In un altro momento, in un mondo finalmente liberato dalla pandemia, saremmo seduti con Ciccone su una sdraio a bordo piscina dell’hoteldi Denia, cercando di capire dove lo porteranno nel 2021 le sue gambe e la sua ambizione. Giulio (in apertura nella foto Grenaa-Harper) sarebbe la solita esplosione di battute. Poi, in base agli argomenti, cadrebbe in una delle pause in cui inciampa da quando la vita lo ha costretto a diventare grande.
Il mondo tuttavia non è affatto libero, cose da dire ce ne sono e un modo per metterle insieme s’è comunque trovato. Una videocamera. Una connessione. E benvenuto a Giulio Ciccone.
A inizio stagione, Ciccone vince il LaiguegliaA inizio stagione, Ciccone vince il Laigueglia
Come stai?
Lo spirito è sempre buono, la voglia e l’entusiasmo sempre più alti. Ho un bel morale, dopo aver passato momenti davvero brutti.
Che cosa hai trovato sotto l’albero di Natale?
Un calendario molto importante e tanta fiducia da parte della squadra. Valenciana, Tirreno e Sanremo. Non le Ardenne, perché in quel periodo andrò in altura preparando il Giro, con cui ho un conto in sospeso. Ritrovarmi in quelle condizioni mi ha fatto male, moralmente e fisicamente, per questo la voglia di tornare era tanta. Poi c’è la novità della Vuelta, che non ho mai corso e in cui farò il capitano.
Primo grande Giro da capitano?
Mi metterò alla prova per vedere cosa posso fare. Onestamente non so cosa aspettarmi. Nel 2019 ho fatto il Giro pensando alle tappe. Subito dopo ho fatto il Tour, tenendo duro per una decina di giorni. Perciò l’obiettivo in Spagna potrebbe essere un posto nei cinque. Al di fuori, sarebbe un risultato deludente.
Fatica e problemi a respirare nella tappa di Cesenatico al GiroFatica e problemi a respirare nella tappa di Cesenatico al Giro
Le Olimpiadi non le consideri?
Dovevano essere l’obiettivo della scorsa stagione. Avevamo studiato il percorso e tutti i dettagli. Compreso il modo in cui gestire il clima un po’ particolare. Ora restano un obiettivo, ma dovremo capire le intenzioni del cittì. Comunque nel calendario abbiamo ricavato un periodo di preparazione per arrivarci bene.
I ragazzi del Giro
Parlando del Giro con Luca Guercilena e poi anche con Nibali, a un certo punto nelle scorse settimane era venuto fuori il suo nome. Si era lì a spaccare il capello sul perché non ci fosse stato un italiano tra i ragazzi del Giro ed entrambi hanno tirato fuori il nome di Giulio. Che ascolta, riflette e rilancia.
«Nel mio carattere – dice Ciccone – ci sono sempre la grinta e la voglia di fare. Ripartire dopo il Covid è stato una prova di coraggio, anche se alla fine non è servito a niente. Al Giro il morale era alto, la condizione no, ma sembrava che stesse arrivando. A Camigliatello e a Roccaraso mi sono sentito quasi bene, ma quando si mette di mezzo la salute… Sono passato dallo stare davanti con 30 corridori senza una gran condizione, a staccarmi da 100…».
Il ritiro della Trek si sta svolgendo a Denia, al Sella Golf Resort, sulla costa tra Valencia e MurciaIl ritiro Trek a Denia, nella provincia di Alicante
Per fortuna a inizio anno avevi vinto…
A Laigueglia, vittoria che cercavo da mesi, da quando mia madre si è ammalata e volevo dedicarle qualcosa, trovando insieme il modo di sfogarmi. In quel momento non avrei mai potuto immaginare non tanto la positività al Covid, che poteva anche capitare, ma il ritiro dal Giro. E’ stato duro sul piano fisico e quello mentale.
Durante la tua assenza, ci sono stati dei ragazzini che hanno vinto tutto…
Non ho avuto modo di confrontarmi con loro, ma alla fine gli avversari sono tanti e non solo i ragazzi più giovani. Io credo che il 2021 riporterà la situazione in equilibrio, perché l’ultima è stata davvero una stagione anomala.
Giulio Ciccone, momento di test nel ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)Giulio Ciccone, test nel ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Sei arrivato nel WorldTour dopo tre anni da U23 e tre con la Bardiani: Tiberi ci arriva con un solo anno alla Colpack. Cosa ne pensi?
Tiberi ha caratteristiche da atleta di grande spessore. Io ho vissuto un’esperienza più graduale e ho avuto un impatto meno brusco di quello che avrà lui. E onestamente mi ha fatto bene, perché fisicamente non ero pronto per sostenere un simile passaggio. Oggi si fa un gran parlare dei giovani che anticipano troppo, è un argomento particolare. Il livello si è alzato tantissimo, quelli più forti sono pronti anche a vent’anni. E Antonio è uno di loro.
Dove è finito Venchiarutti che tante belle cose ha fatto da U23? Lo abbiamo trovato in Friuli, nella sua Osoppo. Ecco come è andato il primo anno da pro' alla Androni Giocattoli
Metti un giorno a casa di Antonio Tiberi. Uno di quei freddi giorni che ci ha riservato questo primo mese del 2021. Si va al confine tra la Ciociaria e la bassa provincia romana. Colline, campi e una grande casa di campagna nei pressi di Gavignano nel Lazio.
Là dentro, al caldo, il giovane talento sta giocando alla Play Station. Ha fatto il suo allenamento come da programma e ci aspetta per l’intervista. E solo qualche giorno dopo ha spiccato il volo in direzione della Spagna, per aggregarsi al ritiro della Trek-Segafredo, il primo da pro’.
L’intervista con Tiberi
Antonio, pronto per questa avventura?
Spero di sì! Qualche piccola esperienza con il team già l’ho fatta, come in Belgio l’anno scorso. E ho visto subito altri ritmi, altri stili di corsa.
Sei emozionato? In fin dei conti adesso inizi per davvero…
Non tanto, non credo che ci sia differenza rispetto a quelli fatti in precedenza. Mi ci state facendo pensare voi adesso! Conosco molti ragazzi e già tanti componenti dello staff.
Brambilla ci ha detto che l’hanno scorso era rimasto colpito da te. Pensava che non avresti retto le sei ore della distanza, invece li ha riportati tutti “a casa”…
Sì dai qualche volta già avevo fatto 5-6 ore ed ero allenato. Mi allenavo da solo e mi mancava un po’ il ritmo, ma già dopo tre, quattro uscite con i ragazzi lo avevo preso e mi sono trovato bene sin da subito.
Hai fatto un anno alla Colpack-Ballan, cosa hai imparato?
E’ stata una stagione bella quella con la Colpack. Mi è servita per fare esperienza e per avvicinarmi alle distanze più lunghe. E al tempo stesso ho fatto qualche gara con i professionisti. Tra l’altro ci ho fatto la prima gara in assoluto, il Laigueglia. Ed è stata una bella batosta perché di fatto passavo dagli junior ai pro’: 200 chilometri! E’ stata dura. Dopo la seconda, terza, gara con i dilettanti già mi sentivo più a mio agio. E mi è servito, perché in estate con la maglia della nazionale alla Coppa Sabatini, di nuovo tra i grandi, ho sentito la differenza. Mi sentivo già più competitivo. Riuscivo a tenere meglio le posizioni, a tenere in salita. Un’altra cosa rispetto ai cambi di ritmo del Laigueglia.
