Il Belgio a Pauwels, Gilbert mastica amaro

14.11.2024
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«Speravo di diventare allenatore della nazionale di ciclismo su strada – scrive Gilbert – per poter condividere la mia esperienza e la mia passione con la generazione attuale. Tuttavia, il posto non è mai stato pubblicizzato e gli accordi interni al ciclismo belga mi hanno impedito di candidarmi. Vorrei ringraziare i tanti corridori che hanno dimostrato il loro entusiasmo e le innumerevoli persone che mi hanno sostenuto».

Con queste poche righe su Instagram, Philippe Gilbert ha annunciato non senza amarezza che il suo progetto non è andato in porto. La sua candidatura a diventare tecnico della nazionale belga dei professionisti era emersa subito dopo l’annuncio delle dimissioni da parte di Sven Vantourenhout, ma era parso insolito che da parte della Federazione non fossero venute reazioni di alcun tipo. Il presidente Tom Van Damme aveva avuto un colloquio a suo dire costruttivo con Gilbert che vive a Monaco, ma nulla più di questo.

Negli ultimi anni Gilbert ha lavorato come commentatore di Eurosport
Negli ultimi anni Gilbert ha lavorato come commentatore di Eurosport

La scelta interna

A distanza di poche settimane, il motivo è stato chiaro: per la successione al tecnico plurimedagliato, si è scelta la soluzione interna, con la scelta di Serge Pauwels (in apertura con Koen Pelgrim e Remco Evenepoel). Se quanto a carisma non c’è storia, sul piano dell’esperienza il suo essere da anni nei meccanismi federali ha giocato certamente in suo favore.

«La visione della Federazione – ha spiegato il presidente – è più vicina a quella di Serge. Ci sono stati diversi colloqui, ma i candidati stessi erano piuttosto vaghi. Spesso non sapevano esattamente quale percorso volessero intraprendere, mentre internamente avevamo un candidato a pieno titolo. Il legame tra giovani e professionisti è diventato così importante che è necessario progredire. Abbiamo mantenuto questa linea».

Remco Evenepoel e il cittì Vanthourenhout dopo la vittoria di Wollongong 2022
Remco Evenepoel e il cittì Vanthourenhout dopo la vittoria di Wollongong 2022

Continuità tecnica

Serge Pauwels, classe 1983, è stato professionista dal 2010 al 2020 con le maglie del Team Sky, poi Omega Pharma-Quick Step, quindi Dimension Data e CCC. Il tempo di ritirarsi e già dal 2021 è entrato fra i tecnici federali. Inizialmente è stato collaboratore di Carlo Bomans e poi, quando questi è andato in pensione, è diventato il tecnico degli juniores, affiancando anche Vanthourenhout con gli U23 e i professionisti. La sua scelta suona come una promozione e la valorizzazione di una risorsa interna, che probabilmente alla fine risulterà anche meno onerosa per la federazione.

«Sono ovviamente felice e onorato di poter continuare a crescere – ha detto Pauwels nella conferenza stampa del suo annuncio – e lavorare con una delle generazioni più forti che abbiamo mai conosciuto. Inoltre è fantastico poter crescere con i ragazzi con cui ho lavorato nell’ultimo anno. Molti di loro nel 2025 saranno under 23 e anche io voglio rimanere coinvolto nel processo della loro crescita. Negli ultimi anni è stato fatto un ottimo lavoro lì. Dopo Remco Evenepoel, Wout Van Aert e Lotte Kopecky, c’è ancora tanto potenziale talento in sala d’attesa e voglio continuare a dare il massimo per questo. Voglio creare l’ambiente ottimale per quando saranno professionisti. Sono convinto che creeremo una squadra molto forte. Non solo in termini di corridori, ma anche di staff. In questo modo spero di continuare il lavoro di Vanthourenhout».

Campionati belgi a crono del 2023, Segaert in rampa di lancio: davanti a lui solo Van Aert
Campionati belgi a crono del 2023, Segaert in rampa di lancio: davanti a lui solo Van Aert

Il tocco di Pauwels

In effetti l’ondata di talenti belgi in arrivo è piuttosto consistente. Alle spalle di Evenepoel, Van Aert, Philipsen e Merlier, bussano nomi come Uijtdebroeks, De Lie, Segaert, Van Eetvelt, Verstrynge, Orins e altri come Widar, Schoofs e Van Kerkhove sono in arrivo. Mentre gli europei hanno segnalato le buone prove di Van Strijthem e Vandevorst.

«Quando a settembre, proprio in prossimità degli Europei – ha detto ancora Pauwels – si è saputo che Vanthourenhout non avrebbe continuato ad allenare la nazionale, ho subito espresso la mia ambizione. Sono stato anche il primo con cui ha parlato la federazione. Ero fiducioso che alla fine sarebbe stata presa la decisione giusta. La condizione che ho posto era che potessi continuare a lavorare con i giovani, è fantastico combinare entrambi i settori. Questo rende questo lavoro un sogno. Cosa voglio portare con me? Sven è stato un ottimo manager, sia per i corridori che per lo staff. Io voglio portare avanti il suo lavoro e portare il mio contributo. Conosco molto bene i giovani e mi piacerebbe guidare quei ragazzi».

Vanthourenhout, 4 anni alla guida della nazionale più difficile

10.11.2024
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Se in Italia Bennati è tenuto a bagnomaria in attesa delle elezioni presidenziali, in Belgio è già deciso che ci sarà un cambio alla guida della nazionale. Sven Vanthourenhout ha deciso di chiudere la sua quadriennale esperienza per tuffarsi nel mondo del WorldTour.

Molti media lo danno vicinissimo alla Red Bull Bora Hansgrohe, ma l’ex campione di ciclocross non ha ancora ufficialmente deciso dove andrà. Intanto però mette alle spalle un quadriennio che di soddisfazioni ne ha portate tante, ma si sa che nella patria del ciclismo i palati sono fini e non ci si sente mai appagati, anzi…

Remco a Glasgow 2023 con Vanthourenhot, dopo la vittoria nella crono: antipasto per il doppio oro olimpico
Remco a Glasgow 2023 con Vanthourenhot, dopo la vittoria nella crono: antipasto per il doppio oro olimpico

E’ proprio dall’analisi di questi quattro anni, così intensi e per molti versi difficili, che parte l’intervista al tecnico belga: «Posso dire che sono stati abbastanza eccitanti. Perché sono arrivato un po’ a sorpresa, avendo un passato da ciclocrossista e non da professionista di spicco su strada. Oltretutto a capo di una nazionale piena di grandi corridori e con una federazione importante alle spalle. È stato un grande passo nella mia carriera. Posso dire di aver avuto successo, favorito naturalmente dai nomi a mia disposizione per ogni grande evento. Le medaglie sono importanti, ma per me conta anche il modo in cui ho lavorato».

