Il Tour non è tutto. E ora Pedersen si avventa sulla Vuelta

22.08.2025
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Che il 2025 sarebbe stato per lui un anno giusto si era capito sin dalle prime corse di stagione. E se le vittorie e il buon umore del Giro d’Italia avevano offerto di Mads Pedersen un’immagine burlona e più solare del solito, non c’è dubbio che lo strapotere messo in mostra nel Giro della sua Danimarca lo proietti sulla Vuelta con credenziali d’eccezione. Il danese della Lidl-Trek sarà l’uomo da battere sin da domani sul traguardo di Novara.

Ieri Mads ha incontrato la stampa e la sensazione di solidità e serenità che ha… raccontato per tutto il tempo conferma un livello che anno dopo anno si fa più solido. Se ne è accorto Jasper Stuyven, che per scavarsi un po’ di spazio, alla fine dell’anno passerà alla Soudal-Quick Step. Fra Pedersen e Milan, per lui si stavano chiudendo troppe porte. 

Pedersen arriva alla Vuelta forte di tre tappe vinte e la classifica del Giro di Danimarca
Pedersen arriva alla Vuelta forte di tre tappe vinte e la classifica del Giro di Danimarca
Sei d’accordo sul fatto che al Danimarca hai messo in mostra doti e numeri al livello del Giro?

Sto bene e i numeri sono abbastanza buoni. Non sarebbe possibile vincere come abbiamo fatto, senza avere i numeri tutti a posto. E’ stato un buon test per la Vuelta, ho capito di essere nella forma giusta e sono pronto per le prossime tre settimane.

Viviani ha raccontato di aver lavorato tanto in salita, viste le tappe che vi attendono. Tu hai cambiato qualcosa?

No, non ho fatto niente di diverso. Mi sono allenato normalmente, ho affrontato lo stesso numero di salite e così via. La preparazione non è stata incentrata sulla montagna, ma sull’essere in ottima forma ed essere in grado di spingere al massimo per il tempo necessario.

Cosa ha significato per te l’aggiunta di Jasper Phillipsen alla lista di partenza?

Non è un segreto che vorrei la maglia roja di leader nella prima tappa e la presenza di Philipsen lo renderà più difficile. E’ uno dei migliori velocisti al mondo e lo ha dimostrato al Tour vincendo la prima tappa e vestendo la maglia gialla. Sarà più difficile, ma niente è impossibile. Ho corso contro di lui in Danimarca e in passato l’ho anche battuto in uno sprint di gruppo. Questo mi dà fiducia in me stesso e nella squadra. Spero che possiamo iniziare questa corsa con un buon risultato.

Tour de France 2023, Limoges: Pedersen batte in uno sprint di gruppo Philipsen, Groenewegen e Van Aert
Tour de France 2023, Limoges: Pedersen batte in uno sprint di gruppo Philipsen, Groenewegen e Van Aert
Hai già un’idea di treno?

Guardando solo gli ultimi ad entrare in azione, ci sarebbe Sergeant davanti a me e Dan Hoole davanti a lui. Ma tutto cambierà di giorno in giorno e ovviamente anche da come verrà fatta la tappa. Quindi non so elencare il treno completo, ma spero che questi due ragazzi saranno lì tutte le volte che dovremo fare uno sprint. Ma non siamo qui soltanto per me. Puntiamo anche alla classifica con Ciccone e alla maglia a punti con me.

La squadra ha dato delle priorità fra questi due obiettivi?

Penso che possiamo gestire le due priorità e condividere il lavoro, la pressione e i risultati. Lo stavamo dimostrando al Giro, dove abbiamo fatto un lavoro quasi perfetto. Fino alla caduta di Ciccone eravamo in un’ottima posizione e crediamo di poter fare lo stesso, altrimenti uno di noi sarebbe rimasto a casa. Giulio ed io pensiamo davvero che insieme potremo aiutarci a vicenda.

Hai detto che il Giro è stato quasi perfetto, cosa servirebbe perché la Vuelta lo fosse completamente?

Cicco sul podio di Madrid, facile!

Cosa puoi dirci del tuo programma di quest’anno, con Giro e Vuelta e niente Tour?

Mi ha fatto capire che il Tour de France non è tutto. Abbiamo tante gare in calendario e se il Tour de France è l’obiettivo principale, allora potresti non rendere al 100 per cento nelle altre. All’inizio di questa stagione, non sono stato selezionato per il Tour perché volevamo andare con Johnny (Milan, ndr) per i suoi sprint. Io da parte mia volevo ottenere il massimo da ogni opportunità che mi si presentava, comprese le classiche. Ho voluto mettermi subito pressione, iniziare a vincere e ottenere il maggior numero di vittorie possibile. Poi è venuto il Giro e ora la Vuelta. E mi sono chiesto: perché non affrontarla con le stesse ambizioni che avevamo al Giro? Anche perché metà della squadra è la stessa di due mesi e mezzo fa. Così abbiamo alzato la posta per ottenere il massimo.

Nelle prime tappe del Giro, Ciccone ha aiutato Pedersen. Poi l’abruzzese è caduto e questo ha impedito a Mads di ricambiare il favore
Nelle prime tappe del Giro, Ciccone ha aiutato Pedersen. Poi l’abruzzese è caduto e questo ha impedito a Mads di ricambiare il favore
Sembra di capire che dietro ci sia anche un ragionamento molto approfondito sulla preparazione…

In realtà, faccio solo quello che mi dice il mio allenatore, è un tipo intelligente: dovreste parlarne con lui. Quando corro, cerco solo di avere la mente lucida per cercare di vincere quando è possibile e finora ha funzionato. Se anche la Vuelta dovesse andare a rotoli, penso che la stagione sia stata comunque positiva.

Questo significa che comunque vorresti tornare al Tour?

E’ la gara più importante, non ho ancora finito con il Tour. Il mio obiettivo è vincere un giorno la maglia verde. E poi perché dovrei metterlo da parte? Solo perché non lo faccio per una stagione? Non sto ancora pensando al ritiro o cose del genere, quindi le squadre possono avere piani diversi che l’anno successivo magari cambiano. E allora magari al Tour ci tornerò l’anno prossimo, chi può dirlo?

I giorni spagnoli a Torino: gli onori di casa li fa Javier Guillen

22.08.2025
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TORINO – Una sessione di spinning a cielo aperto guidata da Fabio Aru, musica a palla dalle 5 del pomeriggio e poi la parata dei campioni nel cuore di Torino. Nemmeno qualche scroscio di pioggia in Piazzetta Reale è riuscito a rovinare la festa della prima Vuelta italiana e il sorriso sulle labbra di Javier Guillén è la conferma che l’atto della Gran Salida è stato un successo.

Con il direttore della corsa spagnola abbiamo parlato della storica partenza dal Piemonte, che completa così il “triplete” dei Grandi Giri, e delle peculiarità dell’edizione che celebra i 90 anni dalla prima volta. Vingegaard contro il tandem Uae per la maglia roja. I tanti arrivi in salita che sorridono ai nostri Ciccone e Tiberi. Le poche chances in volata che i velocisti sono pronti a non lasciarsi sfuggire. Viviani ne ha contate quattro e già sabato a Novara vuole dare del filo da torcere ai fulmini Philipsen e Pedersen.

Guillén non ci ha negato nemmeno un’assaggio di futuro: se nel 2026 si partirà dal Principato di Monaco (questo pomeriggio c’è stata la presentazione informale alla stampa presente a Torino), nel 2027 ci ha anticipato che si tornerà a partire dalla Spagna.

Javier Guillen, organizzatore della Vuelta, ha fatto con noi a Torino il punto sulla sua corsa
Javier Guillen, organizzatore della Vuelta, ha fatto con noi a Torino il punto sulla sua corsa
I corridori sono pronti per il terzo e ultimo grande giro della stagione e voi? Che cosa dobbiamo aspettarci dalla prima Vuelta in Italia?

Tutto è cominciato circa tre anni fa, quando abbiamo incontrato l’allora assessore allo sport regionale Fabrizio Ricca a margine della Vuelta femminile. Abbiamo cominciato a parlare della possibilità di portare la nostra corsa in Italia nel futuro prossimo. In passato c’erano state alcune ipotesi di partenza dall’Italia, ma mai con la serietà e la fermezza che ci ha mostrato sin da subito la Regione Piemonte.

Come avete costruito questa Gran Salida?

