Search

Grand Depart in Italia: bellezza, campioni e progetti

14.02.2023
6 min
Salva

Firenze-Rimini, Cesenatico-Bologna, Piacenza-Torino. Gino Bartali, Marco Pantani e Fausto Coppi. Lungo queste strade si passa davanti casa di tanti altri campioni. Vedi Gastone Nencini (anche lui vincitore di un Tour), di Vittorio Adorni, di Giovanni Valetti e persino di quella eroina che fu Alfonsina Strada.

Il Tour de France in Italia non sarà un evento fine a se stesso. E’ un classico esempio della forza promotrice del ciclismo. Di questo sport che passa sotto casa, che ti porta a scoprire posti unici e al tempo stesso li mostra al mondo intero e, soprattutto in questo caso, che lascia qualcosa sul territorio.

Da sinistra: Ricca, Nardella, Prudhomme e Bonaccini firmano l’accordo per il Grand Depart 2024
Da sinistra: Ricca, Nardella, Prudhomme e Bonaccini firmano l’accordo per il Grand Depart 2024

Percorso non casuale

C’è una frase di Christian Prudhomme che ci ha colpito. «Nell’era delle tappe più corte, non abbiamo inserito una frazione di 225 chilometri a caso. Lo abbiamo fatto perché ne valeva la pena. E lo stesso per le altre tappe, entrambe sui 200 chilometri». Il direttore del Tour si riferiva alla Piacenza-Torino e anche alla prima frazione del Grand Depart 2024.

Voleva dire che il ciclismo è bellezza. E’ il filo che unisce le perle, che dà loro un’identità, una storia. Prudhomme, nel suo viaggio in Italia per sancire ufficialmente l’accordo del Tour con le nostre terre, è rimasto ammaliato dalla bellezza che offre il nostro Paese.

Più volte in conferenza stampa ha allargato le braccia con senso di stupore per lo sfarzo di Palazzo Farnese. «In Italia ne avete tantissima di bellezza, di cultura. E mi chiedo come il Tour non sia partito prima da qui».

Ha parlato di Firenze. Delle colline che introducono a Torino o della storia della via Emilia. Prudhomme voleva unire i puntini con le sue tappe. E per farlo non ha badato troppo ai chilometraggi. Ma ha invece insistito su storia, geografia, bellezza, campioni.

Che occasione

«La nostra città – ha detto il sindaco di Firenze, Dario Nardella – ha investito 6 milioni di euro, ma  stimiamo che ci sia un ritorno dieci volte superiore. Per l’evento del prossimo anno ci saranno 400 nuovi posti di lavoro e una parte di questi sarà permanente.

«Quando si è presentata questa opportunità, con il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, abbiamo subito stabilito una grande collaborazione per realizzare il progetto. Avremmo i riflettori del mondo su di noi. Sul nostro ciclismo».

E su questo “nostro ciclismo” vogliamo ragionare. Perché se l’indotto e il ritorno sono pazzeschi, cosa può restare sul territorio? Cosa si può offrire? L’occasione è ghiotta – 1,2 miliardi di persone per tre giorni ammireranno le nostre terre – ma come si può sfruttarla nel concreto?

Il museo di Bartali a Ponte a Ema sarà coinvolto nella partenza della prima frazione
Il museo di Bartali a Ponte a Ema sarà coinvolto nella partenza della prima frazione

La forza del bike tourism

Nardella, Bonaccini e anche l’assessore allo sport del Piemonte, Fabrizio Ricca, stanno lavorando ad eventi di avvicinamento al Grand Depart. Ad uno sviluppo dell’offerta turistica legata alla bike economy, allo sviluppo di una rete ciclabile migliore in città e anche fuori. Dagli hotel della riviera romagnola, alle stradine del Chianti a quelle delle Langhe. Scoprire la “Regione orizzontale”, così Bonaccini ha ribattezzato la “sua” Emilia-Romagna, con le facili pedalate lungo le stradine di campagna della Via Emilia, che guarda caso parte da Rimini e finisce a Piacenza.

E di fruizione concreta ha parlato Prudhomme stesso. Nonostante sia il direttore della corsa più importante del mondo, il francese ha insistito molto sul ciclismo amatoriale sportivo e su quello per tutti nel quotidiano. Anche se lui fa leva su una cultura un po’ diversa.

Il suo concetto è: “Chi è a bordo strada a guardare il Tour, è la stessa persona che in qualche modo è incentivata ad usare la bici per viaggiare, fare sport ma anche per andare a lavoro o a comprare il pane”. Il che è anche giusto, ma non di facile applicazione da noi. Forse questo ragionamento va bene per alcune zone dell’Emilia Romagna.

«Il bike tourism, ma in generale il turismo legato allo sport – ha detto Bonaccini – è il secondo motivo di turismo che c’è. Gli eventi sono importanti (viene in mente la Nove Colli in primis, ndr), ma anche l’offerta permanente è importante. E non è un caso che da noi il responsabile del turismo sia uno sportivo come Davide Cassani».

Sulle strade dei campioni. Fra Castellania e Tortona ogni curva è buona per ricordare Fausto Coppi
Sulle strade dei campioni. Fra Castellania e Tortona ogni curva è buona per ricordare Fausto Coppi

Bellezza da toccare

Prima abbiamo parlato di storia, geografia, bellezza. Spesso, ma tanto spesso, in Italia le prime due parole si trasformano nella terza. Ed è stato soprattutto Prudhomme, “lo straniero”, ad esaltare la bellezza. La bellezza dell’Italia. E della storia del ciclismo.

«In questi giorni in Italia – ha detto il patron del Tour – sono rimasto colpito dal Museo di Gino Bartali. Chi era il corridore, chi era l’uomo. Gino il pio. Gino il Giusto. I campioni sono coloro che fanno sognare… Anche oltre i decenni, che portano i bambini in sella. Passiamo a Tortona, regno di Fausto Coppi. Andiamo a casa di Marco Pantani.

«Tutto ciò non è un patrimonio da tenere vivo per commemorare qualcuno o qualcosa. E’ un patrimonio di cui noi abbiamo la fortuna di beneficiare». Il paradigma francese in tal senso è spettacolare…

Quando il Giro passò sul Barbotto nel 2010 ci fu un vero assalto del pubblico per ammirare i campioni. Qui la rampa finale al 18%
Quando il Giro passò sul Barbotto nel 2010 ci fu un vero assalto del pubblico per ammirare i campioni. Qui la rampa finale al 18%

Al lavoro…

Le parole di Prudhomme hanno un riscontro reale. Già solo nella prima tappa, tra l’altro più che dura con i suoi circa 4.000 metri di dislivello, si scala la “Cotes de Barbotto”. Ogni granfondista italiano conosce questo passaggio mitico e miticizzato della Nove Colli. Prudhomme sapeva benissimo, per esempio, del San Luca a Bologna, classico finale del Giro dell’Emilia. E’ quel patrimonio ciclistico-culturale su cui si farà leva.