Quanto cambia tra il guidare una nazionale ed essere direttore sportivo in un team?

È un po’ diverso. Con la tua squadra puoi lavorare ogni settimana, ogni giorno con gli stessi corridori che hai, condividi gli obiettivi. Nella squadra nazionale devi sempre unire corridori di team differenti. Oltretutto in un Paese come il Belgio dove hai molti leader. Non è sempre facile farli diventare una squadra, quando ognuno è in grado di vincere o prendere medaglie. Ogni anno rendere la squadra vincente è un lavoraccio…

Vanthourenhout insieme a Van Aert. Un legame profondo che va al di là dei rispettivi ruoli
Vanthourenhout insieme a Van Aert. Un legame profondo che va al di là dei rispettivi ruoli
E’ stato difficile mettere insieme due campioni come Evenepoel e Van Aert?

Oh sì, all’inizio posso dire che non è stato così facile perché Van Aert era tutto. Aveva vinto classiche, tappe al Tour, ma intanto arrivava Remco, giovane e ambizioso. Per il quale tutto era nuovo. Quindi all’inizio non è stato così facile. Avevamo bisogno di molto tempo, di parlare apertamente e con calma. Alla fine posso dire che avevamo un ottimo rapporto, sapevamo che se volevamo vincere avevamo ognuno bisogno l’uno dell’altro e mi ci metto anch’io con le mie responsabilità. Non c’era posto per una persona singola, ma per un gruppo. Alla fine posso dire che ce l’abbiamo fatta alla grande con il nostro lavoro.

Van Aert lo conosci bene: soffre il fatto di vincere meno di Evenepoel, Van der Poel, Pogacar?

Lo conosco da quando aveva 16-17 anni come giovane crossista, ho visto molto presto di che cosa era capace. Pochi sottolineano che ha avuto molta sfortuna, vedendo affermarsi tanti giovani mentre lui era alle prese con brutti infortuni. D’altra parte, sapeva anche di essere un ottimo corridore, ha anche capacità non comuni, che magari gli altri non hanno. Io penso che alla fine si accorgerà di avere un palmarés invidiabile, una carriera da grande campione. Ma non è il momento di pensarci, perché può ancora vincere tanto.

L’abbraccio di Evenepoel e Van Aert, oro e bronzo nella crono olimpica, intervallati da Ganna
L’abbraccio di Evenepoel e Van Aert, oro e bronzo nella crono olimpica, intervallati da Ganna
Qual è stata la tua più grande gioia in questi 4 anni?

Sicuramente le Olimpiadi. Posso dire di aver chiuso alla grande. Quello è stato il più grande obiettivo nella mia carriera e posso dire che a Parigi abbiamo fatto il massimo, prima con la cronometro con l’oro di Remco e il bronzo di Wout. Era il massimo che potevamo fare e l’abbiamo fatto. Quella è stata una giornata davvero bella per noi. Abbiamo lavorato molto perché si realizzasse. Siamo entrati nella storia. Poi con Evenepoel abbiamo vinto anche la corsa su strada con una squadra eccezionale. Una squadra che lavorava insieme. Quindi sì, per me è stata una settimana incredibile.

E quale il momento più difficile?

Penso che siano stati i campionati del mondo in Belgio nel 2021. È stato anche il mio primo anno come allenatore della nazionale, il mio primo grande evento. C’era molta pressione su di noi, correvamo in casa, Abbiamo fatto un buon lavoro di squadra e e abbiamo provato a vincere, ma quel giorno trovammo un Alaphilippe davvero in stato di grazia. Mancando anche il podio e in un Paese come il nostro e con le responsabilità che avevamo è stato un duro colpo da mandar giù. Ma penso che alla fine, abbiamo imparato molto da quella giornata e che sia stata anche propedeutica per gli eventi successivi.

Lo sprint di Stuyven a Leuven nel 2021, con il bronzo che sfugge a Vanthourenhout come a tutto il Belgio
Lo sprint di Stuyven a Leuven nel 2021, con il bronzo che sfugge a Vanthourenhout come a tutto il Belgio
Tra i tanti nuovi talenti belgi chi vedi più capace di diventare protagonista fra i professionisti?

Abbiamo un sacco di buoni corridori che sono in grado di fare una bella carriera. In questo momento posso dire che con Jarno Widar abbiamo anche un elemento molto promettente per i Grandi Giri. Ma anche nella categoria junior abbiamo gente abituata a vincere. Io credo che il nostro vivaio sia ricchissimo e soprattutto produca corridori molto diversi, in grado di vincere nelle corse in linea come in quelle a tappe, in salita come allo sprint. In Belgio possono fidarsi del futuro. Ce l’abbiamo.

Evenepoel ha deluso? Sì, no, forse. In Belgio si discute

01.10.2024
5 min
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ZURIGO (Svizzera) – Inutile dire che la folla di giornalisti arrivati in massa dal Belgio si aspettasse il duello tra il Remco baldanzolo della vigilia e il Pogacar venuto per conquistare la maglia che sognava da bambino. Il mondiale di Zurigo prometteva di essere il primo vero scontro al vertice in una grande classica, dopo la caduta di Pogacar nella Liegi vinta da Evenepoel nel 2023 e quella di Remco ai Baschi prima della Liegi vinta lo scorso aprile dallo sloveno.

Invece qualcosa non ha funzionato. E come pure lo scorso anno, vinta la cronometro su Ganna e Affini, Remco ha corso un mondiale sotto tono. Difficile dire se il motivo sia legato al recupero dopo gli sforzi della prova contro il tempo. Alle Olimpiadi, fra strada e pista c’erano comunque sette giorni e la cosa non gli ha creato troppi problemi. Oppure si potrebbe pensare semplicemente che nella prova su strada delle Olimpiadi non ci fosse Pogacar. Di certo però, Evenepoel visto a Parigi aveva un’altra sostanza rispetto a quello del mondiale.

