Tour of the Alps 2025

Via i veli al Tour of the Alps: cinque tappe per scalatori e attaccanti

13.11.2025
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Da pochissimi minuti si sono alzati i veli su quella che è la terza corsa a tappe italiana per importanza, ma forse anche qualcosa in più per fascino: parliamo del Tour of the Alps. E sarà un’edizione speciale, la 49ª se si considera il vecchio Giro del Trentino, la decima da quando c’è stata la firma del protocollo d’intesa che ha sancito la nascita dell’evento simbolo dell’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino. La prova si disputerà dal 20 al 24 aprile, con partenza da Innsbruck e arrivo a Bolzano.

La presentazione ufficiale si è svolta oggi a Milano, presso la prestigiosa Areapergolesi Events, davanti alle autorità. Noi ve la raccontiamo con l’aiuto di un trentino DOC, Maurizio Fondriest, che su alcune di queste strade non solo ci è nato e vive, ma ha anche vinto quando era corridore.

Prima di entrare nel merito con Fondriest, diamo uno sguardo rapido al tracciato del Tour of the Alps 2026. Cinque tappe, da Innsbruck a Bolzano. La prima, da Innsbruck a Innsbruck, sarà per “velocisti”, con due virgolette grosse così. Poi si va da Telfs in Val Martello, unico arrivo in salita. La terza frazione porterà gli atleti da Laces ad Arco, la quarta da Arco a Trento e la quinta, infine, unirà i due capoluoghi di provincia, Trento e Bolzano. In tutto sono previsti 760,2 chilometri e 14.620 metri di dislivello, pari a una media di 152 chilometri e 2.924 metri di dislivello al giorno.

La planimetria generale del Tour of the Alps 2026
La planimetria generale del Tour of the Alps 2026
Maurizio, cosa te ne pare del Tour of the Alps 2026? Ne ha fatta di strada da quando era il Giro del Trentino…

Mi sembra molto diverso rispetto a quando era il Giro del Trentino. E’ stata la scelta giusta quella di unire queste tre grandi regioni: è la strada obbligata per riuscire a far diventare la corsa più importante. Prima avevamo il Giro del Trentino e il Trofeo Melinda, ma con il ciclismo attuale e il suo calendario, soprattutto il Melinda, non aveva più grande senso. Tolti i grandissimi obiettivi, o hai un gruppo di corse, come magari a settembre propongono Toscana ed Emilia-Romagna, o il Trittico di Lombardia, oppure è dura avere un parterre di livello. In questo modo invece l’appeal cambia, tanto più che c’è in vista il Giro d’Italia.

E del percorso cosa ti sembra?

Mi piace. E’ duro ma aperto a più opzioni. Il primo giorno, anche se non conosco bene quei due strappi finali, mi sembra adatto alle ruote veloci.

Ruote veloci, relativamente a una corsa alpina…

Ovviamente. Non troviamo gli sprinter puri qui. Pertanto mi aspetto un arrivo in volata di un gruppo numeroso. Tra l’altro avevo sempre consigliato una tappa simile: era quella che mancava, altrimenti erano tutti arrivi in salita, tutte tappe dure con gli stessi corridori a giocarsi le vittorie. Questo primo giorno a Innsbruck per me è un bell’inizio, impegnativo ma non troppo, dove magari si può arrivare anche in volata.

Maurizio Fondriest (classe 1965) è originario della Val di Non. Oggi pedala ancora forte (foto Chris Auld)
Maurizio Fondriest (classe 1965) è originario della Val di Non. Oggi pedala ancora forte (foto Chris Auld)
La seconda tappa invece?

E’ molto importante: si arriva in Val Martello. Però non arrivano proprio su in cima, perché ho visto che si fermano prima.

Sì, in località Trottla, dove c’è un centro sportivo sulla destra. Si scollina circa 500 metri prima, a quota 1.160…

Esatto, ma è una salita vera, perché parliamo di una scalata di 8 chilometri con tratti anche al 10 per cento (pendenza media 7,5 per cento, ndr). Però se guardo il complesso della frazione, non è impossibile. Il Passo Resia dal versante austriaco non è affatto duro e poi è subito in partenza. Però l’arrivo della Val Martello resta un bell’arrivo in salita.

Terza tappa da Laces ad Arco: ti passano sull’uscio di casa, giusto?

Sono le mie strade, vero. Il Passo Castrin è molto duro, ma arriva dopo 40 chilometri o poco più. Poi si imbocca la selvaggia Val d’Ultimo ma è un continuo scendere fino a Cles e ancora più giù, fino all’imbocco di Andalo, che è una salita di 10 chilometri, assolutamente impegnativa. E lo stesso vale per il Passo Ballino prima della planata su Arco. Anche questa tappa diventa interessante.

Perché?

Perché è dura, il dislivello è tanto, ma con salite pedalabili ci sono più corridori che possono lottare per la vittoria e non solo i pochi che vanno superforte in salita. Qui ci possono essere altri corridori forti in salita ma non top, che però possono rientrare in classifica attaccando. Mentre in Val Martello arriveranno quelli che faranno la generale, questa può mischiare le carte in tavola.

Da un punto di vista tecnico, pensando alla preparazione, una tappa del genere cosa dà al corridore?

E’ dura e “veloce”. Hai sempre tanto dislivello. Però dalle prime tappe non abbiamo ancora visto una salita da 40-50 minuti, Castrin a parte, che arriva a inizio tappa. Può dare molto di più a chi prepara il Giro la prima delle due scalate di San Genesio. Anche il Bordala nella quarta tappa è in partenza e non ha pendenze proibitive.

In qualche modo hai già lanciato le ultime due frazioni. Partiamo dalla quarta…

Vale un po’ il discorso di prima verso Arco, però c’è il Redebus, che invece è lungo e impegnativo e nel finale diventa duro, con un chilometro al 10-12 per cento. Anche questa non è una tappa dove solo i più forti possono fare la corsa. Il finale è ondulato e veloce, tende a scendere. Per questo dico che la seconda tappa è quella che potrebbe davvero decidere la classifica. Anche se quella di Bolzano…

Appunto, cosa ci dici dell’ultima frazione Trento-Bolzano?

Il finale è difficile e si possono fare differenze. Due volte San Genesio, due salite ravvicinate. La prima scalata parte da molto in basso e potrebbe essere una classica salita da 40 minuti almeno. Poi planata finale su Bolzano, in centro. Sarà uno spettacolo.

Ai fini della preparazione per il Giro d’Italia, come giudichi il percorso?

