Colnago firma la bici gravel di Nathan Haas

09.02.2022
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Si chiama “Full Circle” il progetto che quest’anno vedrà protagonista Nathan Haas, un passato da biker e stradista di ottimo livello, oggi pronto a lanciarsi nel mondo del gravel. Accanto a lui ci sarà Colnago che fornirà all’atleta, originario di Brisbane in Australia, cinque biciclette modello G3-X da utilizzare nel corso della stagione (foto Laura Fletcher in apertura).

Telaio della Colnago G3-X personalizzata per Nathan Haas
Telaio della Colnago G3-X personalizzata per Nathan Haas

Chiusura del cerchio

La scelta di chiamare “Full Circle” il progetto non è affatto casuale. Nathan Haas ha infatti esordito in mountain bike arrivando a rappresentare l’Australia in ben due edizioni del campionato del mondo. Successivamente nel 2011 è passato alla strada cogliendo diverse affermazioni come due Japan Cup e l’Herald Sun Tour. Il passaggio al gravel va ora a chiudere un cerchio ideale nella sua carriera di ciclista professionista. In questo nuovo capitolo della sua vita sportiva potrà contare sul supporto di un brand di prestigio mondiale come Colnago.

«Il ciclismo per me è sempre stato sinonimo di evoluzione – esordisce lo stesso Nathan Haas – come atleta, come persona e soprattutto come espressione. Mi sono cimentato in quasi tutte le discipline e sebbene la mia carriera nel ciclismo su strada sia stata il mio più grande risultato fino ad oggi, non mi sono mai definito uno stradista. Non potevo sognare un partner migliore di Colnago per questa nuova avventura. So che non ci saranno compromessi tra prestazioni e stile. Parteciperò a ogni gara con i migliori prodotti che potessi desiderare».

Nathan Haas in sella alla sua Colnago G3-X personalizzata (foto Laura Fletcher)
Nathan Haas in sella alla sua Colnago G3-X personalizzata (foto Laura Fletcher)

Il cross nel dna Colnago

Nella storia di Colnago il ciclocross ha sempre avuto un ruolo di rilievo. Con bici Colnago hanno infatti corso e vinto campioni del calibro di Wout Van Aert, Sven Nys, Niels Albert, Adrie van der Poel, Lars Boom, Paul Herygers e l’italiano Luca Bramati, per citare i più conosciuti. Complessivamente sono stati vinti ben otto titoli Mondiali di ciclocross. 

Il passaggio oggi al gravel non rappresenta per Colnago una novità in senso assoluto. Lo scorso anno la statunitense Lauren De Crescenzo, in sella ad una Colnago G3-X, si è infatti aggiudicata la UNBOUND Gravel 200, corsa durissima considerata la più importante al mondo del panorama gravel.

Manolo Bertocchi, Direttore Marketing di Colnago, ha così espresso la soddisfazione dell’azienda per la nuova collaborazione con Nathan Haas: «Il marchio italiano più di successo della storia dell’off-road drop bar ha trovato in Nathan il partner ideale. Gusto, creatività, stile e forza si uniscono in un progetto che vedrà nascere ben cinque biciclette uniche, esclusive e, francamente, bellissime. Nathan è l’uomo giusto per rappresentare Colnago sugli sterrati di tutto il mondo. Non è solo stile: è correre per vincere con stile!».

La Colnago G3-X di Nathan Haas monterà il gruppo Campagnolo Ekar a 13 velocità
La Colnago G3-X di Nathan Haas monterà il gruppo Campagnolo Ekar a 13 velocità

G3-X, nata per il gravel

Nel corso della sua stagione Nathan Haas avrà a disposizione cinque modelli della nuova G3-X verniciati in cinque modi differenti. Stiamo parlando di una bicicletta nata espressamente per il gravel mettendo a frutto la grande esperienza maturata da Colnago nel ciclocross.

Ha una geometria ottimizzata per montare pneumatici di dimensioni maggiori, con angolo di sterzata e lunghezza complessiva progettati per offrire maggiore stabilità e comfort alle alte velocità. Sulla G3-X è inoltre possibile montare fino a quattro portaborracce, insieme ai bagagli ideali per le pedalate più lunghe. La Colnago G3-X viene proposta in cinque taglie, tutte sloping.

Tra i partner coinvolti in questo progetto segnaliamo Campagnolo, che fornirà il gruppo gravel Ekar a 13 velocità abbinato alle ruote Shamal e Deda Elementi per quanto riguarda attacco e piega.