Abbiamo cominciato a lavorare, partendo dalla riunione col presidente Alberto Cirio. Partire dall’Italia per noi è qualcosa di speciale, per la vicinanza a tutti i livelli con la Spagna. E anche perché qui si vive il ciclismo con più passione rispetto a qualunque altro Paese del mondo. Il 2025 era perfetto perché volevamo festeggiare il novantesimo anniversario della Vuelta e così abbiamo deciso di premiare i nostri “fratelli” italiani e i tanti appassionati che ci sono qui. La Regione ha accettato la nostra proposta ed eccoci qui oggi. 

Che cosa ti ha colpito del Piemonte?

L’interesse e l’entusiasmo in primis, non solo del suo presidente, ma da parte di tutti. Il Giro d’Italia è partito da qui tante volte, l’anno scorso c’è stata anche la tappa del Tour de France. Mancava soltanto la Vuelta per completare la trilogia dei Grandi Giri. Mi è piaciuto anche come le due culture si siano intrecciate ed ho trovato molto interessante i piatti rivisitati dagli chef locali che mischiassero la cucina piemontese con le specialità spagnole. Per quanto riguarda i luoghi, Torino è una città dalla storia impressionante e la zona prealpina è altrettanto fantastica. Questa combinazione verrà valorizzata in tutto il mondo grazie alla grande copertura televisiva e mediatica in generale che la Vuelta garantisce. 

Vingegaard sarà il favorito numero uno, visti il palmares e le sue motivazioni: qui in attesa della presentazione a Torino
Vingegaard sarà il favorito numero uno, visti il palmares e le sue motivazioni: qui in attesa della presentazione a Torino
In Italia sarà trasmessa da Eurosport, ma non dalla Rai: pensieri?

Ovviamente a noi avrebbe fatto piacere che la nostra corsa fosse trasmessa anche dalla Rai come accade su Eurosport, che garantisce sempre una grandissima copertura, ma non è stato trovato l’accordo. Comunque, ce ne facciamo una ragione, perché davvero la copertura in Spagna e in 190 Paesi di tutto il mondo è qualcosa di grandioso.

Pensi che le prime tappe italiane possano già muovere la classifica in maniera interessante?

Visto come si corre al giorno d’oggi e il nervosismo che serpeggia nel gruppo, credo che non si debba sottovalutare nemmeno la prima tappa di un Grande Giro perché tutto può succedere. Di solito, la Vuelta inizia con una cronometro individuale, come lo scorso anno a Lisbona oppure a squadre come due anni fa a Barcellona. In questo caso però, abbiamo deciso di cambiare per avere a disposizione il maggior numero di chilometri possibile in Piemonte, così da valorizzare questo bellissimo territorio. Il secondo giorno a Limone si arriva già in salita e si potrà avere qualche verdetto o quantomeno capire chi è in forma e chi no. Il lunedì poi c’è una tappa corta, come piacciono a noi organizzatori della Vuelta, ma dura e intensa. Poi c’è la quarta, che parte dall’Italia e finisce in Francia e ci dà la possibilità per la prima volta di attraversare le Alpi.

Vingegaard contro tutti, la Uae con due capitani come Almeida e Ayuso: che Vuelta sarà?

Speriamo che sia una corsa aperta come negli ultimi anni. Sono d’accordo che Vingegaard sia il favorito numero uno visto il palmares con cui si presenta al via e da quello che ha mostrato al Tour quest’anno. Ma anche lo scorso dopo quel tremendo incidente che l’ha visto protagonista ai Paesi Baschi. Non credo però che Ayuso gli renderà facile la vita. Attenzione anche a Bernal o a corridori esplosivi come Pidcock che renderanno più divertente la corsa. Senza dubbio, la sana rivalità Visma-Uae sarà molto interessante. Non sarà soltanto una lotta di corridori, ma una sfida tra le due corazzate. Per quest’anno sono 1 a 1 nei Grandi Giri e tutti vogliono vedere chi delle due vincerà il secondo e se ci riuscirà. 

Fra gli italiani sfilati ieri a Torino, occhi su Giulio Pellizzari, che correrà accanto a Jai Hindley
Fra gli italiani sfilati ieri a Torino, occhi su Giulio Pellizzari, che correrà accanto a Jai Hindley
Quali saranno le peculiarità di questa Vuelta?

Credo che la prima settimana sarà molto importante, già dalla seconda tappa con l’arrivo in salita a Limone. Poi la cronosquadre come prima frazione spagnola e ancora gli arrivi in salita di Andorra e a Valdezcaray. A questi si sommano due colossi, che arriveranno più avanti. L’Angliru (13ª tappa del 5 settembre; ndr) che, con Zoncolan e Mortirolo, è una delle salite più difficili in Europa, e poi la penultima tappa con l’arrivo alla Bola del Mundo (20ª frazione del 13 settembre,ndr), dove Nibali vinse nel 2010. Poi ancora salite come El Morredero: abbiamo voluto costruire una Vuelta che fosse un compendio di questi 90 anni, un misto tra tradizione, innovazione e internazionalizzazione. 

In Italia o in Francia sempre c’è qualche polemica per chi rimane escluso dal percorso, come è accaduto alla parte meridionale della Spagna in quest’occasione. È successo anche da voi?

Certo, come sempre (sorride, ndr). Però, l’anno scorso abbiamo avuto molte tappe al sud della Spagna, per cui abbiamo spiegato che nel giro di tre anni cerchiamo sempre di coprire tutto il territorio iberico. Non è semplice perché la Spagna, come l’Italia e la Francia, offrono davvero moltissime possibilità differenti.

In generale, come sta la Vuelta e come guarda al futuro oltre alla già annunciata partenza dal Principato di Monaco per il 2026?

La Vuelta sta bene ed è una corsa che è cresciuta molto negli ultimi anni. Ha una sua propria personalità, ha un’identità ben precisa. Non abbiamo tante tappe di alta montagna come il Giro o il Tour, ma tanti arrivi in saliti e molti finali insidiosi che la rendono unica e imprevedibile. Dopo Lisbona, il Piemonte e il Principato di Monaco, possiamo già anticipare che per il 2027 l’idea è di partire dalla Spagna. Però è anche vero che dal 2028 torneremo di nuovo a puntare a una partenza all’estero, perché fa crescere il nostro brand ed esporta il nostro prodotto in altri mercati, dandogli un tocco di novità, come accade con Giro e Tour.

Mirino sul traguardo di Novara: Viviani prenota i fuochi d’artificio

21.08.2025
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La sua immagine del profilo su whatsapp è una delle foto più belle che siamo mai state fatte di Elia Viviani. Ne conviene anche lui, guidando verso Torino dopo gli ultimi giorni a casa prima della Vuelta. E’ una delle tante scattate in galleria del vento nel 2016, ma nessun’altra è riuscita come quella, con il body blu e senza le scritte. Al Politecnico di Milano ne hanno messo una gigantografia all’ingresso. Fu l’anno dell’oro di Rio, non solo un fatto estetico: quel lavoro valse un bel pezzetto di medaglia.

E adesso la Vuelta, con quale spirito?

Ho lottato per esserci. Era una delle cose su cui ho chiesto subito chiarezza alla squadra. Se ci credete, mi portate, oppure lasciamo perdere tutto e vado alle gare che ci sono in giro per l’Europa. Invece ho trovato pieno supporto, per cui dopo l’italiano ho fatto una settimana tranquillo di semi vacanza a casa, ma senza bici. E da lì poi sono salito per tre settimane con sette compagni di squadra a Livigno. Sono tornato a casa per andare al Polonia, scelto come gara di avvicinamento.

Questa la foto profilo su Whatsapp di Viviani, scattata al Politecnico di Milano nel 2016, preparando l’oro di Rio
Questa la foto profilo su Whatsapp di Viviani, scattata al Politecnico di Milano nel 2016, preparando l’oro di Rio
Piuttosto impegnativo quest’anno…

C’era una sola occasione per arrivare in volata. Altrove avrei avuto più possibilità, però sapevamo che il Tour de Pologne poteva essere importante per approcciarsi alla Vuelta. Infatti alla fine ho sofferto come un cane, però sapevo che mi faceva bene. Già ad Amburgo stavo benone e sono rimasto indietro solo per la foratura al momento sbagliato, però ho avuto buone sensazioni. Per cui arrivo alla Vuelta sapendo che ci saranno poche occasioni, come sono state poche al Giro e al Tour. Alla fine non ci saranno tantissimi velocisti, quindi presuppongo che arrivando in volata potrò avere delle chance. Ci sarà un Pedersen infuocato (Mads ha vinto 3 tappe, la classifica generale e quella a punti al Giro di Danimarca, ndr) e anche Philipsen. Soprattutto Pedersen che sarà anche il riferimento per la maglia verde e gli sprint.