E’ una buona rifinitura perché le tappe non sono esageratamente lunghe, ma sono impegnative. Mi piace anche l’idea di non aver inserito mega salitoni, sia per lo spettacolo che per la preparazione. Ad aprile, se metti un arrivo a 2.000 metri e poi per maltempo viene annullato, ci perdono tutti. Così invece al massimo si arriva a 1.500 metri, poco oltre i 1.000 nel finale sopra Bolzano. Anche in caso di maltempo riesci sempre a correrle.

Conosci la salita di San Genesio?

Sì, è abbastanza regolare. Ha pendenze un po’ più dure della Mendola, che è la salita di riferimento della zona. Quella si fa in 35 minuti, questa potrebbero farla anche in 40′.

E’ un marchio di fabbrica del Tour of the Alps avere tappe non troppo lunghe: giusto?

E’ fondamentale. Una corsa a tappe deve essere dura, ma non eccessivamente, e dare ai corridori il tempo di recuperare. Quando arrivi presto in hotel, senza trasferimenti, è un vantaggio enorme. Per esempio, quella di Arco arriva e riparte dallo stesso luogo: ottimo per la gestione dello sforzo.

Anche l’aspetto logistico incide, quindi?

Molto. Una gara di preparazione come questa ti dà modo di rilassarti di più dopo la tappa, perché come detto arrivi presto in albergo e hai tempo per recuperare come detto. Nei Grandi Giri non succede più. Anche la lunghezza delle tappe, giusta pur con un paio di giornate “lunghette”, contribuisce alla costruzione della condizione.

Insomma, la Sportiva Alto Garda, organizzatrice, è stata brava?

Sì. Quando organizzi devi sempre trovare un equilibrio tra chi sovvenziona partenze e arrivi, e non è semplice. Questo percorso mi piace: è duro ma aperto a più corridori. Direi voto più che positivo.

Lo scorso il Tour of the Alps andò a Storer. Chi sarà il suo erede?
Lo scorso il Tour of the Alps andò a Storer. Chi sarà il suo erede?
A livello paesaggistico, c’è un punto che ti piace di più?

La tappa che arriva ad Arco è spettacolare: facendo la Val d’Ultimo, dal Passo Castrin scendi e percorri tutta la Val di Non, poi Andalo, Ponte Arche e infine il Lago di Garda. Si attraversano le Dolomiti di Brenta. Sì, probabilmente è la più bella, anche se sono molto affezionato alla Valle dei Mocheni.

A quale tappa ti riferisci?

Alla quarta, nella zona del Passo Redebus. Ai suoi piedi c’è Canezza: questa è la porta della valle. Ci sono due strade che la percorrono, una a destra e una a sinistra, e in fondo si uniscono. La Valle dei Mocheni ha una storia antica e una forte tradizione. Lì parlano il Mocheno, un antico dialetto tedesco. Le genti del Nord, di origine tedesca, avevano colonizzato la valle attratte dalle miniere d’argento. Si sono stabilite lì e, essendo rimasta una zona poco frequentata, ancora oggi si parla questo dialetto.

Dei tanti punti che abbiamo nominato, c’è un aneddoto che ricordi?

Sì! Nella tappa di Trento, in particolare sul Passo Bordala. Era il 1989, ero in maglia di campione del mondo. Conoscevo questa salita e questa discesa. Appena iniziata la discesa mi passa Konyshev, dovevamo recuperare una quarantina di secondi. Io andavo forte, ma lui mi passa al doppio. Penso: «Ma dove va questo?». C’è una “S” che inganna: sembra che la strada vada dritta e invece gira eccome! Insomma, lui va dritto e io dietro a lui… siamo finiti in un campo. Non siamo caduti, ma mi è uscito il tubolare dalla ruota. C’è una vecchia foto, credo di Remo Mosna, in cui si vede il papà di Mariano Piccoli che seguiva la corsa con la macchina del cambio ruote e mi aiuta a sistemare la bici.

5 minuti con Gee: nato in Canada, diventato grande in Europa

06.05.2025
5 min
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Derek Gee è alto e a differenza di tanti altri scalatori la sua fisionomia è ben più possente, o comunque dà l’idea di esserlo. Gli occhi stanchi con qualche ruga che li piega all’ingiù, accentuando la sensazione di essere davanti a un corridore provato da tante fatiche. Qualche capello grigio, tagliato corto, si fa largo da sotto al casco. Il canadese della Israel Premier Tech sembra molto più vecchio di quanto sembri, in realtà ha ventisette anni e tanto ancora da fare

Lo scorso anno il corridore di Ottawa ha preso parte al Tour de France mettendosi alla prova nella corsa a tappe più importante al mondo. Nonostante l’età nel 2024 Derek Gee, a Firenze, aveva iniziato il secondo Grande Giro in carriera. Il risultato non è stato affatto da poco, nono in classifica generale. La top 10 l’ha conquistata grazie alla fuga della tappa numero nove e l’ha consolidata man mano, affermandosi anche nella cronometro finale di Nizza. 

Il 2024 ha dato una grande consapevolezza a Gee nei propri mezzi
Il 2024 ha dato una grande consapevolezza a Gee nei propri mezzi

Direzione Grandi Giri

Il 2025 è iniziato in maniera altrettanto solida. Con il Gran Camino Gee ha fatto sua la prima corsa a tappe della carriera. Non un parterre di prim’ordine, ma ha vinto appena arrivato in gruppo e questa non è cosa da poco. Il passo successivo è arrivato alla Tirreno-Adriatico, nella Corsa dei Due Mari ha mostrato a tutti le sue doti da cronoman. Sesto nella prova contro il tempo a Lido di Camaiore, a soli cinque secondi da Tiberi e otto secondi da Ayuso

«Gran parte di questo cambiamento – racconta – è dovuto alla preparazione, alla maggiore attenzione per la classifica generale. Ovviamente devo ancora capire come raggiungere la forma migliore in determinati momenti». 

Il canadese è partito forte anche nel 2025, dopo aver vinto il Gran Camino è arrivato anche il podio al TotA
Il canadese è partito forte anche nel 2025, dopo aver vinto il Gran Camino è arrivato anche il podio al TotA
Com’è andata la preparazione verso il Giro?

Sicuramente speravo che le gambe andassero un po’ meglio, soprattutto al Tour of the Alps. Non mi sono sentito male in bicicletta, mi è mancata solamente dell’intensità, che però è arrivata con il passare dei giorni. Il podio finale mi fa capire di aver lavorato bene. 