Antonio Tiberi compirà 20 anni a giugnoAntonio Tiberi compirà 20 anni a giugno
Quando dici “batosta del Laigueglia” cosa intendi di preciso?
Finché abbiamo fatto i giri grandi, nella prima parte di gara, tutto sommato era andata bene, quando poi siamo entrati nel circuito finale ho visto le vere differenze. Quando i pro’ aprono il gas è tutt’altra cosa e io, ripeto, venivo dagli juniores. Però non ne ho fatto un dramma: ho pensato che fosse ancora inizio stagione. Sono giovane, mi sono detto.
Come hai vissuto la stagione da U23 sapendo che avevi già un contratto in tasca?
Ho fatto davvero esperienza. Ho corso per crescere, per aumentare la cilindrata e abituarmi ai diversi ritmi. Non ho sentito molto la pressione e questa cosa mi ha aiutato, come per esempio nelle gare internazionali. Ero più tranquillo. E infatti altri ragazzi ogni tanto scherzando mi dicevano: beato te!
Durante la stagione hai mai parlato con Guercilena?
Non molto. Avevo parlato con lui nei ritiri in America e in quello in Sicilia e poi mi ha fatto i complimenti dopo alcune gare da dilettante.
In questa stagione hai continuato a lavorare a cronometro?
Ho vinto subito la prima gara dopo il lockdown e in altre sono andato discretamente bene. Poi al campionato italiano Milan ha tirato fuori tutto il suo potenziale e non c’è stata storia.
Prima hai parlato di cilindrata: numeri alla mano sei migliorato?
Ho fatto un test in salita identico a quello dell’anno scorso, solo che l’ho eseguito due mesi prima, quindi meno in forma. Nonostante tutto ho siglato valori leggermente migliori. Però a sensazione sento di andare molto meglio.
Cosa ti è rimasto del Giro under 23?
Il giorno del Mortirolo è andata bene. Ero nella fuga, l’ho preso con 30-40” di vantaggio e ho scollinato tra i primi cinque, sei. Mi spiace invece di aver sofferto troppo in alcune tappe e potevo evitare alcuni errori.
Quali?
Potevo pensare di più alla generale e invece ho corso sempre all’attacco, sin dalla prima tappa, Almeno ne sono uscito bene.
Antonio Tiberi in azzurro alla Sabatini 2020Tiberi in azzurro alla Sabatini 2020
A questo punto mentre, Antonio ci mostra la nuova bici e ci porta nella stanza dei rulli, si passa a parlare di quel che verrà. Di fatto la sua avventura tra i professionisti inizia in questo 2021 ed è uno dei simboli del ciclismo che cambia. Tiberi, pensate, compirà 20 anni nel corso della stagione.
Hai già un programma?
Sì un calendario di massima ce l’ho. Inizio a febbraio, all’Etoile de Besseges, quindi farò il UAE Tour e le gare italiane, ma il vero obiettivo è il Giro di Svizzera. Quindi ci sarà il Tour of Utah. A quel punto si valuterà per il resto della stagione.
Che significa che lo Svizzera è l’obiettivo?
Che si punta per arrivare al meglio a quell’appuntamento. Serve per mettersi alla prova e vedere a che punto si è.
E’ cambiata la tua preparazione?
Faccio di sicuro più ore e anche gli specifici ho iniziato a farli prima. Insomma con Josu (Larrazabal, il preparatore della Trek, ndr) ho anticipato un po’, anche perché devo partire prima rispetto al solito. Lui mi seguiva già ai tempi della Franco Ballerini, quando avevo saputo che sarei andato con loro. In questo modo avrebbe avuto già più anni di storico sui miei dati.
Lungimirante. Fu una scelta tua o imposta?
Ci fu qualche problema con il preparatore dell’epoca e in accordo con mio padre e i miei procuratori (i Carera, ndr) ne parlammo subito con la Trek e Josu stesso.
Antonio con papà Paolo e mamma NadiaAntonio con papà Paolo
Che genere di lavori specifici hai già fatto?
Sostanzialmente le Sfr e il potenziamento. E anche le salite al medio.
Che effetto ti ha fatto vedere gente appena più grande di te vincere il Tour e giocarsi il Giro? E’ una pressione, perché ci devi arrivare presto anche tu, o è uno stimolo?
Ci vogliamo arrivare sicuramente – dice con voce ferma Tiberi – ma non è un obiettivo focalizzato per quella età. Se poi non ci arrivo mi si ritorce contro. Ricordiamo che parliamo di 2-3 corridori su 300. L’eccezione sono loro.
E’ vero che sei uscito con Nibali nei giorni delle feste natalizie?
Sì, lui era dai suoceri a Fiuggi. Ci basta fare un quarto d’ora di strada a testa e ci incontriamo a metà strada. Con Vincenzo ero già uscito in passato. Fu Carera a mettermi in contato con lui, quando si sapeva che sarei andato alla Trek.
Ritiri e qualche gara con la Trek li ha già fatti, c’è qualcuno con cui hai legato di più?
Beh, con Vincenzo appunto sono uscito, ma parlo spesso con Antonio suo fratello, con Jacopo Mosca e Alex Kamp e anche con Giulio Ciccone.
Senti, il Giro non rientra tra i tuoi programmi, ma se Nibali dicesse: Tiberi lo voglio in squadra. Tu cosa risponderesti?
Elisa Longo Borghini ha ritrovato le sensazioni, il morale e di conseguenza il sorriso. La conseguenza di tutto ciò sono stati tre vittorie e nove podi, compresi quelli del Giro e dei mondiali. Il dato che più piace sottolineare alla vigilia della stagione olimpica, è che pur avendo davanti un paio di mostri sacri come Van Vleuten e Van der Breggen, la piemontese ha ridotto il gap che da loro la divide.
«Il lockdown le ha fatto bene – disse scherzando Paolo Slongo commentando il suo ritorno ad alto livello – perché finalmente non ha potuto allenarsi troppo».
Elisa Longo Borghini e Annemiek Van Vleuten, testa a testa agli europeiLongo Borghini-Van Vleuten, testa a testa agli europei
«Credo in effetti di aver lavorato meno – disse lei – ma non di aver lavorato poco. Con Paolo abbiamo pianificato di fare una media di 18-20 ore a settimana, con un programma per ripartire tranquilli senza perdere troppa condizione. Nelle prime tre corse sono arrivata, seconda, terza e quarta. Poi sono stata in ritiro con la Trek-Segafredo, nello stesso agriturismo dei professionisti con altre due compagne, Ragot e Plitcha. Il bello è che Slongo ha potuto seguirci ogni giorno. Quel ritiro mi ha cambiato la stagione, l’ho vissuto bene e ne sono uscita meglio».
Il gap scende
Abbiamo ripreso il discorso con il tecnico trevigiano, cercando di capire quale Elisa vedremo sulla strada verso Tokyo
«Secondo me – dice Slongo – Elisa ha trovato la vera dimensione, negli anni scorsi si era persa anche lei. Quest’anno si è messa a pari ed è tornata al suo livello. Certo, anche lei ha davanti l’Eddy Merckx delle donne. Lei va forte, però quando trovi la Van Vleuten che fa quello che ha fatto… Però la cosa buona è che a partire dall’europeo il gap si è ridotto. Elisa si è avvicinata molto ed è positivo per il 2021».
Spalla a spalla finale con la Van Vleuten nella volata di ImplaSpalla a spalla nella volata di Imola
Sin da junior
La collaborazione tra i due è di vecchia data, ma quando Slongo è passato al Team Bahrain era stato costretto a interromperla.
