Il lutto, il dolore e la forza del gruppo: parola alla psicologa

24.07.2025
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I cinque giorni del recente Giro Ciclistico della Valle d’Aosta non sono stati semplici, per nessuno. La scomparsa di Samuele Privitera, avvenuta a seguito di una caduta durante la prima tappa, ha messo tutti i presenti davanti alla morte. Un qualcosa di crudo per il quale non si è mai abbastanza pronti, soprattutto quando si è giovani e davanti si hanno tanti sogni e una vita intera da affrontare. Samuele Privitera non ci sarà più in gruppo: pensare e realizzare tutto questo non è un passaggio semplice. Un compagno di squadra, un avversario, un amico, o più semplicemente un membro della famiglia del ciclismo che smette di pedalare accanto agli altri e che lo fa nel modo peggiore possibile. 

Abbiamo chiesto alla dottoressa Manuella Crini, psicologa cui ci siamo spesso rivolti per indagare le profondità della mente, di aiutarci a capire cosa abbia rappresentato per questi giovani ciclisti un momento così duro e quali sentimenti ed emozioni si creino nel lutto. 

Il Giro della Valle d’Aosta è sprofondato nel dolore dopo la notizia della morte di Samuele Privitera
Il Giro della Valle d’Aosta è sprofondato nel dolore dopo la notizia della morte di Samuele Privitera
Come ci si rapporta a una perdita così?

Parliamo di ragazzi con età compresa tra i 18 e i 22 anni che probabilmente non hanno mai toccato con mano la morte, soprattutto di un coetaneo. Il lutto è caratterizzato da una serie di fasi che sono comuni per tutti, alle quali ognuno reagisce in maniera diversa. 

Cerchiamo di rompere il ghiaccio con un esempio concreto: chi scrive era presente in corsa, la prima reazione è stata scrivere un messaggio a Privitera…

E’ normale, fa parte dello sconcerto, che è la prima fase alla quale andiamo incontro. Il cervello ha immagazzinato una serie di immagini che fatichiamo a cancellare, non sarete stati gli unici a mandare un messaggio per sincerarvi delle sue condizioni. A primo impatto si fatica a credere che sia successa una cosa del genere.

Poi cosa arriva?

Disperazione, rabbia e alla fine c’è l’accettazione. Non sono sentimenti che si affrontano tutti insieme, ma uno per volta. Quando si è adulti queste fasi appena elencate arrivano con ordine, mentre in giovane età si possono mischiare. Stiamo parlando di under 23, quindi di per sé ragazzi molto giovani. Tuttavia sono degli atleti, quindi mentalmente hanno una maturità diversa rispetto ai loro coetanei. 

L’organizzazione, nella tarda serata del giorno dell’incidente, ha comunicato che la tappa successiva non si sarebbe disputata.

Una decisione corretta. In quelle ore ogni ragazzo ha potuto sviscerare le proprie emozioni. Chi era arrabbiato, chi sotto shock, altri magari sembravano anestetizzati. Non c’è giusto o sbagliato, solo un pacchettino di dolore che ognuno custodisce come crede. 

Le squadre hanno detto di aver passato quella giornata senza corsa con l’obiettivo di restare tutti insieme…

E’ stato giusto, nel lutto il confronto serve. Restare tutti insieme ha permesso di elaborare l’accaduto. Non è necessario però parlare, anche il silenzio fa assorbire la cosa. Si inizia a fare i conti con la realtà, c’è un vuoto e va accettato. Non tutti ci riescono immediatamente, ogni ragazzo ha una storia di vita diversa dall’altro. 

Poi si è ripartiti con la terza tappa neutralizzata nei primi 40 chilometri, decisione corretta?

Quella di ripartire assolutamente. Per il ciclista il gruppo è una cosa sola, un ente a sé stante. Tenerli insieme ha aiutato a far vivere loro altre emozioni. 

Alla fine di quei 40 chilometri per alcuni momenti i ragazzi sembravano intenzionati e interrompere la gara. 

In quell’ora e mezza fatta a velocità controllata il gruppo ha avuto modo di pensare, ognuno per i fatti suoi. E’ stata la loro marcia funebre, il saluto finale a Samuele. Una parte dei ragazzi in quei chilometri avrà avuto modo di pensare e fare i conti con il dolore. Anche in questo caso entrano in gioco tante emozioni diverse. Come la rabbia, che è positiva perché è un sentimento attivo. 

Può essere che i ragazzi con una personalità più forte abbiano fatto emergere i propri sentimenti, qualsiasi essi fossero?

Sì. I capofila di quel gruppo magari erano gli stessi corridori che sono dei leader in corsa. Altri ragazzi magari si sono messi alle loro spalle e si sono fatti trasportare. Il potere del gruppo è immenso. Spesso l’emozione del vicino ci contagia. Quei 40 chilometri forse sono stati un po’ troppi, per alcuni stare da soli in mezzo al gruppo è un modo per isolarsi, per altri è stato un modo per amplificare i sentimenti negativi

Poi la corsa è ripartita, ma c’è chi ci ha messo un giorno in più per riprendersi.

La cosa importante, nel giorno della ripartenza, era salire in bici e arrivare al traguardo. Era il modo giusto per proseguire. Non si deve mettere il dolore in un cassetto, perché poi non sai mai come reagirai una volta riaperto. Interrompere la gara sarebbe stato come negare il legame con il gruppo, che invece c’è. 

La cerimonia di addio a Privitera è stata fatta a casa sua, in Liguria, sabato, mentre la corsa era ancora in fase di svolgimento. 

Se vuoi ricordare un amico o un parente che non c’è più, basta un posto mentale. Non serve per forza un luogo fisico. Ogni corridore avrà dentro di sé un piccolo o grande spazio riservato a Samuele.

Europei pista: clima non facile, ma bei segnali dalle giovani azzurre

23.07.2025
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Quelli del velodromo di Anadia sono stati europei che si sono trasformati in una rassegna non semplice per la spedizione italiana. La morte improvvisa di Samuele Privitera al Giro della Valle d’Aosta ha toccato a distanza le anime soprattutto dei giovani corridori italiani. Tuttavia il raccolto ottenuto dalle donne juniores e under 23 parla di 10 medaglie complessive: tre ori e quattro argenti per le prime, un oro, un argento e un bronzo per le seconde.

Il bilancio della trasferta portoghese l’abbiamo chiesto a Diego Bragato, cittì femminile della pista (ruolo che condivide con Marco Villa) e capo del Team Performance della nazionale. Il tecnico di Motta di Livenza è già sul campo di gara impegnato alla “Tre Sere Internazionale Città di Pordenone”, ma torna indietro di qualche giorno per raccontarci come ha visto le sue atlete, in previsione anche dei mondiali juniores che si disputeranno sull’anello olandese di Apeldoorn dal 20 al 24 agosto.