Evenepoel e Alaphilippe, ritirato dopo 15 chilometri con la slogatura della spalla: Julian sarebbe stato un bell’ago della bilancia
Evenepoel e Alaphilippe, ritirato dopo 15 chilometri con la slogatura della spalla: Julian sarebbe stato un bell’ago della bilancia

L’attacco temuto

Sven Vanthourenhout, commissario tecnico uscente della nazionale belga, ha ammesso in un’intervista a Het Nieuwsblad di non essere rimasto troppo sorpreso per l’attacco di Pogacar al mondiale.

«L’ultima volta che Stuyven è venuto da me mentre la fuga con Laurens De Plus si stava allontanando – ha detto ripensando al mondiale – mi ha chiesto se avrebbero dovuto tirare. Gli ho detto di no, ma di stare attenti al tentativo successivo. Avevo visto che nella fuga non c’erano alcuni Paesi, soprattutto Olanda, Svizzera e Spagna. In teoria avrebbero dovuto tirare loro, invece non si muovevano. Allora ho pensato che avrebbero provato a scattare. E Tadej, con Tratnik là davanti, avrebbe potuto muoversi da solo. Infatti quindici minuti dopo ha attaccato e la sua mossa ci ha isolato. A quel punto infatti toccava a noi tirare, essendo dietro con Evenepoel. Eppure non pensavo che la gara fosse già chiusa e di fatto non lo è stata sino alla fine. Tadej non ha staccato il gruppo per due minuti. Ma quel momento è stato decisivo».

Quinten Hermans tira il gruppo alle spalle di Pogacar. Dietro ha Tjesi Benoot, ma il vantaggio non decresce
Quinten Hermans tira il gruppo alle spalle di Pogacar. Dietro ha Tjesi Benoot, ma il vantaggio non decresce

Un tentato suicidio

Evenepoel ha deluso? Fra coloro che avrebbero potuto fare di più, il belga era annunciato come l’unica possibile alternativa a Pogacar. Invece alla resa dei conti è mancato, facendo capire sin dal momento dello scatto di Pogacar di non avere le gambe e di conseguenza l’ardire per seguirlo. Volete che il miglior Evenepoel non si sarebbe divertito ad accettare quella sfida?

«Forse è così – ha spiegato il campione olimpico di Parigi – forse anche no. A 100 chilometri dal traguardo bisogna essere onesti… Ho pensato che fosse un tentativo di suicidio. Ovviamente l’ho visto andarsene. Ero accanto a Van der Poel e abbiamo avuto entrambi la sensazione che fosse una mossa folle. Sicuramente avevo le gambe per scattare e l’ho dimostrato più avanti nella gara. Ma pensavamo che fosse ancora troppo lontano. Finirà che l’anno prossimo attaccheremo a 200 chilometri dal traguardo. Sono deluso? No, sono campione olimpico. L’argento o il bronzo sarebbero stati una bella medaglia, ma alla fine non sarebbe cambiato molto per la mia carriera. Tadej è stato eccezionale, ma un mondiale l’ho già vinto e l’anno prossimo ci sarà un’altra possibilità».

Evenepoel ha provato qualche scatto, ma non incisivo come quello di Pogacar. Tanto che non ha staccato nessuno
Evenepoel ha provato qualche scatto, ma non incisivo come quello di Pogacar. Tanto che non ha staccato nessuno

Le gambe di Remco

Vanthourenhout prosegue nella sua disamina e conferma che, al netto del grande lavoro dei belgi, il capitano non sia stato nella sua giornata migliore.

«A un giro dalla fine sono andato accanto a Remco – ha raccontato – e non ho dovuto dire niente. Ho capito subito che era finita. Non penso che avesse le super gambe che voleva. Non c’è niente di sbagliato in questo, ma si è capito che a quel punto la gara fosse chiusa. Sarebbe stato meglio se Remco fosse andato con Pogacar, ma mancavano comunque più di cento chilometri. E comprensibile che non abbia risposto subito. Avevamo una buona squadra, venuta per vincere. Tutti hanno cercato di fare la loro parte, alcuni hanno avuto una giornata migliore di altri. E alla fine siamo finiti quinti. Per vincere, Remco doveva essere al 100 per cento e non credo che sia stato così. Eppure ugualmente, anche con questo scenario alla fine avrebbe potuto vincere il mondiale».

Dopo l’arrivo con Van der Poel, Evenepoel ricorda il momento in cui Pogacar è andato via
Dopo l’arrivo con Van der Poel, Evenepoel ricorda il momento in cui Pogacar è andato via

Un mondiale estenuante

Al netto di definire la percentuale di forma di Evenepoel, quel che resta è lo stupore per il gesto di Pogacar, che ha sorpreso per coraggio e intensità. Va anche bene che nessuno lo abbia seguito sul momento, ma ha colpito che ogni tentativo di inseguimento sia naufragato.

«E’ speciale – ha concluso Evenepoel – davvero unico che sia partito a 100 chilometri dal traguardo. Noi eravamo completamente in fila dietro di lui, ma alla fine ci siamo avvicinati solo un po’. Anch’io avevo buone sensazioni, ma è stato un mondiale massacrante, molto difficile. Questo è tutto quello che potevo fare. A quattro o cinque giri dalla fine abbiamo iniziato a spegnerci, giro dopo giro. Ma non ho niente di cui lamentarmi. De Plus era in fuga ed è stato grandioso. Poi Wellens e Van Gils hanno provato a ridurre le distanze e poi ho iniziato a muovermi anche io. Quindi è iniziata una fase di scatti e momenti di stanca. Solo alla fine c’è stata un po’ di collaborazione e in volata più di così non potevo fare».

Stamattina in una riunione tecnica, la Soudal-Quick Step deciderà se Evenepoel correrà le prossime gare italiane. Lui avrebbe voglia e non a caso dopo il mondiale ha parlato di Emilia, Bernocchi, Tre Valli e Lombardia. Ma ancora i programmi sono sub judice. «E’ stata una stagione lunga e difficile, quindi sono un po’ stanco di allenarmi. E’ meglio correre ancora un po’. E poi concedersi un bel periodo di riposo».

Intanto in Belgio si sfoglia la margherita per trovare il successore di Sven Vanthourenhout. E pare che Philippe Gilbert avrebbe fatto sapere alla Federazione di essere interessato all’incarico.

