Ultima crono, stessi nomi di Hautacam. Malori ragiona…

23.07.2022
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Van Aert. Vingegaard. Pogacar. Thomas. E poi Ganna. Riepilogando: il fenomeno in maglia verde, i primi tre del podio (con la maglia gialla che ha frenato per lasciar vincere il compagno), infine lo specialista più forte del mondo. La crono di oggi ha ribadito una serie di cose, fra cui il fatto che Pogacar non avrebbe potuto recuperare nulla a Vingegaard.

Nell’ultima crono di un Grande Giro si paga il conto delle forze residue, soprattutto se corsa su strade così tecniche e poco filanti. Pertanto la nostra voglia infinita di applaudire la vittoria di Ganna si è infranta su un ordine di arrivo che, certo con posizioni non identiche, ha riproposto gli stessi quattro nomi di due giorni fa a Hautacam.

Van Aert era il vincitore naturale della crono: il più pronosticato
Van Aert era il vincitore naturale della crono: il più pronosticato

Ne abbiamo ragionato con Adriano Malori, che giorni fa su Facebook aveva proposto un’interessante rilettura delle crisi di Pogacar e delle striature di sudore che rigano quotidianamente i suoi pantaloncini.

Che cosa ti è parso di questa crono?

Ha ribadito i valori generali. I due Jumbo una spanna sopra agli altri. Pogacar il solito lottatore. Un grande Geraint Thomas che è tornato finalmente ai livelli che gli competono. E un Pippo Ganna sotto tono come si è visto dall’inizio del Tour. In questa crono si è visto chi ha recuperato meglio durante le tre settimane. Era una crono dispendiosa, dove bisognava rilanciare, fare attenzione alle curve. I primi tre sono quelli che sono stati meglio nella terza settimana.

La posizione a crono di Vingegaard non è delle più belle, ma redditizia
La posizione a crono di Vingegaard non è delle più belle, ma redditizia
Era pensabile quindi che Vingegaard andasse così forte?

Vingegaard ha rallentato per far vincere Van Aert, sennò avrebbe vinto anche la crono. Penso che per come va a crono e in salita, si sia aperto un bel dualismo con Pogacar per i prossimi anni.

Il Vingegaard cronoman?

E’ messo malissimo sulla bicicletta da cronometro, per quello è palese che oggi contavano le gambe. Poi attenzione, parliamo di un fisichino da scalatore estremo, non come Pogacar che, per quanto forte in salita, non ha un fisico da scalatore. Ho visto una foto mentre Vingegaard era senza maglietta a defaticare dopo la tappa ed è uno scheletro. Non ha muscoli sulle spalle, non ha tricipiti… Può darsi che mettendolo con le braccia a 90 gradi che gli caricano di più le spalle, stia scomodo.

Pochi muscoli nel tronco, pochi sulle spalle: una posizione più estrema sarebbe dura da sopportare
Pochi muscoli nel tronco, pochi sulle spalle: una posizione più estrema sarebbe dura da sopportare
In effetti non ha un assetto da manuale…

Ho visto che ha una posizione molto simile alla bici da strada, per come usa le gambe. Abbastanza comoda, se vogliamo. Lui sicuramente è partito con l’ottica di vincere il Tour, quindi la posizione è stata curata. Perciò, allo stesso modo in cui diciamo spesso che la posizione da crono fa stare il corridore scomodo, magari hanno visto che per lui la posizione più aerodinamica è troppo estrema. E ne hanno scelta una più vantaggiosa per lui a livello fisico. In questa crono mollavi spesso la posizione bassa, rilanciavi, l’aerodinamica non era così importante come nel classico piattone della pianura francese, con 3 curve e il paesino. La posizione scomoda compromette anche il giorno dopo. Quando ragioni su un uomo di classifica, devi considerare anche quello.

Ganna invece era messo benissimo, ma…

Pippo è dalla Danimarca che non lo vediamo brillante. Al Delfinato, se Van Aert si fosse gestito meglio, lo avrebbe battuto. Ha rinunciato al Record dell’Ora ad agosto, quindi forse ha un momento che può capitare, in cui qualcosa non va. Da quando si è presentato al grande pubblico, le cronometro le ha sempre dominate. Un anno che magari fatichi a trovare la miglior condizione può capitare.

Thomas ha ritrovato la condizione e il posto in gruppo che gli si addice
Thomas ha ritrovato la condizione e il posto in gruppo che gli si addice
Pensi che non stesse bene?

Che sia un po’ sotto tono lo ho visto anche l’altro giorno quando era in fuga con Geschke. Era palesemente in difficoltà e si è rialzato, mentre il tedesco è rimasto in fuga. Un Pippo Ganna su un percorso del genere si sarebbe portato Geschke a spasso. Può darsi che la caduta del secondo giorno abbia compromesso qualcosa e non è stato dichiarato. Sicuramente ha avuto qualche problema che gli ha tolto un po’ di cavalli in queste due settimane. O semplicemente è la prima volta che si trova a correre con il caldo del Tour e non ha recuperato. Abbiamo visto tanti corridori più esperti crollare, da Soler a Morkov.

Ci si poteva aspettare invece la vittoria di Van Aert?

E’ quello che ha dominato l’ultima settimana, pure ieri ha fatto il bello e il cattivo tempo. E’ attualmente il corridore più forte al mondo, perché è in grado di spostare gli equilibri da solo. Ieri se avesse vinto, prendeva maglia a pois e maglia verde.

Pogacar si è buttato nella crono come un lottatore, ma sono mancate le gambe
Pogacar si è buttato nella crono come un lottatore, ma sono mancate le gambe
Infatti già lo tirano per la manica perché faccia classifica…

Ma fare classifica richiede un altro sforzo mentale. Van Aert per forte che andasse, correva libero mentalmente. Una volta andava in fuga, una volta ha fatto gruppetto. E’ un altro vivere dal dover stare lì tutto il giorno e tutti i giorni e non aver mai un giorno di crisi. E poi è così forte in questo modo, che non avrebbe senso trasformarsi. Questo è andato a un passo dal vincere a Hautacam e l’anno prossimo magari ti vince la Roubaix. Chi glielo fa fare di snaturarsi per fare nono al Tour de France? 

Torniamo al discorso su Pogacar che suda troppo?

Pogacar soffre il caldo. I segni bianchi sui pantaloncini sono il segno di un corpo che perde tanti sali di suo. Vingegaard ha pure i pantaloncini neri, ma non ha quei segni. Nei giorni in cui è stato staccato, la prima cosa che faceva Pogacar era aprirsi la maglietta. E’ il primo segnale di una persona che ha caldo. Nelle prime tappe al Nord sembrava che il Tour fosse finito. A la Planche des Belles Filles, era caldo, ma la salita era corta e ha vinto. Poi di colpo è crollato, lui soffre il caldo. E non dipende da quanto bevi con un caldo così. Prendere i sali, il magnesio… Se uno soffre il caldo, lo soffre e basta. Penso che il problema sia lì. Come pure penso che l’anno prossimo per battere Pogacar ci sarà da sparargli…

Come mai?

