Valerio Piva: «Pronti ad accogliere Delle Vedove»

17.09.2022
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Alessio Delle Vedove (in apertura foto Philippe Seys) passerà nelle fila della Intermarché Wanty Gobert. O meglio sarà nell’orbita di questo team, in quanto approderà nella squadra giovanile della WorldTour belga che nascerà giusto a partire dal 2023.

Ne avevamo parlato qualche tempo fa con il ragazzo stesso. Si tratta di un ennesimo super giovane che approda al professionismo e di un altro italiano che lascia la propria nazione per un’esperienza all’estero. 

Su carta sembra ideale il Belgio per Delle Vedove: è un corridore potente, veloce, di una certa “stazza”. Il corridore della Borgo Molino Rinascita Ormelle va forte anche a crono, ha già saggiato il pavé nella Roubaix juniores con la maglia azzurra. E soprattutto ha talento. Può fare bene.

Lassù troverà un tecnico italiano, Valerio Piva, direttore sportivo che di esperienza ne ha in abbondanza, ma forse anche per lui ritrovarsi con uno juniores è una novità.

Valerio Piva (classe 1958) è alla Intermarché Wanty Gobert dal 2021
Valerio Piva (classe 1958) è alla Intermarché Wanty Gobert dal 2021
Valerio, Delle Vedove sarà con voi, lavorare con un “ragazzino” è una novità anche per te?

In effetti è qualcosa di insolito anche per me. Ma ricordo che Delle Vedove andrà nella nostra squadra giovanile e ogni tanto potrà fare delle gare con la WorldTour. L’obiettivo è di farlo crescere nel modo migliore. Dobbiamo coltivare il suo talento. E’ importante che stia comunque con noi, che stia in Belgio. Alessio deve imparare i nostri metodi di allenamento, i nostri modi di fare.

Come lo avete individuato?

Abbiamo chi è addetto allo scouting, chi segue i giovani e non decide solo in base ai risultati. Io almeno non mi baso su quelli. Il risultato è il finale di un percorso. Io cerco di capire chi è davvero il ragazzo, come corre, che famiglia ha alle spalle, che gare ha fatto… è un insieme di cose. E poi chiaramente ho anche chiesto informazioni a dei tecnici che conosco, che sono esperti del mondo giovanile, che personalmente non ho troppo tempo di seguire essendo sempre in giro con la prima squadra.

Delle Vedove (classe 2004) impegnato a cronometro (foto Instagram)
Delle Vedove (classe 2004) impegnato a cronometro (foto Instagram)
Delle Vedove starà in Belgio con voi?

Sì, ma facciamo una precisazione. Noi della WorldTour abbiamo la sede a Courtrai, più verso il confine con la Francia, non lontano da Lille, mentre la sede della continental è nel magazzino della logistica che si trova più nel centro del Belgio, più o meno a metà strada tra Leuven ed Anversa. Anche perché con le gare di cross lì è molto più comodo. Detto ciò: sì, gli daremo l’opportunità di stare in Belgio, abbiamo un appartamento per i ragazzi. Poi è anche vero che stare in Belgio in certi periodi dell’anno non sia propriamente un regalo!

Ah, sicuro: il clima non è dei migliori…

Però potrà prendere feeling con il clima, con il pavé, con la nostra mentalità… 

Alessio sembra essere un corridore potente, un passista veloce. Ed anche in virtù di queste doti è stato portato in pista, tra l’altro con ottimi risultati. Gli lascerete aperta la porta del parquet?

Chiaramente i programmi li decideremo insieme. Noi siamo più propensi alla strada, ma se dovesse rientrare nei programmi della Federazione e della nazionale, okay. La pista è una scuola. Anche io vengo da lì. Può essere utile per il suo futuro, contribuisce allo sviluppo atletico e tecnico dell’atleta. E’ un bel bagaglio che si porta dietro. Quindi non sono contrario. Però, ripeto, prima facciamo i programmi.

Van Melsen (classe 1985) smetterà di correre fra pochi giorni e salirà in ammiraglia alla guida dei giovani della Intermarché
Van Melsen (classe 1985) smetterà di correre fra pochi giorni e salirà in ammiraglia alla guida dei giovani della Intermarché
Seguirai tu stesso Delle Vedove?

Lo seguirà Kevin Van Melsen, che tra l’altro in questi giorni sta ancora correndo in Italia e terminerà la carriera a fine stagione. Abbiamo scelto appositamente un tecnico giovane, fresco di gare. Uno che conosce e ha praticato fino all’ultimo il ciclismo moderno. Io potrò essere certamente un contatto e un aiuto per lui, specie per la lingua.

Hai già conosciuto il ragazzo?

Non ancora. Adesso io sono in Italia per queste gare di fine anno. Poi tornerò in Belgio e poi ancora riscenderò in Italia per le ultime gare. Magari lo vedrò a ridosso del Lombardia. In ogni caso a fine ottobre ci conosceremo di sicuro, in quanto con la squadra stiamo organizzando un incontro, che sia una cena di gala o un team building, vedremo.

Invece Valerio, qual è il tuo pensiero sui giovanissimi che passano? Al netto che Delle Vedove ufficialmente sarà in una continental…

Io dico che per me si dovrebbe arrivare al WorldTour per gradi. E’ come a scuola: prima le medie, poi le superiori, poi l’università… Le eccezioni ci sono state. Che poi la vera eccezione è stata una: Evenepoel e nonostante tutto anche lui ha avuto le sue belle difficoltà e ha pagato lo scotto di questa crescita veloce. Io preferisco una crescita graduale: juniores, under 23, pro’. Tutti oggi vanno a caccia del talento. C’è chi lo fa per lavoro e li fanno firmare il più presto possibile. Vogliono arrivarci prima degli altri e quando è così diventa un business e non va bene. Prima di fare certi salti i ragazzi devono imparare tante cose. Devono diventare uomini e poi atleti. 

Meintjes, terza top 10 al Tour e ora sotto con la Vuelta

28.07.2022
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Se n’è parlato poco, molto poco, eppure al Tour de France Louis Meintjes è andato forte. Molto forte. Il sudafricano è arrivato ottavo (è la terza volta dopo il 2016 e 2017). E’ stato autore di un paio di fughe buone grazie alle quali ha recuperato il tempo perso nella prima settimana del Tour tra pianura, pavé, problemi al cambio… E poi ha lottato col coltello fra i denti per restare nella top 10.

Il corridore della Intermarché-Wanty-Gobert è una vecchia conoscenza, anche del ciclismo italiano se vogliamo. Ha corso molto da noi. E’ stato alla Lampre. Sempre da noi ha ottenuto i primi buoni risultati, come la medaglia d’argento ai mondiali di Firenze U23 e uno dei suoi tecnici è Valerio Piva. 

