Mentre i suoi compagni di squadra corrono nel freddo della Tirreno-Adriatico, Martin Marcellusi si allena con le stesse temperature, ma a casa. Il corridore romano della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha corso le gare di inizio stagione a Mallorca e poi più nulla.
«Dopo le prime corse in Spagna – ci dice – mi sono fermato un po’ e ho fatto dei ritiri, anche in altura, insieme alla squadra. Si è deciso così, insieme ai preparatori, per consentirmi di arrivare più fresco ad un eventuale Giro d’Italia. Infatti, insieme alla squadra, siamo stati in ritiro sull’Etna per un paio di settimane, dopo l’altura però ho sofferto un po’ il fatto di non correre».
Solamente tre giorni di corsa per Marcellusi fino ad ora, tutti accumulati a Mallorca a fine gennaioSolamente tre giorni di corsa per Marcellusi fino ad ora, tutti accumulati a Mallorca a fine gennaio
Cosa vuol dire?
Che se avessi fatto la Tirreno, mi sarei fermato per una settimana, facendo scarico. Invece, senza correre, ho fatto scarico per due o tre giorni e poi ho ripreso a caricare.
Quando sarà il ritorno in gara?
Il 13 marzo alla Milano-Torino, poi farò la Sanremo e la Coppi e Bartali. Da lì ci sarà da capire quale sarà la scelta della squadra e come vorranno gestirmi. Forse torneremo sull’Etna oppure correrò.
La scelta di fare questo lungo periodo di allenamento è insolita per te?
I diesse e i preparatori, in accordo tra di loro hanno deciso di cambiare il metodo di lavoro. Nel caso dovessi fare il Giro, arriverei più riposato. Non ho modo di paragonare i periodi, anche perché nel 2023 in Spagna mi ero rotto la clavicola, ed ero rimasto fermo per un po’. Lo staff ha preso come modello quello dei team WorldTour.
A inizio stagione un lungo periodo di preparazione, sempre in Spagna (foto Vf Group-Bardiani)Tanti chilometri accumulati, fino ad oggi quasi 3.000 in più rispetto allo stesso periodo del 2023 (foto Vf Group-Bardiani)A inizio stagione un lungo periodo di preparazione, sempre in Spagna (foto Vf Group-Bardiani)Tanti chilometri accumulati, fino ad oggi quasi 3.000 in più rispetto allo stesso periodo del 2023 (foto Vf Group-Bardiani)
Com’è stato allenarti e non correre?
Mentalmente un po’ più difficile, mi è mancato il periodo di stacco. Però devo dire che una volta ripresi gli allenamenti, le sensazioni erano buone. Lo sono ancora, fino ad ora la squadra ha ragione (fa una risata, ndr), vedremo come prosegue il tutto. C’è da dire anche che…
Cosa?
Allenarmi non è stato così difficile mentalmente, anche perché la squadra mi è stata vicina. Non mi hanno lasciato a casa allo sbando, ma siamo stati in ritiro. Sull’Etna abbiamo fatto anche tanti allenamenti duri, quasi più di una corsa.
In mezzo anche un ritiro sull’Etna, sempre con il teamIn mezzo anche un ritiro sull’Etna, sempre con il team
Rispetto allo scorso anno quante ore in più hai fatto di allenamento?
Di ore non so, ma nello stesso periodo, da novembre a inizio marzo, ho fatto 2.800 chilometri in più. Mi ero fermato 18 giorni per l’infortunio alla clavicola, ma il numero di chilometri è comunque molto elevato.
Ma tu cosa preferisci fare, allenarti o correre?
Mi alleno bene, perché sono uno che se sta bene si allena all’infinito. Però è vero che sono un corridore che in gara riesce a tirare fuori qualcosa in più. Riesco a sorpassare i miei limiti, il che è un fattore positivo. Non nascondo che mi piacerebbe fare qualche gara ad aprile, ad esempio il Giro d’Abruzzo, che è anche vicino a casa. Ma deciderà la squadra. Meglio aspettare e arrivare ai prossimi appuntamenti al massimo livello che correre e perdere qualcosa.
«Immaginavo l’argomento – ride Roberto Reverberi – non ci voleva molto, no? Come è andata per Pozzovivo… Scimone, il suo procuratore ha voluto combinare un incontro fra lui e noi, almeno per parlare. Io di Domenico ho sempre detto bene. Il discorso era solo che un corridore di 40 anni non ci stava dentro a un gruppo di ragazzi così giovani. Però l’incontro lo abbiamo fatto volentieri, una decina di giorni fa. Poteva essere il modo di finire da dove aveva cominciato, potrebbe essere una bella storia. E poi lui non è mica finito, va più forte di tanti altri. Abbiamo guardato dei test, ha ancora 7 watt per chilo…».
Un mese dopo l’annuncio delle wild card del Giro e aver escluso la possibilità di ingaggiare lo scalatore lucano nella loro squadra, i Reverberi sono tornati sui loro passi. Niente di scandaloso, ci mancherebbe: Pozzovivo ha scritto alcune delle pagine più belle della loro squadra (in apertura la fuga vincente di Lago Laceno al Giro 2012). Tuttavia siamo da Roberto per sostenere quello che è stato scritto nell’Editoriale di ieri: un atleta con la storia di Pozzovivo avrebbe meritato più rispetto, senza aspettare i saldi di inizio stagione. Tanto più che l’UCI sta facendo storie perché non capisce, con la tipica rigidità svizzera, come mai si sia arrivati a un contratto a questo punto della stagione.
Domenico Pozzovivo è sul Teide: con questa foto ha annunciato la nuova squadra (foto VF Group-Bardiani)Domenico Pozzovivo è sul Teide: con questa foto ha annunciato la nuova squadra (foto VF Group-Bardiani)
Da quello che si è capito, avete raggiunto un accordo che potrebbe andare oltre la stagione 2024.
Oltre l’aspetto sportivo, esattamente. Conosciamo l’uomo e il professionista e Domenico ha giurato che questo sarà comunque l’ultimo anno. E allora si è parlato anche di un eventuale progetto futuro, per quando avrà smesso. Uno così esperto potrebbe andar bene anche come collaboratore della squadra, come preparatore. Ha studiato, è preparato su moltissimi aspetti, è scrupoloso. Così abbiamo concordato di fare quest’anno insieme e alla fine non c’è stato nemmeno bisogno di convincerci troppo. Abbiamo aggiunto anche il fatto che potrebbe insegnare qualcosa ai giovani e abbiamo preso la decisione. Dopo tutto, si può anche cambiare idea, no?
