DMT, l’azienda veronese che produce calzature da 40 anni, crea il nuovo modello KR0, una scarpa che fonde ciò che tutti i ciclisti cercano: comodità e performance. DMT ha realizzato una serie di scarpe che sono diventate simbolo e icona del ciclismo, da quelle tricolore per Elia Viviani nel 2018 a quelle gialle di Pogacar che hanno sfilato sugli Champs Elysées.
Tecnologia Engineered 3D Knit
Da più di 10 anni DMT, nei propri stabilimenti, crea e compone calzature per tutti gli sport con questa tecnologia. Una tomaia cucita con migliaia di filamenti che si intrecciano gli uni con gli altri, dando la sensazione di avvolgere il piede come un calzino.
Il primo modello realizzata con tecnologia Knit esce allo scoperto con Viviani tricolore nel 2018Il primo modello realizzata con tecnologia Knit esce allo scoperto con Viviani tricolore nel 2018
Nel 2017 è iniziato lo studio per portare i materiali e le tecnologie utilizzate tutti i giorni nel mondo dei pedali. Un anno dopo è stata realizzata la prima scarpa in Engineered 3D Knit dedicata al ciclismo. L’ha indossata Elia Viviani, disegnata con il tricolore, in onore della maglia di campione italiano indossata dal veronese.
La nuova KR0
Rappresenta l’apice delle performance e degli studi in casa DMT, migliorando tutte le caratteristiche delle calzature in maglia. La principale sfida era riuscire a connettere un tessuto così morbido con la suola, per permettere un trasferimento di potenza efficace, senza però rinunciare al comfort. La nuova suola realizzata in carbonio SL aumenta l’areazione, per combattere il caldo e la formazione di batteri all’interno della calzatura.
Modello Koral Black, il più vivace della serie
Ecco le KR0 Grey, eleganti e leggere
La versione Black delle KR0 è quella più cattiva
Modello Koral Black, il più vivace della serie
Ecco le KR0 Grey, eleganti e leggere
La versione Black delle KR0 è quella più cattiva
Sistema di chiusura
Parte fondamentale per la scarpa, soprattutto per quelle con una tomaia molto leggera, la doppia chiusura BOA Li2 presente sulle KR0 permette una microregolazione adatta a tutti.
Testata dai migliori
Da questo punto di vista sono stati importanti i test e i dati riportati dai vari atleti del mondo WorldTour che collaborano con il marchio veronese, tra cui appunto, Elia Viviani.
«KR0 è la scarpa più leggera, avvolgente e confortevole che io abbia mai utilizzato – dice il veronese, bronzo a Tokyo – l’utilizzo del Knit nella KR1 era già stata una rivoluzione, ma la KR0 è l’evoluzione, la perfezione. La nuova suola aumenta la rigidità e l’aerazione».
Si contano collaborazioni anche con Eolo-Kometa ed Intermarché Wanty Gobert, mentre nel ciclismo femminile veste i piedi delle atlete del team Alé-BTC, un’incredibile quantità di corridori con cui crescere e far sviluppare le calzature DMT.
La suola in carbonio consente una ventilazione super efficace
Le prese d’aria sotto la suola, ottimamente schermate
Ben evidente la trama del filato con cui è realizzata la tomaia
La suola in carbonio consente una ventilazione super efficace
Le prese d’aria sotto la suola, ottimamente schermate
Ben evidente la trama del filato con cui è realizzata la tomaia
Per tutte le taglie
Le misure disponibili partono dal 37 fino al 46, con anche la disponibilità delle mezze misure. Disponibili anche il 47 ed il 48.
Peso della scarpa, per il numero 42 di 210 grammi.
Disponibile in tre colorazioni: nero, grigio e rosso fiammante
Partita da Trieste la Adriatica Ionica Race. Prima tappa tutta azzurra, nel segno di Dainese, Cimolai e Viviani. Un ottimo auspicio in vista delle Olimpiadi
Rafal Majka ha salutato la Bora per diventare gregario di lusso di Pogacar. Il Tour si vince nella 1ª e nella 3ª settimana. E Tadej gli ricorda Contador
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Il bimbo d’oro ha riattaccato il numero sulla schiena ed è tornato a giocare con la sua Colnago. Lo ha fatto a Plouay con il sorriso sulle labbra e le gambe dure dopo un mese senza correre. Vedere Pogacar chiudere una classica come quella a sei minuti dai primi potrebbe suonare strano, ma il bello dei suoi 22 anni sta soprattutto nella schiettezza con cui spiega le cose.
«Sapevo di non poter avere una grande condizione – ha detto lo sloveno (in apertura alla partenza della gara di Plouay) – perché a casa ho festeggiato il Tour. Ho mollato la bici per una settimana, quindi ho ripreso ad allenarmi gradualmente. Un po’ ho pedalato e un po’ mi sono goduto l’estate».
Ha conquistato il secondo Tour a 22 anni, questa volta dominandolo per due settimaneHa conquistato il secondo Tour a 22 anni, questa volta dominandolo per due settimane
Alla larga dalla fama
In questa sua dimensione di Re Mida che rende d’oro ogni corsa che tocchi, si percepiscono lo stupore e il desiderio di normalità, probabilmente l’unica difesa da una fama che gli è arrivata addosso come un treno.
«La gente mi riconosce – ha detto sabato durante una videoconferenza – ma io non mi ritengo una star dello sport, sono solo un corridore. Sto vivendo il mio sogno, che è fare quello che amo. Corro in bici e mi riesce bene. Ho un grande sostegno dalla mia ragazza, la mia famiglia e i miei amici. Abbiamo trascorso un bel periodo insieme e dopo le corse, è solo questo ciò di cui ho bisogno».
