Pogacar e il grattacapo Sanremo: sentiamo tre diesse

17.12.2024
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Manca ancora tanto, tantissimo, eppure già si parla della Milano – Sanremo come abbiamo visto qualche giorno fa con i 20 anni del trionfo di Petacchi, ma lo si fa anche in ottica futura e soprattutto sul grande atteso: Tadej Pogacar. Come dovrà fare per vincerla? Secondo molti, per non dire tutti, nell’ambiente del ciclismo la Classicissima potrebbe essere la spina nel fianco dell’asso della UAE Emirates, la gara più difficile da conquistare per lui. E in effetti viste le caratteristiche fisiche di Pogacar e visto il percorso si fa fatica a non essere d’accordo.

Ma allora come potrebbero fare Pogacar e la sua squadra a vincere la Sanremo? Con che tattica? Lo abbiamo chiesto ad alcuni direttori sportivi che con la Classicissima hanno ed hanno avuto, anche come corridori, un certo feeling.

Pareri discordanti emergono sulle tattiche da impostare, ma su una cosa sono d’accordo: il meteo avverso. Freddo, pioggia e vento, potrebbe essere gli alleati più preziosi per lo sloveno, se non l’unica chance di vittoria.

Piva ipotizza una corsa dura sin dal Turchino. Ma alla UAE servirebbe una squadra super e anche una seconda punta che possa dare garanzie
Piva ipotizza una corsa dura sin dal Turchino. Ma alla UAE servirebbe una squadra super e anche una seconda punta che possa dare garanzie

Piva, attacco lungo

Lo scorso anno, con il secondo posto di Michael Matthews, la Jayco-AlUla ha dimostrato di avere una solida conoscenza della gara, ma è evidente che c’è una componente di incertezza che può cambiare radicalmente le sorti della corsa. Per Valerio Piva, è stata addirittura l’occasione mancata del 2024.

«Secondo me – dice Piva – la chiave sta nel fare una selezione precoce, anticipando gli attacchi e cercando di sfondare già prima del Poggio. La difficoltà principale di Pogacar alla Sanremo è che l’idea di una volata finale a ranghi ristretti è davvero difficile per lui. La salita del Poggio è corta e le possibilità di un attacco vincente sono limitate e se non ha già staccato i velocisti più potenti… gli diventa dura poi.

«Penso che la soluzione migliore per Pogacar potrebbe essere quella di cercare un attacco solitario, o almeno un attacco in un piccolo gruppo che sia in grado di arrivare al traguardo facendo la Cipressa veramente forte, forte».

Piva dunque è per una selezione precoce. Lui ipotizza qualche mossa addirittura sul Turchino o la sua discesa. La discesa Turchino, o anche quella del Poggio, possono essere un trampolino di lancio, Pogacar potrebbe avere la possibilità di fare la differenza se le condizioni meteo sono brutte. La Sanremo è una corsa che non si vince mai facilmente e Pogacar dovrà farci i conti.

«Il meteo avverso è sicuramente una componente fondamentale – riprende Piva – In passato abbiamo visto come un po’ di fortuna, unita a un attacco deciso, possa fare la differenza. Ricordo quando vinse Chiappucci, io avevo Argentin. Pogacar avrà bisogno di sfruttare questa variabile al meglio, ma anche la sua condizione fisica e mentale dovranno essere impeccabili. E lo stesso vale per la sua squadra. Uno dei grandi problemi è che tutti lo aspettano e tutti sanno quel che può fare. Servirebbe una seconda punta molto importante, un vice che potrebbe vincerla veramente. In quel modo correre del tutto contro di lui potrebbe un po’ cambiare le cose.

«Credo che la Sanremo per Pogacar rimarrà una delle corse più difficili da vincere. Serve anche un po’ di fortuna. Io ho avuto Gilbert che era uno specialista e non ci è mai riuscito. Al contrario Cavendish l’ha vinta alla prima partecipazione. Pensate che a Cav dissi: “L’hai vinta oggi, rischi di non vincerla più”. E infatti…».

Cipressa a tutta? Okay, ma andare via da solo lì è dura anche se ti chiami Pogacar
Cipressa a tutta? Okay, ma andare via da solo lì è dura anche se ti chiami Pogacar

Zanini, sul Poggio ma…

«La Milano-Sanremo è una corsa che ha sempre avuto un fascino particolare, anche quando ero corridore. A differenza di altre classiche, qui non basta essere veloci o forti sulle salite. La Sanremo è una gara che richiede molto più di una semplice gamba in salita. Pogacar, ha sicuramente le caratteristiche fisiche per vincere questa corsa, ma ci sono una serie di variabili che entrano in gioco. Il percorso è sempre lo stesso, ma il livello di velocità è aumentato, così come la preparazione dei corridori, che ora hanno un approccio completamente diverso rispetto al passato»:  Stefano Zanini, direttore dell’Astana-Qazaqstan, va direttamente al nocciolo della questione.

Se fossi il direttore sportivo della UAE, la mia strategia sarebbe quella di puntare su un attacco deciso sul Poggio. Come detto, la corsa è sempre più veloce, quindi non ha senso tentare qualcosa di lontano, come attaccare dalla discesa del Turchino o dalla Cipressa, come avveniva in passato. Oggi il ritmo è talmente alto che se provi ad andare via da lontano, rischi di bruciarti troppo presto. Invece, l’idea è quella di fare un attacco secco, deciso, sull’ultimo tratto del Poggio. Pogacar può essere in grado di anticipare i rivali con uno scatto potente, come fece Van der Poel due anni fa. Ma non è facile».

Per “Zazà” il Poggio è il punto chiave, ma anche su quella salita ormai tutti si aspettano l’attacco. Se Pogacar aspetta troppo rischia di non fare la differenza. «La mia idea sarebbe quella di attaccare prima del punto classico, quando spiana per intenderci, ma un po’ prima a metà della salita. Intorno al chilometro e mezzo dalla cima, in modo da avere un vantaggio un po’ più ampio quando inizia la discesa. Chiaro che anche la squadra lo deve portare ottimamente all’imbocco del Poggio e anche prima deve impostare un ritmo che faccia male».

Anche Zanini insiste poi sulla questione meteo: «Se ci fosse la pioggia, ad esempio, sarebbe più difficile mantenere un ritmo elevato sulla Cipressa e sul Poggio e quindi ci sarebbe un po’ più di possibilità di fare la differenza. Tra l’altro abbiamo visto che lui sa guidare bene anche in queste condizioni. Potrebbe essere il momento giusto per provare a staccare gli altri: col maltempo cambia tutto».

Il meteo avverso potrebbe essere l’alleato speciale di Pogacar. Ci vorrebbe una Sanremo tipo quella del 2013 quando addirittura nevicò
Il meteo avverso potrebbe essere l’alleato speciale di Pogacar. Ci vorrebbe una Sanremo tipo quella del 2013 quando addirittura nevicò

Pellizotti, all-in sul Poggio

La Milano-Sanremo è una delle gare più affascinanti e complicate da vincere, anche per i direttori sportivi, cosa che però Franco Pellizotti è riuscito a fare tre anni fa, ormai, con Mohoric.

«Come corridore – racconta Pellizotti – non era la mia corsa, ma mi è sempre piaciuta moltissimo. Credo che Pogacar abbia tutte le potenzialità per vincerla, ma deve affrontarla con una strategia molto mirata. La Sanremo è una corsa che si decide sui dettagli, e ci sono diversi modi per tentare di conquistarla, ma bisogna essere estremamente lucidi nella scelta dei momenti giusti per attaccare».