«Ho lavorato con lei da juniores – spiega – quando è passata fra le elite. Era alla Fassa Bortolo, a Spresiano, e io ho un ufficio a Treviso. E a quelli della zona do sempre una mano. In più avevo lavorato col fratello in Liquigas, così abbiamo cominciato a lavorare insieme. Al primo anno con il Bahrain sembrava che il progetto dovesse essere diverso anche per noi, che fossimo parte in causa in modo più importante. Per cui le ho detto: “Se vuoi io ti seguo, ma mi secca che un’atleta di alto livello come te sia seguita così poco”. Eravamo costretti a rimandare i test, perché magari io non c’ero e non era giusto. Le ho detto che se voleva guardarsi attorno… Così è passata con con Mattia Marcellusi, che sta a Vicenza e lavora con la Ntt. Hanno collaborato per un anno e mezzo, poi non si è trovata bene e ha interrotto».
L’arrivo di Breganze che vale il tricolore su strada 2020Così a Breganze conquista il tricolore
La svolta del 2017
Slongo tornava dalla Vuelta del 2017, quella di Froome davanti a Nibali. E quando Paolo Longo Borghini lo chiama e gli dice che la sorella non vuole nemmeno andare al mondiale di Bergen, perché non sta in piedi, i due ricominciano a sentirsi.
«Mi aveva chiamato prima il fratello – conferma – dicendo che Elisa non andava avanti. Diceva di essere in overtraining. Non voleva andare (in realtà la piemontese parteciperà, ma si ritirerà, ndr). Siccome avevo capito che il progetto del Bahrain non aveva le promesse iniziali, le proposi che avremmo potuto ricominciare a collaborare. E dall’anno successivo abbiamo ricominciato. Quest’anno poi la squadra ha anche il femminile ed è stato più facile lavorare insieme. Al primo ritiro ora in Spagna ci sono anche loro. Una cosa è avere l’atleta con te, altro è dire cose e basta. Ha più qualità viverci assieme, fare dietro moto, fare i test. sono cose che pagano. Il suo programma prevede di correre di più e, per come sta andando, potrebbe andare subito forte. Ma fatto un periodo di stacco dopo le classiche, il clou della stagione per lei ci sarà fra Giro d’Italia e Olimpiadi. Vincere di più? Le sue fibre sono rosse, grandissima resistenza e poca velocità, anche se ci lavoriamo. Si deve lavorare sulla tattica di corsa, dovremo staccarle tutte. E la forza davvero non le manca».
E' il giorno in cui la Trek-Segafredo preleva dal Maglificio Santini il vestiario da gara e da allenamento. E noi ci siamo fatti spiegare proprio tutto
Nibali ha riavviato il grosso motore e Paolo Slongo, il suo allenatore di sempre, che dalla Liquigas lo ha seguito passo dopo passo fino alla Trek-Segafredo, si è messo ad ascoltarne il rumore per capire come riportarlo ai giri giusti. Vincenzo ha dato l’idea di non essersi mai fermato, fra gravel e mountain bike, pervaso da una palpabile voglia di rifarsi. Noi allora abbiamo parlato proprio con Slongo, facendo tutte le domande, anche quelle dei più scettici.
Questa ce la togliamo subito: cosa si risponde a chi dice che Vincenzo non vincerà mai più un grande Giro?
Secondo me (sorride, ndr) fisicamente, per esperienza e tutto, Nibali è ancora competitivo e integro. L’unica cosa che può cambiare è la motivazione. Quest’anno lo vedo sul pezzo, senza far proclami. Abbiamo scelto di tornare alle origini, di non dichiarare degli obiettivi troppo alti per non subire poi i soliti processi. Gli piace ancora andar via in bici, voleva togliersi un po’ di peso. E’ normale che poi sarà lì a lottare. Penso che se uno così continua a correre, la volontà è fare bene.
Tra i ricordi più belli, la vittoria del Tour de France 2014. Da sinistra, Martinelli, Nibali e SlongoSlongo con Martinelli e Nibali, a Parigi, nell’estate del 2014
Il 2020 non va considerato?
Ha pagato il lockdown più di altri. La ripresa poteva essere gestita meglio, sapevo anche io che c’era un programma ottimale. Ma la pandemia c’è ancora ed era un rischio troppo grande. Se ne sta già parlando all’estero. In una persona normale non cambia niente, per uno sportivo potrebbe esserci un danno, un abbassamento del VO2Max. Per cui meno rischi si prendono e meglio è.
Con gli anni si è persa brillantezza?
Col passare degli anni, la resistenza resta, ma perdi un po’ di esplosività e di brillantezza. La cosa più difficile è trovare gli stimoli per lavorare sempre di più. Purtroppo nell’aver a che fare anche con questi giovani talenti, che magari hanno entusiasmo, freschezza e pochi obblighi di famiglia, diventa più difficile per un atleta che è da tante stagioni sempre sulla cresta dell’onda. Gli anni non pesano per l’età, ma anche per gli stimoli.
Da cosa si deduce il calo dell’esplosività?
Dalle sensazioni in corsa, nel vedere che nell’uscita da una curva perdi un metro e fatichi a riprenderlo. E poi nei test. Non è tanto il punto di forza massimale, che rimane quasi uguale. Però se ne fai tre, quattro, cinque… a ogni scatto tendi a calare un po’. E’ quello che cambia con l’andare avanti dell’età.
L’incidente alla schiena ha lasciato strascichi?
Non ne abbiamo mai parlato tanto, ma lo ha portato a modificare se stesso. Per essere un professionista e fare il mondiale ha cementato le due vertebre, ma ha convissuto più di un anno con i dolorini alla schiena. Adesso ha questa sensazione della spinta di un piede che non è come prima. Sono tutte cose cambiate dal momento di quell’incidente. C’è stata una rincorsa da parte di tutti per cercare di stare bene, ma il segno è restato. Dolori non ne ha più. Nibali è una macchina perfetta, quando è in forma è super sensibilee anche una virgola gli dà fastidio. Dopo quell’incidente di virgole ce ne sono state tante.
La caduta all’ìAlpe d’Huez del 2018 ha inciso sulla storia sportiva di Nibali, anche se se ne è parlato sempre pocoLa caduta all’Alpe d’Huez ha avuto strascichi pesanti
Il calo di esplosività intacca il recupero?
Può incidere. Il ciclismo è un po’ cambiato, è livellato in salita e magari chi è più esplosivo nel finale riesce ad avere vantaggio. Il soffrire di più in corsa ti porta a recuperare un po’ meno. Fisiologicamente Vincenzo recupera sempre bene. La capacità di essere costante nella terza settimana resta, ma può essere condizionata. Al Tour ci sono stati pochi secondi di distacco, la differenza si fa su pochi particolari. Sei sempre là, ma ti può mancare qualcosa per vincere.
Quindi si lavorerà soprattutto sulla brillantezza?
La quantità devi sempre farla, non manca solo esplosività. E’ uno sport di resistenza e ci sono tante varianti, che prima non erano al centro dell’attenzione, mentre quest’anno lo saranno. Senza tralasciare la base di lavoro. Le ore servono, ma tra farne 6 a spasso e 5 fatte bene, non c’è dubbio su cosa sia meglio. Vincenzo ha 36 anni, conta tanto la qualità. Ha un motore diverso, è un discorso di carico crescente e allora, non potendo fare allenamenti di un giorno intero, cresci la qualità dentro le ore.
Secondo Slongo, il Nibali atleta è meticoloso nel lavoro?