Prima di Plouay, l’ultima corsa erano state le Olimpiadi, corsa senza freni a disco. Alle sue spalle, Damiano CarusoPrima di Plouay, l’ultima corsa erano state le Olimpiadi, corsa senza freni a disco
Obiettivo Giro e Vuelta
La squadra lo ha tolto dal mercato per i prossimi cinque anni, offrendogli un rinnovo principesco fino al 2027 con una clausola rescissoria così alta da provocare le vertigini. In questo panorama di pochi atleti capaci di vincere i grandi Giri, aver messo in cassaforte il talento di Pogacar permetterà a Gianetti e Matxin di costruire un UAE Team Emirates al limite dell’invincibile, se non altro nelle corse in cui potranno schierare il team migliore. Pogacar da parte sua vive tutto con la spensieratezza del ventenne e un esaltante senso di libertà.
«Per mia fortuna – ha detto – posso essere competitivo in tante corse diverse, alcune che ancora non ho mai provato. Voglio mettermi alla prova. Di sicuro mi piacerebbe vincere gli altri grandi Giri, specialmente il Giro e la Vuelta. Mentre per il resto della stagione, staremo a vedere. Andremo avanti di corsa in corsa, cercando di fare bene e di tirare fuori il meglio ogni volta».
Ha ripreso ad allenarsi poco prima di rientrare a Plouay, puntando a un bel finale (foto Instagram)Ha ripreso ad allenarsi poco prima di rientrare a Plouay, puntando a un bel finale (foto Instagram)
Da Trento al Belgio?
Dopo Plouay, il suo programma prevede la partecipazione agli europei di Trento, il cui circuito in salita potrebbe strizzargli l’occhio. Invece non è dato di sapere se Pogacar faccia parte del contingente sloveno per il mondiale, su di un percorso che forse non gli si addice molto. In attesa che la federazione slovena comunichi il nome del nuovo selezionatore (che a detta del nuovo presidente Mardonovic potrebbe essere ancora il dimissionario Hauptman), è difficile pensare che un Pogacar in forma venga lasciato a casa.
«Mi piacerebbe correre i mondiali – fa sapere il diretto interessato – perché indossare la maglia della nazionale è sempre un privilegio».
Ha corso i mondiali di Imola in supporto di Roglic, ma la sua fuga ha fatto tremare il gruppoHa corso i mondiali di Imola in supporto di Roglic, ma la sua fuga ha fatto tremare il gruppo
L’anno scorso arrivò a Imola, su un percorso certamente più duro, per favorire Roglic (e forse sdebitarsi moralmente dopo la beffa del Tour) e per poco non gli riuscì il colpo a sorpresa. Il tracciato di Leuven non è così tenero, se è vero che tra i favoriti vanno inseriti gli uomini del Fiandre. Dipende tutto da lui. Se trova la gamba, anche quel giorno sarà un brutto cliente per Van Aert e compagnia.
Guardando l’albo d’oro del Giro della Lunigiana si capisce subito che per iscrivervi il tuo nome, devi andare davvero forte. Un elenco che è un concentrato di campioni, di corridori che già da “piccoli” hanno fatto vedere che avevano davvero una grande propensione per gli sforzi ripetuti, per le gare a tappe. Uno di loro però resterà unico: Corrado Donadio, vincitore della prima edizione.
La storia racconta che la gara toscana nacque nel 1975 come Giro della Bassa Lunigiana, una due giorni riservata ai dilettanti che vide Donadio, azzurro dell’epoca, conquistare il successo. La gara ebbe molto risalto tanto che la Federazione decise già dall’anno successivo d’inserirla nel calendario nazionale, cambiandole però categoria e facendone quello che poi sarebbe diventato il principale appuntamento a tappe per gli junior. Per questo Donadio resterà un “unicum”…
Un giovanissimo Gilberto Simoni vincitore del Lunigiana nel 1989, davanti a Davide Rebellin e Andrea PeronUn giovanissimo Gilberto Simoni vincitore del Lunigiana nel 1989, davanti a Davide Rebellin e Andrea Peron
Una parata di campioni
Nel corso degli anni la gara organizzata dai dirigenti dell’Unione Sportiva Casano ha raccolto qualcosa come 6 futuri vincitori del Giro d’Italia: Franco Chioccioli, Gilberto Simoni, Danilo Di Luca, Damiano Cunego, Vincenzo Nibali e Tao Geoghegan Hart. Negli ultimi anni la caratteristica maglia verde è “caduta” su spalle nobili come quelle di Tadej Pogacar (2016) e Remco Evenepoel (2018), mentre l’ultimo entrato in quel famoso elenco è Andrea Piccolo, vincitore nel 2019, perché lo scorso anno il Covid ha chiuso ogni porta per la disputa dell’evento.
La parentesi si chiuderà da giovedì prossimo, poi fino a domenica saranno le ruote a parlare. L’edizione 2021 del Giro della Lunigiana si preannuncia apertissima e potete star certi che sarà una palestra frequentata dai campioni del domani. In gara 15 rappresentative regionali italiani e 15 nazionali estere, per un totale di 180 corridori: ogni team potrà schierare infatti solo 6 corridori, il che rende praticamente impossibile gestire la corsa.