Un problema al cambio ha costretto Meintjes a tagliare a piedi il traguardo alla Planche des Belles Filles
Per un problema al cambio, Meintjes ha tagliato a piedi il traguardo alla Planche des Belles Filles

Frenato dalle attese

L’impronta di Piva in questa squadra si nota sempre di più e se c’è stata questa buona crescita, una fetta del merito è proprio del direttore sportivo lombardo. Per la prima volta infatti, il team belga ha piazzato uno suo corridore nella top 10 della Grande Boucle.

«Beh – commenta Piva – Meintjes non è uno sconosciuto. Fece già ottavo al Tour e si piazzò bene in una Vuelta. Quando arrivò al grande ciclismo si parlava di lui come il paladino del ciclismo africano e questo forse gli ha messo quella pressione addosso per la quale si è un po’ perso».

Il tempo però è passato inesorabile e il “bimbo” si è ritrovato a trent’anni, con una buona carriera, ma senza aver riempito la bacheca di “mille” trofei.

«Noi lo abbiamo ripreso proprio con l’intento di recuperarlo. In Intermarché ha trovato un ambiente che crede in lui e che non gli mette pressione».

A inizio giugno il sudafricano aveva vinto il Giro dell’Appennino
A inizio giugno il sudafricano aveva vinto il Giro dell’Appennino

Un Tour all’attacco

Un po’ come il suo collega Pozzovivo, tra l’altro i due tecnicamente si somigliano moltissimo, Meintjes aveva in testa la classifica sin dal via della Grande Boucle. La tattica, se di tattica si può parlare, era chiaramente quella di correre di rimessa: stare coperti e tenere il più possibile in salita.

«E invece – riprende Piva – mi ha stupito questo suo atteggiamento. Louis è un difensivo, invece è andato spesso all’attacco. E alla fine si è ritrovato a lottare con i grandi nomi. E quando sei lì tiri fuori anche quello che non hai. A mio avviso ha fatto proprio un bel Tour, il più bello della sua carriera».

Piva ha toccato subito un tema centrale: la pressione. Le aspettative che c’erano attorno a Meintjes sono ciò che hanno bloccato questo ragazzo, ciò che non gli hanno consentito di esprimersi al meglio. Il motore, anche se non gigantesco o al pari di quello di Pogacar o Vingegaard (ma chi ce l’ha?), è comunque buono.

Dopo gli ottimi risultati internazionali come il titolo di campione africano in linea, l’ottavo posto al Tour, in Sud Africa lo davano come il prossimo vincitore della corsa francese. Ma come detto non è facile per un ragazzo giovane supportare questo fardello.

«Louis – spiega Piva – è uno di quei corridori che “funziona” se tu lo lasci tranquillo. Allora vedi che alla sua maniera raggiunge gli obiettivi che si è prefissato. Ma per fare questo gli serve l’ambiente giusto».

E a Parigi Meintjes ha detto: «Ancora ottavo, non male!». Ha poi ringraziato molto la sua squadra (foto Twitter)
E a Parigi Meintjes ha detto: «Ancora ottavo, non male!». Ha poi ringraziato molto la sua squadra (foto Twitter)

Vamos a la Vuelta

E la stagione del corridore di Pretoria non finisce qui. Adesso per lui c’è la Vuelta. E probabilmente la correrà sulla falsariga del Tour.

«Ma magari – sorride Piva – pensando in modo un po’ più concreto di portare a casa una tappa. Io non credo che lui voglia mollare la classifica in Spagna. E’ nelle sue corde questo modo di correre. Ma ha dimostrato che sa vincere».

Piva si riferisce al Giro dell’Appennino. Quel giorno il leader della Intermarché Wanty Gobert era Rota, ma poi lui non è riuscito ad essere dov’era e in corso d’opera è subentrato Louis… che ha vinto. «E quel successo gli ha dato parecchia fiducia. Anche per questo credo sia arrivato in Francia estremamente motivato». 

In tal senso la Vuelta potrebbe essere la corsa della “svolta”. Enormi pretendenti stavolta sembrano, il condizionale è d’obbligo, non esserci. Pogacar è dato verso il forfait, Roglic sembra non essere al massimo, Mas è uscito male dal Tour… E visto che Louis è sempre andato bene nella seconda parte di stagione chissà che non possa pensare a qualcosa di più della top 10 nella generale.

L’occhio sta bene e Girmay riparte con un titolo in più in tasca

24.07.2022
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Ci eravamo lasciati con una vittoria, un tappo in un occhio e un ritiro. Biniam Girmay era riuscito in tutto questo nella decima tappa del Giro d’Italia. Successivamente l’eritreo della Intermarché Wanty Gobert ha fatto parzialmente perdere le sue tracce.

In molti, dopo i successi alla Gand e appunto nella corsa rosa lo aspettavano anche al Tour de France. Ma “Bini” non c’era. La preoccupazione per l’incidente all’occhio non era poca. Noi eravamo lì, dietro al palco, e quella che era parsa solo una botta, in breve si era trasformata in una perdita momentanea della vista. La corsa in ospedale e il danno alla retina.

A Jesi, poco dopo l’incidente con il tappo dello spumante, l’occhio sinistro di Girmay ha iniziato a gonfiarsi in modo preoccupante
A Jesi, poco dopo l’incidente con il tappo dello spumante, l’occhio sinistro di Girmay ha iniziato a gonfiarsi in modo preoccupante

Recupero in Africa

A quel punto Girmay si è fermato. Ha riposato qualche giorno e una volta ripresa la vista è tornato a casa. Adesso però è di nuovo in Belgio. E nel mezzo come è andata?

«Nel mezzo – dice il suo direttore sportivo, Valerio Piva – è tornato ad Asmara in Eritrea. Il problema all’occhio sembra averlo recuperato benone e ha ripreso a correre giusto ieri al Tour de Wallonie. E la sua stagione proseguirà con una serie di brevi corse a tappe e corse di un giorno. Quindi niente Vuelta, per arrivare al meglio al mondiale di Wollongong. Ma puntiamo a fare bene nelle corse canadesi e anche in alcune italiane adatte a lui».

«Il Tour non era mai stato nei suoi programmi. Dopo il Giro sarebbe tornato a casa, magari con altri tempi, ma si sarebbe fermato. Ha fatto due settimane di riposo e due di ripresa lenta e graduale. Lui vive ad Asmara a 2.400 metri di quota, ma può andare anche più in alto».

Campione a crono

E in Eritrea l’aria di casa deve aver fatto bene a Girmay. Si è rimesso in sesto, ha ritrovato fiducia ed ha persino corso. Ha fatto qualche gara minore e ha preso parte alle due prove per i titoli nazionali, quello a crono e quello in linea. Magari il livello non è altissimo, ma come si dice la forma che ti dà la gara non te la dà nessun allenamento.

«Il livello non era alto? Non direi proprio così – riprende Piva – visto che nella gara che assegnava il titolo su strada ha perso. Ai primi posti c’erano Kudus e Tesfatsion e altri buoni corridori ancora, non solo gli europei. Però ha anche vinto! Un po’ inaspettatamente a dire il vero, ma si è portato a casa il titolo a cronometro».