Perché anche se è molto bravo a fare la bella faccia, è sorridente ed è un signore, sicuramente gli morde dentro aver perso di tre minuti il Tour. Lo ha perso nettamente. Ad Hautacam si è fatto staccare da Van Aert. Per lui è sicuramente una grossa lezione. Se andrà alla Vuelta, il secondo prende dieci minuti…

Pozzovivo verso la Vuelta con una teoria su Pogacar

23.07.2022
6 min
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«Alla fine Pogacar ha avuto ragione – sorride Pozzovivo – a voler guadagnare su ogni traguardo all’inizio del Tour. Senza il passaggio a vuoto del Granon, visto che non ha mai staccato Vingegaard, quei secondi sarebbero stati il suo gruzzolo prima della crono».

La caduta di Hautacam e il distacco subìto sono stati la conseguenza del dover rincorrere e contano fino a un certo punto. Dal Covid allo Stelvio e poi dallo Stelvio all’Etna, la calda estate di Domenico Pozzovivo prevede ora San Sebastian e la Vuelta. Ma prima la sua lettura sulla sfida del Tour offre nuovi spunti.

Subito dopo la fine dello Svizzera, tornando a casa, ha riconosciuto i sintomi del Covid (foto IWG)
Subito dopo la fine dello Svizzera, tornando a casa, ecco i sintomi del Covid (foto IWG)

Demolito dal Covid

Lo scalatore lucano è uscito dal Giro di Svizzera con il nono posto ed ha avuto appena il tempo di tornare a casa, per iniziare a riconoscere i primi sintomi. Gli stessi che pochi giorni dopo ha manifestato sua moglie Valentina. E se nel caso del primo contagio di aprile dopo il Giro di Sicilia le cose erano filate lisce, risolvendosi in pochi giorni, questa volta la botta è arrivata più forte.

«Mi ha proprio demolito – sorride amaramente Domenico – e mi ha costretto a saltare il campionato italiano. Mi è dispiaciuto perché si correva al Sud. Ho aspettato che passasse. Ho fatto tutte le visite mediche per il ritorno all’attività. E poi sono andato sullo Stelvio. So che i miei compagni erano a Livigno, anche Petilli e Rota, ma a me quella zona non piace. Vado sullo Stelvio e mi alleno spesso verso la Val Venosta. Non li ho mai nemmeno incontrati».

Al Giro di Svizzera ha chiuso all’8° posto la tappa di Malbun, salendo provvisoriamente al 5° posto nella generale (foto IWG)
In Svizzera ha chiuso 8° la tappa di Malbun, salendo provvisoriamente al 5° posto (foto IWG)
Come stai adesso?

Ho sensazioni altalenanti, non sono il solito Domenico. Spero che tra San Sebastian e prima della Vuelta vada tutto a posto. Andrò in Spagna per fare classifica, con le stesse motivazioni del Giro. Una diversa cornice, farà caldo e a me piace. Anche se non possiamo proprio lamentarci del meteo trovato quest’anno in Italia.

Nella diretta con Bernal di qualche giorno fa, con Nibali e Lello Ferrara, si ironizzava sulle tue abilità a cronometro…

Dimenticando quando feci meglio di Cancellara proprio alla Vuelta (sorride, ndr). Quest’anno purtroppo la bici mi penalizza, perché sono arrivato tardi in squadra e non ho avuto modo di fare i test necessari. Fare le crono mi piace e penso che siano in piccolo anche una mia abilità. Per cui in questo ciclismo così livellato e attento ai dettagli, è un peccato non averci potuto lavorare. Già dopo il Lombardia inizieremo con i test.

Il 2022 è un piccolo stop sullo sviluppo della bici da crono: arrivato tardi nel team, è mancato il tempo
Il 2022 è un piccolo stop sullo sviluppo della bici da crono: arrivato tardi nel team, è mancato il tempo
Sei arrivato per ultimo in squadra e come va?

La Intermarché-Wanty-Gobert è stata una piacevole sorpresa per il livello tenuto in tutta la stagione. Ottima anche sul piano dei rapporti umani, che non si possono mai dare per scontati. C’è una sorta di divisione in due anime. Ho lavorato con quasi tutti i gruppi, ma certo quello delle corse fiamminghe ha caratteristiche che non si sposano con le mie. Siamo complementari, così è perfetto.

In questi giorni Meintjes, che ti somiglia, sta facendo un bel Tour.

Lo sto seguendo. Ha le mie caratteristiche e si sta ritrovando dopo un periodo un po’ storto. Non avere addosso una grande pressione gli permette di correre al meglio.

Meintjes ha caratteristiche simili a quelle di Pozzovivo e sta correndo un bel Tour
Meintjes ha caratteristiche simili a quelle di Pozzovivo e sta correndo un bel Tour
E’ uno di quei Tour dove vorresti esserci o vanno così forte che si sta meglio a casa?

In queste tappe di montagna mi piacerebbe esserci. Quando sono davanti alla televisione, sono un corridore che si immedesima. Se però penso alla prima settimana e al pavé, mi viene male. Anche se rispetto al solito ci sono state meno cadute. Sono uscito bene dallo Svizzera, avrei potuto farci un pensierino, ma adesso non posso certo rammaricarmi, visto che poi mi sono ammalato. E in queste settimane sono stato in fase di ricostruzione.

Cosa ti pare del duello Pogacar-Vingegaard?

Della tattica di Tadej della prima settimana ho già detto. Se aveva la percezione che Vingegaard sarebbe stato difficile da staccare, ha fatto bene.

Il Pogacar visto da Pozzovivo alla Tirreno (qui sul Carpegna) sembrava difficilmente battibile
Il Pogacar visto da Pozzovivo alla Tirreno (qui sul Carpegna) sembrava difficilmente battibile
Lo abbiamo criticato perché potrebbe aver speso troppo…

Tadej è sicuro di se stesso e probabilmente sapeva che, pur facendo così, il suo livello non sarebbe calato nella terza settimana. Ma non è stato un Tour lineare…

In che senso?

E’ stato condizionato dal Covid, ma non mi aspettavo questo livello di Vingegaard e al contrario, dopo averlo visto alla Tirreno, ero convinto che il livello di Pogacar sarebbe stato irraggiungibile. A Hautacam secondo me ha ceduto anche mentalmente, perché essere staccato in salita da Van Aert può essere un duro colpo.

Al Giro d’Italia un ottavo posto finale che gli ha dato morale per correre un anno in più
Al Giro d’Italia un ottavo posto finale che gli ha dato morale per correre un anno in più
Pensi che da questo Tour trarrà un insegnamento?

Penso che dovrà imparare a considerare di più l’aiuto della squadra. Finché è stato nettamente il più forte del gruppo, poteva passare sopra agli eventuali errori semplicemente accelerando. Ora scoprirà nuovi dettagli da curare.