La foto sul Teide con la maglia e la bici fa pensare che l’accordo sia stato raggiunto prima dell’annuncio…
E’ stata una cosa abbastanza rapida. Si sentivano voci che fosse nell’orbita di una squadra italiana, penso la Corratec che però non è stata invitata al Giro (la trattativa è stata fatta anche con il Team Polti, ndr). Gli abbiamo consegnato la bici il giorno prima che partisse per andare sul Teide. Non si era ancora definito proprio tutto, però avevamo qui la bici di scorta di un corridore con le sue stesse misure e gliel’abbiamo data. Così, casomai si fosse finalizzato, avrebbe potuto fare la foto che avete visto. E adesso stiamo lavorando dall’ufficio per vedere se si riesce a farlo correre dalla Tirreno.
La VF Group-Bardiani-Faizané ha aperto la stagione a Mallorca: qui ReverberiLa VF Group-Bardiani-Faizané ha aperto la stagione a Mallorca: qui Reverberi
Stesso problema che Pozzovivo ebbe lo scorso anno con la Israel…
E finì che saltò la Tirreno per le lungaggini. I trasferimenti si aprono il primo agosto e sono chiusi da un pezzo, ma il suo non è un trasferimento bensì un nuovo contratto. E loro non capiscono, per cui siamo qui in ufficio a premere perché chiudano la pratica entro fine settimana.
Ai corridori lo avete detto prima del suo arrivo?
No, niente. Forse avevano capito qualcosa, perché qualcuno mi ha sentito parlare al telefono: era lì vicino e io non me ne sono accorto. La squadra l’ha saputo dai giornali come tutti gli altri, anche se la mattina stessa l’ho fatto inserire nel gruppo Whatsapp, perciò lo hanno saputo così.
Hai parlato di insegnare ai giovani, forse per questo sarebbe stato meglio prenderlo prima, no?
Sì, ormai si corre e per certe cose è tardi. Però qualcosa può insegnare, magari non a stare in gruppo, perché su quello ha sempre tribolato un po’, in discesa, nelle fasi concitate. Era spesso in terra. Insomma, se lo assiste la fortuna, secondo me ha i mezzi per arrivare nei primi 10 in classifica, ma senza stress. Vediamo come viene, non gli metto tutti i giovani a disposizione. Magari uno o due compagni più maturi, Tonelli ad esempio, per cercare di fargli prendere le salite davanti. Ma i giovani abbiamo intenzione di lasciarli liberi e anzi lui potrebbe essere loro di supporto. Potremmo metterlo in camera con Pellizzari perché è uno che ha tanto da insegnare. Come si mangia, come si ci si allena, tutte le cose che lui sa bene e loro devono ancora imparare.
Reverberi racconta che nel ritiro alla Tenuta Il Cicalino, la squadra ha fatto delle simulazioni di gara (foto VF Group-Bardiani)Nel ritiro alla Tenuta Il Cicalino, la squadra ha fatto delle simulazioni di gara (foto VF Group-Bardiani)
Sperando che accettino i consigli.
Altro aspetto delicato. Tendenzialmente adesso i giovani faticano a fare domande, nel senso che sanno tutto. Si appoggiano ai loro preparatori e in ritiro certi giorni era da mal di testa, con le cose che devono fare giorno dopo giorno. Anche quando abbiamo simulato una gara, erano tutti lì a dire cose. Ma quando si corre, cosa fate? Correte, basta parlare…. Avendo fatto poche gare, in ritiro abbiamo fatto dei lavori di intensità per arrivare bene a Laigueglia. Anche sull’Etna hanno lavorato tantissimo, ma se non fai così, se non arrivi già pronto, non è che puoi aspettare che la condizione arrivi. Bisogna ragionare come fanno i campioni, sia pure con le dovute proporzioni, che si allenano e sono già pronti per vincere. Oggi se non arrivi già pronto, non stai nemmeno a ruota.
Domenico, che i ritiri se li è sempre fatti da solo, ad aprile sarà inserito nel gruppo dell’Etna o farà vita a sé?
Anche lui prima del Giro è sempre andato sull’Etna e non sapeva che l’avessimo prenotato anche noi. Ci sono due gruppi da cinque. Uno corre in Turchia e uno al Tour of the Alps. E ciascun blocco, prima uno e poi l’altro, andrà in altura. Immagino che Pozzo sarà aggregato a uno dei due gruppi. Penso a quello che fa il Tour of the Alps e poi va sull’Etna.
Passo Maniva al Brixia Tour 2011: dopo il Giro Pozzovivo si è allenato da solo ed è rientrato già vincentePasso Maniva al Brixia Tour 2011: dopo il Giro Pozzovivo si è allenato da solo ed è rientrato già vincente
Che cosa effettivamente ha convinto la famiglia Reverberi?
La serietà e la professionalità. Sappiamo che non è il vecchio corridore che guarda all’ultimo stipendio. I nostri preparatori mi hanno chiesto se devono guardare i suoi allenamenti su Training Peaks, gli ho risposto di sì. Non perché tema che non lavori, ma perché così impariamo qualcosa da lui. Mi ricordo quando correva con noi, anche l’ultimo anno, dopo il Giro stava a casa un mese e mezzo, veniva a correre e vinceva il Brixia Tour, nonostante si allenasse sempre da solo.
La sensazione è che non sia venuto per i soldi.
Come potete immaginare, non si parla di grosse cifre, ma quasi non ha fatto richieste. Vuole terminare bene e penso comunque che nella sua carriera abbia guadagnato bene. Speriamo solo che lo assista la fortuna e poi credo che una bella storia da raccontare la tiriamo fuori davvero.
Domenico Pozzovivo torna con la famiglia Reverberi per chiudere la carriera. Sembrava già da mesi la scelta più logica o comunque la più bella da raccontare, se qualcuno non riuscisse a vedere logica nel ritorno di un atleta che purtroppo negli ultimi anni non ha fatto passare occasione per finire in ospedale. Il fatto è che anche ai più scettici Domenico oppone test che parlano di 7 watt/kg davanti ai quali non ce la fa ad arrendersi.