La chiave è proprio questa: far diventare le strade italiane del Tour eventi e simboli. «Quello è il Barbotto, vado in Romagna per scoprirlo, scalarlo». Che sia in e-Bike o per confrontare i propri tempi su Strava con quelli dei campioni… Ognuno sceglie il suo ciclismo, ma resta il fatto che si passa di lì. Si ammira il luogo. Si mangia una piadina, si dorme in un agriturismo o in un hotel della costa adriatica.

Tornando al tema del far diventare un simbolo certi passaggi e le strade del Tour, stando a quanto detto da Nardella, Bonaccini e Ricca, non ci stupiremmo se queste tre tappe diventassero dei percorsi permanenti, con una segnaletica a loro dedicata.

Il Tour, l’Italia e la sicurezza: parla Prudhomme

25.12.2022
6 min
Salva

L’Italia si tinge di giallo. Toscana, Emilia Romagna e Piemonte si sono unite come i moschettieri per infilzare l’obiettivo che tutto lo Stivale inseguiva da sempre: la Grand Départ del Tour de France. L’ultima tappa delle presentazioni sul nostro territorio è stata quella a Palazzo Madama di Torino. Prima della conferenza organizzata dalla Regione Piemonte per illustrare la terza frazione del 1° luglio 2024, abbiamo incontrato il direttore generale della Grande Boucle, Christian Prudhomme per una chiacchierata a tutto tondo sul mondo delle due ruote.

L’intervista con Prudhomme si è svolta alla vigila della presentazione torinese del Tour 2024 (foto Umberto Zollo)
L’intervista con Prudhomme si è svolta alla vigila della presentazione torinese del Tour 2024 (foto Umberto Zollo)
Come nasce quest’omaggio storico per l’Italia e per tutto il suo ciclismo?

Era da tantissimo tempo che volevamo fare la Grand Départ dall’Italia. Mi sembra davvero pazzesco che non sia accaduto prima, ma le tessere del puzzle non si erano mai incastrate.

Quanto è stata importante la spinta delle regioni per raggiungere questo traguardo?

Toscana, Emilia Romagna e Piemonte sono state brave a fare squadra, così come le città, a cominciare da Firenze, da cui scatterà la prima tappa. Hanno fatto un po’ come i moschettieri: uno per tutti, tutti per uno, ed è stata la ricetta vincente perché il Tour partisse dall’Italia. Volevamo omaggiare i campioni che hanno scritto pagine indelebili del ciclismo mondiale come Bartali, Coppi, Pantani, a 100 anni dalla prima vittoria italiana (Bottecchia nel 1924, ndr). Siamo contentissimi di questa opportunità, non vediamo l’ora di valorizzare il magnifico paesaggio del vostro Paese. Da luoghi che sono patrimonio dell’Unesco come il centro storico di Firenze, le arcate di Bologne, i paesaggi vinicoli del Piemonte con vini di grandissima qualità. Non vedo l’ora di scoprire questi posti splendidi.  

Nel 2023 la Spagna, nel 2024 l’Italia: il Tour abbraccia gli altri due Paesi dei grandi giri in un momento in cui il mondo è diviso dalle guerre. 

Lo sport permette di avvicinarsi alla gente. Il ciclismo più di tutti gli altri perché attraversa le città e i paesini che si trovano sul percorso delle sue competizioni.

Dopo le presentazioni di Firenze e Bologna, in platea anche Davide Cassani (foto Umberto Zollo)
Dopo le presentazioni di Firenze e Bologna, in platea anche Davide Cassani (foto Umberto Zollo)
L’anno prossimo, il tracciato strizza l’occhio agli scalatori: corretto?

Il Tour è sempre per scalatori, poi magari l’anno prossimo ci sarà la sfida tra un grimpeur puro e un passista, come accadde in passato con il duello tra Bahamontes e Anquetil. Al giorno d’oggi però non ci sono differenze così marcate tra scalatori e passisti, ma ci siamo ritrovati una generazione di fenomeni straordinari, che attaccano da lontano, che animano la corsa e la rendono entusiasmante per tutti.

Che ciclismo ci aspetta dopo i ritiri di due monumenti come Nibali e Valverde?

Il Tour dello scorso anno è stato magnifico. Pogacar era il super favorito e non ha vinto, ma è stato grandioso nella sua sconfitta. Non ha mai mollato, attaccando persino sui Campi Elisi. Vingegaard è stato straordinario. Ha ottenuto una splendida vittoria sul Granon, grazie all’aiuto della sua squadra, la Jumbo Visma. Sono stati capaci di accerchiare Pogacar e di regalarci quella che, a mio parere, è stata la tappa più bella degli ultimi trent’anni. Sono sicuro che ci aspettano altre annate splendide, sia nel 2023 sia nel 2024 quando si partirà dall’Italia. 

Il percorso della corsa su strada dell’Olimpiade di Parigi 2024 sarà nelle vostre mani?

Noi presteremo soltanto i nostri servizi e faremo il lavoro che ci chiederanno di fare, ma non siamo noi a scegliere il percorso. Offriremo soltanto la nostra esperienza sotto l’aspetto tecnico, anche perché non capita tutti i giorni di avere i Giochi in casa a Parigi.

Il Tour de France del 2022 è stato magnifico, per la resa di Pogacar sul Granon e i suoi successivi tentativi di recuperare
Il Tour de France del 2022 è stato magnifico, per la resa di Pogacar sul Granon e i suoi tentativi di recuperare
Negli stessi giorni si sono celebrati anche i funerali di Davide Rebellin, omaggiato dalla platea di Palazzo Madama con un minuto di silenzio. Che segno ha lasciato quest’ennesima tragedia?

E’ stato drammatico e l’Italia continua a pagare un dazio enorme. Il pensiero vola sempre anche a Michele Scarponi, che ci ha lasciato qualche anno fa. Non soltanto in Italia, ma in tutti gli altri Paesi del mondo devono fare attenzione a chi va in bicicletta. Chi va in bici, uomo o donna, non ha nessuna protezione. Mi sembra pazzesco pensare che il lunedì sera ho stretto la mano a Davide Rebellin a Monaco e tre giorni dopo lui non c’era più. Il Tour de France continuerà a lavorare affinché non si ripetano queste tragedie, per noi che porteremo sempre nel cuore il ricordo di Fabio Casartelli. C’è un messaggio che deve passare e ne abbiamo parlato di recente a Monaco con Matteo Trentin, perché bisogna far qualcosa per la sicurezza stradale. Al Tour lavoriamo molto su questo tema, mentre ai villaggi di partenza cerchiamo di lanciare un messaggio per la sicurezza quotidiana: la strada si condivide

Il giorno prima di Torino, presentazione a Bologna. Qui Bonaccini, Prudhomme e Nardella, sindaco di Firenze
Il giorno prima di Torino, presentazione a Bologna. Qui Bonaccini, Prudhomme e Nardella, sindaco di Firenze
Tour de Femmes avec Zwift: soddisfatto dei riscontri ottenuti?