Il team sprint (composto da Trevisan, Campana, Cenci e Fiscarelli) hanno vinto l’oro migliorando il bronzo del 2024
Il team sprint (composto da Trevisan, Campana, Cenci e Fiscarelli) hanno vinto l’oro migliorando il bronzo del 2024
Diego non possiamo non partire dalla tragedia del Valle d’Aosta che ha colpito da vicino anche Vittoria Grassi, fidanzata di Privitera. Come avete gestito quei momenti?

Sono state giornate molto difficili. Era la prima volta che mi capitava una situazione simile ed essendo genitore anch’io, l’ho vissuta in modo intenso. Per noi era il secondo giorno di gare. Avevamo saputo che Samuele era grave e Vittoria era in contatto con i suoi genitori che erano in ospedale, assieme a quelli del ragazzo. Non appena abbiamo avuto la tragica notizia, il mattino successivo le compagne sono state bravissime a darle conforto.

Lei come ha reagito, se esiste una reazione a queste cose?

Conosco bene Vittoria, è una ragazza solare, tant’è che è voluta restare con noi per ricambiare l’affetto delle sue amiche e colleghe. Aveva già corso le qualifiche col quartetto, però abbiamo deciso di farla rientrare il giorno dopo perché era giusto così. Abbiamo cercato di fare il meglio possibile in generale, ma non so se c’è un modo giusto o meno.

Alcune prestazioni delle U23 possono aver risentito di questa situazione?

Certamente sono notizie che ti condizionano, ma quest’anno sapevamo che con le U23 avremmo fatto un po’ più fatica rispetto al passato. Alcune erano assenti perché stavano recuperando da infortuni. Poco prima degli europei c’era il Giro Women e certe prove vanno preparate. Nonostante questo, Sara Fiorin è riuscita a venire in Portogallo e cogliere un bell’argento nello scratch. Bene anche Baima, bronzo nell’eliminazione. Siamo mancate in due specialità.

Quali?

Sicuramente il rammarico più grande arriva dall’inseguimento a squadre. Ci stavamo giocando il pass per le finali contro la Germania, con cui avevamo tempi molto vicini. Purtroppo la terza e la quarta ragazza si sono toccate in un cambio e sono cadute. E’ stato un errore tecnico, forse dato dal fatto che la pista di Anadia ti porta in uscita dalla curva in maniera molto veloce. Peccato eravamo da medaglia, così come nell’omnium.

Cos’è successo in quel caso?

Nulla di particolare, solo che Venturelli la mattina della gara si è svegliata con la febbre. Abbiamo dovuto dire a Basilico che avrebbe corso lei. E come dicevo prima, certe corse vanno preparate. Siamo certi che per come avevamo visto Venturelli e per come sa interpretare quel tipo di gara, avremmo potuto ambire ad un risultato importante. Sono cose che capitano, però in generale vediamo il bicchiere mezzo pieno con le U23.

Grandi soddisfazioni invece sono arrivate dalle juniores, che si conferma una categoria in costante crescita.

Assolutamente vero, siamo consapevoli di avere un grande potenziale con le juniores, pensando poi anche agli anni futuri. Siamo contenti perché il gruppo è forte, anche con le ragazze del primo anno. Ad esempio Fiscarelli, Rossignoli e Campana si sono integrate subito alla grande e tutte sono andate a podio. Siamo cresciute nella velocità dove abbiamo preso due ori tra team sprint e keirin. Bravissima Pegolo, così come Sanarini, che tuttavia deve affinarsi in corse come madison e omnium.

Rossignoli, Erja Bianchi, Sanarini, Pegolo e Elisa Bianchi si sono alternate nel quartetto, vincendo l’argento dietro la Gran Bretagna
Rossignoli, Erja Bianchi, Sanarini, Pegolo e Elisa Bianchi si sono alternate nel quartetto, vincendo l’argento dietro la Gran Bretagna
Altre note positive?

Siamo migliorate nel quartetto, dove abbiamo conquistato l’argento dietro la Gran Bretagna che ha fatto il record del mondo. Stessa cosa ad esempio con Rapporti nell’inseguimento individuale. E’ stata battuta dalla danese Fialla che ha fatto un tempo strepitoso. Se per batterci devono fare i record del mondo, allora significa che siamo sulla strada giusta. Per contro pecchiamo ancora di inesperienza in certe corse, ma mancano gare in Italia ed è difficile arrivare più preparate.

Che indicazioni ha tratto Diego Bragato per i mondiali di agosto?

Credo che per Apeldoorn siamo in crescita, proprio perché in questi europei abbiamo fatto quella esperienza in generale ed internazionale cui facevo riferimento prima. L’idea è sempre quella di mantenere una rosa allargata tenendo sott’occhio tante ragazze. Per i mondiali vorremmo portare un mix di atlete tra primo e secondo anno, perché abbiamo visto che funziona non solo tecnicamente.

Come sarà l’avvicinamento?

La settimana prossima inizieremo con gli allenamenti a Montichiari. Cercheremo di preparare a dovere le discipline in cui siamo più competitive e chiaramente salire di livello in quelle in cui lo siamo meno. Partiremo per l’Olanda il 17 agosto per prendere confidenza con quel velodromo. Siamo fiduciosi.

Diego Bragato agli europei ha dovuto gestire la tragica notizia della morte di Privitera (foto FCI)
Diego Bragato agli europei ha dovuto gestire la tragica notizia della morte di Privitera (foto FCI)
Guardando ancora più in là, si fanno già ragionamenti per Los Angeles 2028?

Gli europei delle giovani, così gli stessi mondiali, sono passaggi intermedi fondamentali per crescere ed accumulare punti per quelle che saranno poi le qualifiche olimpiche. Dall’anno prossimo riprenderà la caccia ai punteggi attraverso le prove di Nations Cup. Sappiamo che le cosiddette big non potranno farle tutte perché saranno impegnate su strada con le proprie formazioni. Disputarle con queste atlete, che nel frattempo saranno diventate più grandi ed esperte, sarà importantissimo e ci consentirà di lavorare con maggiore serenità o pianificazione.