Nulla è stato lasciato al caso. Il look di Nathan è stato infatti curato dal designer Richard Pierce, in collaborazione con Colnago e Castelli. 

Sulla Colnago G3-X di Nathan Haas il manubrio è di Deda Elementi
Sulla Colnago G3-X di Nathan Haas il manubrio è di Deda Elementi

Il programma gare

Nathan Haas sarà al via delle principali gare del calendario UCI Gravel World Series, oltre ad alcune delle più importanti gare del calendario internazionale. L’esordio è previsto il prossimo 6 marzo in Spagna per La Santa Vall. Seguiranno The Traka (Spagna) 30 aprile-1 maggio, UNBOUND Gravel (USA) 4 giugno, The BWR North Carolina (USA) 11 giugno, Migration Gravel Race (Kenya) 23-26 giugno, The Rift (Islanda) 23 luglio, SBT GRVL (USA) 14 agosto, King’s Cup Gravel Race (UK) 24 settembre oltre ad alcuni degli eventi Nova Eroica (Italia e altri Paesi).

Colnago

Stage: aspettative e realtà, ne parliamo con Reverberi e Zanotti

13.10.2021
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Il campione italiano della mountain bike in stage tra i pro’ è già una notizia, ma cos’è poi lo stage? Durante le corse finali della stagione le squadre hanno modo di prendere all’interno della propria rosa di corridori appunto degli stagisti. Lo stage è un periodo limitato di tempo, un mese per la precisione, durante il quale un corridore può mettersi in mostra e ritagliarsi un posto tra i professionisti per la stagione successiva. Avevamo già sentito Riccardo Lucca per quanto riguarda questo tipo di esperienza, ora abbiamo deciso di chiedere a Roberto Reverberi come viene gestita questa esperienza dal punto di vista manageriale. La Bardiani CSF Faizanè, inoltre, ha avuto nel suo team, sempre come stagista, Juri Zanotti, campione italiano e vicecampione europeo e mondiale del cross country in mountain bike. Parlando con Juri e Roberto abbiamo voluto sviscerare le motivazioni di questo stage e cosa si aspettassero da questa esperienza.

Juri Zanotti in azione alla Coppa Agostoni durante lo stage con la Bardiani-CSF-Faizanè
Juri Zanotti in azione alla Coppa Agostoni durante lo stage con la Bardiani-CSF-Faizanè

Iniziamo da Reverberi

Il tecnico della Bardiani spiega e si capisce che a fronte di tanti stage che si svolgono da anni, quello del biker di Lecco costituisce un’eccezione.

«Aveva l’obiettivo di testarsi su strada – spiega – diciamo che voleva vedere a che punto fosse il suo livello in questo genere di gare. Lui ha corso anche su strada fino agli Juniores, quindi queste corse, non erano una novità per lui. Abbiamo deciso di prenderlo con noi perché uno dei massaggiatori della sua attuale squadra, la KTM Protek Elettrosystem, ha lavorato con noi fino al 2020».

Sei contento delle risposte avute in questo periodo?

Il mese fatto insieme ci ha fatto capire che il corridore c’è, ha una capacità di esprimersi a valori elevati di potenza per lunghi periodi (un’ora e mezza), che poi è la durata delle prove di cross country. Da questo punto di vista ha un vantaggio rispetto agli altri. Quel che gli manca è il fondo, dopo tre ore, che per lui sono molte si spegne, che è la difficoltà avuta alla Milano-Torino.

Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani
Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani
Quindi dovrebbe fare il periodo di preparazione invernale su strada?

Juri mi ha spiegato come nel cross country si allenino molto su strada anche perché non riuscirebbero ad allenare bene la forza altrimenti. L’idea iniziale era quella di fare un doppio tesseramento ma il suo obiettivo è quello di mantenere come attività principale il cross country in vista di Parigi 2024, di conseguenza non è possibile esprimersi in tutte e due le discipline al meglio.

C’è qualche differenza rispetto al ciclocross?

Se il paragone che si intende fare è con Van Aert o Van Der Poel la differenza è che loro fanno ciclocross prettamente in inverno. Di conseguenza questi due non tolgono tempo all’attività su strada, che rimane il loro principale obiettivo. Il cross country, invece, si corre nello stesso periodo dell’attività su strada e ciò toglie tempo a tutte e due le discipline. In questo modo l’atleta non eccelle in nessuna delle due e non diventa né carne né pesce.