Torniamo indietro a Lello Ferrara, come ti trovi in questo ruolo di spalla sul web?

Diciamo che nelle prime dirette, gli diedi credito per amicizia. Lo sapete, sono una persona obiettiva, dico le cose come stanno. E se uno non è capace di fare qualcosa, glielo dico in faccia. Invece in Lello ho trovato del talento, ha smosso belle situazioni e secondo me fa bene a coltivarlo.

Lello Ferrara e Pozzovivo sono amici da anni. Il primo è del 1976, il secondo del 1982. Entrambi ex Zalf Fior
Lello Ferrara e Pozzovivo sono amici da anni. Il primo è del 1976, il secondo del 1982. Entrambi ex Zalf Fior
Dallo Stelvio ti sei spostato sull’Etna, come mai?

Perché sullo Stelvio si sta così bene, che ti dimentichi del caldo. Sull’Etna in quota si sta bene, ma sotto ti alleni alla temperatura che si troverà alle corse, un caldo normale. Per cui il 27 vado a San Sebastian e poi torno quassù. Se penso che quelli di Livigno fanno la sauna per abituarsi al caldo, sto meglio io qua che il caldo ce l’ho naturale, no?

Jonas signori e vengo da lontano…

21.07.2022
6 min
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Se anche finirà così, Pogacar se ne andrà dal Tour con tre tappe vinte, il secondo posto e l’onore delle armi. Quale che ne sia stata la ragione, lo sloveno si è trovato indietro e ha fatto quel che poteva per risalire la china. Purtroppo per lui, è inciampato su Jonas Vingegaard, un danese fortissimo a capo di una squadra altrettanto forte, che hanno approfittato del suo passo falso sulle Alpi e l’hanno appeso sulla croce.

Che vinca il migliore: c’è questo nello scambio di saluti al via della tappa fra Pogacar e Vingegaard
Che vinca il migliore: c’è questo nello scambio di saluti al via della tappa fra Pogacar e Vingegaard

Duello fra uomini veri

Un duello fra due ragazzi che non si sono risparmiati colpi, ma sempre nei limiti della grande correttezza. E quando oggi Pogacar è caduto, la maglia gialla non ha neanche immaginato di approfittarne. Vingegaard si è subito rialzato sul manubrio. Lo ha aspettato. Nel voltarsi per stringergli la mano quasi finiva anche lui giù dalla scarpata e poi la corsa è ripartita.

«Penso che Tadej abbia sbagliato la curva – ha detto Vingegaard a caldo – e poi sia finito sulla ghiaia. Ha cercato di uscirne, ma la bici è scivolata via. Poi l’ho aspettato. Ma oggi devo ringraziare tutti i miei compagni di squadra. Incredibile. Alla fine vedi Wout Van Aert che resce a staccare Tadej Pogacar. Anche Sepp Kuss è stato fantastico. Sono stati tutti incredibili. Tiesj Benoot, Christophe Laporte, Nathan Van Hooydonck. Non ci sarei mai riuscito senza di loro».

Van Aert vs Pogacar

Era la tappa per la resa dei conti, quella in cui Pogacar avrebbe dovuto tentare il tutto per tutto e Vingegaard cercare di respingerlo. E’ finita, come aveva in qualche modo ipotizzato ieri Martinello, che la UAE Emirates si è ritrovata senza Bjerg, sfinito dopo la tappa di ieri, e con un McNulty a un livello più basso. Mentre la Jumbo Visma, che ieri ha ceduto troppo presto, si è ritrovata a menare le danze a pieno organico. E quando anche Kuss ha finito il suo lavoro, sulla strada è spuntato Van Aert, ripreso a 6 chilometri dal traguardo. Kuss gli ha chiesto se ce la facesse ancora e il ghigno sul volto del gigante di Herentals gli ha fatto capire che avrebbe potuto spostarsi in serenità. Ed è stato a quel punto, come raccontato da Vingegaard, che il forcing di Van Aert ha stroncato Pogacar.

«Non potrebbe esserci modo migliore per me di perdere il Tour. Penso di aver dato tutto – ha ammesso con trasparenza lo sloveno – lo prendo senza rimpianti. Penso che i ragazzi della Jumbo Visma abbiano fatto un ottimo lavoro. Congratulazioni a loro, erano molto forti. Oggi ha vinto il migliore. E penso che vincerà anche il Tour».

Ciccone ha provato l’assalto alla maglia a pois di Geschke, ma nulla ha potuto contro Vingegaard
Ciccone ha provato l’assalto alla maglia a pois di Geschke, ma nulla ha potuto contro Vingegaard

Macron in prima fila

Dire se la caduta abbia influito resterà motivo di discussione da bar. E così, mentre il presidente Macron si godeva lo spettacolo dalla privilegiata ammiraglia di Christian Prudhomme (come immaginarsi Mattarella in auto con Mauro Vegni), Van Aert ha lanciato il suo piccolo capitano verso la conquista, esultando poi a sua volta sul traguardo: grosso, verde e cattivo come un Hulk 2.0.

«E’ stata una giornata molto bella per noi – ha detto la maglia verde – era anche chiaro che avessimo un piano. Rispetto a ieri, oggi Jonas si sentiva molto più a suo agio grazie alle salite più lunghe e ripide. L’intenzione era davvero quella di attaccare e guadagnare ancora più tempo. Davanti volevo essere utile a Jonas prima che finisse la salita ripida e per riuscirci mi sono staccato dalla fuga, per non rischiare che mi prendessero troppo avanti. Ed è andata come volevamo».

La resa (onorevole) di Tadej

Tadej non si abbatte. E’ una corsa. Ha lottato. Forse ha appreso qualche lezione per il futuro. E ha pagato con la sfortuna che ti si attacca quando le stelle hanno già emesso il verdetto in favore di un altro. Non si è mai visto un vincitore di Tour che cade nel giorno decisivo: forse il finale è già scritto in favore di Jonas Vingegaard, ma è stato bello vedere il ragazzino sloveno cercare di opporvisi.

«Sto bene – ha detto tornando sulla caduta – è successo tutto molto in fretta e altrettanto velocemente sono tornato in sella. Qualche graffio, ma sto bene. Ho dato tutto sulla penultima salita, perché avevo ancora speranza. Ma quando sono caduto, ho iniziato a pagare e la motivazione si è un po’ affievolita. Jonas aveva ancora dei compagni di squadra. Ho provato a seguirlo, ma non ci sono riuscito. Erano troppo forti. Volevo reagire, ma non ce la facevo più».

