Covi e un’estate da gregario, in attesa di ritrovare il tocco

06.09.2024
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Alessandro Covi sta vivendo la sua personale corsa nella corsa, per riallacciare il filo col corridore capace di domare il Fedaia e non quello che negli ultimi due anni ha avuto ogni genere di problema fisico. Per questo, aver corso con Hirschi e Wellens in occasione delle loro ultime vittorie e aver fatto la sua parte per il risultato di squadra è l’indicazione che le cose si stanno allineando per il verso giusto. Correre in una squadra forte come il UAE Team Emirates impone delle regole di buon senso, come quella di mettersi a disposizione dei tanti campioni presenti, in attesa di essere in grado semmai di dire la propria.

«Le ultime tre gare che ho fatto – dice da casa dei genitori a Taino – le abbiamo vinte con Hirschi e Wellens e contribuire è sempre bello. Adesso sono qui a casa e domattina (oggi, ndr) partiamo con i mezzi della squadra per le corse italiane. Si comincia domenica a Larciano e poi le facciamo tutte. Non so se potrò provare a fare risultato per me, questo è da vedere. Però la condizione sembrerebbe che stia crescendo dopo tutti i problemi che ho avuto. Finalmente ho fatto due mesi giusti, quindi tocco ferro. E magari se dimostro di andare bene, può arrivare un’occasione anche per me».

Dopo il Giro d’Austria, San Sebastian è stata la gara del rientro, con vittoria di Hirschi. I due sono i primi da sinistra
Dopo il Giro d’Austria, San Sebastian è stata la gara del rientro, con vittoria di Hirschi. I due sono i primi da sinistra
Pensavi meglio?

Pensavo meno rogne. Più che altro dopo l’anno scorso, che è stata un’annata davvero difficile per la mononucleosi, mi aspettavo che il peggio fosse passato. Invece probabilmente non ero pronto per ripartire oppure per altri motivi che non so, il mio fisico non ha retto e sono venuti fuori dei problemi ai tendini, che sono stati la rogna più grande. Mi sono portato dietro il dolore per due mesi. Risolti quelli, sono venuti fuori due problemini che fanno parte della vita di ogni corridore. Il Covid, che ormai ce l’hanno tutti. E poi sono caduto e ho preso una botta alla testa con tanto di trauma cranico. Sono cose che succedono, anche se avrei preferito farne a meno.

Anche per te nessun Grande Giro quest’anno per l’idea di fare punti in giro per il mondo?

Se l’idea era far punti anche con me, è andata male, perché non ne ho. Però alla fine la salute conta tanto e soprattutto in una squadra così forte mi sono ritrovato tante volte a lavorare e anche giustamente. Con tutti i campioni che ci sono e che ti assicurano la vittoria, mettersi a disposizione è giusto. Io non potrei fare come loro, a questi livelli finalizzare il lavoro della squadra è una grande responsabilità: non stiamo parlando di gare juniores. Siamo nel professionismo e penso che alcune scelte da professionista siano anche queste. Alla squadra interessa il massimo risultato, non il decimo posto che eventualmente potrei garantire io adesso. Per vincere devo essere al 110 per cento, per cui se ho dei problemi, è meglio che mi metta a disposizione e dia tutto per cercare di far vincere un mio compagno.

L’ultima vittoria di Alessandro Covi è il tappone del Fedaia al Giro d’Italia del 2022
L’ultima vittoria di Alessandro Covi è il tappone del Fedaia al Giro d’Italia del 2022
Intanto però la vittoria manca dal Giro del 2022: è una sensazione pesante?

Alla fine è una cosa talmente lontana, che adesso penso più a sistemare me stesso che alla vittoria o ai risultati. Magari l’anno scorso ho cominciato pensando di vincere, ma con un virus così era impossibile e magari ho sofferto tanto. Ci andavo vicino, ma non riuscivo a vincere. Quindi l’obiettivo è sistemare me stesso, poi se arriva la vittoria è un bel plus. Sarebbe la fine di un incubo, ma sarà possibile soltanto recuperando la salute e di conseguenza le motivazioni.

La squadra si va rimescolando, vanno via Hirschi e va via anche Ulissi, che effetto fa?

Alla fine di italiani in squadra siamo sempre meno e Diego, sin da quando sono arrivato, era il faro della squadra e soprattutto del gruppo italiano. In tutte le gare importanti che ho fatto, c’è sempre stato presente lui. Penso che me ne renderò conto dal prossimo anno. Ieri eravamo assieme in bici quindi non lo vedo ancora come un ex compagno di squadra. Sono certo che il prossimo anno sarà strano.

Covi è stato spesso l’ombra di Ulissi, che dal 2025 correrà alla Astana. Qui i due insieme al Giro del 2023
Covi è stato spesso l’ombra di Ulissi, che dal 2025 correrà alla Astana. Qui i due insieme al Giro del 2023
Si dice tanto che i giovani fanno sempre più fatica ad ascoltare i consigli dei più esperti. Tu non sei più giovanissimo, pensi di aver ascoltato quel che diceva Ulissi?

Io penso che ogni persona debba imparare ad ascoltare e poi agire come si sente di farlo. E’ importante sapere ascoltare e prendere qualcosa dalle persone giuste. Diego secondo me è una persona da cui si può imparare e mi ha fatto piacere ascoltare i suoi insegnamenti e prendere qualcosa anche da lui.

Quanto è importante allenarsi anche ogni giorno con campioni come Pogacar?

Diciamo che gli allenamenti sono tutti personalizzati, quindi probabilmente se io uscissi tutti i giorni con Tadej, avrei un effetto opposto, perché abbiamo dei valori completamente differenti. Per me sarebbe come fare un Grande Giro lungo un anno intero. Però sicuramente, vivendo a Monaco, capita che usciamo fra i compagni di squadra. Capita spesso di vedere Tadej oppure Wellens e sicuramente così si crea anche il gruppo. Proprio allenandomi con Tim, ho capito quanto ci tenesse al Renewi Tour e ho dato il 110 per cento perché potesse vincerlo.

Alessandro Covi, classe 1998, è professionista dal 2020. E’ alto 1,80 e pesa 66 chili
Alessandro Covi, classe 1998, è professionista dal 2020. E’ alto 1,80 e pesa 66 chili
C’è un obiettivo ragionevole che ti sei dato per questo finale di stagione?

