Merlier, Milan e Pogacar: i tre volti di Fossano

06.05.2024
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FOSSANO – Trovare una tappa più strana di quella di oggi al Giro d’Italia è un bel grattacapo. Lo ha detto anche il vincitore Tim Merlier. «Dopo che noi velocisti siamo andati in fuga forse abbiamo fatto arrabbiare gli uomini di classifica nel finale!».

A Fossano ci si attendeva la prima volata e prima volata è stata. Ma per arrivare a questo epilogo non bisogna pensare ad una frazione dallo svolgimento classico. 

Da questo caos emergono tre personaggi: Tim Merlier, il vincitore, Jonathan Milan, lo sconfitto, e ancora lui: Tadej Pogacar, padrone e mina vagante al tempo stesso.

Il vincitore

La Soudal-Quick Step ha avuto il merito di restare più unita di altri team. E di entrare in azione nel momento perfetto. Davide Bramati, il direttore sportivo della squadra belga è stato un compendio tattico.

«Con questo finale così tecnico e difficile – ha detto Brama – era impossibile muoversi ai 2.900 metri, cioè quando finiva lo strappo. Avevamo ipotizzato che qualcuno potesse guadagnare 3”-4” secondi, ma sapevamo che quella curva quasi a gomito ai 1.200 metri avrebbe inciso parecchio. Avrebbe abbassato la velocità e poi ripartendo quasi da fermi con la volata li avrebbero riacciuffati, anche perché c’era un filo di vento contro.

«Così ho detto ai ragazzi di entrare veramente in azione ai 1.300 metri. Anche solo ritardare la frenata gli avrebbe fatto guadagnare posizioni importanti. E così è andata».

I ragazzi di Brama, oggi anche con un bell’Alaphilippe, hanno eseguito alla lettera le sue indicazioni. E Merlier ha fatto il resto.

«Come vi avevo detto qualche giorno fa Merlier sta bene. Abbiamo portato una buona squadra e oggi questa vittoria sinceramente ci fa piacere. Tanto piacere, visto che non vincevamo da diverse settimane».

Lo sconfitto

C’è poi Jonathan Milan. Su un arrivo non proprio ideale per il suo fisico, aver sfiorato il successo non è poi così male. Certo, Fossano ha un po’ strozzato l’urlo di gioia, ma guardando il lato positivo la gamba c’è.

Ma c’è anche un pizzico di dispiacere. Sarebbe un problema se non ci fosse. A chiarire tutto è Simone Consonni, il “capotreno”. E Simone era quasi più dispiaciuto di Milan dopo l’arrivo. Nell’ultima curva si sono un po’ persi i quattro vagoni della Lidl-Trek: due da una parte e due dall’altra. 

«Potevamo fare meglio a livello tecnico e tattico – ci dice Consonni mentre si dirige verso i bus – però è anche vero che era il primo sprint del Giro ed è già bello non aver messo il “sedere per terra”, tanto più che era così difficile.

«L’allungo di Pogacar e Thomas ci ha rotto le scatole, ma non tanto a livello tattico quanto di gambe. E infatti Jonathan e Jasper (Stuyven, ndr) hanno preso la curva in prima e seconda posizione, mentre io ed Eddy (Edward Theuns, ndr) eravamo un po’ più dietro. Abbiamo sprecato tanto per rientrare sotto».

«Il finale non era facile e se noi del treno eravamo tutti lì, negli ultimi 500 metri, vuol dire che stiamo bene. Domani ci riproveremo».

Honorè, Pogacar e dietro Thomas: la fiammata dei big che ha acceso il finale… e le discussioni
Honorè, Pogacar e dietro Thomas: la fiammata dei big che ha acceso il finale .. e le discussioni

La mina vagante

E poi c’è lui. Sempre lui: Tadej Pogacar. Il corridore della UAE Emirates continua ad incantare, ma anche a sprecare e qualcuno inizia ad imputargli questo suo modo di correre. Lo sloveno però glissa.

«Modo di correre dispendioso? Ma no è tutto pagato!», come a dire che non costa nulla fare certi scatti. Mentre si fa più serio quando gli chiedono se voglia vincere tutte le tappe. Pogacar replica con un secco: «No comment».

Tadej quando sta bene non si ferma, non c’è niente da fare. Anche Rafal Majka ce lo ha ripetuto pochi giorni fa. Pogacar si difende col dire che l’attacco non lo ha propiziato lui, ma ha solo seguito Honorè. «Ero davanti, stavo bene e l’ho seguito. Anzi, quando Thomas è rientrato è stato lui a dare il primo cambio. E anche forte. A quel punto abbiamo spinto. Peccato non essere arrivati».

Mentre ci è piaciuto, ed è indice d’immensa lucidità, il racconto del traguardo volante di Cherasco. Traguardo che arrivava dopo un ripido strappo.

«Ero davanti – ha spiegato Pogacar – ho visto che c’era anche Thomas e a quel punto ho deciso di andare. Due secondi sono sempre due secondi. Meglio a me che a lui».

Alaphilippe, Merlier, Vansevenant: Bramati affila le sue punte

01.05.2024
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«Non è stata un selezione facile, come immagino avvenga in tutte le squadre, perché in tanti vogliono venire al Giro d’Italia, ma questi sono gli otto uomini che abbiamo deciso di portare e cercheremo di ottenere il massimo con loro». Davide Bramati esordisce così parlando della Soudal-Quick Step.

Un po’ come abbiamo fatto ieri con Roberto Damiani per la Cofidis, scopriamo dunque gli otto alfieri del team belga: Tim Merlier, Mauri Vansevenant, Pieter Serry, Josef Cerny, Bert Van Lerberghe, Luke Lamperti, Jan Hirt e Julian Alaphilippe. Una squadra disegnata per dare assalto alle tappe, come del resto era nel suo Dna prima dell’esplosione di Remco Evenepoel.

Davide Bramati (classe 1968) è sull’ammiraglia della Soudal-Quick Step da 14 stagioni
Davide Bramati (classe 1968) è sull’ammiraglia della Soudal-Quick Step da 14 stagioni
Davide, come stanno i tuoi ragazzi?

Bene, sono tutti motivati e pronti a dare il massimo. Direi che ci presentiamo al Giro d’Italia con un’ottima squadra. Tim (Merlier, ndr) ha vinto tanto, Vansevenant ha dimostrato di andare forte nelle classiche delle Ardenne e Alaphilippe mi sembra molto motivato.