Siamo felici per lui, che conosciamo da quando nel 2001 indossò la maglia della Zoccorinese iniziando a respirare il ciclismo dei piani alti. Il suo tecnico di allora, stupito per i numeri in salita, disse che il ragazzino della Basilicata fosse piuttosto indietro nello sviluppo e che lo avremmo visto davvero forte con qualche anno di ritardo rispetto ai coetanei. La sua longevità atletica si spiega anche così e con il duro lavoro cui Pozzovivo non si è mai sottratto. Forse per questo, pur felici, pensiamo che un uomo con la sua storia meritasse più rispetto.
Pozzovivo ha corso con Reverberi dal 2005 al 2012 (nella foto) quando vinse una tappa al GiroPozzovivo ha corso con Reverberi dal 2005 al 2012 (nella foto) quando vinse una tappa al Giro
Un posto in meno
Pozzovivo ha firmato il contratto pochi giorni fa e potrebbe debuttare alla Tirreno-Adriatico, inserendosi nella VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè di giovani che la famiglia Reverberi cresce da qualche anno fra alti e bassi. Facile immaginare, mettendosi nei loro panni, che uno di quei ragazzi sarà lasciato a casa per far correre l’esperto lucano con cui non ha condiviso neppure una colazione e un allenamento. Stesso discorso per il Giro d’Italia, che per molti costituisce il sogno di una vita.
Intendiamoci: in tutte le squadre il posto per le grandi corse va meritato e questo prevede anche togliersi il cappello davanti all’atleta più esperto che ti insegna il mestiere e va più forte di te. Ebbene, a Pozzovivo e ai suoi giovani compagni di classe il confronto è stato negato, in nome di una visione troppo rigida o forse persino avara.
Di questo tema abbiamo parlato più volte. Prima con Raimondo Scimone, che cura gli interessi del corridore. Poi con Roberto Reverberi, che prima o poi raccoglierà il testimone da suo padre Bruno. Inserire Pozzovivo in squadra da novembre avrebbe significato permettergli di conoscere i compagni e avrebbe offerto ai ragazzi più giovani il punto di vista sulla sua professionalità senza pari. Invece si è preferito tirarla per le lunghe, regalando a Pozzovivo l’ennesima partenza ad handicap della carriera. L’uomo è camaleontico e starà già messaggiando con i nuovi compagni, ma ancora una volta per cavarsela in una situazione di rincorsa.
Il contratto è dignitoso. I soldi non sono tanti, ma neppure pochi per una squadra che, malgrado le premesse, ha vissuto l’infelice sponsorizzazione con Green Project. E poi i soldi non sono tutto davanti a una sfida come quella di Domenico. Il rispetto però è un’altra cosa.
Al Giro del 2022, l’ultimo concluso e corso con la Intermarché, Pozzovivo si piazzò all’ottavo postoAl Giro del 2022, l’ultimo concluso e corso con la Intermarché, Pozzovivo si piazzò all’ottavo posto
L’occasione sprecata
A Pellizzari e Pinarello avrebbe fatto un gran bene sentirlo parlare, osservarlo, allenarsi con lui in Spagna, anche se Pozzovivo non è il più grande dei chiacchieroni e nella sua carriera recente ha sempre preferito la vita dell’asceta a quella di gruppo. Coinvolgendolo per tempo, lo si sarebbe potuto investire della responsabilità di stare vicino ai più giovani e offrire loro un esempio. Con tutto il rispetto per i corridori coinvolti, la sua motivazione è ben superiore a quella di Modolo e Battaglin che negli ultimi tre anni sono rientrati nella squadra con esiti diversi da quelli sperati.
«Per una squadra come la nostra – ci rispose un mese fa Roberto Reverberi – averlo potrebbe essere utile. Potrebbe curare la classifica e permetterci di avere l’ammiraglia più avanti. Però con la politica dei giovani che ci siamo dati, non avrebbe senso prenderlo, anche se è un grande professionista e va ancora forte. Preferiamo dare spazio a un giovane, che magari trova il giorno giusto, si fa vedere e fa parlare di sé e della squadra».
La sensazione è che qualcuno in squadra ci credesse e qualcun altro no. Nel tira e molla è finito il corridore, che al momento di dare l’annuncio si trovava sul Teide senza alcuna certezza di avere ancora una maglia per il 2024 (in apertura, foto VF Group-Bardiani). La sua unica certezza era ed è sempre stata quella di essere ancora un corridore.
Le regole dell’UCI per quanto riguarda il rifornimento da terra sono cambiate. Non una variazione così eclatante, ma qualche accorgimento per migliorare la sicurezza in corsa. Chi ha dovuto prendere le misure con queste nuove disposizioni, oltre ai corridori, sono stati i massaggiatori. E’ a loro che si è rivolta l’UCI e queste prime gare sono servite per prendere le misure. Il parere su come sia cambiata la vita del massaggiatore lo chiediamo a Gianluca Mirenda, che dopo tre anni da professionista, lavora con i ragazzi della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè.
«Bene o male – racconta dalla Spagna Mirenda dove tra poco partirà la Volta a la Comunitat Valenciana – non è cambiato molto. Già prima eravamo invitati a rimanere il più vicini possibile al bordo strada, ora è una regola fissa. Spero che venga rispettata. Il problema era il classico effetto a “imbuto” con i massaggiatori che facevano un passo avanti a testa per farsi vedere meglio. Il gruppo arriva lanciato, la strada si stringe e i danni venivano fuori. Ora toccherà fare qualche fischio in più oppure trovare sistemi per farsi vedere».
Gianluca Mirenda ha fatto il percorso nelle giovanili con Visconti e ora è massaggiatore alla VF Group Bardiani (foto Instagram)Gianluca Mirenda ha fatto il percorso nelle giovanili con Visconti e ora è massaggiatore alla VF Group Bardiani (foto Instagram)
Anche le varie organizzazioni dovranno venirvi incontro con la scelta di strade ampie e dove ci sia buona visibilità…
In generale il rifornimento è sempre fatto su strade ampie dove è facile disporsi. In alcune situazioni sono talmente belle che noi massaggiatori ci mettiamo a 50 metri l’uno dall’altro. E lì problemi non ce ne sono. I “guai” arrivano quando le strade sono strette, c’è il pavé o altri ostacoli. Mi vengono in mente le Classiche del Nord.
E’ sempre una situazione pericolosa il rifornimento.
