora chissà quali margini di crescita perché sono già a livelli altissimi. I margini semmai ce li ha qualcuno che è, come dire, un po’ naif nell’allenarsi e va forte di suo e con un certo lavoro può migliorare ancora.

Come trovi gli stimoli sapendo che il pubblico ti aspetta?

Uno trova soddisfazione in tante altre cose. Per tutta la scorsa settimana, pensando alla Sanremo, si è parlato solo di due corridori, Van Aert e Pogacar, mentre il primo, il secondo e il terzo sono stati altri, corridori. Questo per dire che gli altri non sono fermi. Sono in tanti ad andare forte. Quindi non è facile, ma si cerca di dare il massimo.

Dopo la Coppi e Bartali e l’altura Nibali dovrebbe prendere parte o al Giro di Sicilia o al Tour of the Alps
Dopo la Coppi e Bartali e l’altura Nibali dovrebbe prendere parte o al Giro di Sicilia o al Tour of the Alps
Come ci arriviamo allora a questo Giro d’Italia?

Ad arrivarci! Con tutti questi malanni e il Covid sono tre stagioni ormai che devi sempre riprogrammare tutto. Non è facile. Tu magari attraversi un buon periodo, sei in un momento buono, poi arriva il Covid e butti al vento mesi e mesi di preparazione. Quando sei giovane tutto questo non ti pesa, ma per chi è a fine carriera…

Però sei Nibali, sai come si può fare…

Esperienza per fare le cose fatte bene c’è. Però se anche tutto fila liscio e poi c’è un intoppo questo ti frena. Da oltre dieci anni sono abituato a programmare tutto: gara, recupero, altura, alimentazione… e finché va così, tutto va bene, ma se sballa qualcosa poi inseguire è un bel “casino”. Riallacciandosi al discorso dei giovani: a loro basta una settimana di allenamento fatta bene e tre gare e vanno in condizione, poi magari non dura molto, ma ci vanno. Più vai su con l’età e più ti serve tempo per allenarti e più gare da fare per raggiungere lo stesso livello.

Un corridore che ha vinto i grandi Giri, anche se magari non ci punta più, un occhio alla classifica lo dà sempre. Hai guardato il parterre del Giro, gli avversari più pericolosi?

Più che un’occhio, gli ho dato un orecchio, quello sì! Ho ascoltato qualche rumors, ho visto qualche ordine d’arrivo… Sì, qualche pensiero ce lo puoi avere, ma poi quando sei in gara cambia tutto. Sei attento a vedere cosa succede e cosa non succede. E cerchi di capire realmente come stai.

Che gare farai adesso?

Come detto Coppi e Bartali, altura e poi o Giro di Sicilia (12-15 aprile, ndr) o Tour of the Alps (18-22 aprile, ndr). E’ da vedere. Poco fa, ero giusto al telefono con Martinelli per capire un po’ come stessero le cose, perché ci sono tanti corridori malati nei team e non è facile fare le squadre.

Quando ti rivediamo alzare le braccia al cielo? Nibali se può un colpetto lo dà…

Ah, se la sfortuna mi lascia in pace più che volentieri. Negli ultimi tre anni – fa una breve pausa e sbuffa Vincenzo – è andato un po’ di tutto di traverso. Uno cerca anche di essere propositivo, ma poi arriva la legnata che ti mette ko. Speriamo che siano finite queste legnate.

Bettiol e il Covid che gli ha sbarrato la strada

18.03.2022
4 min
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Le uniche due corse fatte da Alberto Bettiol quest’anno prima della Milano-Torino erano state La Marseillaise e L’Etoile de Besseges, chiusa con diversi buoni piazzamenti e il secondo posto nella classifica generale. Poi il Covid ha causato un lungo stop e, di conseguenza, rallentato la preparazione. Alberto è ritornato in corsa dopo 40 giorni mercoledì scorso, nella gara vinta magistralmente allo sprint da Mark Cavendish.