Vesco: sottotraccia cresce il futuro della MBH Bank-Ballan

16.07.2025
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Uno dei volti della MBH Bank-Ballan-Csb del futuro sarà quello di Leonardo Vesco, atleta brianzolo classe 2005. Anche lui arriva dal vivaio del Team Fratelli Giorgi e al suo secondo anno nella categoria under 23 sta cercando di capire quale sia la strada da seguire. La crescita, com’è giusto che sia, sta arrivando con passi giusti e determinati. Vesco ha già assaporato la vittoria, sia nella passata stagione che quest’anno. Due successi che hanno fatto capire a Gianluca Valoti e allo staff del team bergamasco di aver in mano un atleta che, se gestito bene, sarà una pedina importante nel passaggio a professional nel 2026

Leonardo Vesco, classe 2005, è al suo secondo con la MBH bank-Ballan-Csb (foto Jacopo Perani/think bold)
Leonardo Vesco, classe 2005, è al suo secondo con la MBH bank-Ballan-Csb (foto Jacopo Perani/think bold)

In cerca di conferme

Come ci aveva già anticipato Antonio Bevilacqua l’obiettivo della MBH Bank-Ballan-Csb sarà quello di valorizzare i ragazzi cresciuti in questi anni e di fare in modo che abbiano un confronto costante con i professionisti. Mentre i corridori che ancora rientrano nella categoria under 23 potranno crescere e maturare correndo con i pari età. Leonardo Vesco si colloca perfettamente tra i ragazzi con davanti ancora un ampio margine di miglioramento.

«Nel mese di giugno ho corso un bel Giro di Campania – ci racconta – e ho disputato la mia prima gara della stagione tra i professionisti, il Giro dell’Appennino. L’anno scorso avevo chiuso il calendario con la Coppa Agostoni assaggiando già il mondo dei grandi. Ora sono in un periodo di stacco prima di rimettere il numero sulla schiena ad agosto, quando correrò nelle gare internazionali under 23. Ce ne sono parecchie: Capodarco, Poggiana, Giro del Veneto, Giro del Friuli: voglio farmi trovare pronto».

Vesco in queste due stagioni sta crescendo e facendo i passi giusti verso la maturazione fisica e mentale (foto Jacopo Perani/think bold)
Vesco in queste due stagioni sta crescendo e facendo i passi giusti verso la maturazione fisica e mentale (foto Jacopo Perani/think bold)
Nessuna corsa a tappe nella prima parte dell’anno, come mai?

E’ una scelta presa fin dall’inverno con il team, il Giro Next Gen e il Giro della Valle d’Aosta sono gare impegnative che in futuro vorrei inserire nel mio calendario, ma è giusto fare certi passi in maniera graduale. 

Valoti ha speso belle parole nei tuoi confronti, la squadra crede molto in te…

Vero, è una cosa che mi fa molto piacere. A me tocca cercare di ottenere sempre il massimo in ogni gara. Sono contento di aver vinto una tappa al Giro della Campania ed è stata una bella risposta al lavoro fatto. La squadra ha un piano per farmi crescere e questo mi dà tanta fiducia. Poi vedremo, il futuro ci darà le risposte. 

Vesco ha già dimostrato di saper vincere, l’ultima volta è stato al Giro di Campania (foto Jacopo Perani/think bold)
Vesco ha già dimostrato di saper vincere, l’ultima volta è stato al Giro di Campania (foto Jacopo Perani/think bold)
Quali sono gli aspetti sui quali ancora devi scoprirti?

Le salite lunghe, non avendo ancora fatto corse a tappe come il Giro Next Gen o il Valle d’Aosta. Mi piacerebbe fare queste gare per capire se sono un corridore da Classiche o da Grandi Giri. 

Ti è dispiaciuto non fare queste gare?

Con la MBH Bank-Ballan ho sempre avuto modo di fare belle gare. L’anno scorso ho corso in Belgio prima alla Youngster e poi alla Liegi U23. Mentre quest’anno, in Francia, ho preso parte al Tour de Bretagne. Soprattutto quest’ultima è un’esperienza che mi è servita molto, infatti una volta tornato ho raccolto due vittorie. 

Gianluca Valoti e la MBH Bank contano molto sul talento del giovane brianzolo (foto Jacopo Perani/think bold)
Gianluca Valoti e la MBH Bank contano molto sul talento del giovane brianzolo (foto Jacopo Perani/think bold)
Queste esperienze internazionali, Belgio e Francia, cosa ti hanno lasciato?

E’ tutto un altro modo di correre, dove i ritmi sono più alti. Capisci davvero cosa si intende quando ti dicono che è importante rimanere sempre nelle prime posizioni. Su quelle strade la corsa può cambiare da un momento all’altro, bisogna stare sempre attenti.

Sogni di diventare un corridore da Classiche o da lunghe salite? 

Voglio prima di tutto scoprirmi, adesso non sogno. Sogno di diventare professionista, questo sì. Al momento mi sento forte negli arrivi impegnativi e in volate molto ristrette, con quattro o cinque avversari. Poi vedremo con il passare degli anni come mi svilupperò.

Rocchetti lascia la Trevigiani: «Non c’era modo di proseguire»

14.07.2025
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Il mondo del ciclismo e il suo gruppo si racchiudono spesso in piazze che ospitano la partenza delle gare, per qualche ora quei pochi, o tanti, metri quadri all’aperto diventano un universo a parte. Si corre su e giù, ci si saluta scambiando sorrisi e qualche parola con tutti. Poi la gara porta via tutto e si riparte, verso altre città oppure verso casa. Nell’ultimo periodo nei vari ritrovi di partenza mancava una figura, quella di Filippo Rocchetti, il giovane diesse che abbiamo imparato a conoscere con la U.C. Trevigiani (in apertura photors.it). Ci eravamo accorti della sua assenza al Trofeo Piva, era inizio aprile, un messaggio per sapere come stesse ma nessuna risposta. 

La U.C. Trevigiani ha fatto l’affiliazione come team continental per il 2025 (photors.it)
La U.C. Trevigiani ha fatto l’affiliazione come team continental per il 2025 (photors.it)

Un passo indietro

Poi al Giro Next Gen ci siamo accorti che la sua assenza continuava, anzi al suo posto c’era una nuova figura in squadra: Rino de Candido, ex cittì della nazionale juniores e della rappresentativa friulana, sempre juniores. Così incuriositi siamo tornati da Filippo Rocchetti, questa volta al messaggio è seguita una risposta e una telefonata per raccontare. 

«Ho interrotto il mio rapporto con la Trevigiani – racconta durante una pausa pranzo al lavoro – a fine aprile. Il motivo è semplice: a inizio anno erano stati fatti dei programmi che poi non sono stati rispettati. Si era deciso di fare l’affiliazione come continental per allargare il calendario e proporre una serie di corse ai ragazzi. Lo scorso anno (quando la squadra era ancora affiliata come club, ndr) avevamo fatto i primi passi in questa direzione. Eravamo andati a correre alla Ronde de l’Isard e poi in Ungheria».