Hai già individuato le tappe a disposizione?

Vi dico una cosa: sabato sarà il giorno clou. Lo prenderò come una classica. Voglio arrivarci fresco, perché per me sabato sarà la Vuelta, poi giorno per giorno arriverà quello che arriverà. Ma la prima tappa in Italia con l’arrivo in volata è un’occasione. E poi comunque sarà il mio ritorno a un Grande Giro, un’occasione da non mancare o comunque per cui fare tutto bene.

Sapendo che la prima tappa arriva in volata e poi sarà una corsa dura, la preparazione è stata inquadrata diversamente?

A Livigno mi sono concentrato molto di più sulle salite, perché sappiamo che sarà una Vuelta dura da passare. Si continua a dire che le corse sono sempre più dure, però fino a un certo punto. Ci sono 11 arrivi in salita e secondo me è anche giusto, perché la gente vuole vedere gli scalatori che si scattano in faccia e questo succede solo se il traguardo è sulla cima. Quindi diciamo che la preparazione è stata incentrata molto più sulle salite che non sulle volate, ho mantenuto i classici blocchi per la preparazione degli sprint e ho ridotto di molto la palestra. Ma l’approccio al primo giorno non terrà conto delle tre settimane, sarà come una gara secca. Perciò venerdì sarà una giornata clou per trovare il colpo di pedale giusto. Quindi non farò la classica oretta, ma probabilmente tre ore con dei lavori, anche dietro moto o dietro macchina, per partire con la sensazione di avere la gamba pronta.

Ad Amburgo, una settimana dopo il Polonia, solo una foratura ha impedito a Viviani di restare nel gruppo dei primi
Ad Amburgo, una settimana dopo il Polonia, solo una foratura ha impedito a Viviani di restare nel gruppo dei primi
Quanto ti è mancato non aver fatto un Grande Giro negli ultimi quattro anni?

E’ mancato tanto, a diversi livelli. Certamente sul piano affettivo e poi comunque di obiettivo, perché per ogni ciclista la stagione viene improntata sui tre Grandi Giri. Perciò non è facile affrontare delle annate senza farne uno. Fisicamente mi è mancato tantissimo, anche se alla fine le motivazioni comunque le trovi. L’anno scorso c’erano le Olimpiadi, ad esempio. Non fare le tre settimane mi ha dato qualcosa di meno sul piano atletico.

A livello di prestazioni?

Se guardiamo, i miei migliori risultati sono sempre arrivati dopo un Grande Giro, oltre che essere arrivati durante la corsa stessa. Il campionato italiano non lo avrei mai vinto senza il Giro. Le classiche come Amburgo, Plouay o London Classic e l’europeo non sarebbero mai arrivate senza il Tour. Quindi, secondo me, nella conta di tutte le vittorie mancate negli ultimi anni, sicuramente l’assenza del Grande Giro ha inciso.

Quindi in qualche modo la Vuelta sarà funzionale al mondiale pista di ottobre?

Sono obiettivi totalmente distinti. Ho tanta voglia di fare la Vuelta, amo l’idea che si concluda a Madrid, dove ho vinto e che è stata una delle vittorie più belle della mia carriera. So benissimo che se la finisco, poi mi divertirei sino a fine stagione, perché è sempre stato così. Di conseguenza ai mondiali avrei ancora più chance, perché potrei arrivarci con una condizione super. Quindi almeno per questo sono due obiettivi collegati.

E’ il 3 maggio, il Turchia arriva a Cesme e Viviani torna alla vittoria battendo Kristoff e Persico
E’ il 3 maggio, il Turchia arriva a Cesme e Viviani torna alla vittoria battendo Kristoff e Persico
Hai parlato con Salvoldi di quale potrebbe essere il tuo impiego a Santiago del Cile?

No, devo ancora farlo. Non sarò in specialità olimpiche, perché è iniziata una rifondazione della nazionale ed è giusto che sia così. Non credo che la madison sia un’opzione, perché è nello stesso giorno dell’eliminazione in cui per il quinto anno consecutivo vorrei centrare una medaglia. Magari, parlando con Dino e per non fare solo l’eliminazione, che dura solo quei 10 minuti, mi piacerebbe tornare a fare una corsa a punti, ma è tutto da vedere e da parlare.

Hai firmato il contratto a stagione iniziata, perché volevi dimostrare qualcosa. Ci sei riuscito?

Quello che volevo era tornare a correre e vincere e ci sono riuscito al Turchia. Volevo vincere di più? Sì, sicuramente. Però guardando indietro, le occasioni che posso aver mancato sono venute subito dopo il Turchia, perché quando ne vinco una, cerco sempre di aggiungerne altre. Quindi Dunkerque oppure la Copenhagen Sprint, che era la prima edizione e in cui arrivavo dal terzo posto di Brugge. Mi è mancato un paio di vittorie, ma l’asticella deve essere tenuta necessariamente alta.

Che tipo di sfida sarà alla Vuelta?

Una grande sfida. Anche se ho 36 anni, ho i miei dubbi e le mie paure. Arrivo alla Vuelta dopo quattro anni senza un Grande Giro, però l’ho voluto a tutti i costi e quindi vado e me la godo. Pensiamo alla tappa di sabato e alle altre volate, Madrid compresa. Ma se nel mezzo ci saranno delle giornate in cui andare in fuga, potrei provarci. Non mi va di passare 17 giorni a ruota, sperando nelle quattro volate.

La lunga fuga di Viviani alle Olimpiadi di Parigi potrebbe ispirare qualche attacco nelle tappe della Vuelta non proprio per velocisti?
La lunga fuga di Viviani alle Olimpiadi di Parigi potrebbe ispirare qualche attacco nelle tappe della Vuelta non proprio per velocisti?
E adesso una domanda che non si fa mai, come chiedere gli anni a una donna. Hai già deciso se questa sarà l’ultima stagione?

Diciamo che le idee sono più chiare e tranquille rispetto all’anno scorso (sorride, ndr). La verità è che con Lotto abbiamo parlato tranquillamente di un anno e semmai di un altro se tutti fossimo stati contenti. La cosa in questo momento è complicata dalla fusione della squadra con l’Intermarché e quindi è tutto in stand by, attendendo cosa succede nel finale di stagione. Se dovesse essere un finale di stagione come vorrei, con i fuochi d’artificio, perché non correre ancora? E’ una situazione totalmente diversa dall’anno scorso. Ho voluto correre a tutti i costi, ho trovato un accordo a fine febbraio e ho anche vinto. Ma per ora non vorrei dire di più. Ora si pensa alla Vuelta e ci si pensa con la massima concentrazione.

Torino, la “fiesta roja” sta per cominciare

19.08.2025
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Torino capitale del ciclismo. Nessuna città prima d’ora aveva ospitato in appena 476 giorni tutti i tre Grandi Giri. E la Gran Salida della oramai imminente Vuelta di Spagna segnerà un record difficile da battere. La tappa inaugurale del Giro d’Italia 2024, terminata di fronte alla Gran Madre e vinta da Narvaez, poteva sembrare abituale visto il legame tra Rcs Sport e il capoluogo piemontese. Mentre la storica vittoria di Biniam Girmay nella terza frazione del Tour de France di poco più di un mese dopo ha regalato un’istantanea difficile da ripetere.

Nel 2024, Girmay ha vinto la terza tappa del Tour a Torino e poi altre due
Nel 2024, Girmay ha vinto la terza tappa del Tour a Torino e poi altre due

Si inizia giovedì

Dall’amore infinito rosa alla marea gialla, fino ad arrivare alla passione rossa che sta cominciando a travolgere Torino nei giorni delle ferie d’agosto. I richiami alla Vuelta cominciano a far capolino soprattutto in centro, dove sono comparse diverse biciclette rosse con la scritta Torino. Così come i lanci sui social network per la grande festa che comincerà giovedì sera con la presentazione delle squadre nella cornice di Piazzetta Reale. Se per la sfilata di Vingegaard, Almeida, Ciccone e le altre stelle al via bisognerà aspettare le 19,30, lo spettacolo si aprirà alle 17. Prima con una lezione di spinning collettiva, seguita dal dj set (17,45) che farà crescere l’aspettativa per l’uscita delle 22 squadre insieme all’esibizione del cantante spagnolo Antonio Orozco.