«Oggi non si può più pensare di fare la corsa da lontano. La Cipressa è diventata troppo veloce per essere un punto utile per fare selezione. Oggi si deve puntare al Poggio. Il segreto è riuscire a fare il vuoto prima dell’ultimo tratto, ma senza bruciarsi troppo presto. Qui entra in gioco anche la gestione della squadra, che deve essere impeccabile. Bisogna arrivare al Poggio con gli uomini giusti, e non è mai facile trovare il giusto equilibrio. Ne servono almeno tre per il Poggio. Quello che tira in pianura sull’Aurelia, quello che ti porta all’imbocco vero e proprio, perché quella fase è cruciale per le velocità che si sviluppano: quel corridore spenderà tantissimo e non sarà in grado di aiutare Tadej successivamente. E appunto un terzo compagno che lo aiuti nella prima parte del Poggio. Altro aspetto: Pogacar non deve stare oltre la quinta, sesta posizione. Altrimenti con i tornanti del Poggio ad ogni uscita prenderebbe delle frustate e avrebbe già 2″-3″ di ritardo dalla testa».

«Alla Sanremo – conclude il diesse della Bahrain Victorious – il meteo può fare la differenza. Se piove, se c’è vento, allora le cose cambiano, e la corsa si fa più selettiva. In quel caso Pogacar potrebbe sfruttare le condizioni meteo per fare il vuoto prima del Poggio. Col bagnato, se il gruppo è allungato, allora l’attacco può avvenire anche sulla Cipressa, magari con l’aiuto della squadra, cercando di guadagnare terreno prima che il gruppo si riorganizzi. Andare via tra Cipressa e Poggio? E’ quasi impossibile, anche perché poi tutti lo marcherebbero».

L’occasione mancata: Piva e la Sanremo 2024 di Matthews

26.11.2024
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Sedici marzo del 2024, il giorno in cui Valerio Piva si è mangiato le mani per la Sanremo sfumata. Più rivedi quel finale, più ti accorgi delle sfumature che hanno impedito a Michael Matthews di conquistare il traguardo di via Roma. E si fatica a capire se nel tono di voce del tecnico del Team Jayco-AlUla prevalga la delusione o la stizza. Prosegue la nostra galleria delle incompiute (raccontate dai direttori sportivi) e questa volta in palio c’è la prima Monumento della scorsa stagione.

«Si poteva vincere – dice Piva – ma Matthews da un certo punto di vista è stato corretto, perché non ha insistito nel tenere Philipsen alla corda. Era nel suo diritto perché era davanti, invece gli ha aperto la porta e chiaramente l’altro è passato. Invece poi al Fiandre lo hanno squalificato dal terzo posto per un leggero movimento, ma questa è un’altra storia».

Pidcock viene ripreso all’inizio della volata. Prima Stuyven e poi Matthews in prima persona risucchiano il gruppo in un’accelerazione violentissima. L’australiano sogna da sempre di vincere la Sanremo: si sposta sulla sinistra del rettilineo, ma anziché tenere la linea si scosta. Anche perché sul più bello, tenendo lo sguardo verso il basso, gli scivolano via gli occhiali. La minima esitazione permette a Philipsen di infilarsi, risalire e poi batterlo al colpo di reni.

Dalla partenza, la Jayco-AlUla sapeva che Matthews avrebbe lottato per la vittoria della Sanremo
Dalla partenza, la Jayco-AlUla sapeva che Matthews avrebbe lottato per la vittoria della Sanremo
Si poteva vincere?

Era un’opzione, chiaramente Michael era uno dei papabili. Però sul momento il secondo posto ti va bene, perché in partenza non sai mai se potrai vincere. Poi vedendo com’è andato il finale, è chiaro che perdere la Sanremo a quel modo brucia parecchio. Io la vinsi alla stessa maniera con Cavendish nel 2009, quando batté Haussler. E immagino che nell’entourage di quest’ultimo ci fosse qualcuno che in quel momento si sentì come me. Non è bello perdere a quel modo una corsa di questo livello e questa importanza.

Ci sono margini di manovra per l’ammiraglia una volta che la corsa torna sull’Aurelia dopo la discesa del Poggio?

Neanche un po’. Dalla macchina vedi immagini televisive che già sono ritardate, in più si vede a scatti. Allora senti la radio, ma in quei momenti non danno tante informazioni. Per cui anche noi si sta zitti oppure si incitano e si danno le ultime raccomandazioni. Però non è che puoi guidare il corridore o dirgli esattamente cosa deve fare, da lì in poi sono loro che decidono. In più la televisione non l’ho vista e non ho neanche visto quello che è successo in volata. Ho sentito poi l’ordine d’arrivo e ho scoperto che era arrivato secondo. Ma poi vedendo il filmato, ha iniziato a bruciare anche di più.

Matthews lascia aperta la porta in traiettoria e Philipsen da dietro risale a doppia e vince la Sanremo
Matthews lascia aperta la porta in traiettoria e Philipsen da dietro risale a doppia e vince la Sanremo
Diresti che Matthews in volata è un bandito oppure è molto corretto?

Da come l’ho conosciuto quest’anno, a volte mi sembra forse un po’ tenero. Da fuori ho sempre pensato che fosse veramente un mastino, un cagnaccio, uno di quelli duri. Quando io avevo Van Avermaet, si batteva con lui e con Sagan. Ho sempre pensato che fosse veramente duro invece, imparando a conoscerlo e sentendo quello che dicono in squadra, viene fuori che è sempre un po’ dubbioso. E’ un corridore con tanta classe e per questo ottiene i suoi risultati: gli si può dire tutto tranne che sia scorretto. Anzi, purtroppo è il contrario…

Sul pullman avete rivisto il finale? Ne avete riparlato?

Di solito dopo la corsa si fa un debriefing, che alla Sanremo è abbastanza veloce, perché parti, hai già all’aereo e vai a casa. Di solito il nostro sistema, per esempio nelle corse a tappe, è confrontarsi sul bus una quindicina di minuti prima di raggiungere l’albergo. Serve per far parlare i corridori. Gli si ricorda quale fosse la tattica e si chiede perché non sia stata attuata. E se qualcuno ha commesso un errore, a quel punto deve dichiararlo. Solitamente è una discussione molto produttiva, perché permette di chiudere lì uno screzio o un’incomprensione. Quel giorno Matthews era dispiaciuto e ha raccontato il finale dal suo punto di vista. Ha fatto notare come gli fossero caduti gli occhiali e che in quel momento di esitazione, l’altro l’ha bruciato. Finire secondo per tanti sarebbe un bel risultato, però quando hai la possibilità di vincere è chiaro che la reazione è differente.

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«La Jayco-AlUla che volevo»: dopo la Vuelta, Piva sorride

15.09.2024
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A luglio non era stato tenero. Avevamo chiesto a Valerio Piva un commento sul modo di correre della Jayco-AlUla e il diesse mantovano aveva detto che la squadra non rendeva come si aspettavano. Che per l’organico che hanno, sarebbe stato lecito aspettarsi altre vittorie e un altro atteggiamento. E poi aveva concluso dicendo che alla Vuelta avrebbe voluto vedere un cambio di passo e di atteggiamento.

Ora che la corsa spagnola è finita negli archivi con le due tappe vinte da Eddie Dunbar, siamo tornati da Piva per capire se quanto ha visto e vissuto sia finalmente simile a ciò che si aspettava. Davanti alla curiosità, Valerio fa una mezza risata.

«E’ stata una bella Vuelta – comincia – perché abbiamo vinto due tappe, abbiamo fatto tre secondi e altri piazzamenti. La squadra è stata presente come mi sarei aspettato quando abbiamo fatto quell’intervista. Nella prima settimana abbiamo sofferto il caldo, ma era davvero tremendo. Qualcuno l’abbiamo perso per malattia, però diciamo che da quando Dunbar ha vinto la prima tappa, tutto il gruppo ha cambiato passo. La Jayco-AlUla è diventata quello che mi aspetto da una squadra, voglio dire corridori motivati che cercano il risultato ogni giorno».

La prima vittoria di Dunbar al Campus Tecnológico Cortizo Padron ha motivato la Jayco-AlUla
La prima vittoria di Dunbar al Campus Tecnológico Cortizo Padron ha motivato la Jayco-AlUla
Senza pensare alla classifica: una scelta?