La vittoria numero due di Vingegaard, dopo quella del Granon. Due attacchi, entrambi decisivi
La vittoria numero due di Vingegaard, dopo quella del Granon. Due attacchi, entrambi decisivi

«E’ incredibile – gli ha fatto eco Jonas nel suo racconto – questa mattina ho detto a mia figlia e alla mia ragazza che avrei vinto per loro. L’ho fatto. Ne sono molto orgoglioso. Questo è specialmente per loro. Ero solo felice che la corsa fosse finita perché è stata davvero dura. Sono molto contento di aver vinto, ma mancano ancora due giorni prima di arrivare a Parigi. Quindi è importante rimanere concentrati. Questo Tour lo prendiamo giorno per giorno. Non voglio ancora parlare della vittoria assoluta».

Peyragudes, fuori una. Sul Tour pesa il verdetto del Granon

20.07.2022
6 min
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«Forse anche chi lo gestisce pensava di vincere facile – riflette Martinello – e invece hanno commesso sul Galibier l’errore che sta costando a Pogacar il Tour. Ci sono ancora domani e poi la crono, per carità, ma quando l’ho visto fare il segno di dare gas prima del Granon, ho pensato che fosse troppo spavaldo e l’avrebbe pagata. Senza tutti gli errori di quel giorno, il Tour si risolverebbe per secondi. E probabilmente Pogacar avrebbe ancora la maglia. Ma nulla toglie che Vingegaard sia davvero una roccia».

Un Tour che secondo Martinello è stato fortemente condizionato dal giorno del Granon
Un Tour che secondo Martinello è stato fortemente condizionato dal giorno del Granon

Pirenei, tappa a Pogacar

Come quando vai a vedere il film del secolo, poi esci e hai quasi paura di dire che non t’è piaciuto. La prima tappa pirenaica del Tour si è risolta in una bolla di sapone, ricalcando l’equilibrio che era costato al Giro bordate di critiche e qui si risolve invece in una grandeur oggi (forse) immotivata. Pogacar ha vinto la tappa (risultato che tanti sognano e pochi raggiungono), ma Vingegaard ha fatto un altro passo verso Parigi.

Chi viene da lontano, si aspettava i dieci scatti e il brillantino fatto saltare e sarà rimasto certamente deluso. C’è chi dice che al posto del brillantino ormai si guardi il misuratore di potenza e quando quello dice che sei al massimo, ti fermi. E poi per fortuna c’è chi fa un’analisi meno di pancia e conclude che semplicemente le forze in campo sono queste e sarebbe stato illogico aspettarsi di più.

Abbiamo scelto Martinello come avvocato del Tour, cercando di capire cosa sia successo finora e cosa potremo eventualmente aspettarci nei quattro giorni che restano.

McNulty fenomenale: ha portato i primi due fino ai 300 metri. Forse dietro non c’erano grandi gambe
McNulty fenomenale: ha portato i primi due fino ai 300 metri. Forse dietro non c’erano grandi gambe
Se un gregario come McNulty porta i primi due del Tour ai 300 metri di una tappa di montagna, forse dietro non c’erano tante gambe…

Stanno interpretando un Tour di alto livello, ma si vede che sono tutti morti. Oggi La UAE Emirates ha provato con le ultime forze a disposizione e Pogacar ha giocato d’astuzia. Ha finto di non averne più e poi ha vinto la tappa perché è più veloce.

Nell’unico giorno in cui Vingegaard è rimasto davvero solo.

Oggi la Jumbo non era quella dei giorni scorsi, Kuss non ha avuto una grande giornata. Semmai ci si poteva aspettare un atteggiamento diverso da parte della Ineos, ma è chiaro che siano tutti lì a difendere le posizioni. Il caldo li sta ammazzando. E McNulty è stato superlativo, però chi può dire se domani anche lui non pagherà?

La vittoria di Pogacar è stata figlia del suo grande cambio di ritmo: in volata fra i due non c’è partita
La vittoria di Pogacar è stata figlia del suo grande cambio di ritmo: in volata fra i due non c’è partita
Vingegaard isolato non ha tremato, si poteva pensare che accadesse?

Hanno raggiunto l’obiettivo di privarlo dei compagni, ma non ha mostrato cedimenti. Il vantaggio inizia a essere rassicurante. E se domani non cambia nulla, l’ultima crono sarà un fatto di energie rimaste e lui ha forza e sa difendersi contro il tempo. Non credo che arrivi a perdere più di 2 minuti da Pogacar.

Tanti hanno criticato la Jumbo Visma.

Non sono d’accordo neanche un po’. Possono aver commesso qualche sbavatura, ma nei giorni decisivi, da quello del Galibier alla tappa di ieri, la maglia gialla si è sempre ritrovata sul percorso i compagni mandati in fuga. Davanti hanno un Pogacar che non fa la differenza, perché finora Vingegaard non ha perso un millimetro. Sta diventando determinante davvero il giorno del Granon.

Dopo la tappa mirabolante di ieri (al pari di McNulty oggi), Kuss ha pagato pesantemente dazio
Dopo la tappa mirabolante di ieri (al pari di McNulty oggi), Kuss ha pagato pesantemente dazio
Spiega, per favore…

Hanno corso con troppa spavalderia, giocando come il gatto col topo. Si sono gestiti con superficialità. Perché inseguire Roglic sul Galibier, quando dopo il pavé ha già 2’36” di ritardo? Lascialo andare. E se Pogacar voleva inseguirlo perché ha 23 anni ed è esuberante, doveva intervenire l’ammiraglia.

Che cosa dovevano fare?

Fallo andare, hai attorno ancora tutta la squadra, lo riprendi quando vuoi. Anzi, vedrai che torna indietro da solo ben prima del Granon. Invece ha fatto lo spavaldo ed è andato in crisi perché ha gestito male l’alimentazione in una tappa durissima, in cui sono passati più volte sopra i 2.000 metri. Se avessero corso con un minimo di intelligenza tattica, avevano ancora il Tour in mano. E comunque anche in quell’occasione, Tadej si è rivelato un fenomeno.

Nonostante fosse decimata, oggi la UAE Emirates è stata maiuscola. Qui con Bjerg
Nonostante fosse decimata, oggi la UAE Emirates è stata maiuscola. Qui con Bjerg
In cosa?

Il giorno dopo, all’Alpe d’Huez, non lo avrà staccato, però era già in palla. Non ho mai creduto che avesse altro, quella è stata una crisi di fame. Ed essere così forti il giorno dopo è cosa da numeri uno.

Anche Vingegaard non usa la squadra quando scatta Pogacar.

L’ho notato e per me sbaglia anche lui. Ma forse pensa che l’attacco di Pogacar possa essere decisivo. Insomma, Pogacar è Pogacar… Però se invece di saltargli a ruota, lo inseguissero di squadra, correrebbero meno rischi.

Thomas ha difeso alla grande il suo terzo posto dal possibile ritorno di Quintana e Bardet
Thomas ha difeso alla grande il suo terzo posto dal possibile ritorno di Quintana e Bardet
Perché Pogacar ha corso così sul Galibier?

Forse perché si era abituato a vincere facilmente. Se alla Planche des Belles Filles ha davvero dichiarato che Vingegaard è lo scalatore più forte al mondo, forse il giorno del Granon avrebbe potuto essere più attento.