E’ stato davvero magnifico avere mezzo mondo a bordo strada, l’interesse delle televisioni, la direzione formidabile di corsa da parte di Marion Rousse. Poi, una corsa spettacolare con le olandesi Annemiek Van Vleuten e Marianne Vos sugli scudi. Non è stato un rilancio soltanto per catturare audience televisiva, ma per riportare pubblico a vedere le corse dal vivo. E’ stato bellissimo vedere tante piccole bambine che si immedesimavano nelle campionesse odierne pensando: “Domani potrei esserci io al suo posto”. Proprio come è accaduto per tanti anni in Italia tutte le volte che si vedeva passare un fuoriclasse come Nibali. Chissà che ora non capiti lo stesso con Marta Cavalli come modello per le più piccine. E’ un cambiamento epocale.

Il ciclismo è in continua evoluzione. Si è parlato moltissimo dei ciclisti esplosi con Zwift come Jay Vine, due tappe vinte alla Vuelta 2022: pensieri?

Ci sono tantissimi giovani che sgomitano. Non tutti sono Coppi o Gimondi, esplosi prestissimo e capaci di vincere il Tour in giovanissima età. Ora il movimento è su scala globale e propone atleti che arrivano al top utilizzando anche metodologie differenti da quelle canoniche, come il caso di Zwift. Corridori magari nati sui rulli, ma poi dimostratisi fortissimi anche su strada: dunque, le carte si sono mescolate. Ciò è un bene e rende ancora più interessante il nostro sport.

Prudhomme ha portato in omaggio anche una maglia gialla (foto Umberto Zollo)
Prudhomme ha portato in omaggio anche una maglia gialla (foto Umberto Zollo)
Qualche suggestione per il futuro del Tour?

La corsa la fanno i corridori, per cui non è vero che dipende tutto dal percorso. Questa generazione di fenomeni, ad esempio, utilizza il percorso in maniera migliore rispetto alla precedente e questo diverte i più giovani. Tra gli utenti che hanno seguito il Tour, la seconda fascia più numerosa comprendeva i telespettatori di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Avere nuovo pubblico che segue il Tour de France per noi è una notizia splendida, grazie anche all’imprevedibilità di corridori alla Van Aert o Van der Poel. 

Come procede la lotta al doping?

La battaglia contro chi bara non riguarda soltanto il mondo dello sport. Abbiamo lavorato tantissimo con l’Uci e con le squadre, soprattutto durante la pandemia ed è stato fondamentale questo lavoro corale, perché se non l’avessimo fatto, ci sarebbero stati dei passi indietro fatali. Con il Covid ci siamo ritrovati tutti sulla stessa barca e abbiamo capito l’importanza di muoverci insieme per il bene del ciclismo.

Il giorno di Felline: tifosi, ricordi, previsioni e la pista

30.10.2022
5 min
Salva

Una domenica in sella con Fabio Felline. Grande festa e sole splendente ad Almese, in provincia di Torino, per il ritorno della pedalata con il trentaduenne dell’Astana Qazaqstan Team, al quale hanno partecipato anche Umberto Marengo della Drone Hopper-Androni e il campione italiano paralimpico di ciclocross 2022 Fabrizio Topatigh. A margine della IX Fellinata, i cui proventi sono stati donati in beneficienza alla Fondazione Scarponi e alla Fondazione 160cm per la ricerca sulla sclerosi multipla, abbiamo chiacchierato a tutto tondo con Fabio.

La Fellinata è tornata oggi dopo due anni di stop per la pandemia (foto Umberto Zollo)
La Fellinata è tornata oggi dopo due anni di stop per la pandemia (foto Umberto Zollo)
Che effetto fa riabbracciare gli appassionati delle due ruote dopo due anni di pandemia?

Devo ringraziare l’Associazione Sul Tornante, perché senza il loro supporto sarebbe stato impossibile fare la Fellinata: hanno fatto un bellissimo lavoro.

Dalla strada alla pista, perché il 12 e il 20 novembre ti vedremo fare da cicerone al Motovelodromo Fausto Coppi: com’è nata l’idea?

Vorrei evitare quello che è successo a me: quando sono passato pro’, non avevo un riferimento, ero l’unico piemontese. Se a quell’età avessi avuto un altro Felline che usciva con me e mi diceva cosa stavo sbagliando, magari avrei avuto una spinta in più. Non voglio essere un maestro, ma voglio essere avvicinabile e aiutare qualche ragazzino volenteroso che da grande vuol fare il ciclista. Quanti non hanno mai girato in pista? Il velodromo può essere una bella alternativa per tanti allenamenti in autunno ed è un’esperienza da provare.

Felline, il figlio Edoardo e la compagna Nicoletta nel Motovelodromo di Torino, dove girerà il 12 e il 20 novembre con chi vorrà provare
Felline, il figlio Edoardo e la compagna Nicoletta nel Motovelodromo di Torino, dove girerà il 12 e il 20 novembre con chi vorrà provare
Il tuo supporter più scatenato è il piccolo Edoardo: com’è fare il papà-ciclista?

E’ bello, ma se lo vuoi far bene diventa tutto più impegnativo. In vita mia non ho mai fatto un riposino, ma ora quando lo fa lui, mi metto giù anch’io a volte. Sono cambiati totalmente i ritmi e a volte mi stupisco di me stesso, perché prima mi lamentavo, mentre adesso mi sembra di avere molte più energie per fare più cose.

Il gadget che ha rubato il cuore dei partecipanti è stata la borraccia con il pappagallo Frankie, nel nome di Michele Scarponi: ci spieghi questa scelta?

Io e Michele siamo sempre stati avversari, ma il suo modo di essere, la sua voglia di attaccar bottone e i suoi sorrisi mi hanno conquistato. C’era un rapporto di stima e rispetto tra noi e, quando è mancato, è venuta a mancare una figura simbolo. Non solo per me, ma parlo per tutto il gruppo. Mi fa molto piacere che sia venuto a pedalare con noi suo fratello Marco, che ha molto a cuore il tema della sicurezza stradale per noi ciclisti.

Felline sul palco con Marco Scarponi e Umberto Marengo. A sinistra, il nostro Alberto Dolfin (foto Umberto Zollo)
Felline sul palco con Marco Scarponi e Umberto Marengo (foto Umberto Zollo)
Quant’è cambiato il ciclismo rispetto a quando sei passato pro’?

Le dirigenze odierne hanno capito che il ferro bisogna batterlo finché è caldo, come si fa in altri sport. Non so se sia giusto o sbagliato, ma penso a quanto poco mi allenavo, a quanto tanto andavo forte da ragazzino e tutto il tempo che ho buttato via.

Ce lo spieghi meglio?

Quando sono passato pro’, sembrava un reato che l’avessi fatto troppo giovane e avevo persino ricevuto una multa dalla Federazione italiana. Oggi c’è l’esaltazione per i giovani fenomeni, mentre i veterani vengono accantonati fin troppo in fretta. E’ una contraddizione, perché i vecchi di oggi erano quei corridori a cui si chiedeva di aspettare per maturare con calma. Se hai vent’anni e vai forte, ti fanno anche provare a vincere il Tour: guardiamo cosa è successo con Pogacar: una volta si sarebbe temuto di bruciarlo.

C’è una controindicazione?

Non sappiamo se i giovani campioni resteranno meno sulla cresta dell’onda, ma penso che non ci saranno più corridori come Valverde o Nibali che vincono per così tante stagioni. Se a 20 anni fai 6,5 watt per chilo, fai la vita da super-atleta, è inevitabile che tu non possa farlo per più di un decennio.