Lo chiamano velocista gentile, ma questo Merlier non fa sconti

18.09.2024
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Domenica sera due uomini ad Hasselt non stavano nella pelle: Sven Vanthourenhout e Tim Merlier. Il tecnico della nazionale belga e il fresco campione europeo hanno visto i loro sogni esauditi. Anche se, rileggendo il film della corsa e dei giorni che l’hanno preceduta, sarebbe più corretto parlare di un piano ben riuscito. Si dubitava della possibile convivenza fra Merlier e Philipsen. E pur con l’assenza di Van Aert caduto alla Vuelta, pochi si erano soffermati sulla presenza in squadra di Jordi Meeus, vincitore lo scoro anno sui Campi Elisi a fine Tour. Invece Vanthourenhout ha realizzato un vero capolavoro. E dopo Wollongong 2022 con Evenepoel e la doppietta olimpica ugualmente con Remco (e il bronzo della crono con Van Aert), si è portato a casa anche il titolo europeo su strada. Quando il prossimo anno cambierà incarico, nessuno potrà rimproverargli di non essere stato un tecnico vincente.

Merlier esulta con la compagna Cameron (figlia di Frank Vandenbroucke) e loro figlio Jules
Merlier esulta con la compagna Cameron (figlia di Frank Vandenbroucke) e loro figlio Jules

Il treno per Philipsen

Contrariamente alle previsioni, il piano del Belgio era quello di dare a Philipsen il vero treno. Merlier invece, che ama muoversi con più libertà, si sarebbe arrangiato con la collaborazione di un solo uomo: Bert Van Lerberghe, suo amico dai tempi della scuola e suo leadout alla Soudal Quick-Step. Raccontano i corridori che all’uscita della riunione tutti erano convinti della scelta. I due velocisti più forti sono tornati nella loro camera d’albergo certi di avere la situazione per loro più confortevole. Pare che Vanthourenhout abbia avuto l’idea già dai giorni della Scheldepriijs, quando Merlier aiutato dal solo Van Lerberghe batté Philipsen che invece aveva schierato il treno della Alpecin.

Come ha raccontato dopo la corsa l’ultimo uomo del vincitore, perché certi finali vadano come si vuole, occorre che tutto prenda la piega giusta. Che il gruppo si apra davanti quando è il momento di lanciarsi e che la bici non abbia problemi di alcun tipo. Hanno raccontato che a Merlier sia caduta la catena ai 400 metri. Di solito per un problema del genere, non si riesce a fare la volata. Invece Tim l’ha fatta e anche forte. A capo di una corsa di 222,8 chilometri (dislivello di 1.261 metri), percorsa in 4 ore 37’09” alla media di 48,234, i dati Strava raccontano di una velocità massima di 72,9 chilometri raggiunta nello sprint.

Nel team belga, Philipsen aveva un treno tutto per sé. Per Merlier, il solo Van Lerberghe
Nel team belga, Philipsen aveva un treno tutto per sé. Per Merlier, il solo Van Lerberghe

La catena di Merlier

Il nuovo campione europeo, che per due volte era già stato campione nazionale, ci ha messo un po’ a capire di aver battuto tutti i velocisti più forti d’Europa. Ha confermato il salto di catena e quindi di non aver potuto fare la volata che aveva in mente. Il tempo di rimetterla su e si è lanciato, scacciando via l’alone di sfortuna che sembrava averlo ammantato nelle ultime settimane.

«Non ho capito bene cosa sia successo né come sia andata la volata – ha raccontato – so che all’improvviso la catena è caduta dal davanti. Ho cercato di farla risalire il più rapidamente possibile e in qualche modo sono riuscito a riprendere velocità. Forse è stata la mia fortuna, altrimenti sarei partito un po’ prima e con quel vento l’avrei pagata. Ho sentito le critiche. Ho lasciato il Renewi Tour per una caduta dopo un solo sprint. Sono caduto di nuovo ad Amburgo. E a quel punto ho pensato di rivolgermi al nostro mental coach, ma non l’ho fatto. Lunedì ho pedalato per quattro ore verso il confine francese, passando da un acquazzone all’altro. E’ andata meglio mercoledì e giovedì, con l’aiuto di Mario De Clercq che mi ha fatto allenare dietro moto. Sono arrivato al via con parecchia pressione addosso, è stato così per tutti».

Merlier a terra con Groenewegen nella prima tappa del Renewi Tour. Si ritirerà l’indomani dopo la crono
Merlier a terra con Groenewegen nella prima tappa del Renewi Tour. Si ritirerà l’indomani dopo la crono

Il ruolo di Van der Poel

Ai media piace così, a quelli belgi poi in maniera particolare. E questo ha fatto sì che i primi chilometri non siano stati esaltanti per Merlier, che pure un po’ da solo nella squadra deve essersi sentito. Nel gruppo davanti Mathieu Van der Poel, grande amico e compagno di squadra di Philipsen, faceva il diavolo a quattro. Correva per sé, per Kooij o per il compagno di squadra? E mentre per le prime due ore Merlier non ha avuto sensazioni eccezionali, quando la corsa si è infilata nel primo tratto di pavé, lo scenario è cambiato.

«Dicono spesso che per battere Merlier – ha raccontato – bisogna rendere la gara dura. In realtà di solito dopo le gare impegnative faccio delle belle volate, si è visto anche al Giro d’Italia. E ho capito che forse le cose stavano cambiando quando nel tratto di pavé di Manshoven ho bucato e ho trovato subito un uomo della nazionale con la ruota pronta. Solo dopo mi hanno detto che era Carlo Bomans (ex pro’ ed ex tecnico della nazionale, ndr). Nel giro precedente avevo visto che in quel punto c’era qualcuno con la felpa della nazionale. E dire che non foro quasi mai. Ho pensato che la sfortuna stesse per ricominciare e invece domenica se l’è presa con qualcun altro».

Ad Hasselt sotto il podio una folla oceanica: la vittoria di un corridore di casa ha fatto esplodere la festa
Ad Hasselt sotto il podio una folla oceanica: la vittoria di un corridore di casa ha fatto esplodere la festa

Il ciclismo che cambia

Ed è stato così che il velocista gentile ha marcato un bel punto a suo favore. Probabilmente questo non farà cambiare la considerazione generale nei suoi confronti, ma certo resta un bel punto a suo favore. 