Sei stato in ritiro prima?

Sono andato per la prima volta in carriera a Tenerife. E’ un posto bellissimo per andare in bicicletta. Mi avevano promesso un tempo soleggiato e invece ha piovuto più di quanto sperassi (dice con una risata, ndr). Ma a parte questo penso che il training camp sia andato bene

Com’è vivere in cima al Teide?

E’ piuttosto desolato lassù, ma è davvero fantastico. Si sta bene. Prima andavo ugualmente in Spagna ma in altre parti, come Sierra Nevada

Gee ha indossato la maglia di leader della generale al Giro del Delfinato 2024 dopo aver vinto la terza tappa
Gee ha indossato la maglia di leader della generale al Giro del Delfinato 2024 dopo aver vinto la terza tappa
La cosa che ha impressionato è la tua forza a cronometro. 

Ci abbiamo lavorato molto, anzi moltissimo sia l’anno scorso al Tour de France e questo inverno. E credo che abbia dato i suoi frutti, ho fatto un buona prova sia al Gran Camino che alla Tirreno-Adriatico. 

Pensi di essere pronto per vincere un Grande Giro?

E’ molto più importante essere attivi ogni giorno. Quando ho fatto la mia prima grande corsa a tappe due anni fa (il Giro d’Italia, ndr) puntavo alle tappe. Era molto meno stressante ed ero molto più concentrato su giornate specifiche. Mentre se guardi alla classifica finale non puoi prenderti un giorno di riposo, nemmeno in una tappa pianeggiante. Per vincere credo serva un altro step, è un processo lungo. Non si tratta solo di ottenere la giusta forma fisica, ma anche di fare esperienza e non commettere errori. Insomma migliorare fisicamente e tatticamente. 

Derek Gee ha trovato un alleato in Chris Froome, il quattro volte vincitore del Tour ha tanto da insegnare al canadese
Derek Gee ha trovato un alleato in Chris Froome, il quattro volte vincitore del Tour ha tanto da insegnare al canadese
Negli anni passati cosa hai imparato per essere un corridore da classifica?

Tantissimo. Non pensavo di diventare un corridore da Grandi Giri a inizio carriera. Ho imparato tutto man mano, prima non sapevo nulla. Non sono entrato nel ciclismo con quell’obiettivo. La squadra mi ha aiutato tanto, soprattutto i miei compagni più esperti come Froome o Fuglsang. Ragazzi che hanno ottenuto risultati ai massimi livelli. Ho apprezzato ogni minimo consiglio e sento di stare ancora imparando. 

Quali consigli hai chiesto?

Ci siamo parlati tanto lo scorso anno al Giro del Delfinato. Era la mia prima volta che lottavo concretamente per la classifica generale. Ho chiesto a Froome e Fuglsang ogni genere di domanda su come correre, in particolar modo tatticamente. All’inizio ero un po’ perso, ma sono molto fortunato ad avere questi ragazzi al mio fianco.

«Credo di aver fatto il grande passo per diventare un corridore da corse a tappe – ha detto Gee – nel 2024 ora si tratta di lavorare sui dettagli»
«Credo di aver fatto il grande passo per diventare un corridore da corse a tappe – ha detto Gee – nel 2024 ora si tratta di lavorare sui dettagli»
Arrivi dal Canada, come ti sei avvicinato al ciclismo?

Non è uno sport così famoso da noi. Tuttavia c’è un bacino di grandi appassionati e da quando sono professionista sento tanto il loro supporto quando torno a casa. Io vengo da Ottawa, che ha un’ottima scena ciclistica, ma nel complesso non è così grande. 

Con quali gare ti sei appassionato?

Il Tour de France è l’unica corsa che ho seguito quando ero più giovane, ma è anche l’unica che conoscono in Canada. Nel 2012 Hesjedal ha vinto il Giro e il ciclismo canadese è apparso sulla mappa.  

Hindley toglie ogni dubbio: «Al Giro tutti per Roglic»

04.05.2025
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LIENZ (Austria) – Una delle ultime occasioni per guardare negli occhi i protagonisti del prossimo Giro d’Italia ce l’ha offerta il Tour of the Alps. Così, al termine di cinque giorni davvero tosti nei quali ci sono stati continui rimescolamenti di classifica, è giunto il tempo di fare dei bilanci concreti. O per lo meno di cercare di farli. Se la Lidl-Trek e la Tudor hanno trovato le risposte che cercavano da parte dei loro leader non si può dire lo stesso della Red Bull-Bora-hansgrohe

Il team tedesco era venuto a correre con Jai Hindley nei panni del capitano e leader unico. Dopo il ritiro in altura le sensazioni sono state altalenanti, con prestazioni che sono andate di pari passo. Lo squillo del campione è arrivato con il secondo posto di San Candido. Per il resto l’australiano con la verve del surfista è stato lontano dai riflettori ogni volta che la strada saliva e lui, inesorabilmente, si staccava.

Al Tour of the Alps Hindley ha pagato tanto sulle salite e nei cambi ritmo imposti dai migliori
Al Tour of the Alps Hindley ha pagato tanto sulle salite e nei cambi ritmo imposti dai migliori
Cosa porti a casa da questa corsa, ti aspettavi molto…

Vero, mi aspettavo sicuramente un risultato diverso. Sono state tutte giornate complicate a loro modo, sia per la difficoltà del percorso sia per il maltempo che ha colpito la penultima tappa. 

E’ stata una corsa molto aggressiva?

Siamo stati tutti al limite, credo. I protagonisti hanno corso alla grande e sono andati tanto all’attacco. Storer su tutti ha fatto vedere ottime cose. Non è stata una corsa ottimale per me, ma certe cose vanno così e va bene. Non resta che sperare di star meglio.

Nonostante il clima e la fatica la breve corsa a tappe è servita a Hindley per fare un ultimo passo in vista del Giro
Nonostante il clima e la fatica la breve corsa a tappe è servita a Hindley per fare un ultimo passo in vista del Giro
Dopo questo Tour of the Alps quale sarà il tuo passaggio verso il Giro?

Rilassarmi e prendere qualche giorno di riposo. Si è trattata di una corsa davvero dura, con salite impegnative. Penso sia stato un bene prendervi parte ed essere qui per fare un altro passo importante. 

Al Giro tutti per Roglic o dividerete i gradi di capitano?

Saremo tutti per lui e al suo servizio. Sarà lui il grande leader. Il Giro però è una corsa lunga e bisogna sempre aspettarsi l’inaspettato.