Hai qualche rimpianto sulla tua carriera?

Da giovane mi veniva tutto facile. Mi fa effetto pensare che il misuratore di potenza l’ho preso dopo 3 o 4 anni che ero pro’, quando avevo 23 anni mi dicevano che era presto per tutto, mentre io magari mi sentivo nel giusto. Non si può sapere, certo avessi avuto meno sfiga, con la toxoplasmosi a 27 anni, che mi ha fatto perdere un anno e mezzo nel periodo in cui il ciclismo stava cambiando di più. Mi sono ritrovato a ripartire con la sensazione di aver perso il treno e dopo è arrivata anche la pandemia. Poi, se guardo i numeri, vado più forte del 2016, ma è cambiato il modo di correre e anche le mie prospettive, così ho scelto di provare a diventare un uomo-squadra e un gran lavoratore piuttosto che provare a fare il campioncino, perché dopo i 30 anni non hai più la seconda chance. Anche se il mestiere di gregario è difficile da giudicare.

La Fellinata si è svolta ad Almese, in provincia di Torino, con il patrocinio della Fondazione Scarponi (foto Umberto Zollo)
La Fellinata si è svolta ad Almese, in provincia di Torino, con il patrocinio della Fondazione Scarponi (foto Umberto Zollo)
Perché?

Tu puoi andare anche forte, ma se poi i capitani per cui lavori non vanno, il tuo lavoro è abbastanza inutile. Quest’anno dal Giro ho avuto un ottimo riscontro e se Vincenzo (Nibali, ndr) andava forte e io ero con lui, avendo gli occhi puntati, risaltava molto. Nel 2021, invece, Vlasov era meno mediatico, ma sentivo di andare comunque forte. Al di là delle tue capacità, il lavoro di gregariato viene valorizzato in base a quanto si mette in luce il capitano.

Il tuo sogno?

Ci sono andato così tante volte vicino che, non voglio dire una classica che sembra il sogno possibile, ma dico vincere una tappa in un grande Giro. Penso sia fattibile.

A Yates la tappa, a Carapaz la maglia. E domani si sale

21.05.2022
5 min
Salva

C’è voluta parecchia testa per restare in corsa dopo la botta al ginocchio sull’Etna e quella al morale sul Blockhaus. Simon Yates se ne è andato in giro per qualche tappa come uno zombie nella coda del gruppo, cercando di ricollegare i punti.

«Ammetto che negli ultimi giorni ho pensato molto al ritiro – mormora – avevo ancora problemi al ginocchio, ero venuto a combattere per la vittoria e di colpo avevo perso tutto. Adesso penso solo di lottare per qualche altra tappa».

Dopo il colpo al ginocchio, ora Yates può di nuovo alzarsi sui pedali. Si è visto bene…
Dopo il colpo al ginocchio, ora Yates può di nuovo alzarsi sui pedali. Si è visto bene…

Dodici borracce

L’inglese sfortunato della Bike Exchange-Jayco oggi è stato il più furbo di tutti. Li ha lasciati sfogare davanti. E quando poi ha capito che la pendenza fosse giusta per rientrare, lo ha fatto e ha poi piazzato l’attacco vincente. Uno e uno solo. Avrebbero potuto rispondergli, certamente Hindley e Carapaz ne avevano le gambe. Ma quando hanno realizzato che il distacco in classifica di Simon fosse a dir poco tranquillizzante, hanno preferito fingere di non averlo visto. L’unico a fare professione di rammarico è stato a quel punto Nibali, come abbiamo già raccontato.

«Quando sono partito – dice Yates – la situazione era veramente una lotta. I ragazzi della classifica si marcavano, mentre io stavo solo cercando la tappa, quindi ho dovuto approfittare di quel vantaggio. Lì davanti c’erano corridori più forti di me, quindi ho dovuto decidere dove attaccare e farlo bene. Ho sofferto il caldo e l’umidità, non ho potuto realmente raffreddare il mio corpo. Credo di avere bevuto 10-12 borracce per permettere al mio corpo di raffreddarsi».

Dopo la crono di Budapest, ecco la tappa di Torino. Nel mezzo il crollo del Blockhaus
Dopo la crono di Budapest, ecco la tappa di Torino. Nel mezzo il crollo del Blockhaus

Ginocchio (quasi) a posto

Dopo il blackout al Giro del 2018, Yates non è più stato lo stesso. E anche se l’anno scorso il suo terzo posto è quasi passato in sordina, non è un mistero che quest’anno fosse indicato tra i possibili vincitori.

«Però ho avuto un sacco di problemi al ginocchio – ammette – e non sono ancora al 100 per cento, ma adesso posso alzarmi sui pedali. Prima provavo molto fastidio e per me che non sono mai seduto sulla sella, era un bel problema. Mi sento finalmente dove dovrei essere, ho un po’ di frustrazione perché non posso più combattere per la classifica, ma ormai è andata così. I vari leader al momento mi sembrano equivalenti. Carapaz ha speso tante energie ad attaccare per primo, gli altri non si sono concessi spazio e questo mi ha permesso di andarmene, di prendere la mia occasione. Forse queste tappe non sono neppure fatte per certi corridori, la prossima settimana sarà loro più congeniale».

Carapaz di nuovo in rosa dopo la vittoria del 2019: oggi però la Ineos ha mostrato un po’ il fianco
Carapaz di nuovo in rosa dopo la vittoria del 2019: oggi però la Ineos ha mostrato un po’ il fianco

Carapaz e la rosa

E così, spodestato il giovane “Juanpe” Lopez, Richard Carapaz si è infilato nuovamente nella maglia rosa che aveva conquistato a Courmayeur nel 2019, nella stessa Val d’Aosta che domani abbraccerà nuovamente il Giro.

«Oggi è stato un giorno molto duro – dice – la Bora ha voluto correre in modo abbastanza aggressivo. Pensavamo che sarebbe stato tutto diverso, invece il gruppo si è spaccato. I mei compagni sono rimasti dietro, ma è andata bene. Quando mi sono reso conto che tanti erano al limite, ho provato ad approfittarne e ho attaccato. Siamo rimasti in quattro, per me è stato un movimento buono, perché tanti della generale hanno perso tempo significativo».

Giro complicato

A chi gli chiede se abbia sofferto per il caldo, Carapaz strabuzza gli occhi e passa avanti. In Ecuador umidità e calore non fanno difetto.

«Anche a casa mia c’è questo tipo di clima – sorride – non è un problema, sapevamo che avrebbe fatto molto caldo. La settimana che viene è abbastanza complicata. Si deciderà il Giro, c’è tanta montagna e già dopo il riposo ci sarà una tappa importante, come anche domani. Sarà duro. Domani sarà una corsa diversa. Ci sono più montagne e dovremo difenderci. So come si fa. La prima volta che indossai la maglia rosa ero più giovane. Ora ho esperienza e una squadra per provare a vincerla. Ci sono corridori forti che hanno perso tempo nella prima settimana, come Yates e pure Nibali. Credo che se tornano in ballo anche loro, il Giro sarà anche più complicato».