Parola al corridore

Zanotti è del 1999 e fino al 2017 ha corso su strada, poi è passato alla mountain bike e nel 2020 ha firmato un contratto di due anni con il KTM Protek Dama. Con tre tricolori sulle spalle e l’argento 2021 sia all’europeo di Novi Sad, sia ai mondiali di Val di Sole, l’idea di provarsi su strada gli sarà venuta guardando l’interscambio di discipline fra colleghi anche più famosi.

«Abbiamo visto come il ciclismo negli ultimi anni sia cambiato – dice la multi-disciplina è sempre più praticata e di conseguenza ho voluto testare le mie capacità nel professionismo. E’ stato motivo di orgoglio per me e la mia famiglia ma soprattutto ho capito il mio livello in questo tipo di competizioni».

Juri Zanotti ai mondiali di cross country under 23 in Val di Sole dove è arrivato secondo alle spalle del cileno Martin Vidaurre
Juri Zanotti ai mondiali Xc under 23 in Val di Sole dove è arrivato secondo
A quale livello ti senti?

Le gare fatte erano molto competitive ed i corridori in gara erano tra i top mondiali. Ho fatto Giro dell’Emilia, Milano-Torino e Coppa Agostoni. Mi sono accorto di come ai due terzi di gara io mi ritrovi a corto di energie mentre loro aprono il gas. Ovviamente non mi aspettavo di essere competitivo ma è stato un bel banco di prova.

Quali di queste gare ti è stata più utile?

Direi Milano-Torino e Coppa Agostoni. La prima perché sono riuscito ad entrare nella fuga e nel momento dei ventagli, ai meno 50 dall’arrivo ho capito come “giocano” i professionisti. Alla Agostoni, invece, mi sono testato maggiormente sulle salite, nel circuito in Brianza i metri da scalare si susseguivano senza respiro, sono riuscito a completare bene due dei quattro giri previsti e mi ritengo soddisfatto.

Hai fatto il punto della situazione poi con Reverberi?

Sì, anche lui era molto curioso di un mio feedback anche perché era la prima volta che aveva in squadra un corridore come me. Ero consapevole dal punto di vista della preparazione di non essere al top, gli ultimi impegni della stagione di cross country erano ravvicinati con i primi su strada. Essendo la mountain bike la mia attività principale, mi ero allenato molto sulla forza e l’intensità sul breve periodo. Come ha detto anche lui, quel che manca è il fondo che si allena principalmente in inverno. Alla Milano-Torino poi erano tutti in preparazione del Lombardia ed il livello era davvero elevato.

Juri Zanotti vuole mantenere il cross country come attività principale con obiettivo le Olimpiadi di Parigi 2024.
Juri Zanotti vuole mantenere il cross country come attività principale con obiettivo le Olimpiadi di Parigi 2024.
Parlando con Reverberi abbiamo capito che il tuo obiettivo è Parigi 2024 e fare bene nella tua disciplina: il cross country.

Vero, fino a Parigi 2024 la mia attività principale rimarrà sullo sterrato. Non abbandonerò completamente la strada, ma ancora non so bene cosa fare. Diciamo che l’olimpiade di Parigi sarà un po’ la svolta.

Ma non corri il rischio di perdere il treno? Nel 2024 a 25 anni passare su strada non sarà così scontato.

Per il ciclismo attuale passare professionista a 25 anni è tardi, vero anche che io arrivo da un mondo diverso ma pur sempre di gare e competizioni di alto livello. Da questo punto di vista l’esperienza in Bardiani mi è servita molto e li ringrazio per questo. Diciamo che mi è venuta voglia di non abbandonare completamente l’attività su strada.

Parigi-Roubaix: spiamo tra i ricordi e la startlist con Ballan

02.10.2021
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Domenica si ritorna a correre la Parigi-Roubaix, due anni e mezzo dopo l’ultima edizione, vinta dal principe Philippe Gilbert (foto di apertura). Sono cambiate tante cose in questo periodo di assenza dall’inferno del Nord, l’unica cosa che non è cambiata è la magia della corsa più particolare del calendario ciclistico. Si corre in un periodo diverso e questo ve lo abbiamo già anticipato.

Ora analizziamo le possibili situazioni che vedremo domenica in gara, con l’aiuto di uno che, nel fango del Nord, ha sempre lasciato l’impronta. Abbiamo chiesto ad Alessandro Ballan chi saranno i favoriti di questa Parigi-Roubaix, ci sono tanti corridori che si vorranno mettere in mostra: passando dal duo del ciclocross, Van Aert e Van Der Poel fino ai nostri azzurri.