Non un risultato preciso, voglio migliorare, continuare senza grossi problemi e fare un bel finale di stagione. Magari se arriva l’occasione, riesco a coglierla bene. Però non voglio stare lì a inseguire un risultato, che poi magari non viene e ci rimango male. Penso a migliorare me stesso e aiutare la squadra quando c’è da aiutare. Perciò adesso si comincia da Larciano e poi seguo tutto il programma italiano fino al Gran Piemonte. Poi, finita la stagione, devo operarmi al naso e quindi dovrò decidere con la squadra quando fare questa operazione.

Giusto per non farsi mancare niente?

Ho scoperto di doverlo fare quando sono caduto e ho picchiato la testa e il dottore mi ha detto che dovrò operarmi al naso. Lo ruppi quando ero piccolo, quindi sono abituato da sempre a respirare così. Se non fossi caduto e non avessi picchiato la testa, non lo avrei saputo neanche. Chissà, magari con il naso stappato, andrò davvero più forte?

Baroncini e la UAE, blitz al Nord per le prove sul pavé

17.02.2024
5 min
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Con addosso quel senso di tutto nuovo che rende più belle anche le cose già viste, Filippo Baroncini si è affacciato sul 2024 con l’entusiasmo ben oltre il punto di ebollizione. Quale che ne sia stata la causa, il suo percorso nella Lidl-Trek non aveva più margini per andare avanti, mentre l’approdo al UAE Team Emirates è quello che il romagnolo cercava.

«Mi piace molto l’ambiente – spiega dalla Volta ao Algarve – molto più latino, ci sono tanti italiani. Non che prima stessi male, ma con i compagni ho un rapporto diverso. C’è un bel dialogo, è un ambiente in cui ci si aiuta. quindi è quello che cercavo».

L’Algarve, come abbiamo già sentito da Matteo Trentin è l’occasione per mettere nelle gambe chilometri e ritmo, in vista del weekend di apertura sulle strade del Nord. Il prossimo fine settimana alla Omloop Het Nieuwsblad sarà un ribollire feroce di ambizioni contrapposte e per Baroncini sarà la prima occasione di prendere le misure innanzitutto a se stesso. L’inverno è stato proficuo, ma finché non ti misuri con quelli che puntano al tuo stesso obiettivo, non puoi sapere a quale punto della catena alimentare ti trovi davvero. Se sarai preda o cacciatore.

Nel giorno del pavé, cielo sereno e solo uno scroscio d’acqua in avvio (foto UAE Team Emirates)
Nel giorno del pavé, cielo sereno e solo uno scroscio d’acqua in avvio (foto UAE Team Emirates)

Nel frattempo, per prendere le misure alle strade, alla bici e all’abbigliamento, il 7-8 febbraio Filippo è volato fra Belgio e Francia con Tim Wellens e Nils Politt, svolgendo prima un sopralluogo sul percorso della Parigi-Roubaix e un altro il giorno successivo su quello del Giro delle Fiandre (foto UAE Team Emirates in apertura). Un’esperienza che secondo noi merita un racconto.

Cosa siete andati a fare?

A provare i materiali, più che altro, soprattutto per la Roubaix. Pensavo che il pavé fosse più traumatico, invece con queste ruote e con i tubeless, anche se ha lasciato il segno, sono andato molto bene. Per il Fiandre invece non c’è tanto da trovare un setting particolare. Abbiamo fatto gli ultimi 50 chilometri giusto per ricordarci i nomi delle salite e cosa ci si aspetta. Siamo stai per due giorni, toccata e fuga.

Che cosa vuol dire che ha lasciato il segno?

Il primo settore di pavé della Roubaix è stato un brusco risveglio. Per Wellens era la prima volta, ci siamo guardati in faccia e si è messo a ridere da quante vibrazioni e il dolore alle braccia dopo un solo settore. Poi però abbiamo preso un po’ di feeling e via.

Tim Wellens non aveva mai messo le ruote sul pavé della Roubaix: ride per le vibrazioni (foto UAE Team Emirates)
Tim Wellens non aveva mai messo le ruote sul pavé della Roubaix: ride per le vibrazioni (foto UAE Team Emirates)
Avete lavorato più sull’assetto o sulle pressioni?

Pressioni e sezioni diverse. Ogni tot ci fermavamo, provavamo, cambiavamo ruote e coperture. E poi alla fine abbiamo tirato le somme.

Che cosa avete concluso?

Per me ci saranno sicuramente tubeless da 32, con la pressione bassa, ma neanche tanto, altrimenti sui sassi c’è rischio che scoppino, e ruote da 45 in carbonio, ovviamente. Alla fine è tutto un fatto di ruote. Una gomma dura la puoi sgonfiare quanto vuoi, ma sempre dura rimane. Noi invece abbiamo usato le Continental, che anche nelle gare normali rimangono più morbide rispetto a tante altre.

Come avete affrontato il pavé?

Abbiamo dovuto impegnarci parecchio nella prova dei vari settori. Li abbiamo tutti spinti abbastanza, anche perché se non fai così, non vai avanti. Per questo dopo due ore eravamo abbastanza finiti. Abbiamo fatto dal primo settore fino al Carrefour de l’Arbre. Da lì abbiamo fatto altri 50 chilometri in bicicletta e siamo tornati nell’hotel di Waregem, da cui il giorno dopo siamo partiti per provare il finale del Fiandre.

Il giorno dopo il sopralluogo della Roubaix, tocca al Fiandre, con 5 gradi e male a braccia e mani (foto UAE Team Emirates)
Il giorno dopo il sopralluogo della Roubaix, tocca al Fiandre, con 5 gradi e male a braccia e mani (foto UAE Team Emirates)
E come è andata?

Prima cosa: non vi dico il dolore che avevamo nelle mani. In più pioveva, c’erano cinque gradi, è stato traumatico. Anche perché il giorno prima il tempo era stato quasi buono. Giusto uno scroscio d’acqua, poi era stata una giornata asciutta, ma con tanto vento. Soffiava a 30 all’ora, siamo andati in giro per tutto il tempo col phon di fianco (ride, ndr).

Ancora gomme da 32?

Le stesse, cambieranno le pressioni. Ormai l’aerodinamica è tutto, ma al Fiandre non serve neanche stare a cercare la leggerezza estrema.

A gusto tuo: meglio Roubaix, dunque, o Fiandre?