Sicuramente è più scrupoloso dei primi anni, magari però può essere che gli stimoli vengano a pesare sempre più. Quando qua c’è stata la prima neve, alcuni atleti sono andati a Calpe e hanno lavorato a 15-18 gradi. Da noi non ci si poteva allenare più di tanto, quindi facevi 13-14 ore di bici più palestra. Gli altri in Spagna ne facevano 25-28. Il nocciolo è che a febbraio quelli andranno di più, poi alla Parigi-Nizza o alla Tirreno anche gli altri verranno fuori. Ormai non si inventa più niente.
L’ultimo Giro d’Italia per Slongo non è un metro di paragone attendibileL’ultimo Giro non va tenuto in considerazione
L’obiettivo è partire forte?
Essere subito un po’ più brillante anche per il morale, se non a febbraio, per marzo. Non cambia tanto. Quelli con cui ci confrontiamo sono spesso in ritiro, praticamente dopo ogni gara. Serve motivazione per stare in ritiro due settimane.
Basta Teide?
Io rispetto la persona, ma ho anche metodo. E secondo me, per il mestiere che è il ciclismo, il lavoro e la vita da atleta hanno sempre pagato e sempre pagheranno. Il cambiamento che stiamo facendo nasce però dal voler rispettare la sua psicologia. «Se una cosa mi pesa e non la voglio fare, è meglio non farla. Cerchiamo alternative per poter essere lo stesso competitivi». Perciò, invece di fare due ritiri, ne faremo uno. Prima era lui che seguiva le indicazioni, adesso è più parte in causa nelle scelte.
Una rivoluzione?
Si lavora seguendo un progetto, ma si lascia a Vincenzo, per sua richiesta, un po’ più di libertà nell’interpretare l’allenamento. C’è una linea guida, ha pedalato, sicuramente ha fatto un bell’inverno. Anche la palestra quest’anno l’ha interpretata bene, come qualche anno fa.
Un ottimo inverno, per ripartire subito forteUn ottimo inverno per ripartire forte
Farete più gare?
L’idea è di correre di più. E magari, se facciamo il Giro, ci sarà un ritiro fra marzo e aprile, prima delle corse di avvicinamento, anche se il programma deve essere ancora definito. Certo il metodo di sempre, già collaudato in tanti anni, fa dormire più tranquilli. Però allo stesso tempo da allenatore devo saper cambiare anche io e mettere sul tavolo quello che si può fare.
Che rapporto c’è fra Slongo e Nibali?
E’ sempre stato abbastanza costruttivo, non è mai stato accondiscendente da parte mia. E’ stato anche difficile. Abbiamo fatto un confronto a fine anno per mettere dei paletti. Ho sempre voluto una cosa schietta, mi sono sempre messo in gioco. Gli ho detto che se vuole cambiare, non cade il mondo. E’ un rapporto vero e deve essere così. Un allenatore e il corridore devono dirsi quello che pensano. Allora è costruttivo, migliori, ti metti in gioco e vai avanti.
«Qui è dove cucivano le mascherine – dice Stefano Devicenzi, del marketing Santini – mentre adesso stanno lavorando alle maglie della Trek-Segafredo. E’ tutto diviso in comparti, ogni comparto si occupa di un passaggio. Si va dal disegno al computer fino alla confezione, tutto fatto in azienda. E questo ci permette una bella agilità in caso di imprevisti. Come quando nel 2017 il Giro d’Italia cambiò il colore della maglia rossa in ciclamino pochi giorni prima e ci toccò rifarle tutte…».
Giorno di metà dicembre nella sede del maglificio bergamasco, in un brusio silenzioso che sa di alveare e spazi che sono ampi a prescindere, ma in tempo di Covid sembrano provvidenziali. Il magazzino è pieno di scatoloni in cui si va ammassando il materiale della Trek-Segafredo. Le nuove maglie sono state appena presentate. Per gli uomini e per le donne. I numeri riferiti alle forniture per ciascun atleta lasciano senza fiato. Ma quello che più ci premeva capire è quali differenze ci siano fra vestire un’atleta con l’apostrofo e un atleta che l’apostrofo non ce l’ha.
Qui Santini, si comincia così. I capi disegnati al computer vengono trasferiti su rulli di cartaPrima fase, si comincia stampando su carta
Il know-how già c’era, giusto?
Esatto. La nostra storia, complice il fatto che l’azienda è in mano a due sorelle (Monica e Paola Santini, ndr), testimonia che un occhio al ciclismo femminile lo abbiamo sempre avuto. Si facevano già capi dedicati, tagliati su misura per assecondare l’anatomia femminile. Allo stesso modo, per dare coerenza alla produzione, si è realizzato il fondello di alta gamma anche per le ragazze.
Che cosa prevede la collaborazione con Trek-Segafredo?
Per ciascun atleta la fornitura si divide fra prodotti da catalogo e altri personalizzati. La squadra ha una referente che si chiama Leslie, che fa da intermediario tra i corridori e noi. Ora passa tutto per le sue mani, mentre al primo anno andammo di persona a raccogliere i feedback degli atleti più rappresentativi, anche se Leslie era già ben presente ne suo ruolo. La squadra è molto ben strutturata e attenta ai dettagli.
Ad esempio?
Sono molto rigidi. Alla Vuelta, un corridore arrivato piuttosto bene, ha messo in testa una fascia che non apparteneva alla nostra fornitura. Un corridore forte, ma ugualmente è stato multato.
Il colore esatto verrà fuori grazie all’elevata temperatura di quel rulloLa giusta colorazione verrà fuori grazie al calore
Quali sono le fasi prima di riempire le famose valigie?
Il primo step è quello del fitting, che di solito si fa durante i giorni del mondiale, se non altro perché gli atleti ci sono praticamente tutti. Vengono prese le misure di ciascuno, con vari gradi di attenzione. Ad esempio, quando vestivamo la Nippo-Vini Fantini, si faceva un fitting più blando perché la squadra aveva esigenze diverse. La Boels Dolmans delle olandesi è stata a lungo senza prendere l’invernale. Fu dopo un Trofeo Binda corso nel gelo, che decisero di mettere nel budget anche l’abbigliamento invernale.
Ogni corridore fa storia a sé?
Ogni corridore ha la sua scheda e non tutti hanno le stesse dotazioni. Ad esempio, Kiel Reijnen, che vive negli Usa su un lago sempre gelido, ha voluto due tute integrali per l’inverno. Un capo che gli altri quasi neppure guardano.
Si cuciono i giubbini. Le postazioni nello stabilimento Santini rispettano il distanziamentoSi cuciono i giubbini, ben distanziati…
Ci sono atleti con misure strane?
Pochi che richiedano lavorazioni davvero su misura. Piuttosto ci sono piccole fissazioni, come il punto in cui cucire la tasca per la radiolina, oppure chi vuole ugualmente il silicone sulla manica corta, nonostante sia fatta di tessuto indemagliabile che non stringe. Con i più magri e alti, come Mollema, è necessario allungare la gamba del pantaloncino. Un altro abbastanza particolare con cui abbiamo avuto a che fare è Froome.
Froome?
Era leader della Vuelta e dovevamo dargli il body da crono. Santini sponsorizza la corsa spagnola e anche tutti i mondiali Uci, per cui ci capita di dare maglie ad atleti con cui non abbiamo mai lavorato. E questo non è semplice. Froome, quindi. Eravamo in contatto con Sky ed eravamo preoccupati che il body standard non andasse bene. Invece lo usò, vinse la crono e alla fine disse di essersi trovato bene. Allo stesso modo, sempre alla Vuelta, Adam Yates era così piccolo che trovammo una sarta sul posto che gli adattasse il body.