Un post su Instagram ha colto la nostra attenzione, una foto che lo ritraeva in compagnia di un alpaca con la didascalia “Un weekend in montagna con gli amici prima di ricominciare a correre”. E chi se non Vincenzo Nibali poteva essere con lui? I due ultimamente stanno condividendo molti momenti insieme (sono fianco a fianco anche nelle fasi iniziali della Milano-Torino, foto di apertura).

Si sente che la voce di Alberto è condita da un velo di tristezza, colpito nel morale e non solo nel fisico, da questo inizio di stagione sfortunato.

Bettiol ha aperto la sua stagione con un decimo posto al Grand Prix La Marseillaise
Bettiol ha aperto la sua stagione con un decimo posto al Grand Prix La Marseillaise
Sei spesso in compagnia di Vincenzo…

Ci siamo trovati a condividere le stesse sfortune perché anche lui dopo il Covid ha avuto delle complicanze. Alla fine siamo risaliti in sella nello stesso periodo e lo abbiamo sfruttato per aiutarci a vicenda, ci sentivamo spesso confrontandoci sulle sensazioni e dandoci coraggio.

Eri partito molto bene a inizio stagione, poi questo stop ha ridimensionato un po’ tutto.

Sì, non ci voleva… Dopo Besseges sono andato sul Teide per allenarmi in altura, lì ho iniziato ad accusare dei sintomi, ho fatto subito un tampone rapido e sono risultato positivo. Mi sono negativizzato dopo 10 giorni, poi sono rientrato a Lugano, ci ho messo un’altra settimana prima di riprendere ad allenarmi.

L’inizio di stagione era proseguito bene con un secondo posto nella classifica generale di Besseges
L’inizio di stagione era proseguito bene con un secondo posto nella classifica generale di Besseges
Un vero peccato anche perché fra tutti i nomi che si stanno facendo per la Sanremo il tuo ci sarebbe stato proprio bene.

Dopo la Milano-Torino, insieme alla squadra, si è deciso di farla ugualmente. L’idea è di fare la gara al posto di allenarmi sulla distanza. La Milano-Sanremo è una corsa semplice fino ai Capi, io non avrò la condizione che avrei voluto quindi non starò con i migliori, ma sarà utile farla anche così.

Ti abbiamo visto alla Milano-Torino lanciare il tuo compagno Healy ad una quindicina di chilometri dal traguardo.

E’ stata una situazione un po’ casuale, eravamo davanti e si è creato un buco così abbiamo provato ad anticipare tutti, anche perché non avevamo un velocista quindi dovevamo inventarci qualcosa. Ben (Healy, ndr) stava bene, era andato forte nelle gare del Nord entrando nelle fughe, me ne aveva parlato e così ci abbiamo provato.

Nibali e Bettiol hanno condiviso le prime faticose pedalate post Covid (foto Instagram)
Nibali e Bettiol hanno condiviso le prime faticose pedalate post Covid (foto Instagram)
Che sensazioni hai avuto?

Tutto sommato buone. Sapete, quando si corre ci si dimentica di tutti gli acciacchi e si spinge…

Anche per questo cercherai di recuperare la condizione con il ritmo gara?

Sì. Dopo la Milano-Sanremo sarò al via anche della Coppi e Bartali, sperando mi possa essere utile per prendere una buona condizione in vista delle classiche del Nord.

Anche nella scorsa stagione Alberto ha dovuto ritardare la preparazione non riuscendo ad essere al meglio nelle classiche del Nord
Anche nella scorsa stagione Alberto ha dovuto ritardare la preparazione non riuscendo ad essere al meglio nelle classiche del Nord
Com’è cambiato il tuo programma in ottica di quegli impegni?

Abbiamo slittato tutto in avanti di tre settimane, ovvero il periodo perso a causa del Covid. Per questo chiuderò il mio impegno al nord con le Ardenne. Non erano in programma vista la profondità della squadra, ma tra assenze ed infortuni bisogna risistemare un po’ di cose.