Piccolo, a destra, preceduto dal tedesco Brenner nella prima tappa 2019. Il Giro lo vincerà però l’azzurroPiccolo, a destra, preceduto dal tedesco Brenner nella prima tappa 2019. Il Giro lo vincerà però l’azzurro
Quattro giorni intensissimi
Si comincia quindi giovedì con la prima tappa, da Fiumaretta a La Spezia per complessivi 89 km e subito saranno fuochi d’artificio, con ben 4 Gran Premi della Montagna di cui la metà di prima categoria, a Pignone e a Biassa, da dove mancheranno solo una decina di chilometri per il traguardo, facile pensare che la classifica sarà già delineata.
Giro della Lunigiana 2021, 1a tappa, Fiumaretta-La SpeziaGiro della Lunigiana 2021, 1a tappa, Fiumaretta-La Spezia
Il giorno dopo doppio appuntamento, come ormai nel ciclismo professionistico non avviene quasi più. La prima semitappa, di 55 km, va da Lerici a Sarzana, è un lungo viaggio completamente pianeggiante, qui è presumibile un arrivo in volata anche perché, considerando che le fatiche non saranno finite, molti team vorranno concentrare gli sforzi sulla preparazione dello sprint.
Giro della Lunigiana 2021, 2ª tappa (1ªsemitappa: Lerici-Marinella di Sarzana)Giro della Lunigiana 2021, 2ª tappa (1ªsemitappa: Lerici-Marinella di Sarzana)
Lunghezza quasi identica ma caratteristiche completamente diverse per la seconda semitappa: si va da Sarzana a Fosdinovo per 53,6 km, ma l’ultima decina è in salita fino all’arrivo coincidente con il Gpm di prima categoria. Qui ci si giocherà moltissimo in termini di classifica, chissà che qualcuno non voglia però anticipare gli scalatori…
Giro della Lunigiana 2021, 2a tappa, 2a semitappa, Sarzana-FosdinovoGiro della Lunigiana 2021, 2a tappa, 2a semitappa, Sarzana-Fosdinovo
A Fivizzano ci si gioca tutto
Al sabato frazione lunga, 104 km con partenza e arrivo a Fivizzano: una frazione per niente tranquilla… Ben 5 Gran Premi della Montagna e arrivo in salita, lo strappo finale che i concorrenti affronteranno tre volte entrando nel circuito conclusivo.
Giro della Lunigiana 2021, 3a tappa, Fivizzano-FivizzanoGiro della Lunigiana 2021, 3a tappa, Fivizzano-Fivizzano
Chiusura domenicale con la tappa conclusiva di 106 km da Massa a Casano di Luni, anche questa con un circuito finale da affrontare due volte. Probabile che allora la classifica sarà definita, così non fosse c’è spazio per dare battaglia, magari da parte di quelle squadre in credito di risultati.
Giro della Lunigiana 2021, 4a tappa, Massa-Casano di LuniGiro della Lunigiana 2021, 4a tappa, Massa-Casano di Luni
Che cosa attendersi dal Giro della Lunigiana? In chiave italiana sarà interessante capire il rendimento delle generazioni più giovani in una corsa a tappe già impegnativa. Ci lamentiamo spesso della difficoltà del ciclismo nazionale nel trovare nuovi interpreti per i grandi Giri, magari la prossima settimana ne sapremo di più sul futuro a lungo termine in questo dato settore. Anche per questo bici.pro sarà al seguito della carovana, alla ricerca di sorrisi azzurri per guardare al futuro con un po’ di ottimismo in più.
Prologo propone la sella Scratch M5 Space. Si tratta di una versione speciale della Scratch M5, la preferita da Tadej Pogacar. Il termine “Space” identifica infatti tutte le selle caratterizzate da una seduta più ampia e da una maggiore imbottitura, il tutto a vantaggio del comfort. Lo scopo di questa innovazione è agevolare chi ha l’esigenza di pedalare comodamente. La Scratch M5 Space può quindi risultare a buon ragione la scelta ideale per le donne che hanno un bacino più ampio rispetto agli uomini. Oppure semplicemente va bene per chi necessita di una migliore distribuzione del peso. Non a caso è un modello unisex. La sella Scratch M5 Space misura 250 millimetri di lunghezza e 147 di larghezza, con un’imbottitura in schiuma di 5 millimetri superiore rispetto al modello tradizionale.
Lo spazio centrale aperto serve a ridurre la pressione e agevolare la pressione sanguignaLo spazio centrale aperto serve a ridurre la pressione e agevolare la pressione sanguigna
Movimento naturale
Uno degli aspetti più rilevanti è il sistema di seduta MSS- Multi Sector System, realizzato con la collaborazione del Politecnico di Milano. Il sistemagarantisce un comfort elevato e prestazioni ottimali tramite le schiume attive e separate tra loro. Queste creano cinque zone che lavorano ottimamente e in maniera individuale per favorire il normale movimento di pedalata sia in fase di spinta che di trazione. Se prestiamo attenzione alle forme arrotondate della Scratch M5 Space ci rendiamo conto che esse consentono al bacino una rotazione naturale. Offrono in questo modo una migliore stabilità alle aree lombari e una distribuzione equilibrata delle pressioni su una superficie maggiore.
Il telaio realizzato in acciaio per trovare il giusto compromesso tra peso e resistenza agli urtiIl telaio realizzato in acciaio per trovare il giusto compromesso tra peso e resistenza agli urti
Spazio centrale aperto
La realizzazione della Scratch M5 Space prevede anche il sistema PAS (Perineal Area System) ovvero uno spazio centrale aperto studiato per ridurre i picchi di pressione e migliorare la circolazione sanguigna.La forma ergonomica della sella, che rende meno traumatico il contatto nella zona prostatica. Il canale PAS è quindi la soluzione perfetta per quanti amano misurarsi su lunghe e medie distanze senza dover rinunciare al comfort. Il telaio della Scratch M5 Space è realizzato in acciaio Tirox e risulta essere un giusto compromesso tra peso e assorbimento degli urti derivanti dall’asfalto.