Il rischio è sempre alto. Il sacchetto pesa un chilo, anche un chilo e mezzo. Se il gruppo è a passeggio non ci sono pericoli, a volte i corridori si fermano anche. Nel caso la gara sia tirata i rischi aumentano. I corridori vanno forte, sono in fila indiana, non vedono bene. Per questo la regola del metro da bordo strada è corretta, l’effetto imbuto è troppo pericoloso.
Una soluzione è cercare tratti di strada favorevoli per essere visti, come delle ampie curveQui si vede l’effetto a “imbuto” con i massaggiatori che avanzano verso il centro della stradaUna soluzione è cercare tratti di strada favorevoli per essere visti, come delle ampie curveQui si vede l’effetto a “imbuto” con i massaggiatori che avanzano verso il centro della strada
In queste prime corse a Mallorca com’è andata?
Non c’era una postazione fissa per il rifornimento, ovvero la classica feed zone, ma era libero. Quindi non ci è mai capitata la situazione con tanti massaggiatori in un unico punto. RCS, per esempio, in tutte le sue gare ha le zone fisse.
Ora la regola del “chi prima arriva meglio alloggia” varrà di più?
E’ sempre valsa, forse ora vale leggermente di più. Ma il rispetto tra i colleghi è la prima cosa, se uno ha già il posto migliore ci si mette accanto o si cercano altre zone. Però, come dicevo prima, gli accorgimenti ci sono.
La presa del sacchetto è un momento concitato, spesso i capitani mandano i gregariLa presa del sacchetto è un momento concitato, spesso i capitani mandano i gregari
Quali?
Uno, ad esempio, è parcheggiare la macchina prima della zona del rifornimento. Così i corridori vedono l’auto e prendono posizione. Noi, di solito, andiamo via una ventina di minuti prima della gara, per evitare imbottigliamenti e traffico. Il diesse sceglie due o tre zone per il rifornimento e noi ce le dividiamo.
Ad esempio?
A Mallorca ero da solo a fare i rifornimenti e abbiamo scelto zone e situazioni favorevoli o dove sapevamo come raggiungere. Anche questo fa parte della strategia. Nella prima tappa le zone scelte erano tre, le prime due le ho coperte bene, ma l’ultima ho rischiato di non arrivarci. La scelta della posizione sulla strada conta molto, se ci si posiziona vicino a un bivio magari si prendono superstrade o autostrade per tagliare.
L’utilizzo delle divise della squadra era già in uso, dal 2024 è diventato obbligatorioL’utilizzo delle divise della squadra era già in uso, dal 2024 è diventato obbligatorio
Soprattutto nel finale quando il gruppo è ormai diviso.
In quei casi il rischio è di aspettare tanti minuti e poi doversi accodare alla macchina di fine corsa. Il gruppo in testa va forte, quelli dietro passeggiano. Proprio a Mallorca mi è successo di accordarmi e il gruppetto andava a 12 all’ora. Per questo quel famoso ultimo rifornimento l’ho fatto all’ultimo.
Forse la partecipazione della VF Group-Bardiani al Giro d’Italia non è mai stata in discussione. Nonostante ciò, vedere il proprio nome fra quelli che il 4 maggio prenderanno il via da Torino ha portato in casa Reverberi la serenità per continuare sulla strada intrapresa a dicembre nel primo ritiro.
«Per una squadra italiana – spiega Roberto Reverberi – l’ufficialità del Giro è questione di vita o di morte. L’80 per cento della pubblicità di uno sponsor è legata a questo. E’ vero che non è un diritto, a meno che non arrivi fra le prime due professional. Ma noi l’anno scorso siamo arrivati sesti nella classifica europea, ci ha passato la Q36.5 per una multa presa da Henok e i punti che gli hanno tolto. Per cui certi commenti sul nostro organico e sul fatto che non meriteremmo il Giro li rimando al mittente. Siamo stati la prima squadra italiana, da qualche parte quei punti li avremo pur fatti…».
Roberto Reverberi, durante le prima corse 2024 a Mallorca, con la testa già sul Giro. In apertura, una foto VF Group BardianiRoberto Reverberi, durante le prima corse 2024 a Mallorca, con la testa già sul Giro. In apertura, una foto VF Group Bardiani
Avevate già pronto il piano B?
No, zero. Abbiamo programmato tutta la stagione in previsione del Giro. Facciamo sempre doppia e anche tripla attività, il piano B sarebbe stato fare richiesta per qualche gara a maggio. Ma onestamente non abbiamo mai pensato al rischio di non esserci. Insomma, avevamo già prenotato due ritiri in altura con le date per il Giro.
Esiste anche una lunga lista di nomi?
Proprio per un fatto di programmazione, abbiamo un gruppo di 10 corridori ai quali però si potrebbe unire qualcun altro, se durante l’anno dovesse andare bene. A quel punto si potrebbe inserirlo nel secondo ritiro, come pure non è da escludere il coinvolgimento di qualche giovane all’ultimo momento, come già capitato in passato.
Pellizzari fa parte di quella lista. Quale potrebbe essere un suo obiettivo realistico al Giro?
Finirlo sarebbe già una cosa importante. Il massimo con un giovane così, visto che qualcosina l’ha già dimostrata, sarebbe provare a vincere una tappa. Non avrà l’assillo della classifica e allora potremmo puntare sulle 2-3 giornate importanti, con percorsi adatti e dove magari c’è meno controllo. Potenzialmente una potrebbe anche giocarsela: vincere è difficile, fare un bel piazzamento è alla sua portata. Lo ha dimostrato l’anno scorso al Tour of the Alps. Poi conoscendolo, quando si trova là davanti, gli viene anche più grinta. Credo sia presto pensare alla classifica, visto anche il livello dei partecipanti.
Chi altri, oltre a Pellizzari?
Uno potrebbe essere Martinelli che finora non è stato troppo costante per problemi di salute, tra cui il Covid. Finalmente ha risolto un problema al ginocchio e se trova la sua dimensione, può mettersi in luce. Di solito programmiamo tutto, ma se venti giorni prima uno di quelli prescelti non va e c’è un giovane che ha dimostrato qualcosa, lo mettiamo dentro. E a volte succede come con Ciccone, che prima del Giro 2016 aveva fatto vedere qualcosa e ha vinto la tappa di Sestola da neoprofessionista.