Piva ci dice che da quelle parti le corse non mancano, anche se alla fine si tengono quasi tutte su uno stesso circuito. Anche per Piva tutto sommato si tratta di un buon allenamento buttarsi in quella mischia. «Si fa sempre un po’ di interval training». 

Per Piva, resta ancora l’incognita delle grande salite per l’eritreo
Per Piva, resta ancora l’incognita delle grande salite per l’eritreo

I suoi margini

Sapere che Girmay ha risolto completamente il problema all’occhio e che l’incidente sul podio di Jesi non abbia inciso troppo sui suoi programmi (in pratica non fare il Tour), è una buona notizia. Sarebbe stato un vero peccato che un tappo potesse compromettere la stagione di questo atleta.

Rimane il punto di domanda su cosa avrebbe potuto dargli in più concludere il Giro. Ammesso che arrivare a Verona fosse l’obiettivo.

«Beh – dice Piva – finire il Giro sarebbe stato importante soprattutto in ottica futura, una bella esperienza per valutare la sua forza. Un grande Giro ti porta ad un livello più alto, anche in vista di altre gare come il Tour. Con questo non voglio dire che il prossimo anno non potrà fare il Tour perché non ha finito il Giro.

«Per me Biniam lo avrebbe finito senza problemi. Non ha fatto le grandi montagne, ed è lì che lo avrei voluto vedere. Resta quell’incognita».

I nuovi talenti belgi, più Pogacar che Van Aert

17.06.2022
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I belgi continuano a sfornare talenti in quantità industriale. Dopo le lodi cantate a proposito di Cian Uijtdebroeks approdato in pompa magna fra i pro’ bruciando le tappe come aveva fatto l’illustre connazionale Evenepoel (in apertura, neanche poi tanto più grande…), dalle categorie inferiori stanno arrivando nuovi campioni, come quel Van Eetveld che dopo aver vinto la Corsa della Pace è in lotta quantomeno per il podio al Giro U23 oppure quel Segaert che è al primo anno di categoria eppure già è stato 7° nella seconda tappa a Pinzolo, quella del primo squillo targato Hayter.

Una produzione di giovani tanto forti quanto numerosi lascia pensare anche per un Paese come il Belgio, dove il ciclismo è da sempre una religione. Anche perché, se andiamo indietro nel tempo, si scopre che anche loro hanno vissuto dei momenti no. Certo, da Museeuw a Boonen, da Gilbert fino a Van Aert, campioni per le classiche ci sono stati sempre, ma dall’inizio del secolo erano diventati sporadici e poi resta sempre un grande buco, quello degli interpreti di corse a tappe.

Van Eetveld 2022
Lennert Van Eetveld, vincitore della Corsa della Pace 2022 e protagonista al Giro U23 (foto Facepeeters)
Van Eetveld 2022
Lennert Van Eetveld, vincitore della Corsa della Pace 2022 e protagonista al Giro U23 (foto Facepeeters)

L’importanza della Tv

Qui forse si nasconde la novità: i ragazzi di oggi sono avvezzi tanto alle classiche quanto, ma forse più alle corse a tappe. Come nasce questo cambio di passo? Valerio Piva, il diesse dell’Intermarché Wanty Gobert che da molti anni vive in Belgio, identifica questa esplosione in fattori ben precisi.

«Premesso che io sono sempre convinto si tratti di cicli che riguardano ogni Nazione – dice – e quindi anche noi italiani torneremo a sfornare talenti, in Belgio c’è un forte peso dato dalla Tv. Ci sono gare praticamente ogni giorno, ma non solo: ci sono programmi, talk show dove partecipano vecchi campioni, insomma si parla sempre di ciclismo e questo pesa nella cultura dei ragazzini».

Il ciclismo resta quindi lo sport nazionale belga, anche a scapito del calcio? «Diciamo che siamo su due piani diversi, ma paralleli. Il ciclismo è parte integrante di questo Paese. Intanto perché le piste ciclabili sono tante e rispettate e questo permette ai genitori di far uscire i figli con un po’ meno di patemi d’animo. A ben guardare, non sono poi tante le squadre ciclistiche giovanili, ma i ragazzi hanno la possibilità di crescere poi in team collaudati, come possono essere i development delle 3 formazioni WorldTour oppure la squadra di Axel Merckx».

Segaert 2022
Alec Segaert si è aggiudicato quest’anno il titolo nazionale a cronometro
Segaert 2022
Alec Segaert si è aggiudicato quest’anno il titolo nazionale a cronometro

Grandi Giri? C’è da aspettare…

Valerio Piva, affrontando il discorso sulla nouvelle vague belga più dedita alle corse a tappe, vuole però andarci cauto.

«Non dobbiamo prendere certi risultati per oro colato. E’ vero – dice – questi ragazzi fanno molto bene nelle corse a tappe di categoria, anche quelle più importanti. Ma so per esperienza che fra queste e le corse a tappe professionistiche, e non parlo dei grandi Giri, c’è una differenza abissale. Anche Evenepoel che pure è un talento cristallino, fra i pro’ ha avuto bisogno di tempo per adattarsi. Solo ora si sta affermando come corridore completo. Io non credo sforneranno vincitori di Giro e Tour in tempi brevi, per questo ci sarà ancora da aspettare».

Abbiamo sottoposto quest’analisi per molti versi severa a un altro interlocutore di peso. Il direttore tecnico della nazionale belga Frederik Broché che da parte sua conferma come ci sia un piccolo cambio di tendenza nel movimento giovanile.

«In Belgio gli ultimi anni – spiega – hanno visto emergere sempre corridori da classiche. Ciò è normale, vista la popolarità che hanno le gare in linea più importanti e il ruolo di trascinatori delle folle di campioni come Van Aert. Il classico corridore belga è un passista puro oppure veloce, capace di emergere anche negli sprint affollati. Negli ultimi anni però qualcosa è cambiato, anche grazie alla multidisciplina. Ora i ragazzi cercano sempre più di essere corridori completi per poter emergere anche nelle corse a tappe».

Uijtdebroeks 2022
Per Cian Uijtdebroeks finora stagione da pro’ senza squilli ma con tanta esperienza
Uijtdebroeks 2022
Per Cian Uijtdebroeks finora stagione da pro’ senza squilli ma con tanta esperienza

Le nuove caratteristiche fisiche

Broché, a tal proposito, ha notato anche una nuova tipologia di corridore tra i più giovani talenti basandosi sulle caratteristiche fisiche.

«Prima – ragiona – avevamo atleti possenti, che raggiungevano anche gli 80 chili e che emergevano sul passo, oppure nel ciclocross. Al fianco di questi stanno però emergendo anche altri corridori, molto più leggeri, dai 60 chili in su, più portati per la salita e che abbinano alla leggerezza anche ottime capacità di guida mutuate dalla mtb. Devo dire poi che se in campo maschile questo ribollire ci fa ben sperare, fra le donne la situazione è molto più complessa. Abbiamo un deficit notevole che i successi della Kopecki hanno solo coperto parzialmente quest’anno».