Alessandro Ballan è un vero esperto di pavé, con una vittoria al Fiandre (2007) e tre terzi posti alla Roubaix (2006, 2008, 2012)
Ballan è un vero esperto di pavé, con una vittoria al Fiandre (2007) e tre terzi posti alla Roubaix (2006, 2008, 2012)

Il veneto è già al velodromo di Roubaix, oggi hanno corso le donne con la vittoria di Lizzie Deignan davanti a Marianne Vos ed Elisa Longo Borghini. Domani sarà la volta dei loro colleghi uomini a darsi battaglia sulle pietre della Roubaix. «Fa davvero freddo – incalza Alessandro – domani è prevista pioggia che continuerà tra la notte di sabato e domenica. Correre in queste condizioni diventa proibitivo, il pavé bagnato è peggio del ghiaccio. Ricordo una delle mie prime Parigi-Roubaix, pioveva molto e al primo tratto in pavé metà gruppo era già a terra.

«E’ una gara particolare – rincomincia Alessandro ripescando dai ricordi – ci vogliono gambe e tecnica ma anche tanta fortuna, io la prima volta sono caduto 6 volte. Devi sempre correre nelle prime posizioni del gruppo, se finisci dietro è difficile recuperare e tornare in gara. Se piove diventa ancora più infernale, il nervosismo cresce e gli errori sono dietro l’angolo».

Quanto conta non aver corso qui per più di due anni?

Moltissimo, c’è il rischio di disabituarsi alla corsa e di “dimenticarsi” cosa vuol dire gareggiare da queste parti. Personalmente quando sono mancato un paio di anni ho sofferto molto il rientro, però qui il discorso vale per tutti. Diciamo che chi ha già una lunga esperienza su queste strade è leggermente avvantaggiato.

Van Der Poel non l’ha mai corsa, neanche da dilettante

Lui appartiene alla categoria dei fenomeni e questo gli dà un vantaggio, poi come Van Aert viene dal ciclocross, sanno guidare la bici in situazioni complicate. L’unica pecca, che alla Roubaix lo condizionerà molto, è il suo correre in coda al gruppo, prendere i tratti di pavé nelle ultime posizioni ti lascia in balia degli eventi e non va bene.

Alla Parigi-Roubaix Van Aert e Van Der Poel potranno sfruttare la loro abilità nella guida della bici.
Alla Parigi-Roubaix Van Aert e Van Der Poel potranno sfruttare la loro abilità nella guida della bici.
Visto che lo hai nominato, Van Aert come lo vedi?

Al mondiale ha sofferto molto la pressione. La condizione ed il colpo di pedale a mio avviso ci sono, potrà fare bene. Direi che chi ha fatto il mondiale domenica ha una marcia in più, che puoi raggiungere solamente se corri queste gare, in allenamento non l’avrai mai. Per farvi capire quanto è importante correre avanti vi faccio un esempio. Nel 2019 Van Aert forò nella Foresta di Arenberg, ci mise 15 chilometri a rientrare in gruppo. Per questo dico che serve fortuna, un episodio del genere rischia di farti uscire subito di gara.

Come Hincapie nel 2012 quando arrivasti terzo dietro Boonen e Tourgot.

Esattamente, la Foresta ti inghiotte e rischi che non ti risputi più. Alla mia prima Roubaix la approcciamo a 65 all’ora davanti a me caddero 20 atleti ed anche una moto ripresa.

I nostri azzurri come li vedi?

Trentin ci sguazza in queste situazioni, quando piove e fa freddo lui va veramente forte. Non bisogna trascurare Colbrelli e Nizzolo che sono usciti bene dal mondiale. Una menzione speciale per Moscon e Ballerini: loro possono essere dei buonissimi outsider con azioni da lontano.

Trentin e Colbrelli saranno due possibili outsider, il corridore della UAE caduto al mondiale vorrà riscattarsi
Trentin e Colbrelli saranno due possibili outsider, il corridore della UAE caduto al mondiale vorrà riscattarsi
Anche se la Quick Step ha una corrazzata…

A maggior ragione Ballerini potrebbe dire la sua, magari con azioni da lontano, Stybar, Lampaert e Asgreen rischiano di rimanere intrappolati in troppi tatticismi. Lefevere avrà il suo bel da fare per decidere la tattica di gara anche se tutte le squadre portano almeno due “punte”.

Per via delle numerose incognite?