Martinelli sta risolvendo i suoi acciacchi e potrebbe essere uno dei giovani in rotta sul GiroMartinelli sta risolvendo i suoi acciacchi e potrebbe essere uno dei giovani in rotta sul Giro
Come capisci se un giovane è pronto per debuttare al Giro?
Lo vedi dalle prime corse. Li vedi fare certi numeri che ad altri non riescono. Li riconosciamo noi dall’ammiraglia, ma se ne accorgono anche i corridori più grandi. Tonelli è uno dei più esperti, quello su cui si fa un po’ più affidamento. Penso a Modolo, brillante dall’inizio. Di Ciccone abbiamo detto. Colbrelli che per poco vinceva il Giro del Piemonte da stagista. Oppure Battaglin. Si vedono subito, non c’è bisogno di aspettare tanto.
Avere un corridore esperto e forte con cui misurarsi e confrontarsi fa crescere prima: perché non avete mai valutato di riprendere Pozzovivo?
Per una squadra come la nostra, al limite potrebbe essere utile. Potrebbe curare la classifica e permetterci di avere l’ammiraglia più avanti. Però con la politica dei giovani che ci siamo dati, non avrebbe senso prenderlo, anche se è un grande professionista e va ancora forte. Preferiamo dare spazio a un giovane, che magari trova il giorno giusto, si fa vedere e fa parlare di sé e della squadra.
Non è un fatto di stima.
Per lui ho tanto rispetto e ammirazione, è il corridore più serio che abbia mai visto. Domenico è stato anche sfortunato. Nell’ultimo anno con noi vinse cinque corse, compresa la tappa di Lago Laceno al Giro, l’ultima che ha portato a casa. Capisco che non sia facile smettere quando hai passato tutta la vita a fare questo lavoro, specialmente quando sai di essere ancora competitivo. Magari non è proprio un vincente, però capisco la voglia di chiudere la carriera in modo dignitoso e non perché qualcuno ti dice che devi smettere perché sei vecchio.
Tonelli è il corridore più esperto della squadra, il riferimento per i direttoriTonelli è il corridore più esperto della squadra, il riferimento per i direttori
Facciamo un passo indietro, dove farete i due ritiri in altura?
Entrambi sull’Etna. Bisogna stare dietro a quello che fanno anche gli altri. Il gap rispetto agli squadroni è già abbastanza grande: se non fai le cose nel modo giusto, la differenza aumenta e fare risultato è impossibile.
Senza dimenticare che avendo messo in piedi una struttura di preparatori, anche loro spingeranno in questa direzione, no?
Hanno messo tutto nero su bianco. Il dottor Vicini, che rappresenta lo staff tecnico, ha preteso una serie di cose ben precise. E noi a quel punto gli abbiamo dato carta bianca. Almeno arriveremo al Giro senza rimpianti per quello che si sarebbe potuto eventualmente fare.
I corridori sembrano soddisfatti del lavoro fatto in ritiro a gennaio.
Abbiamo lavorato bene. Borja, il nostro allenatore spagnolo, è veramente bravo. Segue anche gli allenamenti delle squadre WorldTour, così abbiamo dei parametri di riferimento che vengono condivisi anche con i corridori. E proprio per questo i ragazzi hanno capito che devono lavorare il doppio rispetto a quanto facevano prima. Borja è un vero ricercatore. Dopo ogni corsa ha già in mano i dati dei protagonisti e li confronta con quelli dei nostri. L’altra mattina Zoccarato gli diceva di avere mal di gambe. E lui gli ha risposto che va bene, significa che ha lavorato come doveva. Se ti alleni forte, il mal di gambe fa parte del pacchetto…
Ricordate l’editoriale di un paio di settimane fa, in cui definimmo la nazionale della pista come la sola WorldTour italiana? Oggi proseguiamo nel discorso, ispirati da un’osservazione fatta pochi giorni fa da Giulio Pellizzari su alcuni giovani prodigiosi, poi sottolineata da Giovanni Ellena.
«Sicuramente è un fatto fisico e di crederci – ha detto Pellizzari parlando dell’inattesa vittoria del ventenne messicano Del Toro al Tour Down Under – ma secondo me la differenza la fa l’ambiente. A dicembre si è allenato con Pogacar, Ayuso, Hirschi e tutti più forti al mondo e quello secondo me fa tanto. Prendi consapevolezza dei tuoi mezzi, perché dalle voci che girano, in allenamento non era niente meno dei migliori».
«E’ una cosa giustissima – gli ha fatto eco Ellena – Pellizzari ha visto giusto. Il confronto con certi campioni, il fatto di pedalargli al fianco, ti fa scattare una molla: se lo fa lui, lo faccio anch’io. Se invece non sei con loro, chiaramente hai il dubbio e la paura. E’ una questione psicologica».
Moro (in primo piano) e Milan subito accanto sono entrati nel quartetto in modo fulmineo, grazie al lavoro di MontichiariMoro (in primo piano) e Milan subito accanto sono entrati nel quartetto in modo fulmineo, grazie al lavoro di Montichiari
La sfida dei quartetti
Nella nazionale della pista, sarà pure per caso, ma dal momento in cui si è rimesso in moto il meccanismo dei quartetti, grazie agli allenamenti comuni a Montichiari sono saltati fuori anche giovani capaci di insidiare i titolari più forti. Prima Jonathan Milan e poi Manlio Moro hanno bussato fortissimo alla porta di Villa, al pari di quello che a breve potrebbe fare anche Federica Venturelli.
Non succede invece su strada, proprio perché manca la famosa squadra WorldTour in cui i giovani, pedalando accanto ai campioni, potrebbero imparare più rapidamente qualcosa sui loro limiti (in apertura Cunego e Simoni l Giro del 2005, ndr). Cercare di scoprirli in corsa rende tutto più complicato e lento: come andare all’esame universitario, avendo studiato sul libro del liceo. Allenarsi accanto a un campione di livello mondiale significa provare a prendergli le misure in ogni occasione. E se anche è vero che i giovani del ciclismo attuale sono poco propensi ad ascoltare consigli (questo dipende dal carisma di chi i consigli li vuole dare), la consapevolezza di tenere sempre più a lungo le ruote del numero uno al mondo ha dato certamente a Del Toro (e ad Ayuso prima di lui) la consapevolezza di valere più del minimo sindacale.