Il calendario presentato ai ragazzi a novembre prevedeva delle gare con i professionisti ed esperienze all’estero (photors.it)
Il calendario presentato ai ragazzi a novembre prevedeva delle gare con i professionisti ed esperienze all’estero (photors.it)
Quali erano i programmi di questa stagione?

Avevo parlato con la società fin da novembre e con l’affiliazione come continental avevamo concordato di correre alla Coppi e Bartali, il Giro d’Abruzzo e anche la Ronde de l’Isard. Alla fine però non siamo andati, anzi ci siamo trovati a fare un calendario inferiore rispetto a quello dello scorso anno (è notizia di pochi giorni fa che la Trevigiani non correrà nemmeno al Giro della Valle d’Aosta, ndr).

Quando hai presentato il calendario eri in accordo con la società? 

Sì, anche perché nel cercare i corridori per questa stagione ho detto loro che avremmo fatto determinate corse. Comunque abbiamo preso ragazzi da devo team (Raffaele Mosca, ndr) e alcuni da altre formazioni continental. Quindi mi sono chiesto: «Perché facciamo anche noi l’affiliazione continental, se poi non proponiamo un calendario di livello?».

Lo scorso anno, quando era ancora una squadra di club, la Trevigiani era andata a fare le prime gare all’estero (foto DirectVelo/Florian Frison)
Lo scorso anno, quando era ancora una squadra di club, la Trevigiani era andata a fare le prime gare all’estero (foto DirectVelo/Florian Frison)
Come avete gestito la cosa?

Quando ho capito che l’intento era di non rispettare gli impegni ho deciso di fare un passo indietro, anche perché chi poi ci ha messo la faccia con i corridori sono stato io. Loro venivano da me a chiedere come mai non andassimo a fare le gare. E’ successo anche con le biciclette e i materiali, con Bottecchia avevamo un accordo sulla fornitura di biciclette e ruote che poi la squadra non ha rispettato sino in fondo. 

Ai ragazzi cosa hai detto?

Nulla, loro devono seguire la loro strada sportiva. Non credo avesse senso coinvolgerli in certe dinamiche a livello societario. Mi dispiace sicuramente per i ragazzi perché il progetto era un altro e loro erano stati presi con un programma differente.

Uno dei motivi di discussione tra Rocchetti e il team ha riguardato la fornitura del materiale (photors.it)
Uno dei motivi di discussione tra Rocchetti e il team ha riguardato la fornitura del materiale (photors.it)
Non c’era modo di riparare e ripartire?

No. Alla fine credo che se si vuole creare una squadra solida si debba andare dallo sponsor e presentare un determinato progetto. Non in tutte le realtà è possibile fare in questo modo, purtroppo. Non sempre interessa fare un calendario di valore e proporre un’attività che faccia crescere i ragazzi, in particolar modo nella categoria under 23 dove trovi corridori competitivi e pronti per il professionismo. 

Affiliarsi come continental era stata una delle richieste fatte a inizio stagione?

No, dal canto mio sarei rimasto anche con l’affiliazione come club. Quello che mi interessava davvero era il progetto. Alla fine lo scorso anno abbiamo tirato fuori un corridore come Zamperini, avremmo potuto fare lo stesso con altri ragazzi. 

Ti rivedremo presto in gruppo? 

Al momento sto fermo, non ho in mente nulla. Ci devo pensare ancora.

I giovani nel ciclismo: professionisti nelle gambe e nella mente

10.07.2025
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Le parole di Alessandro Borgo appena terminato il campionato italiano under 23 di Darfo Boario Terme, con il tricolore addosso ci hanno lasciato qualcosa su cui ragionare: «Quando ero al secondo anno juniores avevo iniziato a lavorare con un mental coach, penso sia una figura importante per chi corre a questi livelli. Alleniamo ogni giorno il corpo, ma serve allenare anche la mente appoggiandoci a queste figure. Avevo perso il campionato italiano di categoria e la notte non avevo dormito a causa di tutte le lacrime che ho versato. Lavorare con un mental coach mi ha aiutato tanto (in apertura lo stesso Borgo al Giro della Lunigiana 2023, photors.it)».

Anche la categoria under 23 sta alzando il livello con l’arrivo dei devo team (foto La Presse)
Anche la categoria under 23 sta alzando il livello con l’arrivo dei devo team (foto La Presse)

Pressioni anche da giovani

Spesso abbiamo parlato dell’importanza di lavorare sulla mente tra i professionisti, ma anche tra i giovani è fondamentale non sottovalutare questo aspetto. I ragazzi a diciassette e diciotto anni, ovvero nella categoria juniores, sono ormai sottoposti a stress e confronti che non fanno sempre bene. Siamo andati così da Paola Pagani, mental coach, e ci siamo fatti raccontare in che modo si lavora e ci si confronta con i giovani. Le sue parole non si discostano, nel significato, da quelle di Stefano Garzelli di qualche giorno fa.

«Nella performance – racconta Paola Pagani – la mente ha sempre il suo peso, che un atleta sia junior, under 23 o professionista. I ragazzi, anche i più giovani, subiscono pressioni stratosferiche e affrontano le categorie giovanili con il coltello tra i denti. A volte il carico mentale è addirittura superiore rispetto ai professionisti».

La categoria juniores è la prima nella quale c’è un confronto a livello internazionale e aumentano le aspettative (photors.it)
La categoria juniores è la prima nella quale c’è un confronto a livello internazionale e aumentano le aspettative (photors.it)
A volte i ragazzi giovani vivono tutto come un qualcosa di determinante…

Ciò che dico ai più grandi vale anche per loro: la vita non finisce dopo una corsa e non sarà un risultato negativo a determinare il loro futuro. Tutto è questione di passaggio e alla base c’è un cammino. Nessuno di noi è definito da un risultato, in ogni campo della vita. 

Nei giovani come si disinnesca questo pensiero?

C’è da dire una cosa, i ragazzi giovani che fanno sport hanno una maturità non indifferente. Lavoro con pochi ragazzi di categorie giovanili, ma questa caratteristica la riscontro in tutti. Non sono dei classici adolescenti.

Il pubblico e l’attenzione mediatica sono due fattori da gestire, lavorare sulla mente può dare un giusto supporto
Il pubblico e l’attenzione mediatica sono due fattori da gestire, un mental coach può dare un giusto supporto
Come mai?