«Sono un corridore cresciuto per gradi – ha raccontato – e forse sto crescendo ancora. Alcuni non mi considerano al livello dei migliori e noto che se non vieni elogiato dai media, sei destinato a rimanere piccolo. Io posso solo rispondere con i risultati. Il ciclismo è cambiato tanto negli ultimi dieci anni e a volte vedo juniores che lavorano più di quanto faccia io da professionista esperto a tempo pieno. Il livello delle gare è ogni anno più alto. Lo vedi dai numeri, dalle velocità in gara e quelle degli sprint. Guardate anche lo sprint di Hasselt. A 400 metri dal traguardo eravamo tutti lì, larghi quanto la strada, mentre una volta a quel punto della corsa c’era solo chi avrebbe fatto lo sprint. Per questo i tempi di lancio e posizionamento sono ancora più importanti. C’è sempre meno spazio e tanti fattori giocano un ruolo che può fare la differenza tra vincere o perdere».

Una foratura sul pavé, poi il salto di catena, ma alla fine Merlier e la sua bici ce l’hanno fatta
Una foratura sul pavé, poi il salto di catena, ma alla fine Merlier e la sua bici ce l’hanno fatta

Merlier è fatto così. La gentilezza, che a volte gli viene appuntata addosso quasi come un limite, fa parte di un modo di essere di cui va fiero. Nel confronto con gli altri sprinter forse paga in termini di immagine, ma di questa diversità si fa un vanto.

Il 2024 gli ha portato finora 15 vittorie e una maglia che potrà indossare ogni santo giorno sino al prossimo anno. Nessuna rivendicazione, salvo rispedire al mittente i dubbi di quanti credevano che il Belgio sarebbe tornato a casa con le ossa rotte. A lui sono bastati una chance e un solo compagno al fianco. Ma non era scontato che bastassero.

L’abbondanza del Belgio ci ricorda Zolder 2002. Parola a Petacchi

01.09.2024
6 min
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Con Alessandro Petacchi vogliamo fare un viaggio nell’abbondanza tecnica del Belgio. Quell’abbondanza di cui già vi avevamo parlato in vista del campionato europeo, quando nel mazzo erano finiti Tim Merlier e Jasper Philipsen, i due velocisti “di Bruxulles”… Il tutto senza contare un certo Wout Van Aert. Giusto qualche giorno fa, Sven Vanthourenhout, il commissario tecnico belga, ha diramato le convocazioni. Ebbene ci sono tutti e tre. Come farà a metterli d’accordo?

Questa vicenda, e forse anche il luogo dove si disputerà l’europeo, cioè nel Limburgo, ricordano un po’ il famoso mondiale di Zolder 2002, con Mario Cipollini capitano e una serie di uomini tutti attorno a lui, tra i quali Alessandro Petacchi.

Il tecnico del Belgio, Sven Vanthourenhout, durante la proclamazione dei convocati: «Una nazionale difficilissima da fare» (foto Photonews)
Il tecnico del Belgio, Sven Vanthourenhout, durante la proclamazione dei convocati: «Una nazionale difficilissima da fare» (foto Photonews)
Alessandro, dicevamo dei problemi di abbondanza per il Belgio. Lefevere diceva di schierarli entrambi, per esempio…

Con due velocisti più Van Aert non è una cosa semplice per Vanthourenhout. Ovvio che Lefevere vorrebbe il suo atleta in corsa ed è normale che abbia spinto per quello. Ma Philipsen viene dal Tour, dove ha vinto, mentre Merlier ha ripreso adesso a correre. Tim veniva dal Giro d’Italia, dove aveva vinto anche lui. Sono la squadra super favorita. Hanno anche Van Aert che sta andando molto forte alla Vuelta e magari alla fine sarà lui il capitano del Belgio.

Perché?

Perché il percorso è veloce, ma presenta anche qualche piccola difficoltà e poi c’è anche del pavè. Per me non è così facile. Loro dovranno tenere la corsa, e con due uomini veloci più Van Aert, dovranno farlo in cinque.

Uno dei quali è Jordi Meeus, che in pratica è un velocista aggiunto…

A questo punto, fossi stato il cittì del Belgio, avrei portato un velocista in meno e un uomo in più da far lavorare.

Dopo aver vinto al rientro in gara al Polonia, pochi giorni fa Merlier (a destra) è caduto al Renewi Tour
Dopo aver vinto al rientro in gara al Polonia, pochi giorni fa Merlier (a destra) è caduto al Renewi Tour
Merlier e Philipsen sono compatibili? Ed eventualmente come potrebbero convivere?

La vedo difficile. Se gli chiedi di fare l’europeo o il mondiale, entrambi ti dicono di sì. Ma sono rivali prima di tutto. Il discorso è un po’ diverso da quello che fu tra me e Cipollini all’epoca. Primo, lui era già Cipollini, in più quell’anno aveva vinto la Sanremo, la Gand… dava più garanzie per certe corse e certe distanze rispetto a me. Philipsen e Merlier sostanzialmente sono sullo stesso livello, stanno vincendo adesso in questa fase di carriera. Io credo che Vanthourenhout abbia già scelto il leader, tra i due.

Chi è?

Credo abbia scelto sulla base di quanto ha visto quest’anno e quindi Philipsen (che ha vinto anche ieri, ndr). In primis, per il secondo in una corsa lunga e dura come la Roubaix, poi per la Sanremo. Jasper ha dimostrato che dopo 250-300 chilometri il suo sprint non perde troppa potenza. Sono vittorie di un altro livello rispetto a quelle di Merlier, danno più garanzie. 

Merlier non potrebbe fare l’apripista?

Meglio uno Stuyven allora (che non è stato convocato, ndr) che è più forte e ha dimostrato di saperlo fare. Lo abbiamo visto al Giro con Milan. Merlier non so com’è in questo ruolo. Magari è bravissimo, ma ribadisco che sono rivali e che tutto sommato stanno vivendo una carriera parallela. 

Chiaro…

Sarebbe davvero brutto in un europeo, per di più in Belgio, vedere due atleti della stessa nazione disputare lo sprint. L’unica cosa che al massimo potrebbero fare è essere super onesti e ad un certo punto della corsa chi dei due non è super, decide di mettersi a disposizione dell’altro. Ma se fossi nei loro panni, direi di no.