Per individuare la misura corretta della sella, Prologo consiglia di rivolgersi a un rivenditore autorizzato. Tramite il sistema fitting Myown egli elaborerà tutte le informazioni necessarie per arrivare ad individuare la sella perfetta.
I giorni passano, ma alcuni temi scaturiti dalle prove olimpiche su strada continuano a rimanere lì nella testa. Riguardando la gara maschile, ad esempio, è rimasta la sensazione che le cose potevano andare diversamente con un diverso approccio psicologico da parte di alcuni big, quando davanti è rimasta la “sporca dozzina” a giocarsi le medaglie. Abbiamo allora convocato Alessandro Ballan, che oltre ad essere l’ultimo campione del mondo in maglia azzurra è uno che le classiche le ha vissute con il cuore, vincendo e/o lottando, identificando due momenti cardine. Il primo è quando Tadej Pogacar ha lanciato la sua offensiva, trovandosi alla ruota McNulty (USA) e Woods (CAN). Lo statunitense è suo compagno all’Uae Team Emirates, eppure non si sono dati un cambio. Collaborare non sarebbe servito a entrambi?
La stessa situazione si è ripresentata poco più avanti, questa volta con protagonisti Alberto Bettiol (nella foto di apertura all’arrivo) e Rigoberto Uran, in gara per nazionali diverse, ma uniti dalla militanza per l’EF Education First. Anche qui la comunione d’intenti poteva aiutare a gestire la situazione? Parola a Ballan: «E’ un discorso interessante, ma non semplice da fare: quando indossi la maglia della nazionale, dimentichi tutto il resto della stagione e corri per essa».
Pogacar a sinistra, McNulty a destra, in mezzo Van Aert: lo sloveno e l’americano avrebbero potuto aiutarsi?Pogacar a sinistra con van Aert all’arrivo: sul Mikuni Pass con McNulty poteva fare il vuoto?
In passato però ci sono stati esempi eclatanti in tal senso: a Sydney 2000 il podio fu tutto Telekom con due tedeschi e un kazako, quindi questi discorsi si facevano…
Il principio di per sé è giusto, tanto più in una gara come l’Olimpiade dove a vincere sono in tre. Dovrebbe venire naturale collaborare con chi è del tuo club perché salire sul podio serve a tutti. Non ci sarebbe neanche bisogno di parlare, però…
Però?
Giudicare da fuori è sempre troppo semplice. Se hai collaborato con colui che è un avversario, puoi avere problemi – sottolinea Ballan – magari non sei più convocato e alla maglia della nazionale tengono tutti tantissimo. Vanno sempre valutate quali erano le strategie singole, certamente però la corsa spesso porta a unire gli sforzi per un intento comune.
Alessandro Ballan e la sua vittoria mondiale a Varese, scaturita all’ultimo giro grazie a un accordo fra azzurriAlessandro Ballan e la sua vittoria mondiale a Varese, scaturita all’ultimo giro grazie a un accordo fra azzurri
Non è però che a volte i corridori faticano a prendere l’iniziativa, quando c’è da improvvisare?
E’ parzialmente vero, si va talmente forte che si fa fatica a ragionare. Quando passai io professionista, non avevo né procuratore né preparatore atletico, oggi i ragazzi che accedono al mondo dorato dei professionisti hanno chi pensa a qualsiasi cosa per loro, quindi questa desuetudine a ragionare per proprio conto c’è ed emerge soprattutto in gare come l’Olimpiade dove le radioline erano vietate. In certe gare però prendere l’iniziativa può essere la scelta decisiva, a me accadde…
Quando?
Proprio al mondiale di Varese: tutta la squadra era votata alla causa di Paolo Bettini, quando ci disse che non aveva la gamba per vincere ci mettemmo d’accordo noi a provare qualcosa a turno nell’ultimo giro, così nacque il mio attacco vittorioso.
Van Vleuten e Van der Breggen (a destra) sul podio della crono olimpica. Il loro strapotere gli si è ritorto contro su stradaVan Vleuten e Van der Breggen (a destra) sul podio della crono. Il loro strapotere gli si è ritorto contro su strada
Un altro tema è scaturito dalla gara femminile, con le olandesi sconfitte. La cittì aveva detto alla vigilia di aver costruito un Dream Team, ma la gara ha dimostrato che non basta mettere insieme i corridori, soprattutto se hanno tutte le stesse caratteristiche e nessuna si vuole sacrificare per le altre…
La gara femminile ha dimostrato innanzitutto che il bello del ciclismo resta il fatto che non è mai scontato e che può vincere anche una che nessuno aveva considerato. Io mi sono trovato a commentare gli europei dello scorso anno e mi accorsi della tattica sconsiderata della nazionale olandese. Vinsero l’oro con la Van Vleuten, ma corsero malissimo, ognuna per sé, con attacchi sconsiderati che mandavano in crisi le proprie compagne di squadra. Quando hai molti galli nel pollaio, non sai mai chi prima scatta, ognuna cerca la vittoria. Se scegli di avere più leader è difficile creare un gioco di squadra.
D’accordo, ma allora non sarebbe stato meglio puntare su due leader, mettendo però a loro disposizione altre due atlete pronte a sostenerle mettendo da parte le proprie ambizioni?