Partiamo proprio da Vansevenant…

Di occasioni per lui ce ne potranno essere molte. Viene da un quarto posto all’Amstel e un sesto alla Liegi. Alla Freccia, come molti altri, ha patito il freddo, ma sta bene.

Sta bene però ormai questo ragazzo (è un classe 1999) deve  anche far capire chi è davvero: scalatore, uomo da classiche, attaccante…

Come detto, esce bene dalle classiche. Alla Liegi mi è piaciuto, tenendo le ruote dei migliori sullo Stockeu e andando forte anche sulla Redoute. Si è preparato a puntino e credo che in questo Giro o meglio al termine di questo Giro, sapremo effettivamente qualcosa di più su di lui. Anche perché è la prima volta che veramente riesce ad arrivare ad un grande Giro in ottima condizione. Mauri tiene in salita, è veloce, sono certo che lo vedremo e, come detto, poi ne sapremo di più.

Vansevenant ha mostrato un’ottima condizione nelle Ardenne. Con Alaphilippe formerà una coppia d’attacco affatto banale
Vansevenant ha mostrato un’ottima condizione nelle Ardenne. Con Alaphilippe formerà una coppia d’attacco affatto banale
Capitolo velocisti: Merlier. Lui è un grande nome. Come sta?

E’ dalla Roubaix che non corre. Come da programma si è riposato bene. Viene da un’ottima prima parte di stagione e giustamente ha osservato il suo periodo di recupero. Arriverà oggi in Italia e ci parlerò per bene. Parlerò con lui ma anche con altri, per stabilire bene le strategie di questo Giro. Crediamo molto in Tim.

Chi sarà il suo ultimo uomo?

Bert Van Lerberghe, esperto e ideale per questo ruolo. Ma se avete visto abbiamo portato anche Lamperti. E’ al suo primo grande Giro, ma si è meritato questa convocazione. Io credo che un’esperienza simile gli potrà dare tanto e in chiave futura. Un grande Giro ti lascia sempre qualcosa. Lui sarà inserito nel treno per Merlier. E’ un velocista, ma tiene bene sugli strappi brevi. Credo che stare vicino a due corridori di esperienza come Bert e Tim gli farà solo che bene.

Per Tim Merlier già 7 vittorie in questa stagione tra cui la Scheldeprijs, nella foto
Per Tim Merlier già 7 vittorie in questa stagione tra cui la Scheldeprijs, nella foto
Squadra di attaccanti, ma poi c’è Jan Hirt che butterà anche un occhio alla classifica? Nel 2022 arrivò sesto nella generale…

Anche Jan ha fatto una buona prima parte di stagione, mettendosi in evidenza all’Oman soprattutto, e non facendo male al Catalunya. Ha preparato bene il Giro d’Italia: è già arrivato sesto e anche vinto una tappa… non dimentichiamolo (come a sottolineare che prima viene la tappa e poi la classifica, ndr) Per lui sarà importante essere subito pronto, visto che già dopo due tappe non dico che si saprà chi non lo vince, al netto di Pogacar, ma già si conosceranno bene i valori in campo e chi è in condizione. E’ una partenza del Giro differente rispetto agli ultimi anni.

E poi c’è il nome grande: Julian Alaphilippe…

E’ motivato veramente. Julian è alla sua prima partecipazione al Giro. Lo stuzzica l’idea di poter vincere una tappa anche qui visto che ne ha già conquistate sia al Tour che alla Vuelta. Le possibilità per lui ce ne sono, tutto sta a sfruttarle. Ha classe e già sabato, nella prima tappa, con il tanto tatticismo che immagino potrà esserci, Julian potrebbe avere una buona occasione.

Alaphilippe è al debutto al Giro. Al Romandia ha lavorato per la squadra e per la ricerca della forma migliore
Alaphilippe è al debutto al Giro. Al Romandia ha lavorato per la squadra e per la ricerca della forma migliore
E delle “altre occasioni” avete già parlato? O al contrario è stato lui a chiederti di una frazione in particolare?

No, come detto ancora non ci ho parlato bene. Avremo giovedì e venerdì per stilare una strategia più approfondita. In questi ultimi giorni tra Romandia e Giro ho preferito lasciarlo del tutto tranquillo a riposarsi. Di fatto è stato a casa solo tre giorni.

E’ motivato e Alaphilippe in Italia è amatissimo, una sua vittoria farebbe bene a tutti: a lui, alla squadra, al Giro, ai tifosi. Ma come sta veramente? Non viene da una super stagione…

Vi dico questa. Al Romandia, nel tappone di sabato, doveva aiutare Van Wilder. Nella prima salita, dura, erano rimasti in quindici e lui c’era. Alaphilippe si è preparato bene. Vedrete. 

Bruttomesso punta l’azzurro e prepara la “sfida” con Merlier

08.09.2023
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L’intervista con Alberto Bruttomesso arriva dopo uno scambio di messaggi e alcune gare qui in Italia. Tutte svolte in preparazione all’impegno più importante in casa: l’Astico-Brenta, che si è corso oggi. Poi sarà la volta di prendere le misure con i grandi, in vista del passaggio nel WorldTour del prossimo anno, che avverrà con la Bahrain Victorious. Con un obiettivo abbastanza chiaro, riuscire a partecipare all’europeo.

Alberto Bruttomesso, a sinistra, dopo il ritiro al Sestriere ha corso in Romania al Tour of Szeklerland (foto Halmagyi Zsolt)
Alberto Bruttomesso, a sinistra, dopo il ritiro al Sestriere ha corso in Romania al Tour of Szeklerland (foto Halmagyi Zsolt)

Niente mondiale

Bruttomesso era parte del gruppo, guidato dal cittì Amadori, che ha preso parte al ritiro del Sestriere. Giorni importanti che hanno permesso di prepare al meglio mondiale e Avenir. Il corridore del CTF Friuli era uno dei nomi papabili per la trasferta di Glasgow. Alla fine però Amadori ha deciso di non portarlo, una decisione presa comunque con grande trasparenza.

«Amadori mi ha chiamato – dice Bruttomesso – e mi ha detto che non sarei stato parte della squadra per il mondiale. Ero stato inserito nella lista dei dieci nomi, ma alla fine il cittì ha deciso così. Mi ha detto che la tattica di squadra, che era quella di attaccare fin dai primi chilometri, mi avrebbe penalizzato. Lo capisco e infatti ho rispettato la sua decisione senza problemi».

Al circuito di Cesa, il 29 agosto, è arrivato secondo posto dietro al compagno di squadra Andreaus (photors.it)
Al circuito di Cesa, il 29 agosto, è arrivato secondo posto dietro al compagno di squadra Andreaus (photors.it)
I nostri favoriti, Buratti e Busatto, sono stati tagliati fuori per una caduta, tu saresti potuto essere un buon outsider?