Anche Philipsen è tornato in gara dopo il Tour. Qui è battuto da Milan, ma sta già ritrovando la sua brillantezza
Anche Philipsen è tornato in gara dopo il Tour. Qui è battuto da Milan, ma sta già ritrovando la sua brillantezza
Facciamo un passo indietro, Alessandro: Zolder 2002. Situazione vagamente simile. Anche quella volta c’erano tre velocisti: tu, Lombardi e Cipollini…

Lombardi era lì perché era l’ultimo uomo di Mario e non perché fosse un velocista. Io ero lì perché ero andato bene in primavera e al Giro. Nella prima parte di stagione Cipollini lo avevo anche battuto, ma come detto, lui aveva inanellato una serie importante di vittorie e sarei andato per aiutare. Ero adatto a quel percorso. Già se fosse stato l’anno dopo, il 2003, probabilmente non avrei accettato.

Comprensibile…

Quella era una squadra forte con un solo unico leader ed un obiettivo e non poteva non andare così. Abbiamo preso in mano la corsa sin da subito. Non ci sono mai stati rivali in campo, abbiamo fatto e gestito noi azzurri tutta la gara. Quella nazionale era fortissima per quel tipo di percorso.

Che lavoro fece Ballerini? Ricordiamo anche di qualche polemica che girava prima del mondiale: qualcuno metteva in dubbio che avresti rispettato i ruoli…

So bene a cosa vi riferite. Tutto nacque da Giancarlo Ferretti, mio diesse alla Fassa Bortolo, che un po’ spingeva per me e un po’ non amava molto Cipollini. Fece delle dichiarazioni e i giornalisti iniziarono a parlare di questa cosa. E io rischiai persino di fare la riserva! Al mondiale ero in camera con Bramati, corridore importante, esperto e uomo fidato di Ballerini. Ogni sera in hotel, mi parlava un’ora, un’ora e mezza della corsa. Voleva fare gruppo, sincerarsi che stessi ai patti e che accettassi il lavoro da fare… Ma non ce n’era bisogno. Io non dissi mai di non essere d’accordo.

Che storie!

Solo il venerdì sera ebbi un incontro da solo con Ballerini. Gli risposi che se fossi venuto per fare la mia corsa con Cipollini in squadra, me ne sarei stato a casa. Gli dissi che poteva contare su di me, che mi sarei messo a disposizione. Poi è chiaro che se Mario avesse avuto dei problemi, se fosse caduto, a quel punto si sarebbe corso per me.

Ballerini e Petacchi a colloquio. Ma nel mondiale di Zolder per il Peta non ci sarebbe neanche stato bisogno di parlare
Ballerini e Petacchi a colloquio. Ma nel mondiale di Zolder per il Peta non ci sarebbe neanche stato bisogno di parlare
Il che era anche scontato…

Fare quel mondiale sarebbe stata comunque un’occasione, anche se avessi lavorato per lui. Se fossi rimasto a casa perché volevo essere io il leader quell’occasione non l’avrei avuta a prescindere. Quindi diedi la mia parola a Ballerini e la mantenni.

E tirasti anche forte nel finale. Dai 750 metri…

Diciamo dal chilometro e cento – interrompe con fermezza e orgoglio Petacchi – ai 350 metri (qui il video dei 1.500 metri finali, ndr). Davanti a me infatti ci sarebbe dovuto essere Bettini. Ma Paolo rimase intruppato in un contatto con Freire e non riuscì a risalire. Per non rallentare il treno entrai subito in scena io e tirai il più possibile. Fu una situazione complicata. Se mi fossi spostato prima non sarebbe stato uno scandalo.

Già fare 400 metri al vento in quelle situazioni è qualcosa di mostruoso. Figuriamoci 700 metri…

Avrei poi lasciato lungo Lombardi e magari Cipollini non avrebbe vinto. A quel punto immaginate che discussioni che sarebbero emerse. “Petacchi non si è tirato indietro, non ha fatto lui la volata, ma ha cercato di fargliela perdere”. Per questo dico che tra Merlier e Philipsen non sarà facile.

Belgio al bivio: agli europei con Merlier o Philipsen?

26.08.2024
5 min
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Sono passati dieci anni dalla scomparsa di Alfredo Martini, eppure c’è chi in Belgio avrebbe bisogno della sua arte e della sua saggezza. Per fare la squadra da schierare ai prossimi campionati europei e mettere d’accordo Philipsen e Merlier (i due sono insieme a Matthews nell’apertura) sarebbe davvero preziosa la capacità di sintesi di chi ha schierato Moser con Saronni. Oppure Bugno, Fondriest e Argentin. Ma Alfredo non c’è più e per Sven Vantohurenhout la scelta si prospetta come una bella gatta da pelare. Al punto da avergli fatto dichiarare di trovarsi nel momento più difficile della carriera.

L’ultimo capolavoro di Vanthourenhout (il terzo da destra) è stato l’oro olimpico di Evenepoel (photonews.be)
L’ultimo capolavoro di Vanthourenhout (il terzo da destra) è stato l’oro olimpico di Evenepoel (photonews.be)

La provocazione di Lefevere

A rendergli il compito ancor più scomodo ci si è messo Patrick Lefevere, manager di Merlier alla Soudal-Quick Step. Dopo aver lodato le capacità del tecnico, il vecchio belga si è detto certo che agli europei Vantohurenhout porterà il suo corridore. Perché a suo dire lo merita più dell’altro. Perché è vero che Philipsen ha vinto tre tappe al Tour, cui Merlier (che ne ha vinte 3 al Giro) non ha partecipato dovendo lasciare spazio a Evenepoel, ma lo avrebbe fatto solo grazie a Van der Poel.

«Spero che alla base di questa scelta – ha detto – non ci siano giochi politici. So che i corridori stessi non ne sono entusiasti, ma se fossi il tecnico della nazionale, selezionerei sia Merlier che Philipsen, perché entrambi possono fare la propria corsa. In una gara a tappe, una squadra con due velocisti non è mai una buona idea, ma i campionati europei durano un giorno. A volte la scelta migliore è non fare una scelta».