La Carrera di Boifava permise a Pantani di crescere e misurarsi accanto a ChiappucciLa Carrera di Boifava permise a Pantani di crescere e misurarsi accanto a Chiappucci
La catena dei leader
Tanto per dare un’idea, proviamo a ricordare il… passa parola che ha permesso ai vari leader del ciclismo italiano di formarsi accanto a campioni inizialmente più grandi di loro.
Gotti è passato professionista accanto a Bugno e ha vissuto sotto lo stesso tetto per quattro stagioni. Casagrande, che pure il Giro non l’ha mai vinto, ha approfittato di una stagione accanto a Franco Chioccioli. Pantani non lasciava passare un solo giorno senza prendere le misure a Chiappucci alla Carrera. Lo stesso romagnolo è diventato poi il riferimento di Garzelli alla Mercatone Uno. Non è stato forse Simoni il metro di paragone per il primo Cunego? Allo stesso modo Nibali, passando alla Liquigas accanto al miglior Di Luca, cercava quotidianamente il confronto. Così Bettini con Bartoli, Paolini con Bettini e anche Bennati, che si è formato guardando da vicino e tirando le volate di Cipollini. L’ultimo a beneficiare di un simile traino fu Aru con Nibali: non a caso i quattro anni trascorsi con il siciliano all’Astana sono stati i migliori della sua carriera.
Confidiamo che gli azzurrini passati nelle continental straniere abbiano la possibilità di allenarsi e crescere dal confronto con Vingegaard, Van Aert, Roglic, Gaudu, Quintana e tutti i campioni con cui potranno misurarsi.
Pozzovivo avrebbe avuto il profilo per ispirare e alzare il livello dei giovani in una professional? Pozzovivo avrebbe avuto il profilo per ispirare e alzare il livello dei giovani in una professional?
Il coraggio di osare
Sappiamo bene che al cospetto di colossi come UAE Emirates, Visma-Lease a Bike e Bora-Hansgrohe, non ci sono professional che tengano. Alle nostre squadre manca però il coraggio di osare, investire su un corridore di nome, che diventi traino e ispirazione per i giovani del team. D’accordo, difficilmente un uomo di gran nome accetta di lasciare il WorldTour, eppure l’ha fatto Trentin e la Tudor ne trarrà certamente beneficio. Qualche anno fa la Eolo-Kometa aveva pensato a Viviani e poi a Nibali: sarebbe stato geniale. La Bardiani ha provato con Visconti, Modolo e Battaglin, ma non ha funzionato.
La politica di queste due squadre è quella di far crescere in casa i talenti migliori, che senza prospettive superiori diventeranno però appetibili per le squadre più grandi. La scelta di entrambe di non ingaggiare un corridore come Pozzovivo è comprensibile, ma fa riflettere. E’ stata valutato il vantaggio che la presenza di un così grande professionista avrebbe potuto avere sui giovani della squadra? Per Piganzoli o Pellizzari, due nomi a caso, provare a stargli a ruota in ogni santo giorno di allenamento sarebbe stato una scuola interessante. Avrebbe certamente meno senso prenderlo ora, con entrambi i ritiri alle spalle, perché quel che conta in certe operazioni è la quotidianità. Certi ragionamenti probabilmente andrebbero fatti a monte, quando si progetta un’impresa e si devono elencare i passaggi per realizzarla e gli indicatori di verifica per poterne infine valutare gli esiti.
La stagione di Giulio Pellizzari inizierà l’8 febbraio al Tour of Antalya, in Turchia. Il ritiro di gennaio si è concluso con un salto a Benidorm per vedere la Coppa del mondo di ciclocross e adesso il marchigiano è a casa per l’ultima rifinitura. Nel programma è previsto anche qualche giro con il suo mentore Massimiliano Gentili sulle strade intorno Colfiorito, fra le Marche e l’Umbria. Ma la vera notizia è il fatto che correrà il Giro d’Italia: l’elenco delle squadre diffuso martedì da RCS Sport ha dato alla notizia il senso dell’ufficialità.
Sono mesi strani. Appena alla fine di agosto, quindi cinque mesi fa, Pellizzari e Piganzoli lottavano alla pari con Del Toro al Tour de l’Avenir e ne composero il podio. L’altro giorno il messicano ha vinto la prima tappa al Tour Down Under. Lui subito a mille, altri a metà fra la voglia di bruciare le tappe e la consapevolezza che è meglio procedere per gradi.
Al Tour de l’Avenir la sfida finale fra Del Toro e Pellizzari: a Giulio la tappa, al messicano la classifica (foto Avenir)Al Tour de l’Avenir la sfida finale fra Del Toro e Pellizzari: a Giulio la tappa, al messicano la classifica (foto Avenir)
Che effetto fa iniziare la stagione sapendo che potrai correre il Giro d’Italia?
E’ un bello stimolo, la voglia di farlo c’è sicuramente. Per ora sto andando bene, quindi la voglia sale. Per esserci dovrò andare forte, mettermi in mostra. Le gare che farò sono di buon livello, però ad esempio non farò la Tirreno-Adriatico. Mi ritrovai in ballo per il Giro anche l’anno scorso dopo il Tour of the Alps, dove ero andato forte, però giustamente abbiamo deciso che sarebbe stato meglio aspettare ancora un anno.
Non hai avuto voglia di buttarti nemmeno per un secondo?
Sinceramente la cosa mi prese alla sprovvista. Ovvio che se dici a un ventenne, che sogna di fare il ciclista e sta vivendo il suo sogno, che andrà a fare il Giro, partirebbe subito. Però a mente lucida dico che abbiamo fatto bene a non rischiare.
Che cosa ti ha dato questo anno fra i professionisti e cosa speri di trovare da qui a maggio?
Ho visto che rispetto all’anno scorso sono cresciuto molto. Sicuramente le tante gare a tappe che ho fatto l’anno scorso mi hanno dato una marcia in più, cui si somma il fatto che stia ancora maturando. Vedo che in allenamento sopporto molto meglio il carico e tengo senza problemi le 5-6 ore. Sono migliorato nella resistenza e da qui a maggio mi aspetto di continuare in questo modo. Sono appena stato in Spagna con la squadra e abbiamo lavorato forte. Ora sono a casa e rifiato un attimo, perché la stagione è lunga.
Giulio Pellizzari è nato a Camerino il 21 novembre 2023. E’ pro’ dal 2022Giulio Pellizzari è nato a Camerino il 21 novembre 2023. E’ pro’ dal 2022
Da cosa si capisce che sei al livello giusto per fare il Giro?