«Il fatto che Torino abbia fatto questa scelta – commenta l’assessore allo Sport e ai Grandi Eventi, Mimmo Carretta – insieme a Regione Piemonte e a tutte le istituzioni come la Camera di Commercio e il Governo, fa parte di una strategia che vede la bicicletta al centro. Non si tratta soltanto di un appuntamento dal punto di vista sportivo. Attraverso i grandi eventi sportivi vogliamo favorire un certo tipo di mobilità, sottolineato anche dallo sforzo che si sta facendo per ampliare le piste ciclabili e le campagne che stiamo facendo su Torino. Dietro questi tre Grandi Giri nella nostra città, c’è uno sforzo organizzativo enorme. Tra l’altro la Vuelta arriva in un periodo anomalo, ma che regalerà tanto sport. A fine mese sono in programma anche i Mondiali di twirling e il torneo internazionale di volley maschile in un palazzetto di solito abituato alle manifestazioni del ghiaccio come il Palavela».

L’anno scorso sul traguardo di Torino, Narvaez ha battuto Pogacar
L’anno scorso sul traguardo di Torino, Narvaez ha battuto Pogacar

Sabato da Venaria Reale

Tornando in sella, sabato 24 agosto tutti gli occhi saranno puntati sulla Reggia di Venaria Reale. Essa fu già teatro dello start del Giro dello scorso anno, così come della cronosquadre del 2011 vinta dalla Htc-Hirghroad di Pinotti che si vestì di rosa nel cuore di Torino. Stavolta si arriverà a Novara (183 km), ma il percorso iniziale celebrerà il capoluogo piemontese, con il km 0 posto di fronte al monumento celebrativo di Fausto Coppi, dinnanzi al Motovelodromo intitolato al Campionissimo.

«Si taglierà in lungo e largo Torino – aggiunge Carretta – partendo da Venaria. La scelta di collocare il km 0 al Motovelodromo, ovvero un luogo di rinascita e rigenerazione urbana sociale e sportiva, vuole segnare la prima tappa in modo forte e iconico. L’appetito vien mangiando e vedremo cosa ha in serbo il futuro».

Davanti al Motovelodromo di Torino campeggia il monumento a Fausto Coppi
Davanti al Motovelodromo di Torino campeggia il monumento a Fausto Coppi

Libri, musica e gara di biglie

Programma fittissimo nella rinnovatissima ultracentenaria casa del ciclismo torinese di corso Casale, con la possibilità di fermarsi a seguire la tappa sul maxi schermo allestito per l’occasione. Il sabato si aprirà con la presentazione del nuovo libro di Beppe Conti “C’era una Vuelta” e si chiuderà alle 21 con il concerto dei Cane Vecchio Sa-Und, la pazza band creata dai telecronisti di Eurosport Luca Gregorio e Riccardo Magrini.

Sarà un continuo di eventi dal raduno della tribù di appassionati di Fantacycling (con tanto di gara di biglie) ad ospiti speciali come il “padrone di casa” Fabio Felline. Il vincitore della classifica della maglia verde nel 2016 e di recente tornato in gruppo, aveva annunciato il ritiro proprio al Motovelodromo nel dicembre dello scorso anno.

Lo scorso anno Felline annunciò nel Motovelodromo di Torino il ritiro, che poi è… rientrato
Lo scorso anno Felline annunciò nel Motovelodromo di Torino il ritiro, che poi è… rientrato

Una spesa di 4,5 milioni

Non solo Torino però, la festa per tutto il Piemonte durerà fino al 26 agosto. Domenica 24, infatti, la corsa spagnola proseguirà con una tappa che potrebbe già smuovere la classifica, visti gli insidiosi 157 km che da Alba portano a Limone Piemonte. Poi ancora le frazioni di lunedì 25 con la partenza da San Maurizio Canavese e il traguardo posto a Ceres (139 km). E martedì 26 con il via da Susa prima dello sconfinamento in Francia verso Voiron (192 km).

Già da diversi anni la Regione Piemonte ha puntato fortissimo sul ciclismo. Per portare questo bel pezzo di Vuelta in Italia ha investito 4,5 milioni di euro, forte del successo di pubblico del 2024, stimato in 300 mila persone per la Corsa Rosa e 75 mila per la Grande Boucle. Ricadute che, come ha dichiarato il presidente Cirio, hanno portato a un impatto economico di oltre 34 milioni (27,5 per il Giro e 6,88 per il Tour). Di fatto, sottraendo la spesa sostenuta dalle istituzioni, si è calcolato che ogni euro investito ne ha generati circa 8.

In meno di due anni, Torino ha ospitato il via del Giro, una tappa iniziale del Tour e da sabato la Vuelta
In meno di due anni, Torino ha ospitato il via del Giro, una tappa iniziale del Tour e da sabato la Vuelta

Sport, cultura e turismo

Lo scorso anno erano stati celebrati scorci come l’Alessandrino, il Monferrato o l’Astigiano. Questa volta la Regione ha voluto valorizzare terre come il Canavese, le Valli di Lanzo, il Novarese e la parte di “Provincia Granda” del Cuneese non coinvolta nel 2024.

«Ospitare la partenza ufficiale della Vuelta di Spagna 2025 – dichiara Cirio – rappresenta per il Piemonte un’occasione straordinaria di visibilità globale. E‘ anche un riconoscimento al nostro impegno nel promuovere lo sport e il territorio. Dopo il Giro e il Tour, con questa tappa completiamo un percorso che conferma la nostra regione come polo internazionale di eccellenza ciclistica. Sarà un evento che unirà sport, cultura e turismo. Capace di valorizzare le nostre bellezze naturali, storiche ed enogastronomiche. E offrendo a milioni di telespettatori nel mondo la possibilità di scoprire il Piemonte in tutta la sua unicità». La fiesta roja è appena cominciata.

Facce, quote e nomi della Vuelta: Ciccone tira il gruppo azzurro

15.08.2025
6 min
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Dopo la partenza del Giro d’Italia e un pezzetto della Grande Depart del Tour 2024, Torino darà il via anche alla Vuelta. Dal 23 agosto, la corsa spagnola partirà dal capoluogo piemontese e sarà il consueto esame di fine anno per chi ha risultati da confermare e chi deve invece recuperare una stagione balbettante. La statistica racconta che il primo vincitore italiano della Vuelta, Angelo Conterno nel 1956, era proprio di Torino. Se ne andò nel 2007 a 82 anni, dopo aver vinto un Giro del Piemonte e tre tappe al Giro d’Italia.

Sono appena sei i vincitori italiani della Vuelta Espana. Ci fu Conterno nel 1956, poi Gimondi nel 1968, Battaglin nel 1981, Giovanetti nel 1990, Nibali nel 2010 e Aru nel 2015. Sono sei: uno in meno dei vincitori italiani del Tour che sono sette. Significa che non c’è niente di facile a vincere la Vuelta, ma questo crediamo lo abbiate capito da un pezzo.

Angelo Conterno, vincitore della Vuelta 1956: foto tratta dalla mostra allestita dalla Città Metropolitana di Torino
Angelo Conterno, vincitore della Vuelta 1956: foto tratta dalla mostra allestita dalla Città Metropolitana di Torino

L’assenza di Pogacar, nell’aria dopo le tante energie spese al Tour de France, sarà compensata da alcuni nomi di primissima grandezza, dando vita si spera a uno spettacolo come quello che ha reso davvero indimenticabile il Giro d’Italia di Yates. Il percorso si snoderà nella parte superiore di Spagna, con l’arrivo di Madrid che ne costituisce anche il punto più a sud. Quattro le tappe pianeggianti (una con arrivo in altitudine). Sei di media montagna, cinque di alta montagna, con tre arrivi in alta quota. Una cronometro e due giorni di riposo.

Vingegaard e il mondiale

Il favorito numero uno è Jonas Vingegaard, per nome e palmares. Il danese, che al Tour le ha provate tutte per staccare Pogacar, lo aveva detto già alla fine della sfida francese: «Prima mi prenderò una settimana di riposo e poi comincerò ad allenarmi di nuovo. E’ andata bene nel 2023, spero che funzioni ugualmente». La sua preparazione si è svolta ad Annecy, dove vive con la famiglia. Non ha svolto lavori di preparazione in altura, avendone accumulata parecchia per il Tour. A quanto risulta, nelle due settimane e mezza di allenamento, il suo unico obiettivo è stato recuperare freschezza. Come è chiaro, per averlo dichiarato da tempo, che il suo grande appuntamento di fine stagione sia il mondiale di Kigali.