Si parlava di feedback da parte degli atleti.
Un valore aggiunto se il periodo di collaborazione è sufficientemente lungo. I tre anni con Trek iniziano a essere interessanti. Ma in assoluto la collaborazione più proficua e longeva per ora ce l’abbiamo con l’Australia, con cui lavoriamo dal 2000. Loro fanno uno sviluppo incredibile in pista. Non tanto per i mondiali, quanto per le Olimpiadi. Si ragiona per quadrienni. Sui body per Tokyo stiamo lavorando da tre anni. E’ chiaro che se sviluppi un prodotto per un cliente, resterà riservato a lui. Ma ugualmente un certo tipo di feedback resta lo stesso.
Le maglie tricolori marcate Santini per Elisa Longo Borghini sono tutte prontePronte le maglie tricolori per Longo Borghini
Capita mai di dare ai corridori qualcosa di non… ufficiale?
Ci sono stati vari casi. Il primo che mi viene in mente è Tim Reed, che volle correre il mondiale di triathlon a Kona con lo stesso body da crono con cui Rohan Dennis aveva vinto il mondiale nello Yorkshire. Ovviamente è impossibile stare in posizione eretta con un capo del genere, così dopo quella volta disegnammo il body da triathlon. Altro caso, una Sanremo corsa nell’uragano. Fornimmo alla Trek-Segafredo dei giubbini non ufficiali, perché previsti per l’anno dopo e fu utile. Oppure è capitato di dare in prova i pantaloncini con il fianco anti-taglio, che protegge l’anca dalle abrasioni. E proprio dal riscontro dei corridori, è stato sviluppato un nuovo tessuto che dà le stesse garanzie, ma è stampabile con le scritte degli sponsor.
Fondelli Santini di altissima gamma, per donna e per uomo: identico standardFondello alto di gamma per donne e per uomini
I corridori sono capaci di infilarsi in taglie piccolissime. Le ragazze come fanno?
Le taglie femminili sono da XS in giù, con i body da crono che sembrano da bambine, per quanto sono piccoli. Diciamo che in catalogo ci sono tre tipi di vestibilità e quella dei corridori è la più tirata.
Quindi la sponsorizzazione non deve avere solo un ritorno di immagine…
Esatto, ci stavo arrivando. Non è solo per visibilità, deve portare sviluppo e aperture commerciali. E Trek per questo è eccezionale. Ci spingono verso una ricerca e uno sviluppo non banali. Ci siamo ritrovati davanti a due squadre di altissimo livello. E ne siamo davvero contenti.
Letizia mi accoglie con il suo bel sorriso, la sua energia e l’incredibile semplicità (la foto Instagram di apertura è stata scattata da davidsondiegoagostinifns). Ad ogni mio complimento i suoi occhi si accendono, accenna un modesto sorrido e a voce bassa mi dice: «Grazie». Parlare con lei si è rivelata un’esperienza significativa che mi ha dato davvero molto. La Paternoster è un vero esempio per le ragazze; non solo nello sport, ma anche per affrontare la vita di tutti i giorni…
Così nel 2019 Paternoster ha vinto i campionati europei U23 di AlkmaarNel 2019 campionessa europea U23
Quali sono i tuoi punti di forza?
Ci vuole determinazione. Avere tanti sogni stampati in testa è la chiave per affrontare tutto, per rialzarti, per andare avanti sempre al meglio. Ogni momento difficile lo affronto con la voglia di arrivare più in alto di dove sono caduta. Avere una famiglia come quella che ho io alle spalle è importante e mi reputo molto fortunata in questo. La famiglia ti crea, ti insegna, ti fa crescere. La mia mi ha accompagnata in ogni caduta, per poi aiutarmi a rialzarmi ancora più forte. Avere qualcuno che ti supporta nei momenti di fragilità è davvero molto importante. Per arrivare a certi livelli bisogna essere forti, fisicamente e mentalmente, ma la fragilità, anche se nascosta, fa parte anche dei forti.
Cambieresti qualcosa del tuo carattere?
Non cambierei nulla della mia personalità, sono così e ho imparato ad accettarmi anche nei miei aspetti negativi. Nessuno di noi è perfetto, devi saper guardare i lati positivi e mutare quelli negativi in positivi.
Da chi ruberesti, se potessi, un pezzo di carattere?
Indiscutibilmente da Federica Pellegrini. L’ho sempre stimata molto per la sua caparbietà, determinazione e per il fatto che è sempre riuscita a rimanere ad un livello altissimo per tanti anni. Poi, vederla fuori dalla vasca con i tacchi e gli abiti eleganti è un aspetto che mi ha sempre affascinata molto. Sinceramente, se potessi, le ruberei anche una piccola parte delle sue capacità da nuotatrice, il nuoto è uno sport che non fa per me. Dopo qualche bracciata… potrei affondare (ride).
Paternoster in palestra, con il look ugualmente curatissimo (foto Instagram)In palestra, ogni cosa al suo posto (foto Instagram)
Peccato, avremmo potuto fare triathlon insieme…
Fai triathlon? Grande! E’ uno sport fantastico. Sicuramente è molto duro e impegnativo, mi piace davvero molto. Se non fosse per il nuoto…
Essere donna…
E’ una grande fortuna. Privarsi di qualsiasi tipo di cosa non è assolutamente corretto. Bisogna sentirsi libere di fare tutto ciò che si vuole ed essere costantemente sicure di se stesse. Una volta trovato il proprio equilibrio e la propria autostima si può riuscire davvero in tutto ciò che si vuole. Non devi mai farti influenzare dagli altri e devi rimanere sempre te stessa.
Hai un debole per la pista, si sa. Ma la strada?
E’ stata il mio primo amore, in futuro mi vedo molto di più nelle gare su strada. Correre accanto alle mie compagne è una continua emozione; ogni sforzo viene sempre ripagato sia a livello individuale che di team. Quando fatichi tanto e poi vedi una tua compagna vincere è sempre gratificante. Lo stesso è arrivare con le braccia alzate, qualcosa di indescrivibile, un’energia unica che ricerco sempre.
Mantenere la propria femminilità per una sportiva…
E’ molto importante. I primi anni sono anche stata criticata per essere molto femminile anche nel mio mondo, magari arrivavo truccata in diverse occasioni e avevano da ridire. Dopo un po’ di anni ho notato che questo aspetto è stato anche apprezzato, molte ragazze hanno iniziato a fare lo stesso e questo mi ha resa felice. Sinceramente, però, è stato un po’ difficile da affrontare quel periodo. Ero davvero piccolina e ricevere critiche da ragazze più grandi, magari anche affermate, faceva trasparire il mio lato fragile. Ma, con determinazione, il pensiero era solo ed esclusivamente rivolto ad arrivare al mio obiettivo e tutto il resto me lo lasciavo scivolare addosso.
Dopo il primo anno con l’Astana, la Trek-Segafredo si è affrettata a farla firmareUn anno all’Astana e dal 2019 alla Trek-Segafredo
A tal proposito, una curiosità personale, che trucchi usi?
Principalmente quelli della Mac, mi trovo davvero bene. Anche in gara quando sudo molto, non si sciolgono minimamente, rimangono intatti.
Sono resistenti all’acqua?
Sì, ma solo la matita e il mascara. Per quando riguarda fondotinta e altro no.