Il Fiandre, sicuramente. Secondo me è più una corsa di gambe che di fortuna. Alla Roubaix devi essere bravo o avere la fortuna di stare al centro della strada, sulla schiena d’asino. Perché se inizi ad andare di lato, la strada è molto più rovinata e fai il doppio della fatica. Alla Roubaix secondo me ci sono tanti fattori in gioco, mentre al Fiandre conta tanto la posizione e saper correre, ma anche avere tante gambe.

Baroncini con Nils Politt: il tedesco sarà uno dei ledaer della squadra all’apertura del Nord (foto UAE Team Emirates)
Baroncini con Nils Politt: il tedesco sarà uno dei ledaer della squadra all’apertura del Nord (foto UAE Team Emirates)
Come è andata la trasferta con Wellens?

Sono stato bene, è un compagnone. Non è il solito belga un po’ chiuso. E’ veramente un ragazzo d’oro, che insegna tanto e aiuta. Ci parli volentieri con lui. Per questo mi sento più coccolato. Più seguito, è questa la parola giusta.

Per quanti giorni è andato avanti il mal di braccia del pavé?

E’ durato due giorni, poi finalmente le dita si sono sgonfiate. Ho provato con i guanti lunghi, perché era freschino. Però non avevamo messo doppio nastro, niente di particolare e forse è stato questo a far arrivare più vibrazioni alle braccia. Nel giorno della gara avremo gel e doppio nastro, sarà diverso.

In che condizioni arrivi all’apertura del Nord?

Secondo me bene, mi vedo in crescita. Anche alla Figueira Champions Classic abbiamo fatto un bel lavoro di squadra. Sono convinto che se tutto andrà bene, in Belgio ci divertiremo. Alla fine non puoi mai partire con qualche certezza, però se ci vai con la gamba giusta, secondo me ti diverti. Di sicuro la Omloop Het Nieuwsblad sarà un primo test. Ci saranno anche Politt e Wellens, che saranno i riferimenti. Dovrò imparare tanto da loro, per cui il fatto di averli in squadra è un vantaggio. Loro sanno dove muoversi e come farlo, osservarli sarà prezioso.

La nuova dimensione di Wellens, per finire come vuole lui

06.09.2023
5 min
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C’era una luce particolare negli occhi di Tim Wellens, mentre ritirava sul podio la maglia di vincitore del Renewi Tour. La luce della rivincita. Alla sua prima stagione alla Uae Emirates, dov’era arrivato non senza clamori, come uomo capace di dare quella spinta in più a un team da sempre ritenuto “Pogacar-dipendente”, il belga aveva sì vinto una gara, ma sembrava non essere più né carne né pesce, quasi schiacciato dalla preponderanza dello sloveno, in cerca di vittoria appena sale su una bici. L’infortunio del Fiandre e il conseguente stop di quasi due mesi e mezzo non hanno agevolato il suo cammino.

Non è stato un anno facile per Wellens e quella vittoria, sulle strade di casa, se l’è goduta nella tranquillità della famiglia. Mentre tramite WhatsApp si parla attraverso migliaia di chilometri di distanza, emerge chiara in sottofondo la voce di suo figlio nato nello scorso inverno, che richiama al caos famigliare che in certi casi è molto più ritemprante della calma piatta.

«Sono arrivato alla gara con tante ambizioni – racconta – ci tenevo a far bene e alla fine tutto ha funzionato perfettamente. Sapevo che molto si giocava nella cronometro dove ho chiuso 2° alle spalle di Tarling, mi ero allenato molto per quel giorno ed è stato davvero un buon inizio. Poi il giorno dopo ho sfruttato la gamba che avevo e solo Teunissen mi ha battuto. Lì ho preso la maglia per non lasciarla più. E’ stata davvero una bella settimana con la squadra, i compagni mi hanno aiutato perfettamente a difendere la maglia di leader e guardo indietro con la grande soddisfazione di aver vinto ancora. E’ un successo che significa molto».

Arrivato alla Uae sull’onda dei successi alla Lotto, il belga ha ridisegnato il suo ruolo
Arrivato alla Uae sull’onda dei successi alla Lotto, il belga ha ridisegnato il suo ruolo

Un cambio completo

Tim sa bene che in questa stagione era guardato col microscopio. 32 anni, considerato un grande interprete per le classiche, molti si attendevano di vederlo più volte sul gradino più alto del podio. Il belga però non si lamenta, è chiaro che questo successo ha spostato un po’ gli equilibri della bilancia delle sue aspirazioni.

«Il mio primo anno all’UAE Team Emirates è stato effettivamente migliore del previsto. Sono stato più di dieci anni nella stessa squadra, che era diventata un po’ una famiglia, quindi avevo un po’ di paura nel cambiare tutto, incontrare nuove persone, trovare nuovi equilibri. L’integrazione però è andata davvero bene, si sono tutti messi a disposizione e io ho fatto lo stesso.

Wellens ha avuto un grande aiuto dalla squadra, correndo da capitano al Renewi Tour
Wellens ha avuto un grande aiuto dalla squadra, qui con Trentin a scortarlo

Il Tour mancato

«Bisogna capire che cambiare tutto a una certa età non è semplice. Io ho dovuto davvero voltar pagina, cambiare anche preparazione e all’inizio avevo molti dubbi. Come avrei reagito ai nuovi allenamenti? Sentivo che alcune volte durante la stagione avevo gambe che non sentivo da molto tempo, quindi ero molto soddisfatto delle mie prestazioni in gara e non stavo tanto a guardare i risultati, sapevo che sarebbero arrivati».

Molti si sono stupiti non vedendolo al Tour de France, pensando che quella fosse una bocciatura: «Non posso negare – dice – che uno dei motivi per cui volevo venire qui era fare un grande Giro con quello che è giustamente ritenuto il migliore del mondo. E penso che sia davvero speciale vincere un grande Giro come compagno di squadra. Con un corridore come Tadej, le possibilità sono alte… Quindi di sicuro sono rimasto molto deluso di non essere riuscito a entrare nella selezione, ma questa è stata una scelta giusta perché il mio livello non era tale da garantire un rendimento all’altezza, gli infortuni della prima parte di stagione avevano influito, ero indietro con la preparazione, quindi è stata una buona decisione. L’anno prossimo spero sicuramente di essere lì in buone condizioni per rendermi molto utile per la squadra».