Il tempo, solo il tempo potrà dare le risposte, se il Belgio avrà finalmente trovato interpreti da corse a tappe. Magari anche pretendenti per un podio al Giro o al Tour. Resta però un dubbio: non è che Merckx con le sue tonnellate di vittorie ha rappresentato un problema? In fin dei conti è lui l’ultimo belga grande interprete anche nelle corse a tappe.

«Beh, forse sì – ammette Broché sorridendo – ha lasciato un’eredità davvero pesante. Guardate Evenepoel, appena ha cominciato a vincere lo hanno subito etichettato come il “nuovo Merckx”. Per i giovani è un peso non indifferente, tanto è vero che ancora oggi a mezzo secolo di distanza ancora se ne parla. Questi giovani sono molto promettenti, ma bisogna anche saper aspettare e lasciarli tranquilli».

Pozzovivo ed il fuoco della passione che riscalda l’Intermarché

20.05.2022
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Domenico Pozzovivo è stato uno dei protagonisti di questa prima metà di Giro d’Italia, e pensare che fino all’ultimo ha rischiato di non trovare una squadra. La complicata situazione della Qhubeka-Nexthash rischiava di lasciare a piedi il miglior italiano in classifica generale, per ora, nella Corsa Rosa. 

Il “Pozzo” la squadra l’ha trovata e, a chi nutriva dubbi sulle sue possibilità di essere ancora competitivo, ha risposto in silenzio, pedalata dopo pedalata. La sua squadra è diventata l’Intermarché-Wanty-Gobert, nella quale ha trovato Valerio Piva, uno che di corridori ne ha visti tanti. Valerio ci risponde dall’hotel dopo l’arrivo di Reggio Emilia, la sua voce è pacata ma frettolosa, di cose da fare ce ne sono ancora tante.

Domenico Pozzovivo è arrivato all’Intermarché a stagione già iniziata (foto Facebook Intermarché Wanty Gobert)
Domenico Pozzovivo è arrivato all’Intermarché a stagione già iniziata (foto Facebook Intermarché Wanty Gobert)
Valerio, quando è maturata la decisione di prendere Pozzovivo?

Già alla fine della scorsa stagione avevamo guardato di rinforzare la squadra nel settore degli scalatori. A parte Meintjes non avevamo corridori che potessero competere in una grande corsa a tappe. Ormai gli scalatori sono estremamente difficili da trovare ed avevamo perso un po’ le speranze.

Poi le vicissitudini della Qhubeka hanno “liberato” Domenico…

Lui ci credeva davvero molto di poter continuare a correre con loro, ha sperato fino all’ultimo che la squadra si facesse. Appena si è chiusa la porta, noi ci siamo inseriti e lo abbiamo portato alla Intermarché.

E’ arrivato a stagione già iniziata, che corridore hai trovato?

Ha fatto un inverno preparandosi alla grande, ha lavorato sodo e quando è arrivato da noi era già pronto per correre. Vista la buona condizione pensavamo di farlo debuttare già in Oman, ma per problemi burocratici è slittato tutto alla Ruta del Sol. Poi lo abbiamo portato alla Tirreno ed al Giro di Sicilia ed in tutte e due le corse è andato forte. Alla Tirreno purtroppo nella tappa del Carpegna ha perso qualche secondo in discesa a causa del problema al braccio, altrimenti avrebbe chiuso nei primi dieci della generale. 

Già alla Tirreno Domenico si era già mostrato avanti di condizione
Già alla Tirreno Domenico si era già mostrato avanti di condizione
Da prima del Giro ha detto di sentirsi bene e che lotterà per la top 10…

Lui ci crede molto ed abbiamo una buona squadra pronta a supportarlo: Hirt, che è ancora in classifica, Taaramae, Rota… Nessun corridore può essere sicuro al cento per cento, le insidie sono dietro l’angolo. Sicuramente il morale è alto, sull’Etna e poi al Blockhaus si è fatto vedere e sta bene, tuttavia le insidie sono dietro l’angolo.

Qual è la prima cosa che ti ha detto appena vi siete incontrati?

Mi ha detto che lui si diverte e che vuole provare a fare il corridore ad alto livello, fino a quando riesce ad essere competitivo si diverte ed è questo che lo tiene davanti: la passione, oltre alle sue qualità, chiaro. Penso che gli incidenti che ha subìto abbiano un po’ stoppato il suo obiettivo finale, ha il fuoco dentro che lo spinge a dare il mille per cento, sempre.

Domenico è nel tuo gruppo di allenamento?

Sì, nella suddivisione dei corridori è entrato nel mio gruppo, da gennaio lo seguo su Training Peaks, la piattaforma cui ci appoggiamo per gestire e monitorare gli allenamenti. Invece l’ho conosciuto per la prima volta al Trofeo Laigueglia. 

Pozzovivo ha tirato la volata al Girmay nella tappa di Jesi che ha portato la vittoria al corridore eritreo
Pozzovivo ha tirato la volata al Girmay nella tappa di Jesi che ha portato la vittoria al corridore eritreo
E’ stato difficile allenarlo a distanza per i primi mesi?

No, assolutamente no. Domenico è un corridore di esperienza e con una conoscenza tecnica incredibile. Si conosce molto bene e sa gestirsi ancor meglio, ad un corridore come lui c’è poco da insegnare.

Quanto è importante la sua esperienza in corsa?

Tanto, “Pozzo” conosce praticamente tutte le salite del Giro, con lui non serve neanche fare la ricognizione sul posto, basta fargli vedere qualche filmato prima della partenza. Anzi, a volte è lui che ci fornisce qualche informazione in più.

Per i compagni avere in squadra un bagaglio di esperienza così è importante…

Lo avete visto nella tappa vinta da Girmay, è stata una volata atipica, in un gruppetto ristretto con corridori che non sono prettamente velocisti. L’esperienza di Domenico ha permesso a “Biny” di lanciare lo sprint e di anticipare tutti. Anche nella tappa di Cuneo Domenico sarebbe stato importante per Girmay…

D’ora in avanti l’Intermarché sarà a completa disposizione del corridore lucano
D’ora in avanti l’Intermarché sarà a completa disposizione del corridore lucano
Cosa separa Domenico dalla top 10?

Oltre a tutto quello che è sotto il nostro controllo, direi se stesso. Fino ad ora non ho visto corridori che lo possono impensierire, le salite dei giorni scorsi, in particolare il Blockhaus hanno già fatto vedere chi non potrà vincere il Giro… 

Però dai, anche Domenico avrà qualche difettuccio…

Non è sempre facile dargli una mano, spesso corre troppo nel retro del gruppo. Chiaramente lui non è un lottatore da posizione e di conseguenza non prende rischi inutili, soprattutto visti gli incidenti subiti. Però correndo in quelle posizioni rischia di prendere un ventaglio o di approcciare una salita troppo indietro e queste cose potrebbero metterlo in difficoltà. Cerchiamo sempre di stargli vicino e di dargli supporto, ora lo faremo ancora meglio perché con il ritiro di Girmay la squadra sarà tutta per lui.