Colle di Superga, scatta il piano: la Bora scatena l’inferno

21.05.2022
4 min
Salva

Non è stato per caso. Quando la Bora-Hansgrohe si è messa davanti, si è capito in un secondo che fosse un piano organizzato da prima. L’azione della squadra tedesca ha sbriciolato quel che restava del gruppo. Qualcuno è rimbalzato. Qualcuno ha perso la squadra. Per qualcuno il Giro si è chiuso.

Lo sprint fra Carapaz e Hindley per il secondo posto: l’ecuadoriano ha mostrato di essere forte
Lo sprint fra Carapaz e Hindley per il secondo posto: l’ecuadoriano ha mostrato di essere forte

Lo zampino di Gasparotto

Lo zampino di Gasparotto è stato subito evidente e lui non fa niente per nasconderlo: belli i direttori con idee e personalità.

«Abbiamo iniziato a parlarne già due giorni fa – spiega il giovane tecnico della Bora – ci siamo confrontati, perché sulla bici vanno i ragazzi. Dopo due giorni che ci pensavamo, ieri abbiamo chiesto se gli stesse bene mettere in atto questa tattica. E quando abbiamo capito che eravamo tutti sulla stessa pagina, il piano è scattato. Consapevoli che qualcosa si potesse cambiare, ma siamo partiti per fare quello che avete visto».

«Quando uno di noi si è trovato in fuga – dice Gasparotto – abbiamo chiesto se volessero continuare. Hanno detto di sì»
«Quando uno di noii si è trovato in fuga – dice Gasparotto – abbiamo chiesto se volessero continuare. Hanno detto di sì»
Mai un ripensamento?

Quando uno di noi, è entrato nella prima fuga, ho chiesto via radio cosa volessero fare. Nessun ripensamento, avanti col piano. L’idea era di fare la selezione sul Superga, invece l’hanno fatta in discesa e devo dire che è venuta anche meglio. Servono ragazzi forti per fare certe cose e loro sono stati bravissimi. Se qualcuno non ce la fa, è un attimo fare una figuraccia.

Qual era lo scopo?

L’obiettivo della Bora da inizio Giro è salire sul podio. Per cui dovevamo cercare di isolare chi poteva rimanere da solo, in una tappa in cui sarebbe stato impossibile fare una strategia di contenimento come sulle lunghe salite. Non c’era spazio per tirare con la squadra in fila, anche se Carapaz ha poi dimostrato di essere il più forte. Però abbiamo guadagnato su Almeida e su Landa, che se non trovava Pello per strada, avrebbe perso parecchio di più.

Se Pello non avesse aiutato Landa, forse il basco avrebbe perso molto di più
Se Pello non avesse aiutato Landa, forse il basco avrebbe perso molto di più
Davvero non si poteva lavorare di squadra?

Su un circuito così, se stai a ruota fai più fatica che a stare davanti. Non si poteva lavorare di squadra per inseguire, ma si poteva usare la squadra per attaccare. Non so quante altre tappe così troveremo al Giro, probabilmente nessuna ed era l’unica in cui imporre il nostro collettivo. Le prossime avranno salite lunghe, lì la Ineos tornerà forte.

Che cosa ti è parso della corsa di Nibali?

Lo Squalo sta bene e diventa pericoloso perché ha preso morale. Io lo conosco bene. Yates l’hanno lasciato andare perché è fuori classifica, Vincenzo invece non è così lontano e tutti hanno paura di Nibali nella terza settimana. Sapevo che sul Blockhaus avrebbe preso morale (quel giorni Nibali si piazzò 8° a 34” da Hindley, ndr), so cos’ha in testa.

Alla fine, Hindley ha portato al traguardo il lavoro dei compagni, consolidando la sua classifica
Alla fine, Hindley ha portato al traguardo il lavoro dei compagni, consolidando la sua classifica
Stasera cosa dirai alla squadra?

Stasera li lascio tranquilli. Parleremo domani sul bus. So che certi attacchi poi rischi di pagarli, ma non potevamo non sfruttare una tappa così.

Un giorno da Nibali. E forse adesso qualcuno ha paura

21.05.2022
5 min
Salva

«Sono distrutto», dice Lopez con la maglia rosa fradicia di sudore. Lo spagnolo si è fermato accanto al siciliano dell’Astana. Hanno corso insieme lo scorso anno. Nibali lo guarda dall’alto dei rulli. Poi sorride e gli dice: «Abituati, al Giro è così!».

L’arrivo sconsolato di Lopez e l’incoraggiamento di Nibali: «Abituati, funziona così»
L’arrivo sconsolato di Lopez e l’incoraggiamento di Nibali: «Abituati, funziona così»

Lo Squalo cresce

La tappa di Torino è finita da una ventina di minuti. Fa un caldo torrido e ci sono parecchi corridori ancora sul percorso. Si sono ritirati Dumoulin e Nizzolo e se la fatica di oggi resterà nelle gambe, domani verso Cogne si vedranno le scimmie. Da quanto tempo non vedevamo un Nibali così bello? La gente lo ha capito e l’esplosione ogni volta che lo speaker faceva il suo nome faceva capire che il pubblico avesse già scelto il suo favorito. Questa è già da cerchiare come una delle tappe più belle del Giro.

«E’ stata una giornata molto dura – dice Nibali – perché il ritmo imposto dalla Bora è stato fortissimo. Era difficilissimo persino alimentarsi sul circuito, perché era molto nervoso e il ritmo era alto in salita e in discesa. Si è rivelata una tappa durissima. Io cercavo la vittoria di tappa, ma sapevo che era difficile. Ero controllato a vista, ho preso un po’ di minuti sull’Etna, ma sono sempre considerato pericoloso. Quindi mi guardano ed è difficile sganciarsi, è normale che sia così».

Lo Squalo ha attaccato prima per rientrare su Carapaz e poi ha provato a fare la differenza: la gamba c’è
Lo Squalo ha attaccato prima per rientrare su Carapaz e poi ha provato a fare la differenza: la gamba c’è

La testa giusta

Sembra di cogliere una punta di orgoglio nelle ultime parole. E sembra anche che aver annunciato il ritiro sia un macigno che si è tolto dalle spalle.

«Non è quello – dice – avevo già deciso, ce l’avevo nella testa. Avevo pensato già da qualche mese di chiudere così alla soglia dei 38 ed era un po’ anche quello che volevo, non ha senso andare oltre. Sono tranquillo. Se va bene, sono contento. Se dovessi saltare, pazienza. Non me ne faccio un grande problema. L’idea di voler andare avanti c’è. Mi manca un po’ di esplosività, però penso che sia anche normale. Non è mai facile essere competitivo così, perché richiede un sacco di lavoro. Lo dice anche Pozzovivo, che è sempre stato un rivale ma anche un amico. Lo sa benissimo che quando gli anni vanno avanti, i sacrifici da fare sono maggiori».