Non saprei. La gara non l’ho vista tutta anche perché in quei giorni stavo correndo il Tour of Szeklerland (foto apertura Halmagyi Zsolt). Però ho visto gli ultimi chilometri e posso dire che il circuito finale era davvero duro, forse anche troppo per me. Non sono sicuro che sarei riuscito ad entrare nel primo gruppetto, e Milesi ha fatto comunque qualcosa di eccezionale. 

Per preparare il mondiale ti eri fermato due mesi, era già previsto uno stop così lungo dalle corse?

Sì, insieme alla squadra avevamo già deciso che mi sarei fermato per riprendere fiato e allenarmi in quota. Quindi con o senza nazionale sarei andato comunque in ritiro, farlo con Amadori è stato molto meglio. Ero seguito, in compagnia e comunque ho parlato e lavorato con lui. 

Una volta saputo che non saresti andato al mondiale sei tornato subito a correre…

Anche questa decisione l’ho presa con il team. Non volevamo perdere il grande volume di allenamento fatto. C’era l’occasione di andare a correre in Romania (al Tour of Szeklerland, ndr) e l’abbiamo colta. I riscontri sono stati super positivi, stavo bene ed ho ottenuto un secondo e un settimo posto. In gara erano presenti tanti elite, è stato un bel banco di prova.

Bruttomesso ha sfruttato bene il lavoro fatto in altura con la nazionale
Bruttomesso ha sfruttato bene il lavoro fatto in altura con la nazionale
Poi hai corso hai corso in Italia?

Ho corso prima al Valdarno, poi al Circuito di Cesa e infine l’Astico-Brenta. Ho recuperato un po’ dopo gli sforzi della Romania e mi sono allenato bene. Al Valdarno sono andato in fuga per fare gamba, la corsa era dura: 170 chilometri e 2700 metri di dislivello. Troppi per vincere ma giusti per fare fatica. 

Farai altre esperienze con gli elite o professionisti?

Il 13 settembre partirà il Giro di Slovacchia, sarò presente. Quello è un bel banco di prova, ci sarà qualche squadra WorldTour, e in più dovrebbe correre Tim Merlier

Uno dei tuoi possibili avversari il prossimo anno, come ti senti?

Sono curioso e sereno, non sento pressione. Ho fiducia, sto andando forte e le ultime corse me lo hanno confermato. 

Un ritiro a metà stagione era comunque previsto, Bruttomesso ha preferito farlo con la nazionale, per allenarsi al meglio
Un ritiro a metà stagione era comunque previsto, Bruttomesso ha preferito farlo con la nazionale, per allenarsi al meglio
Dalla Slovacchia quando rientri?

Il 18 settembre.

Il 22 ci sono gli europei, ci pensi?

Sono tra i dieci nomi che Amadori ha stilato e tra i quali sceglierà la squadra. Partecipare sarebbe bello, il percorso mi incuriosisce e sarebbe anche un bell’obiettivo per chiudere la stagione. Il percorso dovrebbe essere movimentato ma non troppo, con un arrivo in cima ad uno strappo. Si avvicina alle mie caratteristiche, vedremo.

Se le sono date sul traguardo volante. Polonia a Mohoric

04.08.2023
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KRAKOW –  Settantaquattro centesimi di secondo e cento chilometri all’arrivo. Il gruppo fila via tra le campagne polacche pancia a terra. Un treno della UAE Emirates da una parte, un treno della Bahrain-Victorious dall’altra e un chilometro più avanti il traguardo volate. Forse il più importante traguardo volante della storia del ciclismo, almeno di quella recente.

Perché era importantissimo? Perché è qui che venivano assegnati i secondi di abbuono ed è qui che Matej Mohoric e Joao Almeida si sono giocati il Tour de Pologne. Al mattino erano separati da meno di un decimo di secondo. Tutti si aspettavano questo epilogo della gara. Tutti li aspettavano al varco e loro non si sono fatti attendere.

UAE aggressiva

La fuga non parte. Davide Formolo non fa uscire neanche una mosca. «Qualcosa proveremo a fare – ci aveva detto Marco Marzano diesse della UAE Emirates prima del via – Non molliamo. Loro si faranno trovare pronti, ma qualcosa abbiamo escogitato».

«Certo che ieri Matej è stato bravo – ha proseguito il tecnico –  l’ho diretto alcuni anni alla Lampre e ricordo quanto era meticoloso. Immagino si sarà studiato la crono nel dettaglio. Immagino anche come possa essere andato in quel drittone a scendere ai 3 chilometri dall’arrivo e nella successiva curva. In quei frangenti è fortissimo e poi guida anche bene. Un animale da gara.

«Anche Joao andava forte, ma Matej lì guadagnava secondi. E’ difficile avere di preciso quei tempi, ma conoscendolo ne sono quasi sicuro».

Tappa a Tim Merlier. Il corridore della Soudal-Quick Step ha fatto il bis precedendo De Kleijn (a destra) e Gaviria (a sinistra)
Tappa a Tim Merlier. Il corridore della Soudal-Quick Step ha fatto il bis precedendo De Kleijn (sulla destra fuori dalla foto) e Gaviria

Ackermann un diavolo

In Bahrain-Victorious hanno fatto i loro conti. Sapevano dell’attacco e come spesso accade la miglior difesa è l’attacco. Ad un chilometro dal traguardo volante è la squadra del leader a prendere le redini della corsa. Allunga il gruppo.

Solo un possente Ackermann – della UAE – abituato a fare le volate coi velocisti veri, fa a spallate e con quasi troppa facilità spezza il treno di Mohoric. Solo che per poco non ci rimette anche Almeida!

Alla fine il tedescone si rende conto che è da solo e si sposta. Pasqualon parte. Mohoric passa tra il compagno e le transenne. Per poco non lo chiude. Invece la lezione su VeloViewer è stata perfetta. 

Morale: primo Mohoric, secondo Almeida e terzo Pasqualon. Il pugno – di cortesia, quello del Covid per capirci – che si sono scambiati i due protagonisti dopo quel traguardo volante di fatto ha sancito la fine del Polonia. Mohoric ha portato il suo vantaggio nelle generale ad un secondo sul portoghese.

«Abbiamo preparato lo sprint nel dettaglio – spiega Pasqualon – non l’ho stretto. Matej sarebbe dovuto passare in quel punto. Io avrei provato a fare secondo, ma Almeida è risalito forte. Poi siamo stati attenti anche nel finale, perché comunque poteva essere rischioso, ma tutto è andato bene».