Nel 2002 il capolavoro di Ballerini fu vincere il mondiale con Cipollini mettendo al suo servizio Petacchi
Nel 2002 il capolavoro di Ballerini fu vincere il mondiale con Cipollini mettendo al suo servizio Petacchi

Come a Zolder 2002

In realtà ci sarebbe bisogno anche di Franco Ballerini. Il cittì toscano, che in quei giorni aveva comunque Martini al fianco, si trovò a fare la squadra per i mondiali di Zolder. La zona è la stessa e anche il percorso è simile: 222 chilometri con appena 1.273 metri di dislivello. E quella volta, Ballero per tirare la volata a Cipollini portò Petacchi e Lombardi, con il giovane Bennati come riserva. Ci fu una sorta di patto d’onore fra gli azzurri e tutto funzionò alla perfezione. I belgi saranno in grado di fare lo stesso?

«Ogni giorno rispondo al telefono e sono in contatto con i corridori – dice Vanthourenhout – voglio dare presto la squadra. In realtà guardiamo tutti a quei due nomi, ma la rosa è parecchio più ampia. Abbiamo anche Meeus, Thijssen, Van Aert o De Lie. Ci sono tanti bravi velocisti in questo momento. Ma certo, se parliamo di velocisti puri di altissima qualità, torniamo a Philipsen e Merlier. Se ci sarà da lasciarne a casa uno, sarà molto importante comunicare chiaramente il motivo per cui ho preso la decisione. Ma con Jasper e Tim è una cosa molto difficile. Non ci sono argomenti a favore di uno sull’altro».

La variabile Van Aert

Il discorso porta nella stessa direzione indicata da Lefevere, a patto però che alla fine entrambi convergano su una sola volata e non su due sprint paralleli. La soluzione potrebbe gettare nello scompiglio gli avversari, ma potrebbe anche sgretolare la forza della squadra belga.

«Stiamo valutando se è possibile averli entrambi», spiega Vantohurenhout, che ha già gestito la convivenza di Evenepoel con Van Aert a Wollongong e Parigi. «Tuttavia il mio punto di vista è sempre stato che una squadra con due velocisti sia molto difficile da guidare. Tim e Jasper conoscono la mia posizione».

I due hanno corso insieme nel 2021 e 2022 e gli capitava spesso di partecipare alle stesse corse, però allora Merlier era il velocista già affermato e Philipsen il giovane che spingeva per uscire. Ora i due sono quantomeno alla pari, salvo che nel frattempo Philipsen ha vinto la Sanremo ed è arrivato secondo alla Roubaix.

L’attuale Van Aert della Vuelta potrebbe essereun autorevole candidato al ruolo di leader agli europei
L’attuale Van Aert della Vuelta potrebbe essereun autorevole candidato al ruolo di leader agli europei

«So che potrebbero farlo – annota Vantohurenhout – ma alla fine sarò sempre io che prendo la decisione: li ascolterò e poi seguirò il mio istinto. Se non dovesse finire bene, starà a me renderne conto. E se poi Van Aert dovesse dire di voler partecipare, le cose saranno ancora più complesse, perché a quel punto non è detto che servano entrambi i velocisti. Non è che perché uno fa sempre e solo le volate, in nazionale non possa fare qualcosa di diverso. Comunque a breve arriverà la squadra. Non penso sia colpa mia, al momento però abbiamo un’abbondanza enorme di corridori con le stesse caratteristiche. E’ un enigma difficile da risolvere, ma questa settimana vorrei sciogliere gli ultimi nodi».

Philipsen-Van Aert, si discute già sulla volata dei mondiali

01.08.2023
4 min
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Jasper Philipsen sembra fatto apposta per suscitare clamore. E così, dopo essersi inimicato una fetta di gruppo con alcuni atteggiamenti spregiudicati al Tour, la sua risposta a una domanda sui mondiali di Glasgow ha fatto insorgere l’orgoglio belga. E’ successo infatti che negli ultimi giorni francesi, gli abbiano chiesto come si comporterà con Mathieu Van der Poel che in quell’occasione sarà un avversario. E Philipsen, forse avendolo accanto e certo sbagliando, ha risposto che non farà nulla per mettergli i bastoni fra le ruote. Apriti cielo!

«Non è stata un’affermazione appropriata – ha spiegato il cittì Vanthourenhout – ma Jasper si è scusato. E’ stata una domanda improvvisa che ha ricevuto al Tour. In quel momento, avere Mathieu accanto ha influenzato la sua risposta».

Il Criterium di Herentals si svolge nel quadro di Herentals Fitest Feest (foto Event Photography Peter)
Il Criterium di Herentals si svolge nel quadro di Herentals Fitest Feest (foto Event Photography Peter)

Belgio a tre punte

Quel che però resta è il quesito che la conferenza stampa del Belgio non ha fugato del tutto: chi farà l’eventuale sprint al mondiale tra Van Aert e Philipsen?

«Dipende da chi si sentirà ancora meglio dopo una gara difficile – ha risposto Vanthourenhout – ma sono abbastanza sicuro che Wout e Jasper (in apertura l’immagine Photonews dal Criterium di Herentals) non seguiranno la stessa tattica di corsa. Con Remco e Wout possiamo correre in modo molto offensivo. Con Jasper siamo forti sulla difensiva. Abbiamo delle ottime possibilità con qualsiasi scenario di corsa. Andiamo a Glasgow con tre leader che possono vincere il titolo mondiale».

Tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: come la gestiranno a Glasgow?
Tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: come la gestiranno a Glasgow?

Poco riposo dopo il Tour

Philipsen dal canto suo ha ultimato il giro dei criterium del Belgio, dove ha monetizzato le fatiche del Tour e ha salutato i suoi tifosi.

«Diciamo che prima ho avuto bisogno di una breve fase di decompressione – dice – ma non troppo breve. Un bicchiere o forse anche due, non oltre. Domenica a Parigi abbiamo fatto una festa tranquilla con la squadra, non mi sono riposato molto dopo il Tour. Ho portato la maglia verde nei circuiti, a Herentals e ad Haast, in modo da restituire qualcosa ai miei tifosi. E anche per vendicare la mancata vittoria a Parigi contro Jordi Meeus».

Philipsen è uscito dal Tour stanco ma tirato a lucido, con la maglia verde e 4 tappe vinte (foto Instagram)
Philipsen è uscito dal Tour stanco ma tirato a lucido, con la maglia verde e 4 tappe vinte (foto Instagram)

La verde e quattro tappe

Aver perso l’ultima volata del Tour un po’ gli brucia. Ad attenuare il fastidio c’è il fatto che Jordi Meeus, vincitore dei Campi Elisi, è suo amico e compagno di allenamenti.