I tempi sulle salite. Un giorno in ritiro è venuta fuori una gara tra noi, vera battaglia. Abbiamo fatto tre salite a tutta e la seconda era Tarbena. Per farla ho impiegato 10 secondi più di Remco. Mentre l’ultima salita era il Coll de Rates e, dopo quasi 5 ore, ho fatto 23 secondi peggio di Ayuso. Quindi ho valori buoni e questo sicuramente mi motiva. E’ ovvio che in gara cambia molto, però il fatto di esserci non è affatto male.
Vedere che il tuo amico Del Toro ha già vinto che effetto fa?
Un po’ rosico, è normale. Fino ad agosto ce la giocavamo, adesso mi sveglio la mattina, vedo su Instagram che ha vinto nel WorldTour e penso che vorrei essere al suo posto. Però alla fine so che me la sono giocata con lui fino ad agosto e anche questa è un’iniezione di fiducia.
Perché Del Toro di colpo ha questo livello, che cosa può essere successo?
Sicuramente è un fatto fisico e di crederci, ma secondo me la differenza la fa l’ambiente. Dopo l’Avenir ha staccato, non ha più corso e già da novembre faceva dei bei carichi. Poi a dicembre si è trovato ad allenarsi con Pogacar, con Ayuso, Hirschi e tutti più forti al mondo e quello secondo me fa tanto. Prendi consapevolezza dei tuoi mezzi, perché dalle voci che girano, in allenamento non era niente di meno dei migliori.
I tempi sulle salite della Costa Blanca dicono che Pellizzari sta crescendo (foto Sprint Cycling)I tempi sulle salite della Costa Blanca dicono che Pellizzari sta crescendo (foto Sprint Cycling)
Ti sta bene la tua crescita graduale o preferiresti essere buttato in mischia come lui?
Sto bene così. Vedo che ogni anno miglioro e sento che sto crescendo bene. Ovvio che la foga è tanta, vorrei spaccare il mondo, però sento che qui sto facendo i passi giusti.
Cosa farai dopo Antalya?
Dopo Antalya vado sull’Etna fino al 23, poi faccio Laigueglia, Coppi e Bartali, Tour of the Alps e Giro.
Come hai reagito quando ti hanno detto che avresti fatto il Giro?
Bello, bellissimo, ma rimaniamo coi piedi per terra. Manca tanto e quindi guarderò gara per gara, ma è ovvio che l’emozione c’è. Un amico non vede l’ora di venire a vedermi. Però dico anche a lui di stare calmo.
Te la sentiresti di fare come Pantani che promise di staccare Indurain al primo Giro oppure è meglio stare coperti?
No, magari lo penso, ma non lo dico. Dico che mi stacca lui, però penso il contrario.
La crono non è nemica di Pellizzari: in quella del Tour de l’Avenir si è piazzato al quarto posto (foto Sprint Cycling)La crono non è nemica di Pellizzari: in quella del Tour de l’Avenir si è piazzato al quarto posto (foto Sprint Cycling)
Hai guardato il percorso del Giro?
Qualcosa, ma poco. Conosco la crono Foligno-Perugia, che conosco bene perché su quelle strade mi allenavo da piccolo. Non so se ci sarà il tempo di vedere qualche tappa. Qualche giorno fa ero a Torino e ho pensato di andare a vedere Oropa, ma c’erano tre gradi e ho rinunciato.
Vai al Giro per fare cosa?
La maglia bianca, quindi la classifica, diciamo che è meglio lasciarle stare. Tre settimane sono tre settimane, non so sinceramente cosa aspettarmi. Io spero di andare forte dall’inizio alla fine, però vediamo come risponde il fisico. Sicuramente un obiettivo è mettersi in luce nelle tappe, quindi nelle fughe, nelle tappe in salita. Sono le due quelle che mi piacciono tanto. L’arrivo a Livigno e quella a Bassano del Grappa, perché papà è della zona, quindi conosco bene le strade. E anche il Monte Grappa l’ho già fatto un paio di volte…
Dal ritiro UAE Emirates di Benidorm arriva la notizia che Ayuso sarà leader del team al Giro d'Italia. Lo spagnolo vuole crescere, con Pogacar come modello
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Autentico riferimento per quanto riguarda la produzione di plantari, quest’anno BMZ affianca in qualità di partner e fornitore tecnico il team VF Group-Bardiani CSF-Faizanè: una collaborazione decisamente interessante, resa possibile anche grazie al contributo dell’ex professionista Adriano Malori, brand ambassador e convinto sostenitore della tecnologia giapponese di BMZ.
I plantari BMZ sono in grado di fornire benefici fondamentali durante il gesto della pedalata, e questo grazie ad una maggiore spinta e ad un migliore appoggio. Gli atleti del team team VF Bardiani CSF Faizanè possono scegliere tra la versione Classic, più adatta all’utilizzo quotidiano, e quella realizzata in fibra di carbonio, più rigida e davvero ideale per le gare su strada.
Ma qual è in sintesi il segreto di BMZ? Le solette convenzionali sono progettate per mantenere il piede inarcato, sollevandolo. Questo comporta, però, una pressione sull’arco del piede, con conseguente ristagno sanguigno e gonfiore. L’arco plantare, infatti, esercita prestazioni cinetiche solo quando non è a contatto con alcuna superficie. BMZ ha invece scoperto che lo scheletro del piede può essere sostenuto, mantenendo l’arco plantare protetto, mediante la pressione del cuboide. Infatti, l’intera struttura del piede è creata per poggiare sull’osso cuboide e il risultato si traduce in una soletta in grado di offrire massima stabilità, senza compromettere la mobilità, e sostenendo sia l’arco interno quanto l’arco esterno del piede.
Per le solette BMZ si tratta dell’esordio nel mondo del ciclismo professionisticoPer le solette BMZ si tratta dell’esordio nel mondo del ciclismo professionistico
L’assist di Malori
Come anticipato, il primo promotore di questi innovativi plantari è stato l’ex pro’ Adriano Malori, in grado di riscontrare benefici importanti nel corso di un utilizzo quotidiano di queste solette.