Cantiere Intermarché, Van der Schueren dirige i lavori

03.05.2022
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Si sono incontrati nell’hotel di Piva, come in una grande famiglia alla fine del viaggio. Solo che questa volta il viaggio erano le classiche del Nord, che per la Intermarché-Wanty-Gobert sono state un’esperienza travolgente. La vittoria di Girmay alla Gand-Wevelgem e il secondo posto di Hermans a Liegi, oltre alle buone prove alla Roubaix e alla Freccia Vallone, hanno proiettato il team belga a un livello probabilmente inatteso. Per questo, quando Hilarie Van der Schueren è entrato nell’Hove Malpertuus e ha incontrato l’altro vecchio volpone di Yvo Molenaers, i due si sono stretti la mano. In quello scambio di occhiate c’era una complicità di antica radice.

«Quinten era solo in finale – dice Hilarie, scuotendo il capo durante un incontro successivo su Zoom – Planckaert avrebbe potuto restare con lui, invece è entrato in fuga di prima mattina. Un errore. Ma la vittoria di Bini… Abbiamo fatto la storia del ciclismo lì. Non eravamo nemmeno convinti che potesse arrivare davanti ad Harelbeke, invece ha fatto quinto. Non abbiamo un budget illimitato, per questo serve saper scegliere. Lo avevo visto muoversi bene nelle prime gare in Francia, sapevo che avesse del potenziale, ma nessuno pensava che sarebbe stato così bravo».

Aike Visbeek, qui con Girmay, è il capo dei preparatori della squadra (foto Intermarché-Wanty)
Aike Visbeek, qui con Girmay, è il capo dei preparatori della squadra (foto Intermarché-Wanty)

Euforia alla Liegi

In questo ciclismo che non ha più segreti né veli, il video dell’ammiraglia belga nel finale della Liegi è un siparietto intenso e insolito (foto di apertura). Già sembra strano che a guidare l’auto in corsa ci sia appunto Van der Schueren, 74 anni. Vederlo poi arginare l’esultanza di Valerio Piva durante la volata è degno delle migliori candid camera.

«Valerio era emotivo – ride a sua volta – su di giri, ma io ero al volante. E lui a un certo punto inizia a urlare e picchiare, avrei avuto voglia di farlo anche io, ma ho dovuto guardare un po’ davanti. Non avrei voluto investire qualcuno…».

Van der Schueren è nato a gennaio del 1948. E’ direttore sportivo dal 1985
Van der Schueren è nato a gennaio del 1948. E’ direttore sportivo dal 1985

Rispetto in gruppo

Parlando con i corridori alla presentazione delle squadre o alle varie partenze, è emerso un aspetto di cui avevamo già parlato con i ragazzi della Eolo-Kometa. I risultati portano rispetto. E se prima c’era chi ironizzava, vedere la squadra davanti nelle corse che contano e sentirne parlare come di una grande famiglia fa sì che l’interesse del gruppo sia cresciuto. E questo per Van der Schueren è motivo di orgoglio.

«Ho 74 anni – sorride – quindi devo delegare. Oggi il mio ruolo è prendere contatto con gli organizzatori e poi ci sono i direttori e Aike Visbeek (il capo dei preparatori, uscito dalla Seg Academy Racing, ndr) che fanno la squadra. Decidono quali corridori mandare in quali gare. Visto come vanno le cose in questi ultimi mesi, con formazioni da rimaneggiare all’ultimo per motivi di salute, non è un lavoro di cui essere gelosi. Ho sempre preferito essere sull’ammiraglia e ora posso concentrarmi solo su quello. Non devo più preoccuparmi nemmeno che tutti abbiano i soldi sul conto alla fine del mese. Questo è il lavoro dei manager, Jean Francois Bourlart e Maxim Segers, e lo fanno bene».

Pozzovivo è appena arrivato nella squadra e si è detto stupito del bel clima trovato
Pozzovivo è appena arrivato nella squadra e si è detto stupito del bel clima trovato

Senza soldi dove vai?

«Ricordo bene – racconta ancora – quando uscì Vacansoleil e il nostro budget era quasi nullo, riuscivamo appena a pagare 12 corridori e tutti al minimo. Sia chiaro, non c’era niente di sbagliato. Sarebbe bello se esistesse ancora oggi una squadra in cui i giovani possano mettersi davvero alla prova. Ma se non hai soldi, non puoi fare niente. Siamo passati da avere un preparatore a mezzo servizio ad averne addirittura cinque. Ci sono sei medici e tre nutrizionisti, perché la prima cosa di cui parlò Visbeek fu proprio l’alimentazione. Non ce ne occupavamo prima per mancanza di soldi. Bastava che fossero pronti i sacchetti del rifornimento. Invece Aike ha lavorato molto duramente su questo».

Kristoff è l’emblema, secondo Van der Schueren, dell’abnegazione che regna nella sua squadra
Kristoff è l’emblema, secondo Van der Schueren, dell’abnegazione che regna nella sua squadra

Corridori come monaci

Va bene il budget, ma la scelta di salire nel WorldTour, rilevando la licenza che fu della CCC e prima ancora della BMC fu coraggiosa e per certi versi necessaria.

«Abbiamo avuto l’opportunità di diventare una WorldTour – racconta – e abbiamo dovuto coglierla, anche se forse non eravamo ancora pronti. Ricordo che dissi a Jean François Bourlart: “Se non lo facciamo, non andremo mai più al Tour. Alpecin è una certezza, Lotto e Quick-Step sono certezze. Non aggiungeranno mai una quarta squadra belga”. Abbiamo dovuto cogliere questa opportunità, sapendo che sul mercato c’erano pochi buoni corridori. Però a quelli che abbiamo preso, abbiamo passato la mentalità necessaria per tirare fuori il massimo del potenziale. Quando necessario, vivono come monaci. Questo è lo spirito in squadra e anche un corridore come Kristoff lo ha capito e si sta impegnando al massimo. Tutti si rendono conto che se non fanno così, non avranno chance di emergere».

Il secondo posto di Hermans alla Liegi è il primo podio del team in una Monumento
Il secondo posto di Hermans alla Liegi è il primo podio del team in una Monumento

Una tappa al Tour

E poi con i saluti e l’auspicio di vincere una tappa con Girmay al Giro d’Italia, il vecchio Hilarie che divenne direttore sportivo nel 1985 parla anche un po’ di sé.