A cosa è servito invece lo scattino di oggi al Gpm di Val Louron?

Ci ha provato. Oppure lo ha fatto perché è un corridore che un po’ concede allo spettacolo. Oppure magari ha in mente anche la maglia a pois. E’ terzo in classifica a 18 punti da Geschke e magari domani potrebbe puntare a prenderla.

Entrambi sfiniti dopo l’arrivo: Pogacar ha vinto, ma la giornata è positiva anche per Vingegaard
Entrambi sfiniti dopo l’arrivo: Pogacar ha vinto, ma la giornata è positiva anche per Vingegaard
Ci si poteva aspettare un finale come fra Pantani e Tonkov a Montecampione?

Pantani fece una serie di scatti e Tonkov alla fine si staccò, ma Pantani era molto più scalatore di Tonkov. Qua invece la sensazione è che Vigegaard sia molto più scalatore di Pogacar. Mentre lo sloveno è più abile a limare e più veloce.

Ti aspettavi un Vingegaard così?

L’anno scorso ha vinto la Coppi e Bartali e tre mesi dopo ha fatto il podio al Tour. Quest’anno è cresciuto ancora, dall’inizio dell’anno è sempre davanti. Non è un predestinato, ha dovuto lavorare sodo ed è migliorato tanto fisicamente e mentalmente. Una situazione come questa, con la maglia gialla, potrebbe destabilizzarti e logorarti. Invece mi pare ben saldo sulle gambe. Insomma, domani se la giocano ancora. Ma Vingegaard sembra avere le carte in regola per tenere ancora duro.

Fra lacrime e abbracci nel giorno di Houle, aspettando scintille

19.07.2022
5 min
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Pierrik era fuori a fare jogging nei giorni che portavano al Natale del 2012. Hugo Houle studiava per diventare un agente di polizia e condivideva col fratello minore la grande passione per il Tour de France. Non passava giorno di luglio, senza che si sedessero insieme per seguire quelle immagini che arrivavano da così lontano.

Nel piccolo villaggio del Quebec in cui vivevano non c’era molto da fare, per cui non vedendolo tornare, Hugo uscì per andarlo a cercare. Lo trovò disteso sulla strada, nessuno intorno. Qualcuno lo aveva investito, poi era scappato.

«Questa vittoria è per mio fratello – dice Houle dopo aver vinto la tappa di Foix – non avevo mai vinto, questo era il posto giusto per cogliere la prima. La sua morte all’inizio mi ha distrutto più di quanto abbia aiutato, dopo un po’ invece questo è cambiato. Pierrick ha avuto appena il tempo di vedermi diventare professionista. Ho dovuto aspettare dieci anni, ma finalmente ho centrato questa vittoria per lui. Incredibile, non ho parole per questo».

Le dita al cielo, lacrime e sorrisi. Il canadese è frastornato. Nella tappa che ci ha fatto sperare in Caruso e ha vissuto della grande attesa del duello fra Pogacar e Vingegaard (sicuramente iniziato senza che però la maglia gialla abbia mostrato più di tanto il fianco), il romanzo del canadese in fuga per fare da riferimento a Woods è uno spicchio di storia che merita un racconto.

Cresciuti insieme

Di questa sua voglia di vincere per onorare il fratello, Houle parlava spesso e in gruppo tutti ne erano al corrente. Per questo i corridori che gli sono sfilati accanto hanno colto la profondità dello sguardo e di quella gioia e sono andati a congratularsi con lui.

«Passavamo tutta la mattina – ricorda – a guardare le tappe, ma lui non ha mai avuto la possibilità di venire in Europa. Ho sempre pensato che sia molto triste. Quando cresci insieme, ti somigli per forza. E Pierrick era un po’ come me. Abbiamo iniziato insieme nel triathlon. Avevamo tre anni di differenza, abbiamo corso insieme e all’inizio era più veloce di me.

«Ci piaceva fare sport insieme, con i nostri genitori che ci accompagnavano. Poi dal triathlon sono passato al ciclismo, ma lui dopo un po’ ha lasciato la bici e ha iniziato a giocare a calcio. Era timido, ma davvero intelligente e un gran lavoratore».

Caruso era nella fuga che ha deciso la tappa e ha provato da solo, pagando forse una crisi di fame
Caruso era nella fuga che ha deciso la tappa e ha provato da solo, pagando forse una crisi di fame

Ho provato ad andare in fuga, ma poi mi sono spento. Forse ho sbagliato ad alimentarmi. Almeno ho fatto vedere che ci sono e nei prossimi giorni ci riproverò

Damiano Caruso

Il primo Tour

Il resto della storia sono i sogni che diventano realtà. Il professionismo arrivato come per miracolo. Gli studi interrotti nel 2010 per fare un solo tentativo convinto. La maglia del team canadese Spidertech. Il WorldTour nel 2013 con la AG2R-La Mondiale nel 2013. E poi il primo Tour nel 2019 con la maglia Astana.

«Non ci sono molti ciclisti del Quebec – sorride – quindi è stato un grande momento. E inoltre ero davvero orgoglioso di avercela fatta. Il passo successivo sarebbe stato ottenere un risultato nel Tour e non semplicemente correrlo. E oggi questo risultato è arrivato».

Non è facile trattenere le lacrime. La stessa linguaccia sul traguardo dopo un po’ è diventata un brivido che lo ha scosso e ancora un’ora dopo la vittoria nei suoi occhi continuano a galleggiare le lacrime.

Dopo i tre attacchi di Pogacar, Kuss ha preso in mano la corsa e ha portato Vingegaard all’arrivo
Dopo i tre attacchi di Pogacar, Kuss ha preso in mano la corsa e ha portato Vingegaard all’arrivo

Assaggi di Pogacar

A margine di tutto questo, si segnalano i due scatti in salita di Pogacar e il suo allungo in discesa, con la netta sensazione (probabilmente accentuata dalla facilità d’azione di Vingegaard) che allo sloveno manchi il rapporto.

«Non è stata una brutta giornata – ha detto appena tagliato il traguardo – ma non è stata nemmeno una giornata perfetta. Spero in occasioni migliori. Ho provato le strade, quindi ho un’idea anche delle discese, anche se sarà meglio fare la differenza in salita. Come ho detto già ieri, i prossimi due giorni saranno perfetti per andare a tutto gas».

Il Tour intanto si è preso anche Marc Soler, arrivato fuori tempo massimo, mentre Majka ha dovuto lasciar andare il giovane capitano per un guaio meccanico sull’ultima salita. Vingegaard è parso in totale controllo per tutto il giorno.

«Due corridori in meno – dice Van Aert, che si è rialzato dalla fuga – cambiano la tattica. Soprattutto perché parliamo di Roglic e Kruijswijk. Ma se Jonas ha le gambe che ha avuto nelle ultime due settimane, lavoreremo per portarlo ai piedi delle ultime salite. Per noi la cosa più complicata sarà l’inizio delle tappe, il controllo della situazione».