«Ci abbiamo provato – ha spiegato Formolo – anche perché non avevamo nulla da perdere. La nostra tattica era arrivare compatti sin lì e ci siamo riusciti. Poi in quelle stradine il lavoro non è stato facile».

Almeida però è soddisfatto. La gamba è buona e lascia ben sperare in vista della Vuelta. Lo dice chiaramente a fine tappa.

La Bahrain-Victorious fa festa. Ma i complimenti vanno anche alla UAE Emirates, mai doma
La Bahrain-Victorious fa festa. Ma i complimenti vanno anche alla UAE Emirates, mai doma

Mohoric leader vero

Subito dopo il traguardo torniamo verso la mix zone. Parlando con i massaggiatori si dice che è stato il traguardo volante più importante della storia. Mohoric, appena davanti a noi, ci sente. Si volta e ride con un certo orgoglio.

«Devo ringraziare tutta la squadra – dice lo sloveno – hanno fatto un ottimo lavoro. Pasqualon è stato perfetto: mi ha preso ad oltre un chilometro e mi ha portato fino ai 50 metri. Serviva uno sprint corto. Ognuno di noi sapeva cosa fare. Sapevamo che la UAE ci avrebbe attaccato. Avevano una chance e hanno provato a coglierla. E’ stato incredibile giocarci l’intera corsa su un traguardo volante. Per tutta la settimana i ragazzi mi hanno supporto alla grande».

Poi, sottolineando ancora una volta la sua sensibilità, Matej ha aggiunto: «Mi spiace per la mia popolazione, la Slovenia, travolta dall’inondazione. Donerò loro il premio in denaro».

Il podio finale con Mohoric, Almeida a 1″ e Kwiatkowski a 17″
Il podio finale con Mohoric, Almeida a 1″ e Kwiatkowski a 17″

Il mondiale? Un’altra volta

Anche ieri Mohoric ha ripetuto di avere le gambe migliori di sempre. E allora perché non andare al mondiale?

«Perché – replica – gli obiettivi vanno preparati e devono essere concreti. Sono convinto che questo non è un mondiale adatto a me e quindi ci penserò quando lo sarà. Intanto vado avanti con il mio programma».

Infine il leader della Bahrain-Victorious torna sulla crono del giorno prima. Una corno che come effettivamente ci aveva suggerito Marzano aveva preparato con meticolosità: dalla bici allo sforzo.

«La bici – conclude Mohoric – me l’hanno sistemata i miei meccanici alla perfezione. Abbiamo un grande staff. Per la crono è vero: l’abbiamo ripassata al dettaglio la sera prima, ma sapevo più o meno cosa mi aspettava. Ripensandoci forse sarei partito un pelo più forte.

«Questa crono era simile a quella di due anni fa e qualcosa avevo in mente. Tra l’altro in quell’edizione finii secondo nella generale proprio dietro ad Almeida». 

Merlier apre il Polonia. E Caruso, tornato in gara, guarda avanti

29.07.2023
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POZNAN – Con la Poznan-Poznan si è aperto l’80° Tour de Pologne. Una tappa per velocisti doveva essere e una tappa per velocisti è stata. E il migliore di loro? Tim Merlier. Sornione al via, il corridore della Soudal-Quick Step era tra i più marcati. Ma in gruppo si è rivisto un corridore, che velocista non è, ma è uno degli italiani più forti, Damiano Caruso.

Il siciliano era al rientro dopo il Giro d’Italia. Sembra stare bene. Di certo è sereno, tranquillo, magro… insomma è il solito Damiano. Il corridore della Bahrain-Victorious è giunto ad un momento della sua carriera in cui sa esattamente dove sta, come sta, cosa può fare lui e, se vogliamo, anche cosa possono fare gli altri. Ha quella che si suol dire, la situazione sotto controllo.

Questa prima frazione del Polonia è stata un’occasione ideale per parlare con lui.

Damiano, come stai?

Sto bene – replica con tono squillante e sincero – sono contento di essere venuto qui in Polonia. Se non altro perché sono scappato dai 45 gradi che avevo a casa in Sicilia! Qui c’è una temperatura più normale, più umana. Scherzi a parte, abbiamo fatto un bel periodo in montagna.

Dove?

Sono stato a Livigno, anzi al Passo Foscagno per la precisione (che sfiora i 2.300 metri di quota, ndr). Ora inizia la seconda parte della stagione. Mi aspetta un bel blocco di gare da fare nei prossimi due mesi.

La Vuelta…

E prima Burgos. Vado alla Vuelta con grande serenità. Alla fine il mio primo obiettivo della stagione era quello di fare un buon Giro e l’ho centrato. In Spagna mi piacerebbe provare a vincere una tappa e se questo dovesse accadere per me sarebbe ancora una volta una grande stagione. Era nei programmi sin da questo inverno fare Il Giro e andare all’arrembaggio alla Vuelta.

Damiano Caruso (classe 1987) alla presentazione dei team. Il siciliano non correva dal Giro
Damiano Caruso (classe 1987) alla presentazione dei team. Il siciliano non correva dal Giro
Hai dato uno sguardo al percorso spagnolo?

Ho visto che è ancora una volta particolarmente dura: tante salite e tanti arrivi in quota. Se devo dire una tappa in particolare non c’è l’ho, però credo che ci saranno tante occasioni per provare a portarsene a casa almeno una.

Sarà un “Remco contro tutti”?

Vista “da fuori” sarà una bella battaglia. Oltre a Remco ci sarà un alto livello: Vingegaard, Roglic, Ayuso…

Che corsa ti aspetti?

Difficile dirlo. Semmai spero che non ci sarà “l’ammazza-Vuelta”, uno alla Vingegaard al Tour. Anzi, spero che Jonas possa risentire un po’ delle fatiche francesi in modo da tenere aperto il discorso della vittoria e quello del podio finale il più possibile. Però non credo che sarà un tutti contro Remco, sarà un tutti contro tutti.

Remco ha messo Vingegaard come favorito, ma pare sicuro di sé. Si è allenato forte…

Riconfermarsi è sempre più difficile che vincere. Quest’anno ha più pressioni. L’anno dopo una vittoria hai gli occhi puntati addosso: per me avrà del filo da torcere. Ma tutto questo andrà a vantaggio dello spettacolo. Ma è impossibile stabilire chi sia il favorito.