«E’ stato il piano fin dall’inizio – ha spiegato il tecnico danese Michael Morkov – quando ho parlato con Jonas durante l’inverno e mi ha detto chiaramente di essere motivato per i campionati del mondo. E’ ad un punto della carriera in cui punta ai grandi appuntamenti».

Proprio per questo, in Danimarca si respira un po’ di apprensione perché Jonas non avrà abbastanza tempo per preparare i mondiali, che si correranno appena due settimane dopo la fine della Vuelta.

Vingegaard sarà il favorito numero uno della Vuelta con il supporto di Matteo Jorgenson
Vingegaard sarà il favorito numero uno della Vuelta con il supporto di Matteo Jorgenson

Ciccone alla prova

Dato il meritato spazio al più blasonato dei concorrenti, torniamo volentieri in Italia per Giulio Ciccone, che al rientro dalla preparazione in altura ha vinto a San Sebastian e alla Vuelta Burgos (foto di apertura). Il suo obiettivo 2025 sarebbe stato il Giro d’Italia, ma la caduta di Gorizia ha vanificato i suoi piani e quelli di altri corridori del gruppo. L’abruzzese ha detto chiaramente che vivrà la Vuelta giorno per giorno, ma sappiamo che per il Giro aveva lavorato tanto e bene in ottica classifica.

A chi gli contesta si aver sempre sofferto di un giorno di blackout nell’arco della tre settimane, lui per primo e la sua squadra rispondono che l’atleta è molto maturato. Vivrà alla giornata, ma non avendo mai chiuso un Grande Giro nei primi 10, è legittimo pensare che voglia mettersi alla prova.

«Mi piace confrontarmi con corridori forti – ha detto dopo aver battuto Del Toro a Lagunas de Neila, tappa più dura della Vuelta Burgos – preferisco gare così. Questa volta sapevo di avere il vantaggio di non essere in classifica e che lui avrebbe spinto a tutta. Ho approfittato della situazione e poi ho preferito non aspettare la volata. In questa corsa ci sono state diverse belle tappe, che sono state anche un’ottima preparazione per la Vuelta. Ci vado molto motivato, con l’intenzione di far bene».

Almeida e Ayuso sul Galibier al Tour 2024: i due non hanno avuto molte occasioni di correre insieme
Almeida e Ayuso sul Galibier al Tour 2024: i due non hanno avuto molte occasioni di correre insieme

Fra Almeida e Ayuso

La voglia di riscatto si respira anche in casa UAE Team Emirates. Il forfait di Pogacar è stato favorevole al ripescaggio di Ayuso: dopo il ritiro del Giro, altrimenti, lo spagnolo non avrebbe avuto un programma degno di interesse. Purtroppo per lui o per sua fortuna, dovrà fare i conti con l’identica sete di rivincita di Joao Almeida. Dopo la vittoria al Giro di Svizzera, il portoghese si è ritirato dal Tour con svariate abrasioni e una costola fratturata ed ha trascorso la convalescenza a casa. I due leader non sono mai stati grandi amici, si vedrà in che modo riusciranno a convivere.

«E’ una sensazione speciale iniziare la Vuelta da leader della squadra – ha detto Almeida – soprattutto con la forma che ho mostrato in questa stagione. Il recupero dall’incidente del Tour è stato fluido e le mie sensazioni in allenamento sono migliorate. Spero di continuare a progredire e di essere vicino al mio miglior livello all’inizio di questa Vuelta. Abbiamo un gruppo forte intorno a noi e credo che possiamo lottare per qualcosa di grande».

Dopo il passo a vuoto del Giro, Tiberi ha conquistato il secondo posto al Polonia
Dopo il passo a vuoto del Giro, Tiberi ha conquistato il secondo posto al Polonia

Tiberi per la generale

In casa Italia annotiamo anche altri nomi di sicuro interesse. Quello di Filippo Ganna, ritirato dal Tour, che avrà una cronometro in cui farsi valere. Lorenzo Fortunato, re degli scalatori al Giro d’Italia. In casa Red Bull-Bora, i nomi di Giovanni Aleotti, Matteo Sobrero e Pellizzari: pare che il marchigiano vada forte come e più che al Giro d’Italia. E’ la prima volta che Giulio affronta il secondo Grande Giro nella stessa stagione, ma non è da escludere che possa trovare il suo spazio accanto a due leader come Hindley e Vlasov.

Chi invece partirà con i gradi cuciti sulle spalle è Antonio Tiberi, affiancato da Damiano Caruso e Andrea Pasqualon. Uscito male dal Giro d’Italia, il laziale della Bahrain Victorious ha lavorato sodo in altura sul Passo Pordoi e al rientro ha centrato il secondo posto finale al Tour de Pologne.

«Dopo il Polonia – ha detto – una settimana di altura a Sestriere mi permetterà di arrivare direttamente a Torino per la Vuelta. Cercherò di rifarmi della sfortuna patita al Giro, sperando che possa andare meglio. La voglia è di fare bene, cercando di curare la generale».

Felline racconta il suo Savio: nonno, manager e punto di riferimento

09.02.2025
6 min
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LALLIO – Certi articoli ti capitano tra le mani, delicati come fossero fatti di cristallo. Mentre Fabio Felline ritirava le sue nuove biciclette al Trek Store in provincia di Bergamo ci si rendeva conto di come il torinese fosse in procinto di cambiare vita. Durante quella mattinata l’ex corridore professionista faceva fatica a distaccarsi dal modo di parlare degli atleti. D’altronde non si può pretendere di voltare pagina nella propria vita come se si fosse davanti a un libro. Tante volte si usa questa metafora quando si vuole dire che una persona è davanti a un grande cambiamento. La vita, però, non gira pagina ma continua tenendo ben saldo quanto si è scritto in precedenza

L’Androni Giocattoli è stata la squadra di Gianni Savio, che ha lanciato tanti corridori italiani, qui con Cattaneo
L’Androni Giocattoli è stata la squadra di Gianni Savio, che ha lanciato tanti corridori italiani, qui con Cattaneo

L’animo torinese

Il destino poi a volte si mette di traverso, decidendo di metterti alla prova in maniera definitiva. Così nell’inverno che lentamente ha decretato l’addio di Felline al ciclismo agonistico si è aggiunta anche la perdita di un punto di riferimento: Gianni Savio. Il “Principe” era diventato un punto saldo nella vita di Fabio Felline e del ciclismo italiano. Per anni la sua figura ha rappresentato il ponte attraverso il quale speranze di corridori provenienti da terre lontane si sono aggrappate per cercare un posto nel ciclismo che conta. Savio per Felline è stato prima un nome lontano, poi un team manager e infine cognato e nonno.

«Gianni – racconta Felline in un angolo dello store – l’ho conosciuto quando ero un bimbo, poi il nostro rapporto di lavoro si è concretizzato tra il 2011 e il 2012 dopo la chiusura della Geox-TMC Transformers, squadra in cui correvo appena passato professionista. Durante quell’inverno avevo voglia di tornare a una dimensione più piccola di ciclismo, nonostante avessi la possibilità di andare alla Liquigas. Scelsi, invece, di correre all’Androni Giocattoli con Gianni (Savio, ndr) che era la squadra di Torino e di un manager torinese».

Non solo italiani, l’Androni è stata il trampolino di lancio per tanti atleti sudamericani, qui Savio con Bernal
Non solo italiani, l’Androni è stata il trampolino di lancio per tanti atleti sudamericani, qui Savio con Bernal
Che anni sono stati per te?

Di quelle stagioni ho ricordi molto belli, sono riuscito a vincere quattro corse e, cosa più importante, mi sono trovato benissimo. Sono stati due anni cruciali, che mi hanno permesso di spiccare il volo verso le grandi squadre. Da lì è iniziato il mio percorso di sei anni in Trek, poi è arrivata la parentesi dell’Astana e ancora la Trek.

Cosa ti ricordi del vostro primo incontro?

Appena l’ho conosciuto ho avuto l’impressione di aver davanti un signore, di quelli che oggigiorno ce ne sono sempre meno. Si è dimostrato subito una persona di parola. La prima volta che lo vidi nell’inverno del 2011 gli dissi che sarei voluto entrare nella sua squadra. Lui mi chiese qual era il mio contratto e in nemmeno una settimana mi fece una proposta di pari livello. Avrebbe potuto farla a ribasso ma visto che alla Geox avevo firmato un contratto triennale decise di rispettarlo.

Che team manager era?