Domani, nella 17ª tappa da Saint Gaudens a Peyragudes di appena 129,7 chilometri, i primi 53 saranno proprio di pianura. Poi si scatenerà un inferno incandescente sulle rampe di Aubisque, Horquette de Arcizan, Val Louron-Azet e Peyragudes dove nel 2017 Aru strappò la maglia gialla dalle spalle di Froome. Ha ragione Pogacar, domani sarà per lui un’occasione da non lasciar passare invano.

Vingegaard la sua ombra, ma Pogacar promette spettacolo

18.07.2022
4 min
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«Sul Granon – ammette Pogacar sorridendo – sono stato staccato per la prima volta. Ero sfinito. Avevo dato tutto. La sera ho fatto un’analisi di quello che era successo e mi sono ricalibrato. Non mi sono arreso. Ho mangiato. Ho fatto una bella dormita. E ho cercato di dimenticare».

Inizia così l’ultima settimana del Tour 2022. Vingegaard ha la maglia gialla con i 2 minuti e più, guadagnati in quel giorno sulle Alpi. Pogacar indossa la maglia bianca e deve inseguire: una posizione per lui poco abituale. Ci si chiedeva da più parti come avrebbe reagito alle prime difficoltà e presto lo sapremo. Quello che ha fatto vedere sull’Alpe d’Huez e poi a Mende ha risposto in parte al quesito.

Sul Galibier, dice Pogacar, ha commesso un suicidio, rispondendo agli attacchi e mangiando poco
Sul Galibier, dice Pogacar, ha commesso un suicidio, rispondendo agli attacchi e mangiando poco

Condizione a tempo

Terzo giorno di riposo, conferenza stampa online. Lo schermo è pieno di computer collegati, nessuno vuole perdersi le esternazioni dello sloveno, chiamato a ribaltare la classifica. Quello che fece in un sol giorno nel 2020 senza che nessuno lo aspettasse e che invece adesso tutti gli chiedono.

Il nodo è la condizione e il riposo è il momento perfetto per simili ragionamenti, in attesa che da domani i Pirenei inizino a scolpire sagome più nette.

Vingegaard ha iniziato ad andare fortissimo al Delfinato (5-12 giugno), contro avversari di prima grandezza. A nessuno sfugge il fatto che nell’ultima tappa abbia vinto aspettando abbastanza palesemente il suo capitano Roglic. Al punto di pensare che il leader del Tour sarebbe stato proprio il giovane danese.

Dieci giorni più avanti, Pogacar è andato a rifinire la condizione al Giro di Slovenia (15-19 giugno), dando l’impressione di giocare, ma contro squadre e avversari di cabotaggio decisamente più basso.

Al Delfinato, Vingegaard andava già fortissimo: pagherà nella terza settimana?
Al Delfinato, Vingegaard andava già fortissimo: pagherà nella terza settimana?

Suicidio sul Granon

Chi dei due ha ancora margine di crescita? C’è il rischio che la maglia gialla possa iniziare a perdere smalto? Quello che si è visto finora non va in questa direzione, ma è certo che le prossime salite saranno corse a temperature altissime e ritmi non certo inferiori.

«Sul Granon – riprende Pogacar – mi sono trovato con poca benzina. Ho risposto a tutti gli attacchi. E’ come se avessi fatto dieci volate in salita nello stesso giorno. Mi sono suicidato. Ora dovrò cogliere ogni occasione. Proverò su tutte le salite per riguadagnare più tempo possibile e non avere poi alcun rimpianto. Dipenderà dalle gambe. Se vedrò un’opportunità, andrò a prenderla. E’ il momento di essere forti. L’Alpe d’Huez mi ha ridato fiducia. A Mende la salita era troppo corta e lui era attaccato a ruota. Ma in tre giorni può succedere di tutto e Jonas (Vingegaard, ndr) potrebbe cominciare a essere stanco».

L’Alpe d’Huez ha riportato la fiducia. A Mende, pur su una salita troppo breve, Pogacar ha attaccato
L’Alpe d’Huez ha riportato la fiducia. A Mende, pur su una salita troppo breve, Pogacar ha attaccato

Ad armi pari

Appare sereno. Sa che l’altro è il favorito naturale e questo se non altro semplifica gli schemi: la Jumbo Visma correrà in difesa, la UAE Emirates all’attacco.

«Più o meno – dice – guardando gli uomini, adesso abbiamo squadre simili. Sappiamo quanto sia stato duro fare a meno dei compagni che ci hanno lasciato e se non altro per la Jumbo Visma adesso sarà meno facile. Sui Pirenei sarà un testa a testa. Avremo 50-60 corridori a tutto gas, dalla partenza all’arrivo. Non vedo possibili alleanze, penserò ad andare il più forte possibile. Rischiare il tutto per tutto? E’ pur sempre una corsa. Per cui darò il 100 per cento di tutto quello che posso. Attaccherò. Cercherò di guadagnare. Ma se non dovessi arrivare in giallo, mi consolerò pensando che ho già vinto due Tour e arrivare secondo con la maglia bianca non è tanto male».

Domattina si riparte così, con la sfida fra la maglia bianca (classe 1998) e la gialla (classe 1996)
Domattina si riparte così, con la sfida fra la maglia bianca (classe 1998) e la gialla (classe 1996)

Prima di sabato

Se qualcuno a questo punto starà pensano che il prodigioso sloveno sia sul punto di arrendersi, tirerà un sospiro di sollievo sentendo la chiosa al suo ragionamento. C’è quella crono là in fondo che per lui potrebbe essere un’ancora di salvezza, cui però non vuole pensare.

«Voglio azzerare il gap prima di arrivare a sabato – dice – perché anche lui è forte contro il tempo. Non mi sento di dire quale potrebbe essere un margine per essere capace di batterlo. Conosco il percorso, l’ho fatto due volte. Ma cercherò di riprendere il più possibile in salita».

Marcato, un altro Tour e sempre… in fuga

15.07.2022
5 min
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La sua ultima volta al Tour fu nel 2020, quando si ritrovò a lavorare per il giovane sloveno che al penultimo giorno ribaltò il trono di Roglic e conquistò la maglia gialla. Pochi se lo aspettavano, qualcuno poteva sperarlo. Marco Marcato era già nella fase in cui il corridore si chiede se valga la pena continuare, ma di fronte a quella ventata di entusiasmo rimase in sella per un altro anno e poi scelse di scenderne per salire sull’ammiraglia.

Ritorno in Francia

Il suo ritorno al Tour è avvenuto quest’anno, sull’ammiraglia che quotidianamente anticipa la tappa e svela trappole e segreti ai direttori sportivi. Un ruolo che ha preso piede da qualche anno, come in primavera ci raccontò Vittorio Algeri. Un ruolo in cui il padovano può mettere ancora a frutto il suo occhio di corridore, in una sorta di viaggio verso l’età adulta. Oltre alle strade infatti, Marcato ha iniziato a scoprire tutto ciò che c’è intorno ai corridori. E ha capito di aver vissuto per anni in una bolla estranea a tutto il resto.