Dopo l’arrivo, con 30 gradi, due bottiglie d’acqua sulla testa prima di iniziare a parlare
Dopo l’arrivo, con 30 gradi, due bottiglie d’acuq sulla testa prima di iniziare a parlare

L’abbraccio del pubblico

Cosa sarà da qui in avanti è difficile da dire. Quanto peserà questa tappa nelle gambe se domani sarà così caldo? Carpaz pagherà quell’attacco da lontano, poi risultato inutile? E questo Nibali può avere mire di classifica? Vincenzo ha morale, basta guardare il gusto con cui sorride e dà di gomito. Il Blockhaus ha riportato l’allegria e forse per questo in finale nessuno se l’è sentita di lasciarlo andare. Dalla transenna lo acclamano. Gli chiedono di voltarsi per fare una foto e lui si volta.

«Ho visto che due volte prima di salire sul Superga – dice – si è rotto il gruppo e tanti sono rimasti indietro. Ora è il momento di recuperare. Sono veramente molto felice. Dall’inizio di questo Giro e fino ad oggi, il pubblico è stato davvero eccezionale. Vorrei regalare un successo anche a tutti loro che mi sono stati molto vicini con grandi pensieri, striscioni, cartelloni. Ci vorrebbe un mese da dedicare soltanto a loro per dirgli grazie, però purtroppo durante il Giro siamo sempre sotto stress e non è facile essere disponibili. Ci sarà un po’ di tempo anche dopo…».

Martinelli voleva vincere, lo ha detto chiaramente: ci riproveranno
Martinelli voleva vincere, lo ha detto chiaramente: ci riproveranno

Rammarico Martinelli

Lo lasciamo al suo girare le gambe per riprendere il battito giusto e ci accorgiamo che dal bus è appena sceso Martinelli. Quando vi è salito, aveva un mezzo groppo in gola.

«Io oggi volevo vincere – dice il bresciano – e mi dispiace non esserci riuscito. Per lui, non per me, perché per me non cambia niente. Sono contento di cosa ha fatto. Sicuramente quando ti fai il gusto e vedi che davanti sono rimasti tutti i buoni per la classifica e tu sei un pochino fuori… Invece abbiamo scoperto che c’era uno ancora più fuori ed è quello che ha vinto. Yates è stato il più furbo di tutti, non c’è niente da fare».

Da quanto tempo non si vedeva un Nibali così di buon umore? Il Blockhaus ha portato morale
Da quanto tempo non si vedeva un Nibali così di buon umore? Il Blockhaus ha portato morale

Un giorno per volta

Ma l’appetito vien mangiando. Solo che Martino non abbocca: ne ha viste troppe per lasciarsi andare, anche se magari la testa dipinge altri scenari.

«Pensiamo alla prossima – dice – dopo la giornata di oggi non voglio pensare al mal di gambe che ci sarà domani. Io voglio vedere questo Vincenzo. Quello che dopo la corsa non è arrabbiato, che non ce l’ha con nessuno. Quello gli va bene, non dico tutto ma quasi, perché oggi s’è fatto anche lui il gusto di vincere una tappa al Giro dopo un bel po’ che non ci riusciva.

«Oggi è stato uno di quelli che ha movimentato la corsa e quando gli abbiamo detto di fare quello che era nei nostri giochi lo ha fatto. Quando è partito sulla salita dura, gli abbiamo detto noi che era l’unico momento per andare su Carapaz. Non aveva niente da perdere, è fuori classifica, ma non lo lasciano andare. E’ normale? Pensavo che oggi si poteva lasciargli spazio, ma evidentemente qualcuno pensa che possa arrivare più avanti. Nei mesi scorsi dopo il Covid l’ho visto un po’… smarronato. Però secondo me un bel boccone che aveva lì è stato Messina. Io da Messina in poi ho visto un altro Vincenzo».

Un grande Cavendish, lasciato a casa. Giusto o sbagliato?

17.03.2022
4 min
Salva

Una palla di cannone sfreccia su Corso Francia a Rivoli. Mark Cavendish aggiunge un’altra gemma alla sua già ricca collezione e peraltro si tratta della classica più antica che esista: la Milano-Torino. 

Una corsa che fino allo scorso autunno eravamo abituati a seguire come antipasto del Lombardia e con la tremenda doppia scalata a Superga, mentre ora è un discorso per velocisti ed è un avvicinamento alla Milano-Sanremo.

E’ il 2009, sul traguardo della Classicissima, Cavendish batte così Haussler
E’ il 2009, sul traguardo della Classicissima, Cavendish batte così Haussler

Sanremo proibita

Eppure il vincitore non sarà al via della Classicissima di sabato, come ufficializzato dalla Quick-Step Alpha Vinyl proprio ieri, con un tempismo che non ha fatto proprio felice lo stesso Cavendish.

«Dovete chiederlo alla squadra perché non ci sarò, nessuno me ne ha parlato», ha dichiarato Cannonball dopo essere sceso dal podio a chi gli chiedeva se la rinuncia delle ultime ore di Julian Alaphilippe a causa della bronchite non potesse aprire qualche spiraglio.

«L’ho già vinta (nel 2009, ndr) e mi sarebbe piaciuto rifarla, ma non ne so nulla». La squadra belga ha deciso di puntare tutto su Fabio Jakobsen e sull’ulteriore domanda riguardo alla Sanremo, viene chiesto di tornare all’attualità

Cavendish al via dopo una Tirreno opaca, sapendo di non andare alla Sanremo
Cavendish al via dopo una Tirreno opaca, sapendo di non andare alla Sanremo

Gigante Morkov

Il pensiero di Mark è tutto per la terza vittoria stagionale, ottenuta bruciando il redivivo francese Nacer Bouhanni (secondo) e il norvegese Alexander Kristoff (terzo), mentre Peter Sagan ha chiuso soltanto quinto.

Una volata regale per l’asso britannico che, dopo aver mancato il successo alla Tirreno-Adriatico, l’ha trovato oggi grazie all’inesauribile Michael Morkov, che gli ha tirato uno sprint perfetto.

«Non è importante soltanto per me – risponde Cavendish, incoronando il danese – ma per chiunque abbia mai corso con lui. Sai che con lui hai le migliori chances di arrivare davanti se ti pilota. Di dieci sprint, probabilmente ne vinci nove. Sono stato fortunato che sia venuto apposta qui per guidarmi a questo successo».

Al rientro dopo il Covid anche Vincenzo Nibali, acclamato dal pubblico
Al rientro dopo il Covid anche Vincenzo Nibali, acclamato dal pubblico

Una squadra compatta

Anche se il trentaseienne dell’Isola di Man precisa: «In un contesto così però non basta soltanto avere Mike, ma ci vuole tutta una squadra forte a sostegno e io per fortuna ce l’ho avuta. Avendo Mike a disposizione, sapevo di avere una grande opportunità, però tutti i ragazzi sono stati fantastici. Cattaneo, Devenyns, Vervaeke, poi Cavagna che è davvero una macchina.

«Infine Mike, che era tranquillo e stava ancora accelerando quando ho lasciato la sua ruota. Avrei potuto persino aspettare ancora un attimo, ma ero molto nervoso per andare a prendermi questa vittoria. Pensare che lui ha trovato ancora la forza di incitarmi mentre lo sorpassavo».

Passione infinita

E Cavendish ha terminato il lavoro alla grande, pur continuando a spartire i meriti coi compagni: «Si vede anche da come domina Fabio (Jakobsen, ndr) che dietro c’è una grande squadra che ci rende il lavoro molto più semplice allo sprint». 