Se una squadra vuole vincere deve avere un “piano b”, non ti puoi affidare ad un solo corridore.

Esempio la Bora: Politt e Sagan, il tedesco nel 2019 ha fatto secondo.

Politt è il corridore con il fisico più adatto a questa corsa, ha sempre fatto bene sulle pietre della Parigi-Roubaix. Probabilmente lui lo useranno per provare a smuovere la situazione già da lontano, mentre Peter Sagan, che non va mai sottovalutato, cercherà di arrivare nel gruppetto finale.

Invece l’ultimo vincitore, Gilbert, ha delle possibilità?

La sua presenza la vedo più come il canto del cigno, non ha corso il mondiale e questo influisce sulla condizione. E’ venuto per indossare il numero uno e perché la sua presenza sarà utile alla squadra.

Jonathan Milan, prima apparizione alla Parigi-Roubaix per il ventunenne della Bahrain-Victorious
Jonathan Milan, prima apparizione alla Parigi-Roubaix per il ventunenne della Bahrain-Victorious
L’Italia conta anche su Jonathan Milan, anche lui ha il fisico da Roubaix.

Jonathan fisicamente mi ricorda Boonen, sono molto simili sia in altezza che peso (Milan è più alto di 2 centimetri rispetto a Boonen, il peso differisce di un chilo a favore del friulano, ndr). Un consiglio che gli darei, ripensando alle mie prime Parigi-Roubaix, è quello di provare a centrare una fuga. Magari di una decina di atleti, potrebbe arrivare alla fine.

Come Dillier nel 2018 che fu ripreso a pochi chilometri dal velodromo ed arrivò secondo dietro Sagan.

Questa situazione è successa numerose volte, in fuga si va regolari e si corrono meno rischi, poi il gruppo pian piano si assottiglia ed aumentano le possibilità di arrivare in fondo.

Van der Poel china la testa: «Ma non ho rimpianti»

05.04.2021
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«Ho corso con tutto il mio cuore oggi, non ho rimpianti», ha scritto Van der Poel ieri sera sulle sue pagine social. Più passava il tempo e più queste parole si riempivano di significato. Ha fatto un grande Fiandre. La delusione a botta calda, lasciava spazio alla ragione. E questa diceva che la sua primavera è stata eccezionale: quattro vittorie e tanti piazzamenti importanti. E anche ieri la sua corsa l’olandese l’ha fatta, ma non è bastato.

Mathieu Van der Poel su Kwaremont e dietro. Asgreen che chiude su di lui
Mathieu Van der Poel su Kwaremont e dietro. Asgreen che chiude su di lui

Asgreen più forte

«Ad un chilometro dalla fine – ha detto Van der Poel – quando ho realizzato che Asgreen era ancora con me ho capito che era più fresco. A quel punto ho immaginato che la mia volata potesse non bastare. Cosa dire: ho perso contro un ragazzo che oggi è stato più forte di me. Si vedeva anche da come chiudeva sui muri. Era sempre il più veloce a rientrare».

E forse proprio il fatto di aver perso allo sprint, lui che si butta anche nelle volate di gruppo, di essersi addirittura riseduto durante la volata, spazza via i se e i ma di quando si perde un Giro delle Fiandre per un niente. 

Mathieu ha gestito bene lo sprint, nonostante stesse davanti. Si è spostato su un lato della strada dovendo così controllare da una sola parte. E’ partito con il giusto rapporto, tanto da prendere persino qualche metro di vantaggio pur non essendo scattato per primo, ma poi sul più bello le sue gambe hanno detto basta e si è dovuto sedere. Quindi sì: ha vinto il più forte. Rimpianti zero.

E anche in corsa non aveva sprecato energie, come spesso fa. Aveva corso con intelligenza. Addirittura come lui stesso ha dichiarato: «Con Asgreen già sul Paterberg avevamo trovato l’accordo che saremmo andati insieme fino all’ultimo chilometro».

Asgreen e VdP hanno trovato subito l’accordo dopo essere scappati sul Paterberg
Asgreen e VdP hanno trovato subito l’accordo dopo essere scappati sul Paterberg

Riposo e Mtb

«Adesso si volta pagina e finalmente potrò dedicarmi alla mountain bike». Quel finalmente ci ha colpito non poco. Sembrava quasi che Mathieu fosse un po’ stanco dell’ambiente più “formale” della strada e forse anche delle pressioni a cui inevitabilmente è sottoposto. Basta pensare solo alle critiche che gli sono piovute addosso dopo la prestazione alla Dwars door Vlaanderen (58° a 1’41” da Van Baarle). «E’ stanco». «Ha perso la condizione». «Quando corre spreca troppo». Titoli e opinioni dicevano così. Ieri li ha (quasi) smentiti tutti.