Anche l’anno scorso ti eri presentato alle prime gare con tante ore di allenamento in meno.

L’anno scorso per un motivo molto più serio. Però è effettivamente un annetto che le cose non girano molto per il verso giusto. Speriamo che il vento cambi presto direzione e di riprendermi un po’ di fortuna, con gli interessi.

Nibali e Bettiol in Toscana, Franceschi gioisce e ricorda…

10.03.2022
4 min
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Alberto Bettiol, Vincenzo Nibali e la Mastromarco Sensi Nibali. Storia, amicizia, passione, sport…. Recentemente i due campioni si sono ritrovati in Toscana (in apertura, foto Instagram), proprio sulle colline dove sono cresciuti,  hanno sudato, hanno gioito e forse anche pianto. E quando i due si riuniscono e si ritrovano da quelle parti, c’è una persona, Carlo Franceschi, che non resta insensibile. Anzi… «Com’è vederli qui insieme? E’ bello», nell’accezione più semplice e sconfinata di questo aggettivo.

“Il Franceschi”, per dirla alla toscana, è stato il riferimento di entrambi quando erano dei dilettanti, in particolare per Nibali. Per lo Squalo è stato quasi un secondo padre, visto che lo ha accolto a casa sua quando poco più che bambino lasciò la Sicilia.

Carlo Franceschi
Carlo Franceschi è il presidente della Mastromarco
Carlo Franceschi
Carlo Franceschi è il presidente della Mastromarco

E adesso?

«E adesso – racconta Franceschi – fino a qualche giorno fa sono stati qui. Ora sono tornati in Svizzera perché si devono allenare. Entrambi devono correre. Però non conosco di preciso quando rientreranno e che programmi hanno.

«Soprattutto Nibali ha bisogno di correre se vuole fare il Giro d’Italia. Perché, sapete, ormai gli anni passano e ha sempre più bisogno di correre se vuole trovare la condizione».

I due si erano ritrovati in Toscana entrambi usciti dal Covid da qualche giorno, in più Nibali aveva avuto la tonsillite. Avevano deciso di riprendere dalle origini. «Bettiol quando è in Toscana si allena sempre con noi e lo stesso vale per “Enzo”. Lui era tanto che non veniva».

Alberto Bettiol in allenamento con i ragazzi della Mastromarco Sensi Nibali (foto Simona Bernardini)
Alberto Bettiol in allenamento con i ragazzi della Mastromarco Sensi Nibali (foto Simona Bernardini)

Campioni diversi

Bettiol e Nibali, pupilli, campioni e due caratteri diversi. 

«Nibali – continua Franceschi – con me ci viveva e ho avuto modo di studiarlo ancora più a fondo. Era più fiscale, programmava molto tutta la sua giornata. Stava attento a tutto. Bettiol invece sapeva concentrarsi bene su alcune specifiche gare e già all’epoca ci arrivava preciso. La mentalità era quella buona per entrambi. Due vincenti.

«Oggi i ragazzi ascoltano. Ascoltano, ma non praticano. Vederli fare i sacrifici che poteva fare un Nibali da juniores è ben più difficile. Magari sono io che invecchio, cerco di adeguarmi anche ai nuovi metodi, ma alcune cose di questo ciclismo mi sono lontane. Oggi vincono una gara e sono già campioni. E ogni anno si è “punto e daccapo”. Almeno però quando sono qui, i ragazzi li vedo molto interessati a Nibali e Bettiol».

Dalla Mastromarco alla nazionale, per Vincenzo e Alberto il talento è la prima qualità
Dalla Mastromarco alla nazionale, per Vincenzo e Alberto il talento è la prima qualità

Ritorno alle origini

Quando due così sentono in qualche modo il bisogno di tornare alle origini significa che qualcosa di buon si è fatto. Che quegli anni passati alla Mastromarco, in questo caso, sono stati anni importanti. Anni in cui si è formato il corridore, ma anche il carattere. Anni dai pensieri positivi.