Dunbar ha perso minuti all’inizio, così abbiamo deciso di lasciarla stare. E’ stato un vantaggio, perché la prima vittoria è venuta da una fuga e lo hanno lasciato andare. La seconda invece è stata una vittoria molto importante, perché si è reso finalmente conto che ha le qualità per rimanere con i migliori in salita e l’ha dimostrato. Quindi ha superato questo periodo di sfortuna, incluso il ritiro dal Giro, con le cadute e tutto quello che è successo quest’anno. E penso che da adesso in poi avrà confidenza, morale e motivazione per se stesso e per la squadra. Quando uno vince, i compagni di squadra sono più presenti.

La seconda vittoria staccando i primi di classifica avrà dato morale certamente a lui…

Continuava a dirmi che si sentiva forte, che voleva vincere qualcosa e che la situazione di classifica non era normale. Quindi ci ha creduto fino alla fine e c’è da dargli merito. Noi l’abbiamo supportato e l’abbiamo spinto nelle fughe, perché un piazzamento nei quindici non ci cambiava nulla, invece una vittoria sarebbe stata più importante. In occasione della seconda vittoria, se fosse stato lì a lottare per i posti alti di classifica, quando si è mosso ai 5 chilometri forse gli sarebbero andati dietro. Ma è anche vero che quando dietro hanno aumentato, lui ha controllato bene.

Zana è arrivato secondo ai Lagos de Covadonga, battuto solo da Marc Soler
Zana è arrivato secondo ai Lagos de Covadonga, battuto solo da Marc Soler
I secondo posto di Zana ai Lagos de Covadonga è un rimpianto o un bel risultato?

E’ andato forte tutto il giorno. Gli avevo detto di stare attento a Soler, perché sapevo che era il più pericoloso. Il problema è che Soler ha una maniera di correre non facile da controllare. Si stacca, poi rientra e attacca. Filippo ci ha raccontato che un paio di volte si è staccato e lui ha controllato. Poi è rientrato e ha attaccato. E quando è partito, lui non aveva più gambe. Poi per fortuna è riuscito a controllare Poole. Secondo me il secondo posto con quel finale è stato il massimo che ha potuto tirare fuori. La vittoria sarebbe stata meglio, ma ci accontentiamo. In più Zana è uscito bene dalla Vuelta e magari lo rivedremo nelle prossime corse.

Tanti dicono che è stata una Vuelta di basso profilo perché non c’erano i tre fenomeni, altri dicono che però si è andati forte davvero…

Per gli atleti la prima settimana è stata molto impegnativa, con un caldo incredibile che ha debilitato tutti. Secondo me la tappa in cui O’Connor ha vinto non è venuta perché lo hanno lasciato andare, ma perché non ce l’hanno fatta a prenderlo. Sicuramente è stato sottovalutato, ma quel giorno faceva davvero caldo e qualcuno avrà pensato che li avrebbero ripresi tutti con il cucchiaino. Invece lui nell’ultima salita è andato più forte del gruppo e se l’è meritata. Roglic ha dovuto attaccare ogni giorno, perché l’australiano teneva bene. E quando alla fine l’ha passato, gli altri sono comunque rimasti indietro.

Anche Schmid, arrivato quest’anno alla Jayco-AlUla, ha fatto una grande Vuelta, con due secondi, un quarto e il quinto nella crono finale
Anche Schmid, arrivato quest’anno alla Jayco-AlUla, ha fatto una grande Vuelta, con due secondi, un quarto e il quinto nella crono finale
Quindi l’australiano è andato forte: buona notizia, dato che il prossimo anno correrà con voi…

E’ stato fortissimo, ma tutti si spremuti su quei percorsi per meritarsi certi piazzamenti. Anche Roglic si è trovato un paio di volte in difficoltà, è stata una Vuelta spettacolare e non scontata come al Giro, dove Pogacar ha preso la maglia e ha chiuso tutto. Abbiamo preso O’Connor perché vogliamo un capitano nei Grandi Giri che corra davanti, aggressivo. Simon Yates ha vinto la Vuelta e portato vittorie di valore, O’Connor può essere protagonista in qualsiasi gara. Può correre in modo da stimolare anche la squadra a stare davanti, stare concentrati e poi magari anticipare e andare in fuga come ha fatto lui. Io penso che ci possa dare delle soddisfazioni.

De Marchi è stato il motivatore che ti aspettavi?

All’inizio Alessandro avuto un problema di salute. Ha preso mal di stomaco, ho avuto paura che andasse a casa perché ha perso chili, si era disidratato. Poi è stato bravo, si è ripreso ed è ritornato il leader in campo, un corridore molto importante. Il giorno che Dunbar ha vinto la prima tappa, è stato lui che gli ha detto di andare, che era il momento giusto. Eddie si è mosso, è entrato nella fuga ed è andato. “Dema” è un corridore che vede la fuga. Quando aveva le gambe, ci andava lui. Adesso in qualche situazione non riesce ad andarci più, però è uno che vede la corsa ed è utilissimo in questi momenti per dare l’input agli altri.

Dopo il calvario della prima settimana, De Marchi è stato decisivo per lo spirito della Jayco-AlUla
Dopo il calvario della prima settimana, De Marchi è stato decisivo per lo spirito della Jayco-AlUla
Pensi che questa Vuelta possa diventare un esempio da indicare ai ragazzi?

Sicuramente sì, è già successo. La sera quando abbiamo festeggiato, c’era anche il nostro grande capo Gerry Ryan e lo ha detto a chiare lettere (l’imprenditore australiano, sponsor principale della Jayco-AlUla, è in apertura con Dunbar, ndr). Ha detto che la squadra deve correre così, che solo così si hanno risultati. Non dico che si vince tutto, ma anche i piazzamenti possono essere positivi se sono la conseguenza della qualità della squadra. E secondo me noi, con questa maniera di correre, possiamo raccogliere tanto. Quindi alla fine, sintetizzando, adesso sono soddisfatto…

Una bella scossa alla Jayco-AlUla che non morde come prima

31.07.2024
8 min
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Quando arrivò alla Jayco-AlUla alla fine dello scorso anno, Valerio Piva disse una frase che da allora adottammo come specchio della giusta mentalità per fare il direttore sportivo. «Mi sono sempre trovato bene con questa mentalità, con il fatto che ti lascino lavorare tranquillamente. A volte però il “good job” non mi piace tanto. Secondo me va detto se davvero hai fatto un buon lavoro o quando si vince, non quando arrivi staccato a minuti. Va bene motivare la gente e aiutarla, ma quando si sbaglia o non si lavora per come si è detto, bisogna ugualmente dirlo: con educazione, ma in modo chiaro».

La squadra australiana ha vinto venti corse e fra queste la tappa di Dijon al Tour con Groenewegen, però scorrendo l’elenco si ha la sensazione che – tolta la sfortuna – ci sia stato finora poco pepe. Quasi che la positività di fronte alle cose della vita abbia portato a una forma di strano appagamento. Magari è un’impressione sbagliata e proprio per questo ne abbiamo parlato nuovamente con il tecnico mantovano, che a breve partirà per la Spagna, sulla rotta della Vuelta. 

Valerio Piva, sulla destra, assieme a Geoffrey Pizzorni dell’ufficio stampa del Team Jayco-AlUla
Valerio Piva, sulla destra, assieme a Geoffrey Pizzorni dell’ufficio stampa del Team Jayco-AlUla
Che tipo di bilancio fai, dal tuo punto di vista? 