Senza più la Roubaix il capitolo strada di Van der Poel per ora finisce qui. L’olandese infatti non correrà le classiche delle Ardenne e potrà pensare alle gare di Coppa del mondo di Mtb. Mathieu infatti punta alle Olimpiadi in questa specialità. E come nella sua natura ci punta per vincerle.

«Ma prima una settimana di riposo», ha detto VdP. In questa fase l’olandese lavorerà, come aveva dichiarato qualche settimana fa, molto sulla tecnica. Mathieu è consapevole di quanto sia importante trovare il feeling assoluto con la Mtb. Lo ha testato sulla sua pelle a fine 2019, quando dopo tanto lavoro in tal senso ha schiantato il rivale più pericoloso: Nino Schurter, il quale a sua volta lo domava proprio grazie ad una superiorità tecnica.

Mathieu Van der Poel, corsa a piedi 2020
Mathieu Van der Poel a fine gennaio ha vinto il mondiale di ciclocross
Mathieu Van der Poel, corsa a piedi 2020
Mathieu Van der Poel a fine gennaio ha vinto il mondiale di ciclocross

I conti del cross?

Una cosa però merita una riflessione. Ieri i due più forti, Van Aert e Van der Poel, ancora una volta hanno fatto una gara speculare. Entrambi si sono dovuti arrendere. Van Aert un po’ prima, anche perché si era mosso di più andando a chiudere in prima persona sugli attacchi della Deceuninck-Quick Step, Van der Poel un po’ più tardi. Ma la questione è: forse l’attività estremamente intensa del ciclocross ha presentato il conto? E’ molto probabile, ma alla fine questo ci rallegra. Rende umani questi due campioni, questi due fuoriclasse. Non ci scordiamo che per batterli ci è voluta l’intesa corazzata Deceuninck-Quick Step. Loro invece erano soli nel finale.

VdP primo e stremato a Castelfidardo. Ha forse pagato a caro prezzo quell’impresa?
VdP primo e stremato a Castelfidardo. Ha forse pagato a caro prezzo quell’impresa?

Ma la Tirreno…

Già ieri in zona mista però, la stampa olandese, più che parlare di ciclocross puntava il dito sulla Tirreno-Adriatico, corsa nella quale i due hanno “esagerato”. Forse perché si sentivano in palla, forse per quell’istinto che hanno di “prendersi a pugni”, fatto sta che in quella settimana, chi per un verso, chi per un altro, hanno speso moltissimo. Van Aert è stato in “tiro” per tutte e sette le tappe e Van der Poel ha spinto sin troppo oltre il limite verso Castelfidardo, massacrando di fatto i suoi muscoli facendoli pedalare senza “carburante”, in piena crisi di fame. E a ben pensare quella è stata l’ultima vittoria di Vdp in questo scorcio di stagione.

Van der Poel e Van Aert, sfida infinita

19.10.2020
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Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert, ancora loro. Il primo ha 25 anni il secondo 26. Eppure sembra ci siano da un secolo. Questa infatti è un’altra rivalità, o meglio, un altro dualismo che tanto piace ed esalta il ciclismo. Un olandese e un belga, una bici, del fango, della strada, a volte un po’ di pietre. E quei due a darsele di santa ragione.

E questa sfida ha trovato definitivamente il suo apice ieri nel Giro delle Fiandre, uno dei cinque Monumenti. Mathieu e Wout erano annunciati come favoriti e non hanno tradito le attese. Anche il terzo “incomodo” (e che incomodo) ha detto: presente. Julian Alaphilippe, con la maglia iridata era con loro due, prima di scontrarsi con una moto.

Julian Alaphilippe dopo la caduta. Si è scontrato con una moto
Julian Alaphilippe dopo la caduta

Una lunga sfida

Teatro del primo match internazionale tra i due fu Koksijde, uno dei templi del cross. Era il 2012 e Van Aert e Van der Poel erano juniores. Vinse l’olandese. Ma di quella edizione passò alla storia una fotografia che li ritraeva con un grosso microfono in mano dietro il tavolo di uno studio televisivo. Avevano le guance rosse e i lineamenti morbidi di chi ancora deve sviluppare.