Wellens al Tour 2022. la sua avventura alla Lotto è durata oltre 10 anni, con molte vittorie
Wellens al Tour 2022. la sua avventura alla Lotto è durata oltre 10 anni, con molte vittorie

Il nuovo ruolo nel team

Una cosa che bisogna riconoscere a Wellens è di essersi saputo mettere in discussione. Alla Lotto Dstny era un leader, alla Uae sapeva che un leader già c’era, un leader assoluto, che vuole e sa vincere in qualsiasi corsa e situazione. Cambiare ruolo che cosa ha comportato?

«Il mio ruolo ora è portare il leader al punto cruciale totalmente davanti al plotone – spiega – in modo che sia pronto senza aver speso energie e so come si fa proprio perché per anni sono stato un leader alla Lotto e qualcuno lo ha fatto per me. Ho avuto molte opportunità nella mia carriera di cui sono molto grato. Grazie a ciò ho potuto vincere molte gare, non avrei mai potuto pensare di vincerne più di 30, quindi sono super felice di quello che ho avuto. Ma ho notato che negli ultimi due, tre anni alla Lotto volevo cambiare.

Il sodalizio con Pogacar ha subito funzionato. Qui il lancio del famoso scatto dello sloveno all’ultima Sanremo
Il sodalizio con Pogacar ha subito funzionato. Qui il lancio del famoso scatto dello sloveno all’ultima Sanremo

I programmi per un dolce tramonto

«Non volevo più avere sempre tutta la pressione sulle spalle, che è bello, ma pesante se non sei al massimo. Volevo fare qualcos’altro, qualcosa con meno pressione sulle spalle e la Uae è ideale per questo perché ha tanti corridori vincenti, anche migliori di me. Ma ciò che è stato molto importante per me è che in alcune gare ho ancora la mia opportunità e non posso lamentarmi, perché vedo che la squadra apprezza gli sforzi che faccio».

Per questo Tim non ha particolari aspirazioni per la prossima stagione, sembra aver trovato la dimensione ideale per il suo finale di carriera, esattamente come voleva disegnarlo: «Quando faccio bene il mio lavoro, la squadra è felice e questo mi dà davvero stimoli anche per la prossima stagione. Siamo una squadra, abbiamo visto che se ognuno s’impegna e svolge il proprio ruolo, i risultati arrivano. Una volta sarà a sostegno di Tadej (beh, magari anche più di una…), un’altra a sostegno di un altro compagno e ci sarà anche la possibilità che in quella gara, in quel dato giorno si lavori per me. Per mantenere alta la motivazione. E comunque un obiettivo per il 2024 ce l’ho: essere parte integrante del team in un grande Giro».

Trentin, la corsa perfetta e le mosse stupide

03.04.2023
5 min
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«Quando il gruppo si divide e torna indietro – ha sorriso Trentin – si divide e torna indietro, si divide e torna indietro… Ovviamente capisci che sarà una giornata molto dura!».

Matteo ci ha raggiunto allo spazio delle interviste quasi svuotato di giornalisti. Ieri la macchina organizzativa del Fiandre non è stata impeccabile: gli unici a mostrare tratti di efficienza infallibile sono stati gli steward, che in fiammingo stretto, impedivano alla stampa di arrivare alla zona di arrivo. Perciò si è fatto tutti un grande esercizio di pazienza, aspettando che i corridori arrivassero da noi.

Il trentino è entrato nella fuga che, con più di tre minuti, a un tratto ha anche preoccupato i favoriti, Van der Poel su tutti. C’erano corridori forti. Oltre al nostro, Pedersen, Van Hooydonck. Powless, Vermeersch, Wright, Narvaez e il vincitore 2021 Asgreen davano al tentativo una consistenza interessante. E anche se era scritto che sulla testa della corsa sarebbero rientrati “quei tre” e davanti non hanno mai collaborato alla morte, a un certo punto il susseguirsi delle cadute e la Jumbo-Visma non troppo in forma al pari del suo leader, hanno dato ossigeno al tentativo.

Decimo al traguardo, Trentin ha corso il miglior Fiandre della sua carriera
Decimo al traguardo, Trentin ha corso il miglior Fiandre della sua carriera
Matteo, qual era il piano?

Il piano era di avere almeno un uomo davanti quando lui (Pogacar, ndr) fosse arrivato con i favoriti, in questo caso Van der Poel e Van Aert. In realtà è andata così, più o meno. E quando è arrivato, il mio compito è stato tirare sul Qwaremont, per far soffrire tutti gli altri prima che lui lanciasse il suo attacco e ha funzionato abbastanza bene anche questo. Direi una corsa perfetta.

Eri tu quello preposto a entrare nella prima fuga?

Io o Wellens. Poi sul Molenberg ho visto che il gruppo era già spezzettato e valeva la pena andare. Abbiamo guadagnato addirittura molto più di quello che pensavamo. A un certo punto sembrava addirittura che dietro nessuno volesse tirare, ma alla fine abbiamo messo la Alpecin e la Jumbo nella condizione di dover inseguire.

Il piano è scattato nella ricognizione di venerdì: Pogacar aveva individuato il Qwaremont come luogo per l’attacco
Il piano è scattato nella ricognizione di venerdì: Pogacar aveva individuato il Qwaremont come luogo per l’attacco
Stando così le cose, non avete mai pensato di andare all’arrivo?

C’era collaborazione il giusto, non troppo almeno. Tutti quanti erano veramente a tutta. Se pensate che io ho tirato un chilometro e mezzo o due prima di entrare sul Qwaremont, è partito lui con Van der Poel e poi alla fine sono rientrato davanti e ho scollinato veramente per un pelo sul Paterberg. Mi è mancato un soffio e ho dovuto farmi addirittura 12 chilometri da solo, che bello…

Sapevi dalla radio che Pogacar stava arrivando?

No, ho tolto la radio perché stavo soffrendo a sufficienza. Ero stufo di sentire gente che parlava. E’ stata veramente una corsa tosta. Penso che di tutti i Fiandre che ho fatto, è stato il più duro e forse anche per questo ne sono uscito molto bene. Perché comunque a un certo punto si è smesso di limare. Vedevi che la gente non aveva le gambe per continuare a tener duro, tener duro, tener duro.

E alla fine Tadej ha vinto nel modo che aveva indicato alla vigilia: arrivando da solo.

Pensavamo tutti che potesse riuscirci. Però è ovvio che dovessimo preparare la gara in maniera perfetta e lo abbiamo fatto. E’ stato un peccato aver perso Tim Wellens nella prima caduta, però penso che abbiamo fatto una bella gara.