Ieri a Briançon, breve summit fra Marcato, Hauptman, Agostini e Gianetti, prima di partire
Ieri a Briançon, breve summit fra Marcato, Hauptman, Agostini e Gianetti, prima di partire

«Ho visto un’organizzazione – racconta – che da corridore magari non vedevo. La gestione di tutti i mezzi, ad esempio. Anche il semplice fatto che per ogni tipo di targa, c’è un parcheggio dedicato. C’è una via di uscita dedicata ai mezzi fuori corsa e un punto prestabilito per rientrarci. Anche andare alla feed zone, alla zona rifornimento, non è così semplice. Insomma, tante cose che da corridore non riesci a vedere, non te ne accorgi. Sei impegnato a correre, quindi non vedi quello che ti succede attorno. Pensi ai chilometri e a dove sia la borraccia, ma per far sì che la borraccia sia lì, la squadra fa un grosso sforzo. Ci sono tanti che lavorano dietro».

Cosa ti pare del tuo ruolo?

Nuove esperienze, un punto di vista diverso. Anche il fatto che io sia davanti alla corsa per dare indicazioni a chi è dietro mi permette di capire tutta l’organizzazione. Quanto a me, segnalo le strade o se c’è qualche punto tecnico. Quindi ad esempio le rotonde da prendere a destra o sinistra, in base alla via più veloce. Le curve più pericolose. Poi anche il vento, che nelle prime tappe ha dato fastidio.

Tappa di Longwy vinta da Pogacar. Marcato è già al pullman e accoglie Soler
Tappa di Longwy vinta da Pogacar. Marcato è già al pullman e accoglie Soler
La tappa del pavé?

Ho cercato di dare più informazioni possibili, lo faccio ogni giorno. Affinché i corridori abbiano chiara la situazione che li aspetterà nei chilometri successivi. Per la tappa del pavé sapevamo che Pogacar potesse fare bene, ma ugualmente ho segnalato le possibili cause di cadute o forature.

Di quanto tempo anticipi la partenza ufficiale?

Raggiungo la squadra per il meeting. Quindi ascolto un po’ quelli che saranno i programmi della giornata. E poi mi avvio davanti alla corsa, appunto per segnalare eventuali pericoli e situazioni che potrebbero creare appunto dei problemi durante la tappa.

Quindi la riunione si fa la mattina?

Si, normalmente la facciamo la mattina quando arriviamo al parcheggio dei bus. Di solito siamo lì un’ora e tre quarti prima della partenza, così abbiamo tempo per fare la riunione che dura circa mezz’ora. E poi restano il foglio firma e la partenza.

Sul pullman la riunione del mattino è gestita da Matxin e Hauptman (foto Fizza/UAE)
Sul pullman la riunione del mattino è gestita da Matxin e Hauptman (foto Fizza/UAE)
Fra voi direttori si fa un meeting dopo la tappa?

Sì, di solito si parla la sera, finita la tappa. Per capire quello che è stato e quello che sarà il giorno dopo. E come improntare la strategia della corsa. Ragioniamo da squadra, tutti dicono la loro opinione, poi è logico che alla fine le decisioni le prende il primo direttore. Giustamente si prende anche la responsabilità. Si dà ascolto a tutti e si fa sintesi.

Quando sul Granon si è staccato Pogacar avevi segnalato qualcosa?

C’erano dei punti pericolosi con delle rotonde anche per prendere la salita dei Lacets de Montvernier. Non ero tanto avanti, quindi la fuga non era ancora partita e nel caso in cui i corridori fossero arrivati a quel punto tutti in gruppo, sarebbe stato importante prenderla davanti, perché poteva dare dei problemi. Devi pensare anche a queste situazioni. Anche a fine discesa c’erano dei tratti tecnici. Le macchine dietro queste cose non possono saperle.

Le indicazioni di Marcato arrivano all’ammiraglia e da qui ai corridori
Le indicazioni di Marcato arrivano all’ammiraglia e da qui ai corridori
Ci sono anche gli strumenti per sapere come andrà la strada?

Abbiamo tutto quello che serve per vedere col computer le strade, le pendenze, tutto quanto. Però avere qualcuno avanti al momento giusto ti può dare delle indicazioni anche in base a come si sta evolvendo la corsa. Penso sia importante.

Dov’eri quando Tadej si è staccato?

Ai 6 chilometri. Stava ancora bene. Gli ho passato la borraccia e ho aspettato il momento di andare su. Non potete immaginare la sorpresa quando mi hanno raccontato come fosse finita…

Chiappucci rimanda Pogacar e alla crisi non ci crede

14.07.2022
5 min
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Nel 1992 Chiappucci scalò l’Alpe d’Huez cercando di staccare Indurain. Sono trent’anni tondi tondi. Lo spagnolo vestiva la maglia gialla, l’italiano era secondo in classifica. E il giorno prima con la fantastica impresa di Sestriere gli aveva guadagnato 1’42”. Claudio doveva recuperare i 5’26” lasciati a Miguelon nella crono di Lussemburgo lunga 65 chilometri. Per questo quando gli chiedi della reazione alla crisi di ieri avuta oggi da Pogacar con i suoi scatti, prima sta zitto e lo senti che si trattiene. Poi risponde.

«Reazione ne ho vista poca – dice – se voleva davvero fargli male, doveva partire all’inizio dell’Alpe d’Huez per mettere in difficoltà la sua squadra. Altrimenti con quegli scattini, gli fai le carezze. E soprattutto, come recupera se non ha la squadra?».

Il giorno dopo la crisi di fame si potrebbe avere paura di non aver recuperato, non credi?

Non so se abbia avuto davvero una crisi di fame. Oggi se ne è stato quatto quatto sino alla fine, poi ha fatto i suoi scatti e dopo l’ultimo si è piantato. Se vuoi attaccare davvero, tiri dritto e soprattutto non ti volti dopo ogni accelerazione. Sennò non serve a niente.

Se non è stata crisi di fame, cosa è stato?

Ha sprecato tanto nella prima settimana. Anche il giorno sul pavé, a cosa serviva fare quelle sparate? Lo guardo correre e ho la sensazione che ogni volta voglia dimostrare di essere il più forte. Solo che questa volta è diverso dallo scorso anno. Adesso ha davanti un avversario più forte, con un gregario come Roglic e altri compagni fortissimi. Mentre lui non ha la squadra che serve. Credo che la UAE abbia gli uomini, ma forse doveva portarne altri. E di sicuro adesso nessuno gli darà una mano…

Secondo Chiappucci l’errore di Pogacar è stato lasciare la corsa in mano alla Jumbo per i 3/4 della salita
Secondo Chiappucci l’errore di Pogacar è stato lasciare la corsa in mano alla Jumbo per i 3/4 della salita
In che senso?