«Mi piace che siano qui – racconta con un filo di commozione, Franceschi – la Mastromarco la sentono dentro. E ci danno una grossa mano, anche economica con i materiali, le bici… Da poco anche grazie al loro aiuto abbiamo preso un nuovo appartamentino per i ragazzi qui in zona a Mastromarco.

«L’altro giorno ero a Camaiore al via della Tirreno-Adriatico. Ho incrociato Richie Porte e l’ho chiamato. Lui quando mi ha visto si è fermato. E tornato indietro, mi ha abbracciato e mi ha fatto di quelle feste… Tutto ciò mi ha riempito di gioia. E ha fatto così, tanto lui quanto Damiano Caruso. Significa che si è lavorato bene , che ci sono sintonia e affetto».

Tirate d’orecchie

Nibali e Bettiol oggi sono due adulti. Il siciliano è addirittura un padre di famiglia, ma con Franceschi tornano ad essere due ragazzi, quasi due “figli”.

«E ancora oggi se c’è bisogno “gli tiro le orecchie” quando si parla di questo o quello, dei “farei così”, di “ quello ha fatto questo”… E anche all’epoca se a tavola mangiavano un boccone di troppo glielo dicevo. Guardate che domenica poi non andate in salita. E loro si facevano una risata. 

«Ascoltavano, ma forse di fronte a questi rimbrotti, “Enzo” era più, come dire, orgoglioso. Bettiol invece era, ed è, più legato a Gabriele Balducci. Lui ancora lo aiuta negli allenamenti. Ma ho un ottimo rapporto con entrambi. Oggi magari i consigli che posso dargli sono più sulla vita privata, qualche parere. Ormai ne sanno più di me di ciclismo».

Fra passato e futuro, il Nibali 2022 secondo Vanotti

16.02.2022
5 min
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A chiudere gli occhi e ricordare il primo Nibali in Astana, viene in mente lui, scortato da Alessandro Vanotti e Michele Scarponi. Oggi che Vincenzo è tornato alla corte di Vinokourov quei due ci sono ancora: Michele, lo osserva da una dimensione superiore, Alessandro rimanendo in contatto costante e ricoprendo il ruolo che ha sempre svolto: tenere alto il morale del suo capitano.

Incontriamo Alessandro Vanotti in un bar del centro di Brembate Sopra – paese in provincia di Bergamo dove oggi abita – nel giorno di San Valentino e scopriamo un uomo fortemente innamorato del ciclismo, anzi della bicicletta.

Alessandro, cosa potrà fare Nibali quest’anno?

Vincenzo non deve snaturarsi. Credo che debba continuare a puntare a fare bene nei grandi Giri, nelle brevi corse a tappe e nelle classiche dove ha dimostrato di saper andare forte: Lombardia, Sanremo, Liegi. E poi deve avere un programma certo, condiviso con la squadra, che sia rispettato fino alla fine: ha bisogno di programmazione.

Pensi potrà puntare a fare classifica al Giro o al Tour?

Dipenderà dalla condizione con la quale arriverà a ridosso dei grandi eventi e a quel punto lui e la squadra dovranno essere bravi a ragionare. Si potrebbe pensare di partire senza grandi aspettative per poi ritrovarsi a metà corsa in lizza per la classifica. Oppure lasciar perdere, risparmiare energie per investirle al grande Giro successivo.

Nel magico 2014, accanto a Vanotti anche l’allegria, la testa e le gambe di Michele Scarponi
Nel magico 2014, accanto a Vanotti anche l’allegria, la testa e le gambe di Michele Scarponi
Si era parlato di togliersi qualche sfizio, tipo correre la Roubaix…

Non scherziamo: con quali aspettative? Io penso che Vincenzo una corsa come la Roubaix possa correrla l’anno in cui deciderà di smettere. Farlo adesso, come fece Wiggins a suo tempo, sarebbe solo un grande rischio.