Grazie mille. Ora possiamo ritornare all’intervista…
No no, se vuoi possiamo parlare di questo anche per ore. Mi piace parlare di queste cose (ridiamo).
Anche in pista riesci ad essere elegante…
Elegante? Sono sempre super sudata (ride). Sono felice, però, che dall’esterno si veda questo, non è per nulla semplice.
Sei molto seguita sui social. Un’influencer che, essendo sportiva e affermata, si ritrova una marcia in più rispetto a molte altre…
(Sorride, si imbarazza lievemente). Mi piace condividere certi momenti della mia vita quotidiana con le persone che mi seguono, principalmente della mia vita sportiva ma anche di certi aspetti simpatici che vanno al di là dello sport. E’ tutto molto naturale. Ci sono giornate in cui non ho voglia di pubblicare e non lo faccio, tutto ciò che si vede è molto spontaneo. L’aspetto che non mi piace, però, sono i leoni da tastiera che magari sono gli stessi che alle corse ti chiedono un autografo. Ma rendermi pubblica sui social è stata una scelta mia e, quindi, questa è una situazione che si può presentare e che devo anche accettare. Ormai ho imparato a riderci sopra.
Sapere che Letizia Paternoster è un’icona per molte ragazze sia come sportiva che come donna…
Mi fa sentire orgogliosa e mi piace tanto. Spero in tutti i modi di potere essere un esempio positivo per tutte quelle ragazze che vogliono raggiungere un obiettivo e vogliono conquistare i propri sogni. Nulla è semplice, ci vuole sempre tanto coraggio, ma bisogna farlo. Chiudere gli occhi e crederci fino in fondo. Poterlo trasmettere a ragazze più giovani è sicuramente una cosa che mi rende orgogliosa e che dà tanta forza anche a me.
Belle le vittorie, scrive Paternoster, ma lo shopping è sempre lo shopping… (foto Instagram)Uno po’ di shopping dopo le vittorie (foto Instagram)
Chi rappresenta, invece, un’icona per Letizia Paternoster?
Marianne Vos sicuramente, per quanto riguarda il ciclismo, lo è sempre stata e sempre lo sarà. Sia per il suo lato di atleta sia quello umano.
Se ti dicessi “Tokyo 2021”…
E’ il mio grande sogno. Andrei lì per puntare al massimo, all’oro. Devo lavorare ancora tanto ma, sicuramente, non vado per partecipare. Quello che verrà sarà sempre bello, ma parto con un grande sogno che voglio con tutta me stessa realizzare.
Tra un allenamento e l’altro studi. Cosa prevede il tuo progetto di vita?
Ho intrapreso la facoltà di Scienze Politiche. Penso che faccia bene a chiunque tenersi impegnati e allenati mentalmente. Non voglio precludermi nessuna strada, il tempo per me è preziosissimo e cerco di sfruttarlo sempre al meglio.
Il problema al ginocchio…
E’ stato un periodo un po’ buio. Sono stata cinque mesi senza poter lavorare, allenarmi, fare ciò che più amo. In questo periodo, però, ho conosciuto il mio ragazzo che mi ha supportata tantissimo e mi ha fatto crescere sotto diversi aspetti. Il suo supporto, anche oggi, è sempre fondamentale. Quando mi alleno in palestra mi fa da coach, ne sa più di me e io mi fido ciecamente. Anche la mia compagna della Trek-Segafredo, Ellen van Dijk mi è stata molto vicina durante quel periodo e le sono molto grata.
Fare la mamma e fare la ciclista professionista…
E’ forse l’unica cosa che ancora non ho mai provato (ride). E’ molto impegnativo, per questo motivo stimo molto la Bastianelli. Vedere i sacrifici che fa, è incredibile. Uno dei miei desideri futuri è quello di avere una famiglia, può essere che anch’io dovrò affrontare certi momenti legati a questo aspetto. Per ora i miei obiettivi, naturalmente, sono altri, ma essere madre è uno dei miei grandi sogni.
Se potessi tornare indietro nel tempo, cosa diresti alla Letizia Paternoster bambina che iniziava a fare ciclismo?
Magari di affrontare certi eventi senza demoralizzarmi molto per cose che prima vedevo come enormi quando, ad oggi, capisco che non lo erano poi così tanto.
Consiglieresti ad una ragazza di fare questo sport?
Certo. Ti insegna a vivere, a crescere, anche se non ne farai una professione, avrai sempre una marcia in più nella vita.
Caldo estremo. I corridori vanno alla ricerca disperata di freddo. E di ghiaccio in particolare. Ne parliamo con Nino Daniele, medico della Trek-Segafredo
Balsamo non difenderà il tricolore. L'infortunio non è recuperato, così Elisa si allena sui rulli e in palestra. Ma i ricordi più belli sono ancora vivi
Metti un giorno nella sede di Trek Italia a Bergamo, che sul cancello ha scritto Waterloo-Wisconsin, per parlare di professionisti e mercato delle bici. Cercando di capire in che modo avere in sella Nibali e la Paternoster, ad esempio, si traduca in volume di affari. All’interno del mega open space ci accoglie Rudy Pesenti, responsabile Media & Events di Trek Italia. La mascherina e l’andatura dinoccolata. Così dopo un giro di visita e un caffè, ci accomodiamo sugli sgabelli alti della sala destinata al riposo e il viaggio comincia, con una doverosa premessa.
«La gestione tecnica del team Trek-Segafredo – dice – non riguarda noi, quanto piuttosto la sede americana, dato che è l’unico team di proprietà. Hanno uno staff creato su misura, con due figure di riferimento. Bruno Savona sul fronte sponsor e Matt Shriver per Trek e Sram. I corridori parlano con loro».
Sempre presente, nella sede di Trek Italia, il richiamo alla sede centrale nel WisconsinIl richiamo alla sede centrale negli Usa
A quanto vi risulta, in ogni caso, i feedback dei corridori contribuiscono al miglioramento del prodotto?
Parecchio. La Domane praticamente l’ha sviluppata Cancellara, mentre ora c’è Nibali che ha ragionato parecchio sulla nuova Emonda. Non tutti sono in grado di fare queste cose. Tanti corridori dove li metti, stanno.
In quale altro modo i corridori sono di supporto?
Nelle scorse settimane abbiamo dato una city bike alla Paternoster, una gravel a Conci e Nibali ha in mano la mountain bike. La loro azione sui social network per noi è un grande aiuto. I social contano tanto. Durante il lockdown si parlava solo di Nibali. Abbiamo fatto delle dirette incredibili con grandi numeri.
Di conseguenza l’amatore vuole la bici del campione?
In Italia c’è la mania di avere la bici migliore e del resto avere un team porta il pubblico ad appassionarsi a certi modelli. La colorazione team comunque viene riproposta su vari livelli della gamma, in modo da poterla avere senza spendere per forza il massimo. Anche sulla Project One, che prevede la personalizzazione massima.
Bici e foto di imprese: non solo agonismo, anche avventura a casa di Trek ItaliaBici e imprese, agonismo e avventura
Quindi i campioni sono gli ideali testimonial delle vostre bici?
Di tutti gli sponsor, a dire il vero. Nibali ha sempre parecchi appuntamenti, anche se diventa inavvicinabile durante la fase di preparazione. Noi lo chiamiamo se abbiamo delle attività importanti, come ad esempio l’inaugurazione di qualche negozio monomarca.