Dall’epoca le sfide si sono ripetute ogni anno. Van Aert ha vinto tre mondiali elite consecutivi (dal 2016 al 2018), due Coppe del mondo, un Superprestige. Van der Poel ha vinto tre mondiali elite (2015, 2019, 2020), una Coppa del mondo, quattro Superprestige. E se uno trionfava l’altro faceva secondo o al massimo terzo. Fin quando non sono arrivati anche alla strada.

La loro potenza è strabiliante. All’inizio peccavano un po’ in errori tattici. Da quest’anno si sono affinati. Van Aert ha vinto la Strade Bianche e la Sanremo (il suo Monumento) dopo averci le preso le misure per tre anni. Van der Poel, di una potenza mostruosa, attacca quando vuole. Entrambi sono velocissimi. VdP ha perso la Freccia del Brabante da Alaphilippe qualche giorno fa solo perché certe tempistiche deve ancora limarle e perché il francese è una “volpe”. Ma l’esperienza di quello sprint a due gli è servita eccome. E infatti proprio ieri sull’arrivo di Oudenaarde è stato perfetto.

Van der Poel e Van Aert: la sfida sul Vecchio Kwaremont (senza pubblico)
Van der Poel e Van Aert: sfida sul Kwaremont (senza pubblico)

Tensione sul Kwaremont

Eh sì. Dopo che i due sono rimasti da soli a una trentina di chilometri dall’arrivo, hanno spinto e quasi hanno stipulato un accordo di non belligeranza. Entrambi contavano sull’immensa potenza che hanno in volata. Nel terzo ed ultimo passaggio sul Vecchio Kwaremont e sul Paterberg, insolitamente vuoti e silenziosi, si sono guardati. Pronti a inseguire se uno dei due avesse attaccato.

Nel finale, un rettilineo infinito, Mathieu si tiene tutto a destra. Come uno sprinter navigato concede un solo lato all’avversario. Trecento metri. Il rapporto è in canna ma nessuno si muove. 250 metri, ancora nulla, ma la presa sul manubrio si fa più forte. Duecento metri Van der Poel è davanti e non può più aspettare. A quella distanza dalla linea non avrebbe più tempo per risalire. Così parte, forse persino un po’ troppo agile. Riesce a buttare giù quel dente. Van Aert rimonta, rimonta, lo affianca, ma… Per un cerchio e un copertone è dietro. 

Il colpo di reni superbo di VdP: guardate dov’è la sella
Il colpo di reni superbo di VdP

Un colpo da biker

Il colpo di reni dell’olandese è strabiliante. Da antologia e da manuale al tempo stesso. O più semplicemente è da vero biker. La sella infatti gli arriva fin sullo sterno. Lancia la bici quei 15 centimetri più avanti che fanno la differenza.

Chissà allora, forse la differenza l’ha fatta proprio la Mtb. Entrambi sono l’esempio calzante della multidisciplinarietà. Strada, un po’ di pista, ciclocross… Ma Van der Poel in più ha dalla sua l’attività sulle ruote grasse. Attività a livelli siderali. Vince europei, gare di Coppa e punta deciso alle Olimpiadi.

Anche senza pubblico. E’ stato un Giro delle Fiandre da eroi, con quel cielo grigio che lassù è bellissimo.

Assistenza Shimano

Assistenza Shimano: sempre pronti ad intervenire

12.10.2020
4 min
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Durante il Giro d’Italia, ma non solo, l’Assistenza Neutrale Shimano è uno dei punti di riferimento per i corridori nel caso abbiano degli inconvenienti meccanici. Noi di bici.PRO abbiamo parlato durante il primo giorno di riposo al Giro d’Italia con Massimo Rava, team leader dell’Assistenza meccanica Shimano e anche titolare del negozio Mania Bike ad Alessandria. A Massimo l’esperienza non manca, infatti ha iniziato a fare assistenza neutrale in corsa nel 2006, prima con Mavic, poi con Vittoria e dal 2018 con Shimano.

Massimo come è andata fino ad oggi al Giro d’italia?

Finora tutto bene, abbiamo fatto diversi interventi ma direi tutto nella norma. Sai è sempre complicato muoversi in gruppo e fare gli interventi giusti, pensa che in macchina abbiamo nove ruote tutte diverse.

A cosa è dovuto il fatto di avere così tante ruote?