Sicuramente, ma sarebbe stata una scelta coraggiosa e molto difficile da fare. In questo caso la mancanza di un rapporto diretto tramite la radiolina ha penalizzato non poco le olandesi. Ognuna faceva quel che voleva, sarebbe servita una voce autorevole che richiamava la squadra all’ordine quando si è capito che la fuga non si riprendeva senza un vero impegno. Certe volte le direttive esterne servono…
Il Tour de France è finito da un decina di giorni. E una corsa del genere porta con sé una bella coda di bilanci e valutazioni. Ma le Olimpiadi hanno troncato in modo netto la Grande Boucle. Noi però ci ritorniamo e lo facciamo con uno dei pochi italiani protagonisti in Francia, Davide Formolo. “Roccia” per la prima volta ha potuto svolgere il ruolo di gregario di lusso, visto che l’anno scorso era stato costretto al ritiro. Adesso il veronese è in vacanza. E’ a casa ma si sta riposando. Il goal di fine stagione è il Giro di Lombardia, ma ripartirà dal Giro di Germania a fine agosto (dal 26 al 29).
Con Pogacar una grande amicizia. Ecco l’abbraccio mentre tagliano il traguardo sui Campi ElisiCon Pogacar una grande amicizia. Ecco l’abbraccio mentre tagliano il traguardo sui Campi Elisi
Davide, dicevamo per la prima volta finalmente hai potuto svolgere il ruolo di cui spesso abbiamo parlato: il gregario di lusso. Come è andata? Che impressioni hai avuto?
Per me è si tratta di una nuova dimensione. Bello. Ma quando hai un rapporto di amicizia con il tuo capitano ancor prima che un rapporto di lavoro tutto è più facile. Mi piace davvero molto. E’ un amico quello che fai vincere.
E sul piano tecnico? Parliamo dello stare in gruppo, del correre in un certo modo “con un occhio avanti e uno dietro”, cosa ci dici?
Sicuramente è stato diverso il modo di correre, rispetto a quando lo facevo per me. Io ho fatto anche il capitano nei grandi Giri e so cosa vuole il leader e così cerco di assecondarlo. Sì, si pedala anche con un occhio dietro: anche perché se resto davanti io e non c’è il mio capitano serve a poco. Io devo guardare anche per lui.
C’è stato un qualcosa più difficile del previsto?
Di difficile c’è stata la gestione dello stress nell’ultima settimana. Tutti ci davano già vincitori, ma ancora poteva succedere qualsiasi cosa: una caduta, un problema meccanico… e vanificare tutto. Sarebbe stato un vero peccato. Lì ammetto che è stato stressante, per me. Ero più teso per le tappe di pianura che per quelle di salita. Sapevamo che Pogacar in salita stava bene, che aveva le gambe, che era il più forte e anche in caso di un piccolo errore ci si poteva salvare.
Formolo e Rui Costa erano i registi in gara per la Uae. Lo si nota anche nella foto di apertura con Formolo che controllaFormolo e Rui Costa erano i registi in gara per la Uae. Lo si nota anche nella foto di apertura con Formolo che controlla
E un qualcosa di più facile?
Bella domanda. La forza di Pogacar. Tutti sapevano che era il più forte, ma non totalmente di un altro livello.
Spesso la Uae (a volte anche in modo infondato come abbiamo scritto, ndr) è stata criticata: come avete vissuto certi giudizi?
Quando parti per vincere il Tour e hai il corridore più forte in squadra è quasi scontato che arrivino delle critiche. Siamo sempre rimasti concentrati sui noi stessi, sui nostri obiettivi e ognuno ha dato il 110%. E poi sapete…
Cosa?
Hirschi ha corso dieci giorni con una spalla lussata. Non è andato a casa, pensando che sarebbe migliorato nel corso delle tappe. Majka aveva due costole rotte. E’ vero siamo mancati un po’ nella tappa di Andorra, ma io nella seconda settimana sono stato male. Ho avuto la gastroenterite e ho preso degli antibiotici. E McNulty era caduto pochi giorni prima. Altri team sono stati sfortunati con i propri capitani nella prima settimana, noi lo siamo stati con i gregari. Alla fine però siamo sempre riusciti a fare la corsa che volevamo, a mettere il capitano nella posizione giusta quando voleva vincere o quando voleva prendere le salite in un certo modo.
Davide Formolo tira in salita: un gregario di lusso per lo slovenoDavide Formolo tira in salita: un gregario di lusso per lo sloveno
Prima hai parlato di stress, della pressione che hai sentito nell’ultima settimana. E’ stato così anche per Pogacar?
Il bello di correre con Tadej è che lui lo stress non sa cosa sia. Al Tour o a “Poggio la Cavalla” non fa differenza dove siamo. E nelle riunioni lo ripetevamo sempre: ragazzi non dobbiamo dimostrare niente a nessuno. Lo facciamo perché lo vogliamo noi. Eravamo abbastanza spensierati.
Questo Tour cambierà qualcosa nel tuo futuro?
Come ho detto in passato, mi piacerebbe fare bene nelle classiche per ottenere qualche risultato personale e affiancare poi Tadej nei suoi obiettivi.
Ma Pogacar stesso non potrebbe essere un ostacolo per te? Magari lui può fagocitare tutto…
Noi siamo amici, sia noi due che con tutti gli altri. Da gennaio a luglio io e Pogacar, a parte la mia parentesi del Giro, siamo sempre stati insieme nei ritiri e nelle gare. Ho passato più tempo con lui e con i ragazzi che con la famiglia. Inoltre Tadej non cerca attenzioni personali e se può aiutare lo fa volentieri. Pensate che alla Sanremo mi fa: il prossimo anno Roccia, io meno forte sulla Cipressa e tu scatti sul Poggio.