«Mi fermerò – dice – non appena sentirò di non farcela più. Nessuno dovrà consigliarmi, dirmi che non mi fa bene… Sarò io il primo a staccare la spina. Mi tengo a un bastone, ma la mia salute va alla grande. Per guidare l’ammiraglia, devo sottopormi a un esame annuale e superare un test di guida. Mezz’ora attraverso il centro di Bruxelles. Quest’anno sono passato di nuovo a pieni voti. A luglio andrò al Tour per la 25ª volta. Forse sarà anche l’ultima. Vincere una tappa lì non sarebbe formidabile?».

Hermans 2022

Hermans a Liegi, uno sprint sognato una vita

27.04.2022
5 min
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Avevamo imparato a conoscere Quinten Hermans nel ciclocross. Non un corridore qualsiasi, ma uno dei più forti, almeno dopo i “tre tenori”. Dallo scorso anno avevamo anche cominciato a seguirlo non solo d’inverno, ma anche su strada. Resta però il fatto che il secondo posto di domenica alla Liegi-Bastone-Liegi abbia avuto un sapore speciale e per molte ragioni. Innanzitutto perché è stato il primo podio in una Classica Monumento nella storia dell’Intermarché Wanty Gobert. Poi perché lo ha ottenuto battendo in volata proprio uno di quei tre, Wout Van Aert, che gli ha sempre fatto mangiare terra e sabbia, ogni inverno.

«Sapevo che la mia condizione era abbastanza buona per sopravvivere a tutti questi chilometri – raccontava subito dopo la gara – ma quando ho guardato la lista di partenza, ho capito subito che non ero l’unico in grado di farcela. Fortunatamente, la gara è andata in modo perfetto. Sono sempre stato in testa al momento giusto e queste strade sono ideali per me: gli sforzi durano al massimo cinque minuti. Inoltre, so che il mio sprint resta buono dopo una gara lunga e dura. Ho solo fatto buon uso di tutto ciò».

La volata per il secondo posto a Liegi: è il primo podio in una Monumento per l’Intermarché (foto Twitter)
La volata per il secondo posto a Liegi: è il primo podio in una Monumento per l’Intermarché (foto Twitter)

Piva aveva visto le sue possibilità

Valerio Piva, il suo diesse, ha iniziato a conoscerlo lo scorso anno e dalla sua testimonianza di capisce come l’esplosione di Hermans fosse solo questione di tempo: «Lo portai al Giro dei Paesi Baschi, sapevo che aveva bisogno di tempo per recuperare dagli sforzi invernali, ma intuii subito che aveva un’esplosività tipica del ciclocrossista, una grande esuberanza tanto che andava quasi frenato, tanto era il suo ardore nell’affrontare le corse. Lavorandoci sopra, ha affiancato a queste qualità anche il fondo tipico dello stradista e ne è venuto fuori un corridore ideale per le classiche delle Ardenne».

Hai avuto bisogno di tempo per inquadrarlo?

Sì, è normale che sia così, ma già lo scorso anno fece vedere belle cose, finì vicino ai primi 10 alla Freccia Vallone e fu con i migliori alla Liegi fino alla Roche aux Faucons. Fu però al Giro d’Italia che mi colpì, fu lì che provò a sfruttare l’esuberanza di cui parlavo prima. Andava quasi sempre in fuga, era sempre tra i più attivi a inizio tappa e colse anche qualche buon piazzamento. Lì capii che, con una preparazione mirata, poteva fare grandi cose nelle classiche.

Hermans Van Aert 2022
Van Aert si complimenta con Hermans: dopo tante sconfitte nel ciclocross, una vera rivincita
Hermans Van Aert 2022
Van Aert si complimenta con Hermans: dopo tante sconfitte nel ciclocross, una vera rivincita
Cosa avvenuta quest’anno…

Eppure non è stato un avvicinamento facile. Aveva iniziato bene la stagione su strada, al Giro dei Paesi Baschi era già con i primi ma dopo essere stato terzo nella seconda tappa, alla terza ha chiuso con 39 di febbre e come lui gli altri compagni tanto che ho dovuto portarli via tutti. Era disperato, temeva di perdere proprio le classiche alle quali teneva di più. Da allora non ha corso più, si è allenato e una settimana prima siamo andati a fare la ricognizione sia della Freccia che della Liegi. Ha interpretato la prima come preparazione della seconda e i risultati si sono visti.

Il suo secondo posto ti ha sorpreso?

Per certi versi sì, considerando da che cosa arrivava. Sapevo che poteva far bene, sapevo anche che ha uno spunto veloce, ma quando in una volata secca ti ritrovi a battere Van Aert, significa che vali davvero tanto, anche perché non era stata una gara semplice. Ha corso con molta attenzione, gestendosi al meglio.

Hermans Giro 2021
Hermans è nato ad Anversa il 29 luglio 1995. Vanta 6 vittorie su strada, nel CX due titoli mondiali U23
Hermans Giro 2021
Hermans è nato ad Anversa il 29 luglio 1995. Vanta 6 vittorie su strada, nel CX due titoli mondiali U23
Battere in volata Van Aert, per un ciclocrossista come lui, deve aver avuto un significato particolare…

Credo che neanche lui se lo aspettasse. Alla radio glielo avevo detto: « Guarda che sei veloce, guarda che dopo una gara simile te la puoi giocare». Con Van Aert su 10 sprint ne perderà 9, ma in una situazione simile, con l’avversario alla sua prima gara dopo il Covid, non brillante come sempre, aveva le sue possibilità. Ho avuto l’impressione che anche Van Aert sia rimasto sorpreso dall’essere stato rimontato.

Quest’inverno Hermans aveva iniziato la stagione alla grande, vincendo nella tappa di Coppa del Mondo di ciclocross a Fayetteville tanto che Pontoni lo dava tra i favoriti per il mondiale, l’impressione è che però poi abbia un po’ calato il rendimento: pensava già alla strada?

Un po’ sì, ma non è solo per questo. Hermans ha sempre avuto un grande avvio di stagione, poi andava un po’ spegnendosi. E’ un corridore che vive molto di sensazioni, ad esempio soffre molto la rivalità con Iserbyt, ha come un complesso d’inferiorità. Durante la stagione del ciclocross abbiamo fatto un ritiro su strada e lui è venuto, ci aveva detto che teneva ai mondiali, ma anche che pensava molto al periodo delle Ardenne, credo che questo un po’ abbia influito sul suo rendimento a gennaio.

Fayetteville Hermans 2021
L’arrivo vittorioso di Hermans nella prova di Coppa 2021 a Fayetteville (foto D.Mable/CXMagazine)
Fayetteville Hermans 2021
L’arrivo vittorioso di Hermans nella prova di Coppa 2021 a Fayetteville (foto D.Mable/CXMagazine)
Il suo secondo posto è stata la ciliegina sulla torta per la vostra squadra.

Se me lo avessero detto all’inizio, di un avvio simile, avrei messo mille firme. Già 6 vittorie in stagione, con due classiche con Girmay a Wevelgem e Kristoff alla Schelderprijs e poi piazzamenti alla Roubaix e alla Liegi, significa che abbiamo lavorato bene, soprattutto in confronto allo scorso anno quando l’inizio non fu favorevole. I problemi non sono mancati, vedi quanto successo al Paesi Baschi, ma la stagione è ancora lunga.