«Grazie ai plantari BMZ, quelli con inserti in carbonio – ha dichiarato Malori – ho migliorato l’esplosività e la trazione di pedalata, coinvolgendo di più anche femorali, glutei e polpacci. Sono davvero molto contento di aver reso possibile questa collaborazione tra BMZ ed il team VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè, e sono il primo a promuovere questa tecnologia perché l’ho testata per molto tempo e mi sono trovato benissimo. Anche il feedback da parte degli atleti è stato ottimo, riscontrando una notevole differenza, in termini di spinta sui pedali, in confronto alle solette tradizionali».
Adriano Malori con Filippo Agnetti, responsabile commerciale BMZAdriano Malori con Filippo Agnetti, responsabile commerciale BMZ
Le solette BMZ possono essere usate da chiunque. Sono difatti adatte per essere impiegate in tutti gli sport: dal calcio, al running, dal basket al ciclismo. Sono inoltre perfette anche per l’uso quotidiano, per migliorare la postura e mantenere una corretta distribuzione del peso corporeo, evitando di caricare ginocchia e caviglie. Non da ultimo sono in grado di portare giovamento a tutti coloro che trascorrono gran parte del loro tempo in piedi.
I plantari sono distribuiti nei negozi di ciclismo italiani dalla commerciale reggiana Beltrami TSA
Abbiamo interpellato Malori, chiedendogli che cosa pensi della crono di Ganna. E lui, oltre al bel risultato, ha parlato di testa e di pericolo schivato
Approfondiamo il lavoro di Cetilar Nutrition, il brand che segue il VF Group-Bardiani. Un approccio innovativo. Tecnologie e competenze all'avanguardia
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Spesso molti dolori che può avvertire un ciclista, magari legati alla schiena o allo stomaco, non dipendono direttamente da quella specifica zona, ma sono fastidi di riflesso. Di riflesso dal diaframma.
Il diaframma è il muscolo più importante della respirazione. Non tutti lo “sanno usare” a fondo. Nell’era in cui gli atleti di vertice sono sempre più controllati, questa problematica emerge in modo più frequente.
Emanuele Cosentino, è uno dei massaggiatori e fisioterapisti della VF Group-Bardiani. Non è la prima volta che ci parla di diaframma, ma stavolta con lui andiamo più nello specifico. E il discorso a quanto pare è molto ampio.
Emanuele Cosentino è uno dei massaggiatori e fisioterapisti della VF Group-BardianiEmanuele Cosentino è uno dei massaggiatori e fisioterapisti della VF Group-Bardiani
Un muscolo, tanti benefici
«I muscoli che tratto di più – spiega Cosentino – sono soprattutto lo psoas e il diaframma. E li tratto non solo per se stessi, ma anche per la postura. Lo psoas si trova nella parte inferiore della pancia, il diaframma in quella più alta, appena sotto ai polmoni. Sembrano distanti, in realtà sono strettamente connessi. Se l’ileopsoas è contratto o teso, di riflesso il diaframma lavora male. E viceversa».
Il diaframma, come dicevamo, è il muscolo più importante della respirazione. E’ il “motore” della respirazione, quello che attiva tutto il processo. Ha la forma di un ombrello. Si alza e si abbassa a seconda delle fasi di respirazione: inspirazione, espirazione. E’ come fosse una pompa.
Questo muscolo è importante sia per il benessere di una persona normale che per le prestazioni di un atleta.
«Il diaframma è importante – prosegue Cosentino – perché svolge vari ruoli: viscerale, posturale, respiratorio. Partendo da quest’ultimo, il diaframma sbloccato che lavora bene fa sì che i polmoni si dilatino meglio e incamerino più ossigeno. Più ossigeno nei polmoni significa più ossigeno al sangue e ai muscoli, perché anche il cuore di conseguenza può pompare meglio».
Da un diaframma che lavora bene possono escludersi problemi di stipsi, una buona digestione e delle buone funzioni gastrointestinali. Per questo Cosentino lo considera una delle chiavi del benessere. I benefici dunque sono molteplici.
Un disegno che spiega come è fatto e dove si trova il diaframma, chiaramente in rosa (immagine dal web)Un disegno che spiega come è fatto e dove si trova il diaframma, chiaramente in rosa (immagine dal web)
Più perfomance
Aumentando la sensibilità su ogni fronte, tra cui quello dell’osteopatia e della fisioterapia, anche il ciclista cura di più questo aspetto.
«Nel ciclismo – dice Cosentino – una cattiva postura spesso dipende dalla chiusura eccessiva dell’addome. Quando inquadrano i corridori di lato e si vede che gli si gonfia la pancia, è ottimo. Significa che l’atleta respira bene, sfrutta al massimo le sue capacità respiratorie.
«Un diaframma che lavora bene non so quanto possa influire direttamente sulla prestazione, ma mi sento di dire che che posticipa l’arrivo dell’acido lattico. Magari tra chi ha un diaframma bloccato e chi ha un diaframma che lavora bene ci può essere una differenza del 10-15 per cento.
«Nella nostra squadra per esempio Alessandro Tonelli è molto bravo in tal senso. E’ un ragazzo molto accorto in tutto. Forse anche perché durante un Giro d’Italia ci eravamo accorti che aveva dei problemi alla schiena dovuti proprio al diaframma. Avevamo rivisto la sua posizione in bici, poi le misure della biomeccanica, ma tutto era okay. La schiena tutto sommato era a posto… Andando per esclusione, sbloccando il diaframma ha risolto quel dolore. Oggi, ogni volta che viene al massaggio, mi chiede dello sblocco del diaframma».
La pancia che si gonfia durante la respirazione è un ottimo segnale, secondo CosentinoLa pancia che si gonfia durante la respirazione è un ottimo segnale, secondo Cosentino
Esercizio costante
Cosentino lavora molto su questo aspetto con i suoi atleti. Durante i ritiri, organizza delle sedute di stretching collettivo, in cui gli fa eseguire anche esercizi di respirazioni. Ce ne sono 3-4 che sono importantissimi affinché il diaframma resti libero e possa lavorare bene. Ma vanno fatti con costanza.
«Il primo esercizio – conclude Cosentino – è quello di respirare con la pancia. Quindi ombelico al cielo se si è sdraiati o sulle punte se si sta in piedi. Altro esercizio: portare le braccia in alto, come se ci si allungasse per prende un oggetto in alto, e inspirare. Quando poi si riportano le braccia in basso bisogna espirare. In questo modo si distende il diaframma e si rilassa anche lo psoas».