Caruso (al centro) ha tenuto davanti la squadra nel momento del nubifragio in questa prima tappa polacca
Caruso (al centro) ha tenuto davanti la squadra nel momento del nubifragio in questa prima tappa polacca
Invece in casa Jumbo-Visma Vingegaard e Roglic si pesteranno i piedi?

Non credo, sono entrambi soddisfatti della stagione che hanno fatto. Roglic ha vinto il Giro, Vingegaard ha vinto il Tour: insomma, andarsi a creare dei conflitti interni non sarebbe intelligente da parte loro. E siccome penso che sono dei ragazzi intelligenti, non creeranno questo tipo di situazione.

E di Ayuso cosa ci dici? Lui potrebbe essere la bestia nera?

A dire il vero non lo conosco molto bene. Sicuramente è un ragazzo di talento. L’ultima gara che ho fatto contro di lui è stata il Giro di Romandia, dove è andato forte e ha vinto a cronometro se ben ricordo. Ha tantissimi margini di crescita. E poi la Vuelta è la gara di casa per lui e sicuramente sarà una motivazione extra. Sono certo che sarà tra coloro che darà spettacolo.

Insomma ci sarà da divertirsi, soprattutto se Remco sarà stuzzicato. E voi con chi farete classifica?

Anche noi abbiamo dei ragazzi giovani che cominciano ad affacciarsi ai piani alti e a voler fare classifica, penso a Santiago Buitrago, piuttosto che ad Antonio Tiberi. E’ giusto che questi ragazzi provino a fare esperienze nuove.

Il podio della prima tappa del Polonia, con il vincitore Merlier, Kooij e Gaviria in maglia Movistar
Il podio della prima tappa del Polonia, con il vincitore Merlier, Kooij e Gaviria in maglia Movistar

Intanto il pubblico polacco, indomito davanti al nubifragio, si stringe attorno al podio. Le scene sono quelle classiche del ciclismo ad ogni latitudine: la ricerca delle borracce da parte dei tanti bambini giunti qui nell’autodromo di Poznan. I selfie con i corridori, specie quelli della nazionale polacca. Gli applausi… E tanti di questi applausi sono per Merlier, che ha vinto esattamente due minuti prima che il suo compagno Remco Evenepoel conquistasse la Clasica de San Sebastian.

Cross e volate, Merlier si fa largo all’ombra di Jakobsen

17.01.2023
5 min
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Le sue quattro vittorie nel 2022 in maglia Alpecin-Deceuninck gli sono valse un contratto con la Soudal-Quick Step, in cerca di una seconda punta veloce da affiancare a Jakobsen. Ma anziché mettersi a ragionare da velocista e basta, Tim Merlier si è lanciato nuovamente nelle sfide del cross.

A ben vedere, il velocista di Wortegem-Petegem, paesino di seimila anime nelle Fiandre Orientali, nel cross era nato, con un’attività molto intensa fino al 2019, drasticamente ridotta con l’approdo alla Alpecin-Fenix cui bastava forse Van der Poel. Dai 25 giorni di gara del 2019-2020, scese ai 10 dell’anno successivo quando aveva già 28 anni e le strade chiuse dall’avvento prepotente dei fenomeni del cross. Non era scontato che avrebbe ripreso al passaggio nella nuova squadra, come invece è accaduto.

Come tutti i belgi, anche Merlier è nato nel cross. Nel 2011 aveva 21 anni: eccolo agli europei U23 di Lucca
Come tutti i belgi, anche Merlier è nato nel cross. Nel 2011 aveva 21 anni: eccolo agli europei U23 di Lucca

Il richiamo del cross

Capelli corti a spazzola, sorriso contagioso, la battuta pronta, il belga (in apertura con l’amico Bert Van Lerberghe, foto Wout Beel) Merlier ha vinto una tappa al Giro, una al Tour e quest’anno potrebbe fare la Vuelta. Ma il ritorno nel cross lo ha messo di buon umore.

«Mi rende davvero felice – ha raccontato alla presentazione del nuovo team – devo confessare che non ho fatto alcun allenamento specifico. Giusto qualche giro per riprendere la mano. Qualche colpo dignitoso riesco ancora a farlo – ha sorriso – e mi sto divertendo molto con la nuova bici da cross. La geometria mi si addice molto. Per un po’ avevo anche pensato di lasciar perdere, dato che non ho visto grande interesse da parte degli organizzatori. Pensavo che la maglia di campione belga su strada fosse un bel richiamo. Ma visti i risultati che ho ottenuto senza preparazione, magari continuerò a giocare ancora nel fango».

Tim Merlier, qui dopo la vittoria al campionato nazionale belga del 2022, è del 1992 ed è pro’ dal 2016
Tim Merlier, qui dopo la vittoria al campionato nazionale belga del 2022, è del 1992 ed è pro’ dal 2016

Sanremo rimandata

Ma adesso, come ha ammesso, le attenzioni si spostano sull’imminente nascita di suo figlio e sul debutto nella nuova squadra, che dovrebbe avvenire il 10 febbraio alla Muscat Classic e a seguire al Tour of Oman e poi al UAE Tour.

«Questo però significa – ha ammesso – che non correrò il weekend di apertura in Belgio. Niente Kuurne-Bruxelles-Kuurne, quest’anno è per Jakobsen. Spero di rifarmi partecipando alla Gand-Wevelgem, in cui sono fra le riserve. Anche se il sogno è la Parigi-Roubaix.

«Allo stesso modo, dopo la Parigi-Nizza non farò la Milano-Sanremo. Finché ci sono in circolazione corridori come Van Aert, Pogacar e Van der Poel, difficilmente si arriverà in volata. Avete visto come andavano l’anno scorso sulla Cipressa. E anche il Fiandre al momento è troppo duro per me».

Programma da velocista

Però è stato palese, sentendolo parlare alla presentazione della squadra, che l’arrivo nello squadrone belga abbia significato per lui un ridimensionamento. Quantomeno nelle chance di partenza: l’anno scorso la divisione del calendario con Philipsen gli era parsa più democratica.

«Non dirò che questo sia il mio programma preferito – ha ammesso a Popsaland – mi sarebbe piaciuto correre a Kuurne, ma d’altra parte, volevo anche andare all’UAE Tour, dove avrò molte opportunità. Quest’anno seguo un programma per velocisti, punto meno sulle gare di un giorno e in questo non c’è niente di sbagliato.

«Per Fabio (Jakobsen, ndr) ho molto rispetto dopo quello che ha passato e come è tornato dal suo terribile incidente al Giro di Polonia. E’ il velocista più difficile da battere, preferisco averlo in squadra piuttosto che correre contro di lui».