Per Roglic e Hindley l’avvicinamento al Giro è stato completamente diverso, la squadra sarà davvero tutta per lo sloveno? (foto Instagram)
Per Roglic e Hindley l’avvicinamento al Giro è stato completamente diverso, la squadra sarà davvero tutta per lo sloveno? (foto Instagram)
Con l’arrivo di Roglic sono cambiati un po’ gli equilibri per te e la squadra?

Sicuramente le occasioni di essere il capitano unico in corsa sono meno rispetto a prima e bisogna sfruttarle (al Tour of the Alps Hindley non è riuscito in questo intento, ndr). Nonostante tutto credo che il ciclismo moderno, soprattutto nei grandi appuntamenti, sia destinato a questo. Le squadre forti come la nostra devono avere più di un leader. 

E’ una cosa che preclude qualche chance?

In realtà non proprio.  Ci si può giocare le occasioni e controllare meglio il finale. Penso sia una modalità che possa aiutare tutti. 

Kamna è tornato: «Dopo il dolore c’è la voglia di ripartire»

03.05.2025
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LIENZ (Austria) – Nemmeno il tempo di godersi la fine del Tour of the Alps, nel quale si è conclusa la seconda corsa a tappe di questa stagione, che Lennard Kamna ha già attaccato nuovamente il numero alla schiena e ora si trova al Tour de Romandie. Il tedesco nato a Wedel, una cittadina a pochi minuti da Amburgo e affacciata sul fiume Elba, è tornato in gruppo dopo un anno.

La scorsa stagione, quando ancora vestiva la maglia della Red Bull-Bora-hansgrohe, fu coinvolto in un grave incidente stradale mentre si trovava a Tenerife. Kamna stava lavorando in vista del Giro d’Italia e proprio il Tour of the Alps sarebbe stata la tappa conclusiva di quel cammino.

Il rientro alle corse per Kamna è avvenuto alla Volta a Catalunya
Il rientro alle corse per Kamna è avvenuto alla Volta a Catalunya

Primi feedback

Ritrovare Kamna al foglio firma ci ha fatto un grande piacere, come rivedere qualcuno di caro dopo tanti mesi. La corsa a tappe dell’Euregio non era uno step in vista di grandi obiettivi futuri, ma ha rappresentato un altro passo in una rincorsa per ritrovare se stesso

«Sto bene, in realtà – ci ha raccontato nella mixed zone di Lienz alle spalle del foglio firma – finalmente direi. E’ bello essere tornati in gara, devo dire che ho fatto tanta fatica in questi cinque giorni. Non è semplice tornare in gruppo e avere la giusta condizione, soprattutto dopo uno stop così lungo, però sento di migliorare volta per volta. A dire il vero non vedo l’ora che arrivino le prossime gare. La Lidl-Trek mi ha contattato nel mese di novembre».

Il TotA ha rappresentato un altro mattoncino nella ricostruzione della forma e della condizione
Il TotA ha rappresentato un altro mattoncino nella ricostruzione della forma e della condizione

Lenta ripresa

Lennard Kamna compirà 29 anni il prossimo 9 settembre e in carriera è stato in grado di vincere tre tappe in tutti i Grandi Giri. Una prova di forza non da poco, ma quando tutto si è fermato un anno fa la paura di non ripartire si è impossessata di lui. Questo pensiero gli ha occupato la mente durante tutto l’inverno e anche nei mesi precedenti. Alla fine è arrivata la Lidl-Trek, una squadra nuova pronta a fargli riallacciare il filo con il ciclismo ad alti livelli. 

«Non è facile tornare indietro con il pensiero e la memoria – ha spiegato Kamna – si è trattato di un lungo periodo in cui sono stato lontano dalla bici. Non potevo allenarmi correttamente e mi ci è voluto parecchio tempo per tornare ad un livello accettabile e riprendere i lavori che prima erano la base della mia preparazione. Ora sono tornato a poter correre nel WorldTour e ne sono felice, ma non sono di certo al punto in cui ero prima dell’incidente. Penso ci vorrà ancora un po’ di tempo per questo. Essere in corsa però per me è un ottimo segnale, devo solo continuare ad andare avanti».

L’affetto dei tifosi è rimasto invariato, d’altronde Kamna ha conquistato la simpatia di tutti con le sue vittorie
L’affetto dei tifosi è rimasto invariato, d’altronde Kamna ha conquistato la simpatia di tutti con le sue vittorie

Vincere ancora

Quando entri nel ristretto club di corridori in grado di vincere una tappa al Giro, al Tour e alla Vuelta vuol dire che i numeri sono quelli di un grande atleta. Ma per vincere in certe gare non bastano i valori che si leggono sul ciclocomputer, il primo alleato è la testa e Kamna dimostra di non aver perso lo spirito che lo ha sempre contraddistinto. 

«E’ stato parecchio difficile riprendere – ha detto ancora – perché ero al punto in cui facevo fatica a pedalare due ore a 180 watt. La squadra mi ha dato tutto il tempo necessario e mi ha supportato alla grande e di questo sono davvero felice. L’obiettivo in questa stagione è tornare a vincere una gara, credo che ogni ciclista professionista debba avere una mentalità vincente. Chiaramente prima di farlo devo tornare al mio livello ma non nascondo che ci penso molto».

Ecco Davide Frigo: cresciuto sotto lo sguardo del fratello Marco

02.05.2025
5 min
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A Bassano del Grappa, più precisamente a casa della famiglia di Marco e Davide Frigo si può festeggiare visto che i due fratelli hanno trovato la prima vittoria dopo tanto tempo. Il più grande dei due ha fatto sua la terza tappa del Tour of the Alps, mentre Davide ha messo le mani sulla Coppa Montes (in apertura photors.it).

«Ero in macchina di ritorno dal Tour of the Alps – racconta Marco che intanto sta chiudendo le valige in vista del suo terzo Giro d’Italia – insieme a un massaggiatore del team e stavo guardando la diretta della gara su YouTube. Quando ho visto la sparata che ha fatto negli ultimi tre chilometri ho pensato che lo avrebbero rivisto solamente dopo l’arrivo. E’ partito con la gamba piena, una bella azione potente».