Fare sport fin da bambini ti mette davanti a fatica e impegno costanti. Si fanno allenamenti duri, lunghi e si corre con il freddo, la pioggia, il caldo. Questi ragazzi fanno cose che altri adolescenti nemmeno si sognano. E’ normale abbiano una resilienza mentale totalmente diversa. Però va fatto un passaggio importante.

Quale?

Si deve ricordare a questi ragazzi che lo sport comunque deve avere una base di divertimento. Questo aspetto è capace di non farci percepire il peso di tante cose. Nella testa di ragazzi juniores e under 23 c’è un cammino delineato: vogliono diventare dei professionisti. Non fanno ciclismo come hobby ma vogliono farlo diventare il loro lavoro. 

Il rischio è che ogni gara diventi una lotta interna tra successo e fallimento…

Tanto del mio lavoro passa da qui. Non performare in una gara che si aveva nel mirino a volte diventa una tragedia e ci si concentra solamente su ciò che non è andato. Invece io li prendo e dico loro: «Guarda anche quello che è andato bene». Il focus deve essere su quello che si può dare. E’ importante cercare di farli rimanere loro stessi e non guardare agli altri. 

Da giovani le emozioni di una sconfitta o di una vittoria vengono amplificate dalla passione verso questo sport (photors.it)
Da giovani le emozioni di una sconfitta o di una vittoria vengono amplificate dalla passione verso questo sport (photors.it)
Con gli juniores l’approccio cambia?

Entra in gioco un fattore di “accudimento” ovvero di tutela. Ma non è questo che porta a porre domande diverse o fare discorsi tanto differenti rispetto a quelli che si fanno agli under 23 e ai professionisti. Nel parlare cerco di usare l’umorismo come arma di comunicazione, per sdrammatizzare, ma l’equilibrio è delicato.

In che senso?

Non deve entrare nella loro testa che li prendo in giro o che non si dà il giusto peso a ciò che dicono. Comunque bisogna riconoscere l’impegno e il doppio lavoro, sia sportivo che scolastico. Questi ragazzi, specialmente gli juniores, dedicano praticamente tutto il loro tempo alle due attività. 

Si deve valorizzare ciò che fanno…

Esattamente, il loro impegno e tutto il tempo che dedicano. Questo aggiunge valore alle loro attività. E’ difficile perché questi ragazzi stanno diventando sempre più professionisti e anche la loro mente

Davide Donati: il mondo Red Bull-BORA e l’amicizia con Finn

09.07.2025
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DARFO BOARIO TERME – Davide Donati è il secondo volto italiano che corre in casa Red Bull-BORA-hansgrohe Rookies. Il bresciano, che lo scorso anno ha esordito nella categoria under 23 con la Biesse Carrera, è entrato nel panorama del team di sviluppo del colosso austriaco. Correre in un devo team è un grande traguardo per un ragazzo giovane, che però lo porta spesso a gareggiare fuori dall’Italia. Un bel modo per crescere e fare esperienza, ma diventa difficile trovare momenti in cui incontrarli. 

Così quando ce lo troviamo davanti al campionato italiano la curiosità di sapere come stanno andando questi primi mesi insieme alla Red Bull-BORA è tanta. Donati ci accoglie e seduti all’ombra di un cortile racconta tutto. 

«Entrare in un mondo enorme come questo – dice – è spiazzante per certi versi. Ti trovi proiettato in qualcosa più grande di quel che ti potresti mai aspettare. All’inizio ti senti quasi fuori luogo perché a cena sei accanto a Roglic, Hindley e tanti altri campioni. Rispetto a una continetal il budget è enorme e tutto diventa gigantesco. Senti la pressione di avere un grande sponsor sulla maglia e di essere in un team forte e strutturato. Loro non ci parlano di risultati o di vincere a tutti i costi anche se poi quando sei in certe squadre l’obiettivo è di provarci».

Davide Donati e Lorenzo Finn sono i due volti italiani del team Red Bull-BORA-hansegrohe Rookies e nel tempo sono diventati ottimi amici
Donati e Finn sono i due volti italiani del team Red Bull-BORA-hansegrohe Rookies, nel tempo sono diventati ottimi amici
Com’è stato avere un riferimento come Lorenzo Finn, che conosceva già l’ambiente?

E’ quello con cui ho legato di più, ci chiamiamo spesso e ci sosteniamo molto. Da parte mia cerco di sfruttare l’esperienza maturata in un anno nella categoria under 23 per sostenerlo e non fargli sentire la pressione. Ne ha davvero tanta addosso, già ora. Credo sia prematuro. Lui sarà sicuramente un grande corridore ma è difficile sostenere tutta la pressione che arriva dall’esterno. Per questo lo ammiro molto. 

Come cerchi di sostenerlo?

In corsa cerco di essere un po’ il suo “angelo custode”, lo porto avanti quando serve, vado all’ammiraglia a prendere le borracce. Mi piace come ruolo, da un lato mi sento un po’ privilegiato nell’essere in squadra con il corridore che sarà il nostro futuro. Dal canto suo Lorenzo (Finn, ndr) mi insegna molte cose. La caratteristica che più mi trasmette è la tranquillità, lui è davvero uno sereno nel fare quello che deve. 

Davide Donati ha disputato un calendario di primo livello con ottime esperienze anche nelle Classiche, terreno dove vuole migliorare (foto Flavio Moretti)
Davide Donati ha disputato un calendario di primo livello con ottime esperienze anche nelle Classiche, terreno dove vuole migliorare (foto Flavio Moretti)
C’è qualcosa che ti dice o anche semplicemente il suo atteggiamento?

Solo il suo atteggiamento, il suo modo spensierato di vivere questo mondo e di correre con gli occhi puntati addosso. 

Ti è dispiaciuto dover saltare il Giro Next Gen che avresti corso al suo fianco?

Moltissimo. Il mio obiettivo era quello di esserci ma un problema al ginocchio mi ha costretto a stare fermo nel momento decisivo. La squadra ha corso benissimo, li ho seguiti dalla televisione e mi hanno impressionato per la capacità di gestire i momenti cruciali. Erano sempre al posto giusto nel momento giusto. Essere parte di un team forte come il nostro vuol dire anche essere sicuri che chiunque va a una gara sa cosa fare e come farlo. 

Come ti trovi nell’essere parte di un team con tanti ragazzi di diverse nazionalità e culture?