Super positivo, grintoso. Il suo motto era, prima di partire, “cattivi e determinati”, ovviamente in senso agonistico. La cosa bella era che non si abbatteva mai, cercava sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno. Non l’ho mai visto fare una scenata davanti ai corridori, piuttosto ti prendeva da parte e ti parlava faccia a faccia. Savio era una persona in grado di gestire perfettamente i rapporti umani e di lavoro, caratteristica che lo ha reso impeccabile.  

Anni dopo è tornato nella tua vita, ma in vesti differenti.

Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 ho incontrato sua figlia, Nicoletta. Sapevo che Gianni avesse una figlia ma fino a quel momento non avevo mai avuto modo di conoscerla. Da lì si è creata quella che è stata la nostra storia personale: una famiglia con un piccolo che si chiama Edoardo, e Gianni che era suo nonno.

Qui Savio con la famiglia, a sinistra la figlia Nicoletta, compagna di Felline
Qui Savio con la famiglia, a sinistra la figlia Nicoletta, compagna di Felline
Dal lato familiare che “Savio” hai conosciuto?

La cosa bella è che uno nel mondo della bici lo mitizzava un po’, lui era il “Principe”. Invece era una persona da scoprire, con le sue manie ma anche le sue cose semplici. Aveva un rapporto stupendo con gli animali, di rispetto. Piccole cose che ti fanno capire l’animo buono, come andare a trovare e dar da mangiare al cavallo di sua figlia Nicoletta. Aveva anche una grande passione per i cani. Se in casa trovava una formica o un ragno non li schiacciava, ma prendeva un pezzo di carta per farli passare sopra e metterli fuori dalla finestra. 

Qual è l’aspetto più bello della persona che ti porti un po’ anche dietro?

Che non si lamentava mai, non demordeva mai, a volte quasi ti infastidiva (ride, ndr) e ti chiedevi come fosse possibile che non avesse mai un problema. Aveva sempre questo lato positivo, ed è una cosa che mi ha sempre colpito perché, al contrario, io sono più brontolone. A volte anche Nicoletta mi diceva: «Dovresti prendere da mio papà sotto certi aspetti». E in qualche modo ho sempre cercato di farlo. 

Il lato “nascosto” di Gianni Savio, nonno amorevole. Qui con il piccolo Edoardo
Il lato “nascosto” di Gianni Savio, nonno amorevole. Qui con il piccolo Edoardo
Invece dal lato ciclistico com’è cambiato il vostro rapporto negli anni? 

Era super rispettoso, se avevo voglia di parlare lui c’era, altrimenti non si intrometteva. In passato gli ho chiesto dei consigli, anche aiuto quando ne ho sentito il bisogno. Però non era mai una figura invasiva, ma una porta a cui bussare.

C’è stato un momento in cui hai avuto l’esigenza di bussare a quella porta?

Sì, tante volte. Anche solo a fine del 2024 quando non sapevo bene cosa fare. Savio fino all’ultimo mi ha dato una mano, cercando una soluzione, oppure anche con una parola di conforto per farmi vedere il bicchiere mezzo pieno, come solo lui era capace di fare. E’ una persona che manca e che secondo me mancherà sempre di più.

La chiusura della Drone Hopper è stato un duro colpo per il “Principe”
La chiusura della Drone Hopper è stato un duro colpo per il “Principe”
Hai corso con lui in Androni, squadra che poi ha chiuso nel 2022 è stato un colpo duro?

Mi è dispiaciuto perché quella squadra è sempre stata un po’ la sua ragione di vita, nel ciclismo. Quindi sicuramente vedevi che, nonostante lui abbia sempre mantenuto la sua proverbiale positività, era un uomo che dentro di sé era stato ferito. il progetto era continuato con la Petrolike, peccato che non abbia potuto continuare a viverlo.

Il ricordo di Gianni che ti porti dentro?

Dal lato personale certi consigli dietro le quinte, quando ti diceva determinate cose. Ma quelli li voglio tenere per me. Però sapeva trovare il momento giusto per dirti qualcosa, e quando lo faceva il suo consiglio o la sua parola prendevano un valore incredibile. 

Da ciclista, invece?  

D’inverno capitava che mi dicesse: «Fabio, andiamo a berci una cioccolata calda?». Solo perché voleva parlarmi e chiedermi come andasse la vita, per sapere se tutto fosse in ordine. Cose d’altri tempi che nessun manager fa più. Quelli sono i comportamenti e le attenzioni per i quali rimarrà un personaggio unico.

Il popolo del ciclismo a Torino per l’addio a Gianni Savio

03.01.2025
6 min
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TORINO – «Mi raccomando, teniamoci in contatto». Prendendo in prestito il suo saluto elegante e gentile, gli amici del pedale hanno voluto dire così ciao a Gianni Savio ieri mattina alla Chiesa Gran Madre di Torino, luogo che peraltro ha salutato tanti arrivi celebri del Giro d’Italia negli ultimi anni.

Uomo e diesse d’altri tempi, che ha conquistato tutti con la sua classe e la sua disponibilità, Gianni ha radunato una squadra di oltre duecento persone tra ex corridori, diesse, meccanici, dirigenti, giornalisti e appassionati di ciclismo in occasione del suo funerale, celebrato nello stesso giorno in cui ricorreva anche la morte del Campionissimo Fausto Coppi. Tra i tanti presenti alla cerimonia anche Giovanni Ellena, Wladimir Belli, il presidente federale Cordiano Dagnoni e Franco Balmamion.

Il tributo di Tafi

C’era anche il re delle classiche Andrea Tafi, che con noi ha voluto ricordarlo così: «Il primo pensiero che mi viene in mente è che ha creduto subito in me. Il mio primo contratto da professionista ho avuto il piacere e l’onore di poterlo firmare insieme a lui, nonostante in tanti mi chiedessero perché volessi andare in una piccola squadra come la sua. Ha creduto fortemente in quello che avevo fatto da dilettante, mi ha dato questa grande opportunità e senza di lui non sarei qui a dire che ho vinto la Roubaix o il Fiandre. Questo gliel’ho ripetuto tante volte e, nonostante ci siano stati alti e bassi, sono stati anni bellissimi con Gianni. Ricordo ancora anche quando ha preso Leonardo Sierra, era uno scopritore di grandi talenti e ha dato le opportunità a chi aveva talento i mezzi per poterlo esprimerlo e non è cosa da poco».

Il campione toscano aggiunge ancora: «Come hanno detto in tanti in questa giornata, la cosa che è mi è piaciuta molto in lui è che non è mai cambiato di una virgola, sempre uguale nei suoi modi cortesi e con un solo ideale: l’amore per il nostro sport. Ci lascia una grande persona, un petalo di questo fiore meraviglioso che è il ciclismo».

Tafi ha ringraziato Savio per aver creduto in lui da giovane e avergli permesso di avere la sua grande carriera
Tafi ha ringraziato Savio per aver creduto in lui da giovane e avergli permesso di avere la sua grande carriera

Lo scopritore di talenti

Più di tre lustri, Savio li ha vissuti quotidianamente con Giovanni Ellena, ora al Team Polti-VisitMalta: «Abbiamo condiviso 17 anni di lavoro, ma è difficile fermarsi soltanto a una caratteristica di Gianni. Mi ricordo i nostri “scontri lavorativi”, in senso buono. Entrambi avevamo la testa dura e magari per arrivare a una conclusione ci passava del tempo. Però, da lui ho imparato molto e una caratteristica che ho cercato di fare mia è di non infierire nel momento degli errori, perché tutti ne commettiamo. L’ho visto trovarsi davanti a situazioni complicate, ma lui non ha mai inferito con la persona che aveva commesso qualunque tipo di errore. Anzi, si è sempre comportato in maniera elegante e signorile».

Tanti talenti internazionali, ma anche tanti giovani del nostro Paese lanciati nel mondo del pedale. «Tutti parlano di Bernal o Sosa, ma Gianni ha creduto in italiani che all’inizio nessuno voleva come Vendrame e Ballerini – prosegue Ellena – e che ora tutti vediamo quanto valgono. Loro due, come tanti altri hanno fatto tanta fatica a passare professionisti e probabilmente non ci sarebbero riusciti se non avessero incrociato Gianni Savio sulla loro strada». 