Ora arrivano i grandi giri, dove la vostra squadra si è sempre ben distinta.

Ai ragazzi ho sempre parlato chiaro: non abbiamo l’uomo da classifica né il velocista per le tappe, quindi dobbiamo correre lavorando di fantasia, inventare ogni tappa e i risultati si sono visti Quest’anno al Giro avremo una squadra più forte dello scorso anno, con Hirt e Pozzovivo per la classifica, Girmay, Rota e Taaramae per le tappe, un bel mix di esperienza e freschezza. Non siamo lì per vincere la maglia rosa, ma per fare bottino e mettere pepe in ogni frazione. Hermans non ci sarà, sarà utile più avanti.

Roubaix 1964: «Il nostro vento, come la vostra tecnologia»

21.04.2022
5 min
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«Io c’ero in quella Roubaix del 1964, andammo davvero fortissimo. Si alzò un vento tremendo, un po’ a favore e un po’ di traverso. Le strade erano bagnate. Se avessimo avuto le bici di oggi, la nostra media non l’avrebbe battuta più nessuno…».

Yvo Molenaers ha 88 anni e in quella Roubaix, che ha detenuto la media record fino alla vittoria di Van Avermaet del 2017, si piazzò al terzo posto. Davanti a tutti arrivò Peter Post, subito dietro Benoni Beheyt in maglia di campione del mondo. E se l’ex iridato, cui quella maglia costò il resto della carriera, è rimasto legato al ciclismo tramite suo nipote Guillaume Van Keirsbulck che corre alla Alpecin-Fenix, Ivo Molenaers è il papà di Danielle, moglie di Valerio Piva, attuale tecnico della Intermarché-Wanty-Gobert. La storia è ben nota. Il mantovano alloggiava nell’hotel di Molenaers quando l’Ariostea veniva a correre al Nord e alla fine in Belgio decise di metter su famiglia.

Siamo venuti a trovarlo dopo l’acceso dibattito provocato dall’Editoriale di lunedì scorso su quanto contino in una prestazione i materiali, il meteo e le gambe dei corridori. Lui annuisce e il viaggio comincia.

Nel 1964 Peter Post vinse la Roubaix a una media poco inferiore a quella di ieri e con una bici “nuda”
Nel 1964 Peter Post vinse la Roubaix a una media poco inferiore a quella di ieri e con una bici “nuda”

Tempesta di vento

Yvo è in gran forma. A volte per farsi capire occorre alzare un po’ la voce, ma l’intervento di sua figlia con il fiammingo contribuisce a rendere più fluida la conversazione. Classe 1934, è stato professionista dal 1956 al 1967 con qualche vittoria e podi di peso. Nell’hotel, il celebre Hove Malpertuus, alloggiano l’Astana e ovviamente la Intermarché, nel parcheggio i meccanici stanno finendo di riporre le bici sui camion.

«Una vera tempesta di vento – racconta – ma più o meno gli stessi settori di pavé, non ricordo esattamente i chilometri. Usavo una bici normale, con il telaio d’acciaio. La stessa di tutte le corse, solo le gomme un po’ più grosse, perché a quei tempi il pavé non era bello… pettinato come oggi. Nessuno se ne prendeva cura. Fino al giorno prima ci passavano i contadini con i carri e i trattori. Così la mia bici pesava 12 chili, ma anche io ne pesavo 80. Il pavé mi piaceva, non è mai stato un grosso problema. Davanti avevo il 41-52 e dietro 5 rapporti. Il più grosso sarà stato un 21».

L’offerta di Post

Peter Post era un mago delle Sei Giorni e sapeva che il più delle volte le corse si risolvono con le gambe, ma spesso un buon accordo può mettere al riparo dalle sorprese. Oggi non si può più fare, Vinokourov e Kolobnev sono finiti a processo proprio per una Liegi, ma allora ci si indignava meno. Si correva ancora per rabbia e per amore…

«Eravamo in quattro – ricorda Molenaers – due per squadra. Benoni ed io della Wiels-Groene Leeuw, Post e Bocklant della Flandria-Romeo. A dire il vero attaccammo in sei, però Gilbert Desmet bucò e non riuscì più a rientrare. Mentre il sesto (ride, ndr) non ricordo chi fosse. Un paio di volte provai anche ad attaccare sul pavé, dove ero più forte. Così a un certo punto, Post venne a proporre a me 50 mila franchi belgi per arrivare insieme nel velodromo. E scoprii poi che ne aveva offerti 35 mila anche a Beheyt per lo stesso motivo. Si vede che io gli facevo più paura. Comunque quando non sei sicuro di vincere, intanto prendi i soldi. E per la volata contavo su Beheyt, che dei due era il più veloce. Così avremmo vinto e diviso anche i premi del vincitore».

Vento e tecnologia

La storia insegna che Post li infilò tutti e che alla fine pagò il suo debito con il contributo della squadra. Ma il punto con Ivo Molenaers è capire la differenza fra correre una Roubaix con i materiali attuali e farlo con quelli dell’epoca. Lui allarga un sorrisone bonario e pacioso.

«Penso che fare il corridore oggi – dice – per certi versi sia più facile, visti i materiali e l’allenamento. Visto anche che in corsa sai tutto quello che succede grazie alle radio. Noi partimmo all’attacco e d’accordo che c’era il vento, però magari non avremmo avuto quella media se ci avessero detto che avevamo due minuti e mezzo sugli inseguitori. In quel ciclismo si andava sempre a tutta. Fummo anche fortunati, perché davanti alle corse non c’erano tutte le auto di oggi, ma sono sicuro che quelli dietro beccarono anche un bel fango. La loro media, vento o no, fu per forza più bassa. Facevamo qualche chilometro in più, visto che si partiva da Saint Denis, alle porte di Parigi, non da Compiegne. Sento i ragionamenti di Valerio (Piva, ndr) sulle bici dei suoi corridori. Si parla di ammortizzazione, di ruote in carbonio, di prove da fare prima per scegliere le pressioni. Tutta questa tecnologia è quello che per noi fu il vento. E per il resto sta ai corridori pedalarci sopra…».

Danielle, figlia di Yvo, splendida padrona di casa
Danielle, figlia di Yvo, splendida padrona di casa

La beffa di Cerami

Ci offre una birra e intanto apre una scatola di foto e ricordi. Il contratto con una squadra, copia carbone dell’originale scritto a macchina e firmato in calce. Una vecchia foto della Carpano. E poi un ritaglio di giornale della Roubaix del 1960.