Davide Frigo sul traguardo della Coppa Montes (photors.it)
Davide Frigo sul traguardo della Coppa Montes (photors.it)

Emozione doppia

Marco Frigo ci aveva detto che ai festeggiamenti preferisce il lavoro a testa bassa. La vittoria al Tour of the Alps testimonia che il lavoro fatto fino ad ora è corretto e sprona a seguire la strada intrapresa. Lo stesso pensa del fratello, in famiglia non ci si lascia andare a brindisi e celebrazioni eccessive.

«Devo dire – prosegue Marco Frigo – che mi sono abbastanza emozionato nel vederlo vincere, ero seduto in macchina con la connessione che andava e veniva, quindi non si capiva molto. Da quel che ho visto ha corso bene, sempre davanti e nel vivo dell’azione. Nel finale erano ancora in tanti, mio fratello in volata è come me: fermo. Quindi sapeva di doversi inventare qualcosa ed è stato bravo. Poi a casa appena ci siamo visti c’è stato uno scambio di complimenti e poco altro».

Pochi giorni prima Marco ha trovato la sua prima vittoria tra i professionisti
Pochi giorni prima Marco ha trovato la sua prima vittoria tra i professionisti
Nemmeno Davide è uno che si lascia andare a esultanze particolari?

No no. Se ci fate caso nella foto sull’arrivo abbiamo la stessa posa.

Hai detto di te stesso di non essere mai stato un vincente, Davide è diverso?

Sta iniziando ad andare forte ora, da quest’anno. Si è sempre ben comportato in gara ma a livello fisico sta ancora maturando e questa cosa nelle categorie giovanili fa la differenza. C’è ancora tanto da crescere e siamo solo ai primi passi.

Quanto vi assomigliate?

Fisicamente tanto. Lui forse è leggermente più basso ma sta ancora crescendo, magari mi raggiunge. Son sincero, più di qualche persona mi ha detto che che rivede in Davide quello che ero io da junior: come posizioni in bici e caratteristiche fisiche. Mi fa piacere perché credo siano anche le qualità richieste dal ciclismo moderno, in cui serve tanta potenza sia in salita che in pianura. Il fatto di essere simili penso sia una questione genetica.

Ha seguito le tue orme anche per iniziare ad andare in bici?

Sicuramente un’influenza, involontaria c’è stata. Io ho mosso le prime pedalate a nove anni, lui ne aveva solamente due e già si trovava a seguirmi alle gare tutte le domeniche. Ovviamente non ho mai spinto perché anche lui praticasse questo sport. Diciamo che come in tutte le famiglie è facile che il fratello piccolo provi lo sport di quello grande.

E gli è piaciuto, visto che ora è al secondo anno junior.

Ovviamente un aspetto che conta molto è quello della passione, soprattutto a diciotto anni. In Davide questo aspetto è cresciuto tanto nell’ultimo periodo. Sapete quando sei adolescente ci sono tante cose che possono distrarti o farti abbandonare uno sport faticoso e che porta a fare dei sacrifici. Solo la passione ti fa stare in bici e credo lui ce l’abbia dentro. Lo vedo che legge, va sui siti specializzati, insomma è interessato.

Pedalate tanto insieme?

Ora che è junior secondo anno qualche volta sì. Anche perché sono io che mi occupo della sua preparazione. Ne abbiamo parlato in famiglia e abbiamo voluto fare così, io sto studiando Scienze Motorie all’università. Per me è un modo per mettere in pratica quanto leggo sui libri e in famiglia sono sereni. Poi l’anno prossimo passerà under 23 e magari le cose cambieranno. Ma per ora lo sport deve essere un divertimento.

Davide Frigo corre nel Team Tiepolo Udine Cycling ed è al secondo anno nella categoria juniores
Davide Frigo corre nel Team Tiepolo Udine Cycling ed è al secondo anno nella categoria juniores
Certamente…

Alla fine lo sto trattando come uno junior di cinque o sei anni fa. Come quando lo ero io. Vero che serve impegno ma siamo ancora nel ciclismo giovanile, non ci devono essere esasperazioni. Non è che lo metto a fare gli allenamenti da professionista. Anche nell’alimentazione è molto libero, non ha la bilancia con la quale pesare tutto. Lo tratto com’è giusto che sia, la voglia di diventare professionista deve partire tutto da lui, io non conto niente. Posso dargli il giusto supporto ma decide lui che cammino fare.

Dopo la vittoria cosa gli hai detto?

Che la cosa importante è il processo, deve sentirsi bene in bici ed essere felice perché è andato forte. Gli ho detto che ciò che conta è l’atteggiamento. Se in quell’attacco lo avessero ripreso sulla linea del traguardo sarebbe dovuto essere contento lo stesso. E’ la prestazione che conta, l’idea. Il risultato è una conseguenza di tante variabili e non sempre le possiamo gestire.

Non vediamo l’ora di conoscerlo, ce lo devi presentare…

Lo conoscerete, ma niente titoloni. Promesso?

Promesso.

Decathlon AG2R: caschi e occhiali li disegna Van Rysel

01.05.2025
4 min
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LIENZ (Austria) – I corridori della Decathlon AG2R La Mondiale utilizzano da ormai due stagioni i prodotti firmati Van Rysel. Quello sviluppato con il marchio francese di Lille è un binomio capace di funzionare alla grande, infatti da inizio stagione i successi firmati dai corridori del team WorldTour sono già sette. L’ultimo è arrivato al recente Tour of the Alps, nel quale Nicolas Prodhomme e il giovane Paul Seixas hanno regalato spettacolo dominando l’ultima frazione della corsa a tappa dell’Euregio. 

E’ proprio Nicolas Prodhomme, al primo successo tra i professionisti, che ci racconta nel dettaglio i prodotti realizzati da Van Rysel. In questo caso l’occhio, ed è veramente il caso di dirlo, cade sul casco e gli occhiali utilizzati dalla formazione WorldTour francese. 

RCR-F, il casco più veloce

Il primo prodotto che andiamo a presentare è il casco RCR-F, dove l’acronimo sta per Fast Racer. Si tratta di un casco studiato e progettato con l’intento di perfezionare al meglio l’aerodinamica. Quando ogni singolo watt diventa importante e le gare si fanno veloci e combattute è importante avere al proprio fianco il miglior alleato possibile. 

Il casco RCR-F è dotato di cinque ingressi d’aria, posti nella parte anteriore, che servono a regolare la temperatura della calotta e offrire il giusto ricambio. 

«Questo modello – racconta Prodhomme – lo utilizzo spesso durante la stagione, soprattutto quando il clima non è ancora molto caldo. L’RCR-F ha un ottimo design ed è estremamente aerodinamico, anche quando le velocità si alzano risponde molto bene non dando alcuna resistenza al vento. Rimane comunque un prodotto leggero e comodo, anche dopo tante ore in sella. Per questo è perfetto per tappe lunghe o le Classiche».