Nella fuga non c’è mai stata troppa collaborazione, ma ha costretto Alpecin e Jumbo a tirare
Nella fuga non c’è mai stata troppa collaborazione, ma ha costretto Alpecin e Jumbo a tirare
Che cosa hai visto di quella caduta?

Noi eravamo davanti quando è successo. Sono stato davvero vicino alla caduta e neppure sapevo che fosse stata causata da quel corridore che è saltato sulla strada. E’ impossibile transennare tutto il percorso, ma dobbiamo essere noi in grado di evitare alcune mosse stupide. Perché entrambe le cadute che ho visto oggi sono state causate da mosse stupide. Quindi credo che a volte convenga frenare e sopravvivere un giorno di più, piuttosto che… ammazzare 25 corridori. 

Perché questi gesti stupidi?

Andiamo sempre più veloci. Ogni gara è importante, ogni curva diventa importante e sai che in realtà non lo è. Siamo in uno stato d’animo in cui tutto è importante e ti dimentichi che a volte è necessario frenare.

A fine corsa, Gianetti ha portato al pullman la bici di Pogacar e ha raccontato il suo stupore per la vittoria
A fine corsa, Gianetti ha portato al pullman la bici di Pogacar e ha raccontato il suo stupore per la vittoria
Le stesse parole con cui ieri Sagan ha descritto le dinamiche del gruppo.

Sono cose che si continuano a dire. Purtroppo siamo in un loop dove ogni mezza posizione conta. C’è stress. Anche la scelta di determinati approcci andrebbe ripensata, sapendo che si va così, perché tutti vanno forte. Poi dall’altra parte, come ho detto prima, a volte tirare i freni e magari perdere una posizione ti permette di non rischiare la pelle e non farla rischiare a 100 persone dietro di te.

E’ stato uno dei Fiandre in cui sei andato più forte?

Sono arrivato decimo, il miglior piazzamento su undici volte che l’ho fatto. Penso sia quello dove sono andato più forte in assoluto. Sono giovane (ride, ndr), quindi dai… Quasi quasi potrei puntare nei prossimi anni a diventare un corridore da classiche!

La mossa di Trentin. La Sanremo da un’altra ottica

23.03.2023
4 min
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Milano-Sanremo 2023, salita del Poggio. Il gruppo è in fila indiana con Wellens che sta facendo un lavoro enorme per Pogacar. Intorno alla decima piazza c’è Matteo Trentin, anche lui della Uae. Intorno alla metà l’ex campione europeo molla improvvisamente e chi era dietro di lui perde l’attimo. Si crea una frattura nella fila, dietro si tergiversa, davanti si scappa via. Pochissimi secondi dopo, Wellens si fa da parte e Pogacar porta il suo attacco, secco, al quale solo Van Der Poel, Van Aert e Ganna riescono a rispondere.

L’esito finale è ormai parte della storia, ma quell’azione è rimasta impressa nella mente, quasi fosse studiata nei particolari, quasi sia stata fatta prendendo dei riferimenti ai bordi della strada. A mente fredda abbiamo provato a ripercorrere quei momenti cruciali con lo stesso Trentin, partendo dalla domanda più spontanea dopo aver visto quanto è successo: ha mollato di proposito?

Trentin nella discesa della Cipressa. Fino al Poggio la sua Sanremo era stata secondo i piani, poi il ruolo è cambiato
Trentin nella discesa della Cipressa. Fino al Poggio la sua Sanremo era stata secondo i piani, poi il ruolo è cambiato

«Sì e no – risponde Matteo – nei propositi e nella tattica che avevamo messo in preventivo dovevo essere un paio di posizioni più avanti, ma avete visto quanto si è andati veloci… Il record della scalata è stato battuto dopo una trentina d’anni e questo dice tutto. La nostra strategia era comunque quella di creare un buco a un certo punto della corsa, il fatto che sia avvenuto in contemporanea con il passaggio di testimone fra Tim e Tadej non era proprio voluto con quella precisione».

L’idea era di creare scompiglio dietro per lasciare Tadej a lottare con pochi?

Se possibile, ma va detto che proprio la velocità estrema ha messo in croce tutti. Quando ho mollato, gli altri hanno perso tempo perché non ne avevano davvero per chiudere il buco e saltarmi non era semplice a quel punto.

Wellens tira a tutta, Pogacar è dietro. La lunga fila si spaccherà per la mossa di Trentin
Wellens tira a tutta, Pogacar è dietro. La lunga fila si spaccherà per la mossa di Trentin
Quando avevate stabilito la tattica di gara?

Ne avevamo parlato nella riunione della sera prima, ma un conto è discutere le tattiche a tavolino, un altro è verificare come va la gara. Con loro comunque ci siamo parlati sia al mattino che durante la corsa. La tattica ha funzionato bene, se poi VDP ha vinto è stato tutto merito suo.

Tu che ruolo avevi?

Nei programmi io ero una seconda opzione viste le caratteristiche della corsa e la mia conoscenza approfondita del tracciato visto che tante volte mi ci alleno. Per questo avrei dovuto essere 2-3 posti più avanti, il problema è stato che quando Wellens è partito, io ero ancora dietro e recuperare non è stato facile, con quella velocità non potevo salire ancora la fila.

Il momento decisivo: il belga si fa da parte e Pogacar attacca. Solo in 3 reggono il suo passo
Il momento decisivo: il belga si fa da parte e Pogacar attacca. Solo in 3 reggono il suo passo
L’impressione è stata quasi che aveste preso dei riferimenti lungo la strada…

Non è proprio così, quello puoi farlo più nelle classiche belghe dove le strade sono strette, sempre le stesse e fissi alcuni punti specifici nella memoria per muoverti. Anche il Poggio dà dei riferimenti, la mossa mia e di Wellens non erano concordate nella loro contemporaneità, ma Tim sapeva che doveva farsi da parte in quel punto perché è il più duro, quello giusto dove Pogacar poteva scattare e fare la differenza.

Riguardando il tutto a mente fredda, quanta delusione c’è?

Tanta, ma mitigata dal fatto che errori non ne abbiamo commessi, abbiamo fatto tutto quel che si doveva fare, Tadej è scattato nel punto giusto, sono stati bravi gli altri a tenerlo e Mathieu Van Der Poel ha fatto davvero una gran cosa. Scattare in faccia a Pogacar e staccarlo oltretutto su un punto dove non era mai scattato nessuno, perché non così duro, significa davvero aver fatto un capolavoro.