«Quella l’avrei vinta io – dice mettendosi una mano sulla fronte – c’era Simpson davanti e io dietro a 100 metri. Dietro ci inseguiva Cerami. Bucai a 18 chilometri dall’arrivo. Due giorni prima avevo vinto la Anversa-Ougrée, battendo proprio Cerami. Ebbene Pino mi passò davanti mentre sistemavo la ruota e andò a vincere la Roubaix…».

Girmay 2022

Girmay a casa, ma intanto Piva ce lo racconta…

04.04.2022
5 min
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Mentre le classiche del Nord vanno avanti, Biniam Girmay è nella sua Eritrea, a godersi un po’ la sua famiglia, ma intanto l’eco della sua impresa alla Gand-Wevelgem non accenna a placarsi, soprattutto per le sue implicazioni, quasi fosse stata l’apertura di un vaso di Pandora, che ora darà spazio anche ad altri Paesi fin qui ai margini dell’attività. La sua scelta di tornare in Africa appena dopo il successo ha lasciato qualcuno interdetto, ma il diesse dell’Intermarché Wanty Gobert Valerio Piva non ha cambiato i programmi.

Il loro rapporto è decisamente recente: «L’ho conosciuto l’agosto dello scorso anno, quando era ormai sicura la chiusura della Delko e Biniam aveva trovato un accordo con noi. Nella passata stagione ho potuto vederlo all’opera, mondiali a parte, alla Milano-Torino e alla Tre Valli Varesine, poi abbiamo potuto conoscerci meglio nei ritiri prestagionali. Ho così saputo la sua storia di atleta proveniente sì da un Paese non di primo piano nel ciclismo, ma certamente non sprovveduto».

Piva 2021
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert dallo scorso anno
Piva 2021
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert dallo scorso anno
In Eritrea però la corsa a piedi fagocita un po’ tutto, dal punto di vista dell’interesse…

E’ vero solo in parte. Il ciclismo è ben radicato, probabilmente all’inizio era un retaggio del periodo delle colonie ma nel tempo ha trovato grande seguito in Eritrea. Biniam ci ha raccontato che non solo le sue corse sono molto seguite, tanto che la passione per il ciclismo ha superato anche il calcio, soprattutto dopo la fuga all’estero di molti nazionali. Questo ha portato il governo a sovvenzionare il movimento locale e da qui sono partite anche sponsorizzazioni locali e chissà che cosa accadrà da ora in avanti…

Inserirlo nel vostro team è stato un bel colpo, anche nell’equilibrio della vostra squadra che deve puntare alla permanenza nel WorldTour.

Sicuramente, aveva offerte da molte squadre. Nel suo caso abbiamo dovuto agire un po’ alla ceca, non conoscendolo tanto personalmente quanto basandoci su quel che aveva fatto. Noi abbiamo budget limitati, dobbiamo cercare corridori non di primissimo piano, con lui siamo stati molto fortunati.

Girmay Gand 2022
Quel che ha sorpreso dell’eritreo è la sua capacità di adattarsi al pavé
Girmay Gand 2022
Quel che ha sorpreso dell’eritreo è la sua capacità di adattarsi al pavé
Pensi che l’Africa sarà una nuova frontiera?

Lo è già. Taaramae, per fare un esempio, ogni anno va a fare l’altura in Rwanda, dice che è una zona tranquilla con bei percorsi e penso che saranno in tanti a seguirne le orme, soprattutto dopo i primi mondiali africani. Ma tornando a parlare di Biniam, c’è anche suo fratello che corre, è uno junior: lui dice che va forte almeno quanto lui alla sua età…

Che corridore è Girmay?

E’ in continua scoperta, per ora sappiamo che è veloce, ma in queste sue prime uscite fra i grandi ha anche dimostrato grandi capacità di resistenza e di saper emergere anche su arrivi impegnativi. Forse fra le classiche del Nord la Gand-Wevelgem è tra le più facili, ma bisogna guardare anche a quel che ha fatto prima. Alla Sanremo ad esempio era nel gruppo dei migliori e se Nizzolo non gli cadeva davanti magari poteva giocarsi un piazzamento ancora più importante.

Girmay Eritrea 2022
Grandi festeggiamenti per Girmay al suo rientro ad Asmara dopo il trionfo belga
Girmay Eritrea 2022
Grandi festeggiamenti per Girmay al suo rientro ad Asmara dopo il trionfo belga
Che cosa ti piace in lui?

Non ha timore di nulla, è entusiasta e questo si traduce in grande esplosività. Sa passare muri e pavé con grande naturalezza e questo non era per nulla scontato. La squadra lo ha aiutato a mantenere le posizioni giuste, ma se hai gambe la posizione la ritrovi, dipende sempre da te. Questa vittoria però non deve esaltarlo ed esaltarci oltremisura, c’è ancora molto da fare e da vedere.

Tu sei sempre stato molto attento nell’utilizzare i giovani…

Ha 21 anni, della sua età ne ho visti tanti di talenti brillare per un attimo e poi spegnersi. Va saputo gestire. Non bisogna sfruttarlo, per questo ho insistito che i suoi programmi non cambiassero dopo la vittoria, eravamo d’accordo che questo doveva essere un assaggio del mondo delle classiche. Girmay avrebbe tutte le caratteristiche per far bene nelle Ardenne, quelle gare rispondono meglio al suo tipo di ciclismo, ma non era tempo per provarci ora. Lui è tornato a casa, farà un altro periodo di altura ad Asmara, in fin dei conti vive a 2.400 metri e può arrivare a 3.000. Tornerà in Europa per il GP di Francoforte e poi farà il Giro.

Girmay Alcudia 2022
Biniam Girmay sul podio del Trofeo Alcudia, vinto davanti al sudafricano Gibbons e a Nizzolo
Girmay Alcudia 2022
Biniam Girmay sul podio del Trofeo Alcudia, vinto davanti al sudafricano Gibbons e a Nizzolo
Con quali obiettivi?

Ci saranno tappe adatte a lui, ma gli servirà quella freschezza che potrà avere solo preservandosi in questo periodo. Non penso proprio che Girmay possa essere un corridore da classifica, anche se quando si parla di un talento così giovane nulla è davvero precluso, ma le sue caratteristiche ci dicono di un corridore da classiche d’un giorno. Io credo che nel corso del Giro, correndo con sapienza potrà avere qualche bella occasione per far parlare ancora di sé. E’ un corridore veloce, forse non uno sprinter puro ma non dimentichiamo che a Maiorca ha battuto un velocista come Nizzolo.

Parlavi della sua casa ad Asmara. Il fatto che venga da un Paese dove vive costantemente a grandi altezze è quindi un vantaggio, si ripete il discorso fatto per i colombiani…

Chi viene da Paesi a più di 2.000 metri di altitudine ha una base fisiologica maggiore, questo ormai è acclarato da più studi scientifici. Ci sono dei benefici naturali che emergono negli sport di resistenza, basti guardare a quel che kenyani, etiopi, gli stessi eritrei fanno nell’atletica. Per questo risultati come quelli di Girmay non mi sorprendono, io credo che ci dovremo abituare…