Nibali usa anche la gravel…
E’ venuto qua e ne ha vista una nello show-room. La voleva a tutti i costi, ma gli ho detto che non potevo dargliela perché mi serviva e che per averla avrebbe dovuto comprarla. Loro per l’acquisto hanno un canale a parte e so che alla fine se l’è comprata davvero. La gravel è esplosa dopo il lockdown…
Fatto inatteso?
E soprattutto imprevedibile. Le compra gente che prima usava la bici in modo diverso. Le usano per il parco, per andarci al lavoro e per fare qualche uscita. Un pubblico cui ci stiamo avvicinando. Altri la prendono come seconda bici, che fa più gruppo perché è meno corsaiola. E’ un oggetto di moda, ma non è la fat-bike o la fixed, per intenderci. E’ una moda che ha fondamenti tecnici. In Italia siamo partiti adesso, ma l’Uci sta già mettendo mano a un campionato del mondo per il prossimo anno.
Sicurezza sulla strada: maglie fluo e le luci accese anche di giornoLuci diurne: la sicurezza al centro di tutto
Il lockdown ha portato anche a voi la grande crescita di cui si parla?
Una crescita quasi perfettamente divisa in tre. Un 33 per cento all’elettrico e quota identica per strada e mountain bike. E la gravel che resta trasversale. Di fatto abbiamo finito le bici. Per cui, se i negozianti hanno fatto bene il loro lavoro, le bici sono disponibili. Ma chi volesse partire adesso da zero, avrebbe da aspettare. Il boom è stato imprevisto e a livello mondiale e le aziende che producono componenti, soprattutto i gruppi, non riescono a stare dietro alle consegne. All’inizio temevamo che il Covid avrebbe avuto ricadute pesanti sulle vendite, invece ci è bastato un mese per appianare il buco.
Il team ha in mano le bici nuove?
Madone ed Emonda sono le stesse del Giro e per il 2021 si manterranno le colorazioni di quest’anno. Adobati, il meccanico italiano del team, dice che pur avendo circa cinque bici a testa, cercano di fare una rotazione, in modo che tutte le bici abbiano gli stessi chilometri e il carbonio non venga stremato dall’uso troppo prolungato.
Per le vostre campagne è utile avere corridori italiani oppure la nazionalità non fa differenza?
Meglio avere gli italiani e grazie a Segafredo e al Giro d’Italia, ce ne sono sempre diversi. Così non abbiamo problemi a parlare con loro. Quelli che abitano vicino, vengono qua una volta alla settimana. Giovedì scorso c’era qua Ciccone.
La bici del team, resta la regina dello show-room di Trek ItaliaLa bici del team regina dello show-room
Paternoster significa ciclismo femminile, ma nel catalogo non ci sono modelli dedicati, giusto?
C’erano, ma non le compravano, perché le ragazze volevano quelle da uomo. Perciò i modelli specifici sono stati eliminati, mentre quelli in catalogo prevedono un range di misure e accessori che possano andar bene a tutti. La percezione è che il pubblico femminile stia aumentando ma non abbiamo dati a conforto. Basti pensare però che oggi ci sono in strada le ragazze che fino a prima della chiusura per Covid erano nelle palestre a fare spinning. E guardandosi in giro, anche le altre marche puntano su ambassador donne.
Tra i cavalli di battaglia di Trek c’è da sempre la sicurezza.
Siamo stati fra i primi a presentare le luci diurne e le maglie giallo fluo, studiate prima ancora che la squadra arrivasse a Santini. E’ un’attenzione nata cinque anni fa, qualcosa di cui andiamo particolarmente fieri.
Corsa da campionessa a Plouay ed Elisa Longo Borghini aggiunge una perla al suo palmares. Era la prima corsa dopo l'altura. Ora Vuelta ed europei a Trento
Con l’avvicinarsi della stagione invernale Trek ha pensato di organizzare 11 appuntamenti virtuali per dare la possibilità a tutti gli appassionati di potersi misurare “virtualmente” con i campioni dei team professionistici strada o mountain bike che sponsorizza.
Per gli appassionati di ciclismo su strada sono state organizzate 5 social ride con il team Trek-Segafredo mentre per gli amanti del cross country sono stati programmati 6 eventi con gli atleti del Trek Factory Racing. Basterà collegarsi a Zwift per poter pedalare con atleti del calibro di Mads Pedersen, Lizzie Deignan, Elisa Longo Borghini, Stéphane Tempier e Jolanda Neff.
Trek, gare virtuali Zwift
Trek, gare virtuali Zwift
Trek, gare virtuali Zwift
Le schermate che descrivono la gara virtuale organizzata
Trek, gare virtuali Zwift
Trek, gare virtuali Zwift
Trek, gare virtuali Zwift
Schermate che descrivono la virtual race
Gli appuntamenti
Le pedalate virtuali con gli atleti saranno programmate nei seguenti giorni:
8 dicembre: Toms Skujins, vincitore di tre tappe al Tour of California e della Tre Valli Varesine e Elisa Longo Borghini, bronzo olimpico e sei volte campionessa nazionale tra strada e cronometro.
15 dicembre: Mads Pedersen, campione del mondo nel 2019 e vincitore della Gand-Wevelgem 2020 e Lucinda Brand, ciclista su strada e ciclocrossista olandese.
22 dicembre: Lizzie Deignan, argento olimpico, un titolo mondiale e vincitrice della Liegi-Bastogne-Liegi 2020 e Jacopo Mosca, ciclista su strada e professionista dal 2017.
29 dicembre: Elisa Longo Borghini e Jacopo Mosca professionista dal 2017.
Tutti i partecipanti avranno la possibilità di condividere la propria storia taggando @Trek_italia. Le storie più simpatiche saranno condivise sul profilo ufficiale.
A casa si sta bene, pensa, ma intantolo Squalosente crescere l’appetito. Il 2020 gli ha lasciato l’amaro in bocca e da qualche giorno la voglia di rifarsi è più presente. Il campione per essere tale ha bisogno di motivazioni forti e in quel suo chiedersi di continuo che cosa sia andato storto c’è la scintilla per il nuovo anno.
Con Bettiol, Ulissi e Pozzovivo dopo una lunga salita in Mtb sopra LuganoUscita in Mtb con Bettiol, Ulissi e Pozzovivo
La banda di Lugano
L’inverno di Vincenzo e della banda di Lugano ha la forma di uscite in mountain bike e il suono di tante risate. Quello che ci vuole per azzerare il contachilometri e ripartire. Come quando Ulissi è finito nella scarpata e Pozzovivo cercava di aiutarlo. Mentre il siciliano piegato in due dalle risate, girava il video e intanto suggeriva al piccolo lucano di dargli il braccio buono. Sono come Aldo, Giovanni e Giacomo, cui si aggiunge spesso Alberto Bettiol. Ognuno con il suo modo di essere buffo e ciascuno con i segni di una storia importante.
«Le motivazioni – dice e ancora ride – le trovi dal fatto che ti piace pedalare e lo fai con voglia. Certamente quando si può è bene cercare nuovi stimoli. Sagan quest’anno ha saltato le classiche e ha fatto un bel Giro, che non aveva mai corso prima. In questo momento le mie motivazioni sono chiare. Voglio riscattare una stagionein cui non mi sono mai trovato bene».
Ulissi con la Mtb Colnago, Nibali con la gravel di Trek e ruote da MtbUlissi in Mtb, Nibali con la Trek gravel (e ruote Mtb)
Dannato lockdown
Ci sono stati due 2020, quello prima e quello dopo il lockdown. Nel mezzo la chiusura del mondo, piombata come una glaciazione di cui s’è tenuto forse poco conto.