Il corridore di Borgo Valsugana con Wellens. La loro tattica sul Poggio era stata perfetta
Il corridore di Borgo Valsugana con Wellens. La loro tattica sul Poggio era stata perfetta
Tu come esci dalla Sanremo?

Con la consapevolezza che sono arrivato alla Classicissima con una condizione ancora non ottimale. Fino alla Cipressa ero andato bene, ma il Poggio mi ha dimostrato che mancava ancora qualcosina e d’altronde l’inizio stagione non era stato molto fortunato. Ora però sono in recupero, manca solo qualcosa e spero che in questi giorni arrivi in vista delle classiche.

Che sono un po’ il tuo cavallo di battaglia proprio a cominciare dalla Gand-Wevelgem…

E’ una corsa che conosco bene, ma anche le altre. La squadra è pienamente in palla, andiamo con grandi ambizioni, poi come detto è la corsa che dà il verdetto inappellabile.

La UAE alza il tiro: in arrivo Wellens, gregario extra lusso

10.08.2022
4 min
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Prosegue l’opera di rinforzamento della UAE Team Emirates, che non ha certo problemi di budget. E così c’è la conferma che il prossimo anno al servizio di Pogacar ci sarà anche Tim Wellens, grande promessa del ciclismo belga e colonna della Lotto Soudal. Con due vittorie all’Eneco Tour e una al Polonia, il corridore di Sint Truiden, 31 anni, è sempre parso sulla porta del grande risultato. E ora finalmente ha fatto una scelta precisa.

Wellens ha chiuso il Fiandre in 43ª posizione: il Nord è stato una delusione
Wellens ha chiuso il Fiandre in 43ª posizione: il Nord è stato una delusione

«Ho deciso di respirare aria nuova durante il periodo delle classiche valloni – ha raccontato a Het Nieuwsblad – dato che per l’ennesima volta i miei obiettivi di primavera sono stati deludenti. Ho smesso di fare i progressi che volevo e ho deciso che era giunto il momento di cambiare. Non volevo andare in una squadra del livello della Lotto Soudal. Se l’ho lasciata, è stato per migliorare. A mio avviso i team che fanno la differenza sono tre: Jumbo-Visma, Ineos Grenadiers e UAE-Team Emirates. La prima ha fatto capire che il loro interesse si era un po’ raffreddato. La Ineos era interessata, ma voleva una risposta subito. Poi ho parlato con Gianetti e Matxin e li ho trovati davvero motivati a coinvolgermi. Mi hanno dato un tempo per pensarci e così alla fine ho scelto loro».

Tutto per Pogacar

Per Wellens cambierà tutto, a partire dall’allenatore che non sarà più Paul Van Den Bosch, riferimento belga della preparazione, che lo ha seguito sin dai primi passi nel professionismo.

Wellens è uno dei corridori più ricercati dalla stampa belga
Wellens è uno dei corridori più ricercati dalla stampa belga

«Sembra davvero che avrò anche un nuovo allenatore accanto a me – spiega Wellens – un aspetto che fa parte di quel vento nuovo. Ci saranno anche alcuni cambiamenti nel mio programma. La squadra vuole giocarmi al massimo all’inizio della stagione, quando sarò al meglio. Parliamo di gare a tappe come UAE Tour e Tour of Oman. In molte gare fiamminghe e valloni mi sarà permesso di fare la corsa, a meno che non ci sia Pogacar al via. Ovunque ci sarà lui, l’obiettivo dichiarato è che io mi sacrifichi. Il che è del tutto logico, ovviamente. Mi è stato detto che alla Ineos devi giocarti il posto, alla UAE Emirates regna la chiarezza. Riceverò il mio programma in anticipo, con gli obiettivi indicati, in modo da sapere su cosa lavorare. Mi piace di più».

Rimpianto Polonia

Dopo tanti anni nella stessa squadra, partire non sarà facile. Si tratterà di lasciarsi alle spalle la quotidianità del fiammingo e amicizie vecchie di anni. Anche se nel caso di Wellens pare che, dal momento in cui ha comunicato che sarebbe andato via, alcune ruggini si siano create e ne abbiano condizionato i programmi.

«Come in ogni squadra – ha spiegato Wellens, che ha dovuto ritirarsi dal Tour de France per il covid – ci sono persone che mi mancheranno. Prendiamo ad esempio Marc Wauters, le presentazioni che faceva per ogni tappa del Tour erano di altissimo livello. Penso sia importante lasciarsi in buoni rapporti. Spero davvero tanto che non ci sarà la retrocessione dal WorldTour. Per questo mi è dispiaciuto non aver potuto partecipare al Tour de Pologne. Mi sarebbe piaciuto aiutare la squadra con i punti necessari».

Vi raccontiamo il “giallo” di Lampaert e Wellens

23.06.2022
4 min
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In ogni “crime story” che si rispetti (rigorosamente con le virgolette perché i crimini veri sono ben altri…) si parte sempre dall’accaduto e allora bisogna spostarsi a Beringen, teatro dell’arrivo dell’ultima tappa del Giro del Belgio. Wellens contro Schmid e nel mezzo spunta Lampaert (in apertura).

Alla vigilia della sua partenza, la classifica dice che l’elvetico Mauro Schmid (Quick Step-Alpha Vinyl) e il padrone di casa Tim Wellens (Lotto Soudal) sono appaiati. L’ultima tappa è però particolare perché non assegna solamente secondi di abbuono al traguardo, ma nel suo svolgimento sono previsti tre traguardi volanti, chiamati “Chilometro d’Oro” che alla resa dei conti saranno decisivi. E’ come se nel gruppo ci sia un patto non detto: i velocisti si daranno battaglia per il traguardo finale, ma la corsa si deciderà in questi tre singolari frangenti.

Lampaert crono 2022
Al Giro del Belgio Lampaert aveva vinto la crono del terzo giorno
Lampaert crono 2022
Al Giro del Belgio Lampaert aveva vinto la crono del terzo giorno

Battaglia in tre sprint

Al primo traguardo i contendenti indossano subito le armature. Immagine un po’ forte, ma che in fin dei conti un po’ si attaglia a quel che avviene. Wellens si prepara per la volata, con un “pilota” d’eccezione come il giovane Arnaud De Lie. La Lotto Soudal ha infatti chiesto al suo talentuoso sprinter di mettere da parte per un giorno le ambizioni personali e mettersi al servizio del capitano e il ragazzino lo fa, perfetto ultimo uomo. Il belga conquista 3” e si mette in posizione di vantaggio per il secondo traguardo.