Ellena ha ricordato Vendrame e Ballerini, qui con Savio alla Tirreno del 2017, come alcuni dei talenti migliori scoperti da Gianni
Ellena ha ricordato Vendrame e Ballerini, qui con Savio alla Tirreno del 2017, come alcuni dei talenti migliori scoperti da Gianni

Un terzino alla Maldini

L’ex pro’ torinese Umberto Marengo, suo corridore per una stagione con la Drone Hopper-Androni, lo ricorda con affetto: «Con lui ho vissuto un’annata difficile nel 2022, anche a causa del Covid, ma non mi ha mai fatto mancare il suo appoggio. Ogni volta, ci infondeva tutta la sua grinta e ci dava tante motivazioni. La sua eleganza era il tratto distintivo e ha sempre creduto nei giovani».

C’è poi chi rimembra persino i suoi trascorsi sul rettangolo verde del pallone da ragazzo, prima di salire con classe sull’ammiraglia e non scendere più e lanciarsi alla scoperta di talenti. «Tra il 1975 e il 1976 abbiamo giocato insieme nel Vallorco, in Prima Categoria. Era un terzino fluidificante, alla Maldini, mentre io ero ala sulla stessa fascia, a destra. Era molto generoso e ben dotato tecnicamente. Ricordo che già allora era appassionato di bici e spesso ne parlavamo in spogliatoio, lui sempre con la sua eleganza e la “r” arrotata», racconta un ex compagno di calcio, Michele D’Errico.

Sullo sfondo, mentre Gianni se ne va, la sua amata Torino in una grigia giornata d’inverno
Sullo sfondo, mentre Gianni se ne va, la sua amata Torino in una grigia giornata d’inverno

L’uomo dei sogni

Sport e famiglia, i due capisaldi di Gianni. L’amata “Pablita”, con cui ha festeggiato le nozze d’oro la scorsa estate, ha affidato il suo messaggio nella lettura di un amico per ringraziare dell’ondata d’affetto ricevuta in questi giorni tra visite, telefonate e messaggi ricevuti da lei e dalle figlie Annalisa e Nicoletta. A raccontare le gesta del nonno al piccolo nipote Edoardo Felline ci penserà papà Fabio, ritiratosi ufficialmente due domeniche fa e anch’egli grato nel suo percorso, ciclistico e umano, al compianto suocero.

«Ci mancherai, grande Gianni. Di te mancheranno la gentilezza, la disponibilità, il tuo sorriso e l’attenzione che ponevi ai rapporti umani», le parole in chiesa di Vladimir Chiuminatto, diesse del Madonna di Campagna . «Il ciclismo è stata la tua seconda casa, in cui ti sei mosso sempre in maniera elegante. Ci mancherà vederti camminare con passo spedito nei pressi del traguardo poco prima dell’arrivo dei tuoi ragazzi. Grazie alla tua determinazione e alla tua competenza, hai contribuito a far avverare i loro sogni. Mancherai a tutte quelle persone con cui hai collaborato in questi anni e per cui sei stato un condottiero carismatico, così come ai tuoi tifosi. Non solo quelli italiani, ma a quelli di tutto il mondo, in particolare a quelli sudamericani, a cui hai regalato grandi imprese». 

Noi appassionati siamo certi che il suo sorriso disponibile ci accompagnerà sempre: d’altronde, Gianni si è semplicemente avvicinato in anticipo al traguardo. 

Gli ultimi 15 giri e la nuova vita di Fabio Felline

24.12.2024
5 min
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TORINO – Quindici giri nel Motovelodromo per salutare il ciclismo, tanti quanti gli anni passati tra i pro’. È già scesa l’oscurità quando Fabio Felline inforca la Trek rossa fiammante e compie la passerella finale nel salotto buono del capoluogo piemontese. Quel tempio a due passi da casa che lui ha contribuito a far tornare in auge, legandoci tanti degli appuntamenti delle sue ultime stagioni sui pedali. 

L’amico e collega Jacopo Mosca fa da contagiri d’eccezione, mentre in braccio alla moglie di Fabio, Nicoletta Savio, c’è il piccolo Edoardo pronto a scampanellare per l’ultimo giro del papà, già pronto a gettarsi nella nuova vita. «Serenità, Consapevolezza e Determinazione» le tre parole presenti nell’unico tatuaggio stampato sulla sua pelle, ad accompagnare tutte le sue pedalate ma anche la sua nuova quodianità. 

Una festa per Fabio

Non poteva che chiudersi in sella la festa organizzata dall’Associazione Sul Tornante per il ritiro del trentaquattrenne cresciuto nella Rostese e passato professionista nel 2010 con la Footon-Servetto di Mauro Gianetti. Un lungo pomeriggio di aneddoti, risate, qualche lacrimuccia e una folta platea, arricchita dalla presenza dei direttori sportivi che hanno segnato la sua carriera come il mitico Giuseppe Martinelli, che omaggiando Fabio e abbracciandolo ha commentato: «Alla fine quest’anno smettiamo insieme, visto che anch’io do l’addio dopo 15 anni di Astana». 

Poi ancora Giovanni Ellena, che lo guidava negli anni dell’Androni, e Adriano Baffi, ultimo diesse in Trek. Tra il pubblico anche i campioni piemontesi che l’hanno consigliato da giovane e sempre tifato come Italo Zilioli e il due volte vincitore del Giro d’Italia Franco Balmamion. Chi non c’era però non ha fatto mancare il suo affetto, vista la cascata di videomessaggi arrivati da tanti tra compagni di squadra e avversari, che hanno condiviso qualche chilometro con Fabio.

Era presente anche Giuseppee Martinelli, che lo ha avuto con sé all’Astana
Era presente anche Giuseppee Martinelli, che lo ha avuto con sé all’Astana

L’incidente dell’Amstel

Poi una carrellata di immagini a fare da sottofondo, con lo stesso Felline a raccontare tutti i retroscena nascosti dietro quegli scatti. Dalle pedalate con papà Maurizio fino alla vittoria di Laigueglia del 2017 o all’ultimo acuto, il Memorial Pantani del 2020 in maglia Astana. Senza scordare il tremendo incidente nel tratto di trasferimento dell’Amstel Gold Race 2016 che avrebbe potuto costargli un ritiro precoce.

«Per un mio errore ho rischiato la carriera – ha raccontato – ma quel momento ha rappresentato l’inizio di una svolta. Quando mi han detto che potevo ancora correre in bici e che dovevo solo aspettare di riassorbire le botte, ho cominciato a pensare che dovevo tornare più forte di prima».

La conquista della maglia verde alla Vuelta del 2016 è stata uno dei momenti forti della carriera
La conquista della maglia verde alla Vuelta del 2016 è stata uno dei momenti forti della carriera

La verde di Madrid

Quattordici le vittorie complessive, tanti piazzamenti di prestigio, ma un ricordo nel cuore più di tutti: «Salire sul palco di Madrid, con la maglia verde, è un qualcosa che non dimenticherò mai, lì con tutti i grandi di quella Vuelta del 2016. E dire che non ho neanche celebrato con la bici verde o il casco verde perché avevo timore che Valverde mi togliesse la maglia all’ultimo, ma è stato lui stesso prima della tappa conclusiva a dirmi “Es tuya, complimenti. Eppure, io non ci credevo ancora, invece, lui non ha più attaccato ed è andata così. È stata una bella soddisfazione».

Tirreno 2021: quarto alle spalle di Van der Poel, Pogacar e Van Aert: una grande prestazione
Tirreno 2021: quarto alle spalle di Van der Poel, Pogacar e Van Aert: una grande prestazione

Da record dietro Van der Poel

Poi ancora un aneddoto della Tirreno Adriatico 2021, quando fu quarto nell’epica tappa di Castelfidardo vinta da Mathieu Van der Poel davanti agli altri due “alieni” Pogacar e Van Aert.

«Ricordo che quel giorno ero all’inseguimento in solitaria di Van der Poel – racconta – poi mi sono spento, ma comunque sono arrivato a 1”26” e gli ho guadagnato 2 minuti. Sono chiacchiere da bar e forse nessuno lo saprà mai, ma quel giorno forse ho sfoderato la miglior prestazione tra tutti. E infatti tanti mi hanno detto che sono stato il primo degli umani dato il calibro dei tre che mi sono arrivati davanti. Visto che a tutti piacciono i numeri, posso dire che in quella corsa ho fatto quasi 360 watt medi per 120 minuti. Quei valori rappresentano le mie due ore record in quanto a potenza di tutta la carriera». 