Entrambi i modelli utilizzati dal team sono costruiti con tecnologia Mips (foto KBLB DAT)
Entrami i modelli utilizzati dal team sono costruiti con tecnologia Mips (foto KBLB DAT)

RCR Mips, per il caldo del Tour

Van Rysel fornisce agli atleti del team Decathlon AG2R La Mondiale anche un secondo modello, questa volta pensato per una ventilazione ancora più importante, infatti è il preferito dagli scalatori. Le prese d’aria frontali, in questo caso, sono otto

«Personalmente – riprende a spiegare Prodhomme – utilizzo il RCR Mips quando le temperature si fanno più elevate. Ad esempio, credo sia un casco ottimo per una grande corsa a tappe come il Tour de France, dove le salite lunghe e il caldo si fanno sentire. La tecnologia Mips ci permette di correre in maniera più tranquilla e sicura perché sappiamo di essere ben protetti in caso di caduta».

Gli occhiali coprono molto bene il volto e offrono un ottimo campo visivo (foto Auguste Devaire)
Gli occhiali coprono molto bene il volto e offrono un ottimo campo visivo (foto Auguste Devaire)

ROADR900 PERF, 3 lenti diverse

Per il team Decathlon AG2R La Mondiale gli occhiali forniti sono i ROADR900 PERF, un mix di eleganza, tecnica e design sportivo. Risultano estremamente coprenti, con una lente larga 135 millimetri e spessa 1,2 millimetri. Un sistema che permette all’atleta di avere un campo visivo ampio, unito alla protezione necessaria per chi viaggia ad alte velocità. Infatti lo spessore delle lenti le rende molto resistenti. 

La scelta cade su tre tipologie di lenti, sempre della gamma NXT. A seconda della categoria, che va da zero a tre, si ha un filtro dall’11 per cento all’85 per cento della luce. 

«Una delle caratteristiche che mi piace degli occhiali – conclude Prodhomme – è che sono molto comodi e garantiscono sempre una visione perfetta. In più una clip presente sul casco permette di riporre comodamente gli occhiali anche quando si è in gara, bastano pochi attimi per agganciare e sganciare il tutto».

Il Giro di Caruso: il podio con Tiberi e un sogno nel cassetto

28.04.2025
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SILLIAN (Austria) – Damiano Caruso scende le scalette del pullman della Bahrain Victorious con addosso due strati di vestiti e una giacca primaverile aperta. Con il proseguire dell’intervista il siciliano chiuderà la zip, in Austria il freddo punge ancora le guance e tutto il corpo. Siamo a fine aprile e il Tour of the Alps ha chiuso il periodo di preparazione al Giro d’Italia, da qui in poi si potrà riposare e caricare le batterie per la Corsa Rosa. Il team guidato da Franco Pellizotti ha perso Antonio Tiberi al secondo giorno di gara, non una bella notizia. Non ci si deve aprire nemmeno a grandi sconforti, a volte meglio tirare i remi in barca per qualche giorno ricalibrando gli sforzi in vista del futuro. 

Da sinistra: Antonio Tiberi, Damiano Caruso, Edoardo Zambanini e Lenny Martinez durante il ritiro sul Teide a inizio aprile (foto Instagram Edoardo Zambanini)
Da sinistra: Antonio Tiberi, Damiano Caruso, Edoardo Zambanini e Lenny Martinez durante il ritiro sul Teide a inizio aprile (foto Instagram Edoardo Zambanini)

Ancora margine

Caruso intanto si appoggia all’ammiraglia della EF Education EasyPost, vicina di parcheggio in questa mattina austriaca, e parla di sé e del Giro. 

«Sto bene dai – ci dice dopo averci salutato con un sorriso invitante e una stretta di mano – tutto sommato le sensazioni sono buone. Queste tappe al Tour of the Alps lo hanno confermato. Sapevo di venire a correre dopo un bel blocco di lavoro in altura, quindi ero alla ricerca di qualche risposta in gara e penso siano arrivate. Non sono ancora al 100 per cento ma mi sta bene, il mio obiettivo è il Giro e conto di essere pronto per quelle tre settimane. Al momento posso dire che sono esattamente dove volevo essere». 

Caruso è tornato in gara al Tour of the Alps per mettere insieme chilometri e fatica
Caruso è tornato in gara al Tour of the Alps per mettere insieme chilometri e fatica
Il ritiro in altura com’è andato?

Abbiamo lavorato in maniera tranquilla, non ci sono stati intoppi. Il programma è stato svolto nel migliore dei modi. L’ambiente intorno alla squadra e tra noi corridori è rimasto sempre sereno. Si è trattato dell’avvicinamento ideale. Purtroppo il rallentamento è arrivato nei giorni scorsi con lo stop di Antonio (Tiberi, ndr), ma ci può stare. Siamo tutti esseri umani. Magari per lui cambierà qualcosa in questi giorni ma in linea di massima siamo in tabella

Con quali sensazioni arrivi al Giro?

Diciamo che la squadra si presenta ben attrezzata per fare un Giro di alto livello. La mentalità con la quale ci affacciamo alle gare ci porta a cercare il massimo risultato possibile. Non è un segreto che con Tiberi si punti al podio. Il mio ruolo sarà di restargli accanto durante questa scalata. Non vi nego che mi piacerebbe anche togliermi qualche soddisfazione personale. Ad essere totalmente onesto mi piacerebbe anche vincere una tappa. Il mio obiettivo principale è correre un Giro nel quale possa divertirmi e dare il meglio tutti i giorni.

Il suo obiettivo? Correre un Giro da protagonista, aiutando Tiberi e cercando anche un po’ di gloria personale
Il suo obiettivo? Correre un Giro da protagonista, aiutando Tiberi e cercando anche un po’ di gloria personale
Come si diverte Caruso?

In tanti modi: provando a vincere una tappa, lottando nel finale con i migliori e aiutando il tuo leader mettendo in difficoltà gli avversari. Ci sono tante dinamiche all’interno di tre settimane di gara che a volte dall’esterno non si vedono ma che rappresentano tante piccole soddisfazioni. Perché ti danno la consapevolezza di aver fatto bene il tuo lavoro. 

Hai già visto una tappa che ti piace?