Al fianco di Wellens si pone però Yves Lampaert, il belga compagno di colori di Schmid e vincitore due giorni prima. Le toccate diventano spallate, che diventano spintoni, che diventano cambi di direzione. Wellens perde l’attimo buono mentre Schmid si avvantaggia nel conto dei secondi.

Potrebbe recuperare nell’ultimo sprint, ma anche lì Lampaert lo marca “a uomo” e gli fa sentire la sua presenza. Wellens ha un diavolo per capello, ma non è tipo da arrivare al traguardo e inveire contro qualcuno e davanti ai giornalisti cerca con le parole di addolcire la sua espressione accigliata.

«Abbiamo controllato la corsa tutto il giorno – racconta – De Lie ha fatto un lavoro meraviglioso. Quando ho conquistato il primo sprint ho pensato: “Dai che vinco io”. Poi però mi si è avvicinato Yves, siamo entrati in rotta di collisione e tutto è andato perduto. Io so di non aver fatto nulla di sbagliato, ora squalificano Lampaert ma a me che cosa cambia? ».

Lampaert spallata
Le immagini incriminate con Lampaert che si sposta bloccando Wellens
Lampaert spallata
Le immagini incriminate con Lampaert che si sposta bloccando Wellens

Stop in arrivo?

La Giuria infatti squalifica il corridore belga della Quick Step-Alpha Vinyl escludendolo dalla classifica, ma intanto Schmid è sul podio che festeggia la sua prima ccorsa a tappe. Lampaert prova a giustificarsi davanti ai giornalisti presenti.

«Ci sono state spinte da ambo le parti e non solo Wellens – dice – ma anche altri della sua squadra. Ma tutto era nella norma».

Dichiarazioni che in qualche modo vengono ribadite da Jakobsen, vincitore della tappa: «In quei frangenti ero lontano, fuori dal gruppo e fuori dal vento per preservarmi per la volata, ma si vedeva che c’erano due squadre a competere per quei traguardi, la nostra e la Lotto».

La prova televisiva

Parlavamo di “crime story”, che si sviluppano sempre seguendo il filo delle prove. In questo caso le prove consistono in immagini dall’alto di una delle volate, nelle quali si vede Lampaert che alza il gomito verso Wellens, lo spinge a bordo strada e lo chiude impedendogli di fare la volata in maniera palesemente ostruzionistica. La Giuria vede quelle immagini e squalifica Lampaert, ma la cosa non finisce qui: l’Uci infatti decide di aprire un procedimento a suo carico, per comportamento antisportivo.

Wellens Belgium Tour 2022
Sul podio Wellens prova a mascherare la delusione e la rabbia, ma il sorriso amaro lo tradisce
Wellens Belgium Tour 2022
Sul podio Wellens prova a mascherare la delusione e la rabbia, ma il sorriso amaro lo tradisce

L’ultima volta che era accaduto era stato nell’ambito della famigerata volata al Giro di Polonia 2020, con Groenewegen che fece cadere lo stesso Jakobsen contro le transenne con esiti terribili: giorni di coma fra la vita e la morte e una ripresa lenta per il belga che solo da quest’anno è tornato a primeggiare.

Il precedente di Groenewegen

In quel caso, il procedimento durò a lungo. Servirono oltre tre mesi al massimo ente ciclistico per deliberare e alla fine Groenewegen fu estromesso dalle corse per 9 mesi, ricalcando quasi parallelamente l’assenza dalle corse del suo sfortunato collega. Ci vorrà lo stesso tempo per sapere qualcosa a proposito di Lampaert?

Lotto Soudal: si punta a vincere, senza aspettare…

20.04.2021
3 min
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Guardando l’organico della Lotto Soudal si capisce subito che è una squadra che va alla ricerca del “tutto e subito”. Non c’è un vero e proprio specialista dei grandi Giri, che vanno interpretati per andare alla conquista di tappe, lo stesso dicasi per le gare d’un giorno o per le prove di pochi giorni, dove pure c’è un Tim Wellens che ha dato già prova di poter raccogliere tanto. La squadra è puntata sui traguardi giornalieri, a cominciare dalle classiche.

Giro d’Italia 2021, Caleb Ewan batte in volata Davide Cimolai
Giro d’Italia 2021, Caleb Ewan batte in volata Davide Cimolai

In sede di ciclomercato si è quindi lavorato molto per rinforzare il “corpo” del team, con corridori capaci di svolgere il loro lavoro godendo della massima fiducia dei capitani. In squadra sono stati inglobati ben 7 neoprofessionisti, abbassando notevolmente l’età media della squadra, ma già nelle primissime uscite gente come Conca e Verschaeve ha dimostrato di saperci fare.

Tim Wellens nella vittoria 2021 a Besseges
Tim Wellens nella vittoria 2021 a Besseges

Per quanto riguarda le punte, il già citato Wellens è l’uomo per le classiche più articolate, mentre Degenkolb ha la mente proiettata verso il sogno Roubaix dove ha già dimostrato di poter battere tutti. Impossibile dimenticare, dato il palmarés, il “vecchio” Gilbert, uno che quando può piazzare la zampata giusta può ancora farlo e intanto è un perfetto regista in corsa. Poi c’è Caleb Ewan, il “collezionista di tappe”, pronto a finalizzare il lavoro della squadra, ma attenzione a non fossilizzarsi su uno schema fisso: con corridori come De Gendt e lo stesso Wellens gli scenari possono anche cambiare.