«Se dovevo perdere – ammette – meglio che sia stato per mano sua. E’ stato uno sprint diverso rispetto allo scorso anno. Ero già praticamente a ruota di Van der Poel e sicuramente avevo ancora le gambe, ma alla fine ho pagato il conto a un Tour difficile. Come tutti i velocisti, anche Jordi ha sofferto sulle montagne e la vittoria è stata una bella ricompensa.

«Io ho portato la maglia verde a Parigi e mentalmente è stata molto dura. Il Tour non è un giro di piacere. Ho sofferto parecchio e posso solo essere felice di esserci riuscito. Quattro vittorie di tappa sono un bel bottino, non credo che ci riuscirò tutti gli anni, quindi sono soddisfatto. Penso di poter dire che sono stato il velocista più forte del Tour».

La sua compagna Melanie ha ricevuto minacce di morte indirizzate a Jasper, che preferisce non pensarci
La sua compagna Melanie ha ricevuto minacce di morte indirizzate a Jasper, che preferisce non pensarci

Le minacce di morte

Quel che gli ha guastato parzialmente la festa sono state le minacce di morte ricevute dalla sua compagna Melanie nel momento in cui impazzavano le polemiche sulle sue presunte scorrettezze, allo stesso modo in cui fu minacciato di morte Groenewegen dopo la caduta di Jakobsen.

«E’ stato brutto – dice – ma mi rendo conto di averci pensato anche troppo. E quando inizi a pensare alle cose negative, metti da parte quelle positive. Perciò, finiti i criterium in Belgio, adesso mi concentro sul mondiale. Terrò le gambe ben salde per mostrare qualcosa anche a Glasgow».

Belgio Tokyo 2021

Belgio: Van Aert leader, ma in serbo c’è la sorpresa

22.07.2021
4 min
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Guardano tutti a lui. Sembra strano visto che sabato a Tokyo sarà al via anche Tadej Pogacar, ossia l’ultima maglia gialla, colui che tutto vince, eppure la maggior parte degli addetti ai lavori (e non) indica in Wout Van Aert il grande favorito nella sfida per l’oro olimpico su strada e forse non potrebbe essere altrimenti mettendo insieme quello che il campione del Belgio ha fatto al Tour, vincendo in salita (la tappa del Mont Ventoux), a cronometro e in volata (queste ultime due in sequenza e a fine Grande Boucle).

Mentre Van Aert compiva le sue mirabilie, Sven Vanthourenhout, il cittì belga promosso alla strada dopo i tanti successi colti nel medesimo ruolo nel ciclocross, era già a Tokyo con Remco Evenepoel e Mauri Vansevenant, arrivati con largo anticipo e ha visionato il percorso con attenzione, studiato nei minimi particolari. Tornando in camera al villaggio olimpico belga con tanti dubbi, neanche troppo nascosti.

Vanthourenhout belgio 2021
Il cittì belga Sven Vanthourenhout, un lungo e glorioso passato nel ciclocross, ora alla strada
Vanthourenhout belgio 2021
Il cittì belga Sven Vanthourenhout, un lungo e glorioso passato nel ciclocross, ora alla strada

Van Aert e il problema del peso

«E’ un percorso estenuante – ha dichiarato ai cronisti di Standaard.be – con salite e discese senza sosta. Non è solo l’ascesa al Mikuni Pass che mi dà da pensare, perché prima ci sarà il Monte Fuji che fiaccherà le gambe a tanti. E’ un tracciato per gente leggera sui passaggi con pendenze dal 15% in su». Considerando che toccheranno punte del 22 per cento e che Van Aert non è proprio un peso piuma, i timori di Vanthourenhout sono giustificati.

E’ anche vero però che il Belgio ha costruito una squadra capace di cambiare faccia alla gara in molte maniere. Certo, Van Aert è la punta, ma con lui c’è l’esperienza di Greg Van Avermaet che è pur sempre il campione uscente, ci sono due corridori come Vansevenant e Tiesj Benoot che aiutano ma sanno anche vincere. E poi c’è un certo Remco Evenepoel…

Evenepoel campionato belga 2021
L’ultima occasione d’incontro fra Van Aert ed Evenepoel è stata al campionato nazionale, vinto dal primo
Evenepoel campionato belga 2021
L’ultima occasione d’incontro fra Van Aert ed Evenepoel è stata al campionato nazionale, vinto dal primo

Belgio già al passo col clima

Il talentino della Deceuninck Quick Step, a detta di chi era con lui negli ultimissimi giorni, è raggiante, con uno stato d’animo che non aveva da tempo. A differenza di molti altri, non solo suoi connazionali ma anche altre formazioni che hanno scelto di spostarsi con poco anticipo (una categoria della quale la nostra nazionale fa parte) Evenepoel è da tempo a Tokyo quindi sarà tra i più acclimatati, come fuso orario e come abitudine alle particolari condizioni atmosferiche. Chissà che Vanthourenhout non scelga di cambiare ruoli a poche ore dal via…

«Il recupero però mi spaventa poco – ha tenuto ad affermare il cittì – in fin dei conti chi era qui prima ha recuperato dopo un paio di giorni, quindi confido che sabato siano tutti al massimo. Io dico che è una gara che si presta a molte interpretazioni, dove può vincere anche un corridore di seconda schiera, per questo devono essere tutti pronti a recitare il ruolo del protagonista. Van Aert? Bisognerà vedere come assorbirà le pendenze del Mikuni Pass».

Van Aert Tokyo 2021
Appena chiuso il Tour, Van Aert è partito la sera stessa da Parigi per Tokyo, con Benoot e Van Avermaet
Van Aert Tokyo 2021
Appena chiuso il Tour, Van Aert è partito la sera stessa da Parigi per Tokyo, con Benoot e Van Avermaet

Van Aert fa pretattica?

E lui, il vincitore degli Champs Elysees? Arrivato a Tokyo dopo essersi imbarcato la sera stessa dell’arrivo a Parigi, ai taccuini presenti all’aeroporto ha dichiarato candidamente: «Per il momento non è rimasto molto nelle gambe, ma c’è tempo per recuperare». Intanto Vanthourenhout (che d’altronde lo conosce bene essendo stato il mentore dei suoi trionfi iridati sui prati) ha subito portato i ragazzi del Belgio a fare una prima sgambata di 70 km a 30 di media. La caccia all’oro è appena cominciata…