Non è un fatto legato al numero di vittorie, però la qualità non è quella che ci aspettavamo. Siamo andati vicini alla Sanremo, con il secondo posto di Matthews, che poi hanno squalificato e ha perso il terzo al Fiandre. In una squadra come la nostra ti aspetteresti vittorie più pesanti. L’anno scorso Simon Yates ha fatto quarto al Tour, quest’anno è stato dodicesimo. Abbiamo vinto una tappa e ci sono squadre più importanti di noi che non ci sono riuscite, però secondo me finora non è una stagione da incorniciare. Abbiamo avuto tanti problemi. Salute, incidenti e altri guai che però non devono suonare come scuse. Ci aspettiamo di vincere qualche bella corsa di qualità e chissà che non venga alla Vuelta o nelle corse di un giorno che stanno per arrivare.

Aver vinto una tappa al Tour salva in parte la situazione?

Sapete meglio di me quanto conti l’esposizione mediatica di una vittoria al Tour. Anche perché tolti Groenewegen e Cavendish, tutte le volate se le sono divise Girmay e Philipsen. Perciò la vittoria di Groenewegen è un bel risultato per tutto quello che ci abbiamo investito in preparazione e quello che si è fatto per portarlo al Tour. Avevamo pensato che Matthews potesse essere competitivo nelle prime tappe, ma non è andata così. Poi chiaramente Simon Yates ha preso il Covid, è rimasto al Tour e ha ricominciato ad andare bene solo alla fine. E infatti ha portato a casa un secondo posto (in apertura, a Superdevoluy, ndr) e un terzo, quindi non è andato tanto male. Però chiaramente con squadre di questo livello secondo me in ogni grande corsa a tappe devi portare a casa una tappa ed essere competitivo nella classifica. Al Giro invece non abbiamo portato a casa niente, né tappe né classifica.

La vittoria di Groenewegen nella tappa di Dijon al Tour è il successo 2024 più importante della Jayco-AlUla
La vittoria di Groenewegen nella tappa di Dijon al Tour è il successo 2024 più importante della Jayco-AlUla
Come mai?

Purtroppo Zana è uscito dai 10, avendo cominciato a fare classifica quando dopo due giorni si è ritirato Dunbar. Da lì abbiamo dovuto ridimensionare tutta la strategia, mettendo Filippo come leader. Questo gli è costata tanta energia. Non lo aveva mai fatto ed è saltato proprio l’ultimo giorno a Bassano. Sono fasi di crescita pensando al futuro. All’inizio dell’anno mi aspettavo che questa squadra, con questo livello di corridori e questo budget, fosse più in alto nelle varie classifiche. Chiaramente i corridori, i nomi che abbiamo cominciano anche ad avere il loro tempo…

Servirebbero forze nuove?

La squadra deve ringiovanirsi, andare in questa direzione ed è compito del manager e dei direttori cercare di individuare i corridori per il futuro. In questo momento non è semplice, con quelle corazzate che hanno dei budget stellari: competere contro di loro a livello finanziario è difficile. 

Zana ha fatto classifica al Giro dopo il ritiro di Dunbar: è uscito dai primi 10 nella tappa di Bassano
Zana ha fatto classifica al Giro dopo il ritiro di Dunbar: è uscito dai primi 10 nella tappa di Bassano
Può essere che alcuni dei nomi più importanti abbiano perso un po’ di cattiveria?

La mentalità anglosassone a volte non aiuta, mentre io sono di quelli che devono tenermi tranquillo. A volte me lo dico da solo: «Valerio, tranquillo: è solo una corsa in bicicletta». Chiaramente guardando le gare a volte non capisco questa capacità di farsi andare bene tutto. Io la vedo diversamente. Forse perché ero così anche da corridore, ma a me sono sempre piaciuti quelli che vanno in gara con cattiveria, aggressivi, motivati. Che hanno un piano già in testa, mentre qui a volte devi spingerli e sembra che vadano in corsa perché sono corridori e devono farlo. Essere in corsa a volte è diverso che avere il numero sulla schiena, insomma devi avere degli obiettivi già dentro di te. Anche se ti danno un ruolo, devi avere un angolino in cui vuoi dimostrare quanto vali.

Si può cambiare qualcosa?

Quest’anno ho fatto poche gare come primo direttore, ero in appoggio anche per la mia esperienza per spingere i tecnici più giovani. Alla Vuelta però sarò il primo direttore e voglio un po’ smuovere questo andazzo, che fa sembrare la squadra un po’ apatica. Con quel dire: «E’ andata male oggi, andrà meglio la prossima volta!». Tutte le volte si cerca sempre di trovare una spiegazione, invece bisognerebbe dire le cose con maggiore schiettezza. E‘ una squadra eccezionale da un punto di vista organizzativo, non manca niente. E forse quello a volte diventa il pretesto per adagiarsi.

Matthews e Durbridge, classe 1990 e 1991, hanno perso il fuoco di un tempo?
Matthews e Durbridge, classe 1990 e 1991, hanno perso il fuoco di un tempo?
In che modo alla Vuelta puoi smuovere le acque?

I corridori ci sono, bisogna che siano entusiasti e aggressivi come gli spagnoli e gli italiani, non posati come gli anglosassoni. Quando ero alla BMC o alla High Road e dovevamo a volte competere contro questa squadra, che allora aveva un altro nome, erano aggressivi e saltavano fuori da tutte le parti. Forse perché erano giovani, ma di fatto tanti sono ancora qua. Durbridge, Hepburn, Matthews, Simon Yates… Sono tutti corridori cui forse con l’andare del tempo è venuta meno la voglia di dimostrare chi siano.  E allora forse sarebbe utile un ricambio generazionale, cercando di inserire ragazzi che quella voglia ce l’abbiano e vogliano arrivare al top. 

Ci sarebbero anche: De Pretto, Plapp, Schmid…

Davide è partito molto bene e come ci aspettavamo ha fatto un bell’inizio stagione fino alle Ardenne. Poi ha preso un periodo di recupero, è andato a preparare in altura dove si è ammalato. Al rientro è riuscito a vincere in Austria, quindi è una bella soddisfazione. E’ un corridore che secondo me vedremo ancora in futuro. Adesso andrà alla Arctic Race e chiaramente non fa la Vuelta. Ma l’anno prossimo cercheremo di inserirlo in un Grande Giro. Plapp invece è caduto nella crono delle Olimpiadi. Ha investito tanto tempo per prepararsi. Non avrebbe vinto l’oro, però avrebbe continuato facendo il Polonia, invece adesso è stato operato. Dunbar è caduto al secondo giorno di Giro. Durbridge è stato investito in allenamento… Diciamo che anche la sfortuna fa bene il suo!

Davide De Pretto ha 22 anni. Al pari di Luke Plapp è uno dei giovani più promettenti della Jayco-AlUla
Davide De Pretto ha 22 anni. Al pari di Luke Plapp è uno dei giovani più promettenti della Jayco-AlUla
Cambiando per un attimo discorso, ti aspettavi la vittoria di Cavendish al Tour, tu che l’hai avuto da neoprofessionista?

Tanto di cappello, se lo merita per la sua carriera. Poteva andarci vicino l’anno scorso, invece andò a casa con la caduta. L’avevo visto al Giro di Svizzera, era magro e andava forte già lì. In salita non l’avevo mai visto andare così forte, non era mai il primo a staccarsi. Per cui gliel’ho detto: «Guarda che al Tour sicuramente quest’anno ci sarai e lascerai il segno». Ero convinto che potesse vincerne una e mi ha fatto piacere. Un altro che mi ha stupito è stato Girmay, ho avuto anche lui. Ha fatto una cosa straordinaria, fuori dal normale. L’anno scorso ha avuto una stagione davvero sfortunata. So che vale, ma quello che ha fatto è stato enorme.

E sempre a proposito di uomini esperti, che cosa diresti a De Marchi se ti chiedesse un consiglio su continuare o fermarsi?