Come andavano le cose prima?
Ero partito bene, ma tutti se ne sono dimenticati. Il lockdown mi ha sfasato. Noi che siamo qua da tanti anni abbiamo la nostra routine, mentre il giovane trova la condizione in un mese. Mi ricordo com’ero a 25 anni. C’è spensieratezza. Non hai pensieri. Non hai famiglia. Ti alzi quando vuoi, esci in bici e quando torni devi solo riposarti. Vedremo quando anche loro saranno sposati, tante cose cambiano. Scarponi mi faceva ridere sempre…
Cosa ti diceva?
«Ti arriva una figlia, vedrai adesso! Io ne ho due. A te resta il 50 per cento della forza!». A cose normali sarei stato in pieno avvicinamento alla Tirreno-Adriatico, invece dall’oggi al domani ci siamo ritrovati a casa. E quando hanno riaperto e abbiamo ricominciato, ho accumulato un ritardo che mi sono portato dietro sino alla fine.
Il Giro inizia con la crono di Palermo, ma Nibali perde 1’29” da GannaCrono di Palermo, inizia il Giro d’Italia 2020
Che cosa non è andato?
C’era una cosa sola da fare, lavorare e ripartire a bomba. Era l’unico modo per essere in vantaggio, ma non ci sono riuscito. Con una stagione più lineare sarebbe stato tutto diverso. Invece gara dopo gara ci sono state cose che forse non rifarei.
Ad esempio?
Ad esempio il mondiale. Doveva essere un punto di passaggio, dovevamo essere una squadra d’attacco, non ero io l’uomo di punta. Tutto sommato non mi sono comportato male, ero nel gruppo dietro Alaphilippe, ma forse potevo non andare.
Per avere un periodo di stacco prima del Giro?
Di fatto, due settimane prima della ripartenza sono stato in altura a San Pellegrino. Poi c’è stata tutta la sfilza di gare in Italia. Otto corse in 22 giorni, dalla Strade Bianche ai campionati italiani. Da lì sono andato nuovamente in montagna a lavorare sodo, poi mondiali e Giro. Bè, forse la settimana dopo l’altura potevo stare a casa. Non ho avuto un momento di recupero. Qualcuno lo ha fatto. Ma dette ora, sono tutte parole campate in aria…
Sull’Etna sensazioni accettabili, arriva con Fuglsang e Pozzovivo: scappa solo KeldermanSull’Etna, Vincenzo con Fuglsang e Pozzovivo
A inizio Giro non eri male…
E lo confermo. Nei primi dieci giorni c’ero, mentre Hindley e Geoghegan Hart erano sempre indietro. La tappa di Roccaraso sembrava dovesse essere chissà cosa…
Invece?
Invece erano solo 300 metri di salita. Facevo fatica a tenere a bada Cicco, che voleva attaccare. Io lo so che l’ultima settimana di un Giro è tremenda. Infatti alla fine i ragazzini sono venuti fuori. Dalla crono di Valdobbiadene in poi hanno cambiato marcia, cominciando ad andare fortissimo e a guadagnare terreno. Mentre noi siamo rimasti lì a pochi secondi gli uni dagli altri. Parlo di me, Fuglsang, Pozzovivo, Pello Bilbao…
Nella sua Sicilia, lo Squalo dello Stretto ha buone sensazioniSull’Etna sale al 6° posto in classifica
Quel giorno si è detto che tu avessi i valori migliori di sempre.
No, non direi che sia andata così. Non ero il peggior Nibali, ma neanche il migliore. Ci divideva un 5% in termini di prestazione, che però a quel livello è tantissimo. A Piancavallo ho visto i numeri che mi aspetterei sul Muro di Sormano, cioè una salita breve che fai a tutta perché dura poco. Invece è andata così fino in cima. Sono andati più forte del Panta…
A dirla tutta, non sembra credibile che fossi il miglior Nibali neppure sullo Stelvio. Oppure dobbiamo pensare che Dennis è diventato un fenomeno?
Quel giorno altra storia. Ho voluto tenere duro più di Fuglsang e di Pello Bilbao, poi di colpo ho capito che era un ritmo impossibile. Ho resistito, ma alla fine sono andato in acido ed eravamo già sopra i 1.800 metri. A quella quota recuperare è diventato impossibile.Dennis ha fatto una super prestazione, un record. Lo conosco abbastanza bene, so quanto vale nelle crono, ma in montagna non l’ho mai visto andare così. Se mollavo prima, era diverso. Salendo regolare avrei salvato magari un quarto posto. Ma sono saltato di testa. E a quel punto un conto è essere presente e inseguire con lucidità, altra cosa è inseguire sentendosi mortificato.
Crono di Valdobbiadene, lo Squalo sale al 5° posto, a 2’30” da Almeida. Arrivano le salite…Dopo Valdobbiadene, lo Squalo sale al 5° posto
Partenza precoce
A casa si sta bene, pensa Vincenzo, ma dentro sente crescere il prurito. E così e per risentirsi presto lo Squalo dello Stretto, ha ripreso a lavorare prima del solito, anche se il 2021 partirà probabilmente più tardi ed è inutile parlare di programmi scritti nella sabbia.
Su cosa ti sei concentrato ripartendo?
Non sono andato in vacanza, un po’ anche per il Covid. Ho staccato 15 giorni e poi ho ripreso cercando di tenere lo stesso peso con cui ho chiuso l’anno. Ho cominciato con strada, mountain bike e palestra. Non è una palestra come si può immaginare, ma il Centro Rehability in cui ho fatto anche la riabilitazione per la schiena. Lì c’è Martino Donato che mi segue e tutto quello che serve. Se ho una contrattura hanno la Tecar e anche il laser. C’è un bel rapporto e poi sua moglie è palermitana e serve a sentire voci vagamente familiari. La mattina porto Emma a scuola e poi parto. E in palestra a volte viene anche Rachele.
Invece Piancavallo frena la rincorsa: arriva a 1’36” da Geoghegan Hart e scivola al 7° postoPiancavallo segna la svolta: i giovani alzano la testa
C’è clima da Squalo in questi giorni a Lugano?
Ci sono sei gradi adesso, ma secchi. Si sta bene. E comunque il bello della mountain bike è che fai andature più basse. Io poi uso una gravel che ho modificato da me, per cui vado in fuoristrada quasi con la posizione della strada.
Come l’hai modificata?
L’ho portata a casa, la mia Checkpoint. L’ho guardata. E mi sono detto: vediamo se ci stanno le ruote da mountain bike. E la sai una cosa? Ci stavano. E così adesso non mi ferma più nessuno...
Lo Stelvio è un calvario. Il ritmo di Dennis lo sfinisce e in discesa il morale è a terra…Discesa dello Stelvio, lo Squalo non attacca
E’ questo lo Squalo che ci piace ascoltare. Quello che finita la parte da scrivere racconta che sono state a trovarlo Le Iene. Che vorrebbe cambiare la macchina fotografica. Che sta pensando se andare in Sicilia e a Fiuggi per Natale, aspettando il prossimo Dpcm. Che ha sentito che quelli della Uae forse faranno il vaccino prima degli altri a Dubai. E che alla fine, parlando della presunta offerta del Team Ineos, conferma la sua amicizia con Pinarello dai tempi della Fassa e aggiunge che con quella squadra si sono sempre annusati. Rimarremmo a parlare ancora a lungo, ma è passata quasi un’ora. Magari la prossima volta, se il vaccino sarà arrivato o il Covid se ne sarà andato, riusciremo anche a rifarla di persona.