Tra quelle di cui ho fatto la ricognizione c’è la numero undici con arrivo a Castelnovo ne’ Monti. Poi mi sono messo anche a studiare l’ultima settimana e se si hanno le giuste gambe si può fare qualcosa. Non serve nemmeno molta tattica, ma solamente raccogliere quel poco di energia rimasta in corpo. 

Caruso, per il secondo anno di fila, sarà accanto a Tiberi al Giro, il siciliano crede nel podio finale per il suo capitano
Caruso, per il secondo anno di fila, sarà accanto a Tiberi al Giro, il siciliano crede nel podio finale per il suo capitano
Tu hai parlato di podio, Tiberi non ha nascosto l’ambizione di voler vincere…

Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi campioni e l’atteggiamento è proprio questo: partire per vincere. Sembra che anche Tiberi abbia questa attitudine, lo deve dimostrare. Però l’atteggiamento è giusto. Io sono sempre stato più modesto, non che lui sia arrogante perché non è così. Mi riferisco all’obiettivo, per me il podio è davvero abbordabile se poi Tiberi riuscirà a stupire tutti ben venga. Gli ho sempre detto una cosa.

Dicci…

Io non ho mai vinto un Grande Giro insieme a un capitano, quindi se riesce a farmi questo regalo prima di smettere gli ho promesso una statua

Quanti anni ha ancora per provarci?

Vediamo, è una decisione che ho rimandato a dopo il Giro.

Allora ci farai sapere, intanto in bocca la lupo.

Crepi!

Piganzoli: l’esperienza maturata e i progressi verso il Giro

27.04.2025
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SAN CANDIDO – Davide Piganzoli è sempre più al centro del progetto della Polti-VisitMalta, il valtellinese cresciuto con passi mirati e precisi si appresta a correre il suo secondo Giro d’Italia in carriera. Dopo l’esordio della passata stagione e un solido tredicesimo posto finale, arrivato grazie a caparbietà e tenacia, i riflettori si girano illuminando anche il suo profilo.

L’avvicinamento è restato pressoché lo stesso del 2024, concluso in crescendo con il terzo posto al Giro dell’Emilia: si è partiti con le corse in Spagna, poi la Volta a la Comunitat Valenciana, Tirreno-Adriatico e infine Tour of the Alps (in apertura foto Maurizio Borserini). L’unica differenza è arrivata dal fatto di aver corso il Gran Camino e non il Tour of Antalya, vinto lo scorso anno. Scelta forzata visto che la corsa a tappe turca non è stata disputata. 

Il passaggio dal Tour of the Alps ha permesso a Piganzoli di confrontarsi con i migliori scalatori in vista del Giro (foto Maurizio Borserini)
Il passaggio dal Tour of the Alps ha permesso a Piganzoli di confrontarsi con i migliori scalatori in vista del Giro (foto Maurizio Borserini)

Solidità

I risultati non sono diversi, anzi, anche quelli sono praticamente identici: nei primi quindici alla Valenciana e in top 20 alla Tirreno. E’ mancata la vittoria, vero, ma le prestazioni colte al Gran Camino sono sembrate più solide: sempre tra i primi e un secondo posto nella cronometro alle spalle di Derek Gee

«Sicuramente arrivo con una maturazione diversa – racconta all’interno della tenda dietro al palco delle premiazioni – mentre il programma di lavoro è rimasto lo stesso, sia prima che dopo il Tour of the Alps. Quindi ho fatto un ritiro in altura, poi questa corsa per rifinire il lavoro e poi si va verso il Giro d’Italia. Visti i risultati dello scorso anno credo che sia un approccio corretto. In generale mi sento migliorato parecchio e si può sperare in bene».

Al termine di questi cinque giorni di gara il valtellinese ha colto un 11° posto finale, 3° fra i giovani
Al termine di questi cinque giorni di gara il valtellinese ha colto un 11° posto finale, 3° fra i giovani
Maturato in cosa?

Sicuramente ho un maggiore quantitativo di esperienza e sento di essere migliorato fisicamente. Anche la squadra credo sia cambiata in meglio.

Andiamo per punti, perché ti senti più forte fisicamente?

Mi sento più forte sul ritmo gara, riesco a tenere meglio il passo degli altri uomini di classifica. Quando sei giovane devi sempre prendere un po’ di dimestichezza con il gruppo e migliorare. Credo, con il passare del tempo e delle stagioni, di arrivarci. 

A livello di esperienza in gara cosa hai imparato dal Giro dello scorso anno?

Sicuramente che bisogna sempre stare attenti e cercare di non andare a tutta ogni giorno. L’obiettivo in una gara così lunga è di mantenere un briciolo di freschezza per il finale perché proprio nelle tappe conclusive si creano occasioni importanti.

Piganzoli nella prima parte di stagione ha disputato diverse corse a tappe, qui al O’ Gran Camino chiuso al secondo posto
Piganzoli nella prima parte di stagione ha disputato diverse corse a tappe, qui al O’ Gran Camino chiuso al 2° posto
Cosa hai cercato di fare “in più” rispetto al 2024?

Ho cercato di fare piccoli passi: qualcosa in più per il fondo aumentando leggermente le ore in bici, migliorando quello che lo scorso anno ho curato meno, ovvero i chilometri fatti durante la settimana. Il risultato è che mi sento più solido a livello di prestazione. 

Guardando alla prestazione fatta in questo Tour of the Alps come ti senti? Sei sui passi giusti?

Credo di essere in un buon periodo, tutto sta andando secondo i piani. Dopo questi giorni mi godrò un attimo di riposo e poi andremo diretti in Albania. Anche quest’anno guarderò ancora la classifica, ma senza troppo stress. Siamo in una squadra piccolina e questo credo sia un vantaggio anche per puntare a qualche fuga e conquistare delle tappe. 

Uno dei punti in cui Piganzoli si sente più forte rispetto al 2024 è il passo, anche sulle salite lunghe
Uno dei punti in cui Piganzoli si sente più forte rispetto al 2024 è il passo, anche sulle salite lunghe
Senza Pogacar sarà un Giro più aperto?

Sì, sicuramente e credo lo sarà fino alla fine. Come in questi giorni ci saranno tanti campioni e tanti corridori che potranno fare la gara. Senza qualcuno in grado di dominare vedremo maggior controllo probabilmente ma allo stesso tempo ci sarà più spettacolo e maggior spazio per tutti. 

Più bello ma più difficile da interpretare?

Tecnicamente sarà difficile tenere in mano la corsa, però dai, credo sia una cosa positiva per lo spettacolo e per gli spettatori a casa.