Nel senso che se adesso possono fargli un dispetto, glielo fanno. Quando uno vuole tenerti sempre sotto scacco, appena puoi gliela fai pagare. Non è forte come credevamo, ma vedremo andando avanti. Il Tour è lungo e magari lui può crescere. Però mi spiegate a che cosa è servita la volata di oggi? A sprecare ancora?

Cosa ti pare di questo ciclismo così battagliero?

Mi piace relativamente poco. Quando arrivai davanti in quell’Alpe dHuez, venivamo dalla tappa di Sestriere, ben più dura di quella di ieri. E’ vero che magari sembrava tutto più faticoso perché avevamo mezzi diversi, non avevamo il potenziometro ma solo il cardio. Di sicuro avevamo una maggior fame agonistica che piaceva alla gente. Non facevamo le nostre cose per piacere agli altri, veniva da sé.

Froome si è giocato l’Alpe sino alla fine, ma ancora il gap dai migliori è notevole
Froome si è giocato l’Alpe sino alla fine, ma ancora il gap dai migliori è notevole
Torniamo all’ipotesi che abbia avuto una crisi di fame, qualcuno doveva ricordargli di mangiare?

Mica è colpa sua, questo è il ciclismo che rincorrono. Li vogliono professionisti già da juniores, si bruciano le tappe. A 18 anni non sono più ragazzini, sono sviluppati fisicamente e tecnicamente, ma si perdono in un bicchier d’acqua se salta la tecnologia. Ma alla crisi di fame non ci credo…

Proprio no?

Non credo che a questi livelli si trascurino i dettagli e che la maglia gialla possa dimenticarsi di mangiare, sarebbe grave. Il ragazzo ha vinto due Tour non la corsa del paese, credo abbia già fatto le sue esperienze. Non credo che i 23 anni possano essere una scusante, per lui e per chi lo gestisce.

Ti manca non aver mai vinto sull’Alpe d’Huez?

Avrei potuto quando arrivai quinto, ma c’era davanti la fuga e non riuscimmo a riprendere tutti. E alla fine è diventata la salita di Bugno, che l’ha vinta due volte. Ma non mi lamento, credo di aver fatto parlare. Credo che tutti noi abbiamo dato e ci siamo dati, mentre oggi c’è un’esagerazione tecnologica che li limita. Pensate che io non avevo neanche il procuratore…

Sei stato al Tour nella prima settimana, giusto?

Sì, lungo la strada, mischiato tra la gente, accompagnando tifosi. Loro chiedono e io rispondo. Ma non vado nei villaggi e nemmeno in televisione. Lì sono già tanti quelli che parlano di ciclismo.

Pogacar, per Hinault è stata fringale. «E oggi subito all’attacco»

14.07.2022
4 min
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Il Villaggio a Briancon deve ancora aprire, per questo c’è meno gente e Bernard Hinault ha qualche minuto in più da dedicarci. Il Tasso è al Tour per godersi lo spettacolo e non si può dire che ieri questo sia mancato.

Il vincitore di cinque Tour, tre Giri e due Vuelta ha 67 anni e appare in splendida forma. Si scusa ridendo per il cappello e dice che non vuole bruciarsi sotto questo sole che, malgrado siamo fra le montagne, picchia già sodo. E’ il giorno della Festa Nazionale francese e fra poche ore l’Alpe dHuez sarà giudice di una parte importante della corsa.

«Ieri è stato meraviglioso – dice con un sorriso – questi ragazzi mi ricordano il nostro modo di correre. Sono presenti all’inizio dell’anno, in estate e poi fanno il finale. E’ quello che facevano i corridori anziani come me ed è fantastico».

Al Villaggio di Briancon, un Hinault in veste di turista con bici.PRO
Al Villaggio di Briancon, un Hinault in veste di turista con bici.PRO
Si aspettava il crollo di Pogacar?

Proprio no, non ci aspettavamo che la maglia gialla avesse una defaillance così grande. Ma questo promette scenari molto interessanti per il Tour che sta arrivando. 

Pensa ci sia un motivo per questo crollo?

Penso che sia stata più una fringale, un calo di zuccheri. Non credo a un calo fisico. Quando lo abbiamo visto sul Galibier e poi ai piedi dell’ultima salita, non sembrava affatto sulla porta di una crisi. Ha recuperato tutti gli attacchi senza troppi problemi. Poi sull’ultimo scatto, ha ceduto di schianto. Bene, lo vedremo oggi e poi nei giorni che vengono

Si aspetta che possa attaccare già oggi?

Se fossi io al suo posto, attaccherei per riprendermi un minuto, non per la maglia. Per un po’ quella sta bene dov’è.

Vingegaard ha attaccato a 5 chilometri dall’arrivo, il crollo di Pogacar è stato istantaneo
Vingegaard ha attaccato a 5 chilometri dall’arrivo, il crollo di Pogacar è stato istantaneo
Si parla di Pogacar come del nuovo Hinault…

Ci sono cose in comune. Perché non ha paura, attacca. E penso che sarà ancora più pericoloso ora che è terzo piuttosto che se fosse primo. Opinione mia, sia chiaro…

Ha una squadra alla sua altezza?

No, no. Ed è la cosa che lo penalizza di più. Lo rallenta. Ecco perché deve lasciare la maglia a Vingegaard. Così potrà approfittare per risalire dei Pirenei e della cronometro.

Cosa pensa di Van Aert?

E’ un corridore eccezionale. Puoi pensare che sia più un corridore da classiche, invece anche oggi sarebbe capace di fare dei numeri in montagna. E la strategia che avevano ieri non è stata malvagia (sorride, ndr). Tutti pensano che non sarebbe dovuto andare davanti, invece nella valle si è rivelato un’ottima staffetta. L’abbiamo visto. Ha lottato per scalare il Galibier e dopo il Galibier ha aspettato i suoi leader in fondo. E’ lui che ha fatto tutto…

Pogacar è parso in forma fino al Galibier: questo il gesto del dare gas, colto dalle telecamere della tivù
Pogacar è parso in forma fino al Galibier: questo il gesto del dare gas, colto dalle telecamere della tivù
L’Alpe d’Huez all’indomani di una tappa dura come quella di ieri conviene o è rischiosa più a Vingegaard o a Pogacar?

A entrambi. Credo che entrambi rischiano di pagare della fatica di ieri. Oppure al contrario potrebbero approfittarne per guadagnare ancora. Lo potremo dire stasera, lo sapremo fra qualche ora.

Si allontana richiesto da un poliziotto per un selfie. E’ l’ultimo corridore ad aver vinto la Roubaix e il Tour nello stesso anno, un gigante, un concentrato di forza e coraggio. Uno di quelli che ancora adesso guardi con ammirazione e ascolti sempre volentieri. E la sensazione è che in cuor suo il grande bretone pensi ancora che il Tour lo vincerà Pogacar.