Un pilota per amico

Eppure anche Jakobsen a un certo punto deve aver percepito che Merlier potesse non essere troppo contento degli spazi ricevuti, al punto da aver scherzato sui suoi ottimi rapporti con Bert Van Lerberghe, che ne è il migliore amico. Quando glielo abbiamo raccontato, Merlier ha sorriso.

«Ci conosciamo da molto tempo – ha raccontato – da quando avevamo dodici anni. Eravamo insieme nella stessa classe al liceo di Waregem. Sono diventato corridore in quel periodo e lui poco dopo. Sono anche padrino di uno dei suoi due figli. Bert mi è stato molto utile l’anno scorso al campionato europeo, ma Jakobsen è stato più veloce (Merlier si è piazzato al terzo posto dietro il compagno olandese e Arnaud Demare, ndr)».

Sulle strade di Calpe assieme a un altro belga d’eccezione: l’iridato Evenepoel
Sulle strade di Calpe assieme a un altro belga d’eccezione: l’iridato Evenepoel

«Bert parteciperà con me alle prime gare a tappe – ha proseguito – è un vero amico, ci alleniamo insieme. Ora che abbiamo lo stesso programma, viaggeremo insieme molto più del solito. Ho già corso con la maglia Soudal nel cross di Herentals (Merlier si è piazzato al 9° posto, ndr). Senti subito l’atmosfera della gente. Ho fatto una buona partenza e mi sono fatto vedere. Il mio vecchio maestro Mario Declercq mi ha suggerito di fare i primi due giri a tutta, ma con Van Aert e Van der Poel non si può scherzare troppo. Ma su strada, voglio portare in alto il tricolore. Ho messo su me stesso questo tipo di pressione. Quest’anno voglio vincere il più possibile».

Philipsen Francoforte 2021

«Philipsen? Ha margini enormi». Parola di Modolo

23.09.2021
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E’ stato un mese intenso, per Sacha Modolo: prima la Vuelta corsa in aiuto di Jasper Philipsen (nella foto d’apertura la vittoria di quest’ultimo al GP di Francoforte), poi il ritorno alla vittoria dopo tre anni in Lussemburgo con i festeggiamenti anche da parte di amici di squadre nemiche, un crogiolo di emozioni al quale il 34enne veneto non era più abituato. Tornando a casa, è il momento di riassaporare alcune di quelle sensazioni e analizzare quanto fatto. Il ruolo di ultimo uomo per Philipsen sembra il suo passaporto per il futuro, ma il velocista belga lo sta ancora scoprendo.

«Ci corro insieme da quest’anno – racconta l’alfiere dell’Alpecin Fenix – anzi proprio alla Vuelta abbiamo iniziato a interagire. Prima lo avevo affrontato come avversario, quando era alla Uae Team Emirates, ad esempio all’Eneco Tour».

Che tipo è?

E’ un personaggio, questo è sicuro. Lo definirei un ragazzino disordinato: dimentica sempre guanti, calzini, bisogna anche ricordargli quando si parte, quando è ora di farsi trovare pronti in albergo… E’ come se vivesse nel suo mondo.

Philipsen team 2021
Philipsen è nato a Mol (BEL) il 2-3-1998. Quest’anno ha vinto 8 volte, di cui 3 nell’ultima settimana
Philipsen team 2021
Philipsen è nato a Mol (BEL) il 2-3-1998. Quest’anno ha vinto 8 volte, di cui 3 nell’ultima settimana
Eri così anche tu alla sua età?

No, sempre stato molto attento, concentrato sia in gara che dopo. Abbiamo una decina di anni di differenza. Ma attenzione: il mio non è un giudizio negativo, solo una constatazione, perché quando si comincia a pedalare le cose cambiano drasticamente.

In che senso?

Jasper diventa una vera macchina, attentissimo, è quasi un veterano per come si muove nel gruppo e per la concentrazione che ci mette. La nostra generazione non era così pronta a quell’età, si vede che sono più avvezzi già dalle categorie minori.

Com’è il vostro rapporto?

Ottimo, ma dobbiamo ancora entrare in sintonia nei rispettivi ruoli. Mi spiego con un esempio: alla Vuelta, in una delle prime tappe, sono partito lungo per tirarlo fuori dalla lotta, ma lui non mi ha seguito e pensava che volessi fare un’azione personale. Alla sera abbiamo parlato, concordando il da farsi, gli ho detto di seguirmi al momento che ritenevo giusto. Risultato: il giorno dopo ha vinto e per questo quel successo l’ho sentito anche mio.

Modolo Lussemburgo 2021
L’incredulità di Sacha Modolo dopo il suo ritorno alla vittoria al Giro del Lussemburgo, dopo 3 anni di attesa
Modolo Lussemburgo 2021
L’incredulità di Sacha Modolo dopo il suo ritorno alla vittoria al Giro del Lussemburgo, dopo 3 anni di attesa
Come ti trovi a lavorare per lui in questo ambito?

Bene, perché ha tali capacità che ti rendono il compito facile. Anche nelle tirate lunghe resta dietro, ha una forza straordinaria e soprattutto una tranquillità che diventa contagiosa per tutta la squadra. Io dico però che ha ancora grandi margini di miglioramento.

Dove può arrivare secondo te?

Per me non è solo un velocista, ma può andar forte anche su certe classiche con percorsi nervosi, anche perché è uno che sa programmarsi bene: dopo il Tour aveva detto che voleva fare un grande finale di stagione, ha lavorato per quello sin dalla Vuelta è ora nel sta godendo i frutti.

Merlier Philipsen Tour 2021
Merlier e Philipsen dopo la vittoria del primo al Tour. Sarà difficile rivederli nella stessa gara…
Merlier Philipsen Tour 2021
Merlier e Philipsen dopo la vittoria del primo al Tour. Sarà difficile rivederli nella stessa gara…
Tu, dopo la vittoria in Lussemburgo, hai cambiato idea sul tuo futuro?

No, anche se quel successo, in una gara dov’ero tornato a essere il velocista della squadra, mi ha dato la carica. Ho 34 anni, devo essere realista, il ruolo di ultimo uomo è ideale per me. Mi serve solo vivere una stagione senza intoppi, soprattutto d’inverno, potermi preparare come si deve, lavorare in palestra senza problemi. Anche adesso che vado forte, sento che in salita la gamba non è quella che vorrei, faccio troppa fatica. In fin dei conti sono sempre il Modolo che è finito 6° al Giro delle Fiandre…

Torniamo a Philipsen: in casa Alpecin avete anche Tim Merlier, quali sono le differenze tra i due?