E’ stato Jacopo Mosca a dare il via a Fabio Felline per gli ultimi 15 giri di pista
E’ stato Jacopo Mosca a dare il via a Fabio Felline per gli ultimi 15 giri di pista

Gli ultimi 15 giri

Le storie si susseguono, la platea lo abbraccia tra domande e applausi, ma poi è tempo di mettersi scarpette e casco. La commozione è tanta prima dell’ultima passerella.

«È stata una giornata come la sognavo, sapevo soltanto per quanto tempo ero impegnato, ma non i contenuti né chi sarebbe venuto. È stato un regalo stupendo, un’emozione fortissima e i 15 giri simbolici sono stati una degna chiosa della mia carriera». 

In una famiglia che respira il ciclismo dalla mattina alla sera però, il futuro sarà sempre nell’ambiente, come conferma Fabio prima di lanciare la lotteria benefica con in palio tanti cimeli ciclistici e il ricavato da donare alla Fondazione Michele Scarponi.

«Non bisogna mai star fermi e sicuramente il Motovelodromo rappresenta qualcosa che farà parte del mio futuro. Mi sento in dovere di far qualcosa, abbiamo già fondato una squadra di bambini, con grande attenzione al tema sicurezza al quale siamo molto sensibili e vogliamo continuare su questa strada. Sarò ambassador Trek, darò una mano per l’abbigliamento agli amici di Pella e continuerò a pedalare. E chissà, magari organizzerò un’altra Fellinata, però questa volta in primavera, magari il 29 marzo per il mio compleanno». Parafrasando il videomessaggio di Giulio Ciccone, buona pensione ciclistica Fabio!

Narvaez va con Pogacar, ma non vuole solo tirare

22.12.2024
6 min
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BENIDORM (SPAGNA) – A un certo punto, in uno dei momenti sfaccendati del primo ritiro, Pogacar gli è andato vicino e ha chiesto di farsi un selfie assieme a uno dei pochi che nel 2024 lo abbia battuto. Narvaez lo ha guardato, ha sorriso e si è prestato per la foto. Quell’immagine non è venuta fuori sui social, ma varrebbe il primo premio per l’originalità. Che Tadej non avesse digerito lo… scherzetto delle ecuadoriano sul traguardo di Torino al Giro d’Italia si era capito da varie sfumature nelle sue dichiarazioni. Significò non prendere la prima maglia rosa e non poterla difendere per ogni santo giorno fino a Roma. Per cui averlo adesso come compagno di squadra rende tutto più singolare.

Dopo quella vittoria, Narvaez ci ha provato ancora, ma altre vittorie non sono venute. Un secondo posto a Nova Gorika, battuto da Aleotti nel Giro di Slovenia, e un quarto alla Vuelta. Sinché, il primo agosto è arrivata la notizia del suo passaggio dalla Ineos Grenadiers al UAE Team Emirates. Ventisette anni, 1,74 per 65 chili, Narvaez arrivò al professionismo nel 2017 grazie alla Axeon Bermans Hagen di Axel Merckx, assieme a Eddie Dunbar, Neilson Powless e ai fratelli Oliveira, che ha ritrovato nella nuova squadra. Passò nel 2018 alla Quick Step con qualche piazzamento interessante che gli valse l’interesse dello squadrone britannico, in cui è rimasto per sei stagioni.

Dopo sei anni alla Ineos, Narvaez approda alla UAE Emirates: contratto per due stagioni
Dopo sei anni alla Ineos, Narvaez approda alla UAE Emirates: contratto per due stagioni
Come va in questo nuovo mondo?

Sto bene. E’ il secondo training camp che facciamo con la squadra e mi sono sentito il benvenuto già da quello ad Abu Dhabi. Conosco molti dei miei compagni, che hanno corso con me in precedenza. Ho un buon rapporto con Matxin. Ci sono alcuni massaggiatori che conosco, quindi mi sono sentito il benvenuto e la verità è che in una squadra questo fa la differenza.

E’ tanto diversa dalla Ineos?

Mi sono sentito molto fortunato nella mia carriera sportiva. Quando sono diventato professionista, la Quick Step era grandissima. Aveva vinto tanto, all’epoca era la migliore squadra del mondo. Anche la Ineos, quando ci sono arrivato, vinceva ancora il Giro e il Tour. E ora sono qui, nella squadra numero uno. Riguardo alla tua domanda, fra le due squadre c’è pochissima differenza. Entrambe hanno aspetti molto buoni. Ottimo materiale, ottimi allenatori, cercano continuamente di migliorare e questo è un bene. Posso solo dirvi che una squadra sta lavorando a suo modo su un tipo di percorso e l’altra va per la sua strada, ma entrambe raggiungono lo stesso risultato che poi è vincere.

Che cosa ti proponi per questa stagione?

Crescere, continuare sulla strada intrapresa, magari con risultati migliori. Nel 2024 ho vinto e, come dissi l’anno prima, spero di fare un altro passo avanti. Che poi significhi vincere o fare bene, l’importante è continuare a lavorare sulla stessa linea. Quello che voglio è lavorare bene, ho un buon supporto nel team e questo l’ho notato subito. Quindi sono molto motivato.

E’ il 2018, Narvaez è appena passato con la Quick Step. Al Tour Colombia, tappa di Tambo, viene bruciato da Uran
E’ il 2018, Narvaez è appena passato con la Quick Step. Al Tour Colombia, tappa di Tambo, viene bruciato da Uran
Sai già quale ruolo avrai nel team?

Come si può vedere, non è un team in cui sia facile trovare tutte le opportunità che vuoi. Chiunque sia vincente, sogna di farlo il maggior numero di volte possibile, metterle in fila su una bacheca, ma qui è difficile. Quindi la mentalità è ovviamente di vincere, ma puoi farlo quando hai le tue possibilità. Nel resto del tempo, dovremo giocare tatticamente per far vincere un compagno di squadra. Penso che, almeno nelle gare in cui Pogacar non c’è, non abbiamo ancora un chiaro favorito o un leader designato e questo è positivo. Però non posso dire di essere un leader, dovrò guadagnarmelo. Altrimenti lo farà un altro.

Sai già qualcosa del tuo calendario?

Nella prima parte dell’anno, sono molto entusiasta di fare le classiche. Il pavé e poi anche le Ardenne. Quindi il Tour de France per sostenere Tadej Pogacar. Più o meno sarà così.

Come vive Tadej il fatto di avere per compagno uno dei pochi che sia riuscito a batterlo nella sua stagione migliore?

Eravamo a Dubai e mi ha chiesto di fare un selfie insieme, dicendo proprio questo. Ne abbiamo parlato, gli ho impedito di prendere la prima maglia rosa, ma penso che per me sia stata una giornata molto bella. L’arrivo di Torino era molto adatto alle mie caratteristiche, ne avevo parlato a lungo con il mio vecchio allenatore. Era uno scenario in cui potevi pensare a molte cose, ma non che mi sarei ritrovato da solo assieme a Pogacar.

A quale finale avevate pensato?

Potevano rimanere 20 corridori, potevano essercene 10, sarebbe potuto arrivare qualcuno da solo. C’erano molti scenari possibili e in ciascuno di questi io sarei stato adatto a quel tipo di traguardo. Ed è andata così. Ho vinto perché ero uno dei più veloci in quello sprint a tre (con Narvaez c’erano appunto Schachmann e Pogacar, ndr). E’ una vittoria che ricorderò a lungo.

Adesso che corri assieme a lui, come pensi che sarà Tadej come compagno di squadra?

Per quello che lo conoscete anche voi e per come sto iniziando a conoscerlo io, so che sarà un buon compagno. E’ sempre aperto, sempre gentile, sempre sorridente, sempre calmo. Quindi l’impressione è che sarà un buon compagno.

Hai detto che tecnicamente Ineos e UAE non hanno grandissime differenze, cosa si può dire del clima in squadra?

Non si può paragonare uno spagnolo con un inglese. Hanno una cultura diversa, fanno le loro cose in modo diverso. Quindi, in termini di sport, in termini di struttura, in termini di come fanno le cose, le due squadre sono simili. Cercano sempre di migliorare e cercano sempre di improvvisare per vincere gare e tutto il resto. Ma sul piano dei rapporti personali, qui c’è un altro calore.

Ti mancherà qualcuno della Ineos?

Forse il mio allenatore, Adrian Lopez, che si è comportato molto bene negli ultimi tre anni e mi ha portato alle gare con la condizione che serviva. Ma qui ho conosciuto una persona molto brava, che è lo stesso allenatore di Tadej Pogacar. Vediamo quindi come andranno i prossimi anni. Se andassi come lui (ride, ndr), potrei anche accontentarmi.