Lo vedi ancora nelle vesti di capitano o ormai il suo ruolo è di insegnare ai giovani compagni?

Nibali è un capitano! Può ancora vincere tappe importanti e togliersi soddisfazioni. E’ chiaro però che avere lui in squadra è come avere Ibrahimovic nello spogliatoio, può insegnare tantissimo ai giovani, può trasmettere insegnamenti tecnici e mentali che derivano dalla sua esperienza, sia in gara che nei ritiri.

Si capisce che Astana è una famiglia per come si è trattati durante le visite in Kazakhstan
Si capisce che Astana è una famiglia per come si è trattati durante le visite in Kazakhstan
Il suo ritorno in Astana, cosa significa?

Che aveva bisogno di ritrovare un ambiente famigliare. Ha fatto bene a fare le esperienze che ha fatto, ma l’ambiente solido che si crea in quel team è unico. Mi ricordo quando andavamo in Kazakhstan per la presentazione. In quel momento capisci quanto ci tengano, ti sembra quasi di correre per la maglia della nazionale, sei portato naturalmente a dare tutto.

Chi sarà l’uomo chiave?

Michele Pallini, sicuramente. E’ quello che lo conosce da più tempo e il suo ruolo di massaggiatore è cruciale, non solo per l’aspetto fisico, ma anche mentale. Toccandogli la gamba capisce subito se c’è qualcosa che non va.

Vanotti non concluse il Giro 2013 per la frattura di un braccio, ma seguì la squadra sino in fondo
Vanotti non concluse il Giro 2013 per la frattura di un braccio, ma seguì la squadra sino in fondo
Dietro al suo ritorno c’è la volontà di Martinelli. Cosa ci puoi dire di lui che ancora non sappiamo?

E’ il Nibali dei direttori sportivi. Quello che ancora oggi, se gli telefoni perché hai bisogno, viene a casa tua, ti ascolta e ti parla. Martinelli è quel direttore sportivo che quando arriva in ritiro lo senti, ti dà sicurezza.

Vi sentite ancora molto con Vincenzo, come sta in questa primissima parte di stagione?

Sereno. E tranquillo. Maturo, equilibrato, sta sfruttando le conoscenze che ha acquisito in tutti questi anni da professionista.

Quando vi sentite, gli dai ancora qualche consiglio?

Quando ci sentiamo non parliamo mai di ciclismo. Ridiamo e scherziamo, facciamo battute, serve per stemperare la tensione. Prima del Covid ci vedevamo molto più spesso e allora, uscendo in bicicletta insieme, mi capitava ancora di sentirmi il suo gregario e gli davo qualche parere. Dopo tanti anni insieme, capisco dalla sua pedalata se sta bene o no. Ricordo quando vinse la Sanremo: dalla tv lo vidi sulla Cipressa e dissi che avrebbe vinto.

Quando scenderà dalla bicicletta, lo vedi direttore sportivo?

No, lo vedo meglio come manager di una grande squadra. Uno capace di trascinare i giovani e attirare sponsor. E’ ancora l’italiano più conosciuto, ha vinto tutto. E’ una figura che serve, come Tosatto, come Bennati. Non pensiamo che oggi i preparatori contino più dei corridori, che i numeri servano più dell’esperienza.

Nimbl e il mondo dei pro’: un asset fondamentale

15.02.2022
4 min
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Una vera e propria nazionale. Anzi, meglio: uno squadrone internazionale che raggruppa trasversalmente la cifra “monstre” di 55 corridori WorldTour ed altri 10 appartenenti a squadre professional. Corridori e campioni del calibro di Vincenzo Nibali, Jonathan Milan, Matteo Sobrero, Greg Van Avermaet, Jakob Fuglsang, Dylan Groenewegen, Alberto Rui Costa, Sebastian Molano, Victor Campenaerts, Thomas de Gendt, Pavel Sivakov, Omar Fraile, Joe Dombrowski e Pierre Rolland: tutti accomunati quest’anno da un unico brand che proprio a tutti loro fornisce le scarpe. E questo brand, che è italianissimo, si chiama Nimbl.