Dipende da lui, in questo momento è un corridore importante nella squadra, che ha vinto e potrebbe rifarlo ancora. Quello che fa all’interno del gruppo e in corsa è importante, ci vogliono questi corridori. Dipende da lui se riesce a fare i sacrifici, stare via di casa per i training camp. Quello dipende da lui, però intanto sono contento di averlo con me alla Vuelta. Poi potrà diventare un buon direttore, gli ho detto che non vado avanti ancora tanti anni, quindi poi potrei passargli il testimone. Credo che un altro anno lo farebbe volentieri, ma lui non ha certo problemi di motivazioni che mancano. Mi viene in mente un aneddoto…

Il ruolo di De Marchi in squadra è prezioso: per Piva sarebbe anche un ottimo tecnico
Il ruolo di De Marchi in squadra è prezioso: per Piva sarebbe anche un ottimo tecnico
Dicci pure.

Ai tempi dell’Ariostea, quando alla fine delle riunioni prendevo la parola io, Ferretti diceva sempre che a noi vecchi si allungava la lingua e si accorciavano le gambe. Forse è così. Quando un corridore comincia a trovarsi in un gruppo da tanto tempo pensa di sapere tutto e di gestire le situazioni con l’esperienza. Certo l’esperienza è importante, ma contro le generazioni nuove e questi ragazzi che scattano, sulle salite ci vogliono le gambe. Ma voglio essere ottimista, la stagione è ancora lunga. Penso che possiamo fare molto di più e lo faremo.

Dunbar al Giro, parla Piva «Una top 5 è possibile»

22.04.2024
5 min
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Scatta domani il Tour de Romandie e tra i partecipanti ci sarà anche Eddie Dunbar. L’irlandese della Jayco-AlUla è atteso protagonista all’ormai imminente Giro d’Italia. Lo scorso anno infatti è arrivato settimo nella classifica generale. Va da sé che le attese non sono banali.

Tolto Tadej Pogacar, fuori portata per il mondo intero, a meno che non ci si chiami Jonas Vingegaard, alle sue spalle la lotta è alquanto aperta. Eddie è un ragazzo in crescita, ha mordente, l’aspirazione e la maturità per fare bene. E ha anche un’ottima squadra che lo supporta, a partire dal direttore sportivo che lo guiderà nella corsa rosa, Valerio Piva.

Valerio Piva (classe 1958) è stato un corridore fino al 1991 poi diesse. Da quest’anno è alla Jayco-AlUla
Valerio Piva (classe 1958) è stato un corridore fino al 1991 poi diesse. Da quest’anno è alla Jayco-AlUla
Valerio, dunque, cosa possiamo aspettarci da Dunbar al Giro?

Io sono arrivato quest’anno in squadra e non lo conoscevo molto prima, però so che lo scorso anno è andato come è andato senza aver preparato in modo specifico il Giro. Quest’anno l’idea era di farglielo preparare come primo obiettivo, di farcelo arrivare come leader. C’è dunque tutta l’impostazione della preparazione invernale.

Però sin qui lo abbiamo visto poco, come mai?

In effetti ha avuto qualche problemino di salute. Prima l’influenza e la tosse, che gli hanno fatto saltare l’Oman, dove era previsto. In teoria poteva anche andarci, ma dopo una riunione tutti insieme abbiamo deciso che sarebbe stato meglio rimandare. Poi ha subito una caduta alla Valenciana, riportando un piccolo trauma cranico, e abbiamo cambiato ancora i programmi. 

Ecco spiegato il perché dei suoi pochi giorni di corsa sin qui…

Così ha saltato la Tirreno è andato ai Baschi e da domani sarà al Romandia. Però adesso è in tabella. Eddie, come detto, sarà uno dei nostri leader al Giro, e con lui anche Luke Plapp. Chiaramente Eddie non è il favorito, ma intanto sia lui che Plapp iniziano ad imparare come si affronta una corsa simile da leader.

Dunbar (classe 1996) a crono non è un drago, ma non è fermo per essere uno scalatore
Dunbar (classe 1996) a crono non è un drago, ma non è fermo per essere uno scalatore
Non siete i favoriti, ma si può fare bene. Aspirare ad un podio sarebbe troppo?

Il podio sarebbe un risultato eccezionale. Diciamo che una top dieci è realistica e una top cinque un grande obiettivo. Per un podio firmerei in partenza, come chiunque del resto. Però non posso dire andiamo al Giro per questo o quel piazzamento. Parliamo di un ragazzo che deve conoscere realmente le sue possibilità. Anche perché un conto è andare forte una volta e un conto è confermarsi. In più bisogna considerare una cosa.

Cosa?

Le due crono. Dunbar non va fortissimo contro il tempo, non è uno specialista e per questo dico che una top cinque sarebbe già un ottimo risultato.

Valerio, tu sei arrivato quest’anno in Jayco-AlUla e chiaramente non lo conosci a fondo, ma per quel che hai visto cosa ti è sembrato di questo ragazzo?

L’ho diretto ai Baschi e l’ho trovato un ragazzo molto tranquillo, che non si atteggia a leader. Anche perché forse deve ancora dimostrare di essere un certo tipo di leader. E anche per questo non mi sbilancio su quel che potrà fare al Giro. Di certo Eddie ha delle qualità, ma andiamoci piano. Vuol fare bene in classifica e non viene al Giro alla leggera. Abbiamo visionato, anche con altri tecnici molte tappe, alcune dopo la Tirreno, altre in occasione del Tour of the Alps. E qualcosa vedrò io prima del Giro. Andremo ad Oropa due giorni prima di Torino.

E a te che sei un direttore sportivo italiano cosa chiede Dunbar del Giro?

Sostanzialmente delle tappe e delle salite in particolare. Ma ha già corso un Giro e sa cosa aspettarsi.

Lo scorso anno Dunbar è arrivato 7°. Spesso in salita ha avuto il supporto di Zana, anche stavolta dovrebbe essere così

Lo scorso anno Dunbar (classe 1996) è arrivato 7°. Spesso in salita ha avuto il supporto di Zana, anche stavolta dovrebbe essere così
Oltre a Dunbar ci hai parlato anche di Plapp. Lui però prima della Sanremo ci ha detto che non pensa alla classifica. Quindi dov’è la verità?

E ha ragione lui. E’ un po’ lo stesso discorso di Dunbar. E’ giovane e non sa come andranno le cose. Dove potrà arrivare. Con due cronometro lunghe può fare bene. Per esempio se tiene bene nelle prime due frazioni, Torino e Oropa, magari uno come Luke può pensare alla maglia rosa con la prima crono. Ecco Plapp rispetto a Dunbar è più aggressivo. Uno devi quasi fermalo, l’altro devi spronarlo. Entrambi hanno qualche problemino di posizionamento in gruppo e nei grandi Giri non è una bella cosa per chi pensa alla classifica. Il rischio è quello di essere attaccati nel momento sbagliato. E poi ci sarà anche Caleb Ewan per le volate.

Caspita, portate una gran bella squadra…

Ma sì, lasciamoli crescere. Gli diamo questa responsabilità e se alla fine non saranno andati bene non saremo arrabbiati. Qui al Giro non portiamo il nostro numero uno, Simon Yates, e così possono fare esperienza.

Insomma Valerio, Dunbar, Plapp, Ewan… e anche Zana. Che ruolo avrà Pippo?

Non farà classifica. Filippo sarà un cacciatore di tappe. Le crono sono il suo limite, mentre ha già dimostrato di saper vincere una tappa e di andare forte in salita.

Magari uno come lui potrebbe puntare alla maglia dei Gpm?

Sì, ma non sono cose che puoi decidere prima. Anche con Caleb Ewan, che parte per arrivare a Roma, potremmo puntare alla maglia ciclamino, ma per questo tipo di obiettivi si deve valutare strada facendo. Intanto partiamo per il Giro e partiamo bene… poi vediamo. 

Van der Poel e la Liegi: per Piva è una sfida possibile

10.03.2024
5 min
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Il ciclismo entra nel vivo con le grandi e grandissime corse come stiamo vedendo tra Tirreno-Adriatico e Parigi-Nizza, tuttavia c’è anche il tempo di parlare anche di altro. Mathieu Van der Poel ha inserito nel suo programma la Liegi-Bastogne-Liegi. E quando il campione del mondo si muove non lo fa mai tanto per farlo. La classica belga però è, almeno su carta, parecchio diversa dagli obiettivi consueti di VdP.