La lenticolare Bora Ultra TT dal lato della cassetta
E questo invece è il lato opposto: nella versione per tubolare pesa 864 grammi
La lenticolare Bora Ultra TT dal lato della cassetta
E questo invece è il lato opposto: nella versione per tubolare pesa 864 grammi
Posteriore lenticolare
Campagnolo, che fornisce ruote e gruppi al UAE Team Emirates, è da sempre attenta ai dettagli. Così per le ruote lenticolari, nonostante il grande dislivello e i continui saliscendi, le nuove Bora Ultra TT di Campagnolo forniscono un’elevata resistenza all’aria con un guadagno di peso di ben 111 grammi. Una differenza notevole se si pensa al fatto che un guadagno di peso sulla massa rotante influisce di più rispetto allo stesso su una parte differente della bicicletta. Il prezzo di questa ruota lenticolare è di 3.433 euro.
All’anteriore è previsto l’uso della Bora WTO 77
Mozzo a 16 raggi per la ruota da 77 millimetri
Si potrebbe usare anche un profilo maggiore, ma si perderebbe in guidabilità
La Bora WTO 77 ha il canale largoe pesa 755 grammi
All’anteriore è previsto l’uso della Bora WTO 77
Mozzo a 16 raggi per la ruota da 77 millimetri
Si potrebbe usare anche un profilo maggiore, ma si perderebbe in guidabilità
La Bora WTO 77 ha il canale largoe pesa 755 grammi
Anteriore da 77
La ruota anteriore per Tadej sarà la Bora WTO 77 di Campagnolo, un profilo da 77 millimetri che permette il distacco del flusso d’aria. Con questa scelta tecnica si garantisce una maggiore velocità al corridore, il suo design studiato nei minimi dettagli permette di mantenere un livello di guidabilità del mezzo estremamente elevato.
Nonostante i tanti metri da scalare Campagnolo ha escluso l’utilizzo di ruote con un profilo minore, i tratti in salita, infatti, sono per lo più dolci. La ruota è in vendita al prezzo di 2.114 euro.
Al Tour de France, Pogacar a crono ha usato pneumatici da 25 (foto Campagnolo-Getty Images)Al Tour de France, Pogacar a crono ha usato pneumatici da 25 (foto Campagnolo-Getty Images)
Occhio ai pneumatici
Altro dettaglio da non sottovalutare, la scelta di Campagnolo per il suo pupillo è presto fatta, coperture da 25 millimetri. Questo tipo di pneumatici rendono il sistema cerchio-copertura un tutt’uno.
E’ stato studiato come questa misura di copertoncino abbassi al minimo la resistenza da rotolamento grazie alla sua minor flessione.
Entriamo nel dettaglio della bici da crono del Team UAE-Emirates, ovvero della nuova Colnago TT1. Purtroppo non la vedremo sfrecciare con Almeida, i motivi ormai li conosciamo, ma vale la pena entrare nel dettaglio della bicicletta
Con Garzelli commentiamo il gran finale dell'UAE Tour sulla salita di Jebel Hafeet, dove per il terzo anno si è consumato lo stesso epilogo tra Pogacar e Adam Yate
Un podio regale per la corsa ai cinque cerchi. Con una cornice da favola come quella del Monte Fuji, che ha fatto capolino tra le nuvole proprio al termine della sfida olimpica, non poteva non essere una gara da ricordare. Non lo è stato, ahinoi, per l’Italia, ma per Richard Carapaz che si è goduto il primo boato dei Giochi di Tokyo 2020.
All’autodromo Fuji Speedway, infatti, le porte erano aperte per gli spettatori giapponesi, che hanno popolato le tribune del rettilineo finale, per gustarsi la seconda medaglia d’oro di sempre dell’Ecuador (la prima nel ciclismo) grazie all’acuto della Locomotiva del Charchi.
L’arrivo di Carapaz fra il pubblico: l’oro olimpico è il suo. Ecuador in festaL’arrivo di Carapaz fra il pubblico: l’oro olimpico è il suo. Ecuador in festa
Carapaz nella storia
Ecco la sua emozione, una volta che se l’è messa al collo: «È stata una giornata un po’ pazza. Una corsa dura, io ho avuto pazienza e aspettato il mio momento, poi ho trovato sulla mia strada un buon compagno di fuga (lo statunitense McNulty, ndr) e le gambe dei giorni migliori. Quando siamo arrivati ad avere 20” di vantaggio sugli inseguitori, sapevamo che erano in ballo le medaglie così ho dato il massimo. Una volta entrato nell’autodromo non mi sono mai voltato. C’erano tanti corridori buoni dietro, quindi ho pensato solo ad andare a tutta. In Ecuador saranno impazziti». Una festa destinata ad echeggiare fino al suo ritorno il patria.
E una festa che è già iniziata, almeno sui social. Il presidente dell’Ecuador, Guillermo Lasso, si è subito complimentato su Twitter esprimendo un senso di grande orgoglio. E anche le altre zone ecuadoriane lo hanno fatto: dal Charchi (la sua provincia) al Macará, dalle Ande all’Amazzonia e persino alle Galápagos.
Van Aert è stato colui che più di tutti ha lavorato per chiudere su Carapaz e McNultyIl belga Van Aert ha lavorato più di tutti per chiudere su Carapaz e McNulty
Van Aert, ancora secondo
Al traguardo della prova in linea, situato nella prefettura di Shizuoka, si è respirata finalmente aria olimpica, dopo giorni in cui il pubblico era stato costretto a vedere le competizioni solamente in tv. In questa zona, infatti, il numero di contagi è decisamente più basso rispetto all’area di Tokyo e così si sono potute aprire le porte agli spettatori locali. Sorrisi nascosti dalle mascherine, bambini che corrono felici nel lungo corridoio antistante alle tribune: immagini che restituiscono uno sprazzo di normalità in questa situazione d’incertezza che ormai ci avvolge da più di un anno e mezzo. Un regalo del ciclismo all’Olimpiade.