Per capire meglio la crescita vertiginosa di questo nuovo marchio che si propone via web a livello internazionale – ma che ha cuore e soprattutto produzione artigianale nelle Marche – abbiamo approfittato di una visita in azienda, a Porto Sant’Elpidio nel pieno distretto mondiale della calzatura di qualità, per scambiare quattro chiacchiere con uno degli artefici del progetto: Francesco Sergio, che di Nimbl è socio e operativamente il responsabile del marketing.

Ecco gli atleti che correranno nel 2022 con le scarpe Nimbl
Ecco gli atleti che correranno nel 2022 con le scarpe Nimbl
Allora Francesco, l’impatto di Nimbl nel mondo dei professionisti è stato davvero dirompente…

Sì, è così. E siamo davvero entusiasti di quanto raccolto in queste prime settimane di corse. Vittorie importanti e riscontri molto positivi da parte dei corridori non sono mancati. Ed entrambe le cose ci danno estrema fiducia per il futuro. Un futuro, quello dei prossimi mesi, che abbiamo già disegnato e che sarà caratterizzato da lanci di prodotto estremamente interessanti e qualitativamente molto importanti. Così come nello spirito di Nimbl.

Raccontaci come è nato il progetto Nimbl

Nimbl nasce appena nel 2018. Ad una cena con il mio attuale socio olandese Robert. Entrambi eravamo alla ricerca di uno stimolo imprenditoriale nuovo, di un progetto dal respiro internazionale che si potesse fondare su un’estrema qualità del prodotto e su dinamiche di marketing che potessero farlo letteralmente decollare. Da quella idea siamo arrivati ad esplorare il settore delle calzature tecniche per il ciclismo e successivamente abbiamo individuato una piccola eccellenza produttiva italiana – quella rappresentata da Luigino Verducci – che abbiamo acquisito.

Punto imprescindibile l’artigianalità del prodotto

Questo è esattamente un punto cruciale dell’attività di Nimbl. Tutto parte dalla assoluta artigianalità nel processo produttivo delle nostre scarpe per il ciclismo. I migliori materiali oggi in circolazione sul mercato sono assemblati a mano presso i nostri due stabilimenti di Porto Sant’Elpidio: nel fermano e nel cuore del distretto mondiale della calzatura di qualità. Da poche settimane abbiamo attivato anche una nostra linea interna per la realizzazione delle suole in fibra di carbonio, così da essere indipendenti ed al tempo stesso poter sviluppare sempre più i nostri progetti. Siamo partner BOA, e moltissimi corridori professionisti con i quali collaboriamo sono già venuti a trovarci in sede… Così è stato per Vincenzo Nibali, ad esempio, oppure per Greg Van Avermaet o Jonathan Milan. Ad attenderli hanno trovato Luigino Verducci che ha realizzato per loro il calco in gesso per loro scarpe personalizzate. Uno spettacolo.

A sinistra Francesco Sergio e a destra Luigino Verducci: motori potenti della realtà Nimbl
A sinistra Sergio e a destra Verducci: motori della realtà Nimbl
E per il futuro, cosa “bolle in pentola”?

Presto arriveremo a presentare (a proposito, le nostre calzature Nimbl le potete acquistare anche online…) alcuni modelli di calzature che per rapporto peso/rigidità saranno davvero uniche sul mercato. Le abbiamo già pronte, le stiamo testando a fondo. Anche sotto questo aspetto, il rapporto privilegiato che abbiamo in essere con questo nutrito e qualificato gruppo di professionisti ci gioca estremamente a favore.

Nimbl