La Liegi è anche “casa” di uno dei tecnici più esperti in assoluto del circus del grande ciclismo: Valerio Piva. Il direttore sportivo della Jayco-AlUla da quelle parti ci vive.

In questa “chiacchiera da bar tecnica” lo abbiamo voluto coinvolgere sottoponendogli di base questa domanda: Van der Poel può vincere la Liegi?

Valerio Piva (classe 1958) è passato alla Jayco-AlUla questo inverno
Valerio Piva (classe 1958) è passato alla Jayco-AlUla questo inverno
Insomma Valerio, Mathieu ha inserito la Doyenne nella sua lista di gare. La può conquistare?

Eh – sospira e sorride Piva – Van der Poel può vincere quasi qualsiasi corsa. Chiaramente per le sue caratteristiche la Liegi è dura. Ci sono salite che magari d’estate e in altri periodi non mettono in grosse difficoltà uno come lui, come invece potrebbero fare quelle più lunghe del Lombardia. In poche parole non lo escluderei dai candidati per la vittoria della Doyenne. Una cosa a suo sfavore è che non ha una grandissima esperienza con la corsa e questo conta.

Hai parlato d’estate: perché? Cosa cambia?

Per la mia esperienza, vedendo tante corse in estate su quelle strade come il Wallonie o il Giro del Belgio, quelle salite non hanno lo stesso effetto che in aprile. Chiaramente sulla Liegi incide anche il chilometraggio. Ma la scorsa estate, per esempio, sono state affrontate tre salite in successione, tra cui Redoute e Roche aux Faucons e non è successo granché. Questo perché d’estate gli atleti hanno un’altra condizione, perché non tutti sono al 100 per cento come quando ci si presenta ad una gara come la Liegi. E anche perché un conto è una corsa di un giorno e un conto una corsa a tappe. Il livello è diverso. Ad una Liegi prendono parte corridori che puntano al Giro d’Italia, i quali tra l’altro ormai sono in forma, e al Tour.

Tecnicamente però la Liegi-Bastogne-Liegi sarebbe per VdP? Alla fine ha già fatto sesto una volta, nella sua unica partecipazione…

Sono salite che richiedono esplosività, quindi direi che vanno bene per lui. Al massimo sono lunghe tre chilometri e il tratto duro veramente della Redoute stessa è di 1,5 chilometri e su questo genere di salite Van der Poel ha dimostrato che può fare bene. Molto bene. Nei suoi anni migliori, ai tempi della BMC, provammo a farla con Van Avermaet e ci andammo vicino. Quindi non dico che Van der Poel possa vincere sicuramente la Liegi, ma ci può riuscire. Una cosa è certa, se si presenta al via, lo metto tra i candidati alla vittoria.

Nella unica Liegi disputata, Van der Poel è arrivato 6° a 14″ dal vincitore Roglic. Era la Doyenne 2020, disputatasi ad ottobre
Nella unica Liegi disputata, Van der Poel è arrivato 6° a 14″ dal vincitore Roglic. Era la Doyenne 2020, disputatasi ad ottobre
Con un Van der Poel in gara, i Pogacar, gli Evenepoel, farebbero una corsa differente?

L’anno scorso alla Sanremo c’erano tutti e tutti hanno attaccato sul Poggio: io non credo quindi. Penso che ognuno faccia la sua corsa e non si cambi il modo di correre perché c’è questo o quel corridore.

L’ipotesi era che con un Van der Poel in gara magari le squadre di corridori “più scalatori” impostino un ritmo elevato sin dall’inizio…

Una squadra non fa una certa azione perché c’è Van der Poel, non si corre contro uno. Una squadra fa la strategia che l’avvantaggia. Il discorso cambia se i veri pretendenti sono due. A quel punto è chiaro che se Pogacar si ritrova contro Evenepoel o contro Van der Poel, corre diversamente.

Secondo te la “scintilla della Liegi” a VdP si è accesa lo scorso anno quando ha fatto il Giro del Belgio?

No, per me già ce l’aveva. Semmai la scintilla gli si è accesa quando ha vinto l’Amstel che non è poi così lontana dalla Liegi, tutto sommato è una gara “simile”. C’è un bel dislivello, ci sono salite esplosive. Chiaro, alla fine è una gara diversa, le salite della Liegi sono un po’ più lunghe.

Van der Poel è in una squadra che mira bene agli appuntamenti, specie con lui. Pensi che tra Sanremo e Liegi possa perdere quel chilo o addirittura quegli etti che lo possano aiutare sulle salite delle Ardenne?

Oddio, mi sembra molto al limite come ipotesi… non so. Magari succederà anche, ma nella mia squadra per esempio non siamo a questo livello di esasperazione che riguarda gli etti in più o in meno per una determinata corsa. Poi ogni cosa, ogni dettaglio conta. Di certo ai miei tempi si veniva su al Nord con una squadra e con la stessa facevano tutte le corse. Noi vincevamoo il Fiandre con Argentin e poi la Liegi sempre con lui ed eravamo gli stessi. Oggi ci sono gli specialisti delle prime classiche e quelli delle Ardenne. Qualcuno si mischia nell’Amstel.

L’altimetria della prossima Liegi. Per dare un’idea: il dislivello di questa prova è di 4.097 metri. Quello dell’Amstel di 3.290 e quello dell’ultimo Lombardia di 4.650 metri
Il dislivello della Liegi è di 4.097 metri. Quello dell’Amstel di 3.290 e quello dell’ultimo Lombardia di 4.650 metri
Prima, Valerio, hai accennato alle salite del Lombardia. E’ off-limits per VdP la Classica delle Foglie Morte?

Il Lombardia no, non penso sia adatto alle sue caratteristiche. Ha percorsi troppo selettivi. Per questo dico anche che per me Mathieu non ci pensa. Almeno per ora. Poi in futuro chissà. Può diventare un obiettivo, ma più a lungo termine. Ci sono salite troppo lunghe e dure per lui.

Però è anche vero che spesso il Lombardia, arrivando a fine stagione, è per quei pochi che hanno qualcosa nella scorta di energie…

Però se così fosse, se partisse da protagonista non credo lo lascerebbero andare via. Perché è chiaro che dovrebbe attaccare prima, non può tenere il testa a testa in salita con Pogacar o Vingegaard.

Insomma il Lombardia potrebbe essere l’anello debole per la conquista di tutti e cinque i Monumenti… Vale anche per Van Aert che invece ha dimostrato di essere forte anche sulle salite lunghe?

Sì, forse è la sfida più difficile per Van der Poel per la conquista dei cinque monumenti. Riguardo a Van Aert: è vero, in salita va forte, però lo ha mostrato al Tour, in una corsa a tappe. Nella gara di un giorno è più difficile. Per me il Lombardia è molto difficile anche per lui, che tra l’altro pesa anche più di Van der Poel. Alla Liegi non sarei stupito di vederli davanti, al Lombardia sì.

De Marchi accoglie Piva: porterà grinta e concretezza

10.12.2023
4 min
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TORINO – Ritorno al passato. Ritrovare Valerio Piva in ammiraglia ha un sapore speciale per Alessandro De Marchi. Il friulano è già proiettato al futuro e a un 2024 che lo vedrà guidato di nuovo da un ds con cui ha condiviso alcune delle giornate più belle della sua carriera. Al termine delle visite mediche all’Istituto delle Riabilitazioni Riba – Gruppo Cidimu, il Rosso di Buja (in apertura sui rulli, leggendo un libro, in una foto presa da Instagram) ci ha rivelato qualche retroscena e curiosità di questa liaison che si rinnova, con tanti bei sogni rosa: «Col Giro d’Italia ho sempre un po’ un conto aperto e il percorso mi piace».