E’ bello, riusciamo a fare gruppo ed essere coesi. Un’esperienza di otto giorni come il Giro Next Gen permette di rafforzare ancora di più certi legami. Sono convinto che anche le squadre italiane siano valide e forti, non sono uno di quelli che è andato all’estero con la teoria che da noi non ci sia nulla. Credo che vivere un’esperienza del genere avrà un impatto positivo sulla mia vita, sia che continuerò nella carriera ciclistica o meno. Sto imparando molto bene l’inglese ed è bello relazionarsi con tutte le persone che incontri senza l’ostacolo della lingua, penso sia la cosa più bella che mi sta dando questa esperienza.

Le prime esperienze con i professionisti (qui alla Settimana Coppi e Bartali) hanno dato buoni riscontri
Le prime esperienze con i professionisti (qui alla Settimana Coppi e Bartali) hanno dato buoni riscontri
A livello tecnico come ti trovi?

In Red Bull-BORA tutto è curato alla perfezione, fin dagli juniores: copertoni, rapporti, aerodinamica, vestiti ecc. Personalmente ho investito tanto negli studi e nel migliorare a cronometro, è una disciplina che mi piace e sulla quale voglio puntare molto. 

La vittoria del campionato italiano è stata un bel traguardo…

Ho iniziato a credere nella cronometro da quando ho vinto la Crono des Nations nel 2023. E’ un rapporto di amore e odio perché è una disciplina che richiede tanta cura e molto lavoro. Però poi quando arrivano certi risultati la voglia di migliorare è sempre maggiore delle “sofferenze”. 

In quali altri aspetti pensi di poter migliorare ancora?

In generale penso di avere un bel margine nelle Classiche e su sforzi da cinque minuti. In una squadra così c’è modo di curare tutto e questo aspetto è importante perché senti di avere alle spalle una struttura solida. Anche quando avevo male al ginocchio ho girato per diversi centri al fine di capire e risolvere il problema. Sono stato a Girona due settimane da uno specialista e poi nel centro Red Bull a Salisburgo. Tutto si è risolto con dei ritocchi alla posizione in bici e delle sedute di fisioterapia per rafforzare la parte alta (il core, ndr). 

Obiettivi da qui a fine stagione?

Mi piacerebbe andare agli europei e conquistare un posto per il Tour de l’Avenir per correre con Lorenzo (Finn, ndr) e dargli una mano. Poi vedremo con la squadra quali saranno i programmi da qui a fine stagione e capirò come muovermi. 

Il modello Red Bull Rookies nel ciclismo: parla coach Wakefield

04.07.2025
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PINEROLO – Quello del team Red Bull-BORA-hansgrohe Rookies è un progetto nato da pochi mesi con lo scopo di raccogliere quanto prodotto dalla squadra juniores, la Grenke Auto Eder. Il progetto del team under 23 si è concretizzato con l’arrivo del colosso Red Bull come sponsor principale della squadra WorldTour. Un passo importante ma per un certo senso quasi obbligato al fine di non perdere il lavoro di crescita fatto con i ragazzi, ma a anche per proporre loro un cammino pronto da percorrere. John Wakefield è responsabile della parte di sviluppo della squadra Rookies, nato solamente sei mesi fa e capace di sfiorare la maglia rosa al Giro Next Gen (in apertura foto Maximilian Fries).

«Personalmente – ci dice al termine della corsa rosa under 23 – siamo a buon punto, anzi forse anche in anticipo rispetto alle nostre aspettative e agli obiettivi del primo anno di questo progetto. A livello di performance ci siamo mossi bene arrivando pronti alle corse che avevamo in programma, in particolare al Giro Next Gen». 

Lo staff del team U23 è numeroso e ogni componente ha il suo compito e ruolo (foto Maximilian Fries)

Un cammino da “sogno”

Avere la possibilità di entrare in una realtà come quella del mondo Red Bull-BORA-hansgrohe è un sogno per molti ragazzi. L’obiettivo per il team, come lo è stato in passato quando esisteva solamente la Greke Auto Eder come squadra giovanile, è di trovare i migliori ragazzi al mondo. Lorenzo Mark Finn, insieme a Theodor August Clemmens e Paul Fietzke sono i corridori che hanno avuto modo di proseguire il loro cammino dopo la categoria juniores.

«Questo è il nostro “mondo perfetto” – prosegue Wakefield – perché con il nostro processo di scouting e di sviluppo vogliamo che un ragazzo passi dal team Grenke Auto Eder alla formazione Rookies, poi al WorldTour e infine a vincere. Invece di ingaggiare o comprare gli atleti solo perché sono bravi, noi abbiamo come scopo lo sviluppo e la crescita. Nel momento in cui facciamo scouting guardiamo a quello che il corridore ha fatto in passato, a quello che sta facendo oggi e a ciò che pensiamo di ottenere da lui domani».

Durante il Giro Next Gen la squadra è parsa subito affiatata e con un’ottima intesa
Durante il Giro Next Gen la squadra è parsa subito affiatata e con un’ottima intesa
Il progetto Rookies è partito quest’anno quindi sono stati inseriti dei ragazzi che non erano con voi prima…

Lo scouting è importante anche tra gli under 23, così come tra gli juniores (e gli allievi, ndr). Davide Donati è un esempio di quanto detto, lui arriva da una formazione italiana dove aveva già corso un anno da (under 23, ndr). Ci sono dei posti limitati all’interno della Grenke, quindi se all’epoca certi atleti non sono stati identificati o non hanno avuto modo di correre con noi, li porteremo nella formazione Rookies. 

Avere uno sponsor così grande alle spalle aiuta molto?

Senza alcun dubbio. La storia sportiva che c’è alle spalle del brand è sempre un vantaggio. Anche il loro modo di approcciarsi allo sport, in generale, è un biglietto da visita non indifferente. Se si guarda al lato delle gare automobilistiche il progetto Rookies funziona, tanti piloti che ora corrono in Formula 1 sono cresciuti in questo modo. 

Lorenzo Mark Finn era partito con i gradi di capitano ma si è trovato poi a lavorare per il compagno Tuckwell (foto La Presse)
Lorenzo Mark Finn era partito con i gradi di capitano ma si è trovato poi a lavorare per il compagno Tuckwell (foto La Presse)
Quanto è importante per voi vincere?

Niente è più attraente per un corridore di una squadra che vince. Se la tua squadra ottiene poche vittorie è difficile attrarre i migliori atleti, ma quello che conta non è il successo quanto piuttosto imparare. Non dobbiamo andare a vincere ogni singola gara, ma in tutte le corse partiamo con quell’obiettivo. Perdere fa parte del gioco e insegna tanto. Non vogliamo che i nostri atleti arrivino al picco prestazionale troppo presto. Si deve massimizzare il processo di crescita quando si arriva tra i professionisti

In che modo si gestiscono tanti ragazzi forti che hanno voglia di emergere?