Merlier è uno sprinter puro, forse anche più veloce, ma soffre di più sui tracciati duri, per questo dico che Philipsen ha più frecce al suo arco e con l’età e l’esperienza può variare la gamma delle gare a lui congeniali. Al Tour hanno corso insieme, Jasper lavorava per Tim, possono anche convivere in qualche occasione, ma si tratta di due vincenti che vogliono emergere e meritano di farlo, quindi è facile presumere che seguiranno calendari diversi. A tirare le volate meglio che ci pensi io…

Sbaragli, un debuttante con la forza dell’esperienza

29.06.2021
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«Oggi è stata bruttina – diceva ieri Sbaragli – ma tanto lo fa anche lo stress dei corridori. Comunque siamo partiti bene, il morale è alto. Io sono in fase di recupero, spero di riprendermi al meglio nei prossimi giorni. Ho sempre parecchia infiammazione in bocca e un po’ il costato fa male, ma si va avanti…».

Un aereo verso Parigi, poi al mattino dopo in treno per raggiungere Brest. Prima di sapere delle cadute e delle vittorie rutilanti del secondo e terzo giorno nella sua squadra, il Tour di Kristian Sbaragli è iniziato così. Viaggiando in solitudine, in compagnia solo dei propri pensieri, avvicinandosi alla sua prima esperienza nella Grande Boucle rimbalzando continuamente fra mille emozioni, assaporando quella tensione che a momenti è qualcosa di difficilmente sopportabile, subito dopo con il sapore dolce dell’entusiasmo.

A 31 anni il corridore toscano affronta il Tour per la prima volta e non è che di esperienza nei grandi giri non ne abbia: 4 partecipazioni al Giro, 3 alla Vuelta, tutte contraddistinte da un fattore comune, il fatto che ha sempre portato a termine le tre settimane di gara. Una caratteristica che ha convinto i responsabili dell’Alpecin Fenix a inserirlo in squadra e che gli dà sicurezza.

Sbaragli è chiamato a lavorare sin dall’inizio per un team che parte senza i grandi obiettivi di altre squadre: «Non abbiamo un uomo da classifica – racconta – vivremo un po’ alla giornata, innanzitutto per Mathieu Van Der Poel finché sarà in corsa. Sappiamo che l’olandese mollerà prima per trasferirsi a Tokyo e preparare la gara olimpica di Mtb, ma finché sarà qui non lo farà per essere una comparsa. Poi c’è Merlier che punta alle volate, dolori da caduta permettendo…».

Sbaragli 2021
Kristian Sbaragli affronta il suo primo Tour, ma ha già concluso 4 Giri e 3 Vuelta
Sbaragli 2021
Kristian Sbaragli affronta il suo primo Tour, ma ha già concluso 4 Giri e 3 Vuelta
Tu quali compiti avrai?

Io dovrò lavorare per loro, giorno dopo giorno, essere lì soprattutto nei finali di tappa per dare loro sicurezza e risolvere i problemi. La nostra è una squadra giovane, io sono tra quelli più esperti proprio perché, anche se sono al primo Tour, so che cosa significa affrontare una gara di tre settimane.

E cosa significa?

Devi essere forte innanzitutto mentalmente, capire che devi tenere duro e che se arriva una giornata no la devi quasi mettere in preventivo, ma passare subito al giorno successivo. Io ho corso nei grandi Giri con ruoli diversi, li ho affrontati come velocista della squadra o come uomo di appoggio, conosco quindi la pressione che comporta a qualsiasi livello. Lo stress è una brutta bestia e a questo tipo di stress VDP non è abituato, ma ci sarò io.

Come ti sei preparato per il Tour?

Sapevo sin dall’inizio della stagione che sarei stato chiamato in causa per questo evento e la preparazione è stata tutta mirata. Dopo la Campagna delle Ardenne ho recuperato, ho fatto due settimane in altura e poi ho disputato il Giro del Belgio. Non ho corso tantissimo, ma questo mi consente di arrivare all’appuntamento clou ancora fresco

Kristian Sbaragli, Tirreno-Adriatico 2020
Kristian Sbaragli, 31enne di Empoli, è al secondo anno all’Alpecin Fenix. al suo attivo 2 vittorie da pro
Kristian Sbaragli, Tirreno-Adriatico 2020
Kristian Sbaragli, 31enne di Empoli, è al secondo anno all’Alpecin Fenix. al suo attivo 2 vittorie da pro
Che Tour ti aspetti?

La prima settimana sarà una battaglia continua: non essendoci un cronoprologo introduttivo, ogni frazione può essere quella giusta per conquistare la maglia gialla e ad aspirare ad essa sono in tanti, in attesa che escano fuori i grossi calibri.

Sapete già quando VDP mollerà?

Non è stato stabilito in partenza, dipende da come si evolverà la gara, lui sa che servirà essere a Tokyo in anticipo, anche per espletare i giorni necessari di quarantena, ma la sua intenzione è di rimanere in gara il più possibile

Sbaragli sarà al Tour solo come gregario? In fin dei conti un’esperienza vittoriosa alla Vuelta già ce l’hai…

La ricordo bene, quella giornata a Castellon de la Plana nel 2015, eravamo un gruppo di una quarantina di unità, era il giorno prima del riposo e allo sprint battei un nume come Degenkolb: me la godei per un giorno intero… Diciamo che nella seconda parte del Tour potrebbe nascere qualche fuga buona, se capiterà l’occasione non mi tirerò certo indietro.

Sbaragli Vuelta 2015
Sul podio a Castello de la Plana: una vittoria alla Vuelta 2015 che resta la perla della carriera di Sbaragli
Sbaragli Vuelta 2015
Sul podio a Castello de la Plana: una vittoria alla Vuelta 2015 che resta la perla della carriera di Sbaragli
Hai visto l’ultimo Giro d’Italia? Praticamente ogni giorno nasceva una fuga che andava fino al traguardo…

Sì, è stata un’edizione strana, ma non credo che al Tour succederà la stessa cosa. Tanti vogliono vincere le tappe e molte squadre terranno la situazione sotto controllo. Nelle tappe miste la volata non sarà scontata, in quelle di montagna potrà anche nascere qualche fuga giusta se i capitani in lotta per la classifica lasceranno fare, ma ci saranno meno occasioni che al Giro, anche perché in Italia corridori da classiche ce n’erano pochi.