Valerio Piva
Valerio Piva è stato direttore sportivo di De Marchi nei 4 anni alla BMC, poi nei 2 alla CCC
Valerio Piva
Valerio Piva è stato direttore sportivo di De Marchi nei 4 anni alla BMC, poi nei 2 alla CCC
Come hai scoperto dell’arrivo di Valerio Piva alla Jayco-AlUla?

Ho scoperto di Valerio casualmente, parlando con Brent Copeland. Io non ne sapevo niente e mi ha spiazzato, però quando me l’ha detto sono esploso in un grande sorriso.

E cosa hai risposto?

Ho detto subito che era un bell’innesto per la squadra. Darà un grande aiuto dal punto di vista organizzativo perché Valerio ha la capacità di vedere a 360°, di sapere dov’è un’ammiraglia, qual è lo spostamento migliore per un corridore, per cui è molto utile avere una persona del genere nello staff.

E in corsa?

In ammiraglia arriverà una persona che ha il pugno e la voce che serve in certe situazioni.

Non sarà facile, dunque, il primo approccio per i tuoi compagni?

Bisogna imparare a conoscerlo, perché all’inizio potrebbe sembrarti “duro”, ma in realtà è il classico direttore sportivo che è quasi lì con te sulla bici a pedalare. Valerio mette intensità e passione nel suo lavoro, facendosi sentire con la sua voce.

Ci racconti l’importanza che ha avuto per la tua crescita da corridore?

Ho trascorso con lui tutti gli anni in Bmc ed è sempre stato il mio direttore sportivo di riferimento.

Qualche aneddoto specifico che vi lega?

E’ difficile ricordarli tutti perché è passato molto tempo, però ricordo che in ammiraglia, alla radio, era sempre deciso: «Ragazzi, si fa questo». Poche parole, ma sempre preciso e coinvolto emotivamente in corsa. 

Un episodio che ti sta a cuore?

Quando ho vinto il Giro dell’Emilia, corsa che ho conquistato con lui in ammiraglia. Mi aveva dato carta bianca e mi aveva detto: «Arriva pure sul circuito, sei battitore libero, mentre per il finale eventualmente c’è Dylan Teuns».

Come hai corso?

Appena arrivato sul circuito, ho deciso subito di attaccare, forse già al primo giro e lui, un po’ spaventato, mi fa: «Ok Alessandro, è ancora lunga». Poi, riesco ad andare via da solo, a quasi tre giri dal termine, ma lui era ancora molto titubante: «Mi raccomando, Alessandro, è ancora molto lunga». Con l’andare dei giri, invece (sorride, ndr), ha cominciato a incitarmi a gran voce e mi ha caricato a mille. Avevo la pelle d’oca soltanto per la sua voce nella radio. Sul bus, quando ci siamo visti dopo il traguardo, era più incredulo di me. Ci siamo confrontati, ha ammesso: «Quando sei partito, volevo dirti di aspettare perché non ero così convinto fino in fondo, ma poi ho capito che dovevo darti fiducia e calmarti».

Questa la lunghissima fuga con cui De Marchi vinse l’Emilia 2018 con Piva in ammiraglia
Questa la lunghissima fuga con cui De Marchi vinse l’Emilia 2018 con Piva in ammiraglia
Gli hai già parlato?

Ci siamo sentiti e visti più volte. E’ stato come ritrovare qualcuno della famiglia e l’ho subito presentato agli altri due italiani, Zana e De Pretto, perché so che sarà una figura importante, soprattutto per loro che sono giovani e li aiuterà nella crescita professionale.

Pensi che Valerio possa essere un grande valore aggiunto per tutti?

Come detto, per gli italiani sarà molto utile, rendendo anche l’inserimento di De Pretto un po’ più soft, mentre Pippo può solo aver vantaggi a essere guidato da una persona così esperta e di un’altra generazione. Più in generale, a livello di squadra, sarà uno step importante per tutti i corridori e può fare la differenza.

De Marchi tira le somme: «Avrei voluto correre di più»

27.11.2023
5 min
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Il ciclismo riparte lentamente: prime pedalate, qualche mini ritiro, sopralluoghi ed esercizi in palestra. Anche Alessandro De Marchi si è rimesso in moto e guarda al 2024, prendendo spunto dalla stagione passata. Lo intercettiamo mentre è in strada, diretto dal fisioterapista. «In realtà – dice – non si smette mai. Vero che mi sono fermato quattro settimane, ma il “callo del ciclista” non si perde mai».

La stagione era iniziata con una buona prestazione alle Strade Bianche: 130 chilometri di fuga
La stagione era iniziata con una buona prestazione alle Strade Bianche: 130 chilometri di fuga

10.000 chilometri

Tra i tanti numeri accumulati dal “Rosso di Buja” quello che fa più impressione è quello relativo ai chilometri in gara: 10.448. 

«Me lo avevano già fatto notare – ammette – e devo dire che non sono pochi. Anche se, ad essere sincero, con il senno di poi li dividerei in due momenti. La prima parte di stagione è andata molto bene, se guardo fino a giugno mi posso ritenere contento. Da quel momento in poi ho ciccato un po’ di cose. Avevo in programma tante gare a settembre, ma sono arrivato con una condizione traballante, con il senno di poi avrei cambiato qualcosa. Per esempio avrei messo qualche corsa in più ad agosto, cosa che era in programma, ma un malanno mi ha impedito di correre l’Arctic Race of Norway. Ammalarsi ti fa perdere il ritmo e nel ciclismo di ora non è una buona cosa».

Al Giro due tappe sfiorate, la prima a Napoli era in fuga con Clarcke. I due sono stati ripresi a pochi metri dall’arrivo
Al Giro due tappe sfiorate, la prima a Napoli era in fuga con Clarcke. I due sono stati ripresi a pochi metri dall’arrivo
Non è bastato allenarti?

Sono abituato a fare periodi di allenamento a casa, anche ad alta intensità, cosa che con il ciclismo di ora si fa spesso. Ma quest’anno avrei preferito fare un passo verso il ciclismo vecchio stile, la pausa di luglio mi ha fatto regredire troppo. Sarebbe stato meglio accorciarla. 

Un modo per prendere le misure verso il tuo secondo anno in Jayco-AlUla, visto il rinnovo…

Devo essere sincero, il rinnovo era una certezza già dalla firma del contratto a novembre dell’anno scorso. Non ho firmato un biennale perché la proposta è arrivata tardi e la squadra aveva qualche dubbio sui vari rinnovi. Ma al Giro avevo già in tasca il secondo anno qui.

La prima parte di stagione si è conclusa con la vittoria di Zana al Giro di Slovenia, De Marchi lo festeggia a modo suo
La prima parte di stagione si è conclusa con la vittoria di Zana al Giro di Slovenia, De Marchi lo festeggia a modo suo
Com’è stato questo primo anno nel team australiano?

Come me l’aspettavo e come lo avevo percepito. Fin da subito la squadra mi ha responsabilizzato dandomi il giusto valore. Questo vuol dire molto, vedere riconosciuto i propri meriti per un corridore è importante. 

Nella prima parte, positiva, di questo 2023 c’è da inserire il Giro, no?

Sono ritornato dove ero prima del 2022. Quella è stata una stagione strana e rischiavo di far diventare quello il mio livello standard. Invece grazie alla Jayco ho ritrovato le mie migliori prestazioni e già solo potermi giocare due tappe al Giro mi ha permesso di far vedere cosa so fare. Con il giusto ambiente intorno sono tornato ai miei livelli, e per questo un grazie va alla Jayco e Copeland. Ho un altro bel ricordo di questo 2023…

Ai mondiali gravel ha ritrovato il cugino Mattia, i due hanno corso insieme con la maglia della nazionale
Ai mondiali gravel ha ritrovato il cugino Mattia, i due hanno corso insieme con la maglia della nazionale
Dicci.