Creando la squadra e il clima di collaborazione. Lorenzo Finn era partito per il Giro Next Gen con il ruolo di capitano ma quando Luke Tuckwell ha preso la maglia lui si è messo a disposizione. Non importa chi hai in squadra, nemmeno l’A-Team vincerebbe se non avesse il senso del gruppo. Nessun atleta è più grande del team. Non è possibile che un corridore sia sempre il numero uno. 

Aver perso la maglia rosa all’ultima tappa ha fatto male ma il processo di crescita passa anche da questi momenti (foto Maximilian Fries)
Aver perso la maglia rosa all’ultima tappa ha fatto male ma il processo di crescita passa anche da questi momenti (foto Maximilian Fries)
Non tutti però vogliono fare squadra o sono disposti a mettersi in secondo piano. 

Vero lo si vede spesso in ogni sport. Qui entra in gioco il modo in cui educhiamo i corridori e cerchiamo di far capire loro che il ciclismo cambia continuamente, e se non lo comprendono avranno grandi difficoltà nella loro carriera. 

E’ difficile pensare che tutti i corridori che passano dai vostri team di sviluppo poi andranno nel WorldTour, i posti sono comunque limitati…

Vero. Il nostro sogno è che tutti i ragazzi riescano poi a correre con la formazione principale ma se vediamo che un corridore è pronto e vuole andare via perché pensa di non avere spazio a noi va bene. Abbiamo comunque fatto il nostro lavoro.

La forza del team Rookies è legata al nome Red Bull e al metodo che l’azienda ha ormai instaurato in ogni sport nel quale opera (foto Twila Federica Muzzi)
La forza del team Rookies è legata al nome Red Bull e al metodo che l’azienda ha ormai instaurato in ogni sport nel quale opera (foto Twila Federica Muzzi)
Ufficialmente solo un atleta del team Rookies ha già un contratto con la squadra WorldTour per i prossimi anni, come mai?

Perché non crediamo sia un successo per l’atleta avere un programma definito. Sono ragazzi giovani che hanno tanto da imparare. Rimanere un anno in più nella squadra di sviluppo è normale e può succedere. Come può accadere di correre solo una stagione tra gli under 23. Però questo non lo si decide a tavolino. Altrimenti sarebbe come gettare qualcuno in pasto ai lupi. Con noi sai di avere l’occasione di correre nel WorldTour, poi se uno ritiene di essere pronto prima o ha idee diverse e trova un’altra squadra va bene comunque. Ripeto, noi vogliamo creare un percorso di crescita. 

Belletta: la voglia di ripartire per amore del ciclismo

03.07.2025
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DARFO BOARIO TERME – Sotto il gazebo, mentre aspetta la premiazione del campionato italiano, Dario Igor Belletta ha ritrovato il sorriso. La rabbia e la delusione del secondo posto vanno via presto. Vero, rimane la beffa di non aver vinto e di esserci andato davvero vicino, ma la soddisfazione di correre e di provare a vincere gli mancava da un po’ di tempo. Il resto lo ha fatto la voglia di non mollare, la Solme Olmo gli ha offerto un’occasione per ripartire e lui l’ha colta al volo. La vittoria che tanto cerca è sì per se stesso ma anche per coloro che lo hanno accolto quando tutto sembrava difficile. 

«Al Giro Next Gen – dice Belletta – stavo molto molto bene. Purtroppo non c’erano molte occasioni per corridori come me, ma ho cercato di fare del mio meglio. Sapevo di avere una condizione ottima, già alla cronometro di giovedì ho fatto i miei valori migliori. Sono arrivato a questo campionato italiano con la massima fiducia nei miei mezzi. Purtroppo a pochi metri dal traguardo il sogno tricolore è sfumato perché ci siamo guardati un secondo di troppo e Borgo è scappato via. Ci tenevo tanto a vincere, in particolare all’italiano, con la Solme Olmo dopo quello che è stato un periodo davvero difficile».

Il secondo posto dietro Borgo al campionato italiano per Belletta è un mix di emozioni dolci e amare
Il secondo posto dietro Borgo al campionato italiano per Belletta è un mix di emozioni dolci e amare
Che periodo è stato dopo l’addio alla Visma Lease a Bike?

Alla fine la vita è fatta di alti e bassi. Dopo questo inverno ho avuto un momento davvero basso. Però ora mi sento bene, so qual è il mio talento e quando lavori bene le cose si sistemano. 

Abbiamo parlato tanto della nazionale ma nella tua ripartenza c’è stata anche la mano della Solme Olmo…

Avendo cambiato squadra a stagione iniziata (Belletta è passato dalla Visma Lease a Bike Development, una continental, alla Solme Olmo, ndr) non potevo firmare con altre formazioni continental a causa del regolamento UCI. Quella di cercare una squadra di club è stata una scelta obbligata e la Solme Olmo mi ha accolto. Sono arrivato in quella che è la miglior squadra di club in Italia e mi hanno accolto benissimo. Li ringrazio davvero di cuore, come ringrazio Marino Amadori per avermi portato con la nazionale nelle due prove di Nations Cup. 

Belletta ha vinto la volata ma subito sul suo volto si è dipinta la delusione per l’occasione mancata (foto Sprint Cycling/Tommaso Pelegalli)
Belletta ha vinto la volata ma subito sul suo volto si è dipinta la delusione per l’occasione mancata (foto Sprint Cycling/Tommaso Pelegalli)
Com’è stato ripartire dopo quel momento di difficoltà?

Andare in bici mi piace, quindi sono ripartito da questo. Non sapevo nemmeno se sarei riuscito a correre prima dell’uno di agosto (data in cui i corridori sono liberi di cercare altre squadre, ndr) perché quando cambi squadra è tutto difficile. Sono ripartito dalla mia voglia di andare in bici, ci ho messo un po’ a ingranare però ora sono in ottima forma. 

E’ mancata forse la vittoria?

Sì, non sono riuscito a raccogliere quanto seminato, peccato ma ci sarà modo di riprovarci. Dopo il Trofeo Città di Brescia (corso ieri e terminato al quinto posto, ndr) e il Medio Brenta mi fermerò un attimo per recuperare.

Belletta è arrivato alla Solme Olmo e fine marzo con l’obiettivo di correre e la voglia di tornare a fare fatica
Belletta è arrivato alla Solme Olmo e fine marzo con l’obiettivo di correre e la voglia di tornare a fare fatica
Cosa hai provato nel rimettere il numero sulla schiena a inizio stagione?