Applausi per tutti, anche per i corridori più attardati, anche a meritare le urla più calorose, insieme, al trionfatore in solitaria, sono stati altri due grandi protagonisti del Tour de France, che si sono dati battaglia fino all’ultimo millimetro, a suon di colpi di reni. A spuntarla è stato il belga Wout Van Aert, arrabbiatissimo al traguardo per un altro argento proprio come lo scorso anno al Mondiale vinto da Julian Alaphilippe.
«Corro sempre per vincere – ha detto il belga – ma sono molto più felice che a Imola. Ho sempre un argento al collo, ma una medaglia olimpica ha un peso decisamente più importante di una mondiale. Oggi ho trovato sulla mia strada un ragazzo più forte, io ho fatto del mio meglio, fino allo sprint finale».
Ci riproverà tra tre anni a Parigi, qualunque sarà il percorso, considerata la sua poliedricità. D’altronde, Wout ha già dimostrato che la capitale francese e i suoi Campi Elisi gli piacciono proprio. Prima però l’attende la prova contro le lancette: «Per mercoledì penso di avere buone possibilità. Dopo il Tour de France, ho recuperato, mi sono adattato al fuso orario e al caldo, quindi anche nella prova contro il tempo punto al massimo risultato possibile». Top Ganna è avvisato.
Al termine della volata, Pogacar allunga il braccio verso Van Aert (che risponde all’abbraccio). Sono stati i più attiviAl termine della volata, Pogacar allunga il braccio verso Van Aert (che risponde all’abbraccio). Sono stati i più attivi
Dal giallo al bronzo
Si è arreso al fotofinish, ma era contento del bronzo conquistato, invece, il padrone degli ultimi due Tour, Tadej Pogacar. L’incredibile sloveno ha corso come sempre all’attacco, dando spettacolo ed è stato ripagato, dimostrando di essere sempre più anche un uomo da corse di un giorno.
«Sono felicissimo per il terzo il posto – ha detto Pogacar – perché ho dato il massimo. Sono super, super contento di essere stato in grado di salire sul podio dei Giochi Olimpici. Ho attaccato da lontano perché mi sentivo bene, sono scattato senza pensarci troppo e un attimo dopo mi sono pentito. Ho pensato: ma quando finisce questa salita? Ad ogni modo non ho rimpianti, con il mio forcing ho selezionato il gruppo dei migliori con cui me la sono giocata fino alla fine, quindi va bene così».
Tre giorni dopo la fine del Tour, mentre Pogacar aveva appena messo piede sul suolo giapponese per la sfida delle Olimpiadi, le bici della conquista francese varcavano nuovamente i cancelli di Cambiago da cui erano partite circa un mese prima. Che cosa rappresenti per Colnago la conquista di quel simbolo giallo è il motivo della nostra visita, in un misto di curiosità professionale e stupore infantile nella fabbrica dei balocchi. E così, in una mattina torrida come ogni santo giorno da qualche settimana a questa parte, anche noi abbiamo varcato quell’uscio di metallo che immette direttamente nell’officina dell’azienda lombarda.
Ad accoglierci, Alessandro Turci, che da anni lavora in Colnago nel settore delle comunicazioni, e il Brand Manager Alessandro Colnago. Manolo Bertocchi, Direttore Marketing dell’azienda, arriva con un fantastico cappellino da ciclista ben calzato sul capo, mentre poco più tardi ci raggiungerà Nicola Rosin, il nuovo Amministratore Delegato.
Le tre bici di Tadej
La possibilità di… giocare con le tre bici rientrate da Parigi è un privilegio cui non rinunciamo, per cui la prima parte della visita se ne va toccandole, inquadrandole, respirandole, ammirandone i dettagli. Sono tre V3Rs, la bici con cui stanno correndo tutti i corridori del Team Uae Emirates, di cui vi abbiamo già raccontato in varie occasioni, anche chiedendo un parere a Matteo Trentin che l’ha usata e la userà ancora per le battaglie d’un giorno. Ma queste portano i colori delle maglie del Tour indossate dal principe sloveno. La bianca, la gialla e quella a pois, realizzata ma mai utilizzata a causa della sovrapposizione dei primati.
Nell’officina, in un angolo dedicato, stanno prendendo forma invece le V3Rs ufficiali del Tour, nere, gialle e con le grafiche della Grande Boucle. Pare che appena sia uscita la news che le annunciava, le prenotazioni siano esplose. Ne saranno realizzate soltanto 108, avrebbero potute farne ben di più.
Poche ore dopo la fine del Tour a Parigi, lo sloveno era sulla via di TokyoPoche ore dopo la fine del Tour a Parigi, lo sloveno era sulla via di Tokyo
Progetti e scaramanzie
Questa volta era tutto pronto. La previsione che Pogacar potesse farlo ancora era nell’aria, di conseguenza Colnago ha chiesto uno sforzo ai partner tecnici affinché fornissero i loro componenti per allestire bici con livree diverse. Anche per mettere in produzione la V3Rs Capsule Collection, la raccolta delle tre bici che abbiamo avuto il piacere di incontrare venendo in azienda e che saranno in vendita per i tifosi del campione sloveno, prodotte prima ma svelate soltanto a fine Tour: non poteva essere altrimenti.