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Filippo ConcaLeccoIta22.09.19982019
Steff CrasGeelBel13.02.19962018
Jasper De BuystAsseBel24.11.19932013
Thomas De GendtSint NiklaasBel06.11.19862009
John DegenkolbGeraGer07.01.19892011
Caleb EwanSydneyAus11.07.19942015
Frederik FrisonGeelBel28.07.19922016
Philippe GilbertVerviersBel05.07.19822003
Kobe GoossensLovanioBel29.04.19962020
Sébastien GrignardMonsBel29.04.19992021
Matthew HolmesWiganGbr08.12.19932014
Roger KlugeEisenhuttenstadtGer05.02.19862010
Andreas Lorentz KronAlbertslundDen06.01.19982017
Kamil MaleckiBytowPol02.01.19962019
Tomasz MarczynskiCracoviaPol06.03.19842006
Sylvain MoniquetNamurBel14.01.19982017
Stefano OldaniMilanoIta10.01.19982020
Harrison SweenyBrisbaneAus09.07.19982017
Gerben ThijssenGenkBel21.06.19982019
Tosh Van Der SandeWijnegemBel21.06.19982019
Maxim Van GilsBrasschsatBel25.11.19992021
Brent Van MoerBeverenBel12.01.19982019
Harm VanhouckeCourtraiBel17.06.19972019
Florian VermeerschGentBel12.03.19992018
Viktor VerschaeveBrasschaatBel03.08.19982021
Xandres VervloesemMassenhovenBel13.05.20002021
Tim WellensSint TruidenBel10.05.19912012

DIRIGENTI

John LelangueBelGeneral Manager
Mario AertsBelDirettore Sportivo
Herman FrisonBelDirettore Sportivo
Nikolas MaesBelDirettore Sportivo
Maxime MonfortBelDirettore Sportivo
Marc SergeantBelDirettore Sportivo
Kurt Van De WouwerBelDirettore Sportivo
Marc WautersBelDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

Allo stesso modo in cui la Groupama-Fdj è fedele da anni a Lapierre, il rapporto fra la Lotto Soudal e Ridley sta diventando davvero un matrimonio degno di nota. Il modello più utilizzato è la Helium, la bici più leggera per le salite, mentre per gli uomini veloci c’è la Noah Fast Disc, mentre per le crono c’è la Dean Fast. Per tutte gruppi e ruote Campagnolo e pneumatici Vittoria.

CONTATTI

LOTTO SOUDAL (Bel)

Toekomstlaan 15/6 + 8, 220 Herentals (BEL)

info@lottosoudal.be – www.lottosoudal.be

Facebook: @LottoSoudalCyclingTeam

Twitter: @Lotto_Soudal

Instagram: Lotto_Soudal

Wellens, promessa matenuta. E adesso la Liegi

09.02.2021
4 min
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Con una previsione centrata in pieno, nei giorni del ritiro della Lotto Soudal, Tim Wellens aveva detto che quest’anno gli sarebbe piaciuto partire subito forte. Non voleva ripetere il debutto sfortunato del 2020, quando a causa di un problema fisico non era riuscito a correre la Parigi-Nizza. Con l’Etoile de Besseges vinta in apertura, il belga ha centrato l’obiettivo e si lancia verso una stagione in cui cercherà di dare un tocco di completezza al suo palmares. Trent’anni a maggio, ha vinto brevi corse a tappe, come il BinkBank Tour e il Tour de Pologne. Ha vinto tappe al Giro e alla Vuelta. Eppure quando parla, ogni volta dice che la sua ambizione è vincere una grande classica, lasciando intuire lui per primo di non essere pienamente soddisfatto.

Nella crono finale di Ales, con arrivo in salita, Wellens si è ben difeso da Kwiatkowski
Nella crono finale di Ales, si è ben difeso da Kwiatkowski
E’ così anche quest’anno?

Non potrebbe essere altrimenti (sorride, ndr). Sono ancora convinto di poter vincere una grande classica. E’ il mio grande obiettivo. Non credo che sarò mai felice solo con vittorie di tappe dei grandi Giri. Sono bei risultati, ma non mi bastano.

Una classica a caso?

Direi di sì, ma anche no… Tante mi si addicono. Potendo scegliere, vorrei che fosse in Belgio. Che fosse un monumento. E siccome quella che più mi piace è la Liegi-Bastogne-Liegi, se potessi scegliere, vorrei proprio lei: la Doyenne!

Eppure le due tappe alla Vuelta hanno salvato il tuo 2020…

E’ stato un anno speciale per tutti, difficile per tutti. Non credo si possano fare paragoni con altre stagioni passate e spero di non doverne vivere un altro simile. Se fosse stato un anno normale, guardando quelle due vittorie, avrei pensato a un magro bilancio. Invece quei due successi mi hanno permesso di affrontare l’inverno con la testa giusta.

Già in ritiro, Wellens aveva detto di voler partire forte: missione compiuta
In ritiro Wellens aveva detto di voler partire forte
Vale a dire?

Se chiudi male la stagione, hai mille rimpianti e non riesci a riposarti davvero. Invece aver chiuso con il dolce in bocca per me ha significato entrare nell’inverno con la consapevolezza che va tutto bene. 

Come è stato il tuo inverno?

Veloce. Sono stato per 8-9 giorni senza bici. So che altri corridori staccano molto più a lungo, ma a me dopo quel tempo viene il desiderio fortissimo di ricominciare. Sono ripartito bene e, avendo finito così tardi con la Vuelta, alla ripresa la mia condizione era già buona. Non ho cambiato molto. Ho tutto chiaro in testa ora, i miei obiettivi e come raggiungerli.

Di quali obiettivi parli?

Il primo momento chiave sarà all’Omloop Het Nieuwsblad. Poi c’è il grosso punto di domanda della Parigi-Nizza, che ha un bel percorso. Ma non potrei correre la Strade Bianche e mi dispiacerebbe. Poi andrò alle classiche fiamminghe e le ardennesi, con il dubbio se fare o meno la Freccia Vallone in vista della Liegi. Invece nell’estate sarò al Tour de France e solo quello. Penso che un grande Giro vada più che bene.

Sul podio finale, Wellens ha preceduto Michal Kwiatkowski, a sinistra, e Nils Politt
Podio finale, Wellens con Kwiatkowski, a sinistra, e Politt
Non dici nulla del mondiale in Belgio, per giunta dalle tue parti?

Durante il ritiro in Spagna sono venuti a trovarmi i tecnici della nazionale per parlarne. Il percorso è bello e tutti i belgi vorrebbero partecipare, compreso me. Vedremo cosa dicono i direttori sportivi, perché abbiamo una grande chance di vincere con Wout Van Aert, per cui per il momento la mia posizione potrebbe essere quella di esserci per supportate la nazionale.

Pensi che sarà una grande festa come il Fiandre?

Covid permettendo, sarà molto di più. Mi viene da pensare alla partenza del Tour da Bruxelles. Un’atmosfera diversa, una settimana di gente da tutto il mondo e di allenamenti con la maglia della nazionale sulle strade del Paese. Vedremo dopo il Tour in quale modo potrò arrivarci bene, ma quasi certamente mi avvicinerò senza fare la Vuelta.