Se l’Alpecin Fenix corre senza velleità di classifica, puoi anche avventurarti in un pronostico da esterno…

Onestamente Roglic e Pogacar sono superiori, noi abbiamo fatto una ricognizione sulle due tappe alpine più dure e sono convinto che lì emergeranno i valori individuali al di là della potenza delle varie squadre. Io dico che quest’anno Roglic non ripeterà gli stessi errori, per me è il favorito.

Il punto con Basso a metà del cammino

29.06.2021
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Nei primi giorni del Giro d’Italia, quando Lorenzo Fortunato era soltanto il numero 115 nell’elenco dei partenti e la Eolo-Kometa faceva fatica a mostrare la sua identità, fra le tante voci che si rincorrevano nel gruppo – peraltro confermate dallo stesso Ivan Basso – c’erano anche quelle per cui si fosse sulle piste di Nibali e Viviani. A distanza di un mese dalla fine della corsa rosa, il punto di vista è cambiato e quella personalità latente è venuta fuori in modo inatteso e importante.

«Avevamo tre step – spiega Basso – e il primo prevedeva in effetti l’innesto di un top rider fra Elia e Vincenzo. Il secondo era continuare nella dimensione attuale, il terzo punto era tenere i gioielli di famiglia e inserire qualche rinforzo. E alla fine abbiamo scelto quest’ultimo, continuando il processo di crescita naturale previsto all’inizio del progetto».

E proprio dall’inizio vogliamo partire con il varesino, avendo vissuto al suo fianco i vari step della nuova squadra, per capire in che modo stiano andando le cose. E anche per parlare della sua voglia di ricreare l’ambiente Liquigas, tirando dentro per il prossimo anno il dottor Corsetti e probabilmente anche un ex compagno di squadra con un ruolo più vicino al marketing. Un punto della situazione dopo i primi mesi di viaggio.

Dopo la vittoria sullo Zoncolan, Fortunato nei 10 anche all’Alpe Motta
Dopo la vittoria sullo Zoncolan, Fortunato nei 10 anche all’Alpe Motta
Insomma, come va?

In proiezione, oltre ogni più rosea aspettativa. Ovvio che le analisi vanno fatte quando le cose vanno male, quando vanno bene e quando vanno più che bene e le abbiamo comunque affrontate. Così come credo che la prima valutazione positiva vada data allo staff coeso che ha messo i corridori nelle condizioni di esprimersi. 

Ecco, i corridori. Tanti dicevano non fossero poi un granché…

Abbiamo iniziato a fare mercato in agosto e abbiamo puntato su ragazzi che per diverse ragioni non si erano ancora espressi. Ma se uno è forte nelle categorie giovanili e poi sparisce, le responsabilità sono da suddividere anche con il contesto in cui si trovava. L’atleta talentuoso difficilmente sparisce. Ma ha bisogno del giusto ambiente.

E torniamo allo staff di poco fa…

Se devo prendermi un merito, è proprio quello di aver messo insieme un gruppo di altissimo livello. L’esperienza di due direttori sportivi come Zanatta e Yates si è vista e la freschezza di Jesus Hernandez ha completato il quadro. E ora la squadra si è rivalutata di parecchio. I corridori ci hanno messo del loro, il gruppo di lavoro li ha supportati.

Nel rilancio (ancora in corso) di Albanese, la mano di Zanatta
Nel rilancio (ancora in corso) di Albanese, la mano di Zanatta
Come va con il grande capo Luca Spada?

Ci assomigliamo, abbiamo lo stesso modo di buttarci nelle cose e Pedranzini, titolare di Kometa, è lo stesso. Spada vive la squadra, come dovrebbero fare i presidenti delle società sportive, per capire in che modo il team possa essere funzionale all’azienda e viceversa. Ha investito. Per la prima volta dai tempi di Pantani, tolta qualche apparizione di Nibali con il turismo delle Marche, un corridore vestito da ciclista è tornato protagonista di uno spot televisivo.

La vittoria ha cambiato la partecipazione di Eolo?

Più che vincere, che ovviamente fa piacere, gli piacciono la progettualità e la costanza. Se vincessimo una corsa e poi sparissimo, non sarebbe una gran cosa. Ma se vinciamo una corsa, siamo protagonisti e poi ne vinciamo un’altra, allora vuol dire che la struttura funziona. E la squadra è andata tanto al di sopra, per cui abbiamo cominciato a pensare al modo migliore per continuare.

Come farete?

Prima cosa, abbiamo scelto di mantenere i talenti migliori. Chiaro che il loro valore sia aumentato e non è neanche servito parlarne tanto con i nostri sponsor, che sanno benissimo che il prezzo di un atleta lo fanno i risultati e il mercato. Dove lo trovi uno scalatore italiano di 25 anni, che vince sullo Zoncolan e sul Grappa e con cui si può pensare di fare una classifica al Giro? Perdere Fortunato significherebbe rinunciare a quella progettualità, per cui siamo vicini a chiudere.

Pensavi che sarebbe sbocciato in questo modo?

Quando è arrivato siamo partiti da zero. Gli ho detto che non credevamo che il suo valore fosse quello che aveva espresso. Gli ho detto quello che mi aspettavo da lui. Lo abbiamo resettato. E i risultati sono venuti.

Il talento a volte si perde anche per l’aspetto psicologico.

Infatti l’allenamento mentale viene prima di tutto il resto, è il primo punto Quando guardi i file dei corridori, a meno che non sei davanti a un lazzarone seriale, hanno sempre numeri buoni. Poi vanno in corsa e non rendono. Il blocco è nella testa. Non puoi essere costantemente 4 chili sopra il peso forma, c’è qualcosa che non va. E’ un corto circuito. Ti sfiduci e si mette in moto un circolo vizioso da cui è difficile venir fuori.

Ottimo Gavazzi, con il secondo posto a Guardia Sanframondi e il ruolo di regista
Ottimo Gavazzi, con il secondo posto a Guardia Sanframondi e il ruolo di regista
Quindi non vedremo grossi nomi?

Vedremo qualche rinforzo, ma nessuno che dia un’accelerazione troppo violenta al gruppo. Non eravamo pronti per supportare uno come Viviani, per fare un esempio. La squadra sarà strutturata allo stesso modo.

E il team under 23?

Ecco, questo è un bel punto e una bella novità. Il team migliorerà: diventerà per metà italiano e per metà spagnolo. Montoli e Piganzoli sono i due fiori all’occhiello. Entrambi hanno fatto la maturità e Piganzoli ugualmente ha fatto un ottimo Giro d’Italia.

Tutto secondo i piani?

Anche meglio. La squadra si è rivalutata di un 30 per cento e faremo di tutto per proseguire così. E poi la stagione non è mica finita…