Pensa che anche se noi siamo Shimano, dobbiamo assistere tutti anche chi ha Campagnolo e Sram. Questo vuol dire che dobbiamo avere ruote Campagnolo sia per disco che per i rim brake, lo stesso vale per Shimano, mentre Sram abbiamo solo le ruote disco. Poi ci sono squadre che hanno i freni tradizionali ma con rim stretto e altre con rim largo.

A proposito di freni a disco, ci sono diametri diversi?

Si perché alcuni corridori al posteriore usano dischi da 140 millimetri, quindi dobbiamo avere le ruote posteriori con i dischi sia da 140 che da 160 millimetri. Ti faccio un esempio, alla Tirreno-Adriatico Van der Poel montava dischi da 140 millimetri sia all’anteriore che al posteriore, quindi dovevamo avere anche quella misura all’anteriore. La capacità di un cambio ruota sta anche nel capire in un secondo chi è e cosa monta.

Massimo Rava controlla che sia tutto in ordine
Massimo Rava durante il Giro d’Italia, controlla che tutte le bici siano in ordine
Quali sono gli interventi che fate più spesso?

La sostituzione delle ruote è certamente quello più frequente. Poi capita una giornata come al mondiale di Imola dove si inchiodavano i cambi. In quel caso abbiamo fatto molti interventi appesi al finestrino della macchina mentre i corridori andavano. Però abbiamo anche le borracce e le barrette nel caso che qualche corridore ce li chieda. Spesso ci passano le mantelline, come è successo a Roccaraso con la pioggia e il freddo. A fine tappa andiamo dalle squadre a riportare tutto quello che ci hanno dato. Oltre alle ruote abbiamo anche le bici complete. Per esempio all’ultima Tirreno abbiamo dato la bici a Froome e ci ha finito la tappa.

Come fate con le misure delle biciclette?

Abbiamo un database con tutte le misure dei corridori e sulla base di questi facciamo delle medie. Prendiamo tutta una serie di parametri e regoliamo le bici di conseguenza. Capita che i corridori arrivino al traguardo con le nostre bici, come appunto Froome quest’anno o Antonio Nibali. Devo dire che abbiamo delle bici ottime, infatti i telai sono dei Bianchi Xr3 montate con il Dura Ace Di2, ruote Shimano C40 e manubri PRO.

Il database utilizzato per le misure delle bici
Gli uomini Shimano usano un ricco database per assettare le loro biciclette
Fate più cambi di ruote con freni a disco o con i caliper?

Ormai la maggior parte sono disco. Al Giro quest’anno con i freni tradizionali sono rimaste la Ineos-Grenadier, la Jumbo-Visma e la UAE Team Emirates.

Usate i tubeless o i tubolari?

Le ruote che abbiamo in macchina sono con i tubolari, mentre le C40 montate sulle bici sono con i tubeless. Con le ruote singole cerchiamo di dare il massimo di leggerezza e per ora il tubolare pesa un po’ meno del tubeless.

Avete solo ruote in carbonio o anche in alluminio?

Le ruote montate Shimano sono le C40 in carbonio, mentre quelle montate Sram e Campagnolo sono in alluminio.

Le Oltre XR3 utilizzate da Shimano
Le Bianchi Oltre XR3 utilizzate da Shimano per dare l’assistenza ai corridori
A proposito di coperture, le forature sono aumentate o diminuite rispetto al passato?

Sono nettamente diminuite. Pensa che prima facevo assistenza con Vittoria e contavamo una media di 15/16 forature al giorno. A questo Giro d’Italia siamo a una media di 2 forature. C’è stato solo il giorno dei ventagli, la tappa con arrivo a Brindisi, che ci sono state molte forature. Evidentemente i corridori erano a tutta e non guardavano troppo dove passavano e magari transitavano sullo sporco.

Durante le cronometro fate qualche tipo di assistenza?

Se c’è bisogno e qualche squadra ce lo chiede, facciamo assistenza a qualche corridore. A Palermo abbiamo seguito quattro atleti. Però devo dire che sono i giorni più noiosi.

Per finire ci dici se il traffico in gruppo è migliorato o peggiorato rispetto ad alcuni anni fa?

Calcolando che il numero dei mezzi è sempre lo stesso, anzi alla Sanremo adesso fanno partire anche le seconde ammiraglie quindi ci sono più mezzi in corsa, devo dire che la situazione è migliorata. Ho notato che c’è più disciplina. Una volta era una guerra, c’erano delle tappe in cui si faceva a sportellate. Per il momento le cose stanno andando così, magari però ci aggiorniamo al prossimo giorno di riposo…..