Un altro bel ricordo del 2023 è stato il Giro di Slovenia vinto da “Pippo” (Zana, ndr). Abbiamo dominato come squadra ogni giorno, prendendo in mano la corsa e senza paura. Zana meritava quella vittoria e sono contento che sia toccata a lui, un giovane.

Nel 2023 sei tornato anche a correre nel gravel, una disciplina che ormai ti ha conquistato?

Già nel 2022 volevo correre il primo mondiale, quello di Cittadella. Sono stato contento di tornare a correre questo evento (il mondiale, ndr) anche quest’anno, considerando che si era ancora in Italia. La parentesi dell’europeo in Belgio mi ha fatto scoprire anche un altro modo di vivere e vedere questa disciplina. In accordo con la squadra cercherò di tornare a correre in questa disciplina che fa gola a tanti, basti vedere Mohoric. In più il gravel mi ha permesso di correre accanto a mio cugino Mattia, altro fatto che mi ha reso felice. 

Valerio Piva
Nel 2024 De Marchi ritroverà Valerio Piva, hanno lavorato insieme per sei anni, prima in BMC e poi in CCC
Valerio Piva
Nel 2024 De Marchi ritroverà Valerio Piva, hanno lavorato insieme per sei anni, prima in BMC e poi in CCC
2024 che vedrà l’arrivo di un altro giovane, De Pretto, lo hai già conosciuto?

Sì, è stato in stanza con me durante il training camp a gennaio 2023. Abbiamo passato una settimana abbondante insieme, è un ragazzo tranquillo e mi è sembrato anche timido, ma era normale visto il contesto molto grande. La cosa più importante che ho percepito è che sembra uno voglioso di ascoltare e apprendere. La Jayco per un giovane è l’ambiente giusto, dove il corridore non viene mai abbandonato. Avrà modo di lavorare con Pinotti una figura molto importante è che apprezzerà sicuramente, anche quando andrà avanti con la carriera. A mio modo di vedere è difficile trovare qualcuno come lui. 

Arriva anche Valerio Piva

Quando ho saputo di Valerio ero il più felice della squadra. Ho lavorato per sei anni con lui (quattro in BMC e due in CCC, ndr). Sono sicuro che darà un grosso stimolo e una grande spinta al team, sia dal punto di vista dell’organizzazione ma anche in corsa.

Petilli diventa “professore di ciclismo” e sull’addio di Piva…

26.11.2023
4 min
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Simone Petilli (foto Instagram in apertura) prepara il 2024, forte del carico di corse fatto nel finale di stagione. Un altro anno, il quarto, da correre insieme con la Intermarché-Circus-Wanty, orfana di Valerio Piva. Non è però l’unica novità per il lombardo, perché da qualche giorno ha annunciato che diventerà “professore di ciclismo” un progetto parallelo che ha portato avanti nel corso degli anni. 

«Non l’ho mai raccontato a nessuno – racconta Petilli – ma in questi anni ho portato avanti il mio percorso di studi. Lo avevo interrotto al termine della maturità, quando ancora ero dilettante. Ho voluto concentrarmi sul ciclismo al 100 per cento per passare professionista e così è stato. Poi dopo 3 o 4 anni da corridore mi è venuta voglia di riprendere, è vero che un ciclista tra allenamenti e trasferte è spesso impegnato, ma poi nel pomeriggio si ha del tempo libero».

La Intermarché nel 2024 avrà una grande matrice italiana con ben quattro corridori, da sx: Busatto, Rota, Colleoni e Petilli
Oltre a Petilli la Intermarché nel 2024 avrà altri tre corridori italiani, da sx: Busatto, Rota e Colleoni

Due lauree

Il tempo libero Petilli lo ha impegnato rimettendosi sui libri e conseguendo prima la laurea triennale in Scienze Motorie, e poi la magistrale in Scienza e Tecnica dello Sport. Un percorso che lo ha portato ad aprire il suo studio. 

«Avevo tanti interessi – prosegue – però poi mi sono detto: “Perché non studiare quello che faccio?” La passione è nata dal voler capire e migliorare i miei allenamenti, poi con l’Università ho sviluppato la parte teorica. Questo soprattutto grazie a materie come Metodologia dell’allenamento e Endocrinologia. Vedevo e capivo perché succedessero determinate cose ed ora conosco i sistemi del nostro fisico e come reagisce il corpo a certi stimoli.

«Per prima cosa l’ho visto su di me – dice ancora Petilli – vi faccio un esempio: ho sempre pensato che più si fa e meglio è per crescere e diventare più forti. Capitava tante volte di fare allenamenti intensi dove tornavo a casa distrutto. Studiando, invece, ho capito la periodizzazione, ovvero che se certi giorni hai meno da fare e stai bene, devi comunque fermarti e rispettare il piano di allenamento. Così da avere più benzina quando conta. Il mio motore è sempre stato quello che è, però ho sempre puntato a diventare costante durante tutta la stagione. Ed è una cosa che mi ha aiutato a rimanere in questo mondo. Per la squadra questa mia caratteristica è utile e lo si nota in tante occasioni».

La voglia di studiare per Petilli è nata dalla curiosità verso i suoi allenamenti (foto Instagram)
La voglia di studiare per Petilli è nata dalla curiosità verso i suoi allenamenti (foto Instagram)

Trasmettere ai giovani

Petilli ha poi deciso di intraprendere questa nuova strada, spostandosi dall’apprendimento e diventando “professore”. 

«Ho deciso di provare a intraprendere la strada del preparatore – racconta – e lo farò con un piccolo gruppo di atleti. Per il momento inizio con poche persone, cinque o sei, anche perché la carriera va avanti e spero vada avanti ancora molto. Però mi piacerebbe passare la mia esperienza ai giovani per aiutarli a imparare prima. Ho voluto unire la teoria di quanto appreso nel percorso di studi alla mia esperienza da professionista. Non voglio lavorare solamente con i giovani, ma anche con atleti di diverse discipline come mountain bike e triathlon. Guardare ad altri sport permette di apprendere nuovi metodi, l’ho visto a Sierra Nevada dove durante il ritiro ho avuto modo di parlare con triatleti di primo livello e confrontarmi con loro».

Giro d’Italia, Campo Imperatore, Petilli terzo al traguardo, quel giorno in ammiraglia c’era Valerio Piva, un valore aggiunto
Giro d’Italia, Campo Imperatore, Petilli terzo al traguardo, quel giorno in ammiraglia c’era Valerio Piva, un valore aggiunto

Novità in casa Intermarché

Abbiamo già avuto modo, insieme a Lorenzo Rota, di parlare dell’addio di Valerio Piva dal team belga. Ma anche lo stesso Petilli ha condiviso tanti anni insieme al diesse ora alla Jayco. 

«Il 2024 – analizza Petilli – vedrà praticamente lo stesso blocco di corridori, se ne è andato solamente Rui Costa, con il quale avevo un grande rapporto. I cambiamenti più importanti, però, sono avvenuti al livello di staff, soprattutto per noi italiani. Avere al nostro fianco Piva era una bella cosa, spesso ci ha aiutati e molte volte ha avuto un occhio di riguardo per noi. In squadra si è sempre parlato inglese, ma nelle fasi cruciali della gara con noi in strada e lui in ammiraglia si parlava italiano. In certi momenti non si pensa troppo. In squadra rimarrà tanta Italia, a partire dallo sponsor Vini Zabù. Poi tante persone all’interno dello staff parlano italiano, però cambia qualcosa in termini mentalità. Piva inoltre ha un suo modo di fare molto arrembante e spigliato, tante volte ha fatto da tramite tra noi italiani e il team combattendo battaglie in nostro favore.

«Valerio – conclude – era anche in ammiraglia a tutti i miei Giri d’Italia e anche nella Vuelta del 2021 quando per sei tappe abbiamo tenuto la maglia rossa con Eiking. E’ stato presente in tanti successi della squadra».