Centocinquantanove i successi in carriera per l’eterno sprinter che sembra non voler fermarsi mai: «Non sono qui per i numeri. Sono soltanto statistiche e io non corro per quelle, ma col cuore. Adoro correre ed è tutto quello che conta per me». Non vederlo sabato a giocarsi le sue carte sarà davvero un peccato.

Felline cerca continuità e l’occasione per sbloccarsi

09.12.2021
6 min
Salva

Il 2022 è ormai alle porte e Fabio Felline non vede l’ora di scoprire che cosa ha in serbo l’anno nuovo. Dopo averci portato alla scoperta della tappa del Giro sulle sue colline e all’inizio della preparazione a Calpe, il trentunenne dell’Astana Qazaqstan Team ci ha raccontato le sue ambizioni per la nuova stagione e ripercorso quella passata.

Quali sono state le ultime cose che hai fatto prima di partire per la presentazione in Kazakhstan?

Sono andato a fare un test, a provare delle scarpe e a controllare la posizione. Da più di 15 anni ormai ho un rapporto stretto con Mariano (il biomeccanico Alessandro Mariano, ndr), per cui quando c’è qualche modifica da fare, chiedo sempre prima il benestare a lui. 

Come è stato il tuo autunno?

Ho fatto quattro settimane di stacco e poi ho ripreso verso fine novembre. Con il nostro piccolo Edoardo non è che abbiamo fatto vacanza vera e propria, però qualche gita ce la siamo concessa. Ora però sono ripartito e qui in ritiro comincerò a capire quali saranno i programmi concreti.

Che ne pensi del ritorno di Nibali all’Astana? 

Con Vincenzo non avevo mai corso, ma senza dubbio è una bella motivazione averlo in squadra. Non posso dire che è il mio migliore amico, perché non abbiamo mai lavorato insieme in tutti questi anni, per cui sarà tutto da conoscere e da scoprire. Nella lista dei grandi campioni del ciclismo del nuovo millennio, dopo Alberto Contador e Fabian Cancellara, avrò l’opportunità di lavorare con un altro grande di quest’epoca.

Riavvolgendo il nastro di quest’anno: sei soddisfatto del 2021 e cosa chiedi al 2022?

Mi piacerebbe tornare a vincere come è successo nel 2020. Negli ultimi due anni sento di essere andato sempre forte, ovvio che non basta mai, però oggettivamente sono soddisfatto. 

La preparazione è ripresa: in questi giorni Fabio conoscerà i programmi 2022
La preparazione è ripresa: in questi giorni Felline conoscerà i programmi 2022 (foto Instagram)
La tappa della Tirreno-Adriatico chiusa al quarto posto dietro ai fenomeni Van der Poel, Pogacar e Van Aert è stato uno dei momenti più belli?

Sicuramente, però quello che mi è dispiaciuto è che per come andavo, soprattutto in quel periodo lì, non ho raccolto quanto avrei potuto. Faccio il mea culpa, perché ci sono stati dei periodi in cui avrei potuto vincere però, per un motivo o per un altro, non ho mai concluso nulla. Mi auguro di avere la stessa gamba, se non anche migliore e di riuscire a concretizzare con maggiore continuità.

Dove e come dipenderà dalla squadra?

Non ho ancora idea di preciso perché dobbiamo ancora definire tutto. E’ inevitabile che la mia posizione sia cambiata rispetto al passato, non sono più il Fabio Felline di 25 anni alla Trek, che faceva il jolly o il battitore libero, scegliendo di correre a sensazione. C’è un tempo per tutto, il prossimo anno compirò 32 anni: so di essere un uomo squadra e più una garanzia come bravo lavoratore che come vincente. E’ ovvio che, come ho detto, vorrei tornare alla vittoria, però il ciclismo è un lavoro e non si può sempre fare ciò che si vuole. Al Giro di quest’anno ad esempio avrei potuto giocarmi qualche tappa, però c’era un obiettivo classifica con Vlasov e per cui le mie chance sono state ovviamente di meno. L’obiettivo è andare sempre forte, perché così le cose vengono di conseguenza.

Classe 1990 come Colbrelli (qui al Fiandre 2017), Felline cerca di sbloccarsi come Sonny
Classe 1990 come Colbrelli (qui al Fiandre 2017), Felline cerca di sbloccarsi come Sonny
Come si torna a vincere dopo qualche periodo a secco?

Basta qualche situazione favorevole e la ruota gira, come sempre accade. Prendo come esempio Sonny (Colbrelli, ndr) perché siamo cresciuti insieme e fino all’anno scorso eravamo magari visti sullo stesso piano. Tutto è partito da qualcosa, non è arrivato a caso. Se non avesse preso fiducia al Romandia con la tappa vinta, magari non si sarebbe attivato tutto il circolo virtuoso col Delfinato, il campionato italiano, quello europeo e poi il trionfo di Roubaix. Quando vinci, sei più sereno, sei più appagato e non hai più nulla da perdere. Si creano delle situazioni mentali che ti fanno fare uno step ulteriore. Al Giro 2020, ad esempio, sono andato forte come non mai anche perché ero galvanizzato dall’aver vinto il Memorial Pantani a fine agosto.

Tra Sobrero e Ganna, sembra che qualcosa si muova nel ciclismo piemontese, sei d’accordo?

Loro sono due fenomeni, però il problema è che alle loro spalle c’è il buio totale.

Per quale ragione secondo te?

C’è una mentalità del cavolo. Le strade non invogliano ad andare in bici, ci sono sempre più rischi, per cui già per quella ragione un genitore, a meno che non abbia una passione reale, perché dovrebbe portare il figlio a pedalare? Poi l’altra cosa me l’ha fatta notare proprio Sobrero. Mi ha detto che quando lui era allievo o juniores, c’ero io come professionista. Vedendo che ce l’avevo fatta io, lui si è detto: «Devo farcela anch’io». Il problema è che ci sono pochissimi modelli a cui ispirarsi, basti pensare che quando sono passato pro’ io, davanti a me non c’era nessuno, l’unico era Sergio Barbero che aveva smesso 10 anni prima. E ancora prima, negli anni Novanta per ispirarsi bisognava ricordare Italo Zilioli. 

Fabio Felline, Memorial Pantani 2020
La vittoria al Memorial Pantani 2020 ha dato a Felline morale per il Giro d’Italia
Fabio Felline, Memorial Pantani 2020
La vittoria al Memorial Pantani 2020 gli ha dato morale per il Giro dello stesso anno
Dunque non sei così ottimista nemmeno per il futuro?

No e mi dispiace perché, a meno che non spunti fuori qualcuno, manca il ricambio generazionale ed è facile che per un po’ di tempo mancherà dietro a loro due. Ganna e Sobrero sono due fari, ma non bastano. Adesso ho perso il giro del ciclismo giovanile e non vorrei dire una cavolata, ma non ho sentito di allievi o juniores piemontesi che spopolano a livello nazionale per cui il timore è che debbano passare altri 10 anni per tirare fuori altri professionisti di ottimo livello.

Eppure, è una regione che pullula di appassionati delle due ruote, come lo spieghi?