Una bella emozione, mi piace correre in bici e dare il massimo in ogni gara, stare cinque ore in sella con il caldo e andare forte su tutti gli strappi. Siamo un po’ matti forse ma i ciclisti sono anche questo. 

Continuerai la stagione con la Solme Olmo?

Vediamo, loro mi hanno accolto e sono davvero grato per ciò che hanno fatto. Ho tante idee in testa, al momento voglio finire la prima parte di stagione e cercare di ottenere una vittoria per ripagarli della fiducia. Poi staccherò un attimo e capirò. 

Con Amadori ragionando di U23 e della nuova regola UCI

01.07.2025
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BRA – L’UCI ha ufficializzato che dalla prossima stagione i corridori professionisti, quindi coloro che già militano in squadre professional e WorldTour, non potranno partecipare alle prove di Nations Cup riservate agli under 23. Già a fine 2024, dopo i mondiali di Zurigo, l’Unione Ciclistica Internazionale aveva deciso di escludere gli atleti U23 tesserati come professionisti da europei e mondiali. 

La notizia riportata a inizio articolo, arrivata durante il Giro Next Gen, porta con sé delle novità importanti in termine di gestione dei giovani che passano nel WorldTour o in formazioni professional

Turconi è l’unico U23 che corre tra i pro’ a rientrare nei piani di Amadori per il 2025, con obiettivo Avenir (foto Tomasz Smietana)
Turconi è l’unico U23 che corre tra i pro’ a rientrare nei piani di Amadori per il 2025, con obiettivo Avenir (foto Tomasz Smietana)

Rimandato

Di questa nuova regola UCI si è parlato anche riguardo ai piani di crescita di Paul Seixas, che sta sorprendendo tutti al suo primo anno da professionista con la Decathlon AG2R La Mondiale. Il francesino potrebbe avere nel mirino il prossimo Tour de l’Avenir, visto che dal 2026 non potrà correrlo, ma la federazione francese deve capire come gestire i programmi. Lo stesso discorso vale per la nostra nazionale, infatti tra i prospetti più interessanti di quest’anno c’è Filippo Turconi. Il corridore della Vf Group-Bardiani è stato il migliore degli italiani al Giro Next Gen. Per lui però questo sarà l’ultimo anno in cui potrà contare sull’appoggio della nazionale under 23 nel suo cammino di crescita. 

«Penso che l’UCI – dice Marino Amadori, cittì della nazionale italiana U23 – stia mettendo ordine in questa categoria. Per quanto riguarda i professionisti abbiamo messo nell’orbita della nazionale under 23 solamente Filippo Turconi (i due sono insieme nella foto di apertura). Sarebbe un secondo anno, l’ho visto crescere tanto nel 2024 e con lui avevamo fatto un progetto che mi piacerebbe terminare con il Tour de l’Avenir. So che non potrà essere dei nostri all’europeo e al mondiale, ma questo è un discorso inerente solo a lui. Infatti gli altri ragazzi con i quali ho lavorato e con cui lavorerò saranno tutti presi da devo team o formazioni continental e di club».

La regola a proposito di mondiali ed europei aveva già cambiato i piani?

Sicuramente sì, il fatto che poi dal prossimo anno la regola si allargherà anche alle prove di Nations Cup è un fattore che ho dovuto tenere in considerazione. Mi spiace per quei ragazzi che saranno tagliati fuori, ma devo lavorare con corridori ai quali proporre un cammino di crescita strutturato

Turconi chiuderebbe un po’ il cerchio in questo senso?

Con lui avevamo iniziato un percorso lo scorso anno, il suo primo da under 23 e da professionista, e voglio farglielo concludere. A inizio 2025 ci eravamo detti di fare dei passi con l’obiettivo dell’Avenir. Siamo partiti dalla Polonia proprio con l’intento di testare il ragazzo, il riscontro è stato più che positivo quindi andremo avanti. Per gli altri purtroppo non si potrà fare anche perché comunque il lavoro deve essere fatto anche in ottica europeo e mondiale, senza dimenticare che l’Avenir è un banco di prova anche per atleti dei devo team e delle continental.

Come si lavorerà in ottica mondiali ed europei?

Considerando che saranno dopo l’Avenir dovrò sicuramente portare dei ragazzi che potranno essere protagonisti in quelle prove. Sarà un passaggio obbligato ma fondamentale, senza dimenticare che al mondiale per il momento avrò con me solamente quattro corridori. 

La nuova regola UCI dal 2026 metterà tanti giovani che prima lavoravano con te nelle mani di Villa, avete parlato di come gestirete la cosa?

Avete pienamente ragione. Con il fatto di avere le gare di Nations Cup aperte anche ai professionisti avevo modo di far girare tanti ragazzi e di tenerli attivi anche nell’ottica di essere convocati in nazionale. Gli under 23 professionisti dal 2026 dovranno aspettare le decisioni di Marco Villa, non so se dal prossimo anno farà qualche gara convocando i giovani o ragazzi di secondo piano.  

Il lavoro che hai sempre fatto tu come cittì dell’U23 ora va traslato sulla nazionale maggiore?

Se Villa stesso vorrà lavorare su una base di ragazzi giovani in prospettiva di Los Angeles 2028, e degli impegni futuri, dovrà fare un calendario che permetta loro di crescere e a lui di conoscerli. Questi ragazzi devono entrare nel giro della nazionale, indossare la maglia azzurra e sentirne la responsabilità. Che era il senso di fare tante prove di Nations Cup con la nazionale U23 e avere diversi ragazzi nel giro azzurro. 

Amadori, qui con Lorenzo Mark Finn al Giro Next Gen, crede molto nel lavoro dei devo team e delle squadre continental
Amadori, qui con Lorenzo Mark Finn al Giro Next Gen, crede molto nel lavoro dei devo team e delle squadre continental
In un certo senso questo limite non è troppo grande? 

Penso che chi ha in gestione gli juniores e gli under 23 deve avere un occhio di riguardo e capire, per il bene del loro assistito, quale percorso fargli fare. Ora sanno che se li portano nel mondo dei professionisti non hanno più il supporto di quella che sarebbe la nazionale di categoria. Quindi ci sarà da capire cosa fare, le alternative valide a livello under 23 ci sono perché oltre ai devo team ci sono anche formazioni continental italiane che lavorano bene. 

L’UCI ha messo un limite che in qualche modo obbliga a ragionare su una crescita graduale?

Penso di sì e sono d’accordo. Un percorso di due anni con un calendario adeguato permettono di maturare in maniera solida e di trovare la propria dimensione. Veder passare tanti junior direttamente nel professionismo è un grosso rischio perché se poi non va bene qualcosa tornano indietro e non li recuperi più.