Tour of the Alps: Prodhomme vince, Seixas prenota il futuro

25.04.2025
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LIENZ (Austria) – La giornata finale del Tour of the Alps, che per la seconda volta in questa edizione finisce in suolo austriaco, regala una parata trionfale alla Decathlon AG2R La Mondiale. La formazione francese impacchetta una prestazione eccezionale con due suoi corridori tanto importanti quanto diversi. Nicolas Prodhomme vince la sua prima gara tra i professionisti con un’azione da lontano, al suo fianco arriva il giovane Paul Seixas

«Abbiamo chiuso alla grande un ottimo Tour of the Alps – ha detto Prodhomme – con questo bellissimo uno-due. Eravamo partiti per fare classifica con Gall ma abbiamo trovato sulla sua strada un ottimo Storer. Seixas ed io abbiamo lavorato bene durante la giornata di oggi. Gli avrei lasciato la vittoria ma lui ha voluto a tutti i costi che toccasse a me e lo ringrazio. Ora per me arriva il Giro d’Italia, prima però è tempo di festeggiare con la mia famiglia e di godermi questa prima vittoria tra i professionisti».

Il francesino Seixas, che ancora deve compiere diciannove anni, è arrivato direttamente nel WordTour dopo due stagioni da protagonista tra gli juniores. La Decathlon AG2R ha un vivaio profondo, che inizia con la formazione under 19 e prosegue con quella under 23 e ci ha abituato a questo tipo di approccio con i suoi ragazzi. Chi merita sale presto tra i grandi per imparare come si corre e a vivere il ciclismo da protagonista

Seixas ha lanciato l’azione decisiva sulla salita finale di questa quinta tappa
Seixas ha lanciato l’azione decisiva sulla salita finale di questa quinta tappa

Doppietta francese

Seixas e Prodhomme sono entrati nella fuga del mattino, consapevoli che il gruppo avrebbe lasciato spazio, complice anche il numero risicato di atleti arrivato al termine di questo Tour of the Alps, appena settantotto. Quindi non era facile per le squadre avere le forze per controllare la corsa. Sulla salita di Stronach, a dieci chilometri dal traguardo, è stato Paul Seixas a dare fuoco alle polveri alzando il ritmo e sfilacciando il gruppetto dei fuggitivi. A riportarsi sullo scalatore francese è stato Prodhomme e sulla discesa finale i due si sono parlati. Dietro al palco delle premiazioni chiediamo a Seixas cosa si sono detti. 

«Ci siamo confrontati su chi avrebbe dovuto vincere – dice – e visto che lui non aveva mai vinto in questi cinque anni da professionista ci è sembrato giusto che fosse lui a passare per primo sotto al traguardo. Io ho la consapevolezza di essere andato molto bene in questi cinque giorni e di essere forte. In futuro potrò vincere sicuramente altre gare. L’ammiraglia ha detto di far vincere me ma non ero d’accordo, era giusto lasciarla a Prodhomme».

Ti saresti aspettato una prova del genere in una corsa così dura?

Quando sono arrivato a questo Tour of the Alps non ero concentrato su quello che avrei potuto fare ma cosa avrei potuto imparare. A conti fatti sono stato tra i primi tutti i giorni tranne ieri, è stato bello ed emozionante. Alla fine pensavo che come squadra avremmo potuto vincere una tappa e ci siamo riusciti. 

Sei entrato nel WorldTour e stai andando molto bene, è stato un passaggio difficile?

Sicuramente si tratta di un grande salto perché qui corrono i migliori atleti al mondo. Questo inverno ho lavorato duramente e penso che tutti gli sforzi fatti siano stati ripagati da una buona condizione. Ora riesco a correre insieme agli atleti più forti: non credevo di essere così competitivo ma è una bella sorpresa. 

Al traguardo ti abbiamo visto insieme alla tua famiglia…

Erano qui per sostenermi, come hanno sempre fatto. Non è facile essere così giovane e avere una vita che ti porta spesso in giro ma penso sempre a loro e ai sacrifici che hanno fatto per me. Li amo. 

Cosa ti hanno detto quando sei arrivato direttamente nel WorldTour?

Si sono mostrati subito molto contenti e felici di vedermi qui a lottare tra i primi. Erano anche abbastanza sorpresi (dice con una risata, ndr). Ora ho diciotto anni e sono libero di decidere dove allenarmi. La mia mentalità però è sempre la stessa: mi alzo la mattina concentrato su come lavorare e mi sento realizzato

Per diversi giorni è stato anche leader della classifica dei giovani, primato strappato da Max Poole
Per diversi giorni è stato anche leader della classifica dei giovani, primato strappato da Max Poole
Il modo di allenarti è cambiato tanto?

Ho parlato con la squadra e ci siamo confrontati sul lavoro da fare una volta passato professionista. Mi alleno quasi il doppio rispetto a prima quindi la differenza si vede. Quando ero juniores non ho mai esagerato con le ore di allenamento, ora mi impegno quasi come gli altri atleti professionisti. Insieme allo staff si è deciso di lasciare del margine per progredire in futuro. 

In cosa ti senti più forte?

Mi sono concentrato su tutti gli aspetti: cronometro, sprint e salita. L’obiettivo è diventare un corridore il più possibile completo. La cosa che mi sorprende è il fatto di essere già ad un buon livello. Pedalare fianco a fianco con campioni come Storer, Ciccone e Arensman è abbastanza folle per me. 

Seixas ha avuto gli occhi, e i microfoni, puntati addosso fin dal primo giorno
Seixas ha avuto gli occhi, e i microfoni, puntati addosso fin dal primo giorno
La squadra ha dei corridori molto giovani in rosa, che arrivano anche loro dalle formazioni di sviluppo…

Penso che sia positivo perché ci si può aiutare a vicenda e ci si sente in un gruppo insieme a tanti coetanei. E’ la mentalità che conta e avere dei compagni di squadra giovani aiuta tanto. Quando li ho accanto cerco di imparare qualcosa su di loro e capire come lavorano e si allenano.

C’è qualcosa nello specifico che ti incuriosisce?

Sì, ma non lo dico. E’ un segreto (dice con una risata, ndr). 

Farai anche corsa con gli under 23?

Dovrei fare il Giro Next Gen, ma ancora devo avere la conferma dalla squadra. Uno degli obiettivi di stagione, che è anche un po’ un sogno per me, è il Tour de l’Avenir, ma manca ancora tanto. Ora mi godo il momento.