L’Amministratore Delegato si chiama Nicola Rosin
Manolo Bertocchi è uno dei dirigenti incaricati della ristrutturazione del marchio Colnago
L’Amministratore Delegato si chiama Nicola Rosin
Manolo Bertocchi è uno dei dirigenti incaricati della ristrutturazione del marchio Colnago
«L’anno scorso – dice Bertocchi – la vittoria fu inaspettata. Noi non c’eravamo ancora, ma il fatto che Tadej prese la maglia alla fine, nell’ultima crono, impedì di studiare chissà quali strategie. Quest’anno dopo la prima settimana invece si è capita l’aria e abbiamo iniziato a programmare le nostre strategie, pur facendo le dovute scaramanzie. Se al posto di Roglic fosse caduto Tadej, saremmo qui a parlare di niente. E volendo fare un’annotazione su di lui, è incredibile quanto fosse calmo, nonostante avesse vinto il Tour. Era lui che versava da bere agli altri. Avendo vissuto gli anni di Armstrong e dei suoi comportamenti, Pogacar è davvero un altro mondo».
Ecco la bici bianca che Pogacar ha usato quando indossava la maglia di miglior giovane
La bici a pois è stata fatta, ma alla fine Pogacar non l’ha mai usata
Ecco la bici bianca che Pogacar ha usato quando indossava la maglia di miglior giovane
La bici a pois è stata fatta, ma alla fine Pogacar non l’ha mai usata
Un ciclo di interesse
Rosin entra e viene a sedersi. Proviene dal mondo delle selle, la sua nomina in Colnago circolava, ma è stata a lungo tenuta riservata, in quella fase di acquisizione dell’azienda a parte del Fondo Chimera, per evitare speculazioni e permettere alla nuova dirigenza di entrare bene nel ruolo. Nei primi minuti osserva, lascia parlare, poi si unisce al discorso con il piglio del dirigente e la passione del tifoso che anima o dovrebbe animare chiunque faccia parte di questo mondo fantastico che è il ciclismo.
«Vincere il Tour – dice – avrà una ricaduta importante, anche se almeno per i prossimi 12 mesi il business sarà limitato dal Covid. Questo non ci impedirà di mettere in atto strategie di branding, perché ci siamo resi conto che questo personaggio acqua e sapone piace e costituisce un trend molto interessante. La stagione finora è veramente piaciuta a tutti. C’è gente che è tornata a seguire le corse grazie a questi giovani portentosi. Io per primo, che magari prima seguivo nelle occasioni principali, mi sono ritrovato a segnarmi gli orari della Tirreno-Adriatico, per osservarli all’opera. Si è aperto un ciclo di interesse e noi siamo avvantaggiati».
La Colnago gialla con il numero uno che ha corso fino a Parigi
La V3Rs è la bici “titolare” dei corridori del Team Uae Emirates
Ruote Campagnolo e coperture Vittoria Corsa
Gialli anche i pedali Look Keo Blade Carbon
E’ italiano anche il manubrio, il nuovo Alanera di Deda Elementi
La Colnago gialla con il numero uno che ha corso fino a Parigi
E’ italiano anche il manubrio, il nuovo Alanera di Deda Elementi
Ruote Campagnolo e coperture Vittoria Corsa
La V3Rs è la bici “titolare” dei corridori del Team Uae Emirates
Gialli anche i pedali Look Keo Blade Carbon
Made in Italy, ecco come
Con Manolo si era già parlato di quanto si volesse far passare il concetto di biciclette Made in Italy, ma ora il passo è ulteriore: «C’è tanta Italia in queste biciclette – dice – la visione del progetto è italiana al 100 per cento e non starei a parlare di rivincita del Made in Italy, semmai di riaffermazione. E quando da dicembre vedranno la luce i nuovi prodotti, si vedrà quello di cui parliamo da un po’».
Il concetto viene ripreso da Rosin, con un’annotazione che spazza via provvidenzialmente un certo modo di fare affari e apre la porta sul nuovo che necessariamente avanza.
«Siamo in un business molto esigente – dice – in cui il prodotto deve essere di alta qualità. Ci sono stati anni in cui in nome del Made in Italy sono state vendute produzioni che non ne erano assolutamente all’altezza. Il tempo dello “story telling” è stato sostituito dalla necessità dello “story being”: più sostanza che forma. E sopra all’alta qualità, ci appoggiamo il fatto che sia Made in Italy. E a quel punto queste tre parole assumono il significato di un lusso aggiunto».
In produzione le 108 Colnago ufficiali del Tour de France
Si tradda anche qui di una V3Rs, griffata con i colori del Tour
In produzione le 108 Colnago ufficiali del Tour de France
Si tradda anche qui di una V3Rs, griffata con i colori del Tour
Ricerca di verità
La chiusura è con Manolo Bertocchi, che ribadisce parole che sentirete anche nella video intervista di Rosin: la ricerca di verità.
«Dobbiamo raccontare le cose come stanno – dice – far capire che è nato tutto fra queste mura. I prodotti di Cambiago sono studiati e realizzati o assemblati a Cambiago. Questo Tour e ogni altra conquista sono il frutto del lavoro di tutti, dalla segretaria che risponde al telefono per finire sul gradino più alto del podio di Parigi con Pogacar. Per questo ieri sera siamo stati a cena tutti insieme. C’erano tutti gli uomini della Colnago. Il Tour lo abbiamo vinto tutti. Tutti abbiamo fatto i salti mortali. E quella bici gialla, che è proprio quella di Parigi, alla fine della stagione andrà a casa di Tadej. E’ giusto che alla fine un pezzetto di questa storia rimanga con lui per sempre».