Manca un vivaio in Piemonte. Quando ero piccolino, vedevo molte meno persone in bici, ma quelli che incrociavo correvano tutti, mentre adesso vedi tanta gente che ha comprato la bici, che si è avvicinata al ciclismo più tardi e purtroppo non è quello che fa il ricambio generazionale. Ci vorrebbe di nuovo maggiore cultura del nostro sport che negli anni si è un po’ persa.

Insieme all’altro Ganna nel mondo di Pippo

07.12.2021
6 min
Salva

A casa Ganna di Olimpiadi se ne intendono. Marco a Los Angeles 1984 ci è andato nella canoa, il figlio Filippo ne ha seguito le orme sfrecciando quest’estate nel velodromo di Izu con Lamon, Consonni e Milan sino all’oro nell’inseguimento a squadre. Quella è stata una delle svariate gemme tra Giro d’Italia, europei e mondiali che hanno fatto sì che il venticinquenne di Vignone venisse scelto quale atleta dell’anno 2021 dalla giuria di giornalisti piemontesi dell’Ussi Subalpina, gruppo intitolato al mitico Ruggero Radice (penna storica delle due ruote). Con lui i nuotatori Alessandro Miressi e Carlotta Gilli, anche loro grandi protagonisti a Tokyo. A proposito di ciclismo, nell’occasione hanno ricevuto un riconoscimento speciale anche due cuneesi: l’iridata Elisa Balsamo e Diego Colombari (oro nella staffetta di handbike alla Paralimpiade giapponese).

Top Ganna però è già ripartito verso la nuova stagione tra pista e strada e così a Torino a ritirare il premio è venuto il papà, con tanto di mascherina griffata Ineos Grenadiers d’ordinanza. Prima di posare con l’ennesimo riconoscimento per l’asso azzurro, ci ha parlato di lui.

Che effetto ti fa ritirare un premio al posto di tuo figlio?

Fa sempre piacere ritirare premi per Filippo, così come so che farebbe piacere a lui essere qui a goderseli. In questo periodo dell’anno però lui è sempre impegnato e, dopo uno stop molto breve, è già ripartito. Purtroppo lo sport sta cambiando in questo senso e anche le pause tra le stagioni sono sempre più brevi.

L’hai visto più stanco?

Ci siamo incrociati poco a casa, ma non mi è sembrato particolarmente stanco, anche perché era ancora bello in condizione e quello lo si è visto anche ai mondiali di Roubaix. Forse era più stanco di testa, soprattutto per le pressioni ricevute negli ultimi mesi.

Forse a quello era anche dovuto il suo sfogo premondiale?

Non era uno sfogo, ma direi più un “richiamo”, se consideriamo che dopo l’Olimpiade ha continuato ad allenarsi su strada. Poi, ha fatto l’europeo dove hanno vinto con la squadra, ma lui ha fatto secondo nella crono individuale e allora ha ricevuto le critiche per aver mancato il successo per pochi secondi. Come se non bastasse, al mondiale è andato a vincere in Belgio a casa di due dei più grandi protagonisti che ci sono attualmente nel ciclismo, poi hanno fatto una grandissima gara nella staffetta. Ormai siamo arrivati al punto che, secondo gli italiani, ogni volta che lui parte in una gara, la deve vincere per forza, sembra tutto scontato. A Tokyo, in tanti hanno parlato di debacle per il 5° posto nella crono su strada ma, lasciando stare Roglic, erano in 4 corridori in 4 secondi e mezzo e lui era a meno di 2″ dal bronzo.

Tutto questo quanto gli pesa?

A Filippo in realtà non più di tanto, perché lui è molto bravo a lavorare sull’aspetto mentale. Lo fa da solo, senza aiuto di nessun mental coach come altri sportivi, non ne sente il bisogno. E’ capace di isolarsi dal resto del mondo e si concentra senza lasciarsi distrarre da nulla. Ha trovato questo modo di allenarsi in altura: va su a Macugnaga in un rifugio dove praticamente non c’è niente, nemmeno il wifi. Lui, terminato l’allenamento, prende la funivia, sale a 3.000 metri e fino al giorno dopo sta là tranquillo. Si riposa e recupera: è dura, perché alcuni ciclisti, di cui non faccio il nome, sono andati due giorni e poi sono scesi perché non ce la facevano più a essere isolati dal mondo. Lui è capace di stare lì una settimana o dieci giorni, senza problemi. Scende, fa gli allenamenti sulle strade di casa perché Macugnaga non è lontana da noi. Così si rigenera.

Quando era piccolo, ti saresti aspettato di vederlo come il faro del ciclismo italiano?

Dico la verità, i miei figli non li ho mai obbligati a fare attività sportiva. Gli ho solo detto di fare sport perché gli faceva bene. Filippo ha giocato a pallavolo, un po’ pallacanestro e nuotava come Carlotta, poi si è appassionato al ciclismo. Nessuno dei due ha mai provato, invece, a fare canoa come me. 

Prima degli appuntamenti importanti Filippo è capace di isolarsi a 3.000 metri sopra Macugnaga: il suo segreto
Prima degli appuntamenti importanti Filippo è capace di isolarsi a 3.000 metri sopra Macugnaga
Tu invece pedalavi da giovane?

Lo facevo a livello amatoriale. Uscivo, poi quando ha cominciato Filippo, ho smesso io. Adesso però ho ripreso.

Esci mai con lui in bici?

Sono uscito due volte e praticamente ho fatto dietro moto. Direi che basta, perché anche quando va piano, è un razzo.

Essendo tu un ex-atleta, ti ha impressionato?

Ha un bel motore, però lo si sapeva già da quando era giovane. Io non ero nel giro del ciclismo e non conoscevo tante regole di questo sport, ma gli dicevo sempre: «Esci, pedala, prendi l’aria in faccia e poi qualcosa arriva». In effetti, direi che è stato così e lui ha imparato bene.

Dove può arrivare ora?

Diciamo che di cose ne ha già fatte tante. Secondo me, tra qualche anno, può diventare un corridore da classiche, senza snaturare il suo modo di correre. In tanti insistono perché punti ai grandi Giri: certo, se facessero cronometro di 60 o 70 chilometri, allora se ne potrebbe riparlare. Lui comunque ha in mente i suoi obiettivi, sinora li ha raggiunti tutti, ora vedremo nei prossimi anni. 

Tutti lo tirano per la manica perché provi con i grandi Giri, ma questo tipo di pressione gli scivola addosso
Lo tirano per la manica perché provi con i grandi Giri
Ti piace il seguito che ha?

Soprattutto quello dei ragazzini. Riceviamo tante richieste di giovani ciclisti che vogliono fare attività sportiva e, grazie alle sue imprese, si sono uniti al nostro mondo. 

Tra le domande più ricorrenti c’è quella sul record dell’Ora: che idea ti sei fatto?

Ne abbiamo parlato. Abbiamo buttato giù delle idee assieme ai suoi preparatori, vedremo che succederà. In casa si parla di tutto, ma non sempre di ciclismo. Se Filippo ha bisogno di un consiglio, glielo do volentieri, ma per il resto sa gestirsi perché ormai è grande.